“Ho lasciato il posto fisso a Milano e ora lavoro in viaggio: sono una nomade esistenziale” è la storia di Cristina Rolfini, pubblicata su Il Fatto Quotidiano. Secondo un recente sondaggio sono tanti i milanesi che sono tentati da fare come lei: il 40% di chi vive a Milano sta pensando di trasferirsi altrove, chi nell’hinterland, chi in altre parti del mondo. Abbiamo chiesto ai milanesi, che cosa dovrebbe avere Milano per non farci venire voglia di andarcene?
“Ho lasciato il posto fisso a Milano, ora lavoro VIAGGIANDO NEL MONDO”: cosa ci vorrebbe a Milano per non farci andare via
# Cristina Rolfini, la nomade esistenziale di Milano
“Mi alzo presto e, fatta colazione, mi accomodo alla postazione di lavoro, un tavolo sotto l’oblò da cui circola un po’ di vento. Portatile, wi-fi, taccuino degli appunti, e sono pronta per cominciare”, scrive Cristina Rolfini, autrice del blog pensierinomadi.it, su Il Fatto Quotidiano. “Il catamarano che mi ospita”, continua, “è attraccato in una marina appena fuori Brisbane, sul fiume che dà il nome alla città. Dal mio ufficio accanto al divanetto e alla cucina vedo altre barche intorno a me e un gran via vai di lavoro, diverso dal mio, piuttosto manuale, ma che mi fa sentire a mio agio, parte di una comunità.”
Una comunità che cambia, che si potrebbe definire di nomadi esistenziali, che ormai si incontrano in ogni angolo del mondo, accomunati da una dimensione che, scrive: “Può sembrare paradossale ma il lavoro rende il viaggio più autentico, lo libera dal turismo.”
# Un computer come ufficio
All’età di 50 anni Cristina Rolfini ha lasciato il posto fisso in una casa editrice di Milano per abbracciare un nuovo stile di vita. Ha viaggiato e lavorato in diversi luoghi: Canarie, Baleari, Sudafrica, Svezia, Armenia, Serbia, Seychelles, Polinesia francese. Unico punto fisso: il computer, grazie a cui può lavorare come freelance. Un lavoro che richiede “un costante impegno per trovare le risorse necessarie e una certa fatica che il movimento senz’altro comporta, oltre che disciplina per rispettare le scadenze senza distrarsi troppo. Ma soprattutto richiedono una profonda determinazione al cambiamento. È stato lungo il cammino per arrivare qui, e paure e incertezze vanno affrontate ogni volta. È una vita che contiene una buona dose di precarietà e sradicamento, ma che in cambio offre una libertà e una pienezza cui oggi non rinuncerei per niente al mondo.”
Una libertà e pienezza che molti di noi in cuor nostro desideriamo. Ma cosa dovrebbe avere Milano per impedirci di trasformarci tutti se non in nomadi esistenziali, in fuggitivi dalla nostra città? Lo abbiamo chiesto agli stessi milanesi. Queste le risposte.
# Che cosa ci vorrebbe a Milano per non farci andare via: le tre proposte più diffuse tra i milanesi
- Case e costo della vita più allineati agli stupendiNon è un mistero. Milano sta diventando sempre più inaccessibile. Diverse classifiche mostrano come il rapporto tra caro vita e stipendi è ai massimi in Europa. “Milano era una città ricca, ora è diventata una città per ricchi”, sintetizza il problema Vincenzo Roma. Come intervenire? La ricetta noi la proponiamo da tempo: l’autonomia da città stato. Come le principali città d’Europa. Da dove molti forse scappano, ma ancor di più arrivano da fuori.
- Più sicurezza
“Non è possibile non essere liberi di andare in giro per la propria città senza il timore che possa succedere qualcosa”, scrive Silvia Galati, che aggiunge: Nata e crescita a Niguarda… ora vivo a Lugano. Mia figlia in seconda elementare va a scuola in monopattino da sola tutti i giorni. Va al parco giochi con gli amici e nessuno mette in pericolo la sua innocenza. Questa è vita”.
- Più umiltà degli amministratori
“Venite in Trentino Alto Adige, cari amministratori milanesi”, scrive Walter, “che sicuramente imparate qualcosa, invece di confrontarvi sempre con Roma o con il Sud Italia”. Un problema endemico in Italia. Ma che a Milano a volte è ancora più insopportabile. Governanti e amministratori che appena eletti si comportano da sovrani, lontani dai cittadini. Più insopportabile perché a Milano questo atteggiamento viene mascherato dal famoso storytelling, o “fuffa”, con cui si dipinge su media compiacenti una realtà artificiale, come scrive Massi: “Milano non è New York, non è Seattle. Milano è una città a Sud di Londra che si è montata la testa troppo velocemente… un bluff ben riuscito”.
Anche se c’è anche chi propone un rimedio omeopatico per perdere la voglia di andarsene: “Venire due giorni a Roma per vedere in che condizioni siamo qua”, come scrive con autoironia Paolo Presicce.
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ANDREA ZOPPOLATO
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