La comunicazione non verbale. Ovvero, la fetta più grande delle tre forme di comunicazione e anche quella più significativa, considerando che secondo gli esperti si prende fra il 55 e il 60% del merito per far arrivare accuratamente al destinatario il nostro messaggio.
Postura, mimica facciale, gesti e parole non dette sono il modo migliore (e probabilmente il più milanese) fra i tanti di farsi capire. Vediamo, quindi, insieme qualcuno degli espedienti più usati a Milano con il loro significato più o meno nascosto.
I SEGRETI della comunicazione NON VERBALE dei milanesi
# Camicia aperta = svacco pre-weekend
Il white collar che finalmente toglie la cravatta, il cameriere a fine turno, l’impiegato o il lavoratore pubblico che allenta la presa dell’outfit imposto dal datore di lavoro: tutti segni eclatanti che si sta per arrivare alla fine del turno o al termine della settimana lavorativa. Il weekend o i giorni di riposo sono alle porte.
# Controllare il cellulare = segnale di noia o nervosismo
Tattica usata non solo per mascherare la noia (assieme al caro vecchio sbadiglio) ma anche da un selezionatore un attimo dopo aver posto una domanda scomoda al candidato a un’offerta di lavoro. Pochi ne sono a conoscenza, ma lo stratagemma di inventarsi una telefonata o un messaggio a cui stiamo rispondendo mentre il nostro interlocutore sta parlando è nata a Milano, e rappresenta una prova del nove per capire se la persona che abbiamo davanti tende a cadere nelle trappole o, diversamente, conosce il giochetto.
# Camminare avanti e indietro compulsivamente? É solo fame
Quando un tentativo di cambiare discorso, lo sguardo circolare e la vista dell’orologio al polso aumentano, il milanese ha fame, e avendo sempre fretta non avrà problemi a sfoderare queste piccole tecniche di CNV. Se poi siamo in piedi, i passi e il movimento iniziano a farsi sempre più irrequieti. Al che la persona che vi è vicina capirà in men che non si dica che forse è arrivata l’ora dell’happy hour o della cena.
# Uno schiocco di dita e si parte
Sveglia! L’avvocato in studio chiede che il cliente entri nel nucleo della discussione per non sprecare fiato, la professoressa cerca di catturare l’attenzione degli studenti, il datore di lavoro pretende (un verbo decisamente milanese, ci avete mai pensato?) che i dipendenti si diano una mossa sulla tabella di marcia. Nel resto d’Italia lo schioccare delle dita è ormai in disuso e viene quasi visto come una piccola mancanza di rispetto. A Milano andiamo di corsa, e non abbiamo tempo di preoccuparci di queste cose, se non ti dai una mossa con le parole ci penseranno il pollice e il medio. Solitamente, in tre colpetti secchi.
# Attenzione allo sguardo dall’alto al basso
Chiudendo con un aspetto critico, questo è un gesto che non avviene solo a Milano, ma in tutta Italia. E diciamoci la verità, non è per niente un bel vedere per chi lo riceve. Spesso comunica disprezzo o senso di superiorità da parte del comunicante, e viene codificato (giustamente) come un guanto di sfida da parte di chi lo riceve. Diciamo che qui, come dappertutto, se viene fatto in maniera simpatica e in una cerchia di conoscenti può starci. Ma nella maggior parte dei casi, è un gesto che inseriremmo volentieri nel dimenticatoio della comunicazione non verbale.
A ognuno di noi più volte nel corso delle nostre giornate capita di trasmettere o di ricevere questi segnali di CNV. Ne avete altri da suggerire? Siamo qui per leggerli nei commenti!
CARLO CHIODO
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