Nei momenti di crisi come passare dalla resilienza all’antifragilità. Due storie di milanesi che ce l’hanno fatta.
La MILANO ANTIFRAGILE: due storie di MILANESI che ce l’hanno fatta
Durante i momenti di crisi è normale abbattersi e non vedere vie d’uscita. Se ai problemi ordinari se ne sommano di straordinari dovuti, come adesso, a una pandemia mondiale e dissesti finanziari correlati, è facile comprendere quanto sia importante e possa fare la differenza il modo in cui si reagisce ad essi.
# Oltre la resilienza c’è il concetto di “antifragilità”
Gli italiani, e in particolare i lombardi, primi e più colpiti in Europa dal coronavirus, hanno dimostrato complessivamente una resilienza ammirevole essendo stati capaci di assorbire l’urto e rialzarsi dopo la caduta. Il concetto di resilienza può però essere superato da quello di antifragilità che permette non solo di resistere e ritornare allo stesso punto di partenza ma di uscire anche migliorati da una situazione difficile attingendo in modo nuovo dalle proprie risorse. Il concetto di antifragilità è stato espresso per la prima volta nel saggio “Antifragile” di Taleb che spiega proprio come sia possibile trarre vantaggio e migliorare nelle situazioni critiche.
Di seguito vi illustriamo due storie di due milanesi antifragili, che sono riusciti a ribaltare a proprio favore le crisi che hanno attraversato, e vi spieghiamo come hanno fatto.
# Sergio Costa: 53 anni e scrittore
A cinquant’anni Sergio, capoturno da vent’anni in una multinazionale che produce olio industriale, si trova a dover affrontare inaspettatamente il mostro della depressione e degli attacchi di panico. Ogni ambito della sua vita viene stravolto e Sergio, una notte, mentre si sta recando al lavoro, arriva a pensare di compiere un gesto estremo. Purtroppo viene ritenuto inabile a svolgere la sua mansione lavorativa e viene anche licenziato. La sofferenza è lancinante ma la voglia di non arrendersi è ancora più forte e Sergio chiede aiuto a una psicoterapeuta esperta in ipnosi ericksoniana di Abbiategrasso, in provincia di Milano. Inizia un doloroso ma affascinante viaggio nei meandri della propria psiche e, seduta dopo seduta, Sergio inizia a sentirsi meglio. La sua psicoterapeuta, oltre alle canoniche sedute in studio, gli consiglia di fare lunghe passeggiate nel parco vicino a casa e di iniziare a scrivere di sé per attingere ancora meglio alle proprie risorse. Per Sergio è la svolta. Le emozioni che aveva soffocato per tutta la vita iniziano a fluire e a imprimersi sui blocchi di fogli che scrive. Ne viene fuori una vera e propria biografia che, partendo dal resoconto della propria psicoterapia, arriva a ripercorrere episodi di tutta una vita. Sergio mostra i suoi appunti alla sua psicologa che lo esorta a continuare in quanto scrivere gli sta nuovamente facendo assaporare il piacere di coltivare una passione e di avere un motivo per alzarsi la mattina. Scrivere diventa ben presto la sua ragione di vita. La terapia dopo due anni è terminata con successo e Sergio oggi sta bene. “Apri gli occhi e porta le mani alla fronte” oggi è diventato un libro venduto nelle principali librerie ed è stato anche acquisito dalla biblioteca della facoltà di psicologia dell’Università di Padova e dalla biblioteca centrale di Roma. A giugno uscirà il suo secondo libro e il terzo è in fase di editing. Silvia, figlia diciannovenne di Sergio, dalla dolorosa esperienza del padre ha appreso a sua volta l’antifragilità e da quest’anno frequenta il primo anno della facoltà di psicologia a Milano.
# Andiol Malka: 28 anni e studente in medicina
Andiol nasce e cresce in Albania ma, a 18 anni, decide di emigrare per trovare migliori opportunità lavorative che gli permettano di guadagnare abbastanza per realizzare il suo sogno di studiare in qualche università europea e diventare medico. Decide di trasferirsi a Milano: purtroppo parla poco italiano e la vita da solo in una grande metropoli risulta troppo costosa. Tutto sembra volgere al peggio e il suo entusiasmo giovanile si scontra con una realtà più dura del previsto. Non riesce più a mantenersi, tuttavia, invece di tornare a casa in Albania decide di tentare negli Stati Uniti. Lavora come cameriere e cassiere risparmiando ogni singolo dollaro possibile per cinque anni. Quando arriva a lavorare come interprete in un ospedale di Boston ritrova la voglia e il coraggio di riprendere l’università. Torna in Italia e finalmente può dedicarsi a tempo pieno allo studio. Oggi Andiol, milanese d’adozione, è al quarto anno della facoltà di medicina e chirurgia a Milano e svolge il suo tirocinio formativo presso l’ospedale San Paolo.
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SILVIA FUSARI IMPERATORI
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