Nello stare al passo con la tendenza globale, la Milano del terzo millennio sta perdendo la fisicità e la socialità tra i suoi cittadini, che era un suo tratto distintivo. La soluzione potrebbe essere quella di importare qualche best practice…
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Agorà Milano, il coffee shop dove sui tavoli si servono le idee
# Le impressioni di due generazioni diverse: millenials e boomers
L’impatto di un mondo sempre più spersonalizzato e virtuale, sembra aver investito anche Milano: non ci sono sufficienti spazi fisici dove residenti e outsider, possano riappropriarsi dell’esperienza tangibile e non solo virtuale, della città. Per capire meglio il problema e mettere in luce quello che si potrebbe fare, ho raccolto le impressioni di due generazioni diverse: millenials e boomers.
# La Milano da bere… in solitaria: la storia di Jacopo (millenial)
“Sono approdato a Milano qualche mese fa, dopo circa 4 anni di Houston, in Texas – racconta Jacopo, classe ’94 – Ricordo la sensazione di smarrimento nel passaggio da Charlottesville, una cittadina universitaria della Virginia, alla capitale dell’Oil&Gas. La mia àncora di salvataggio è stata Agorà, un coffee shop nella zona di Montrose, analoga alla Brera di Milano. In poco tempo, da un “latte macchiato”, mi sono ritrovato in una comunità fatta di persone di tutte le età, con le quali interagire, spaziando da un tema all’altro, giocando a scacchi. A Milano, città proiettata verso il futuro, mi aspettavo di trovare una soluzione simile, con gli innumerevoli locali sparsi ovunque. Ma aldilà del posto carino e abilitato al wi-fi, non c’è alcuna possibilità di fare gruppo”.
# C’era una volta la tecoteca di via Magolfa…: il ricordo di Davide (boomer)
“Non c’è un locale dove far salotto, ricordo che una volta, a metà degli anni ’80, in Via Magolfa, c’era la Tecoteca col ponticello sulla roggia, che si prestava abbastanza alle interazioni sociali. Conosco persone che ci passavano interi pomeriggi, ma non c’è più da tanti anni, i tempi sono cambiati. A Milano ormai si corre sempre senza un perché umanamente valido” – spiega Davide, professionista, classe ’69, nato e cresciuto in zona S. Ambrogio ma di origine calabrese, motivo che lo rende nostalgico verso la perdita di quei valori legati alle tradizioni e ai rapporti interpersonali tipici della sua Calabria, come mi ha poi confessato.
# Un’Agorà inclusiva e innovativa per la Milano del futuro
Il termine Agorà nel greco antico significa “raduno” e se i greci, nel lontano VI a.C. hanno pensato bene di espanderlo in “polis”, fino a diventare il luogo della democrazia per antonomasia, ispirata dal passato ma con uno sguardo al futuro, l’Agorà milanese potrebbe spingersi oltre la creazione di una caffetteria, con delle iniziative che cavalcano l’attuale contesto storico/culturale.
Ecco alcune proposte:
- Ripristinare la cultura dei “caffè letterari” che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, fungevano da luoghi di ritrovo per gli intellettuali dell’epoca e che, ai sorsi di caffè, alternavano il confronto, come leva di conoscenza e arricchimento personale;
- Creare un ambiente inclusivo che riconosce e valorizza le diversità e incoraggia il superamento di bias cognitivi;
- Limitare la presenza di schermi TV, wi-fi o utilizzo di cellulari, a favore del dialogo vis-à-vis;
- Offrire spazi dedicati a start up, dove giovani studenti o neoimprenditori possano divulgare le proprie idee trasformandole in progetti concreti
Con l’apertura di un primo Agorà, Milano potrebbe essere pioniera della fondazione di un network capace di unire la tradizione millenaria dell’antica Grecia, con la vocazione di una metropoli che voglia essere davvero all’avanguardia, non solo in termini tecnologici ma anche a livello di relazioni interculturali.
“Senza dialogo non c’è comunicazione, e senza comunicazione non c’è vera comunità” (Norberto Bobbio)
Continua la lettura con: La cascata in città: un’idea per Milano?
PAOLA ARPINO
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