Area B a pagamento per tutti? Dai 250 ai 500 milioni ogni anno per rendere migliore la vita dei milanesi

500 milioni facili, facili per milano. Forse addirittura detraibili dalla tasse...

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Un’idea che renderebbe Milano più vicina alle città che adottano una congestion charge, come Londra o New York: far pagare tutti, invece che rendere la città inaccessibile a chi non può permettersi un’automobile nuova. Ma come potrebbe funzionare, quanto potrebbe essere il pedaggio e come si potrebbero impiegare queste risorse per migliorare la vita dei cittadini?

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Area B a pagamento per tutti? Dai 250 ai 500 milioni ogni anno per rendere migliore la vita dei milanesi

# Pedaggio per entrare in Area B? Attesi quasi 300 milioni all’anno

L’estensione dell’Area B

Secondo gli ultimi dati disponibili (ATM e Comune di Milano), l’Area B registra circa 650.000 ingressi al giorno. Con un pedaggio di 2 euro per ogni accesso, il Comune potrebbe incassare circa 1,3 milioni di euro al giorno, ovvero circa 330 milioni di euro l’anno (escludendo i weekend e i festivi).

Cifra che potrebbe essere ridotta considerando bonus per i residenti, per chi viaggia in carpooling o per chi guida auto elettriche: in questi casi si potrebbe immaginare un pedaggio ridotto a 1 euro. Calcolando questa scontistica, si arriverebbe comunque attorno ai 280 milioni di euro all’anno.

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# E se si facesse pagare ogni persona? 250 milioni dall’ipotesi “veneziana”

Il “pedaggio” di ingresso a Venezia

Un’altra possibilità, più radicale, sarebbe quella di far pagare non solo i veicoli, ma ogni persona che entra a Milano. Esattamente come fa Venezia, dove è appena partita la discussa “tassa d’ingresso” di 10 euro per i turisti giornalieri.

In questo caso, si parlerebbe di una “tassa urbana”, da 2 euro a persona, da sommare alla tassa di soggiorno. Applicandola anche ai pendolari, ai turisti giornalieri, ai visitatori, insomma, a chiunque arrivi in città si aprirebbe un bacino di utenza enorme. Secondo i dati della Città Metropolitana, ogni giorno entrano a Milano circa 500.000 persone. A patto che la tassa non abbia un’impatto negativo sul numero di “accessi”, una tassa di 2 euro su ognuna di loro produrrebbe almeno altri 250 milioni di euro all’anno.

L’applicazione della tassa ai mezzi pubblici, però, risulterebbe molto complessa: o si aumenta il prezzo del biglietto ferroviario extraurbano con un “supplemento Milano”, oppure si crea un sistema di registrazione e pagamento simile a quello adottato a Venezia. Ma qui sorgono problemi pratici, etici e politici: si colpisce chi usa mezzi sostenibili, si aggiunge un ulteriore costo a chi lavora in città, e si rischia di creare tensioni tra centro e periferia. La misura potrebbe essere vista come classista o punitiva.

Comunque sia, l’ipotesi di pedaggio o di tassa di ingresso potrebbe portare ogni anno dai 250 ai 500 milioni di euro alle casse comunali. Il tema più rilevante è: che cosa farne di queste risorse addizionali? Prima di tutto bisogna però capire a chi verrebbero destinate. 

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# A chi andrebbero i soldi? Comune, Regione o Stato?

Credits: ktsfinance

Una domanda fondamentale è: chi incasserebbe questi soldi? Nel caso del pedaggio stradale, l’ente più logico è il Comune di Milano, che ha competenza diretta sull’Area B e sulla gestione del traffico urbano. Ma nel momento in cui si estende la tassa alle persone e ai trasporti regionali…

Regione Lombardia, ad esempio, potrebbe rivendicare una parte del gettito, soprattutto se i fondi vengono raccolti anche attraverso i treni regionali o i nodi di interscambio. E poi c’è lo Stato, che potrebbe ritenere la misura parte di una politica fiscale nazionale. L’esempio di Venezia, infatti, parla da sé: il gettito va al Comune, ma sotto stretta vigilanza dello Stato, e il dibattito sulla legittimità della tassa, e sul fatto che il Comune la incassi integralmente, è tutt’altro che chiuso.

Un’ipotesi interessante – e in parte riequilibrante – potrebbe essere quella di rendere la tassa urbana detraibile fiscalmente: se si considera che questi costi ricadrebbero su cittadini che si spostano per lavorare o che visitano la città, contribuendo comunque all’economia milanese, una detrazione dalle imposte nazionali sarebbe più che legittima.

Comunque sia, in base alle norme attuali, il gettito dovrebbe arrivare in primis al Comune di Milano. 

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# Il fattore cruciale: come destinare queste risorse

Anche in un’ottica europea, molte grandi città stanno già sperimentando forme di congestion charge o tasse d’ingresso (Londra, Stoccolma, Oslo). L’obiettivo è duplice: ridurre il traffico, l’affollamento e generare fondi per migliorare i servizi pubblici.

Ma la misura va studiata con grande attenzione. Il caso di Venezia è emblematico: la tassa ha fatto discutere, ha provocato malumori tra turisti e residenti, e il rischio di una “Milano a pagamento” potrebbe trasformarsi in un boomerang comunicativo. Inoltre, l’implementazione tecnica di un simile sistema – con telecamere, controlli, sanzioni – avrebbe costi elevati e tempi lunghi.

Così come i rischi, anche i benefici sarebbero concreti: stando bassi, parliamo di un gettito potenziale tra i 250 e i 500 milioni di euro l’anno, con i quali Milano potrebbe finanziare alloggi per studenti, manutenzioni stradali, e, in generale, i “classici aspetti carenti della Milano di oggi”, ma anche, e soprattutto, lavorare su tematiche che dovrebbero stare a cuore anche ai visitatori, come la qualità dell’aria, l’inquinamento e il mantenimento del verde urbano.

La questione fondamentale sarebbe comunicare bene la misura: non una tassa per punire, ma un contributo per migliorare la città, per chi ci vive, lavora o la visita.

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MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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