«Cresce la povertà a Milano»: per uscirne ci vuole più assistenzialismo o più intraprendenza?

Cresce la povertà a Milano, come si combatte?

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Milano, città simbolo di prosperità economica e motore finanziario dell’Italia, nasconde un lato oscuro: la povertà è in aumento, lo conferma l’ultimo report della Caritas Ambrosiana, e coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione. Come si combatte la povertà? Intraprendenza o assistenzialismo?

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«Cresce la povertà a Milano»: per uscirne ci vuole più assistenzialismo o più intraprendenza?

#I numeri della povertà a Milano: +20% di persone in difficoltà in un solo anno

Il report della Caritas delinea un quadro dettagliato della situazione, evidenziando alcune tendenze chiave. Nel 2023, il numero di persone che si sono rivolte ai centri di ascolto è cresciuto del 17,9% rispetto al 2022, raggiungendo 17.238 casi. Tra queste, il 59,6% sono donne, con una presenza femminile particolarmente alta tra gli immigrati (63%). Anche la percentuale di uomini in difficoltà è in aumento, passando dal 38,6% nel 2022 al 40,4% nel 2023.

Le categorie più colpite rimangono le famiglie con minori, le donne sole o con figli, e gli immigrati. Le famiglie con minori a carico sono aumentate del 24,2%, arrivando a 4.167 nuclei. Di queste, il 74% è costituito da immigrati, mentre il 23,5% riguarda donne sole con figli. Il numero di minori coinvolti è significativo, con 8.404 bambini appartenenti a famiglie che hanno richiesto aiuto.

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# L’Impatto della povertà su immigrati e famiglie straniere

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Gli immigrati rappresentano il 63,9% di chi si è rivolto alla Caritas, con l’84,6% di essi costituito da extracomunitari con regolare permesso di soggiorno. Tuttavia, è preoccupante il raddoppio degli immigrati irregolari, ora al 9,5%. Tra le comunità più colpite spiccano le famiglie provenienti dal Perù (18,5% degli assistiti), seguite da rifugiati afghani e ucraini.

# I lavoratori poveri: una realtà sempre più diffusa

ll fenomeno del “lavoro povero” sta diventando una costante sempre più preoccupante. Si potrebbe quasi dire, con una provocazione, che gli schiavi di un tempo, per quanto privati della loro libertà, avevano comunque garantite le spese essenziali: vitto, alloggio e protezione.

Al contrario, tra le persone che si sono rivolte alla Caritas, il 23,9% ha un’occupazione, ma il lavoro non garantisce un reddito sufficiente. Infatti, l’80,9% degli occupati che hanno cercato aiuto ha problemi economici, in crescita rispetto al 77,5% del 2022. Questo fenomeno mette in evidenza la crescente diffusione del “lavoro povero“, che colpisce anche chi ha un impiego regolare.

Il concetto stesso di “lavoro” sembra essersi svuotato del significato originario di attività che consente di vivere dignitosamente. Troppi lavoratori sono intrappolati in una spirale di salari bassi, contratti precari e un mercato immobiliare inaccessibile. A Milano, dove la ricchezza ostentata delle vetrine del Quadrilatero della Moda si scontra con le file sempre più lunghe davanti alle mense dei poveri, questa situazione diventa paradossale e ingiusta.

# Le radici psicologiche della povertà: quando l’assistenzialismo è un aggravante

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Per comprendere le cause profonde della povertà, bisogna andare oltre le misure di welfare e analizzare la questione in maniera più approfondita. La povertà non è solo una questione di mancanza di risorse economiche, ma anche di opportunità significative per migliorare la propria condizione. L’incapacità di generare valore e sviluppare competenze che permettano di rendersi autonomi è alla base di questa problematica.

Nel sistema attuale, molte persone finiscono per dipendere da sussidi per sopravvivere, rimanendo bloccate in una condizione di assistenzialismo senza possibilità di emancipazione. La sfida è creare un contesto in cui la formazione e l’acquisizione di competenze costituiscano una via concreta di uscita dalla povertà. La capacità di creare valore e contribuire alla società dovrebbe essere incentivata e premiata, anziché perpetuare la dipendenza passiva.

# La “colpa” del sistema: favorire forme di dipendenza invece che incentivare l’autonomia

Di fronte a un sistema spesso inefficace nel garantire opportunità reali, è necessario un cambio di prospettiva che ponga al centro la responsabilità individuale. Investire su sé stessi, acquisire competenze e migliorare le proprie capacità lavorative non solo aumenta le possibilità di trovare un’occupazione dignitosa, ma permette anche di contribuire alla crescita collettiva.

Le politiche pubbliche giocano un ruolo cruciale nel plasmare le dinamiche economiche e sociali. Tuttavia, è importante che gli interventi siano orientati a creare un contesto favorevole all’autonomia, piuttosto che incentivare forme di assistenza che rischiano di cronicizzare la povertà. Ciò non significa abbandonare le persone in difficoltà, ma riformulare il sostegno sociale puntando su formazione, accesso al lavoro e rimozione delle barriere alla partecipazione attiva.

La povertà, quindi, non può essere ridotta a una questione di aiuti economici. È necessaria una trasformazione culturale che promuova l’autonomia e il senso di responsabilità, valorizzando l’impegno individuale e creando le condizioni affinché ciascuno possa costruire il proprio percorso.

# Un cambio di mentalità: investire in una formazione più “sana”, per diventare creatori di valori invece che soggetti passivi nella società

Per affrontare efficacemente la povertà a Milano e in altre città, è necessario un cambio di mentalità che coinvolga tanto i singoli quanto le istituzioni. Le persone devono essere disposte ad accettare lavori inizialmente meno attraenti ma che rappresentano un’opportunità di crescita. Allo stesso tempo, le istituzioni devono smettere di trattare i cittadini come “clienti” di un sistema assistenziale e vederli come partner attivi nella crescita economica e sociale.

Investire in programmi di formazione e offrire incentivi per intraprendere percorsi di studio qualificanti può migliorare le opportunità lavorative. La preparazione continua e il miglioramento delle competenze sono essenziali per ridurre le disuguaglianze e garantire un futuro migliore a chi è in difficoltà.

La povertà è un fenomeno complesso che richiede interventi a lungo termine. Affrontare le cause profonde, come la mancanza di opportunità di formazione e le discriminazioni nel mercato del lavoro, è essenziale per ridurre le disuguaglianze. Tuttavia, il cambiamento deve partire anche dalla volontà individuale di migliorarsi e contribuire attivamente alla società.

La povertà a Milano e in tutto il Paese, non può essere risolta solo con misure di assistenza economica. Occorre una strategia integrata che combini politiche pubbliche efficaci, responsabilità individuale e un cambiamento culturale. Solo così sarà possibile garantire un futuro più equo e dignitoso per tutti.

Continua la lettura con: Come ci si sente a vivere a Milano? I tre grandi pregi e… i due motivi di disagio

MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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