Elezioni 2027: perché introdurre le «quote giovani»

Gioventù al potere! Sarebbe una buona cosa per Milano?

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La politica cittadina è da anni nelle mani di una classe dirigente che fatica a intercettare le esigenze del futuro. E se introducessimo una «quota giovani» per garantire ai protagonisti del domani un ruolo attivo nelle decisioni che plasmeranno il futuro della città?

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Elezioni 2027: perché introdurre le «quote giovani»

# Milano: una democrazia senza certezze?

Nel 2027 Milano tornerà alle urne per eleggere il nuovo sindaco, il Consiglio Comunale e i Consigli di Municipio. La sfida principale si giocherà tra centrodestra e centrosinistra, con uno scontro che, almeno in campagna elettorale, verterà su tematiche ideologiche più che su progetti concreti per la città.

Se la storia recente insegna qualcosa, non sapremo davvero quale sarà l’orientamento effettivo della politica cittadina fino a circa due anni dopo l’insediamento del nuovo sindaco. Beppe Sala, ad esempio, si presentò inizialmente come un candidato vicino al ceto medio e alla borghesia milanese, per poi virare progressivamente verso politiche fortemente green e anti-auto. Questo cambio di rotta è emblematico di un problema che caratterizza la democrazia locale: si sceglie tra candidati con programmi diversi, ma raramente si ha certezza di come la città verrà effettivamente governata.

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# L’idea della «Quota giovani»

Credits: lapoliticaitaliana.it

Una possibile soluzione per riformare la democrazia milanese potrebbe essere l’introduzione di una «Quota giovani» nei consigli di municipio, nel Consiglio Comunale e perfino nella Giunta. Dopo le poco fortunate “quote rosa”, che non hanno convinto molti a livello nazionale, una quota obbligatoria per i giovani potrebbe garantire un rinnovamento politico e una maggiore attenzione a temi che spesso vengono trascurati.

La proposta sarebbe semplice: imporre ai partiti di inserire nelle proprie liste almeno un 30% di candidati under 30. L’età perfetta per questa quota potrebbe essere 33 anni, in modo da includere studenti universitari, giovani lavoratori alle prime esperienze, ricercatori in carriera e giovani professionisti già affermati. Questo meccanismo non limiterebbe la libertà di voto dei cittadini, poiché sarebbero comunque loro a scegliere chi eleggere, ma obbligherebbe i partiti a presentare candidature fresche e rappresentative delle nuove generazioni.

La «Quota giovani» non sarebbe quindi un’imposizione agli elettori, ma ai partiti, che sarebbero costretti a rinnovarsi e a dare spazio a nuove idee. Questo potrebbe portare a una politica più dinamica e reattiva, capace di intercettare i cambiamenti sociali prima che diventino emergenze.

# Come funziona il governo di Milano?

Milano è amministrata dal sindaco, dal Consiglio Comunale e dai Consigli di Municipio. Il Consiglio Comunale è composto da 48 consiglieri più il sindaco e ha il compito di approvare bilanci, regolamenti e atti fondamentali della città. I Municipi, invece, sono nove e rappresentano i territori della città in maniera più capillare. Ogni Municipio ha un proprio presidente e un Consiglio composto da 30 membri, eletti direttamente dai cittadini.

Nonostante questa struttura, la politica milanese soffre di un forte immobilismo generazionale: la maggior parte degli eletti ha un’età superiore ai 40-50 anni, e le nuove generazioni faticano a trovare spazio nei processi decisionali. Questo porta a un’amministrazione che spesso ignora o sottovaluta i problemi specifici dei giovani, dalla mobilità alla sicurezza fino all’accesso alla casa e al lavoro.

# Perché la «Quota giovani» sarebbe utile?

Garantirebbe una rappresentanza diretta di una fascia di popolazione che spesso subisce le decisioni politiche senza avere voce in capitolo. Pensiamo, ad esempio, al tema della sicurezza giovanile e del fenomeno maranza. Questo problema è diffuso a Milano da anni, ma la politica cittadina ha iniziato ad affrontarlo solo dopo i fatti di Capodanno. Un giovane under 30, più vicino a certe dinamiche sociali, avrebbe potuto sollevare la questione con largo anticipo, permettendo una gestione più tempestiva ed efficace del problema.

Un altro esempio riguarda il dibattito sulle metropolitane aperte H24. Con una rappresentanza giovanile significativa nei municipi e in Comune, questa tematica sarebbe stata posta sul tavolo già da tempo, invece di essere discussa sporadicamente senza mai arrivare a una reale implementazione.

Lo stesso discorso vale per il caro-affitti: questione fondamentale per la vita di migliaia di giovani, ma che raramente viene tematizzata correttamente dall’amministrazione cittadina e, soprattutto, gestita di concerto con la rappresentanza universitaria.

# Un referendum per la «Quota giovani» nel 2027?

Credits: Ministero dell’Interno

Un’opzione interessante potrebbe essere quella di sottoporre la proposta a un referendum cittadino in concomitanza con le elezioni del 2027. In questo modo, sarebbero i milanesi stessi a decidere se rendere obbligatoria questa quota nei vari organi amministrativi della città. Un referendum permetterebbe di avviare un dibattito pubblico sulla questione e di coinvolgere direttamente la cittadinanza nella decisione.

Ovviamente, una maggiore presenza di giovani nella politica cittadina potrebbe comportare il rischio di proposte troppo radicali o di una visione sbilanciata verso esigenze specifiche. Tuttavia, anche ammettendo che il 40% dei rappresentanti sia composto da under 30, resterebbe comunque un solido 60% di eletti più esperti in grado di bilanciare e moderare le istanze più innovative.

L’obiettivo non sarebbe quello di affidare il governo della città ai giovani in maniera sproporzionata, ma piuttosto di garantire che le nuove generazioni abbiano un peso adeguato nelle decisioni politiche, contaminando, così, tutti i decisori politici.

Continua la lettura con: La nuova «Milano federale»: municipi-città e sindaco ridimensionato, per la Milano del futuro

MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

1 COMMENTO

  1. E dài, siamo ancora alle quote. A prescindere dal fatto che sarà estremamente difficie trovare un 30% di giovani per ogni lista, coi giovani d’oggi è meglio stare alla larga. I giovani preparati sono una piccola minoranza, e se poi li mettono ultimi nella lista, hanno ottemperato alla richiesta, ma pochi saranno gli eletti. Idea balzana, come mettere le quote rosa. Tra un po’ vorranno anche le quote lqbt o come davolo le chiamano

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