Abbiamo chiesto ai milanesi quale quartiere vorrebbero ricostruire da zero, se potessero. Queste le 5 prime scelte.
I 5 quartieri di Milano da ricostruire da zero
#5 Bicocca, un tempo occupata dalla Pirelli, la sua ricostruzione non ha avuto gli effetti sperati
La Bicocca è uno dei quartieri più recenti di Milano. I fenomeni di deindustrializzazione e delocalizzazione dalla fine degli anni ’70 hanno infatti pesantemente inciso nella zona e sui suo futuri sviluppi. A partire dagli inizi degli anni ’80 fino al 2005 un grande progetto di riqualificazione e smantellamento dell’area di oltre 300.000 mq prima occupata dagli stabilimenti della Pirelli, ne ha cambiato il volto. Di recente sono stati realizzati altri interventi edilizi, con nuovi edifici residenziali, oltre all’avvio del restyling dell’ateneo. A detta di molti esperti di urbanistica però la ricostruzione di questa parte di città non ha sortito gli effetti sperati. La soluzione migliore sarebbe forse quella di abbatterla e ricostruirla da zero per farlo diventare il quartiere del futuro.
#4 Giambellino, uno dei quartieri popolari più grandi di Milano
Lo storico quartiere variegato e dalle molteplici identità, che prende il nome dalla via principale che percorre tutta la lunghezza, è un rettangolo di palazzi a quattro piani costruiti negli anni ’40 per alloggiare gli operai del complesso industriale adiacente. Questo ne fa uno dei quartieri popolari più grandi della città, assieme al limitrofo Lorenteggio. Attualmente è in corso un grande progetto di riqualificazione che li coinvolge entrambi con demolizione e ricostruzione di diversi immobili, per ora solo tre delle otto abbattute, mentre sono in fase di bonifica e demolizione le tre stecche su Via Lorenteggio. L’apertura della M4 con la contestuale riqualificazione delle aree superficiale è un ulteriore step nel processo di rinascita del quartiere, sarà sufficiente a trasformarlo?
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#3 Gratosoglio, il sogno infranto di realizzare un quartiere autonomo
L’idea per il Gratosoglio era quella di creare un grande quartiere autonomo. Per farlo si scelse lo studio BBPR, famoso per aver realizzato la Torre Velasca. Sviluppato su un’area di circa 50 ettari, nell’estrema periferia meridionale di Milano, è formato da otto torri alte 56 metri e 52 edifici in linea alti 30 metri. Il risultato non ha purtroppo mantenuto le aspettative, si presenta infatti anonimo, ripetitivo e con nessuno slancio estetico. Il quartiere sconta oggi anche anni di scarsa attenzione e manutenzione e conseguente degrado e, nonostante qualche timido intervento di riqualificazione, abbatterlo e rifarlo da capo potrebbe essere l’unica possibilità per farlo rinascere.
#2 Ponte Lambro, un quartiere isolato da decenni e in forte degrado
Ponte Lambro tra tutti quelli da rifare è quello che sconta anche il fatto di essere mal collegato al resto della città, non ha né fermate di metro né di tram. Tutto è partito dalla crisi economica del dopoguerra con la conseguente chiusura e delocalizzazione della fabbriche della zona e che ha portato al suo isolamento. Poi l’ampliamento dell’aeroporto di Linate e l’interruzione della strada Paullese negli anni ’60, e infine agli inizi degli anni ’70 la realizzazione della Tangenziale Est gli hanno dato il colpo di grazia lasciandolo come un corpo a se stante. Il risultato inevitabile è stato un forte degrado urbano, carenza di servizi sociali e molte case fatiscenti, che potrebbe essere risolto solo ricostruendo il quartiere da zero e ripensando il trasporto pubblico.
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#1 La “zona nera” di San Siro
Veniamo a un altro quartiere difficile della città, la porzione di San Siro a sud di Piazzale Segesta. Come il Giambellino si caratterizza per case popolari e palazzi tipici dell’edilizia degli anni cinquanta, dall’estetica approssimativa e improntati alla mera funzionalità. Tristemente conosciuta per essere degradata e pericolosa, anche per la popolazione a prevalenza straniera e in particolare di origine araba, con frequenti fenomeni di occupazione e microcriminalità e per questo conosciuta come il “Quadrilatero dell’illegalità”. A complicare il tutto la conformazione e la localizzazione degli edifici nel contesto cittadino ha creato una sorta di ghetto. Alla fine del 2023 è stata presentata la proposta “Rigenerare la città” che punta a trasformare radicalmente questo quadrante nell’ovest della città. Potrebbe essere l’ultima speranza prima di un eventuale intervento radicale di demolizione e ricostruzione.
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FABIO MARCOMIN
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Tenetevela pure questa “nuova” Milano.
Io, da milanese doc, ne scappero’ quanto prima.
Poi cosa è questa finta partecipazione dei cittadini,se poi il parere degli stessi non è vincolante rispetto alle decisioni? Dai finite il lavoro e questa città non sarà più dei suoi abitanti.
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