Milano ha un problema simile al resto del Paese: si chiama centralismo. Il potere è tutto accentrato nelle mani del sindaco e della giunta. Tutti gli stati più efficienti prevedono un ampio decentramento, come accade ad esempio alla vicina Svizzera, la nazione che assomiglia di più alla Lombardia e a Milano. Perché non introdurre un modello analogo per la gestione di Milano? Il punto di partenza sono i municipi.
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La nuova «Milano federale»: municipi-città e sindaco ridimensionato, per la Milano del futuro
# La crisi del modello centralista milanese
L’attuale sistema amministrativo di Milano è basato interamente su una figura centrale, il sindaco, e sulla sua giunta, che concentra nelle proprie mani le principali decisioni politiche. Questa struttura ha mostrato numerosi limiti.
Prendiamo l’esempio del sindaco Beppe Sala: all’inizio del suo mandato godeva di un ampio consenso grazie a una visione ambiziosa per la città. Col tempo, questa stessa visione ha polarizzato l’opinione pubblica. Il suo approccio, focalizzato sulla sostenibilità e sulla riduzione del traffico automobilistico, ha agevolato chi vive nel centro città, lasciando le periferie in secondo piano.
Il sindaco esercita un potere assoluto su tutti i municipi che, pur avendo un numero di abitanti analogo alle principali città della Lombardia, sono di fatto senza poteri e senza risorse. E questa penalizza le specifiche esigenze di ogni quartiere con il risultato che politiche che sono sensate per il municipio 1, possono creare danni in altri. E se questo non fosse il modo migliore per gestire una metropoli in cui ogni zona, ha priorità differenti? E, soprattutto, se ridisegnare il modello amministrativo in linea con quanto accade con successo a poche decine di chilometri di distanza, fosse la strada maestra per riportare Milano a una grandezza che sembra perduta?
# Milano: la prima città federale del mondo
Una soluzione radicalmente innovativa sarebbe la trasformazione di Milano in una federazione di municipi. In un modello federale, ogni municipio guadagnerebbe lo status di città, ma questo non minerebbe l’esistenza di Milano che anzi, diventerebbe una “super-città”, così come l’esistenza dei singoli Stati americani con le leggi e i loro poteri non mina l’esistenza degli Stai Uniti, anzi li rinforza.
La figura del sindaco resterebbe, ma sarebbe trasformata in un ruolo puramente istituzionale, simile al Presidente della Repubblica italiana o al capo di governo federale svizzero, con la funzione di coordinare i rapporti tra i presidenti di municipio e rappresentare la città nel suo insieme. Il Consiglio comunale, composto dai presidenti dei municipi, eletti democraticamente, si occuperebbe di eleggere questo coordinatore, garantendo una governance condivisa e democratica.
Milano si muoverebbe così su 9 direttrici di sviluppo, ognuna pensata e approvata democraticamente per e dai cittadini di una data comunità.
Per esempio, il Municipio 1 potrebbe valutare di proseguire l’indirizzo della giunta attuale, sviluppando soluzioni innovative per ridurre il traffico nel centro città e favorire la circolazione delle biciclette, ma senza obbligare gli altri municipi a fare altrettanto. Ad esempio, nelle aree periferiche si potrebbero perseguire in modo prioritario altre esigenze, come quelle della casa o dei collegamenti con l’hinterland.
# I vantaggi della Milano decentralizzata
Il passaggio a un modello federale offrirebbe diversi vantaggi per Milano. In primo luogo, garantirebbe una maggiore armonia nello sviluppo urbano, permettendo ai municipi di gestire, e soprattutto ricevere, direttamente le risorse economiche in base alla propria condizione. I fondi comunali, per esempio, potrebbero essere distribuiti tenendo conto sia delle esigenze locali sia della capacità di ciascun municipio di generare entrate e di soddisfare i bisogni dei cittadini.
Un sistema decentralizzato promuoverebbe una politica più vicina ai cittadini, che è la base del successo del modello svizzero. I rappresentanti municipali, responsabili diretti del loro territorio, sarebbero incentivati a rispondere in modo efficace ai bisogni locali e sarebbero più facilmente misurabili dai singoli cittadini. Questo approccio pragmatico ridurrebbe la distanza tra amministratori e amministrati, migliorando la qualità delle decisioni politiche e rafforzando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Un altro vantaggio significativo sarebbe la possibilità di introdurre politiche fiscali differenziate, come le città svizzere fanno da tempo. Ogni municipio potrebbe adottare politiche tributarie specifiche, per attrarre investimenti, incentivare settori economici strategici. Questa flessibilità favorirebbe una sana competizione interna, stimolando lo sviluppo e l’innovazione a livello cittadino, incrementando anche le identità specifiche di ogni municipio e alimentando una sana competizione tra le singole amministrazioni a beneficio dei cittadini.
Questa visione mi trova d’accordo, e penso anche che, se tutti i comuni della Città Metropolitana (per semplicità) o dell’area urbana omogenea (per logica di cose) fossero armonizzati in una federazione, che crea un coordinamento territoriale senza cancellare i comuni con la loro storia, si formerebbe un embrione della città – stato.
Mi sorprende leggere qui di una Milano con municipi federati, e altrove nel sito di comuni limitrofi che, per il solo fatto di essere un continuum urbano con Milano, dovrebbero esserne fagocitati. Il contrario di una federazione.
E’ da quando sono state create le “zone”, ora chiamate municipi, che si parla di dare maggiori poteri ai municipi. Ma Milano è sempre stata gestita dalla sinistra, più meno socialista o comunista, e del decentramento ha fatto molta pubblicità e nessuna sostanza. Manca la volontà politica, ovvero la volontà di rinunciare a un po’ di potere.Del resto basta vedere la città metropolitana di Milano, come è gestita. Ovvero cinofallicamente.