Sala: «vendere San Siro per fare case low cost». Queste le altre idee per fare cassa

Cosa si potrebbe vendere dopo San Siro e altre 6 idee per fare cassa

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San siro sì o no

Il sindaco di Milano ha messo sul tavolo una proposta audace e controversa: vendere lo stadio di San Siro e l’area circostante per finanziare la costruzione di case a prezzi accessibili. Cos’altro si potrebbe vendere? In quali altri modi il comune potrebbe fare cassa?

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Sala: «vendere San Siro per fare case low cost». Queste le altre idee per fare cassa

# Il piano di Sala per case a prezzi accessibili: vendere San Siro

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala a un incontro di sostegno al candidato sindaco di Saronno Augusto Airoldi in piazza Libertà, Saronno, 30 settembre 2020.ANSA/Mourad Balti Touati

L’idea del sindaco ruota attorno a un piano da 250 milioni di euro, destinato a combattere l’emergenza abitativa a Milano, in particolare per il ceto medio. L’area di San Siro, insieme allo storico stadio, potrebbe essere ceduta a Milan e Inter, per una cifra che potrebbe aggirarsi attorno ai 200 milioni di euro. A questa somma si aggiungerebbero i 50 milioni derivanti dalla vendita di altre proprietà comunali e di fondi immobiliari.

Sala ha dichiarato che l’obiettivo è creare appartamenti con affitti che si mantengano sotto i 100 euro al metro quadro all’anno. Ha anche sottolineato che, oltre alla vendita dello stadio, potrebbero essere coinvolti altri asset municipali per sostenere il Piano Casa.

Inoltre, il Comune sta esplorando partnership con costruttori e cooperative per accelerare il progetto. Come ha spiegato Sala: «Stiamo lavorando con i privati per capire come realizzare questo progetto, che deve garantire un ritorno economico adeguato per chi costruisce». Tuttavia, è chiaro che l’operazione San Siro resta il fulcro di questa strategia, il cui esito dipende anche dalla valutazione finale dell’Agenzia delle Entrate.

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Il progetto ha suscitato diverse reazioni. Molti cittadini e figure politiche hanno criticato l’idea di sacrificare uno dei simboli della città per affrontare una crisi che sembra essere senza fine. Tuttavia, Sala ha ribadito che l’obiettivo è di mettere in piedi un’offerta seria che permetta di rispondere alle esigenze abitative della città senza compromettere le ambizioni degli investitori.

Mentre Sala insiste sull’importanza di trovare risorse locali per affrontare la crisi abitativa, non è passato inosservato il fatto che il Comune di Milano abbia rifiutato di partecipare al bando governativo da 1,2 miliardi di euro provenienti dal PNRR. Il Governo ha stanziato questi fondi per la realizzazione di 60.000 nuovi posti letto per studenti in tutta Italia, e molti si sono chiesti perché la giunta milanese abbia deciso di non cogliere questa opportunità, considerata la pressione abitativa, soprattutto per i giovani e gli studenti universitari.

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# Non è una provocazione: cosa altro vendere per fare case low cost?

credit: difesapopolo.it

Immaginiamo, per un attimo, di seguire il filo logico di vendere San Siro per finanziare case a prezzi accessibili. Cosa potrebbe venire dopo? Se il sacrificio dei simboli della città sembra essere la strada da percorrere, quali altri luoghi iconici potremmo mettere in vendita?

  • Il Duomo di Milano: considerando il valore simbolico e commerciale della cattedrale, si potrebbero raccogliere fondi più che sufficienti per realizzare migliaia di appartamenti a prezzi accessibili. In più, si dice che la cattedrale sia “di proprietà dei milanesi”, in quanto tutta la città contribuì a costruirla, quindi uno stravolgimento a beneficio dei milanesi potrebbe essere più che giustificato. Formalmente la proprietà del Duomo di Milano appartiene al Comune, ancorché la gestione sia affidata alla Fabbriceria del Duomo di Milano, un ente ecclesiastico responsabile del mantenimento.
  • La Galleria Vittorio Emanuele II: forse non servirebbe neanche venderla, meta turistica tra le più frequentate di Milano, ricca per altro di uffici pubblici, potrebbe direttamente diventare un’enorme residenza per studenti e famiglie. Magari con un piano di housing cooperativo nei piani superiori, mentre al piano terra si continuerebbero a vendere i famosi prodotti di lusso.
  • Il Castello Sforzesco: anche il Castello potrebbe essere sacrificato sull’altare delle case low cost. Qui, come per il Duomo, il prezzo dovrebbe per forza di cose essere simbolico, parliamo all’incirca, almeno, di qualche miliardo di euro. I proventi potrebbero essere destinati alla costruzione di un nuovo complesso residenziale in una zona diversa della città.

Queste idee sono al limite dell’assurdo, tuttavia, sollevano un tema importante: dobbiamo davvero vendere i gioielli della città per affrontare una crisi che potrebbe essere gestita diversamente?

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# 6 idee per il Comune per fare cassa

Credits: medicinaonline.com

Cosa si potrebbe fare di veramente innovativo per finanziare il Piano Casa senza ricorrere alla vendita di simboli storici o a soluzioni repressive come le multe?

  1. Futures sui biglietti dei musei: potremmo immaginare di vendere in anticipo i futuri incassi dei musei cittadini. Una sorta di “prestito culturale” dove i cittadini investono oggi per avere biglietti scontati in futuro, con la garanzia che i fondi raccolti vadano direttamente alla costruzione di case popolari.
  2. Lancio di un’obbligazione municipale per l’housing: il Comune potrebbe emettere un’obbligazione specifica per raccogliere fondi da cittadini e investitori privati, garantendo un ritorno sicuro sul lungo termine. I fondi sarebbero utilizzati esclusivamente per costruire nuovi alloggi a prezzi calmierati.
  3. Monetizzazione dei diritti aerei: invece di vendere beni storici o sfruttare solo il suolo, Milano potrebbe innovare creando un sistema di costruzione “a più strati”. Nuovi edifici residenziali e commerciali potrebbero sorgere sopra strutture esistenti, ma senza interferire con l’estetica o la stabilità degli edifici storici. Chi volesse costruire sopra questi edifici potrebbe dover pagare una “tassa aerea”, contribuendo a finanziare la costruzione di alloggi a prezzi accessibili.
  4. Tokenizzazione dei beni pubblici: un’altra idea innovativa potrebbe essere la tokenizzazione dei beni pubblici. Milano potrebbe trasformare porzioni delle sue risorse pubbliche in asset digitali negoziabili su blockchain. Attraverso questa tecnologia, i cittadini potrebbero investire direttamente nelle infrastrutture della città, ottenendo un ritorno economico quando quei beni generano profitti. Un modello che democratizzerebbe la gestione dei beni pubblici e al contempo genererebbe fondi per nuovi progetti abitativi.
  5. Crowdfunding internazionale: se il crowdfunding ha finanziato progetti artistici e tecnologici, perché non applicarlo alla costruzione di case per chi ne ha bisogno? In un’epoca così sensibile alle disuguaglianze, Milano potrebbe lanciare una campagna globale di crowdfunding per finanziare nuovi complessi residenziali. I cittadini di tutto il mondo potrebbero contribuire, attratti dall’idea sia di sostenere una città simbolo del design che dall’aiutare persone in difficoltà.
  6. Percentuale fissa delle multe e delle tariffe Area C: infine, qualora fosse davvero necessario, senza inasprire nessun regolamento, si potrebbe considerare di destinare una parte fissa delle multe e delle tariffe per l’accesso all’Area C ai progetti di edilizia popolare. Questa soluzione avrebbe, di fatto, il vantaggio di generare entrate costanti per il Piano Casa.

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MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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