Odio la parola movida, l’ho sempre odiata perché non fa parte della nostra identità e cultura.
A Milano, a parte i media e il Sindaco, chi ha mai usato la parola movida per indicare la propria vita sociale? Qualche milanese ha mai pensato anche una sola volta nella vita, fosse solo per mezzo secondo: “cià, mi va un po’ di movida”?
ODIO la #MOVIDA
#La movida a danno dei milanesi
Odio quella parola (che non userò più, nemmeno in questo articolo) soprattutto per come è stata usata a danno dei milanesi.
Mai come quest’anno Milano si trova sotto la lente di ingrandimento di una certa stampa che – capace ma controvoglia, di dipingere i successi della città nell’ultimo decennio – si è dimostrata una macchina da guerra per sottolinearne le difficoltà.
#Mai stati Ghibellini
La storia delle epidemie ci ha insegnato che quando succede un evento legato alla sfera sanitaria (come un’epidemia, avete presente?) il mondo si divide in due metà quasi perfettamente identiche. Untori e non; runner e restacasisti.
Come novelli Guelfi e Ghibellini. E in questa spartizione dei ruoli, a noi di Milano è toccata la parte dell’untore.
Parliamoci chiaro: noi siamo stati Guelfi, quelli schierati con la fede. La nostra identità è Guelfa, come lo è la nostra bandiera, quella che abbiamo visto sventolare all’ingresso ogni giorno di scuola.
Quelli che devono compiacere l’imperatore, sono i Ghibellini.
E se i Ghibellini sentono tanto il bisogno di definire l’indomabile #VITA MILANESE con una parola di origine spagnola, nata per descrivere il ritorno alla vita per l’uscita dal coprifuoco e una feroce dittatura, è bene che si interroghino sulla piega che ha preso questo paese, lasciando in pace i milanesi che – fino a prova contraria e nonostante ogni goffo tentativo – sono i cittadini che si sono comportati meglio e fatto i sacrifici più duri durante il periodo del confinamento.
Continua la lettura con : 10 COSE che chi vive a MILANO non vuole sentirsi DIRE
LAURA LIONTI
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ma sei seria? Le immagini le vedono tutti. In questo Milano non si sta distinguendo dagli altri.
Se vuoi posso dirti che per esperienza sono stato costretto ad andare in centro per un tampone durante la zona rossa. Se non fosse stato per le mascherine sembrava che niente fosse successo.
buona sera Andrea.
Sì, sono seria. Non sopporto la parola in questione e l’uso che se ne vuole fare, il significato che sta prendendo per molti fuori dai confini meneghini.
Non conosco la sua esigenza, ma “essere costretto ad andare in centro per un tampone” fa male come una qualsiasi coercizione. Dovrebbe prima interrogarsi su questo. Poi possiamo parlare di qualsiasi altra foto e idea personale.
Almeno secondo me.
Grazie per il suo commento e il suo tempo, a presto!
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