I «quartieri stranieri» di Milano

Non solo Chinatown: a Milano ci sono altri quartieri internazionali

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Ph. @danymiao IG

Milano è una città che da sempre ha accolto persone di ogni parte d’Italia e nel mondo. Alcune di queste comunità si concentrano in alcune zone e la loro presenza imprime un’identità particolare al luogo. Questi sono i cinque quartieri etnici di Milano.

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I «quartieri stranieri» di Milano

#1 Il «Piccolo Bangladesh»: tra Caiazzo a Piazzale Bacone

Credits: milano.corriere.it

Milano c’è un quadrilatero di strade – racchiuso tra le vie Gaffurio, Benedetto Marcello, Vitruvio e Settembrini, e con il vertice in piazza Caiazzo – che è ormai riconosciuto come “piccolo Bangladesh”.

Entrando in Corso Buenos Aires da Piazzale Loreto, arrivando fino alla traversa di via Petrella vi imbatterete in una zona che è un frammento della Milano borghese dei primi anni del secolo scorso. La caratteristica è la presenza di palazzi in stile liberty che all’inizio degli anni ‘90 hanno iniziato a popolarsi da stranieri provenienti dal Bangladesh. Nel 1997 fu aperto il primo phone shop gestito da un bengalese in via Scarlatti e da quel momento il quartiere ha iniziato a cambiare fino a prendere le sembianze di quello di un Piccolo Bangladesh come chiamato dalla comunità dei bengalesi. Oggi si possono trovare negozi di ogni tipo: alimentari, negozi per comunicare con l’estero, rivenditori di originale bigiotteria e merci a basso costo.

#2 «Chinatown» in via Paolo Sarpi

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I primi cinesi arrivarono in questa zona quasi 100 anni fa e iniziarono ad aprire le loro botteghe in via Paolo Sarpi anche se loro preferiscono abitare altrove, infatti gli abitanti del quartiere sono prevalentemente milanesi. La bellezza di Chinatown è vedere come vivano in armonia tantissime attività cinesi insieme ad altrettante botteghe milanesi di tradizione, in una mescolanza di odori e colori. Suggestivi i festeggiamenti del Capodanno Cinese tra gennaio e febbraio di ogni anno. Il quartiere è ormai diventato uno dei più cult e attraenti di Milano. 

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#3 La «Nuova Kasbah», a nord-ovest della città

Lungo Viale Monza, tra piazzale Loreto e il comune di Sesto San Giovanni, si trovano numerose culture differenti che si sono amalgamate tra loro. Nella parallela Via Padova, si trovano le cosiddette “case a pigione”, vecchi edifici del ‘900 a più piani con corte interna, porticati e vani bottega, che permettevano di ospitare il maggior numero di famiglie nel minor spazio possibile. Nel corso degli anni, le botteghe sono state via via abbandonate dalla popolazione in gran parte di origine dell’Italia del sud, consentendone così l’utilizzo da parte delle popolazioni straniere che tutt’oggi abitano e lavorano in zona.

#4 L’ «Asmarina», il quartiere eritreo di Milano

quartiere eritreo
West Aires, o Asmarina, a sinistra di Porta Venezia nella foto

La zona compresa tra viale Tunisia, piazza della Repubblica, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires è un caso unico in Italia di quartiere abitato in modo stabile da una popolazione straniera che non sia quella cinese. Tra eritrei, etiopi, somali sono 2.500 i cittadini provenienti dal Corno d’Africa. Non mancano locali, bar e ristoranti della tipica tradizione dell’Africa orientale.

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#5 Il «Quartiere Arabo» a San Siro

Gli arabi del quartiere popolare di San Siro hanno ormai superato per presenza gli italiani. In queste vie si sente risuonare più spesso marhaban (saluto in arabo) che buonasera. In via Stratico sorge la scuola araba bilingue Nagib Mahfuz, la cui didattica segue i programmi ministeriali sia dello Stato italiano sia di quello egiziano. I bambini maghrebini di San Siro così possono frequentare le lezioni nella loro lingua d’origine senza uscire dal perimetro del quartiere. Un quartiere che per molti rappresenta un simbolo di degrado ma c’è la speranza o, forse, il sogno, che possa diventare anch’esso un luogo di attrazione capace di valorizzare al meglio le atmosfere arabe in terra milanese. 

Continua la lettura con: Proposte per rilanciare il quadrilatero dell’illegalità

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.