Chissà se capiterà anche a me, penso mentre l’aereo tocca terra a Linate…
Sapessi come è strano ATTERRARE un MERCOLEDÌ SERA a MILANO
# A Linate: sul “vecchio” bus per arrivare il Terminal
Dopo tre giorni di trasferta lavorativa, non c’è niente di meglio che ritrovare la propria città, specie se la si ama. Nei libri quando si atterra di notte a volte si finisce nelle dimensioni parallele: chissà se capiterà anche a me, penso mentre l’aereo tocca terra a Linate.
Tutto regolare: non c’è il finger ma il bus, in fondo questa cosa è anche abbastanza accettabile per un city airport, e comunque i lavori li hanno appena terminati. Nessun controllo di polizia in regime di Schengen, nemmeno random: a me sta bene così, per carità, ma forse vista la guerra in Israele alzare il livello di allerta potrebbe far sentire qualcuno più sicuro.
# La metro chiude alle 22
Forza, andiamo a prendere la metropolitana, facciamo questa nuova esperienza. La famosa linea blu, la M4, quella che dopo secoli ha finalmente collegato questo aeroporto che di fatto è in città con la città. Ma come, non hanno ancora messo i cartelli? Va bene che è nuova, ma così si sminuisce una risorsa. Che sia voluto? Chi non sa che la linea è aperta di certo non la cercherà, senza indicazioni.
Io lo so in che direzione si trova, perché sono un fanatico dei cantieri e seguo tutti i progetti in ogni angolo di Milano. Ecco, da metà terminale appare il primo nuovo cartello blu con la freccia.
Esco dalla porta 8, ricordandomi di un gabbiotto di accesso vicino ai parcheggi intravisto lungo la strada dell’Idroscalo. Ma no, dai guarda, perché pensare male? Hanno fatto l’accesso diretto dal terminale. Però la porta da fuori è chiusa e c’è un cartello che indica che bisogna accedere da dentro.
Tocca rientrare dalla porta 8 e seguire la freccia. Che strano, le porte sembrano chiuse. Sì, c’è una saracinesca, non è possibile, dai. Leggo il cartello: nei giorni di lunedì, martedì, mercoledì e giovedì questi sono gli orari: fino alle ore 22. Alle dieci chiude: però, penso, non male per la capitale della moda. Potevano almeno mettere gli orari anche sulla porta esterna, almeno mi avrebbero risparmiato qualche minuto di depressione, che si sa che quando si torna da un impegno di lavoro si desidera solo tornare a casa il prima possibile.
# La coda infinita per un taxi
Torno fuori, indeciso sul da farsi. Provo a cercare con l’app del car sharing se per caso ci sono veicoli disponibili. Il più vicino è in Viale Corsica. Scorgo a sinistra la coda interminabile per i taxi, che arriva quasi fino a me: più di trenta persone.
A destra il bus sostitutivo della M4 che va fino in Piazza Ovidio. Bene, faccio per salire e mentre sto per appoggiare il piede sul predellino il conducente chiude le porte e parte clacsonando, come se la colpa fosse mia, per la sua scortesia.
Direi che non resta altro che il taxi: armiamoci di pazienza e facciamo passare quei 15 minuti buoni per far arrivare il nostro turno. Ecco, ci mancava il tassista che non ha il POS, che l’ha dimenticato, come dice lui, che chiede a tutti i passeggeri in coda se possono pagare con i contanti. Di fatto, intralcia il traffico.
Io salgo su quello dietro e comincio a pregustarmi il film che preferisco: Milano di notte che scorre dal finestrino.
# Sembra una Silence Week
Il monumento rotto alla M del Parco Forlanini, la desolazione dei piloni ferroviari alla stazione Forlanini, le insegne chiuse delle pizzerie e i negozietti etnici aperti, poi Argonne, il boulevard ferito, anche se in realtà molti alberi sono ancora in piedi. Le panchine di Piazza Occhialini, la preferenziale lungo Viale Abruzzi, i muri graffitati dei licei. In giro non c’è nessuno. Guardo l’orologio: sono le 23 e 10. Penso che questa forse è la Silence Week, la settimana del silenzio.
Il taxi incrocia Corso Buenos Aires. Mi sporgo in avanti per vedere la ciclabile. Due biciclette per corso di marcia. Un sorriso inatteso si disegna sul mio viso. Forse forse, nonostante tutto, si può ancora sognare.
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LORENZO ZUCCHI
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