Alessandra Roggia. Impegnata in politica e nel sociale, molto attiva in città. Ha anche scritto alcuni libri, “Il fiore d’acqua”, “Trenta come noi” e “Sales Assistant”. Tratto distintivo: grande amore per Milano.
Alessandra ROGGIA: “la mia Milano sarà più VIVA”
La cosa che ami di più di Milano?
Milano è pura energia vibrante. La percezione di essere immersa in un vortice di fotogrammi e suoni, mi ha sempre regalato un appagamento interiore di cui difficilmente so cogliere traccia in luoghi più assopiti.
Il mio concetto di benessere è strettamente legato al disordine, tipico delle città metropolitane… alla sovrapposizione di idee, attività, progetti; alla diversificazione degli oggetti, dei colori e delle forme, proiettati contemporaneamente su un unico telo. La confusione risveglia i miei sensi, e anziché inibire il mio controllo sulle cose, incentiva la mia presa di coscienza sui contorni, mi aiuta a delinearli e a filtrare gli elementi di troppo. Milano è una città da setacciare: non per eliminare il leggero contrappeso delle sue scorie, ma per ricavarne opportunità più nitide.
Quella che invece ti piace di meno?
La sua reputazione. La caricatura di se stessa, alla quale molto spesso si è prestata più per gioco, che per descriversi; ma lo ha fatto in modo così fiero e tambureggiante, che alla fine forse ci ha creduto e ha convalidato un’immagine di sé molto più aspra rispetto alla realtà. Spesso ho respirato molta più empatia attraverso la sua velocità cronica, che non nella decantata pacatezza di città più soleggiate. Milano ha un’anima calda, ma impalpabile; bisogna avere davvero voglia di conoscerla, per abbattere determinati stereotipi ed imparare ad indossarla.
Il tuo locale preferito?
È sempre stato piuttosto difficile affezionarmi ad un locale in particolare: le tendenze non me lo hanno mai consentito. Una città in movimento non può permettersi di glorificare alcune mura per lasciarne indietro altre, se non per brevi lassi di tempo: ho quindi imparato a seguire il flusso assecondando le proposte del momento, alternandole, purché la compagnia fosse quella giusta. Prediligo gli ambienti fashion e all’avanguardia, dal lusso ostentato: mi diverte, sono vanitosa. Ma so stare alla larga dall’eccesso di lustrini, per le ombre che nascondono.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Ho da poco intrapreso un percorso universitario, iscrivendomi alla facoltà di scienze turistiche a indirizzo turismo sostenibile. Ho intenzione di focalizzare la mia attenzione sulla città di Milano per avere una formazione completa su tutto ciò che la caratterizza dal punto di vista storico, urbanistico, culturale, e per approfondirne gli aspetti legati ai settori moda, food e design. Avere una visione a 360° di ciò che mi circonda, sarà molto utile anche in previsione delle Olimpiadi Milano Cortina 2026. Per questi motivi, mi sto appassionando alla lettura di libri specializzati nei settori peculiari; amo inoltre fare passeggiate alla scoperta di luoghi meno noti ma meritevoli di attenzione: piccoli bar periferici, stradine dal sapore meno moderno. Meravigliarmi per il valore delle realtà meno battute, rimane uno dei miei passatempi più appaganti.
La canzone su Milano a cui sei più legato/a?
“Milano non esiste” di Ermal Meta.
Milano non esiste
Questa sera esisti solo tu
Mi basta solo questo a farmi respirare
Per questa sera non c’è niente
Stasera esisti solo tu
…una dichiarazione d’amore ambivalente, che fa comprendere quanto si possa essere legati ad una città così apparentemente lasciva, contrapponendola al sentimento più grande e profondo che si possa provare per una persona.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Quando sento la necessità di estraniarmi dalla mia amata confusione, scelgo luoghi dall’energia più mansueta e innocente, libera da tutto ciò che è organizzato e sistematico: ampi spazi naturali, verdi, fatti di suoni puliti e colori neutri: amo l’Oasi di Vanzago (sono volontaria WWF), e, anche se si trovano fuori regione, le Isole Borromee ed il Parco Pallavicino di Stresa.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Restare.
Sono arrivata da sola in questa città quando ero poco più che una ragazzina, ed è qui che ho formato la mia personalità, il mio carattere, sperimentando tutte le sfumature delle emozioni partendo da quelle più negative. Ero troppo giovane per non perdermi, e ho quindi agito secondo manuale. Non sono stata molto fortunata, all’inizio: ero impreparata a quasi tutto e non ho incontrato figure positive con le quali potermi rapportare, anzi…
Ma ho imparato a proteggermi da sola, a trovare la mia luce, anche grazie alle buone e solide relazioni costruite nel tempo. Amo Milano perché non mi ha mai abbandonata: percepisco un legame profondo e indissolubile da sempre, tra noi. In ben diciassette anni, non sono mai stata un solo giorno senza lavorare. Mi ha regalato infinite opportunità ed ha permesso che si avverassero alcuni dei miei sogni, come la pubblicazione di quattro libri e l’acquisto di una casa. Di recente ho tentato di renderle omaggio candidandomi al Consiglio di Municipio per un partito politico: amare una città, significa riconoscere il suo valore e fare di tutto per proteggerla.
La fermata della metro a cui sei più affezionata (e perché)?
Duomo.
Vince su tutte perché me la ritrovo davanti agli occhi mattina e sera, in quanto ho sempre lavorato in centro. È un amore un po’ forzato, forse, ma è inevitabile affezionarsi a ciò che vedi e vivi di più. E poi, provo molta simpatia per i suoi piccioni: animali dall’intelligenza sopraffina, troppo spesso sottovalutati.
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Un coniglietto al guinzaglio, sotto casa mia.
Il quartiere che ami di più?
Portello, il mio quartiere di residenza.
Vivo qui da quasi quattro anni, e sebbene abbia vissuto in diverse zone della città (Linate, Gorla, Lodi, Loreto), in questa, ho trovato la pace dei sensi. Periferica, ma non troppo, vivace quanto basta e decisamente ben servita. Durante la campagna elettorale ho avuto modo di addentrarmi nei meccanismi più profondi del mio territorio, incontrando tantissime persone nuove e conoscendo le loro storie; credo che sia importante consolidare i rapporti nell’ambiente in cui vivi, per poterlo migliorare ed apprezzare al 100%.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Innanzitutto chiederei al sindaco che le prossime elezioni siano trasparenti. È sotto gli occhi di tutti, che nell’ultima campagna elettorale “qualcosa è andato storto” e che certi accordi palesi tra le parti non possono incentivare il cittadino ad una partecipazione attiva alla sfera politica locale.
Se fossi certa che la mia richiesta venisse ascoltata, chiederei senza dubbio controlli reali e capillari delle Forze dell’Ordine su tutto il territorio, specie nelle ore serali e notturne, cosa che ad oggi continuiamo a non vedere specialmente nelle aree più periferiche della città.
Proporrei una rivalutazione totale del concetto di “Green”, che viene utilizzato più per propaganda di tendenza che per il nobile fine al quale dovrebbe mirare.
Mi piacerebbe, inoltre, che le piccole e medie imprese milanesi venissero valorizzate come meritano, attraverso strumenti pubblicitari efficaci, affinché il consumatore sia certo di acquistare un bene di primissima qualità, ricco di storia e tradizione.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Assolutamente sì!
Milano ha tutte le carte in regola per poter essere resa autonoma: la libertà di potersi gestire, slegandosi da Roma, dovrebbe essere la sua prerogativa – esattamente come lo è per molte altre città in Europa e nel mondo – che oggi godono di più poteri e sono le vere protagoniste dello scenario internazionale. Ritengo che ai milanesi debba essere conferita piena facoltà di poter prendere decisioni che riguardano in modo diretto il loro territorio, emanare leggi proprie, impiegare al massimo le risorse locali ed investirle per soddisfare le necessità che li riguardano più da vicino.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Augurandomi che questo non accada, sceglierei probabilmente Roma. E se proprio decidessi di osare, punterei alla mia amata New York.
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Li investirei indubbiamente nell’offerta culturale, affinché le aziende milanesi possano utilizzarla come strumento di marketing per promuovere la propria tradizione a livello internazionale.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Sogno una Milano più viva, mi piacerebbe rivederla in fermento come alcuni anni fa. Purtroppo ho potuto osservare come – nel tempo – la sua “verve” si sia affievolita, e questo è accaduto ancor prima dell’avvento del Covid. Probabilmente il fatto che negli anni si sia lasciato molto più spazio a vetrine multinazionali, rispetto ad un’identità rappresentativa del Made in Italy, ha giocato a suo svantaggio. I numeri legati al flusso di visitatori sono sempre stati decisivi nel decretare la nostra città come una delle più importanti “capitali del turismo”; oggi percepisco un po’ meno questa potenza. Non è di certo un momento storico in cui si possa ambire ad un rapido cambio di rotta, e questo è dovuto quasi interamente ai giochi di palazzo, che oggi tengono prigioniera l’intera popolazione – molto spesso inconsapevole – e contribuiscono a demotivare i nostri potenziali ospiti: le milioni di prenotazioni cancellate nelle ultime vacanze invernali, ne sono la prova.
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