Andrea Bullo. Lo spirito di Andrea Pinketts reincarnato in un avvocato milanese Doc. Un talento pazzesco nella scrittura con uno stile che ti incolla. In attesa del grande salto nella narrativa ci fornisce il suo punto di vista fuori dagli schemi su Milano.
Andrea BULLO: “la mia Milano ETERNAMENTE IN BILICO”
La cosa che ami di più di Milano?
Questa faccenda di essere eternamente in bilico tra la memoria e il futuro, tra il dialetto e l’inglese, tra i Navigli e l’Atlantico, tra la polenta (che non si trova più) e il sushi (che ha anche un po’ rotto le balle).
Una fune sottilissima tra un sereno rimpianto e un’accanita determinazione ad andare avanti.
Quella che invece ti piace di meno?
Il clima. Ce ne sarebbero tante altre, s’intende: i palazzoni dei geomostri degli anni ’60, per dirne una. Ma il clima è veramente insopportabile, a maggior ragione oggi che non c’è neanche più la nebbia che almeno, d’inverno, ti nascondeva alla vista quei cessi immondi.
Il tuo locale preferito?
I miei locali preferiti uno ad uno hanno chiuso, se ci penso mi sento vecchio. Sicché, ovunque facciano un Long Islandcapace di tagliarti le gambe senza che te ne accorga: ecco, quello è il mio locale preferito.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Forse sarà poco milanese, lo ammetto, ma il mio passatempo preferito a Milano è non fare assolutamente un cazzo di niente, ecco. Proprio immobile, bradipico, letargico a fissare il vuoto.
In sintesi: sbatter via del tempo, cosa che a Milano è un lusso assoluto.
La canzone su Milano a cui sei più legato/a?
Nostalgia de Milan del Rabagliati. Nessun dubbio. Mio nonno l’amava, me lo ricorda moltissimo. Con una carissima amica mi sono trovato a suonarla, lei alla fisarmonica ed io alla chitarra, nel patio di casa sua a Seattle. Piangevo come un vitello.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
L’Adda, a Imbersago, dove c’è il traghetto a fune. Una volta ho visto un cigno decollare dal fiume, nel silenzio, circondato dagli alberi. Uno spettacolo indimenticabile.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Nascerci e crescerci e aver avuto delle opportunità che altrove mi sarei sognato, probabilmente.
C’è un episodio, però, che non saprei collocare esattamente nel tempo. Per lavoro vado molto spesso a Roma e per tanto tempo, tornando a Milano dopo tanta magnificenza, avevo l’impressione di essere tornato in provincia. Finché una volta, non saprei dire quando, era primavera, mi sono sorpreso a stupirmi di quanto Milano fosse bella anche lei. Era primavera, mi sembra. Il cielo era azzurro, le ragazze vestite leggere, qualche cabriolet in giro… è stata una rivelazione. Da allora, vado a Roma malvolentieri…
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Cimiano, perché la metro esce all’aperto. Mi rendo conto che è una cosa un po’ idiota, ma da bambino mi emozionava e adesso che ho cinquant’anni non smette di piacermi.
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Premetto che io passo un sacco di tempo chiuso in studio e mi muovo sempre in moto. La verità è che Milano me la godo poco, e penso che sia comune a chi a Milano c’è nato. Chi viene da fuori ha la fortuna di trovarsi davanti un mondo nuovo e penso che si goda la città molto di più, soprattutto se è giovane e vive scomodo, in condivisione: a quel punto hai molte più possibilità di incappare in cose curiose. M’incuriosiscono le persone, quello si: una volta, sul tram, una signora anziana ha condiviso il posto col ragazzino di colore che gliel’aveva ceduto; ecco, magari non sarà una cosa “curiosa”, ma molto, molto milanese, quello si.
Il quartiere che ami di più?
Porta Genova. Penso che sia uno dei quartieri che, pur essendo ormai in centro, abbia conservato intatto lo spirito della Milano di una volta.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Tre cose.
Primo, c’è un botto di gente che si sente esclusa. Esclusa da tutto. Vuoi perché rifiuta il cambiamento, vuoi perché non riesce a rimanere al passo: a queste persone bisogna pensare di più, bisogna tirarle in mezzo. Bisogna che le periferie recuperino un’identità chiara e non siano soltanto dei dormitori o dei posti per speculazioni urbanistiche. Altrimenti questo malessere finirà per contagiare tutti.
Secondo, riqualificazione urbanistica: è una roba che si sta facendo urgente. Ci sono zone a Milano, che ormai non si possono nemmeno più chiamare periferia, che i geomostri degli anni ’60 hanno deturpato in modo osceno. Bisogna metterci mano, ripensare interi quartieri, dare dignità al bisogno.
Terzo: la Circle Line. E’ praticamente già lì. Chiudiamo l’intesa con FS e facciamo ’sta cosa, è ridicolo che si spenda un botto di quattrini per allargare le tangenziali quando la soluzione è a portata di mano.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Diciamoci anzitutto che, a centosessant’anni dall’unità d’Italia e a cento e passa anni dalla fine della prima guerra mondiale, alcune “autonomie locali” mi sembrano un tantino anacronistiche. E però, per le stesse ragioni per cui allora c’erano le condizioni perché certi posti godessero di certe autonomie, sono dell’avviso che oggi ci siano le condizioni perché Milano ne abbia di uguali, se non di maggiori. Milano è l’unica città italiana ad avere una proiezione internazionale che non sia dovuta al turismo (semmai il contrario). É obiettivamente impensabile che, nelle sedi istituzionali, debba avere lo stesso peso di qualunque altro Comune. Quanto alla Città Metropolitana, è rimasta una faccenda sulla carta, benché ci siano tutte le condizioni territoriali per una espansione vera e propria sul modello della “Greater London”; magari si potrebbe, anzi si dovrebbe, partire proprio da qui.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Per vivere e lavorare, San Francisco. Quando vedo passare il tram F con lo stemma del Comune mi sale sempre l’orgoglio.
Per ciabattare da pensionato, Lisbona. Grandiosa e sciatta al punto giusto.
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Recupererei tutta la zona dell’ippodromo, del Lido, le scuderie Montel. E’ bellissima e trascurata.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Mi piacerebbe che Milano s’affrancasse del tutto dalla pessima reputazione (parzialmente immeritata, va ammesso) che l’Italia sconta presso i grandi investitori internazionali. Che potesse lasciarsi alle spalle quell’attitudine, molto italiana ma poco milanese, alla polemica fine a se stessa e che potesse diventare ancora più attrattiva, come Monaco di Baviera, che negli ultimi anni ha conosciuto un vero e proprio boom di afflussi da tutta Europa nonostante l’ostacolo della lingua.
Però lo devo ammettere: questa città non è la stessa in cui sono nato ed in cui sono cresciuto. Quella me la porto nel cuore, ma non la rimpiango: il Duomo di quand’ero bambino era nero, quello dei film di Celentano e Pozzetto con cui ho riso tanto. Ora è bianco e lucente, io non sono più un bambino, e grazie a dio le cose cambiano. E finché cambiano, va bene.
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