Carlo Lottieri. Filosofo, professore universitario e saggista bresciano. Di forte orientamento autonomista e liberale, tra i pochi autentici in Italia. Negli ultimi due anni sempre in prima fila per lottare contro le discriminazioni e per ripristinare i diritti soppressi. Un grande innamorato di Milano.
Carlo LOTTIERI: “la mia Milano deve essere lasciata in pace: deve vivere del suo e non subire diktat o altre imposizioni”
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La cosa che ami di più di Milano?
Il suo essere – al tempo stesso – una realtà locale e internazionale, vernacolare e globale, meneghina e “vicina all’Europa”. A Milano ti senti entro una città aperta che puoi girare a piedi: una microscopica New York che ti regala i Navigli, Brera, le Colonne e Galleria Vittorio Emanuele. E dove in ogni momento può sorgere qualcosa – un’impresa, un’iniziativa culturale, un progetto solidale – che è in grado di dire qualcosa a tutti e ovunque.
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Quella che invece ti piace meno?
È una certa Milano italianizzata e in questo senso provinciale in senso deteriore: quel suo piccolo mondo salottiero, piuttosto borghesuccio e radical chic, che ha il proprio equivalente un po’ ovunque nel resto della Penisola, e che si nutre di una sfilza di luoghi comuni senza pensiero. Quando a Milano si è banali, lo si è con grande convinzione.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
A Milano mi piace muovermi a piedi: anche facendo chilometri. Soltanto così, negli anni, ho scoperto come Brera sia tanto vicina a corso Como, come sia possibile arrivare ai Navigli partendo da piazza Duomo. Per anni ho girato la città soltanto con i mezzi, ma ho iniziato a conoscerla davvero soltanto quanto ho preso a camminare.
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Sono tante, ma forse quella che ogni tanto mi trovo a canticchiare è “Innamorati a Milano” di Mimo Remigi.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
A Milano ho partecipato, insieme ad Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro, alla creazione dell’Istituto Bruno Leoni: all’invenzione di un think-tank schierato a difesa di ciò che più gli italiani detestano (la libertà individuale, il mercato, la proprietà privata, i rapporti volontariamente sottoscritti…). Uno dei primi incontri fu dalle parti di Porta Garibaldi, quando ancora c’erano i giostrai e la rinascita della zona era di là da venire.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Mi piace la fermata di Maciachini, sulla gialla, perché manifesta una Milano multietnica e felicemente incasinata, che pure si trova davvero a pochissime fermate da Montenapoleone. Qui ho conosciuto una città che prima ignoravo, ma che ormai è importante, anche sul piano economico. Sotto tanti punti di vista, questa mi pare un pezzo cruciale della Milano di domani: con vari aspetti problematici, ma su cui si deve scommettere.
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Maciachini
Il quartiere che ami di più?
Ho iniziato a scoprire Milano quando ho avuto un piccolo lavoro part-time a Brera, negli anni Ottanta. Allora il quartiere era assai diverso e si poteva mangiare in una qualunque trattoria senza lasciare il portafoglio. Oggi quelle vie sono molto più tirate a lucido, ma continuano a mantenere un grande fascino.
Caro Sala, ti scrivo…(cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Presta attenzione alle buche e ai tombini. Lo so: può apparire un piccolo problema. Ma non è possibile che ogni giornata di pioggia trasformi la città in una specie di acquitrino e che ogni passante venga ripetutamente inondato dalle onde sollevate dalle automobili di passaggio. Milano dovrebbe essere curata meglio. Cominciamo dalle piccole cose.
Milano città Stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Sono favorevole al massimo di libertà possibile per Milano e anche per ogni altra realtà oggi “intrappolata” nella Repubblica italiana. L’autogoverno è responsabilità, concorrenza con altre realtà analoghe, stimolo a fare meglio, libertà d’iniziativa. Oggi questa città è una periferia: le decisioni che la riguardano maggiormente sono prese altrove, e tutto questo è assurdo e umiliante.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Già ora vivo a metà strada tra Milano e Venezia: due città diversissime, ma anche molto complementari. La risposta è tutta già nel modo in cui vivo ora.
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Se dovessi avere due miliardi per Milano cosa faresti?
Forse dovremmo usarli per corrompere qualche politico romano, affinché il governo nazionale si dimentichi della città: non destini qui un solo euro del Pnrr e non pretenda di amministrarla da lontano. Milano deve essere lasciata in pace: deve vivere del suo e non subire diktat o altre imposizioni.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Milano deve capire che quando inizierà a pensarsi quale città che ha diritto a essere libera, potrà raggiungere facilmente quell’obiettivo. Le istituzioni vivono soltanto nella mente degli uomini e quando questi ultimi cambiano il loro modo di guardare la realtà, le istituzioni si adattano. Anche perché l’Italia e l’Europa tutta hanno soltanto da guadagnare da una Milano che si dia le proprie regole, si tassi da sé e decida quali devono essere le proprie priorità.
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