Milano è una città piatta e di dimensioni tutto sommato ridotte. Sembra facile percorrerla ‘coast to coast’: si è stimato che l’interramento dei Navigli abbia portato un risparmio di 2 ore sull’attraversamento della città.
Eppure ci sono due problemi che rendono ostico girare a Milano. Il primo è il traffico, il secondo sono resti di isolati o scali ferroviari caduti in disuso.
Abbiamo già scritto dell’idea di riqualificare e restituire alla città lo scalo Farini, con spiagge e kitesurf con vista sui grattacieli di Piazza Gae Aulenti.
E’ invece di questi giorni il progetto portato alla luce dal blog.urbanfile.org di realizzare un un ponte sull’ex Scalo di Porta Romana (viale Isonzo-Corso Lodi).
Il progetto prevede una passerella ciclo-pedonale “da realizzare in tempi brevissimi, con un investimento ridotto, senza compromettere le future scelte di riassetto complessivo del comparto” e sostenibile dal punto di vista ambientale. Ecco come sarebbe:
Il progetto del ponte sull’ex Scalo Romana
Secondo il portale blog.urbanfile.org la passerella di circa 250 metri partirebbe dall’attuale Largo Isarco, accanto all’ingresso di Fondazione Prada, e, superando l’area dismessa e oggi inaccessibile dello Scalo Romana, arriverebbe al di là della ferrovia, in zona Piazza Trento-Viale Isonzo.
Un ponte altissimo? Non proprio: la rampa verrebbe pensate con una pendenza del 5%, quindi affatto ripida, così da permetterne l’utilizzo diffuso anche dalle persone affette da disabilità.
Un ponte bruttissimo? No, perché sarebbe realizzato con un’ossatura modulare prefabbricata in acciaio, un piano di calpestio in legno, quindi riciclabile una volta dismessa, e che si integrerebbe con i colori circostanti.
Di notte? Verrebbe illuminata per aumentarne la fruizione, la sicurezza e l’evidenza delle sue caratteristiche: se si seguisse il progetto del Centro Studi TAT di via P. Diacono 9, Milano (composto da Fabrizio Schiaffonati, Elena Mussinelli, Arturo Majocchi, Andrea Tartaglia, Matteo Gambaro con Giovanni Castaldo, Adriana Granato, Martino Mocchi, Raffaella Riva), il Ponte di Porta Romana verrebbe “realizzato con una struttura a secco e con limitati elementi fondazionali”, senza richiedere “opere di bonifica o di trattamento preventivo dei suoli“.
Chi paga? Nella più rosea delle possibilità, il finanziamento della struttura temporanea “potrebbe basarsi sull’intervento diretto degli stakeholder (partenariato pubblico-privato) e su alcune forme innovative quali il crowdfunding civico“.
Aspetto questo che porterebbe Milano in linea con gli scenari di altre città europee, dove operatori pubblici, privati e gli stessi cittadini collaborano e insieme decidono e realizzano le trasformazioni della loro città.
Fonte e foto: http://blog.urbanfile.org/2016/04/20/milano-i-porta-romana-uno-sguardo-sul-ponte/