Raffaele Kohler, la sua swing band e soprattutto la sua tromba, suonano di nuovo la carica a Milano «Sogno una Milano come New Orleans!!!». Vediamo in cosa consiste la proposta del grande musicista.
Il sogno di Kohler: MILANO come NEW ORLEANS
La storica performance di Kohler durante il lockdown
Marzo 2020, zona 8 Milano, ore 18:00, primo, terribile lockdown.
In giro non c’è nessuno, è una giornata tiepida, le ore di luce si allungano su una città ferita.
Raffaele Kohler prende la sua inseparabile tromba e inizia a suonare “Oh mia bela Madunina” dalla finestra aperta del suo studio.
Suona così forte, quasi a voler scacciare la paura, che lo sentono fino in capo al mondo. Il video postato sui social fa il giro del pianeta e viene visto e sentito da milioni di persone. Diventando un imperdibile appuntamento quotidiano, in diretta Facebook tutti i giorni alle 18:00, per darsi carica e darla agli altri.
Mi piace pensare che sia stato merito di Raffaele Kohler, se i media mondiali hanno iniziato a interessarsi agli appuntamenti quotidiani delle 18:00, per raccontare l’altra faccia del lockdown italiano. Un atto generoso ma molto semplice, uno dei pilastri della milanesità
«Sogno una Milano come New Orleans!!!»
Giugno 2021, l’ora dell’aperitivo, Milano.
In una città che torna piano piano alla strameritata normalità, la creatività di Raffaele Kohler diventa dirompente e – sempre dalla pagina Facebook “Raffaele Kohler Swing” Raffo suona la carica:
«Sogno una Milano come New Orleans!!!
Così spiega il musicista:
Secondo me la musica dal vivo sarà l’ago della bilancia per le prossime elezioni comunali e superata questa pandemia Milano potrà diventare una delle città più belle e interessanti del Mondo se si investirà proprio su questo.
Cosa ne pensate?»
Il senso della proposta: una Milano con concerti open air diffusi
Milano è una città con uno swing particolare. La città va veloce perché ha un groove tutto suo che scandisce tempi e ritmi.
La musica è sempre presente, immancabilmente accompagna tutta la giornata, dal risveglio alla nanna.
Dopo tutto Milano è la città di Piano City, format nato e testato qui, il cui successo è stato “esportato” in numerose altre città.
Inoltre è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per ripartire e, in questa città, nessuno si tirerà indietro.
Il DNA di Milano è questo, è la città al vertice dell’industria musicale italiana; l’inconfondibile impronta genetica dei milanesi, di nascita o per scelta è questo: siamo nati pronti!
# Dai commenti al post emerge l’anima swing di Milano
Quali sono i commenti al post di Raffaele Kohler? La proposta sta raccogliendo, giustamente, molti consensi.
A.F. dice subito « Musica, arte, cultura! Solo così ci si può sentire vivi e pensanti!» Oppure E.B. che tuona «Meno dj più spartiti e strumenti»
C’è chi rilancia portando ad esempio altre realtà, come G.G. « Penso che sia un’idea geniale.. Sogno una Milano in stile “ASCONA”, soprattutto nei mesi estivi, con concerti diffusi e permanenti e band internazionali che ricreano lo spirito new Orleans», proponendo inoltre la creazione di una petizione su una delle piattaforme online più utilizzate dal basso.
Oppure come C.D.B. « Io sogno l’Irlanda, le live session, l’improvvisazione, il piacere dei musicisti che si incontrano e coinvolgono il pubblico nel gioco (to play) e nel piacere dello stare insieme…»
Sebbene tutti consapevoli delle difficoltà del momento, che si aggiungono a quelle storiche/burocratiche, che sembrano servire più a disincentivare la musica dal vivo, A.L si fa portavoce del bisogno di spazi per la musica dal vivo, per dare finalmente un senso a quanto vissuto a Milano fino adesso: «Forse questo potrebbe essere il momento giusto per favorire e incentivare la musica dal vivo. Speriamo che qualcuno lo capisca».
In attesa che questa voce venga ascoltata, almeno a Milano, S.G non nasconde l’atteggiamento forse troppo remissivo di alcuni colleghi che hanno accettato tutte le restrizioni quasi senza fiatare «Magari! Al momento non mi sembra che la politica ci prenda in considerazione. Ci trattano alla pari di giullari di corte», dando un giudizio proprio sulla remissività.
C’è anche chi scherza, parafrasando sulle prossime elezioni comunali, come P.M. «Cioè dovremo votare per il candidato che suona meglio?»
# La politica avrà orecchio?
Ho scelto di chiudere con il commento di P.M. non per addossare responsabilità particolari alla giunta in carica, ma solo perché tutti i musicisti che hanno commentato mettendoci la faccia, non si sentono sufficientemente tutelati dalla classe dirigente attuale.
Tra le righe dei commenti ne esce una categoria di professionisti mai vinti, mai rassegnati, ma consapevoli che la società attuale non è abbastanza matura da considerare la loro arte come una professione.
La colpa è della comunicazione che la politica ha fatto circa la loro professionalità: “lavoratori non essenziali”, “quelli che ci fanno divertire”, le tasse, le pratiche burocratiche cartacee o i balzelli per la musica dal vivo.
Gli artisti milanesi, dopo aver rispettato le condizioni disumane imposte per gestire (male) l’emergenza sanitaria, si aspettano dalla politica e dalla cittadinanza un atto coraggioso, per incentivare la ripresa. Come si è fatto con i dehor dei locali, si meritano una sospensione temporanea di tutti gli impedimenti burocratici che scoraggiano i proprietari dei locali a ingaggiare le esibizioni di una jazz band, un DJ set, un gruppo rock.
Adesso è il momento di non lasciare nulla di intentato, fare di tutto e di più per aiutare queste donne e questi uomini a riprendere in mano gli strumenti musicali e le proprie vite, per far loro capire che ne usciremo migliori, più maturi, considerandoli essenziali perché “ci fanno divertire e appassionare”.
Io l’ho fatto, di lavorare al servizio di quanti usufruiscono di uno spettacolo, pagando il biglietto. Ed è bellissimo, quando a fine spettacolo il pubblico esce sorridente, soddisfatto e migliore. E questo succede sempre.
La responsabilità che si prende questa categoria, non è solo passione. La passione semmai ti aiuta a sconfiggere una pressione che non tutti possono affrontare.
Ma soprattutto per gli artisti, c’è tanto studio, sacrifici e amore per l’arte e per il pubblico.
Ascoltiamoli dal vivo perché ne abbiamo bisogno, ma ascoltiamoli anche quando – per una volta – chiedono il nostro sostegno dopo che sono stati da messi da parte come roba vecchia.
Sono tra i pochi che hanno capacità visionarie e scalpitano con energie positivissime per portarci fuori da questo incubo.
Continua la lettura con: L’irresistibile voglia di musica di Milano
LAURA LIONTI
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