Siamo entrati nell’epoca dei diritti a pagamento. Ma c’è chi dice no. Come i ragazzi del Porta.
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La rivoluzione dei ragazzi del Porta: «No a studenti di serie B!»
# Tutti possono stare qui… ma con libertà diverse
La Milano di oggi è un po’ ipocrita. Ufficialmente si dichiara inclusiva, la Milano delle porte aperte, del venite tutti qui. Di fatto però è la Milano che una volta che si ritrovano tutti qui, assegna diritti e libertà differenti in base ai soldi.
Se hai una macchina dell’ultima generazione e vivi in una bella casa del centro i tuoi diritti sono all inclusive: puoi girare ovunque liberamente. Gratis. Se sei un po’ più povero e non ti puoi permettere una bella casa in centro, per entrare anche tu in centro devi pagare. Ma fermandoti al massimo due ore. Se, infine, sei ancora più povero e disgraziatamente abiti fuori dalla città, allora con la tua vecchia auto non puoi neanche più circolare.
Tutti possono stare qui, ma se non hai abbastanza soldi ti vengono tolti anche delle libertà fondamentali, come quello di vivere la città come gli altri. O di vivere la scuola. Già, perché questi diritti differenziati, da società divisa in caste, forse c’è chi pensa che prima lo si impara meglio è: questa finta apertura, questa ipocrisia a Milano inizia ad entrare anche nelle scuole. Raccontiamo oggi la situazione del Carlo Porta: scuola ufficialmente pubblica, tra le migliori di Milano, dove tutti sono uguali ma in realtà anche qua c’è chi è meno uguale degli altri, come ci raccontano gli studenti che da tre giorni stanno manifestando. Una protesta di cui personalmente apprezzo un elemento: che anche se il provvedimento punisce solo alcuni studenti meno fortunati, tutta la comunità studentesca si sta battendo assieme per evitare che ci sia qualcuno di loro retrocesso in serie B. Non per motivi di condotta o di resa scolastica. Ma per la situazione economica dei genitori.
# «Combattiamo contro una discriminazione che non dovrebbe avere spazio in una scuola: chi non paga il “contributo volontario” viene escluso da gite e laboratori»
Questa la testimonianza di Manuel D’Agostino, studente del Carlo Porta.
«Da tre giorni, noi studenti dell’Istituto Carlo Porta di Milano siamo fuori dalla nostra scuola a protestare, e non perché vogliamo saltare le lezioni o per un capriccio giovanile. Siamo qui per qualcosa di molto più grande: per difendere il nostro diritto all’istruzione e per combattere una discriminazione che non dovrebbe avere spazio in un luogo che dovrebbe essere di crescita, inclusione e pari opportunità.
La scuola è stata pensata per essere accessibile a tutti, indipendentemente dal reddito, ma oggi sembra trasformarsi sempre di più in un sistema che premia solo chi può permetterselo. Il cosiddetto “contributo volontario”, che di volontario ormai ha solo il nome, è diventato una vera e propria tassa che divide gli studenti in due categorie: quelli che pagano e quelli che, non potendo farlo, subiscono umiliazioni e discriminazioni.
(…)
Chi non paga viene escluso da gite e laboratori, esperienze che non sono un lusso, ma una parte fondamentale del nostro percorso educativo. Ci è
stato detto che la scuola ci prepara alla vita, ma come può farlo se non offre a tutti
le stesse opportunità?
(…)
Questa protesta non è solo contro il sistema della nostra scuola, ma contro un modello più grande che trasforma l’istruzione in un privilegio. Non possiamo più accettare che chi non paga venga escluso, umiliato, lasciato indietro. Non possiamo accettare che le disuguaglianze economiche entrino nelle aule e decidano chi merita di partecipare e chi no.
Oggi non stiamo solo chiedendo risposte. Stiamo lottando per un cambiamento reale. La scuola non deve mai essere un luogo dove il denaro determina il valore di uno studente. Deve essere il luogo dove tutti, indipendentemente dalla propria situazione economica, possono imparare, crescere e costruire il proprio futuro. Siamo qui per dire basta. Non ci fermeremo finché la scuola non tornerà a essere ciò che dovrebbe essere: un diritto, non un privilegio.»
# Il primo dovere dell’autorità: governare una comunità unita, non dividerla in caste
Cosa fare, dunque, quando l’autorità ci sembra comportarsi in modo ingiusto, quando calpesta dei diritti fondamentali? Abbassare la testa oppure sollevarla per far valere le proprie ragioni? Forse è questa la lezione più importante che stanno imparando i ragazzi: più potere significa più responsabilità. E la prima responsabilità del potere è di non dividere la comunità in cittadini, o studenti, di serie A e di serie B. Una cosa che va capita soprattutto da chi è in serie A, che proprio per la sua posizione di privilegio deve dimostrare la grandezza d’animo di difendere i diritti di base a quelli a cui vengono tolti.
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ALESSANDRA GURRIERI
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Chi si niscrive al Porta, entra in una associazione. E l’iscrizione alla associazioone non è gratuita, comporta un costo. E’ finita l’era del tutto gratuito, i ragazzi devono capirlo, punto e basta. Vivere costa, vivere in una comunità ancora di più, perché si hanno facilitzaioni dovute all’essere gruppo. Lo Stato non ha soldi, e quindi devono pensarci i privati, questo dicono, tra le righe, le nuove norme, tra l’altro volute dalla sinistra. Quindi o le scuole si danno da fare per avere fondi, o li chiedono agli studenti. Quindi, tirarsi su le maniche e cercare sponsor, come si dice oggi. E non urlare, fare dimostrazioni e magari anche danneggiare le scuola.