La sfida degli arabi: «costruiamo una super Milano nel deserto»

L'investimento record: 20 miliardi di euro, esattamente quello che Milano versa, ogni anno a Roma

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Credits: www.azizidevelopments.com
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Dubai, capitale del gigantismo e dell’ambizione, rilancia ancora una volta la posta in gioco con un progetto urbanistico che sembra uscito da un sogno (o da un rendering). Si chiamerà Azizi Milan e promette di essere una replica, iper-lusso, di Milano. L’investimento record: 20 miliardi di euro, esattamente quello che Milano versa, ogni anno a Roma.

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Azizi Milan, la sfida degli arabi: «costruiamo una super Milano nel deserto»

# Una “nuova Milano” in pieno deserto

Credits: www.azizidevelopments.com

Non un semplice quartiere, ma una vera e propria città da 144mila abitanti, 3,7 milioni di metri quadrati, 800 stanze d’albergo, grattacieli fino a 70 piani, mega mall, strade della moda pedonali e parchi rigogliosi, il tutto con un investimento stimato attorno ai 20 miliardi di euro (oltre 75 miliardi di AED), esattamente quello che Milano versa, ogni anno a Roma.

Presentata come la “nuova capitale della moda del Medio Oriente”, Azizi Milan sarà l’ultima grande scommessa di Azizi Developments, uno dei più importanti costruttori privati degli Emirati Arabi. L’obiettivo? Unire raffinatezza italiana, bioarchitettura, sostenibilità e grande spettacolo in un unico colpo.

Il lancio ufficiale si terrà il 23 aprile 2025 alla Coca-Cola Arena di Dubai, con un evento da oltre 10.000 invitati e star internazionali come Tamer Hosny, Nora Fatehi e Sunidhi Chauhan.

# Moda, grattacieli e boutique: la ricetta milanese espropriata

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Azizi Milan dovrà essere il “cuore pulsante del nuovo Medio Oriente glamour”: un ecosistema autosufficiente fatto di torri residenziali, hotel a cinque stelle, uffici, scuole, centri commerciali tematici dedicati alla moda (con vie per profumeria, cosmetici, borse, abbigliamento), locali notturni e spazi per sfilate internazionali. La città sorgerà lungo l’arteria E311, una delle principali connessioni tra le metropoli emiratine.

La comunità è stata progettata ispirandosi al patrimonio culturale di Milano, con archi audaci, design ricercato, giardini pensili, su ogni edificio, e piscine a sfioro immerse nel verde. Ogni angolo punta a riflettere “la bellezza dei momenti quotidiani” e la vivacità milanese, reinterpretata però in chiave araba. Anche la sostenibilità sarà centrale: edifici a zero emissioni, progetti di compensazione tramite foreste certificate e mangrovie, ascensori panoramici e un’estetica dominata da fontane, vegetazione esotica e spazi comunitari.

# Una Milano senza i milanesi? E senza l’Italia?

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Ma si può davvero “fare Milano” nel deserto, senza l’Italia, senza i milanesi, senza il contesto storico, urbano e umano che ha reso Milano ciò che è? La risposta più onesta è: in parte sì, ma il rischio è che venga fuori una Milano di plastica, un grande parco a tema per ricchi, con la “facciata milanese” e lo spirito apolide (e parecchio artificiale).

Perché Milano non è solo moda e design. È anche la nebbia, il traffico, il dialetto, il panettone a luglio, il caffè in piedi, i tram, i murales di periferia, i navigli con gli spritz annacquati. È la commistione di classico, popolare e futuristico: in poche parole, di grattacieli e bar tabacchi. Azizi Milan potrà replicare l’estetica, ma difficilmente potrà copiarne l’anima.

E poi: può davvero una città “ispirata a Milano” diventare capitale culturale, se manca del tutto quella cultura? Una Milano senza il Politecnico, senza il Piccolo Teatro, senza la Triennale, senza il fermento sociale che l’ha attraversata negli ultimi cento anni? Inseguire solo l’apparenza, senza la sostanza, è una scorciatoia che rischia di trasformare un progetto ambizioso in una Disneyland del lusso.

# Essere lusingati, non copioni

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Ma non dovremmo vederla solo in chiave critica. Come milanesi (e come italiani) dobbiamo essere lusingati: nel mondo, Milano è diventata un brand, una città-mito, un’icona da emulare. Se Dubai decide di investire 20 miliardi per rifare Milano, significa che qualcosa, evidentemente, lo abbiamo fatto bene.

E c’è un altro fattore da considerare: Dubai non attira solo per l’architettura spettacolare o il gigantismo immobiliare. Attira investimenti, persone e talenti anche grazie a una fiscalità molto più favorevole rispetto all’Italia. Zero tasse sul reddito personale, contesto business-friendly, burocrazia snella. È un ecosistema che rende sostenibili — e redditizi — progetti di questa scala. Non è solo questione di estetica, ma anche di sistema.

Ecco perché non possiamo limitarci a deridere o a storcere il naso. Dovremmo prenderla come un segnale: smettiamola di guardare con invidia alle altre grandi capitali del mondo, come Parigi, Londra, Berlino o (peggio) proprio a Dubai. Se il mondo ci copia e nel frattempo offre condizioni migliori per crescere, la domanda è: perché non lo facciamo anche noi?

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MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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