Si parla sempre più dei milanesi che se ne vanno perché la città costa troppo. Molti parlano del rischio che Milano diventi una città solo per ricchi, citando anche il caso dei molti milionari stranieri che investono nella metropoli. «Milano la città preferita dai paperoni inglesi» ha titolato Corriere Economia. Si tratta di un trend inevitabile e, per alcuni, inesorabile? In realtà pare di no. Ci sono più di un segnale che dicono che ad andarsene non siano solo i più poveri, ma anche i più ricchi. Anche se per motivi diversi dal caro vita. In un prossimo futuro la classe dirigente di Milano vivrà fuori Milano? In parte è già così. E questo rischia di trasformare radicalmente Milano. Vediamo come.
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La «Upper Class» di Milano sta andando via da Milano?
# La fuga dei milionari per motivi fiscali: il boom di Canton Ticino, Montecarlo e Dubai
Spesso, per i più ricchi il primo strumento di attrazione di un luogo è di tipo fiscale. Si parla degli stranieri che investono in Italia, e a Milano in particolare, per i benefici fiscali a loro riservati. Ma questa è una piccola goccia se confrontata al mare di ricchi e ricchissimi italiani che per lo stesso motivo hanno lasciato il Paese. Per un milionario milanese il primo punto d’approdo è il vicino Canton Ticino. Sempre più milanesi benestanti si muovono oltre la frontiera di Chiasso: sono i motivi fiscali e lavorativi (una diretta conseguenza) che hanno portato gli italiani a essere la comunità più numerosa della Confederazione Elvetica, dove i nostri connazionali sono 338mila con una crescita di oltre 20mila nell’ultimo anno. (Fonte: tvsvizzera.it). E la rilevanza del fisco per la scelta della residenza viene testimoniata anche dalla quota rilevante di italiani presenti nell’altro “paradiso fiscale” a due passi dal confine: Montecarlo. Nel Principato di Monaco, la comunità italiana è la più numerosa dopo quella francese: sono oltre 8mila i ricchissimi italiani approdati alla corte del Principe Alberto. Da ultimo, sta rappresentando un richiamo irresistibile tra i ricchi di casa nostra anche il nuovo super paradiso fiscale: Dubai. Una città dove la tassazione sul reddito è pari a zero. Ma la tendenza che sta portando sempre più milionari a lasciare Milano non è solo di tipo fiscale. La grande novità di questi ultimi anni è questa: si lascia Milano per motivi ambientali.
# Non più solo per il fisco: si lascia Milano anche per ragioni ambientali
Chi se lo può permettere sceglie di andare via da Milano non solo per motivi fiscali. Anzi. Negli ultimi anni prende quota un’altra esigenza, ritenuta ancora più importante. Quella ambientale. Non è una novità assoluta. Era già successo negli anni Settanta, quando alcune delle famiglie più importanti della città lasciarono Milano per cercare luoghi più sicuri. In quel periodo a fare paura erano il terrorismo e i rapimenti. Ora invece a spaventare è la micro criminalità, oltre che un senso di degrado che sembra aumentare ogni anno. Non solo: ambiente significa anche la ricerca di luoghi a maggiore contatto della natura.
Questo trend ha avuto inizio ai tempi del Covid. Come riportava La Repubblica dal 2020 le classi più abbienti di Milano hanno iniziato a trasferirsi sempre di più in località di montagna. “La lenta crisi delle città: l’upper class si trasferisce montagna“, così titolava un servizio del quotidiano romano, identificando come luoghi di approdo in montagna per i super ricchi, località come Gstaad, Crans-Montana e St. Moritz in Svizzera, Courchevel, Megève e Saint-Gervais-les-Bains in Francia, o Courmayeur e Cortina d’Ampezzo in Italia. Lasciare la città per andare in montagna non riguarda solo i ricchissimi milanesi, ma anche gli omologhi di Parigi, guarda caso spesso presa a riferimento come città modello dalla nostra Giunta, come documentato da un reportage del Financial Times. E se questo trend diventasse sempre più diffuso che cosa ci potremmo attendere da Milano?
# La decadenza del centro dopo lo shopping: Milano sarà una nuova Detroit?
Cosa significa una Milano in cui la classe dirigente vivrà sempre di più fuori Milano? Gli scenari più probabili sono due. Di caratteristiche esattamente opposte. Il primo scenario, più pessimista, è che se Milano perde la sua classe dirigente, potrebbe avvenire un processo simile a quello di alcune grandi città americane, la cui più celebre è Detroit. Spesso, negli Stati Uniti i centri urbani delle grandi città si sono trasformati in un porto franco di degrado, delinquenza e miseria estrema. C’è chi le ha definite il regno degli “Zombie metropolitani”. Un segnale di questo a Milano è la decadenza del centro cittadino dopo l’orario di ufficio: mentre fino a qualche anno il centro era un magnete di attività culturali, con cinema e teatri, oggi sta somigliando sempre più a un deserto, quando si spengono le luci dello shopping.
# La città di servizi short-term: Milano diventerà una metropoli immateriale?
L’altro scenario invece è più ottimista. Vede una Milano che si trasforma in una città ideale per la permanenza “short term”, con servizi d’avanguardia e su misura di chi la vive per sfruttare al meglio le sue opportunità: di lavoro, di relazione, di crescita, di appartenenza sociale. Una città capace di trasformarsi da luogo fisico a comunità diffusa che condivide mentalità e iniziative. Se saprà abbracciare questo cambiamento, invece di rispondere con una rigida e ottusa opposizione ideologica, Milano potrebbe diventare un’avanguardia di città immateriale del XXI secolo. Una città in cui non sarà uno scandalo che la sua classe dirigente, e non solo lei, abiti fuori città. Spesso anche in altri Paesi. Ma tenendo cervello e cuore a Milano in un legame sconfinato con tutti quelli che si riconosceranno parte della comunità.
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ANDREA ZOPPOLATO
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