A ormai due settimane dal primo attacco russo ai danni dell’Ucraina, Putin ribadisce le condizioni per il “cessiamo il fuoco” immediato: un accordo con l’Ucraina sarà possibile solo dopo la “smilitarizzazione e de-nazificazione” di Kiev, quando avrà assunto uno status neutrale. Oltre all’indipendenza delle regioni separatiste del Donbas e l’ammissione della Crimea come territorio russo.
La reazione del presidente ucraino Zelensky è a due facce: da un lato ha rilanciato sulla difesa a oltranza del territorio dall’altro ha aperto alla trattativa. Facciamo il punto della situazione in corso di continui aggiornamenti.
Le CONDIZIONI della RUSSIA per il CESSATE IL FUOCO. La reazione di ZELENSKY
# Le richieste Russe
Putin ha più volte ribadito come tutto quello che sta succedendo può essere fermato in qualsiasi momento, basterà accettare le sue richieste: la resa e la deposizione delle armi da parte del popolo ucraino, l’indipendenza delle Repubbliche del Donbass, il riconoscimento della Crimea come territorio russo e la neutralità dell’Ucraina restando dunque fuori da NATO e dall’Unione Europea.
Richieste considerate inizialmente come inaccettabili dal presidente ucraino. Questo perché, innanzitutto, significherebbe dal punto di vista del governo dell’Ucraina limitare la sovranità del Paese, in particolare perdendo qualsiasi chance di diventare un paese dell’Unione Europea (richiesta effettuata negli scorsi giorni). Inoltre, il rischio percepito dal governo è di diventare un paese-satellite della Russia.
Alle richieste di Putin, il presidente si è opposto rilanciando con una richiesta alla NATO e al resto del mondo.
# Le richieste ucraine al mondo
Zelensky continua a spronare i suoi concittadini tramite video e post sui social, continuando a chiedere aiuto e assistenza militare all’Occidente, perché le sue intenzioni non prevedono la resa.
I cittadini ucraini combattono ma nonostante ciò non è realistico pensare che possano resistere ancora per molto. Per questo il presidente ucraino chiede alla NATO di non “limitarsi” a condannare le azioni di Putin, a colpire il paese con gravi sanzioni economiche e a organizzare dei corridoi umanitari, ma di concedere una no-fly zone.
Una richiesta che però ha lasciato freddo l’Occidente. Vediamo perchè.
# La no-fly zone: una DICHIARAZIONE DI GUERRA che non ci possiamo permettere
La richiesta del governo ucraino della no Fly Zone, significa la creazione di una zona di interdizione al volo, cioè una zona aerea militarmente delimitata in cui vige il divieto di attraversarla con qualsiasi mezzo: impedirebbe così alla Russia di far volare in maniera libera e “legittima” i propri aerei e quindi di sganciare attacchi dall’alto. Questa richiesta è stata rifiutata dalla NATO, per due semplici motivi: essendo un’organizzazione difensiva, per la NATO concedere una no-fly zone diventerebbe un’azione offensiva. Considerazione condivisa da Putin. Inoltre, si tradurrebbe di fatto in una dichiarazione di guerra alla Russia e di conseguenza il conflitto assumerebbe delle dimensioni mondiali.
# La REAZIONE di Zelensky: apertura al dialogo
Nelle ultime ore il presidente Ucraino è sembrato aprire alla trattativa. Ha parlato di zona aerea umanitaria, dovere umanitario di proteggere le persone e responsabilità di tutti i leader occidentali, anche se accusando la NATO di “lasciare che i cittadini ucraini vengano uccisi lentamente”.
Nonostante gli incitamenti alla resistenza e al combattimento, il presidente ucraino si è mostrato comunque consapevole che si debba cercare una soluzione al conflitto tramite mediazioni e negoziazioni: ha infatti dichiarato in un’intervista a ABC che su Crimea e Donbass con la Russia “possiamo discutere e trovare un compromesso su come continuare a vivere”. Il presidente ha comunque ribadito che l’Ucraina è “aperta al dialogo ma non alla capitolazione” e resisterà “finché le forze lo permetteranno”.
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ALICE COLAPIETRA
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