Il tema della sicurezza a Milano è da anni al centro di un acceso dibattito politico: chi minimizza il problema e chi denuncia una situazione sempre più inquietante. La recente decisione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica di prorogare ed estendere le cosiddette “zone rosse” sembra dare ragione a chi ritiene che il problema non sia solo di percezione, ma una realtà concreta. Ma il recente passato delle zone rosse nate proprio a Milano e dintorni solleva un interrogativo ancora più drammatico: potrebbe essere l’inizio di norme ancora più restrittive per la libertà di tutti i cittadini come capitato con la pandemia?
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Le zone rosse di Milano salgono a otto: succederà come con il Covid?
# Otto zone rosse: Milano alza il livello dell’allerta

La Prefettura di Milano ha deciso di prorogare fino al 30 settembre le cinque “zone rosse” già esistenti e di aggiungerne altre tre, portando così il totale a otto aree soggette a misure speciali di controllo. Le zone rosse già operative dal 30 dicembre comprendono le aree intorno alle principali stazioni ferroviarie (Centrale, Garibaldi e Rogoredo), oltre a quelle di piazza del Duomo, della Darsena e dei Navigli. A queste si aggiungono ora via Padova, le Colonne di San Lorenzo e il quartiere dei Fiori a Rozzano.
Ma cosa significa zona rossa? Sono zone da cui, persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica e con precedenti per reati contro la persona, danneggiamento e possesso di armi, devono tenersi alla larga.
# Le tre nuove aree critiche: Via Padova, Colonne e Rozzano

La decisione di ampliare il perimetro delle zone rosse è arrivata dopo un’attenta valutazione da parte del Comitato per la Sicurezza, che ha analizzato i dati dei primi tre mesi di applicazione del provvedimento. I numeri mostrano un’intensa attività di controllo: oltre 132.000 persone identificate e più di 1.300 ordini di allontanamento emessi, con un’alta incidenza di reati legati a droga, aggressioni e furti.
Se le prime cinque zone rosse erano già considerate punti sensibili per la sicurezza, le nuove aree aggiunte non sorprendono chi conosce la realtà urbana milanese. Via Padova è da anni una delle strade più complesse della città, teatro di episodi di violenza e spaccio. Già dal 10 marzo, in seguito a una riunione in Prefettura con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è stato rafforzato il presidio delle forze dell’ordine con unità mobili e squadre di intervento operativo. In due settimane, i controlli hanno portato all’identificazione di oltre 3.000 persone, al fermo di numerosi veicoli e all’arresto di tre individui, oltre all’adozione di sette provvedimenti di espulsione.

Le Colonne di San Lorenzo, storicamente un punto di ritrovo per i giovani, sono finite sotto la lente d’ingrandimento per l’aumento di episodi di degrado e criminalità. Anche Rozzano, in particolare il quartiere dei Fiori, è da tempo un’area ad alta criticità per spaccio e microcriminalità. L’obiettivo dichiarato della Prefettura è migliorare la vivibilità di queste zone, anche in vista dell’estate, periodo in cui aumentano sia il turismo che la movida serale.
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# Più controlli per tutti: e se fosse l’inizio di una restrizione per la mobilità di tutti i cittadini?

L’estensione delle zone rosse è un segnale chiaro: la sicurezza è un tema centrale per l’amministrazione e per le forze dell’ordine. Tuttavia, la misura solleva anche alcuni interrogativi. Aumentare i controlli e rafforzare la presenza delle forze dell’ordine può migliorare la sicurezza reale della città, ma non basta a risolvere il problema alla radice. Il rischio è che queste azioni abbiano solo un effetto temporaneo, senza incidere sulle cause profonde del degrado urbano e della criminalità. Con l’estensione delle zone rosse, Milano è davvero più sicura o solo più controllata? Inoltre, il concetto stesso di “zone rosse” può risultare divisivo: se da una parte è vero che garantiscono un maggior presidio delle aree critiche, dall’altra potrebbero creare una sorta di ghettizzazione di alcune parti della città. Da ultimo serpeggia anche la più grande preoccupazione originata anche dall’utilizzo dello stesso termine per delimitare le zone di lockdown durante il Covid. Anche con la pandemia inizialmente i limiti di circolazione erano finalizzati ai contagiati per poi estendersi a tutti: potrebbe succedere qualcosa di simile anche per la sicurezza che, in caso di incapacità di porre un freno, si pongano delle restrizioni per tutti i cittadini?
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FABIO MARCOMIN
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