Quello che molti dicevano sottovoce è esploso come una bomba: i lavori per i giochi sono in ritardo sui tempi. Ormai una consuetudine, come accaduto con la metro e altre grandi opere, ma che in questo caso non si può rimandare la data di inaugurazione con una scrollata di spalle. Perché le Olimpiadi una data certa ce l’hanno. E allora, come prima di Expo quando si ipotizzava di cederlo a Smirne, anche in questo caso si addensano nuvole nere e uccelli di malaugurio: se Milano e Cortina non ce la fanno, si andrà in Svizzera. Dove, pare, si stiano già fregando le mani.
LAVORI in RITARDO: le OLIMPIADI finiranno in SVIZZERA?
# La pista da bob già fuori tempo massimo?
Partiamo dal Veneto. A Cortina d’Ampezzo è prevista la costruzione della pista di bob, dove si disputa una delle gare più spettacolari delle Olimpiadi Invernali, ma rischia di non essere pronta per il 2026. Lo Sliding center, come riporta il Fatto Quotidiano, ha un costo di 80 milioni di euro e una durata dei lavori stimata in 807 giorni. Vale a dire che se il cantiere si aprisse nei prossimi giorni, e non ci fossero intoppi, la pista sarebbe pronta a settembre 2025 e quindi un paio di mesi prima della consegna al Cio. Al momento però si è solo in fase di gara.
Per questo motivo, come ipotizzato durante l’ultima cabina di regia da parte delll’amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina, Andrea Varnier, si sta pensando a un piano B: traslocare le gare di Bob a St. Moritz in Svizzera. Al netto della riorganizzazione logistica, gli atleti andranno trasferiti, e della sicurezza, da concordare con un’altra Nazione, sarebbe un vero smacco e una magra figura per l’Italia.
# I palazzetti in alto mare
Se Cortina non ride, Milano è sul punto di piangere. A due anni e mezzo dall’inaugurazione delle Olimpiadi le due strutture principali a Milano sono già in allarme rosso. Il PalaItalia dopo diverse vicissitudini ha visto solo da poche settimane l’avvio di cantiere: siamo già al limite e potrebbe essere ultimato appena in tempo solo se non ci fossero altri intoppi. Che se la vogliamo dire tutta, sono diventati ormai una consuetudine per qualunque opera sul territorio. Ma c’è chi sta anche peggio.
Tempo scaduto per il Palasharp. Attendeva la revisione del progetto come richiesto dal Cio con conseguente aggravio dei costi, ma ormai non c’è più tempo. Ci sono messe anche le suore con un ricorso al Tar contro la trasformazione della tensostruttura in palazzetto. Al suo interno si sarebbero dovuto tenere le gare di hockey su ghiaccio femminile. Ci si è messi all’opera per trovare un degno sostituto: i padiglioni della Fiera di Rho dove si dovrebbero spostare anche le gare di pattinaggio inizialmente previste per l’impianto “Ice Ring” di Baselga in Trentino (cassato perchè troppo costoso). Anche in questo caso però non tutto sta filando liscio con il braccio di ferro tra Comune, che punta a Rho, e il governo che spingerebbe verso impianti già pronti a Torino.
Ma c’è anche un problema doping. Per una volta non riguarda gli atleti, ma il laboratorio delle analisi. Qui ci si è messa di mezzo Roma, cosa di cui siamo abituati. Nonostante la manifestazione si tenga al nord, il Coni vuole realizzarlo a Roma, pur mancando spazio all’Acquacetosa, dove vengono testati gli atleti dei campionati sportivi italiani. E anche in questo caso i rischi di essere già in ritardo sui tempi sono molto concreti. Piano piano aumenteranno i tasselli ospitati dai cugini elvetici?
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Fonti: Calcio e Finanza, Il Fatto Quotidiano
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FABIO MARCOMIN
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