Oltre un centinaio di progetti immobiliari finiti sotto l’occhio dei magistrati per presenti abusi edilizi, alcuni già portati a termine, altri in fase di ultimazione, altri ancora bloccati sul nascere. Sembrava un terremoto a Milano. C’era chi parlava di una nuova Mani Pulite dei costruttori che ha finito per mettere in pausa anche progetti di rigenerazione urbana come la trasformazione di piazzale Loreto. Forse proprio per paura di una nuova Mani Pulite è intervenuto il governo. E per una volta maggioranza e partito principale dell’opposizione si sono uniti per votare assieme. Ecco cosa cambia con la norma in fase di approvazione finale in Parlamento.
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”Salva Milano”: che cosa comporta in breve e perché lo ha votato anche il PD?
# Approvato alla Camera, atteso il passaggio in Senato
Lasciare Milano a una nuova Rivoluzione Giacobina o intervenire per arrestare l’ondata di giustizialismo? A differenza di Tangentopoli in questo caso la politica ha reagito in modo compatto per salvaguardare il settore più fiorente nella Milano degli ultimi anni: quello delle costruzioni. Arriva così una norma attesa in particolare a Milano, anche se gli effetti si vedranno in tutta Italia, dopo che la bufera giudiziaria aveva colpito duramente il settore. Sono circa 150 i progetti immobiliari messi nel mirino dei magistrati nell’ultimo anno, con i primi casi partiti da esposti da parte di cittadini, con decine di indagati e di progetti bloccati sul nascere, altri in costruzione messi sotto sequestro ed altri ancora fermati prima di partire, di conseguenza, per l’impasse degli uffici dell’urbanistica di Palazzo Marino: tra i progetti bloccati ci sono Park Towers in zona Crescenzago, Torre Milano alla Maggiolina, Residenza Lac di fronte parco delle Cave e Hidden Garden in zona Loreto.
Alla base delle inchieste ci sono presunti abusi edilizi, in particolare la costruzione di torri di molti piani al posto di edifici bassi senza la richiesta di un permesso per costruire, che avrebbe comportato un piano attuativo con valutazioni di impatto ambientale, oneri di urbanizzazione più alti e tempi più lunghi per l’approvazione e l’avvio dei cantieri. In molti casi si è optato infatti per una semplice Scia, utilizzata solitamente per ristrutturazioni immobiliari o per costruire edifici poco impattanti.
# Cosa prevede la nuova norma
Dopo l’ipotesi iniziale di una sanatoria edilizia, si è arrivata a confezionare, come suggerito dal Partito Democratico, una «interpretazione autentica della norma». L’obiettivo è risolvere i contrasti scaturiti a seguito delle diverse interpretazioni del Comune di Milano e della Procura in merito a una norma del 1942. In sintesi, si prevede che l’avvallo di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non sia obbligatorio in caso di costruzione di nuovi immobili su lotti che si trovano in ambiti edificati e urbanizzati, in caso di sostituzione di edifici esistenti o interventi su edifici esistenti in ambiti edificati, anche se superiori a 25 metri di altezza e con densità edilizie sopra 3 metri cubi per metro quadrato.
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# Cosa succede ai progetti sequestrati, fermati o in attesa di partire
L’impatto della norma inciderà in modo diverso sui singoli progetti. Per i cantieri finiti sotto inchiesta e sequestrati, sono 14, la decisione spetta alla Procura che dovrà valutare «il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici». Quelli fermati in via precauzionale direttamente da parte dei costruttori potranno ripartire dopo l’approvazione della norma. Infine quelli in attesa del via, dovranno attendere che l’ufficio Urbanistica del Comune rilasci il permesso di costruire o in alternativa validi la Scia presentata.
Per Milano significa la ripartenza di uno dei settori economici più importanti, quello delle costruzioni che attrae miliardi di euro di investimenti, e di salvaguardare il bilancio del Comune, evitando fino a 100 milioni di euro di minori introiti da oneri di urbanizzazione nei prossimi anni, così come paventato dal Sindaco Sala dopo che solo nell’ultimo bilancio ne sono stati inseriti 22 in meno. Questo spiega l’intervento del PD a fianco della maggioranza.
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# La soddisfazione di Palazzo Marino e del Partito Democratico: «Non è un condono»
Come riportato da Milano Today, l’Assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi ha espresso piena soddisfazione sul risultato: «Spero che il clima si rassereni, che si agisca con buon senso, da parte veramente di tutti. Rimane il vulnus di una legge urbanistica dello Stato che risponda alle dinamiche contemporanee, radicalmente diverse da quelle del 1942, anno di approvazione della norma principalmente in discussione. Noi diamo la piena disponibilità, e con il Pgt faremo la nostra parte, continuando nel solco dell’innovazione, ma con regole che evitino interpretazioni non uniformi”. Tancredi ha voluto evidenziare che: «Non è un condono. Noi ci siamo sempre opposti a un accordo in tal senso. Sono soddisfatto soprattutto perché il tipo di legge che sta passando è di natura interpretativa e non ha altre valenze che sarebbero state improprie».
La deputata e coordinatrice regionale dei Dem Silvia Reggiani ha voluto spiegare la posizione del partito: «Il Pd ha votato a favore di questo provvedimento non perché intenda fare compromessi con la destra, ma perché il governo e i parlamentari di centrodestra sono venuti sulle nostre posizioni. Milano negli ultimi vent’anni ha avviato un processo di rigenerazione urbana, gli interventi che sono stati fatti hanno cambiato totalmente il volto della città. È stato avviato un processo che ha portato a un indotto economico senza precedenti, che ha permesso a Milano di realizzare opere pubbliche, servizi, servizi sociali, asili nido, di aprire nuovi metrò, di manutenere parchi».
# Critiche tra gli alleati di Sala: «Gioiscono costruttori e cementificatori»
Di parere contrario gli alleati di Sala in consiglio comunale, su tutti il Verde Carlo Monguzzi che non fa giri di parole: «Il disastro è fatto. Gioiscono costruttori e cementificatori. Ne escono devastati ambiente e legalità. Mai la sinistra aveva voluto e mai aveva approvato condoni».
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FABIO MARCOMIN
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