Non è un mistero che i taxi siano tra le categorie più protette in Italia. Lo si capisce soprattutto nei giorni di cattivo tempo o in occasione dei grandi eventi. In breve, proprio quando servono, diventano introvabili. E qualunque colore abbia chi governo, la solfa è sempre quella: i taxi, o meglio, le licenze non si toccano. O quasi. Di questa anomalia se ne è accorta anche la Corte Costituzionale che ha emesso una sentenza che potrebbe fare storia. Un po’ come successo con la “legge Bosman” che ha liberalizzato i giocatori stranieri nel calcio europeo.
Sentenza “Bosman” della Consulta per i taxi: «il blocco delle licenze è incostituzionale»
# Il blocco delle licenze è incostituzionale
Dopo un periodo infinito di attesa arriva la sentenza che può porre fine alle code per i taxi: «Il blocco delle licenze compromette i diritti dei cittadini». In sostanza, “è incostituzionale”. Lo dice proprio la Corte Costituzionale.
Riuscirà questa sentenza a mandare in archivio le immagini delle code infinite di passeggeri e turisti fuori degli aeroporti e stazioni ferroviarie? Il 19 luglio è stato depositato il verdetto che boccia il decreto del 2018 che aveva bloccato il rilascio di nuove licenze. Ufficialmente per gli Ncc ma che di fatto aveva alzato una barriera a ogni allargamento del servizio riservato ai taxi.
La Corte ha dichiarato incostituzionale il decreto originario: «La norma – scrivono i giudici – ha causato in modo sproporzionato un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell’intera collettività». I servizi di autotrasporto «non in linea» (vale a dire taxi e Ncc) concorrono alla effettiva libertà di circolazione « che è la condizione per l’esercizio di altri diritti».
# L’articolo che ha causato code e deficit nel servizio pubblico
«La forte carenza dell’offerta – continuano i giudici dell’Alta Corte – che colloca l’Italia tra i Paesi meno attrezzati al riguardo….ha indebitamente compromesso non solo il benessere del consumatore ma anche qualcosa di più ampio che attiene all’effettivo godimento di alcuni diritti costituzionali oltre che all’interesse dello sviluppo economico del Paese»
La sentenza dei giudici interviene in particolare contro l’articolo 10 del decreto del 2018 varato dal governo gialloverde (Conte 1) in questo passaggio: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto …non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura». I risultati più evidenti di questo articolo sono state le code di cittadini e turisti in attesa di un taxi e il blocco all’estensione del servizio taxi a nuovi operatori.
# Roma e Milano al palo in Europa
«È rimasta inascoltata – conclude la nota dei giudici a spiegazione della sentenza – la preoccupazione dell’Autorità Garante della concorrenza per la quale l’ampliamento dell’offerta risponde all’esigenza di far fronte a una domanda elevata e insoddisfatta soprattutto nelle aree metropolitane caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall‘incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione».
Il confronto tra città italiane e straniere è disastroso. Come riportato sul Corriere della Sera a Roma circolano 7800 taxi e a Madrid 16 mila oltre a 9 mila NCC. Ma a Roma si hanno il 75% dei pernottamenti turistici in più di Madrid. E anche Milano ha numeri assurdi se la si confronta con le altre città europee, come si vede in questo articolo.
La pubblicazione della sentenza ha riacceso il dibattito sul tema: «Chiediamo alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di convocare rapidamente un tavolo di concertazione per una nuova legge quadro sul trasporto pubblico non di linea» dichiara Andrea Romano, presidente di MuoverSi’ Federazione NCC e Mobilità, che riunisce le principali associazioni del settore Noleggio con Conducente, aggiungendo. «Oggi la sentenza della Corte Costituzionale assesta un colpo definitivo alla già traballante credibilità della legge gravemente punitiva verso decine di migliaia di operatori e aziende».
Fonte: Corriere della Sera
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