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Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

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Bramieri

Nella sua lunga carriera, di comico e re delle barzellette, hanno trovato spazio anche alcune importanti pellicole drammatiche. Ecco quali e i personaggi che ha interpretato.

Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

# Dal debutto con «Cretinopoli» ai ruoli drammatici

Bramieri

Strano ma vero, nella carriera di Gino Bramieri non c’è stata solo l’opera divertente e comica: abbiamo scovato anche parti drammatiche. L’attore di Brera debuttava, nella sua lunga e straordinaria vita artistica, proprio ottant’anni fa, al Cinema Teatro Augusteo di Milano, in una piccola parte dello spettacolo “Cretinopoli”. Quello fu il primo passo di innumerevoli esperienze artistiche, tra teatro, cinema, radio e televisione, che lo hanno visto sempre nei panni di personaggi comici, “saltellando” tra la commedia e i musicarelli, passando per le inimitabili serate trascorse a divertire il pubblico con le barzellette.

Ma la vita artistica di Bramieri, agli inizi, non fu solo caratterizzata dalla comicità e dalle commedie umoristiche: debuttò sul grande schermo nel 1953 con la divertente pellicola “Siamo tutti milanesi”, ma un anno dopo ecco che lo troviamo nei panni Guidi, personaggio di secondo piano nel drammatico film “Amarti è il mio peccato”, con una trama strappalacrime in cui la protagonista è un’altra attrice meneghina, Luisa Rossi (mancata nel 1984). 

# Il film «Avanzi di galera» 

benitomovieposter.com – Avanzi di galera

Nel 1955 ecco che Bramieri lo troviamo in un’altra storia drammatica: il film è “Avanzi di galera”, del regista modenese Vittorio Cottafavi, che realizza in un unico racconto (tutto ambientato a Torino) una storia divisa in tre, tecnicamente non è una pellicola ad episodi, sembra quasi che il regista voglia, prima o poi, intrecciare le trame tra loro, ma ciò non accadrà.

Questo film narra la dura vita di tre uomini usciti dal carcere torinese “Le Nuove”, con storie tra loro assai diverse: un chirurgo finito in galera per aver fatto morire un paziente durante un’operazione, il bandito che, tornato in libertà, vuole ritrovare il bottino nascosto dopo una rapina e il giovane impiegato finito in carcere (ingiustamente) per il furto di una somma di denaro che in realtà aveva rubato il collega.

# Il ruolo dell’ambiguo e vile personaggio 

credit: wikipedia.org

Ed è proprio in questa terza storia che troviamo Gino Bramieri nell’inedita veste drammatica: il protagonista di questo episodio è Giuseppe Rasi, interpretato da Walter Chiari, un commesso di un’agenzia di viaggi torinese, che viene mandato in galera incolpato di essersi intascato indebitamente dei soldi del negozio in cui lavora. Dopo un lungo periodo in gattabuia, quando torna in libertà trova il rancore della propria famiglia (soprattutto del padre) che lo incolpa di averli disonorati. Giuseppe decide di vendicarsi, tornando nel negozio dove lavorava aggredendo il collega, ovvero colui che aveva rubato quel denaro, facendo poi cadere la colpa su Giuseppe. Ecco, quel collega è interpretato proprio da Gino Bramieri, che (nel film) per poco non viene ucciso strangolato dalla vittima di quel raggiro, salvato solo dall’arrivo in negozio di Giovanna (Antonella Lualdi) l’unica che, dopo la scarcerazione di Giuseppe, dimostra di credere all’innocenza di quest’ultimo.

Qui Bramieri ha la grande dote di incarnare il ruolo dell’ambiguo, quanto vile, personaggio, utilizzando pochissimo la parola, ma con un’espressività mimica assai efficace.

FABIO BUFFA 

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I «quartieri stranieri» di Milano

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Ph. @danymiao IG

Milano è una città che da sempre ha accolto persone di ogni parte d’Italia e nel mondo. Alcune di queste comunità si concentrano in alcune zone e la loro presenza imprime un’identità particolare al luogo. Questi sono i cinque quartieri etnici di Milano.

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I «quartieri stranieri» di Milano

#1 Il «Piccolo Bangladesh»: tra Caiazzo a Piazzale Bacone

Credits: milano.corriere.it

Milano c’è un quadrilatero di strade – racchiuso tra le vie Gaffurio, Benedetto Marcello, Vitruvio e Settembrini, e con il vertice in piazza Caiazzo – che è ormai riconosciuto come “piccolo Bangladesh”.

Entrando in Corso Buenos Aires da Piazzale Loreto, arrivando fino alla traversa di via Petrella vi imbatterete in una zona che è un frammento della Milano borghese dei primi anni del secolo scorso. La caratteristica è la presenza di palazzi in stile liberty che all’inizio degli anni ‘90 hanno iniziato a popolarsi da stranieri provenienti dal Bangladesh. Nel 1997 fu aperto il primo phone shop gestito da un bengalese in via Scarlatti e da quel momento il quartiere ha iniziato a cambiare fino a prendere le sembianze di quello di un Piccolo Bangladesh come chiamato dalla comunità dei bengalesi. Oggi si possono trovare negozi di ogni tipo: alimentari, negozi per comunicare con l’estero, rivenditori di originale bigiotteria e merci a basso costo.

#2 «Chinatown» in via Paolo Sarpi

I primi cinesi arrivarono in questa zona quasi 100 anni fa e iniziarono ad aprire le loro botteghe in via Paolo Sarpi anche se loro preferiscono abitare altrove, infatti gli abitanti del quartiere sono prevalentemente milanesi. La bellezza di Chinatown è vedere come vivano in armonia tantissime attività cinesi insieme ad altrettante botteghe milanesi di tradizione, in una mescolanza di odori e colori. Suggestivi i festeggiamenti del Capodanno Cinese tra gennaio e febbraio di ogni anno. Il quartiere è ormai diventato uno dei più cult e attraenti di Milano. 

Leggi anche: Via Paolo Sarpi e le chicche di Chinatown

#3 La «Nuova Kasbah», a nord-ovest della città

Lungo Viale Monza, tra piazzale Loreto e il comune di Sesto San Giovanni, si trovano numerose culture differenti che si sono amalgamate tra loro. Nella parallela Via Padova, si trovano le cosiddette “case a pigione”, vecchi edifici del ‘900 a più piani con corte interna, porticati e vani bottega, che permettevano di ospitare il maggior numero di famiglie nel minor spazio possibile. Nel corso degli anni, le botteghe sono state via via abbandonate dalla popolazione in gran parte di origine dell’Italia del sud, consentendone così l’utilizzo da parte delle popolazioni straniere che tutt’oggi abitano e lavorano in zona.

#4 L’ «Asmarina», il quartiere eritreo di Milano

quartiere eritreo
West Aires, o Asmarina, a sinistra di Porta Venezia nella foto

La zona compresa tra viale Tunisia, piazza della Repubblica, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires è un caso unico in Italia di quartiere abitato in modo stabile da una popolazione straniera che non sia quella cinese. Tra eritrei, etiopi, somali sono 2.500 i cittadini provenienti dal Corno d’Africa. Non mancano locali, bar e ristoranti della tipica tradizione dell’Africa orientale.

Leggi anche: L’Asmarina di BUENOS AIRES: il quartiere più esotico di Milano

#5 Il «Quartiere Arabo» a San Siro

Gli arabi del quartiere popolare di San Siro hanno ormai superato per presenza gli italiani. In queste vie si sente risuonare più spesso marhaban (saluto in arabo) che buonasera. In via Stratico sorge la scuola araba bilingue Nagib Mahfuz, la cui didattica segue i programmi ministeriali sia dello Stato italiano sia di quello egiziano. I bambini maghrebini di San Siro così possono frequentare le lezioni nella loro lingua d’origine senza uscire dal perimetro del quartiere. Un quartiere che per molti rappresenta un simbolo di degrado ma c’è la speranza o, forse, il sogno, che possa diventare anch’esso un luogo di attrazione capace di valorizzare al meglio le atmosfere arabe in terra milanese. 

Continua la lettura con: Proposte per rilanciare il quadrilatero dell’illegalità

FABIO MARCOMIN

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

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Credits barlam.it - Il Padrino

Noi italiani siamo abituati a essere rappresentanti dall’estero da stereotipi a volte fastidiosi, ma che hanno spesso un principio di verità perché collegati alla storia e agli usi e costumi del nostro Paese o di una parte di esso. Alcuni di questi luoghi comuni non hanno però nulla a che vedere con i milanesi. Vediamo quali sono.

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

#1 Non siamo mafiosi

Credits barlam.it – Il Padrino

Ovunque nel mondo quando ci si identifica come italiani si sa che la prima cosa che passa per la mente di chi incontriamo è: “mafia”. Pensiero spesso accompagnato con un mezzo sorriso, tipo come dire io lo so chi sei anche se non lo ammetterai mai. Se la cosa si fa esplicita può essere un boomerang provare a dire non solo che non siamo mafiosi, ma che di mafiosi in carne e ossa non ne abbiamo mai visto. La risposta è ancora lo stesso sorriso, come dire “prima regola del mafioso è negare la mafia”. Che ci piaccia o meno la mafia è il “prodotto” italiano più celebre al mondo anche grazie alla trilogia del Padrino. Mafia che significa non solo criminalità organizzata ma un certo tipo di mentalità ancora piuttosto diffuso sul territorio. Anche se gli stranieri ci ritengono tutti mafiosi, non si ha ancora notizia di un milanese ai vertici di Cosa Nostra. 

#2 Non siamo chiassosi (e non facciamo i gesti tipici con cui ci identificano gli stranieri)

L’italiano viene dipinto spesso per essere chiassoso, avvezzo a parlare sempre a voce alta anche in contesti in cui sarebbe richiesto un religioso silenzio. Se questo stereotipo trova conferma in chi vive o proviene dalle latitudini più a sud del nostro Paese, non ha invece niente a che fare con il modo di comportarsi del milanese. Non solo. “Ah, Italia!” e subito parte il solito gesto con le due mani con le dita unite come a inzupparle in una tazza di latte. Anche i gesti tipici che gli stranieri usano per scimmiottare gli italiani è difficile vederli messi in scena da chi è di Milano. .

#3 Non siamo scansafatiche

Credits meeting Hub – Incontro di lavoro

L’italiano ha la fama di pigro. Altro luogo comune duro a morire. E pensare che invece il milanese è l’emblema del lavoratore indefesso, al limite del patologico, una sorta di Stachanov dei tempi moderni. Gli scansafatiche si trovano altrove, di certo non a Milano e quelli che non hanno voglia di lavorare non fanno molta strada. Anzi, in qualunque classifica internazionale i milanesi svettano tra quelli che trascorrono più tempo al lavoro. 

#4 Non siamo gente che parla parla… ma poi non fa

L’italiano viene solitamente rappresentato come qualcuno che fa le cose in modo approssimativo, che parla parla ma poi combina ben poco. Tutto il contrario delle caratteristiche tipiche di chi è a Milano: se c’è un lavoro da portare a termine o un orario da rispettare il milanese si fa in quattro per rispettare gli accordi. Lasciare le cose metà o farle in maniera approssimativa non rientra nel DNA di chi è di Milano.

#5 La stretta di mano a Milano vale

credits: biancolavoro.it

Altro luogo comune sull’italiano è quello di non rispettare le promesse. La stretta di mano del milanese vale oro, anche più di un contratto scritto. Ci tiene a mantenere la parola data a costo di rimetterci in prima persona e pur di non perdere la faccia. In altre parti del Paese lo stereotipo dell’italiano “che frega” può anche trovare luogo, ma a Milano fa poca strada. 

#6 Non suoniamo il mandolino, né sappiamo fare la pizza

Credits faremusic.it – pizza-e-mandolin

Pizza e mandolino è un’accoppiata di stereotipi che, insieme alla pasta, sono spesso utilizzati per rappresentare il nostro Stivale. Possono andare bene a Napoli, dove sia la pizza che il mandolino sono nati, ma non a Milano. Molta sorpresa accoglie il milanese all’estero quando scoprono che non sappiamo fare la pizza né suonare il mandolino. 

#7 Ci facciamo riconoscere (ma al contrario di quello che si aspettano)

Il milanese ama fare bella figura. E ama farsi riconoscere per la sua sobrietà, per la sua competenza e la sua schiettezza. Al contrario di come gli italiani in generale vengono individuati, come casinari, caotici, sempre sopra le righe. 

Continua a leggere con: Quando i MILANESI hanno dato il MEGLIO di SÉ

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Quando a Milano il mare c’era davvero

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credit: chometemporary.it

Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però un tempo avevamo anche quello!”.

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Quando a Milano il mare c’era davvero

Milano per tantissimi è una città perfetta, o quasi. L’unica cosa che le viene rimproverata è quella di non avere il mare, ma non è sempre stato così. In origine, infatti, quando ancora i milanesi non esistevano, il mare faceva da padrone. Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però avevamo anche quello!”.

# Un cittadino inaspettato: il mare

credit: chometemporary.it

Circa 600 mila anni fa, quando ancora il Bosco Verticale non era neppure una vaga idea e il Manzoni stava nell’iperuranio a concepire i Promessi Sposi, a Milano c’era un cittadino inaspettato: il mare. Poi piano piano capì che il suo posto non era questo, che era tempo di lasciare spazio ad un altra super cittadina ancora presente: la pianura padana. All’arrivo della pianura padana le cose cambiarono radicalmente, ma il mare prima di andarsene aveva lasciato dei segni per non farsi dimenticare. E infatti proprio durante i lavori in viale Byron sono stati trovati dei resti di conchiglie e gusci che testimoniano ancora oggi la presenza del mare a Milano.

# I primi a mettere piede a Milano? I liguri, ma non lasciarono alcuna focaccia

credit: buonissimo.it

Quindi il mare milanese è esistito eccome, ma dopo l’arrivo della pianura padana, come si è creata la nostra città? Tutto è iniziato con un via vai di culture e popoli. I primi ad arrivare, 4500 anni fa, furono i liguri. Questo popolo preistorico si stanziò in pieno centro città, nella zona di Missori, e così come il mare lasciarono delle tracce del loro passaggio: non aspettatevi però la focaccia o il pesto, lasciarono frecce e seghetti in pietra. Nonostante i liguri misero per primi piede nella culla della città, non ne furono i fondatori.

# Belloveso e la scrofa semilanuta: la leggendaria fondazione di Milano

credit: emmedimilano.wordpress.com

Dopo i liguri arrivarono gli insubri, che iniziarono a costruire i primi agglomerati di capanne, simili ad un villaggio organizzato, ma poi arrivarono gli etruschi e gli insubri furono costretti a levare le tende… o meglio le capanne. Anche gli etruschi però rimasero poco in pianura padana poiché vennero battuti dai Galli a Melpum (l’attuale Melzo). Furono proprio i Galli, secondo Tito Livio, a fondare la nostra città. A dirla tutta il fondatore fu Belloveso, il capo della tribù dei Biturgi. Andrea Alciato ci ha raccontato nel Rerum Patriae come leggendariamente avvenne la fondazione di Milano, grazie alla scrofa semilanuta: Belloveso arrivato in pianura padana decise di voler fondare una città, ma non sapeva né come chiamarla né dove gettarne le fondamenta. Così, come erano soliti fare gli antichi, il principe gallo consultò gli Dei che gli risposero di fondare la sua città laddove avesse trovato una scrofa ricoperta di lana.

credit: milanopocket.it

Indubbiamente nella storia di Belloveso si fondono realtà ed elementi leggendari, ma effettivamente un’origine consigliata dagli Dei rende il tutto più intrigante. La scrofa semilanuta rimase a lungo il simbolo di Milano, finché i Visconti non lo sostituirono con il celebre biscione. Ancora oggi, però, continua ad affascinare chi apprezza la leggenda di Belloveso e si può osservarla in piazza dei Mercanti, sempre se non si preferisce credere alla storia nuda e cruda, per la quale i fondatori di Milano furono gli insubri con le loro capanne (che considerando le origini marittime della zona, potremmo quasi chiamarli bungalow).

Continua la lettura con: Il MARE a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i GHIACCIAI si sciogliessero

ROSITA GIULIANO

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La città più piccola d’Italia

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Credits: @benjamin.kienig136 Glorenza

Qual è la città più piccola d’Italia? In un Paese che fa la collezione di borghi molto piccoli, non sembra strano trovare paesi dalle dimensioni ridotte. Ma qual è la città più piccola?

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La città più piccola d’Italia

# La “città” di 913 abitanti

@little_sunflower_genoa
Glorenza

La città più piccola d’Italia è Glorenza e si trova in Alto Adige, in Alta Val Venosta, a pochissimi chilometri dal confine svizzero e non lontana anche dal confine con l’Austria. Nelle vicinanze del paese nasce il fiume Adige che inizia a scorrere proprio nel paese. Eppure chiamare Glorenza “paese” o “borgo” risulta sbagliato. Con 13 chilometri quadrati di area e solo 913 abitanti, Glorenza è il più piccolo comune dell’Alto Adige a definirsi “città”. Non solo: è anche la più piccola città italiana in assoluto.

# Perché si considera “città”?

Credits 87lijuck IG – Glorenza

La domanda sorge spontanea: come può un borgo così piccolo fregiarsi del titolo di città? La cittadella ebbe un ruolo particolarmente importante nel Medio Evo come fortezza e come mercato, e così già nel 1300 si fregiò del titolo di “città”. Titolo mai tolto anche perché, forse per la sua importanza storica, gli abitanti sono molto orgogliosi di questa denominazione che trasmette un senso di grandezza per un nome che rimanda a un passato glorioso. Per risaltare le sue piccole dimensioni, a Glorenza c’è un detto tra gli abitanti: “La nostra città è così piccola che dobbiamo andare a messa fuori dalle mura”.

# Le mura che difendono la sua medievalità

@roberta.lucchesi
Glorenza

Glorenza fu circondata da imponenti mura, ancora oggi ben visibili e che difendono la città. Non si parla più di una difesa militare, ma di mura che difendono lo spirito medievale di Glorenza, città i cui edifici sono ancora intoccati e luogo che mantiene la sua storicità. Glorenza, o Glurns in tedesco, è una città ricca di posti da visitare.

Qui c’è ancora la piccola chiesa originale, case signorili (come la Casa del Balivo, una bella residenza signorile con degli smerli, la Casa Frölich con bellissimi affreschi all’interno e la Casa Gebhard e la Casa Frölich con bellissimi affreschi) e alcuni eventi fieristici.

Continua la lettura con: Il BORGO più BELLO d’Italia si trova a UN’ORA da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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Il futuro di Milano sarà verticale: sotterranea, pedonale, sopraelevata (video)

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Milano verticale

Milano ha un grosso problema. E, no, non stiamo parlando di sicurezza, ma della mobilità. Fortunatamente la soluzione è sotto i nostri occhi ogni volta che osserviamo il suo skyline, sono i grattacieli. Milano potrebbe svilupparsi su più livelli: così potrebbe diventare una città più vivibile, diventando un modello per tutto il mondo. In questo video esploriamo l’idea di come potrebbe essere una Milano verticale.

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Hai un video di Milano da inviarci o segnalarci? Scrivici su info@milanocittastato.it (video del giorno)

MATTEO RESPINTI

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Cosa non ci sarà più a Milano tra 10 anni: le previsioni dei milanesi

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Via Pitteri - ph. @milanographies

Cosa sparirà da Milano in 10 anni? Lo abbiamo chiesto ai milanesi. Le risposte sono state varie, con alcune note di pessimismo. Ma tra le diverse risposte queste 5 sono risultate ricorrenti.

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Cosa non ci sarà più a Milano tra 10 anni: le previsioni dei milanesi

#1 “I milanesi veri” / “Quelli che parlano il dialetto

In molti hanno risposto così, d’altronde è un dato di fatto: la città sta diventando sempre più cosmopolita e multietnica. Gli abitanti stranieri di Milano rappresentano oltre il 21% della popolazione, pari a più di 300.000 residenti. I dati dell’anagrafe, riferiti al 2023, ci dicono che Milano ha raggiunto i 1.417.597 residenti e l’aumento è in gran parte dovuto all’immigrazione.

Il dialetto meneghino non se la passa però così male: questa variante della lingua lombarda è parlata (o forse solo compresa) da circa 310.000 persone. Un numero importante se consideriamo da un lato che l’italiano è la lingua franca del Paese e dell’altro, come dicevamo prima, l’alto tasso di “milanesi non milanesi”.

Detto ciò, il rischio che il dialetto svanisca del tutto è concreto e un impegno di Comune e Regione per preservare questa lingua potrebbe essere una cosa intelligente. Si potrebbe fare, per esempio, introducendo un’ora (o due) a settimana di dialetto nelle scuole.

Probabilmente il milanese non tornerà mai in auge come lingua ufficiale, ma è una specificità che potrebbe contribuire a distinguere Milano sia dalle altre città d’Italia che dalle altre città del mondo: immaginate la capitale economica di un Paese con una lingua tutta sua.

#2 Beppe Sala sindaco di Milano

Altra verità evidente, che numerosi milanesi hanno tenuto a sottolineare: tra dieci anni Beppe Sala non sarà più al comando di Milano. Con ogni probabilità le prossime elezioni si terranno nella primavera del 2027 e il sindaco in carico, 19° in Lombardia nella classifica del gradimento del Sole 24 Ore, si appresta a terminare la sua lunga esperienza amministrativa.

Negli anni passati, Sala ha rappresentato un punto di riferimento per il centro-sinistra cittadino: se nel 2016 ha vinto per un soffio lo scontro con il candidato del centro-destra, Stefano Parisi, (41,7 contro 40,7), nel 2021 ha sconfitto platealmente l’avversario Luca Bernardo, con un 57,7% a 32%.

Ancora è presto, ma, ipotizzando i possibili sostituti di centro-sinistra, si è vociferato sul giornalista Luigi Calabresi che ha negato però ogni ambizione politica. Tra gli altri nomi che stanno iniziando a circolare ci sono quelli di Urbano Cairo e di Ferruccio Resta, che piace anche a destra, dove aumentano i consensi per Regina De Albertis.

In ogni caso, tra dieci anni Beppe Sala non sarà più Sindaco di Milano e sono diversi i milanesi curiosi di capire se rimarrà in politica o meno.

#3 Le auto private

“Le auto” si piazza al terzo posto nelle previsioni dei milanesi. Alcuni lo auspicano, altri lo temono. Negli ultimi anni, l’amministrazione comunale ha già intrapreso passi concreti in questa direzione, per esempio ampliando le aree a traffico limitato come l’Area B e l’Area C dove dal 2025 il Comune ha deciso di estendere il pedaggio anche ai weekend, riducendo ulteriormente il traffico nel centro.

Prevedere che la Milano del 2034 senza auto rischia di essere un po’ azzardato, ma non c’è dubbio che il tema sarà sempre più caldo. Prima o poi, con ogni probabilità, il suolo di Milano sarà off-limits per le auto, forse con l’unica eccezione di quelle elettriche. Speriamo, per allora, di aver inventato nuovi mezzi di trasporto o, perché no, nuovi tipi di strade. Magari sopraelevate o sotterranee.

#4 “Il ceto medio” e “l’architettura classica milanese”

Appaiate al quarto posto due previsioni che si assomigliano. Si tratta di due preoccupazioni diffuse: la sparizione del ceto medio e dell’architettura classica milanese.

La classe medio-borghese sta subendo una progressiva erosione, come evidenziato dal report 2023 della Caritas, che segnala un aumento del 17,9% delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto nel 2023, raggiungendo 17.238 casi. Nello specifico delle preoccupazioni per la “classe medio-borghese”, va sottolineato che tra le persone che si sono rivolte alla Caritas nel 2023, il 23,9% ha dichiarato che la propria occupazione non garantisce un reddito sufficiente. L’80,9% degli occupati che si sono rivolti alla Caritas dichiara di aver avuto problemi economici. Accompagnando questi dati al costo della vita, le prospettive per il futuro appaiono preoccupanti.

Il tema architettonico è complesso e, come ogni forma d’arte, soggetto ai gusti personali: i grattacieli e lo stile futurista possono piacere o meno. Ma Milano, la “Grande Mela d’Italia”, ha una storia che poche città al mondo possono eguagliare, una ricchezza culturale che la stessa New York, pur straordinaria, non possiede.

Se anche lo skyline milanese si avvicinerà sempre più a quello delle grandi metropoli moderne, il Duomo, il Castello Sforzesco, la Darsena dei Navigli e la basilica di Sant’Ambrogio rimarranno lì, radicati nel cuore della città, come custodi di una storia millenaria. Essi ci ricordano ogni giorno il punto di partenza di Milano e la profondità culturale da cui trae origine la sua identità, invitandoci a non dimenticare il passato anche mentre si guarda verso il futuro.

#5 “Le piccole botteghe”

 

Credits: Ideogram.AI

“Spariranno le piccole botteghe” chiude la lista delle previsioni più ricorrenti. In realtà si tratta di un fatto già in atto: le piccole botteghe stanno già sparendo. Milano sta affrontando una progressiva desertificazione commerciale: sempre più negozi locali stanno chiudendo, sostituiti da appartamenti, molti dei quali destinati a locazioni brevi.

Questo fenomeno, in crescita silenziosa, riguarda soprattutto le piccole attività come mercerie, panetterie e ristoranti di quartiere. Nel 2024, la Lombardia perderà quasi 5.000 negozi, con Milano che non fa eccezione. Le piccole botteghe sono rimpiazzate da catene di fast fashion, franchising e ristoranti, mentre i locali vengono trasformati in abitazioni o destinati ad affitti brevi, molto più redditizi rispetto agli affitti tradizionali.

Se da un lato il mercato immobiliare non può che rispondere alla crescente domanda di alloggi temporanei, dall’altro, la città rischia oggettivamente di perdere il suo carattere autentico. In questo contesto, è naturale che in molti si preoccupino: a meno di non trovare una soluzione, tra dieci anni, Milano potrebbe trovarsi a perdere forse la cosa più importante: la sua anima. Sostituita da quella di una città sempre più simile a una qualsiasi altra metropoli turistica.

Continua la lettura con: Le 5 cose che mancano di più nella Milano di oggi

MATTEO RESPINTI

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Come ti senti quando vai in bici sulle strade di Milano

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“L’eroe non è chi non cade mai, ma chi una volta caduto dalla bici a Milano trova il coraggio di rialzarsi” (Jim Morrison)

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Continua con: …e poi ti dicono che c’è anche lo sciopero dei mezzi

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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5 nuovi locali take away di Milano: le recensioni

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yingyingpan90 IG - Aji Milano

Dove si può mangiare in piedi, seduti agli sgabelli oppure a casa con le comode confezioni per l’asporto. I nuovi locali provati da Emanuele Bonati per Scatti di Gusto.

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5 nuovi locali take away di Milano: le recensioni 

# Totost, il regno dei tost creativi in zona Risorgimento

sidewalk_kitchens IG – Totost

Sidewalk Kitchens, in zona Risorgimento, è un locale innovativo con diverse finestre su strada, ciascuna delle quali ospita una cucina take away a rotazione. Tra le recenti aperture c’è Totost, un progetto di Davide Longoni in collaborazione con l’Ostreria Pavesi di Podenzano in provincia di Piacenza, che propone toast creativi, risultato della sinergia con altre realtà gastronomiche artigianali. Viene proposta una selezione di 5-6 toast fissi e alcune edizioni limitate, come il toast con finocchio fermentato, sriracha e raclette, nato dalla collaborazione con il ristorante Spore. Tra le proposte, spiccano il toast classico con roastbeef e salsa tonnata, e uno speciale con tartare di fassona e ingredienti selezionati. Il menu include toast dai sapori forti e ricercati, con prezzi compresi tra i 10 e i 13 euro.

Indirizzo: via Bonvesin de la Riva, 3

# StaSchiscia, la pizza in teglia romana in zona Precotto

StaSchiscia Street Food FB

Ha aperto da pochi mesi in zona Precotto un locale di pizza alla romana, caratterizzato da pizze al taglio sottili, croccanti e ben cotte, disponibili in take away o delivery. Oltre a una varietà di gustosi topping, il menu è stato recentemente ampliato con primi piatti, come un risottino giallo apprezzato, e una selezione di fritti. Tra questi spiccano le frittatine, saporite, mentre le polpette, inclusa una variante pizza pomodoro e mozzarella, risultano meno memorabili. I supplì e arancini sono buoni ma, secondo la recensione di Scattodigusto, potrebbero migliorare in gusto e consistenza.

# Pepperoni Pizza, la pizza americana a due passi da Sant’Ambrogio

pepperonipizzaslices IG

Pepperoni Pizza porta in città la celebre pizza americana con salame piccante, famosa negli Stati Uniti ma finora quasi sconosciuta in Italia, una variante nata dagli immigrati italiani a New York negli anni ’10. Una pizza larga, «a ruota di truck», bassa e con fette sparse di salume speziato di maiale e manzo condito con sale, paprika e peperoncino. La pizza, disponibile a trancio o intera per asporto, consegna o consumazione sul posto, risulta ben cotta e gustosa secondo Scattidigusto, sebbene l’estetica del pepperoni rotondo sia insolita e, talvolta, poco generosa in quantità. Le patatine fritte niente di eccezionale. Tre varianti sono offerte: margherita, pepperoni o sausage pizza, con prezzi da 4,50 a 5,50 per il formato slice e da 22,50 a 27,50 euro per la pizza intera. Il locale si presenta con le solite mensole lungo le pareti, con sgabelloni, ma poste troppo in alto, e quindi scomode, arrivando al collo invece che al petto.  

 
Indirizzo: via Sant’Agnese 12

# Dream Donuts, le ciambelle americane in Duomo

dreamsdonuts_milanoduomo IG

Dopo la pizza americana non poteva mancare un dei dolci tipici. A Milano è infatti arrivato un nuovo locale dedicato ai donuts, resi popolare da Homer Simpson nei cartoni di Matt Groening. Il locale è un take away con pochi posti a sedere e dove gustare donuts fritti, poi farciti o decorati con zucchero, glasse e cioccolato. Questo tipo di dolce discende delle frittelle citate da Catone nell’antica Roma, di origine olandesi e poi diffusi negli USA, lasciando parenti come i krapfen e i bomboloni in Europa. Emanuele Bonati ha provato alcune versioni, tra cui Homer Simpson e Marshmallows, ritenendoli gustosi ma molto dolci e morbidi. I donuts classici costano 3 euro, quelli gourmet 3,70 euro, con box da 6 a partire da 17,10 euro.

 
Indirizzo: Largo Ildefonso Schuster, 1

# Aji Milano, la nuova apertura del locale famoso per il take away giapponese fine dining in Porta Romana

yingyingpan90 IG – Aji Milano

Allo storico locale di via Piero della Francesca, Aji Milano, famoso per il suo sushi e cucina giapponese di alta qualità, se ne è aggiunto un altro in Porta Romana. Parte del gruppo di Claudio Liu, già conosciuto per i ristoranti stellati Iyo, Iyo Omakase e Iyo Kaiseki, Aji Milano offre un’esperienza di take away e delivery paragonabile a quella di un ristorante di alta classe. Entrambe le sedi si distinguono per l’eccellente qualità delle materie prime e per la precisione nella preparazione, oltre che per il servizio impeccabile. I piatti vengono consegnati in confezioni curate e pratiche, mantenendo un’elevata attenzione all’esperienza del cliente. Il menu è ricco di opzioni e spazia tra degustazioni singole e composizioni di più portate, come la Dokuji per due persone a 95 €, che include diverse specialità come Samurai Stick, Scampi Passion Fruit e selezioni di sushi e gunkan. I prezzi partono dai 5,50 euro per i Kobachi fino ai 25 euro per un chirashi di pesce misto.

Indirizzi: via Piero della Francesca 17 e via Alfonso Lamarmora 36

Fonte: 5 locali take away a Milano: assaggi, recensioni e prezzi dei migliori di Emanuele Bonati

Continua la lettura con: I locali dei single di Milano

FABIO MARCOMIN

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Viaggio test da record per il mini Hyperloop

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swisspod - Test Hyperloop

Il sistema Hyperloop continua ad essere sviluppato e provato in diverse parti del mondo, nonostante alcuni recenti fallimenti. L’ultimo progetto arriva a poca distanza da Milano: in Svizzera. Ecco cosa è stato fatto e come potrebbero essere impiegate in futuro le tecnologie sviluppate.

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Viaggio test da record per il mini Hyperloop

# Il viaggio più lungo da una capsula in ambiente sottovuoto

swisspod – Test Hyperloop

Nonostante alcuni recenti fallimenti e stop al progetto Hyperloop, anche l’esposizione mediatica è calata nell’ultimo periodo, i test continuano in diverse parti del mondo. Tra questi c’è il progetto svizzero dal nome LIMITLESS (Linear Induction Motor Drive for Traction and Levitation in Sustainable Hyperloop Systems) che ha utilizzato un modello in scala 1:12 del sistema Hyperloop, all’interno di una struttura dell’EPFL (Scuola politecnica federale di Losanna), stabilendo il record per il viaggio più lungo mai effettuato da una capsula in ambiente sottovuoto.

2023 EPFL-Murielle Gerber – CC-BY-SA 4.0 – epfl test Hyperloop

Ha percorso 11,8 chilometri a una pressione di soli 50 millibar, che scalato alle dimensioni reali sarebbe equivalente a un percorso di 141,6 chilometri.

Leggi anche: Il treno HYPERLOOP accelera in VENETO

# Raggiunta una velocità equivalente a 488,2 km/h

actu.epfl.ch – Test Hyperloop

La velocità massima raggiunta è stata invece di 40,7 km/h che, se scalata, equivarrebbe a 488,2 km/h. In questo caso non si tratta però di record assoluto, dato che un paio di mesi durante una breve corsa di prova la China Aerospace Science and Industry Corporation (CASIC) è riuscita a toccare i 623 km/h.

# Dove potrebbe essere impiegato il progetto LIMITLESS

 

Il progetto LIMITLESS non vuole raggiungere solamente l’obiettivo di rivoluzionare il trasporto su lunghe distanze tramite il sistema Hyperloop. Le tecnologie sviluppate potrebbero impattare positivamente su tutte le tipologie di trasporti ad alta velocità, i sistemi metropolitani, le ferrovie, le automobili e persino l’aerospazio, rendendoli sempre più sostenibili. 

Fonte: Hd Motori

FABIO MARCOMIN

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5 linee di treni notturni da far partire di nuovo da Milano

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turraletizia IG - Stazione Centrale

In Europa sta tornando un grande interesse verso i treni notturni a lunga percorrenza. Se tornassero in voga anche in Italia, quali vorreste vedere partire nuovamente da Milano Centrale? Ecco 5 tratte che potrebbero riprendere vita in futuro e stuzzicare i vostri ricordi.

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5 linee di treni notturni da far partire di nuovo da Milano

Credits: blog.italotreno.it

Il notturno Stoccolma – Berlino, Stoccolma – Londra e il Vienna – Bruxelles. Quest’ultimo ripercorre parte del vecchio tracciato dell’Orient-Express. Secondo la BEI (Banca Europea degli Investimenti) i cittadini europei voleranno sempre di meno per le vacanze soprattutto per limitare le emissioni di CO2 prodotte dagli aerei. L’indagine si è basata su un campione di 30.000 intervistati e ha mostrato che il 75% degli intervistati vuole ridurre i propri voli a favore di una mobilità più sostenibile. Quali treni notturni potrebbero partire nuovamente da Milano?

1) TrenHotel “Salvador Dalì”: Milano-Barcellona

Il Milano-Barcellona circolava tre giorni alla settimana ed era servito con materiale rotabile della Renfe. Il treno possedeva una classe turistica composta da poltrone completamente reclinabili di comfort pari all’executive class del Frecciarossa e alla prima di Italo. Possedeva vagoni letto con cuccetta per due o quattro persone e carrozza ristorante e fermava a Torino, Bardonecchia, Lione, Perpignano e Figueres.

Nonostante l’interesse turistico, il servizio fu sospeso a causa della concorrenza agguerrita delle lowcost che resero la tratta non più profittevole. Eppure sembra che a breve questo treno possa essere ripristinato anche se con caratteristiche diverse. Per saperne di più: Il treno low cost da Milano e Barcellona.

2) Espresso notturno “Freccia del Sud”

In servizio dal 1953 al 2010, il mitico “Freccia del Sud” collegava Milano con Palermo, Siracusa e con una sezione per Agrigento. Era il treno con la più lunga percorrenza in Italia, circa 1600 km, con un tempo di percorrenza stimato in circa 22 ore fino ad Agrigento. A metà degli anni Sessanta era composto addirittura da 19 carrozze complessive per soddisfare la crescente domanda migratoria dalla Sicilia verso Milano. Oggi potrebbe tornare utile questo treno per incentivare il turismo italiano, magari offrendo dei biglietti acquistabili con pacchetti vacanzieri che prevedono fermate di un paio di giornate lungo le varie località toccate dalla tratta. Ad esempio, alcune fermate interessanti potrebbero essere Gaeta, Napoli, Salerno, il Cilento, Tropea e Taormina.

3) Freccia delle Dolomiti

Treno famoso per aver collegato Milano a Calalzo di Cadore, oggigiorno questa linea potrebbe tornare in auge con la riapertura contemporanea della ferrovia Calalzo-Cortina in vista delle olimpiadi invernali del 2026 per facilitare lo spostamento dei turisti. Sarebbe un viaggio entusiasmante, partire da Milano e scendere direttamente a Cortina pronti per andare a sciare. Inoltre, come molti di voi ricorderanno, la ferrovia viene resa celebre dal film “Vacanze d’inverno” del 1959 con Vittorio De Sica ed Alberto Sordi.

 

4) Euronight Milano-Venezia-Trieste-Budapest-Belgrado

Credits: wikipedia.org – Euronight Milano-Belgrado

Diretto verso le terre dell’Impero Asburgico, questo collegamento notturno partiva originariamente da Venezia Santa Lucia ma offriva ottime connessioni anche da Milano. La particolarità di questo treno è che era composto da carrozze dirette a Mosca una volta alla settimana e Atene una volta ogni due settimane. Transitava per Trieste, Lubiana, Zagabria poi una parte proseguiva per Belgrado ed Atene mentre l’altra continuava per Budapest Keleti.

5) Espresso Milano – Reggio Calabria via Crotone

Un viaggio interminabile che partiva da Milano percorrendo tutta l’adriatica fino a Taranto. Da qui, con un locomotore diesel proseguiva fino a Reggio Calabria passando per Crotone e Catanzaro Lido. Oggi la tratta Taranto–Reggio Calabria è in fase di elettrificazione per accelerare i tempi di percorrenza della tratta. La reintroduzione dell’Espresso sarebbe legata soprattutto al fattore turistico. Infatti, si potrebbe incentivare l’interesse del pubblico introducendo le carrozze panoramiche come in Svizzera e magari offrire il trasporto auto e moto come oggi accade tra i collegamenti estivi dall’Austria a Livorno o Rimini.

Continua la lettura con: Il viaggio in treno più lungo da Milano

MATTIA GAVA

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In arrivo la «torre faro» dell’hinterland di Milano

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Vista grattacielo Sesto

Anche l’hinterland punta verso l’alto: entra nel vivo della competizione con Milano, che ora non è più la sola a vedere la rigenerazione di vaste aree urbane abbandonate. Sono partiti da pochi mesi i cantieri per il lotto Unione Zero, nel maxi progetto MilanoSesto al posto dell’ex Acciaierie Falck, e presto dovrebbe avviarsi un’altra riqualificazione.

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In arrivo la «torre faro» dell’hinterland di Milano

# Approvata la delibera per la trasformazione dei 14mila mq dell’Ex Enichem a Sesto San Giovanni

Vista d’insieme progetto ex area Enichem

La sfida a Milano arriva dai comuni della Grande Milano. Se Monza sta diventando una delle città preferite dai milanesi per andarci a vivere, Sesto San Giovanni è quella dove si stanno concentrando i progetti più importanti di rigenerazione urbana. Partiti da pochi mesi i cantieri per il lotto Unione Zero, nel maxi progetto MilanoSesto al posto dell’ex Acciaierie Falck, presto un’altra aree si prepara ad essere riqualificata. L’amministrazione comunale ha infatti approvato una delibera di adozione che dà il via libera alla trasformazione dei 14mila mq di terreni dell’Ex Enichem, abbandonati dal 2010.

Leggi anche: Prima pietra di Unione Zero, il nuovo quartiere avveniristico a Nord di Milano

# Un grattacielo di oltre 80 metri inserito in nuovo quartiere green, una delle due “torri faro” previste nel territorio comunale

Vista globale rendering

Si prevede la realizzazione di un quartiere green con una nuova piazza pubblica, un luogo di incontro e socialità per i residenti, un edificio residenziale di 6 piani, un edificio commerciale, al servizio anche degli utenti della futura fermata di Sesto Restellone M1, e un lotto di edilizia residenziale convenzionata in via Luini.

Vista grattacielo Sesto

L’elemento iconico del progetto è una torre residenziale di 83 metri, per 25 piani, con terrazze e logge ricche di verde. Insieme a quella di altezza simile, che dovrebbe sorgere al posto dell’ex Triplice sulle aree Marelli, è una delle “torri faro” previste a Sesto San Giovanni, quella di ingresso venendo da Nord.

# Quando dovrebbero partire i cantieri

Disegno progettuale ex area Enichem

Depositato il piano per un periodo di 15 giorni, ne sono previsti altri 15 per l’accettazione delle eventuali osservazioni. A seguito dell’approvazione definitiva è previsto il rilascio dei permessi edilizi, con un iter della durata di 90 giorni dalla delibera di adozione.

Rendering ex area Enichem vista strada

Nella riqualificazione dell’area interessata dal progetto è compresa anche la bonifica ambientale, mentre le opere pubbliche e i servizi da realizzare ammontano a circa 3,57 milioni di euro, come opere a scomputo pari a 2,45 milioni di euro. I cantieri dovrebbero quindi partire nella prima parte del 2025.

FABIO MARCOMIN

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Con la quattro sono diventate cinque: ma perché è stata costruita l’M5 prima dell’M4?

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Linee previste per Expo2015

Erano state entrambe progettate per Expo. Ma poi per la M4 le cose si sono messe male. Ricordiamo le motivazioni e l’unico altro caso simile in Europa.

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Con la quattro sono diventate cinque: ma perché è stata costruita l’M5 prima dell’M4?

# M4, M5 e perfino M6 erano state inserite tra le opere per aggiudicarsi Expo2015

Linee previste entro Expo 2015

La realizzazione delle linee M4 e M5 erano state inserite nel dossier Expo2015: sarebbero dovute essere realizzate entrambe entro l’inaugurazione della manifestazione. Per la quarta linea metropolitana l’istruttoria del progetto era stata già completata dalla giunta Albertini nel 2005 e per questo era già stata numerata come quarta.

E ci doveva essere perfino la sesta! Nei documenti presentati per la candidatura di Milano all’Esposizione Universale era stata inserita anche la linea M6, prima come tratto ovest dell’attuale M5, poi come sbinamento del ramo sud-ovest della M1 verso Ripamonti. Ufficialmente a causa del terremoto dell’Abruzzo del 2009, la parte dei fondi destinati a quell’opera furono dirottati per la ricostruzione dell’Aquila e l’aiuto ai terremotati. Torniamo però alla vicenda della linea M4.

Leggi anche: M6: la favola della metropolitana ROSA

# Giunta Moratti, in carica tra il 2006 e il 2011: assegnato l’appalto per la costruzione della M4

Benché l’istruttoria del progetto della linea 4 fosse già pronta nel 2005, il riacquisto da parte della Giunta Moratti delle obbligazioni e del controllo di A2A ha rallentato il finanziamento del progetto, che è stato rimandato a più riprese. Nell’agosto 2008 erano comunque iniziati gli scavi per le indagini archeologiche preliminari alla stesura del progetto esecutivo, su alcune vie della cerchia dei navigli, in piazza San Babila e largo Augusto.

A fine mandato due azioni sembravano poter consentire all’opera di partire. Il 19 novembre 2010 la giunta del comune di Milano aveva approvato lo stanziamento di 400 milioni di euro, su un importo complessivo di 1.699 milioni, mentre la quota restante a carico dello Stato per 786 milioni e di privati per 513 milioni. A inizio del 2011, poco prima delle successive elezioni, con la formula del project financing, fu assegnato l’appalto per la costruzione delle linea alla cordata di imprese guidata da Impregilo. Tutto sembrava a posto. Ma poi è cambiato il vento. 

# Giunta Pisapia: prima l’ipotesi di apertura di una breve tratta prima di Expo, poi il rinvio definitivo al 2022

Ma la strada si fece in salita con l’arrivo della “rivoluzione arancione” e del cambio di sindaco: con il verbale firmato 6 marzo 2012 la Giunta Pisapia sanciva l’obiettivo, dopo l’ipotesi di apertura della linea nel 2017 slittata poi a inizio 2018, di una prima tratta di tre stazioni da aprire entro l’Expo 2015 grazie ai 172 milioni di euro deliberati dal Ministero Infrastrutture.

Anche questa data non fu rispettata a causa di un braccio di ferro tra le imprese di costruzione, che chiedevano 70 milioni di euro extra per la tratta, e il Comune, che arrivò a finanziarne 50. Non servì nemmeno l’idea di “sacrificare” la stazione “Quartiere Forlanini” oggi “Repetti”, aprendola successivamente, perché il 28 dicembre 2014 la giunta escluse ogni ipotesi di apertura nel 2015 ripianificando l’apertura dell’intera linea nel 2022.

I lavori veri e propri per le prime 3 fermate, Forlanini FS, Repetti e Linate Aeroporto, partirono ufficialmente il 19 luglio 2012, mentre il restante tracciato tra l’inizio e le fine del 2015, quando inaugurò l’intera linea M5 che nonostante alcuni ritardi non ha mai subito stop significativi.

Leggi anche: Scoppia lo SCANDALO M4: 100 milioni di euro extra ma zero interscambi tra M3 e M4

# Il cronoprogramma definitivo: nel 2024 l’inaugurazione completa

Il 20 luglio 2019 è stato calato in galleria il primo convoglio della M4 alla stazione di Linate Aeroporto con la presenza del sindaco Giuseppe Sala, a seguito sono state fatte delle corse prova tra Linate e Forlanini FS.

Nel frattempo la Giunta attuale ha rivisto le date di apertura, fino alla prima inaugurazione con le prime tre fermate il 26 novembre 2022, il collegamento fino a San Babila a luglio 2023, mentre il 12 ottobre 2024 si è arrivati all’apertura dell’intera linea di 21 fermate per 15 km da Linate Aeroporto a San Cristoforo Fs.

Questo ha tolto l’anomalia della presenza di una linea 5 senza però avere una linea 4. Come si è visto questo è stato determinato dalla serie di intoppi e di decisioni politiche che hanno portato al rinvio della M4 nonostante che fosse un progetto precedente a quello della M5. Si tratta di un’anomalia che però vanta un altro caso simile. 

# Anche a Vienna è arrivata prima la U6: i lavori di scavo della U5 devono ancora essere conclusi

Credits: wikipedia.org – U6

Il caso milanese non è infatti il solo. Anche a Vienna infatti la linea U6, la più lunga del sistema delle U-Bahn viennese inaugurata il 7 ottobre 1989, precede la U5 che ancora deve vedere conclusi gli scavi delle gallerie.

Credits: wikipedia.org

Nel 2014 è stato confermato il nuovo progetto della U5 per il quale sono iniziati i lavori nel 2018. Era infatti un progetto in costruzione dal 1976 fino al 1980 ma per motivi economici si decise di annullare la linea in corso d’opera. Dal 1991, ricominciati i lavori, la linea è stata completata, ma identificata oggi con U3.

Credits: metroricerche.it Linienkreuz U2xU5 – Linea U5 in verde

Dal 2018 verrà riutilizzata la stessa denominazione U5 per la linea da Elterleinplatz a Karlsplatz utilizzando il tratto della U2 tra Rathaus e Karlsplatz: il completamento fino al capolinea di Hernals non sarà ultimato prima del 2032. Il legame tra Milano e Vienna non si spezzerà mai. 

Continua la lettura: Il FAVOLOSO progetto della METROPOLITANA SUBACQUEA di Venezia

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I 7 paesi dell’hinterland preferiti dai milanesi per comprare casa

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centrostudipim - Città Metropolitana di Milano

La scelta di andare a vivere fuori Milano è dettata principalmente da questioni economiche e dalla possibilità di avere metrature più ampie a parità di prezzo e più verde fruibile. Un recente studio di Casa.it ha individuato in quali comuni dell’hinterland si concentra maggiormente la ricerca dei milanesi. Scopriamo quali sono e i valori immobiliari medi rilevati nel 2024. 

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I 7 paesi dell’hinterland preferiti dai milanesi per comprare casa

#7 Paderno Dugnano: si punta sulla metrotranvia

comunepadernodugnano IG

Al settimo posto tra i paesi più ricercati per comprare casa nell’hinterland di Milano troviamo Paderno Dugnano. Comune di 47.375 abitanti, parte dell’area omogenea Nord Milano, nei prossimi anni sarà collegato alla città con la nuova metrotranvia da costruire tra Comasina M3 e Limbiate. Il prezzo medio per l’acquisto di un’abitazione è di 2.089 euro al mq.

#6 Cologno Monzese: il paese record per le fermate della metro

Credits: Liceo Artistico Brera – Murales Cologno Monzese

Al sesto posto troviamo Cologno Monzese, dove trova spazio il polo televisivo Mediaset, uno dei comuni con il maggior numero di fermate della metropolitana: Cologno sud, centro e nord. Fa parte della zona Adda Martesana, ha una popolazione di 46.890 abitanti e i valori immobiliari medi si attestano a 2.310 euro al mq.

#5 Abbiategrasso: il più esteso e tra i più economici comuni dei dintorni

Credits: milanoguida.it – Abbiategrasso

Abbiategrasso è il comune dell’hinterland con la superficie più estesa, 47,78 kmq, per numero di residenti si piazza invece al 14esimo posto con 32.490. Al quinto posto tra quelli più ricercati per una casa fuori Milano, famoso per il suo Castello Visconteo di matrice duecentesca, è anche uno tra quelli più economici in classifica con un prezzo medio di 1.749 euro al mq.

#4 Rho: tra i comuni meglio collegati a Milano

Ph. @rho_nel_mondo

In quarta posizione c’è il comune di Rho, che con 50.598 abitanti è in quarta posizione anche tra quelli più popolosi dell’hinterland, dove il costo medio di un immobile è di 2.182 euro al mq. Ospita i nuovi padiglioni del quartiere fieristico di Milano e insieme a Milano ha condiviso l’area di Expo2015, oggi MIND. Servita dai treni regionali, suburbani e dell’alta velocità, oltre dalla fermata della linea M1, è tra i comuni meglio collegati della prima cintura.

#3 Cinisello Balsamo: 2.000 euro al metro quadrato con la metro nel mirino

Credits: wikipedia.org – Cinisello Balsamo

Sul terzo gradino del podio troviamo Cinisello Balsamo, il secondo comune più grande dell’hinterland di Milano con 74.700 abitanti. Il suo nome deriva dall’unione di Cinisello e Balsamo, unificati per formare un unico paese a nord di Milano. Il prezzo medio di vendita è di 2.090 euro al mq. Collegata con Milano con il tram 31, fra qualche anno con la M1 e in futuro un po’ più lontano con la M5. 

#2 Legnano: 1.700 euro al metro quadrato per la Manchester italiana collegata a Milano con il passante

Credits: malpensa24.it – Legnano

Conosciuta come “Manchester italiana”, sono nati qui i primi cotonifici di Krumm e di Costanzo Cantoni, per il suo palio e il Castello di San Giorgio, Legnano si piazza in seconda posizione tra i comuni più ricercati per comprare casa nell’hinterland. La popolazione è di 60.303 abitanti e in media si spende 1.765 euro al mq. Qui è nata anche la compagnia teatrale dei Legnanesi e la cassoeuola. Si trova a mezz’ora di distanza da Milano, alla quale è collegata da una linea suburbana. 

Leggi anche: 7 motivi che rendono LEGNANO una città ricca di SORPRESE

#1 Sesto San Giovanni: 2.700 euro al metro quadrato per la più ricercata dell’hinterland

Credits ganeshel IG – Sesto San Giovanni

La medaglia d’oro del comune dell’hinterland più ricercato per andare a vivere è Sesto San Giovanni, forse anche perché usciti dal confine di Milano sembra sempre di essere in città. Sede di una delle più grandi ed estese concentrazioni industriali d’Italia nel XX secolo, oggi i terreni delle ex acciaierie Falck sono al centro di una delle più grande riqualificazioni d’Europa, è anche il più popoloso paese dell’area extraurbana milanese con 78.604 residenti. Ottimamente connessa a Milano, con treno, metropolitana e bus, si paga in media 2.760 euro al mq per comprare casa.

Leggi anche: Il PROGETTO delle EX AREE FALCK è tutto da RIFARE: come potrebbe diventare

Continua la lettura: I TRE QUARTIERI di Milano dove le CASE si sono RIVALUTATE più del 20%

FABIO MARCOMIN

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Quando il grattacielo d’Italia era a Cesenatico

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Credits: vittorianodco IG

Sfidò la capitale finanziaria nel pieno del boom economico. All’epoca fu anche il grattacielo in cemento armato più alto d’Europa. Ecco la sua storia incredibile.

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Quando il grattacielo d’Italia era a Cesenatico

# In pieno boom economico Cesenatico era la Formentera dell’epoca

Credits: cesenanotizie.net

Tra gli anni ’50 e ’60, nel pieno del boom economico, Cesenatico era alla pari di Forte dei Marmi e Viareggio tra le mete più cool. In particolare la località romagnola era la Formentera dell’epoca, si recavano in vacanza i vip, i grandi calciatori, le star dello spettacolo e i primi personaggi della televisione italiana. Per questo motivo Cesenatico e la Riviera meritavano un’opera avveniristica, che connotasse la località e che fungesse da faro per i turisti.

# La sfida a distanza con Milano: doveva superare il numero di piani del Pirellone

Credits: Cesena di una volta FB

L’edificio fu iniziato nel 1957, mentre a Milano era già in corso da un anno la realizzazione del grattacielo Pirelli, e per il sindaco di Cesenatico fu una sfida nella sfida, una gara nella gara. Saputo dell’altezza del grattacielo Pirelli fermo a 32 piani, chiese per campanilismo all’ingegnere Berardi di non fermarsi a 31 come da progetto. E così fu: i piani diventarono 35, tre in più del Pirellone, di cui 30 destinati a uso abitativo, per un totale di 120 appartamenti e due piani di corpi tecnici e un investimento totale di 200 milioni di lire dell’epoca

L’esatta denominazione del grattacielo è “Condominio Marinella II” perché il Marinella I si trova a Milano Marittima e, pur presentando una struttura architettonica molto simile arriva solo a 90 metri. Il suo progettista, l’ingegner Eugenio Berardi, scelse il nome di Marinella in onore di sua moglie.

# Con i suoi 118 metri è stato il grattacielo più alto d’Italia. Oggi tra le torri residenziale è al terzo posto

Credits: ldn.travel IG – Grattacielo Cesenatico dal basso

Il “Condominio Marinella II” fu terminato nel 1958 e, con i suoi 118 metri di altezza, ha detenuto il primato dell’edificio più alto d’Italia per due anni strappandolo alla Torre Breda di Milano. Nel 1960 infatti, anno di completamento del grattacielo Pirelli, la capitale finanziaria italiana si riprese il record. Oggi è il 19° grattacielo più alto del Paese, uno degli edifici in cemento armato più alti oltre a essere al terzo posto come torre residenziale

Tra il 2003 e il 2009 si sono svolte importanti opere di riqualificazione e consolidamento. Una curiosità: da rilevamenti topografici e satellitari effettuati durante lo studio dei lavori di ristrutturazione, nonostante i 60 anni di età, è emerso che il grattacielo è perfettamente dritto.

Continua la lettura con: La METROMARE, la metropolitana della riviera romagnola: fermate attuali e nuove estensioni

FABIO MARCOMIN

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Arriva il super treno a idrogeno: questa la sua velocità

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genos_nono IG - Cinova H2

Presentato alla fiera internazionale InnoTrans 2024 a Berlino, questo convoglio di nuova generazione rappresenta un notevole passo avanti nella mobilità sostenibile. Scopriamo come è progettato, come funziona e le prestazioni che può raggiungere.

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Arriva il super treno a idrogeno: questa la sua velocità

# Il treno veloce che arriva dal futuro

genos_nono IG – Cinova H2

Presentato all’InnoTrans 2024 di Berlino, Cinova H2 è il primo treno ad alta velocità alimentato a idrogeno della Cina, prodotto dalla CRRC Qingdao Sifang. Si caratterizza per un design aerodinamico ed elegante, con esterni realizzati in materiali leggeri e resistenti, il tutto pensato per ridurre la resistenza dell’aria e ottimizzare l’efficienza energetica.

genos_nono ig – Interno Cinova H2

Le carrozze offrono un ambiente moderno e spazioso, con ampie sedute ergonomiche e finestrini panoramici, e possono ospitare oltre 1.000 passeggeri.

Antoine Guy-Twitter – Cinova H2 schermi interattivi

Il convoglio è dotato di tecnologie avanzate come display informativi interattivi e sistemi di illuminazione intelligenti, offrendo ai viaggiatori un’esperienza sicura e tecnologicamente all’avanguardia​.

# Come funziona il sistema a celle di idrogeno

rollingstockworld.com – Antoine Guy/X – Caratteristiche treno

Il treno sfrutta un avanzato sistema a celle a combustibile a idrogeno, capace di generare energia elettrica attraverso una reazione chimica tra idrogeno e ossigeno: l’unico scarto prodotto è l’acqua pura. I motori sono alimentati dalle celle, mentre l’energia in eccesso viene immagazzinata in batterie per mantenere prestazioni elevate. Il riscaldamento e il raffreddamento dell’ambiente interno avviene tramite il sistema di recupero di calore e acqua, consentendo la massima efficienza anche nei mesi freddi e un’operatività con costi energetici ridotti​.

# 1.200 Km con una sola ricarica, raggiunge i 200 Km/h

Kirill Balberov-1520today – Cinova H2

Il Cinova H2 non punta solo alla sostenibilità e al comfort, ma anche alla velocità di ricarica e di viaggio. Le celle ad idrogeno utilizzate hanno una potenza di circa 960 kW che garantiscono al convoglio un’autonomia di ben 1.200 km con una sola ricarica di idrogeno, che si completa in appena 15 minuti, e di raggiungere la velocità massima di 200 km/h. Prestazioni competitive con i treni tradizionali, ma con il vantaggio di poter essere utilizzati anche su linee non elettrificate, come programmato in Lombardia sulla linea Brescia-Iseo-Edolo per la fine del 2024, contribuendo alla decarbonizzazione del trasporto ferroviario, ogni convoglio consente una riduzione del consumo di CO2 di ben 730 tonnellate, e migliorando l’efficienza del trasporto pubblico nelle aree poco servite.

 

FABIO MARCOMIN

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…e poi ti dicono che c’è anche lo sciopero dei mezzi

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No, non è la mia giornata. 

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Continua con: Stai aspettando la 68 dopo i tagli di ATM

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Il «Camden Town» di Milano: il mercatino più colorato della città

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manu_smart_life IG - Campagnolo Milanese

Ricorda le antiche botteghe di quartiere, ma anche le ambientazioni che si possono ritrovare nei caratteristici mercatini londinesi di Camden Town. Dove si trova, come è fatto e cosa si può trovare al suo interno.

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Il «Camden Town» di Milano: il mercatino più colorato della città

# Come essere a Camden Town, in un tripudio di colori

lilianagorla IG – Ingresso Campagnolo Milanese

In zona Lorenteggio c’è un mercatino che potrebbe trovarsi tranquillamente a Camden Town, Londra, per il suo stile particolare e i suoi colori accessi: il mercatino Campagnolo Milanese. Si è accolti da una volta di lucine colorate, il pavimento esterno è rosso, anche le sedie ai tavoli hanno colorazioni diverse, ci sono ceste di vimini appese, bancarelle con tendoni a righe, piante e fiori. Raggiungibile ancora più facilmente dopo l’apertura della fermata Bolivar sulla M4, è un ambiente pensato per chi ama fare acquisti all’aperto, in un contesto che ricorda le antiche botteghe di quartiere. 

# Un punto di riferimento per chi cerca prodotti freschi e stagionali

Questo mercatino offre una vasta gamma di prodotti che va dalla frutta e verdura ai fiori recisi, un punto di riferimento del quartiere per chi cerca prodotti freschi e stagionali. Ideale per fare una spesa sostenibile, in autunno si possono trovare ad esempio zucche e tartufi, mentre nella cella frigorifera prodotti come pesto e formaggi. È anche un’opzione interessante per chi è alla ricerca di cibo vegetariano e vegano, con piatti a base di polpette vegetali, riso e altre specialità stagionali, disponibili in un piccolo negozietto. C’è anche un angolo dedicato al verde. I banchi si dividono per fasce di prezzo: 1,98 euro, 2,48 euro e 3,98 euro al Kg.

# All’ora di pranzo si può anche rimanere a mangiare 

manu_smart_life IG – Campagnolo Milanese

Aperto dal lunedì al sabato dalle 7:30 alle 19:00, questo angolo verde è perfetto per una pausa pranzo alternativa, grazie alla possibilità di gustare un piatto personalizzato scegliendo tra gli ingredienti disponibili nelle bancarelle o nella ricca proposta di salato e dolce del corner gastronomia. Si può consumare direttamente al mercato accomodandosi in uno dei tavolini colorati oppure richiedere l’asporto.

Indirizzo: Via Tagiura 19

Spunto: milanohafame IG

FABIO MARCOMIN

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Il reticolo record dei binari di Milano: dove si trova, perché è così

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Gruppo Fb - Marco Nongio Nicola - Groviglio tram

Un groviglio di binari del tram che è diventato un marchio identificativo dell’intera area. Ecco dove si trova e a cosa serve.

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Il reticolo record dei binari di Milano: dove si trova, perché è così

# L’intricato groviglio di binari del tram di corso XXII Marzo

Tram Piazza Cinque Giornate

All’incrocio di uno degli assi di forza che entrano in città da est, corso XXII Marzo che prima ancor è viale Corsica, si trova un groviglio di binari da record. In piazza Cinque Giornate passano infatti diverse linee di tram, che poi proseguono su corso di Porta Vittoria e viale Montenero da un lato e viale Premuda dall’altro. Anche l’incrocio su corso di Porta Vittoria presenta una fitta ragnatela di binari, pur se non così complessa. Ma perchè sono così tanti e perché si intersecano così?

# I deviatoi verso viale Monte Nero e viale Premuda

Fabio Mastellone FB – Binari tram in corso XXII Marzo

Su corso XXII marzo transitano il 12 e il 27, su corso di Porta Vittoria anche il 19, su viale Montenero il 9 e su viale Premuda il 9 e il 19. I numerosi binari presenti all’incrocio, in questo caso su corso XXII marzo, servono sia per il transito del servizio regolare delle diverse linee ma anche come deviatoi. Ne sono presenti due: il primo con svolta a sinistra verso viale Monte Nero ed il secondo verso destra per viale Premuda, come si può vedere dalla foto scattata da Fabio Mastellone.

# Vengono utilizzati per deviare i tram diretti in centro

Gruppo Fb – Marco Nongio Nicola – Groviglio tram

I deviatoi vengono azionati dai graduati del Controllo Esercizio in caso di interventi sulla rete, che richiedono un’interruzione del servizio su una specifica tratta, o in caso di manifestazione che interessano il centro città. In queste occasioni, invece di far proseguire la marcia del tram sul percorso prestabilito, si possono deviare le linee in servizio: il 12 (Cimitero Maggiore-viale Molise) e il 27 (piazza Fontana-viale Ungheria) su viale Monte Nero/Lamarmora, il 19 (piazza Castelli-Lambrate FS M2) da viale Premuda.

Spunto: Gruppo Fb “I tram di Milano”

FABIO MARCOMIN

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L’ «Arena del Futuro»: in Lombardia l’autostrada che ricarica i veicoli mentre la percorrono

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Ideogram Ai - Carica a induzione

Una tecnologia che potrebbe rivoluzionare il modo di ricaricare i veicoli elettrici, senza dover fermarsi a una colonnina. Scopriamo i vantaggi e limiti attuali e a che punto siamo con la sperimentazione.

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L’ «Arena del Futuro»: in Lombardia l’autostrada che ricarica i veicoli mentre la percorrono

# Nell’Arena del Futuro si sperimenta la ricarica a induzione

Circuito Arena del Futuro

Nell’ambito del progetto innovativo “Arena del Futuro”, si svolgono test avanzati sulla tecnologia di ricarica ad induzione per veicoli elettrici, nota come DWPT (Dynamic Wireless Power Transfer). Questa pista di prova ad anello, estesa per circa un chilometro e alimentata da una potenza elettrica di 1 MW, è situata in un’area privata che si collega all’autostrada A35 Milano-Brescia.

Si tratta di uno dei progetti più avanzati di sperimentazione a livello internazionale nel suo genere. Coordinato da A35 Brebemi e Aleatica, coinvolge un ampio network di aziende e istituzioni di spicco nel settore. Tra i partecipanti figurano nomi rinomati come ABB, Electreon, IVECO, Mapei, Pizzarotti, il Politecnico di Milano, Prysmian, Stellantis, TIM, FIAMM Energy Technology, oltre a importanti università come Roma Tre e Parma, e enti pubblici come i Vigili del Fuoco e il Ministero dell’Interno – Polizia Stradale.

# La tecnologia del Wireless Power Transfer

brebemi.it – Come funziona il sistema di ricarica wireless

Questa tecnologia di ricarica per veicoli elettrici permette di alimentare i mezzi in movimento, grazie a corsie speciali dotate di spire collocate sotto l’asfalto che trasferiscono energia direttamente durante il transito. Inoltre, è possibile ricaricare i veicoli anche mentre sono parcheggiati, attraverso un sistema chiamato Static Wireless Power Transfer. In entrambi i casi, i veicoli devono essere equipaggiati con un ricevitore in grado di raccogliere l’energia generata, utile sia per alimentare il motore sia per ricaricare la batteria​

# Un sistema di mobilità che sfrutta connettività 5G e intelligenza artificiale

Ricarica wireless

Un sistema di mobilità progettato per garantire “zero emissioni” mediante l’integrazione di diversi elementi: asfalto, centraline, cavi e veicoli elettrici. Questa rete è potenziata dalla connettività 5G e da applicazioni basate sull’intelligenza artificiale, che facilitano lo scambio di informazioni sul traffico e altre comunicazioni tra il veicolo e le piattaforme di gestione. Queste tecnologie contribuiscono a garantire la sicurezza in caso di emergenze, rendendo il sistema più reattivo e efficiente.

Fiat 500 sul circuito “Arena del futuro”

Attualmente sono di tre tipologie i veicoli testati sul circuito: una Fiat 500, una Jeep Renegade e un autobus Iveco. 

# I vantaggi della tecnologia e i limiti attuali

A che punto siamo. I primi test si sono tenuti a dicembre del 2021, a cui ha seguito nel giugno 2022 la presentazione ufficiale della tecnologia. Le prime analisi hanno rivelato diversi vantaggi legati alla ricarica per induzione. Tra questi si evidenziano:

  • una maggiore efficienza energetica del veicolo grazie alla possibilità di ricaricarsi durante il movimento;
  • una diminuzione delle dimensioni delle batterie senza compromettere la capacità di carico di merci e passeggeri;
  • un allungamento della vita utile delle batterie, poiché si eviterebbero picchi di ricarica dannosi.

Non mancano però problemi o limiti, siamo pur sempre in una fase di sperimentazione, tali da rendere questa tecnologia al momento non implementabile su larga scala e quindi commercializzabile, come ha spiegato da Gianluca Bertazzoli, direttore di E-mob, nel podcast “Processo alle auto elettriche” su Corriere.it: 

  • Il costo elevato: “l’installazione costa un milione di euro al chilometro, e siccome un’auto assorbe poca elettricità, occorrerebbe infrastrutturare praticamente l’intera rete stradale.”
  • Un possibile danno per la salute dei cittadini: “L’altro problema è collegato all’assorbimento di onde elettromagnetiche da parte dei passanti, soprattutto nelle aree urbane densamente popolate”.

In futuro non servirà più collegare il cavo alla colonnina per fare il pieno di energia elettrica?

Continua la lettura con: «Via i caselli» sulla Milano-Torino: le 4 grandi innovazioni all’orizzonte per l’autostrada del futuro

FABIO MARCOMIN

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