Il «Campus urbano digitale»: in Bicocca l’università del futuro?
# Sorgerà una città digitale, sostenibile e sicura per gli studenti?
Credits: initalia.virgilio.it
Bicocca potrebbe rivoluzionare l’architettura degli spazi universitari e accademici, trasformandosi in un campus dove le residenze studentesche e gli spazi di lavoro condiviso si mescolano senza soluzione di continuità. Le strade, immerse nelle aree verdi, sarebbero rigorosamente pedonali.
Smart buildings (edifici intelligenti) e digitalizzazione avanzata: la trasformazione del campus passerebbe da una digitalizzazione totale che ridefinisca la concezione stessa di “edificio intelligente”. Ogni edificio sarebbe dotato di tecnologie avanzate come il 5G e l’Internet of Things (IoT), consentendo la partecipazione immediata a laboratori virtuali, spazi di ricerca e aule interattive.Gli smart buildings dovrebbero includere sistemi automatici di gestione energetica per ottimizzare i consumi, oltre a interfacce intelligenti e realtà aumentata (AR) per fornire supporto immediato sia nello studio e nella ricerca che nella gestione quotidiana della casa.
Mobilità interna sostenibile e innovativa: per garantire una mobilità efficiente, si potrebbero utilizzare veicoli elettrici dotati di intelligenza artificiale che si spostano su richiesta (tramite app). Il sistema, simile a quello già impiegato in alcuni modelli Tesla negli Stati Uniti, potrebbe essere programmato per ottimizzare i percorsi in base alle esigenze di spostamento del momento.
# Spazi ricreativi, sostenibilità e sicurezza saranno imprescindibili
Credits: Carlo Stanga – Università Biccocca, mappa del Campus
Spazi ricreativi 2.0: si potrebbero creare “piazze digitali” dotate di schermi interattivi per assistere a eventi culturali, mostre, presentazioni o trasmissioni rilevanti in tempo reale da altre parti del mondo. Come modello per questo esperimento potrebbe essere preso il New York–Dublin Portal.
Verde, sostenibilità e eiciclo: un campus così innovativo non potrebbe prescindere da edifici progettati per essere carbon-neutral, dotati di pannelli solari, sistemi per la raccolta dell’acqua piovana e tetti verdi. La gestione dei rifiuti, utili anche alla ricerca, potrebbe essere affidata a un sistema tecnologico che utilizza l’analisi dei dati per ottimizzare la raccolta e il riciclo.
Sicurezza avanzata e intelligente: una rete di telecamere intelligenti e sensori di movimento, che utilizzano l’analisi dei dati per monitorare l’ambiente in tempo reale, garantirebbe la protezione del campus da possibili pericoli e problemi. Questi sistemi, integrati con gli smart buildingsdel campus, potrebbero regolare l’accesso agli spazi riservati, offrendo una protezione avanzata per studenti e personale.
Un campus così strutturato potrebbe diventare un gioiello di Milano, forse invidiato anche all’estero. Integrando innovazione, sostenibilità e vivibilità al servizio dell’ambiente accademico, Bicocca diverrebbe la CityLife dell’istruzione.
Quali sono le stazioni ferroviarie più belle d’Europa? Sono queste 15 secondo Viviendumonde, che ha realizzato una classifica combinando le valutazioni di Lonely Planet e TripAdvisor. La Centrale di Milano si conferma tra le meraviglie architettoniche d’Italia. Scopriamo perché.
La Centrale è tra le «più belle stazioni d’Europa»: i 5 punti forza della sua estetica spettacolare
# La Stazione Centrale tra le più belle del Vecchio Continente, l’unica italiana
TheOtherKev-pixabay – St Pancreas
Secondo Viviendumonde la Stazione Centrale è una delle più belle d’Europa. Dalla combinazione delle valutazioni espresse da Lonely Planet e su TripAdvisor sono risultate queste 15 stazioni: in coda troviamo quella di Sirkeci, il principale scalo ferroviario di Istanbul, a seguire la Gare du nord di Parigi, e le stazioni di Budapest Keleti, Limoges-Bénédictins e Atoca Madrid.
viviendumonde IG – Classifica stazioni più belle
Apre la top ten la Stazione Centrale di Lucerna, poi quella di Lipsia, la stazione di Porto São Bento e quelle centrali di Lisbona e Rotterdam.In quinta posizione troviamo la Centrale di Milano, unica italiana: meglio di lei solo la Delft City Hall and Train Station e le stazioni centrali di Amsterdam, Anversa e St Pancreas a Londra, ritenuta la più bella di tutte.
Ma quali sono i motivi che rendono la nostra stazione così bella? Ecco i più importanti.
La Stazione Centrale di Milano è considerata un capolavoro architettonico per diversi motivi. Inaugurata nel 1931, fu progettata da Ulisse Stacchini e soprannominata “Cattedrale del Movimento” per la sua imponenza e monumentalità rappresentata dalla facciata di circa 200 metri in marmo bianco. Lo stile, ironicamente definito “Assiro Milanese”, unisce elementi del liberty e del decò, ma si distingue soprattutto per le sue dimensioni e la ricca decorazione che include immagini di animali e motivi simbolici.
Credits Andrea Cherchi – Fontane Stazione Centrale
Tra questi i cavalli alati, collocati sulla sommità della facciata principale, statue di Pegaso alte ben otto metri che simboleggiano potenza e velocità, teste di leone e chimere, e due fontanoni realizzati in pietra con due mascheroni dal vago aspetto assiro-babilonese.
Al piano strada si viene accolti dall’imponente Galleria delle carrozze. Un enorme galleria, illuminata da vetrate e sovrastata da volte in ferro e vetro, che crea una sensazione di vastità e grandiosità. È uno dei punti più iconici della stazione, dove i passeggeri si trovano circondati da mosaici e decorazioni sontuose, che combinano la funzionalità con il puro piacere estetico e dove un tempo transitavano le carrozze.
#3 Il “Transatlantico”, la grande galleria con vetrate e mosaici al piano binari
Credits: blog.italotreno.it
Al piano binari troviamo il “Transatlantico”, un’altra galleria illuminato da grandi vetrate, con statue e rilevi alle pareti oltre a mosaici anche sui pavimento. Durante il boom economico, era un luogo di incontro per i milanesi, e prende il nome da un modellino di nave che un tempo adornava questo spazio. Il “Transatlantico” rappresenta un luogo nostalgico, carico di storia e significati culturali.
Non si può fare a meno di citare la volta in ferro battuto sopra i binari della stazione. Composta da cinque arcate in ferro e vetro, questa struttura è un esempio di ingegneria avanzata dell’epoca, progettata per coprire l’intera area dei 24 binari della stazione. La copertura non solo protegge i viaggiatori dalle intemperie, ma lascia filtrare la luce naturale, creando un effetto di luminosità e leggerezza che contrasta con la monumentalità della stazione stessa.
#5 La “Sala del Re”, un ambiente lussuoso con lampadari di cristallo e marmi
Credits villeegiardini.it – Sala Reale Stazione Centrale
Infine eccoci a una delle curiosità meno conosciute: la “Sala Reale”, una sala d’attesa riservata alla famiglia reale Savoia, alla quale era riservato un trattamento speciale per ragioni di sicurezza. Questo ambiente lussuoso è decorato con marmi, mosaici e lampadari di cristallo, e presenta persino un passaggio segreto nascosto dietro uno specchio nei bagni, costruito per garantire una via di fuga ai reali in caso di pericolo. Si accedeva
Avanzano i lavori per realizzare un’opera incredibile tra le Alpi, con vantaggi sensibili in termini di tempi di viaggio sia per i treni passeggeri che per i treni merci. Le prime immagini dal cantiere e i numeri dell’opera.
Così si costruisce in Italia il tunnel più lungo del mondo: le prime immagini
# Le immagini all’interno dei cantieri e della Tbm
ingegneria.italia IG - Interno galleria Brennero
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ingegneria.italia IG - Interno galleria Brennero
ingegneria.italia IG - Interno TBM
ingegneria.italia IG - Rivestimento conci TBM
ingegneria.italia IG - Interno galleria del Brennero
ingegneria.italia IG - Cantieri Galleria Brennero
Ingegneria Italia e Rfi ci portano alla scoperta della galleria in costruzione, sia dal lato austriaco che da quello italiano. Nel video vengono illustrate le due principali tecniche di scavo: il drill and blast che prevede la realizzazione di fori nella roccia e l’inserimento di esplosivi per abbattere le pareti, usata per tunnel brevi, e la TBM, quest’ultima consente inoltre di realizzare la galleria con la posa dei conci in cemento armato durante l’avanzamento. I conci vengono realizzati con buona parte del materiale di scavo.
La Galleria di Base del Brennero sarà un’infrastruttura da record, vediamo alcuni numeri del dettaglio:
sarà il collegamento ferroviario sotterraneo più lungo del mondo con i suoi 64 km, di cui 55 km tra Fortezza e Innsbruck e 12,7 km di parte della “Galleria della Valle dell’Inn”, una circonvallazione ferroviaria a sud di Innsbruck;
sarà posta a una quota di 794 m s.l.m. sotto il valico del Brennero;
è previsto un tunnel composto due gallerie principali a binario singolo del diametro di 8 metri;
in totale tra tunnel esplorativi e altre gallerie secondarie sono 230 i km da scavare;
ogni 20 km ci sono stazioni per evacuare i passeggeri;
per il traffico passeggeri tempi di percorrenza ridotti di quasi il 70%, passando dagli attuali 80 minuti a 25, per quello merci da 105 a 35 minuti;
potranno transitare treni a una velocità superiore a 200 km/h, e treni merci più lunghi, più pesanti e in numero più elevato;
nove le talpe utilizzate;
i conci per i rivestimenti delle gallerie possono pesare anche 9 tonnellate.
# Inaugurazione nel 2032
ingegneria.italia IG – Galleria Brennero
Il termine dell’ultimo cantiere di scavo è programmato per il 2028. Per l’attrezzaggio e l’installazione degli impianti tecnologici è previsto la progettazione esecutiva e l’avvio dei lavori nel 2027 con conclusione nel 2032.
È forse il viale più piazza del mondo: viale delle Rimembranze di Lambrate. Una piazza perfettamente circolare che prende il nome di viale. Come mai, si chiede il viandante che capiti da quelle parti? Nel quartiere della Lambretta e di via Ventura, molti rispondono a spallucce, senza sapere la risposta. Ma noi la risposta l’abbiamo trovata.
Perché viale delle Rimembranze si chiama così anche se è… una piazza?
Le Rimembranze si riferiscono al “rimembrare”, ovvero al ricordo. Ma di cosa?
Oggi la piazza-“viale” delle Rimembranze unisce le due parti in cui era divisa fino all’inizio del XX secolo:Lambrate di sotto, che includeva via Conte Rosso (ex corso Vittorio Emanuele, quella in cui si trova La Cappelletta di età romana e sulla quale cadde una bomba durante la Seconda Guerra Mondiale che forò il tetto, non deflagrò e diede origine al “miracolo locale”) e Lambrate di sopra.
Autorevoli guide alla toponomastica meneghina ricordano: [Foto sotto]
Quindi il “Rimembranze” non fa riferimento a quando Lambrate era ancora un comune autonomo da Milano – correva l’anno 1923 – bensì all’ingente numero di abitanti di Lambrate, 114, che persero la vita al fronte nella Grande Guerra.
“La porta d’ingresso di Lambrate”
La piazza di Viale delle Rimembranze, definita da molti “la porta d’ingresso di Lambrate”, è allora da considerare come un giardino della memoria, “al quartiere che ha pagato un forte tributo di vite, rappresentate dai platani che, con tre cerchi concentrici, orlano il centro della piazza. È ampia circa 5000 metri quadrati e ha un diametro di circa 80 metri”, spiega il sito www.z3xmi.it.
Oggi questo non-luogo occupato solo dal traffico delle auto e dal transito della linea tranviaria 33 viene sporadicamente usato, ma occorre premettere che la vera e propria strage prodotta dalla Prima GuerraMondiale (in ci persero la vita oltre 600.000 soldati italiani vi persero la vita), portò alla realizzazione, in moltissime località, di un monumento a ricordo dei caduti. Spesso, secondo tradizione, al posto di una scultura, si dava vita a un viale alberato in cui a ogni pianta corrispondesse un caduto. Sempre per restare in ambito milanese, un viale simile è presente a Greco Milanese, ch’era anch’esso, all’epoca, comune autonomo.
Nel caso di Lambrate, forse per dare maggior enfasi all’immane tragedia, si optò per la realizzazione di un rondò, dove furono messi a dimora 114 platani, ognuno di essi a rappresentare un caduto del quartiere.
Passati molti anni e scomparse le generazioni che avevano vissuto quei momenti si rischiava che il “Viale” delle Rimembranze fosse vissuto come un normale rondò cittadino. Per evitare ciò, qualche anno fa, il consiglio di zona decise di ripristinare le targhette con il nome dei caduti (anche in carattere Braille) sul tronco dei platani. Come a dire che Milano non dimentica”.
Supporta la tesi twbiblio.wordpress.com:
“I caduti del Comune di Lambrate, annesso nel 1923 a Milano, morti nella Grande Guerra furono 114. Per ricordarli fu creato il Viale delle Rimembranze di Lambrate. Ma, contrariamente a quanto avvenuto in altri luoghi, dove al posto di un monumento a ricordo dei caduti è stato realizzato un viale alberato e ogni pianta venne messa a dimora in memoria di un caduto, a Lambrate il viale non fu alberato: lungo il suo asse venne sfruttato un rondò realizzato quale capolinea dei tram e su di esso furono piantati 114 platani.
Sulla facciata della ex scuola elementare Maroncelli lungo il viale, non sul rondò, vi sono due lapidi che riportano i nomi dei caduti, non tutti leggibili perché capita che le corone messe annualmente ne impediscano la vista.
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Passati gli anni i platani sono cresciuti ma alcuni sono inevitabilmente morti. E poiché quel luogo della memoria a chi lo attraversava non evocava il significato di quei platani il Consiglio di zona 3, nel 2005, decise di ripristinare, sui tronchi dei platani, le targhette con il nome dei caduti, indicandoli anche in carattere Braille. Peccato che delle 114 targhe ne siano rimaste solo 16.”
1 ottobre 2024. Salgono a mezzo milione i mezzi privati che non possono più circolare a Milano. Entrano in vigore le nuove regole per l’area B e l’area C. Diventa sempre più dura girare in auto sulle strade di Milano. Ma niente paura: basta prendere l’autobus.
Chi l’ha visto? Speciale puntata sugli autobus di Milano
Autobus? Aumentano le segnalazioni di milanesi che ritraggono ritardi record dei bus di Milano, soprattutto in periferia. Tra scioperi e tagli delle corse serve una puntata di Chi l’ha visto? da dedicare ai bus milanesi.
Ph. Silvia Manzo FB
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Luca Ciffo FB
# I commenti dei milanesi ai super-ritardi degli autobus
Ph. Enrico Fedrighini
Tra i più attivi è Enrico Fedrighini che segnala il ritardo di 23 minuti del 16 in Piazzale Segesta (periferia Ovest): «Quasi mezz’ora di attesa in una fascia oraria di punta per chi deve andare a lavoro, a scuola, ovunque» è il suo commento. «Ho la netta sensazione che questo non sia il modo migliore per incentivare l’uso del trasporto pubblico al posto dell’auto», conclude. Rilancia Roberto De Giorgis che segnala: «Con il 12 navetta siamo intorno a 40/50 minuti con un bus che contiene meno della metà del tram jumbo! Considerando che la 90/91 rallenta per la strettoia fra piazza Stuparich e Zavattari, il centro Mac Mahon è tagliato fuori dal mondo!». Disagio su quel tratto confermato anche da Federico Viola. E non va meglio per le alternative: «Anche la coda di oltre mezz’ora in Centrale per un taxi ieri sera non aiuta. Molte persone hanno chiamato amici/parenti per riuscire a tornare a casa.» lamenta Liliana Taverna.
# «Almeno un elemento positivo c’è: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”»
Ph. Enrico Fedrighini
Sempre Fedrighini aveva postato il ritardo di 30 minuti della 68, commentando con ironia: «Diciamo che c’è almeno un elemento positivo, uno solo: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”». Risponde scherzando Alessandro Cornali: «Città a 15 minuti o a multipli di 15». Meno ironica Anelisa Starck: «Eppure è un autobus importantissimo per muoversi in zona. L’altra volta 40 minuti sotto il sole!». C’è chi propone l’alternativa della bici (pur “a rischio della vita”, ricordano), anche se Carlo Aldighieri replica: «Uno di 90 anni che deve muoversi va in bici o deve aspettare l’autobus 30 minuti ad esempio? Sono tutti Bartali?». E Luca Ciffo, postando questa foto, rilancia:
Ph. Luca Ciffo FB
«Ora 19.20, dovrebbe passare ogni 9 minuti da orario. (…) Lo devono dire chiaramente che hanno tagliato le corse, così uno si regola». E sottolinea che: «Quando sono arrivato erano 21 i minuti». E chiude con questa immagine, Silvia Manzo:
Uno dei bar più famosi di Milano. Oltre a trovarsi in una location scenografica nel cuore della città, con vista Duomo e Galleria, conserva tutta l’allure dei bar di un tempo, caratterizzato da lusso discreto dal bancone agli eleganti specchi alle pareti. Qui è nato l’aperitivo.
Indirizzo: piazza del Duomo, 21
# Bar Magenta
Credits Andrea Cherchi – Bar Magenta
Uno dei locali più storici della città, aperto da oltre 100 anni. Il suo bancone retrò, i lampadari di vetro ricercati e quell’atmosfera della Milano di una volta fanno di questo bar uno dei più belli in assoluto.
Indirizzo: via Giosue Carducci, 13
# Bar Basso
Credits albertocanella IG – Bar Basso
Il Bar Basso non è solo il locale dove è stato inventato il negroni sbagliato e che affolla di gente anche le vie limitrofe nella bella stagione, ma è anche uno dei bar più eleganti della città.
Indirizzo: via Plinio, 39
# Bar Luce
Credits didieryhc IG – Bar Luce
All’interno del complesso della Fondazione Prada trova spazio il Bar Luce. Nella sua progettazione è stato coinvolto il regista americano Wes Anderson e il risultato è un ambiente che richiama l’atmosfera di uno storico caffè milanese, dalla decorazione del soffitto e delle pareti ispirati alla Galleria Vittorio Emanuele all’arredo interno dal gusto retrò.
Indirizzo: largo Isarco, 2
# Gattullo
credit: flawless.life – Bar Gattullo
Nasce negli anni ’60 il bar-pasticceria Gattullo, punto d’incontro per più di mezzo secolo per famosi e meno famosi, artisti e sportivi, oltre agli abitanti della zona e agli studenti della vicina Università Bocconi. Conserva il fascino dei classici bar milanesi, con pareti, bancone e arredamento in legno come un tempo.
Indirizzo: Piazzale di Porta Lodovica, 2
# Sant Ambroeus
Sant Ambroeus
Altro bar elegante e chic di Milano. Una vera istituzione, aperto dal 1936 e incastonato in un meraviglioso palazzo in Corso Matteotti. Il recente restyling ha preservato e amplificato la location originaria conferendogli un tocco internazionale, con divanetti in velluto, sedie che sono in perfetta sintonia con il pavimento e il legno presente sia nelle pareti, dove si aggiungono inserti decorativi, che nei quadri e negli specchi.
Indirizzo: Corso Matteotti, 7
# Cova
Credits roberta_dna IG – Cova Montenapoleone
Non poteva mancare il bar-pasticceria Cova, meta imprescindibile per chi vuole fare colazione nel Quadrilatero. Una delle storiche eccellenze milanesi, che dopo il passaggio al gruppo del lusso francese LVMH ha esportato il suo brand nel mondo, con i suoi grandi lampadari di cristallo, il parquet a spina di pesce e le sedute trapuntate in velluto viola.
Indirizzo: via Monte Napoleone, 8
# Marchesi
Pasticceria Marchesi
Il bar pasticceria Marchesi in Galleria Vittorio Emanuele ha mantenuto il fascino in stile art déco dello storico locale in Corso Magenta, in chiave leggermente moderna. Spiccano la carta da parati e le sedute tutte in colore verde pistacchio.
Indirizzo: Galleria Vittorio Emanuele II
# Quadronno
Credits leodainelli IG – Bar Quadronno
Il Bar Quadronno è stato la prima paninoteca a tenere aperto fino a tarda notte in città e dove fu inventato qui il panino imbottito agli inizi degli anni ’60. Allo stesso tempo è uno dei bar più caratteristici e raffinati di Milano per il suo stile e il suo arredamento.
Da non confondere con il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele, il bar pasticceria Biffi in Corso Magenta nasce nel 1847. Una location sofisticata, con lampadari di cristallo, sedie di velluto blu, bancone in legno di un marrone intenso, quasi ebano, e la teca con profili dorati.
Il milanese presenta delle caratteristiche curiose. Ci sono più vocali in milanese che in italiano. Mentre quasi tutte le parole italiane di più di una sillaba terminano in vocale, le terminazioni in consonante sono estremamente comuni in milanese: molte parole che in italiano sono piane, in milanese diventano tronche.
Abbiamo ordinato in una classifica le 10 parole del dialetto milanese che vengono più utilizzate nel linguaggio corrente, insieme ai loro significati che possono rivelare sorprese.
La classifica delle 10 parole del dialetto milanese più usate (con i significati)
#10 Tel chì (tel lì)
Eccolo qui, eccolo lì. Modo di dire reso celebre da “Tel chi el telùn”, lo spettacolo teatrale di Aldo, Giovanni e Giacomo.
#9 Disciules!
Si scrive “dis’cioles” e si legge “dis’ciùles!”, viene dal verbo “dis’ciolass” (pron. dis’ciulàss) che vuol dire “sbrigarsi, svegliarsi”. Dis’ciolaa (-ada) = sveglio, smaliziato. Fuori Milano diventa Desciules.
#8 Vada via i ciap!
Vai a dare via le chiappe. Viene usato per mandare a quel paese.
#7 Tusa
Ragazza. Bela tusa.
#6 Sciura
Signora.
#5 Ciapa!
Ciapà significa prendere e viene dal celtico hapà. Ciapa su (Tié), Va a ciapa’ i ratt (vai a quel paese).
#4 Ciula
Persona dotata di intelligenza prossima allo zero. Viene dal verbo “ciulare” che significa “fare sesso”, “truffare” o “rubare”. Es. Mi hanno ciulato il motorino.
#3 Bauscia
il dogui, il principe, (anche se non era di Milano)
Baüscia significa sbruffone, viene dal tedesco bauschen (pronuncia bauscien) che vuole dire gonfiarsi.
#2 Sghei
Nonostante quello che si pensa è milanese. Viene da scheid, abbreviazione del tedesco Scheidemünze, “moneta divisionale”. Questa veniva pronunciata popolarmente come schei, leggendo come in italiano la parola.
#1 Pirla
Pirla, stupido. In origine significava trottola, da cui anche il verbo pirlare, cioè gironzolare senza scopo, e poi è passato a indicare l’organo sessuale maschile.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Muoversi a Milano diventa ancora più complicato. Dal primo ottobre scattano nuovi divieti alla circolazione. Queste le nuove regole per residenti e non.
Divieti e Bonus per Area B e Area C: le novità dal primo ottobre 2024 a prova di stupidi
# Nuova girandola di divieti alla circolazione: sale a mezzo milione il numero di veicoli esclusi da Milano
Credits Claudio Agostoni Fb- Area B
Milano sempre più off limits per chi non ha un mezzo di ultima generazione. Dal primo ottobre 2024 scattano nuovi divieti alla circolazione. Facendo un calcolo di tutti le categorie di veicoli già interdette e quelle previste con le nuove regole è di circa 500mila il numero di mezzi privati che non possono più accedere e muoversi a Milano. Ecco quali sono nel dettaglio.
# In Area C stop agli Euro 3 benzina
Area C
Partiamo da Area C, la congestion charge, ricompresa nel perimetro del Municipio 1, attiva dal lunedì al venerdì dalle dalle 7.30 alle 19.30. Dal primo ottobre si aggiungono le Euro 3 a benzina tra le categorie di veicoli ritenuta fuori norma, per i residenti, taxi e ncc fino a nove posti concessa deroga fino al 2025, e gli autobus adibiti al trasporto pubblico di linea con le seguenti alimentazioni:
Euro II benzina
Euro III, IV diesel con FAP di serie e con campo V.5 carta circolazione <= 0,01 g/kWh
Euro 0, I, II, III, IV diesel con FAP after-market installato entro il 31.12.2018 e con classe massa particolato pari almeno a Euro IV
Euro V diesel senza FAP
Euro V diesel con FAP di serie e con campo V.5 carta circolazione > 0,01 g/kWh oppure senza valore nel campo V.5 carta circolazione;
Euro V diesel con FAP after-market e con classe massa particolato inferiore a Euro VI
# In Area B stop a diverse categorie di veicoli destinati al trasporto cose e autobus
Credits: milanopost.info Area B
A questo giro i nuovi divieti di Area B, che comprende la quasi totalità del territorio comunale con gli stessi orari di funzionamento di Area C, non colpiscono auto ma veicoli destinati al trasporto cose e autobus con le seguenti alimentazioni.
Per i primi non possono più circolare e accedere:
Benzina Euro 2
Diesel Euro 3-4 leggeri (N1) con FAP di serie e campo V.5 <= 0,0045 g/km
Diesel Euro III-IV pesanti (N2-N3) con FAP di serie e campo V.5 <= 0,01 g/kWh
Diesel Euro 0-1-2-3-4 leggeri (N1) e Euro 0-I-II-III-IV pesanti (N2-N3) con FAP after-market installato entro 30.04.2019 e classe massa particolato pari almeno a Euro 4-IV
Diesel Euro 5 leggeri (N1)
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) senza FAP
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) con FAP di serie e campo V.5 > 0,01 g/kWh o senza valore
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) con FAP after-market e classe massa particolato < Euro VI
Per gli autobus per trasporto persone:
Benzina Euro II – Diesel Euro III-IV con FAP di serie e campo V.5 <= 0,01 g/kWh
Diesel Euro 0-I-II-III-IV con FAP after-market installato entro 31.12.2018 e classe massa particolato pari almeno a Euro IV
Diesel Euro V senza FAP3
Diesel Euro V con FAP di serie e campo V.5 > 0,01 g/kWh o senza valore
Diesel Euro V con FAP after-market e classe massa particolato < Euro VI
Inoltre possibile fine delle deroghe per categorie specifiche come lavoratori turnisti, autoscuole, agenti di commercio, volontari sociosanitari, medici e pediatri.
# Rimangono invariati i bonus di accesso per residenti e non residenti
Per gli accessi in deroga in Area C rimangono invariati i bonus concessi ai residenti con mezzi inquinanti per muoversi: 50 transiti gratuiti annuali e dal 51° transito si paga un ticket di giornaliero di 3 euro.
A questa pagina le informazioni dettagliate e il link per la richiesta dell’agevolazione online.
Per Area B restano disponibili per i residenti 25 giornate di accesso per i proprietari/utilizzatori di veicoli trasporto persone. Sono invece 5 le giornate bonus per non residenti proprietari/utilizzatori di veicoli trasporto persone.
Gli stessi bonus valgono rispettivamenteper imprese con sede a Milano e con veicolo per trasporto cose intestato/nella disponibilità dell’azienda e per quelle con sede fuori città.
Per usufruire delle giornate in deroga occorre la registrazione prima del primo accesso utilizzando il sito di Area B e associando la targa del veicolo al permesso. Maggiori istruzioni a questo link.
# Sensori per l’angolo cieco obbligatori per altre due categorie di veicoli
vadoetornoweb – Sensore Angolo cieco
Il primo ottobre entra in vigore anche l’obbligo del sensore per l’angolo cieco, dispositivo che segnala al conducente del mezzo la presenza di pedoni e ciclisti non visibili dagli specchietti, per altre categorie in aggiunta a quelli in essere di camion e autobus N3 e M3:
veicoli con più di otto posti a sedere (M2), si tratta dei furgoni destinati al trasporto di persone con massa massima non superiore a 5 tonnellate;
autocarri di peso tra le tre tonnellate e mezzo e le 12 tonnellate (N2), adibiti al trasporto merci.
# Multe automatiche da 95 euro anche per chi è sprovvisto di sensore
Altra novità riguarda le sanzioni automatiche, elevate grazie alle telecamere di Area B, per chi non ha installato il sensore per l’angolo cieco. L’unico modo di evitarle è comunicare l’adeguamento del mezzo al nuovo obbligo utilizzando il servizio online di Atm sul sito di Area B. L’importo è di 95 euro, lo steso previsto anche per i trasgressori di Area C ed Area B, inviata entro 90 giorni dall’infrazione.
# In attesa della ztl del “super” Quadrilatero della Moda e dell’Area C attiva nei weekend
Ztl Milano centro
Ci sono però ancora almeno un paio di grandi cambiamenti attesi nei prossimi mesi. Il primo riguarda l’attivazione della ztl su un’area che comprende il Quadrilatero della Moda e altre vie limitrofe tra Corso Matteotti e Corso Vittorio Emanuele. In totale sono previsti 9 varchi elettronici, 5 per l’ingresso e 4 per l’uscita, dovrebbero essere installati entro la fine di ottobre. Per l’attivazione della ZTL bisogna attendere il via libera ministeriale, che potrebbe avvenire entro la conclusione del 2024.
Entro l’inizio del 2025 è confermata l’attivazione diArea C anche nel fine settimana, esclusi i residenti che il sabato e la domenica continueranno ad accedere.
Milano sparita e da ricordare - Foto Mauro Pozzoli - Fontana temporanea in piazza Duomo
Nel corso della sua storia sono stati fatti alcuni tentativi. Ma sempre provvisori. E pensare che in occasione della riqualificazione della piazza per la costruzione della linea M3 fu presentato un progetto per una fontana monumentale. Perchè non riprovarci con qualcosa di ancor più scenografico?
# Le fontane gemelle illuminate di notte degli anni ’30
Facebook Milano Sparita e da ricordare, autore sconosciuto - Fontane piazza Duomo
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Facebook Milano Sparita e da ricordare, autore sconosciuto - Fontana piazza Duomo 1934
Facebook Milano Sparita e da ricordare, autore sconosciuto - Fontane di notte
In più di un’occasione sul sagrato sono state installate delle fontane nel corso del ‘900. La prima è stata nel 1934 quando due fontane gemelle, illuminate di notte, sono state inaugurate per la visita Capo del Governo e dello Stato Italiano, accompagnate dai simboli del partito politico, Una (la “torta nuziale”) fu poi trasferita davanti al Castello Sforzesco nel 1936, l’altra di fronte all’ingresso della Triennale, in occasione della manifestazione “VII Triennale” nel 1940.
# L’installazione temporanea degli anni ’90 con gli zampilli che ricreavano la forma del Duomo
Milano sparita e da ricordare – Foto Mauro Pozzoli – Fontana temporanea in piazza Duomo
La terza fontana provvisoria in Piazza del Duomo fu realizzata durante il periodo dalla giunta Comunale guidata dal sindaco Marco Formentini nel 1994. Fu installata vicino a Palazzo Carminati, davanti all’aiuola. I getti d’acqua della fontana riprendevano la forma delle guglie del Duomo insieme al ritmo di musica, con diverse coreografie che si alternavano fino a ricreare il profilo completo della cattedrale.
# Il progetto degli anni ’80 mai realizzato per una fontana monumentale
gianlucabresciablog.wordpress.co – Plastico piazza Duomo con Fontana di Gardella, prima versione
Nel 1989 l’architetto Ignazio Gardella aveva presentato un progetto per realizzare una fontana monumentale, nell’ambito della riqualificazione della piazza previsto dopo la realizzazione della linea M3. Si prevedeva la costruzione di un monumento con cascate, inizialmente di una lunghezza di 89 metri, una larghezza di 9 metri e un’altezza del basamento di 6,4 metri rivestito da lastre rettangolari di mamo di Candoglia. L’obiettivo era di riportare lo spazio alle proporzioni previste dal progetto del Mengoni e celare palazzo Carminati, da sempre considerato inadatto alla grandiosità della piazza.
gianlucabresciablog.wordpress.com – Progetto Gardella fontana aggiornato
Nel progetto rivisto nel 1990 le sei arcate erano state trasformate e ridimensionate, diventando simili ai portici dell’Arcivescovado, mentre le campate dedicate alle fontane venivano diminuite ad una sola. Previste inoltre che le semi-arcate fossero a 20 metri di altezza, con una discesa della cascata d’acqua pari a 8 metri, con la possibilità di accedere all’interno del monumento grazie a due scale. La terza variante fu un ritorno al progetto originario con modifiche minori, ma naturalmente mai realizzato.
# Una fontana scenografica per il futuro della piazza al posto delle aiuole?
Oasi nel mondo Zegna
Negli ultimi anni nell’aiuole del sagrato abbiamo visto banani e palme, ora è il turno di boschetti di canfore a cespuglio alternati a rododendri dall’autunno alla tarda primavera e Philadelphus nel resto dell’anno con il progetto “Oasi Zegna nel mondo”. Per i prossimi tre anni questo sarà l’allestimento della parte della piazza di fronte a Palazzo Carminati. Terminato questo periodo si potrebbe immaginare di costruire finalmente una fontana scenografica per rendere caratterizzare ancora di più piazza del Duomo e arricchire la città di un nuovo simbolo.
Ideogram AI - Fontana
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Ideogram AI - Fontana classica altra versione
Ideogram AI - Fontana classica
Ideogram AI - Fontana scultura
Ideogram AI - Fontana moderna
Ideogram AI - Fontana moderna che richiami la forma del Duomo
Si potrebbe rimanere sul classico con facendo il verso alle fontane romane, dove a spiccare sarebbe la composizione artistica al centro, oppure una fontana con una scultura d’arte moderna circondata da zampilli lungo tutto il perimetro esterno. In alternativa si potrebbe guardare a una fontana con una scultura che richiama il Duomo nelle sue tipiche sporgenze dove sono posizionati i gargoyles, infine un inno alla modernità: colonne verticali, al centro della vasca, disegnate per ricostruire il profilo della cattedrale.
Il futuro di piazza Duomo sarà quindi una fontana?
Nell’immaginario comune, Milano è simbolo di crescita, innovazione e opportunità: la città della Madonnina incarna per davvero queste caratteristiche. Purtroppo, però, c’è anche una faccia oscura della medaglia.
La Milano di oggi: da città delle opportunità a modello d’esclusione sociale?
# Le due facce della medaglia di Milano: innovazione e esclusione
Credits: Asap Italia
Le contraddizioni che animano la Milano di oggi sono sotto gli occhi di tutti i cittadini. Da un lato, Milano continua ad attrarre talenti, imprenditori e studenti. Dall’altro, la città alimenta dinamiche di esclusione che colpiscono fasce sempre più ampiedella popolazione.
Le politiche urbanistiche, economiche e sociali degli ultimi anni, pur apprezzate da una parte dei milanesi, hanno contribuito ad ampliare una spaccatura tra chi può accedere alle opportunità offerte dalla metropoli e chi, invece, ne viene gradualmente escluso.
# Accesso ai servizi pubblici: un divario sempre più marcato tra centro e periferie
Credits ilgiorno.it – Coda fuori dalla fermata Pasteur
L’accesso ai servizi pubblici è uno dei primi indicatori di inclusività o marginalizzazione. Milano, pur essendo una delle città meglio servite d’Italia, presenta forti disuguaglianze tra il centro e le periferie. La distribuzione ineguale dei servizi essenziali, come trasporti, sanità e istruzione, penalizza i quartieri periferici, dove la rete di trasporti pubblici è meno capillare, le scuole sono spesso meno qualificate e l’accesso a cure mediche di qualità può essere limitato.
Questa disparità nell’accesso ai servizi rende piùdifficile per le persone con redditi più bassimigliorare la propria situazione economica e sociale. Le politiche pubbliche potrebbero, quindi, concentrarsi su un riequilibrio dell’offerta di servizi, potenziando l’accessibilità delle aree periferiche e promuovendo la coesione sociale, evitando che Milano diventi una città per pochi privilegiati.
# Area B e Area C: la divisione dei milanesi in serie A (centro), serie B (periferie) e serie C (hinterland)
Credits cheautocompro.it IG – Area C
Le politiche urbane di Milano, come Area C e Area B, hanno come effetto quello di migliorare la qualità della vita di chi ha abita nelle vicinanze del centro. Ma finiscono necessariamente per colpire in modo sproporzionato chi abita nelle periferie o, ancor peggio, nell’hinterland. Soprattutto le fasce più deboli.
Questi cittadini si trovano costretti a pagare per accedere al centro o a cambiare veicoli per conformarsi alle norme ambientali, aggravando ulteriormente il divario tra chi può permettersi di abitare nelle zone centrali e chi, invece, è confinato nelle periferie.
Le cose si fanno ancora più dure per quelli che, oltre a stare in zone lontane da Area C, non possono permettersi l’acquisto di auto di ultima generazione. Ad esempio, un pensionato che abiti al di fuori dei confini di Milano, è costretto a muoversi dentro la città in bicicletta o con i mezzi pubblici, a volte deficitari nell’hinterland, mentre un ricco residente del centro con il suo SUV può girare liberamente dentro e fuori la città. Una città che premia con più diritti e libertà le persone più ricche, mentre limita il diritto di circolare ai meno abbienti, non può ergersi a modello di inclusività.
# Invecchiamento della popolazione: inclusione a rischio
Credits: Sabine van Erp – Pixabay
Milano sta affrontando una crescita costante della popolazione anziana, l’osservatorio yournextmilano afferma: “nel 2031 ci saranno +55mila residenti, ma 1 su 4 sarà over65“.
Questo richiede un aumento di servizi sanitari e di assistenza e rischia di spingere molti anziani verso l’isolamento sociale, specialmente nelle periferie. Le politiche urbane, molto concentrate su giovani e sui lavoratori attivi, spesso trascurano le esigenze degli anziani, che si ritrovano ai margini di una città che si evolve velocemente. La mancanza di reti di supporto comunitario, in molte aree urbane, rende questo problema ancora più acuto.
Un ulteriore ostacolo per gli anziani è rappresentato dalla crescente digitalizzazione dei servizi pubblici. Senza adeguate competenze digitali, molti rischiano di non poter accedere a servizi essenziali come la sanità e i trasporti, aumentando il loro isolamento. Milano potrebbe affrontare questo tema investendo in soluzioni che promuovano l’inclusione digitale degli anziani, attraverso progetti di alfabetizzazione tecnologica, che permettano loro di usufruire dei servizi moderni senza essere esclusi dalla trasformazione digitale.
La digitalizzazione, se da un lato rende più efficienti i servizi, dall’altro rischia di escludere anche le famiglie a basso reddito che non possono permettersi dispositivi adeguati. Questa nuova forma di disuguaglianza tecnologica crea un divario tra chi ha accesso alle opportunità offerte dal digitale e chi, invece, ne rimane escluso. Politiche pubbliche mirate a garantire l’accesso diffuso alla tecnologia e programmi di alfabetizzazione digitale potrebbero essere fondamentali per evitare che Milano diventi una città in cui l’innovazione divide piuttosto che unire.
# Il fenomeno dei senza tetto: un’emergenza visibile
Credits: Santuario Santa Rita da Cascia Milano
Uno dei fenomeni più evidenti della marginalizzazione è rappresentato dalle persone senza dimora, un problema che ha raggiunto proporzioni allarmanti. A Milano, secondo l’ultimo censimento ISTAT, si contano oltre 8.500 persone senza dimora.
La composizione di questa popolazione è particolarmente drammatica: molti sono stranieri, disoccupati o vittime di sfratti. La città, nonostante i suoi progetti per affrontare questa emergenza, non è riuscita a risolvere il problema alla radice.
Milano ha bisogno di politiche strutturali che affrontino l’emergenza abitativa, passando dal sostegno psicologico all’inclusione sociale, fino alla lotta contro la precarietà lavorativa. Progetti come Milano senza Dimora, che cercano di sensibilizzare la popolazione attraverso l’arte, possono forse rappresentare un punto di partenza, ma non possono essere l’unica risposta a una crisi così profonda.
# La turistificazione e la gentrificazione: chi può ancora permettersi Milano?
Credits Maxim Klimashin-unsplah – Turisti Milano
L’espansione del turismo e il processo di gentrificazione stanno rendendo Milano una città sempre più inaccessibile per i residenti locali. L’aumento degli affitti, soprattutto nelle zone più centrali e turistiche, ha spinto molte persone a spostarsi fuori città, aggravando ulteriormente la crisi abitativa.
I quartieri storici sono sempre più dominati da case vacanze e alloggi a breve termine, rendendo difficile per i milanesi trovare un alloggio a prezzi accessibili. Questo fenomeno colpisce in modo particolare i giovani, gli studenti e i lavoratori precari, per i quali vivere a Milano sta diventando un lusso.
# Marginalizzazione economica e lavorativa: la precarietà come norma
Credits: Janno Nivergall – Pixabay
Milano si presenta come il cuore pulsante dell’economia italiana, ma la realtà per molti lavoratori è fatta di precarietà e instabilità. Contratti a tempo determinato, part-time o stage mal retribuiti sono diventati la norma, e chi riesce a ottenere un impiego stabile spesso si trova a fare i conti con salari che non tengono il passo con il costo della vita.
Secondo un’analisi del Codacons del 2024, la città si colloca al secondo posto in Italia per il costo della vita, con affitti che superano i 900 euro al mese e spese alimentari in costante aumento.
Nonostante salari mediamente più alti della media nazionale, il divario tra redditi e spese è tale da rendere Milano una città ostile, soprattutto per i giovani: la soglia di povertà per loro si attesta a 1.175 euro mensili, mentre il reddito necessario per un tenore di vita decoroso sfiora i 2.000 euro.
Per evitare che la città delle opportunità si trasformi in una città delle marginalizzazioni potrebbe essere necessario ripensare le politiche urbane ed economiche, con un’attenzione particolare all’inclusione degli abitanti delle periferie e degli anziani, al fine di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche. Solo così Milano potrà continuare a essere un luogo in cui tutti, indipendentemente dall’estrazione e dell’età possono prosperare.
I nuovi quartieri di Milano, come Porta Nuova o CityLife, si caratterizzano per un’identità molto forte. Se questo modello fosse replicato a San Siro, quale potrebbe essere la sua nuova veste?
Il «parco sportivo del futuro»: a San Siro palestre sotterranee e sport all’aperto?
Credits: Google Maps
L’identità di San Siro non può che essere lo sport. Ma come estendere il concetto non solo agli spettatori ma anche a chi lo pratica? Queste le possibili linee di azione.
# Il Parco degli Sportivi
Credits: architetturaecosostenibile.it
Come primo passo, si potrebbe sviluppare attorno allo Stadio una vasta area verde, valorizzando l’architettura esistente. Questo spazio ospiterebbe campi da gioco multifunzionali, piscine all’aperto, spazi per il fitness e angoli riservati alla meditazione e alle pratiche fisico-spirituali.
# Piste per jogging e atletica
Il secondo passo della trasformazione prevedrebbe la pedonalizzazione completa dell’area circostante. Le strade sarebbero dedicate a chi desidera cimentarsi nell’atletica, nel jogging o nell’uso delle piste ciclabili. Questo favorirebbe un ambiente attivo e salutare, promuovendo uno stile di vita dinamico.
# Palestre e aree fitness sotterranee
Credits: immobiliaremondani.it
Per preservare l’area verde, palestre e spazi tecnici potrebbero essere costruiti sotto la superficie. Ogni palestra sarebbe dotata di un “centro fitness” per monitorare e migliorare le prestazioni atletiche di amatori e professionisti. I parcheggi, anch’essi sotterranei, sarebbero collocati ai limiti dell’area verde.
# Il Centro di Ricerca Sportiva Comunale
Il cuore del progetto potrebbe essere il Centro di Ricerca, un polo innovativo frutto di collaborazioni tra università, team calcistici e attività commerciali del parco. Questo centro svolgerebbe attività di ricerca avanzata sulle performance atletiche e il benessere fisico, contribuendo allo sviluppo di nuovi approcci all’allenamento sportivo.
# Luoghi per lo sport estremo
Se, oltre al quartiere, si volessero rivoluzionare anche le pratiche sportive, tra il parco e gli spazi sotterranei, si potrebbero dedicare alcune aree agli sport estremi e d’avventura, attirando così appassionati e atleti da tutto il mondo.I muri dello Stadio stesso potrebbero essere ripensati per l’arrampicata (con percorsi acrobatici sospesi), mentre le torri e le rampe potrebbero essere adibite al parkour, ospitare arrampicata, zip line e bungee jumping.
Sotto la superficie, invece, potrebbero trovare posto piste di allenamento di mountain biking, skate park, per freeride e downhill, con circuiti e salti anche adatti a competizioni internazionali.
La trasformazione del quartiere San Siro in un Parco Sportivo non solo rivoluzionerebbe il concetto di spazio sportivo a Milano, ma posizionerebbe la città come leader mondiale nell’innovazione urbana. Questo progetto potrebbe ispirare altre capitali europee, ridefinendo il modo in cui vengono concepiti e utilizzati gli spazi sportivi.
Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha registrato una crescita economica molto modesta, marcando (in negativo) un distacco sempre più ampio rispetto agli altri Paesi europei. Perché è successo e come si inverte la rotta?
Italia al palo da 20 anni: perché? Le 5 aree di intervento per far ripartire il Paese
# l’Economia italiana cresce poco o niente rispetto a quelle europee: i dati
A una valutazione superficiale, potrebbe sembrare che, negli ultimi tempi, la crescita italiana abbia superato quella di nazioni come Francia e Germania, ma, per avere un quadro completo, è importante osservare un arco temporale sufficientemente esteso.
Per esempio, considerando il lasso temporale 2000 – 2024, si nota che l’economia italiana è cresciuta complessivamente di meno del 10%, mentre le economie di Francia e Germania hanno registrato un incremento del 25%, con quella spagnola che ha addirittura toccato il 40%.
Perché l’Italia è rimasta ferma mentre le altre economie europee, tutto sommato, sono cresciute? Le cause di questa stagnazione sono complesse e affondano le radici nella struttura stessa del sistema economico italiano. Individuare correttamente le cause è il primo passo per comprendere quali strategie siano necessarie per rilanciare la crescita economica del Paese.
#1 La stagnazione della produttività
Credits: Janno Nivergall – Pixabay
Uno dei problemi più gravi e persistenti dell’economia italiana è la stagnazione della produttività. Nel Rapporto Inapp 2023 si legge: “A partire dalla seconda metà degli anni Novanta la crescita della produttività è stata di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi del G7, segnando un divario massimo nel 2021 pari a 25,5%“. Dagli anni ’90 in poi, la produttività del lavoro in Italia è rimasta praticamente invariata, mentre negli altri Paesi europei è cresciuta costantemente.
Questa stagnazione potrebbe essere legata alla mancanza di investimenti in tecnologie, digitalizzazione e innovazione, e a processi di produzione datati o addirittura obsoleti. Le imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), spesso rinomate come patrimonio dell’economia italiana, che costituiscono oltre il 75% (circa 760mila aziende) del tessuto industriale italiano, non riescono a tenere il passo con le sfide globali.
La mancata trasformazione digitale del tessuto imprenditoriale italiano potrebbe aver impedito alle imprese di modernizzare i propri modelli di business e di integrare tecnologie avanzate come automazione o intelligenza artificiale.
Come aumentare la produttività? Due strategie “semplici” ma chiave per migliorare la produttività potrebbero essere:
Incentivi per la digitalizzazione: offrire agevolazioni fiscali e, magari, garantendo un accesso facilitato ai fondi europei per le imprese che scelgono di investire in tecnologie avanzate.
Collaborazioni tra PMI e università: creare reti di collaborazione tra le piccole imprese e i poli universitari (o centri di ricerca), per sviluppare nuove tecnologie e spingere le PMI verso forme di consorzio e collaborazione.
#2 Le imprese troppo piccole rischiano di essere troppo poco competitive
Credits: scuola.psbconsulting.it
Il tessuto economico italiano è caratterizzato da una grande frammentazione. Le PMI, che costituiscono l’ossatura dell’economia, hanno spesso difficoltà a espandersi e a competere a livello internazionale. Le piccole dimensioni limitano la capacità di praticare economie di scala, di accedere a nuovi mercati e di investire in ricerca e sviluppo.
Sotto questi aspetti, le PMI italiane risultano meno competitive rispetto ai grandi conglomerati presenti in Paesi come Germania e Francia. L’aggregazione di risorse e competenze permetterebbe alle imprese di affrontare meglio le sfide del mercato globale e di avere accesso a capitali maggiori.
Strategie per rendere le imprese più competitive:
Sostegno all’internazionalizzazione: le Istituzioni potrebbero favorire l’accesso ai mercati globali per le imprese italiane, attraverso accordi commerciali e iniziative concrete per promuovere il Made in Italy.
Facilitare l’accesso ai capitali: creare strumenti finanziari dedicati alle PMI e piattaforme digitali per facilitare l’accesso al credito e agli investitori internazionali.
#3 Il declino demografico e la fuga di cervelli
Credits: Think-tank Tortuga
Altro fattore che contribuisce alla stagnazione economica italiana è il declino demografico. L’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa: secondo Istat, nel 2023 sono nati appena 379.000 bambini (11° record consecutivo di minimo di nascite), e al 1° gennaio 2024, la popolazione residente in Italia è scesa a 58.990.000 unità, in calo di 7.000 unità rispetto all’anno precedente.
Questo comporta una riduzione della forza lavoro e un aumento dei costi legati al sistema pensionistico e sanitario. Il calo demografico limita la possibilità di una crescita sostenibile.
A ciò si aggiunge la “fuga di cervelli”, con 36.000 giovani italiani che nel 2022 hanno lasciato il Paese (dati Censis). La perdita di capitale umano qualificato impoverisce ulteriormente il tessuto produttivo italiano.
Come invertire il trend demografico e frenare la fuga di cervelli?
Politiche per la natalità: introdurre incentivi economici e agevolazioni fiscali per le famiglie.
Incentivi per il rientro dei talenti: creare condizioni favorevoli per il ritorno, come sgravi fiscali e sostegni per l’avvio di nuove imprese.
#4 Cultura imprenditoriale e innovazione
In Italia, l’imprenditoria e l’innovazione sono frenate da un sistema burocratico complesso e una cultura che scoraggia il rischio. Nel 2023, un’indagine sull’avversione al rischio riportava un indice medio di 60,2 su 100. Avviare un’impresa richiede tempi lunghi e costi elevati, scoraggiando potenziali imprenditori.
Promuovere una cultura imprenditoriale dinamica e moderna, incentivando l’innovazione e il rischio, a partire dalle scuole, potrebbe portare a un aumento delle nuove imprese.
Incentivi per l’innovazione:
Riduzione della burocrazia: semplificare i processi per l’apertura e la gestione delle imprese.
Creazione di ecosistemi di startup: sostenere poli tecnologici e parchi scientifici, replicando il modello di Milano nelle altre città italiane.
#5 Il sistema educativo e le riforme necessarie
Credits: Apiceuropa
Uno dei punti più cruciali per rilanciare la crescita economica italiana è la riforma del sistema educativo. L’Italia soffre di un forte disallineamento tra istruzione e mercato del lavoro. Nel 2022, solo il 23,8% dei giovani italiani tra 24 e 35 anni possedeva una laurea in discipline STEM.
Strategie per una riforma educativa:
Corsi di formazione continua: promuovere programmi di aggiornamento professionale con un focus su competenze richieste dal mercato.
Alternanza scuola-lavoro: rafforzare i programmi di tirocinio e creare vere partnership tra scuole e imprese.
L’Italia ha enormi potenzialità, ma per tornare a crescere è necessario un piano incisivo. Con riforme strutturali, investimenti mirati e una nuova cultura imprenditoriale, l’Italia potrebbe ritrovare la sua competitività.
Questo l’indirizzo voluto dal governo francese. Il primo banco di prova c’è stato con gli edifici realizzati per le Olimpiadi del 2024. Ecco cosa prevede la norma e quando si applica. E se Milano copiasse Parigi anche in questo?
Parigi: le nuove costruzioni pubbliche saranno al 50% in legno (o in materiale biologico)
# Cosa dice la norma voluta dal governo francese
archi_urbainpage IG – Palazzo dell’Eliseo
Il governo francese ha introdotto un regolamento che impone a tutti gli edifici pubblici finanziati dallo stato di essere costruiti con almeno il 50% di legno o altri materiali naturali. Oltre al legno si possono utilizzare materiali di origine biologica realizzati con materia derivata da organismi viventi, come canapa e paglia, data l’impronta di carbonio incorporata significativamente inferiore rispetto ad altri materiali come cemento e acciaio.
# Tra i primi edifici quelli delle Olimpiadi
generazione Lombardia – Paris 2024 Opening Ceremony Athletes Parade
La proposta è in linea con il piano Città sostenibile della Francia lanciato nel 2009 e anche con l’impegno del presidente Emmanuel Macron affinché il paese sia carbon neutral entro il 2050. Il primo banco di prova sono state le Olimpiadi 2024 di Parigi, con gli edifici destinati all’evento: il Villaggio Olimpico tanto contestato, il Media Village e l’Aquatics Center. In linea con questa visione sono stati annunciati 20 milioni di euro di investimenti per la costruzione di 100 fattorie urbane nelle periferie della città, con la più grande d’Europa realizzata sui tetti del padiglione 6 dell’area fieristica Paris Expo Porte de Versailles.
# L’Olympic Aquatics Center realizzato con materiali edili di origine biologica
olympics.com – Aquatics Centre Parigi
Tra gli edifici che seguono le direttive volute dal governo francese c’è l’Olympic Aquatics Center, utilizzato durante le Olimpiadi del 2024 da nuotatori, giocatori di pallanuoto e tuffatori nel 2025, e nel 2025 destinato a scolari e adulti per praticare il nuoto. Il centro si sviluppa su 5.000 mq ed è stato realizzato con materiali edili di origine biologica con una struttura in legno e il tetto coperto con pannelli fotovoltaici. Gli arredi interni invece sono costruiti con materiali riciclati. E se Milano copiasse Parigi anche in questo?
La tendenza più preoccupante degli ultimi anni in Italia è evidente: vietare, limitare, restringere la libertà d’azione dell’individuo. Diverse città nel mondo hanno dei luoghi in cui le regole si attenuano e si favorisce la sperimentazione libertaria. Tra i tanti esempi vengono in mente Amsterdam con il quartiere a luci rosse, Zurigo, Uzupis a Vilnius, c’è perfino Liberland, la Libera Repubblica di Liberandia, la terra della libertà tra Serbia e Croazia.
Tra tutti però il luogo simbolo del quartiere superfree in una città è Cristiania, nel cuore di Copenaghen, ritrovo di giovani affamati di libertà. Un luogo che non è solo sede di autogestione e di sperimentazione ma è diventato un potente strumento di marketing territoriale, una delle principali attrazioni della capitale danese.
Anche Milano ha avuto un luogo dove vigevano regole diverse dal resto del territorio (e dal resto del Paese): Expo.
In un’epoca in cui la libertà sembra sotto attacco, perché non realizzare anche a Milano un quartiere simbolo del motore della civiltà occidentale? Se volessimo creare un quartiere della libertà, dove lo faremmo? E, soprattutto, cosa ci faremmo?
La Cristiania di Milano: il quartiere della libertà
uzupis
# Il quartiere extra liberal di Milano: dove farlo?
Assegnato ormai ad altri destini il sito di Expo, bisogna innanzitutto trovare un luogo coerente. Si potrebbe scegliere un posto nell’hinterland, da rilanciare, a Cusago, Muggiano o nel Parco Agricolo, a contatto con la natura. Un’alternativa è scegliere un quartiere periferico da risollevare in città, come Rogoredo, il Gratosoglio o Cagnola.
Una volta scelto lo spazio, cosa ci si potrebbe fare è potenzialmente illimitato. Unico orizzonte: superare ogni altro quartiere liberal per fare parlare tutto il mondo. Attirando turisti e, magari, riportando a casa anche qualcuno dei nostri giovani più affamati di libertà.
# La forma è sostanza
Il punto di partenza è progettare uno stile inconfondibile. Innanzitutto nell’ingresso. Si deve avere la netta sensazione di entrare in una nuova terra promessa. Occorre poi una architettura landmark esuberante e d’avanguardia molto riconoscibile, tipo Camden Town di Londra nord. Altri elementi iconici che ci vengono in mente sono le grandi scarpe del quartiere inglese, la scritta Cristiania, “you are leaving Europe“, la zona di Vilnius dove chiedono il passaporto. Nei segni distintivi noi siamo trai più bravi al mondo, siamo quelli del filo e del’ago di Cadorna o del dito di Cattelan. Potremmo fare qualcosa di grandioso.
# Un mondo nuovo
Varcato l’ingresso choc si accederebbe a un mondo stupefacente. Scontata la droga libera, ormai è una premessa per tutti questi luoghi. Così come i graffiti sui muri e gli spazi per la libera espressione. Nel progettarlo però ci dobbiamo ricordare che ci troviamo comunque a Milano, Milano è Milano, non si può cedere alla perdizione distruttiva e alle brutture tipiche dei paesi barbari. Milano è la città dello stile, per cui anche il quartiere della superlibertà dovrà avere una sua classe ed eleganza. Libera, anarchica, ma stilosa.
# Libertà milanese style
L’avamposto della libertà milanese vedrebbe skate park, negozi di canapa, immobili da occupare con l’obbligo di ristrutturarli. Nessun limite di decibel nè di orario, sarebbe un luogo che pulsa 24h al giorno, tra deep bar nei sotterranei e libere feste sui tetti.
La capitale economica dovrebbe imporre poi un regime di libertà fiscale da fare impallidire il Lussemburgo con una tassazione zero per chi svolge attività commerciali. Il commercio di questo quartiere sarebbe esso stesso attrazione per i turisti, sul modello di Expo.
Libertà totale va oltre anche il senso del pudore. Ci sarebbe un bordello con tariffe altissime, quello sì ultra tassato per finanziare tutto il quartiere, insieme al ricavato delle droghe. Legali, dunque tassate. Tutte le attività oggi giudicate criminali o dannose per la salute sarebbero tassate, mentre tutte le altre sarebbero tax free.
# Sperimentazione senza limiti
Ma a Milano niente è gratis, soprattutto la libertà. In cambio di un regime ultra agevolato il quartiere dovrebbe diventare il luogo della sperimentazione totale, la galleria del vento, l’R&D, il laboratorio di Archimede Pitagorico della città. Si sperimenterebbe di tutto con scienziati ovunque per misurare gli effetti di cibo fatto di insetti, di pastiglie per gli astronauti, di sistemi di monitoraggio sensoristico umano. Si sperimenterebbero soluzioni per distruggere l’inquinamento e avere aria, acqua e luoghi puliti come in alta montagna, si testerebbe qualunque farmaco.
Sarebbe un centro di sperimentazione mondiale anche per le arti, con teatro d’avanguardia e la produzione di musica e di film super sperimentali: anche per loro tasse zero a condizione di offrire originalità al 100%.
Per rendere la sperimentazione totale ci sarebbe la trasmissione video 24h di tutto ciò che accade in tempo reale, tipo Truman Show.
Ogni persona che accede al quartiere della libertà saprebbe di essere libero di fare ciò che vuole mostrando al mondo quale uso fa della libertà. Ognuno si sentirebbe ambasciatore della libertà di azione e della sperimentazione per la diffusione di nuova conoscenza nell’umanità. Sarebbe il primo reality con impunità totale, il più grande esperimento umano nella storia del mondo.
Nessuna potrebbe resistergli.
Presentiamo i 5 complimenti del cavalier cortese, un uomo che con poche parole riusciva ad avere le milanesi ai suoi piedi. Oltre un secolo fa.
5 cose che dice il corteggiatore milanese
Stendhal
#1. Bel ‘me el sô
Bella come il sole.
Un classico, buono per tutte le stagioni.
#2. Bella tusa
Tusa = ragazza
Un po’ più ardito. Da esclamare prolungando il suono della u.
#3. Bel è fai su col crusé
Sei così bella che sembri fatta con l’uncinetto.
Un colpo di fioretto per donne raffinate.
#4. Complimenti a la mama
Un evergreen di sicuro successo, come una canzone di Johnny Dorelli
#5. Quand t’han fat a tti hann buttà via lu stappin
Quando ti hanno fatta hanno buttato via lo stampino.
Definitivo. Fa leva sul desiderio di unicità di ogni donna milanese. Con questa la conquista è certa.
La figuraccia olimpica: l’impianto era destinato ad ospitare le partite di hockey su ghiaccio femminile alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, poi dirottate nei padiglioni di Rho Fiera data l’impossibilità di riqualificarlo in tempo. Ma ancora non basta. La struttura che doveva essere uno dei lasciti dell’evento rimane in completo degrado e si trova al centro di guerra di carte bollate, fatta di ricorsi e controricorsi. Vediamo che succede al luogo simbolo di una Milano che non ce la fa.
Palasharp, quando Milano non ce la fa: il nuovo capitolo nero della storia infinita
# La figuraccia olimpica dopo le modifiche al progetto richieste dal Cio
Credits: @gallaratese_today IG
La situazione dell’ex Palasharp sta sprofondando nel ridicolo. Chiuso da oltre dieci anni, avrebbe dovuto ospitare le partite di hockey su ghiaccio femminile alle Olimpiadi, ma il tutto si è concluso con una figuraccia a livello planetario. TicketOne-Mca Events, vincitrici del bando per la realizzazione e gestione dell’impianto, avrebbero dovuto costruire un palazzetto con una capienza di 8-9 mila posti per poter ospitare varie manifestazioni sportive, tra cui l’hockey su ghiaccio, e concerti. Avrebbero dovuto, ma le successive richieste del Cio di prevedere per la futura Milano Hockey Arena due piste di ghiaccio, una per le partite ufficiali, l’altra per il riscaldamento degli atleti, 12 spogliatoi e tre sale hospitality, hanno cambiato le carte in tavola. Queste modifiche avrebbero ridotto la capienza da 8.000 a 5.000, non consentendo di realizzare la seconda tribuna, e determinato un aumento insostenibile dei costi secondo le due società, che sarebbero così difficilmente rientrate dall’investimento.
# Il primo ricorso, quelle delle Suore della Riparazione
Accanto il Cio la successiva grana era arrivata dalle Suore della Riparazione, l’istituto adiacente all’ex Palasharp, che avevano presentato ricorso contro la costruzione del nuovo impianto. Un ricorso che secondo Palazzo Marino non sarebbe stato ostativo per i lavori, ma che ha messo ulteriore carne al fuoco su un processo complicato.
# La rinuncia alla costruzione, con il decadimento dall’assegnazione, e il ricorso al Tar di TicketOne-Mca Events
Credits emanuele_fitdaddy IG – Interno Palasharp prima della trasformazione in moschea
TicketOne-Mca Events, a causa di questi problemi, in primis degli extracosti, hanno deciso di rinunciare portando a decadere dall’assegnazione, anche per l’indisponibilità da parte del Comune a tornare al vecchio progetto antecedente la decisione del CIO. Una scelta non condivisa e che ha portato al quinto ricorso di tutta la vicenda, in questo caso dei proponenti, diretto al Tar e con il quale è stato chiesto: l’annullamento del provvedimento di decadenza firmato dal Comune, l’accertamento del suo diritto a vedere attivato il procedimento di revisione del piano economico finanziario o, in subordine, la condanna di Palazzo Marino al risarcimento del potenziale danno subito.
# La risposta di Palazzo Marino, costituita in giudizio contro i proponenti
La risposta del Comune di Milano non si è fatta attendere: con la costituzione in giudizio ritornando al mittente tutte le accuse. Questo quanto scritto dall’avvocatura di Palazzo Marino come riportato dal Corriere della Sera: «Il provvedimento con cui è stata disposta la decadenza, la segnalazione all’Anac e l’escussione della cauzione è stato assunto a fronte del rifiuto del raggruppamento temporaneo di imprese di sviluppare il progetto in linea con l’offerta economica di gara con lo stralcio delle opere olimpiche e della contestuale richiesta da parte del medesimo Rti di una rilevante modifica del piano economico finanziario oggetto di gara, con riconoscimento di un ingente contributo pubblico e riduzione del canone concessorio».
Il Comune di Milano ha ritenuto inoltre inammissibili le modifiche delle condizioni economiche fatte dai proponenti del progetto «in quanto avrebbero comportato una sostanziale variazione dei presupposti e delle condizioni della procedura ad evidenza pubblica espletata e aggiudicata, che prevedeva il totale autofinanziamento da parte dell’operatore, senza alcun contributo pubblico».
Sugli extracosti ha poi evidenziato come avrebbero fatto salire la spesa a circa 40 milioni di euro, più del doppio della stima iniziale: «L’anomalo incremento dei prezzi di costruzione lamentato dal Rti ricorrente non trova riscontri e, in ogni caso, lo scostamento dei costi rientra nei rischi a carico del concessionario».
# Il nuovo ricorso di TicketOne-Mca Events
Dopo il rifiuto delle richieste fatte a TicketOne-Mca Events di realizzare comunque il progetto previsto e la conseguente decadenza dall’assegnazione, Palazzo Marino ha interpellato l’operatore risultato primo in graduatoria con l’obiettivo di riqualificare l’ex Palasharp. Il raggruppamento di imprese ha però impugnato anche i provvedimenti che hanno portato a questa azione da parte del Comune di Milano. In sintesi, invece che il pattinaggio al Palasharp è di scena la lotta greco-romana di denunce e controdenunce. E, probabilmente, anche dopo 10 anni rischiamo di essere solo all’inizio.
Al primo posto nei siti di recensioni su dove mangiare a Milano. Le sue code sono leggendarie e la sua fama ormai raggiunge ogni angolo del mondo. Ma qual è la sua storia?
Il segreto del successo di Luini e dei panzerotti più famosi del mondo
# Il piccolo locale dalla grande fama
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1949. L’anno in cui apre la bottega di Luigi Luini in pieno centro. Da allora serve panzerotti a cinque minuti dal Duomo, diventato presto un luogo storico della città, dove persone affamate creano ogni giorno una lunga fila per assaggiare le delizie tipiche della cucina pugliese. Con l’uscita di “Volevo fare il panettiere”, autobiografia del signor Luigi, si celebrano più di 70 anni dalla nascita del piccolo negozio dalla grande fama. Tra tradizione e innovazione Luini porta sempre piacere al palato dei suoi frequentatori e si può dire che sia uno dei primi negozi di street food di Milano. Sicuramente il più noto della città.
# Le varianti dell’iconica (e segreta) ricetta della mamma
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Le ricette di Luini sono rimaste invariate negli anni, garantendo una qualità che pochi negozi storici possono sostenere, nonostante ciò, al menù della piccola panetteria si sono aggiunte varianti che hanno permesso di restare al passo con i tempi. I panzerotti diventano vegani o integrali, ma la ricetta dell’impasto rimane sempre la stessa.
La produzione è partita dalla ricetta segreta del panzerotto mozzarella e pomodorodella mamma del signor Luigi ed è arrivata oggi a undici varianti fritte e sei al forno, i condimenti si trasformano ma la tradizione rimane, questo, unito alla qualità del prodotto, garantisce a Luini una fama internazionale.
L’arte del vendere cibo da asporto è antica, precedente all’invenzione della definizione “street food”, ma per un lungo periodo di tempo, tali negozi non avevano pianta stabile, Luini invece è nato così, con l’idea di vendere d’asporto. Il negozio ne ha passate tante dagli anni Cinquanta ad oggi, cavalcando la prosperità del boom economico, fino all’internazionalizzazione aumentata con i turisti di Expo. Ma come tutti i negozi del centro, la panetteria ha dovuto stringere i denti tra il 2020 e il 2021, tra le chiusure e la diminuzione dei turisti. Nonostante tutto i suoi panzerotti sono ancora “i più famosi del mondo”, come viene riportato nelle recensioni dei siti di food, e la fila dei consumatori fuori dalla porta è una presenza costante.
# Una fama internazionale iniziata con il passaparola dei turisti giapponesi
Credits: pinterest.com, forsquare.com
La fama di Luini e dei suoi panzerotti ha raggiunto i turisti stranieri grazie all’internazionalizzazione della metropoli ben prima di Expo. Infatti, ad esempio, già dagli anni Ottanta i turisti giapponesi si sono affezionati alla sua cucina, chi di loro veniva a Milano per viaggi d’affari o di piacere, documentava con foto e passaparola la propria esperienza, indicando il negozio come luogo in cui mangiare ai visitatori futuri. Giappone ma non solo, turisti da tutto il mondo frequentano Luini, perché la fama dei suoi panzerotti lo precede. Oggi il tutto è reso ancora più facile dai social media, che diffondono e pubblicizzano la notizia dei panzerotti più buoni del mondo e dove trovarli.
I progetti che trasformeranno Milano nei prossimi 10 anni
# Mind dove c’era Expo2015 con Human technopole, Campus Statale e West Gate
foodserviceweb.it – MIND
Nell’area che fu sede di Expo2015 è nata MIND, Parco tematico scientifico tecnologico di 650mila metri quadrati su un’area complessiva di circa 1milion di mq. Il fulcro è lo Human technopole, il polo di ricerca concentrato su biomedicina e genetica in fase di completamento con al centro il grande edificio accanto a Palazzo Italia. Già operativo dal 2022 il nuovo polo ospedaliero IRCCS Galeazzi, un teatro e il nuovo negozio Esselunga senza casse. In costruzione il campus scientifico dell’Università Statale da 210mila metri quadri e un investimento di 458 milioni di euro, con la posa della prima pietra nella prima del 2023 e primi studenti previsti nell’anno accademico 2026/2027.
Partiti anche i lavori nell’area di West Gate di 300.000 mq che prevede uffici, residenze e un Mobility Hub. Previsto anche l’edificio in legno più alto d’Italia e l’Innovation Hub. Completamento dei cantieri entro il 2032.
Altra rigenerazione per la Goccia della Bovisa, su un’area di 18 ettari, oltre la metà dei 33 ettari occupati un tempo dall’Union des Gaz. Il progetto del Politecnico prevede la realizzazione di un nuovo campus nella zona dei Gasometri, su un’area di 105mila metri quadri, e un grande parco scientifico-tecnologico. Nel Masterplan Bovisa-Goccia firmato Renzo Piano al recupero dei due gasometri, uno destinato ad ospitare lo “Smart city innovation hub“, l’altro la “Fabbrica dello sport“, si affianca un polmone di 40.000 mq con 1.000 alberi. A questo si aggiungono:
residenze universitarie;
3 edifici per aule;
una sala ipogea;
un edificio sperimentale a zero emissioni per il dipartimento di Energia ormai terminato.
Il completamento di tutto il progetto è stato programmato per il 2026 ma a causa delle bonifiche più lunghe e complesse e alla necessità di reperire ulteriori risorse, slitteranno con ogni probabilità al 2027 le aree destinate alle start up, alle scuole civiche e alle residenze universitarie.
# La rigenerazione dei 7 ex scali merci ferroviari
Entro dieci anni dovrebbe essere completata la rigenerazione Capitolo di tutti e 7 gli ex scali merci ferroviari, per complessivi 1,2 milioni di mq. Per alcuni i lavori sono partiti, per altri ci sono progetti e per altri ancora non se ne conosce ancora il futuro, ma andiamo per ordine.
Il più avanti di tutti. Lo Scalo Romana ospiterà il Villaggio olimpico che per il 2027 sarà convertito in studentato da 1700 letti. I sei edifici sono già arrivati al tetto e la consegna è prevista entro l’estate 2025, con tre mesi di anticipo rispetto al cronoprogramma iniziale. Tra il 2026 e il 2027 lo sviluppo completo con il parco al centro con la riconversione del Villaggio Olimpico in residenze, mentre la realizzazione dei 70.000 mq tra uffici e retail nel lato verso piazzale Lodi dovrebbero avvenire attorno al 2028-2030.
# Scalo Farini
Credits: Urbanfile – Masterplan OMA Scalo Farini
Il più grande di tutti con468.000 mq. Nella rigenerazione dello Scalo Farini si prevedono 300.000 mq destinati a parco, aree verdi diffuse, residenziale, di cui molto housing sociale, commerciale e uffici e il campus dell’Accademia di Brera.
Campus Brera – Mate
Per quest’ultimo è stato presentato il progetto nei mesi scorsi, si tratta della riconversione di ex fabbricati delle Dogane e delle Poste in una nuova sede per le attività didattiche e di laboratorio negli e di uno studentato da 400 letti: i lavori dovrebbero concludersi nel 2025. Tra il 2030 e il 2035 è prevista la realizzazione del nuovo campus e HQ di Unicredit che lascia le torri in Gae Aulenti.
# San Cristoforo
Oma – Rendering San Cristoforo
Il più ecologico e naturale. L’avvio dei lavori dello Scalo Farini dovrebbe avvenire assieme per quelli di San Cristoforo, entrambi progettati da Oma e Laboratorio Permanente, dove è prevista la realizzazione di un parco lineare acquatico ad occupare tutta la superficie.
# Lambrate
Tre Piazze Lambrate
“Tre Piazze nel Parco” del team multidisciplinare Lambrate Streaming guidato dalla Cooperativa Sant’Ilario è il progetto, vincitore del concorso internazionale di Reinventing cities, che trasformerà lo Scalo Lambrate. Una superficie complessiva di circa 70.000 mq, con il cuore del progetto rappresentato da un maxi-parco pubblico di circa 41.500 mq e da un sistema di tre piazze-giardino.Negli spazi pubblici sono previsti orti didattici e e di comunità, frutteti, aree ricreative attrezzate, campi giochi e sportivi per adulti e bambini, nonché aree dedicate agli animali domestici.
Al suo interno anche nuovo quartiere di social housing con 307 nuove abitazioni di edilizia agevolata in vendita e affitto con patto di futura vendita, co-housing, in locazione a canone moderato, concordato e convenzionato, alloggi per studenti ed edilizia a canone sociale.
Nello Scalo di Greco il progetto “L’Innesto” prevede la realizzazione di nuovo quartiere di social housing, il primo in Italia a raggiungere zero emissioni. Nel dettaglio il 60% degli appartamenti sarà in locazione, il 40% in vendita convenzionata agevolata più alloggi in condivisione e 300 posti letto per studenti. Ci sarà anche un parco agricolo naturale, il 72% delle aree utili sarà dedicato a spazi verdi e pedonali e pochi posti auto: si punta allo sharing e alla mobilità dolce. In questo caso lo studio architettonico e del paesaggio è stato affidato a Barreca & La Varra, la progettazione ambientale e urbanistica ad Arup Italia. Concluse le bonifiche i cantieri veri e propri potrebbero partire nel 2025.
Destino incerto invece per lo scalo di Rogoredo e quello di Porta Genova, la cui stazione ferroviaria dovrebbe essere dismessa nel 2027, e per i quali ancora non ci sono progetti definitivi.
A pochi passi dal quartier generale di Sky, dopo la costruzione di Spark One e Spark Two, è stato dato via al cantiere per il Campus del Conservatorio Giuseppe Verdi. Il progetto prevede la riqualificazione della Palazzina ex-Chimici, uno studentato da 200 posti, un’arena all’aperto, un auditorium tecnologico da 400 posti, un dipartimento dei nuovi linguaggi, due sale prove, un fab lab e un coworking, bar, ristorante e aree verdi. In totale si tratta di superficie di oltre 13mila mq, concessa in diritto di superficie gratuito per 90 anni al Conservatorio, rigenerata grazie a un investimento di circa 47 milioni di euro. Al suo interno potranno essere ospitati circa 600-800 studenti. Fine lavori nel 2026.
# La “Foglia” a Santa Giulia Nord con il PalaItalia
MCA_Milano Santa Giulia_birds-eye view_Visual by MCA VIsual
Nel quadrante nord di Santa Giulia è in costruzione il PalaItalia, un palazzetto da 16.000 posti che ospiterà le gare di hockey maschile durante le Olimpiadi Invernali 2026, e sorgerà un quartiere con un masterplan che richiama una foglia. Previsto un grande parco urbano di 270.000 mq, tra i più grandi della città, un laghetto, un waterfront di 400 metri lineari e 3.500 nuove abitazioni, con Spark Living in costruzione entro fine anno e consegna nel 2027. Tutto il progetto dovrebbe essere completato nel 2032.
# La “Magnifica Fabbrica” del Teatro alla Scala al Rubattino
Credits Comune di Milano – Interno Magnifica Fabbrica
Al Rubattino nuova vita per l’area ex Innocenti. Al suo posto la “Magnifica Fabbrica” del Teatro alla Scala, con i laboratori oggi ospitati nell’edificio dell’ex Ansaldo in Tortona. Il progetto prevede un’unica enorme costruzione di acciaio e legno di 66.000 mq di superficie scandito da 4 campate di 28,8 metri di lunghezza, 34.000 occupati dai laboratori, con sale prove, le sartorie, i depositi con oltre 2.500 posti container su 4 livelli con 4 linee carroponte, oggi tenuti in alcuni capannoni in affitto nel comune di Pero. La gara per la realizzazione dei depositi e delle opere previste dal primo lotto è stata aperta a inizio marzo. La durata dei cantieri è stata stimata in 3-4 anni.
Credits Comune di Milano – Magnifica Fabbrica dall’alto
Nel progetto è previsto anche il raddoppio del contiguo Parco della Lambretta, che ricoprirà un’area di 100mila mq, nuovo verde e prati, anche sopraelevati, a costeggiare gli argini dei canali. I lavori in questo caso sono già partiti e dovrebbero concludersi nell’estate del 2025.
# La BEIC all’ex scalo Vittoria
Credits Comune di Milano – BEIC vista esterna
Nell’ex scalo di Porta Vittoria proseguono i lavori per la costruzione della Biblioteca Europea. Il progetto, finanziato con 101,574 milioni di euro tramite il PNRR, si sviluppa su un’area di 30.000 mq e si caratterizza per due strutture affiancate fra loro e identiche, due “navate” trapezoidali, entrambe in vetro e metallo. Al loro interno deposito robotizzato ipogeo, un forum, un auditorium e una piazza verde pubblica. Fine cantiere previsto entro il 30 giugno 2026, collaudo e inaugurazione entro la prima metà del 2027.
Questo è un dei progetti che sembrava dovesse correre il rischio di non realizzarsi o vedere rallentat0 di molti anni l’avvio dei lavori, a seguito della bufera giudiziaria sul settore dell’urbanistica. Sono stati posticipati comunque diverse volte, ma dovrebbero partire nei prossimi mesi, forse entro ottobre. Piazzale Loreto da attuale vuoto urbano e congestionato snodo di traffico diventerà un nuovo spazio di vita, un polo di aggregazione restituito alla comunità, sono slittati ancora una volta. L’investimento pari a 80 milioni di euro e il progetto è gestito da Nhood. Si prevede che he il piazzale diventi in parte pedonale e soprattutto ecosostenibile, un’agorà verde in connessione NoLo e l’asse corso Buenos Aires/viale Monza/viale Padova. Messa da parte l’ipotesi di inaugurazione per le Olimpiadi Invernali 2026 o al massimo entro lo stesso anno, il nuovo volto della piazza di dovrebbe vedere nel 2027.
Il progetto Grande Brera segna l’inizio di una nuova era culturale per Milano. Si tratta della creazione di un’«isola dei musei», un sistema integrato di musei comunali che dialoghino tra loro. Abbiamo pensato a 5 nuovi musei che potrebbero sorgere a Milano per affermare l’identità distintiva di Milano nel mondo.
Grande Brera, «isola dei musei»: i 5 nuovi musei che dovrebbero sorgere per valorizzare il ruolo di Milano nel mondo
# L’ottagono della Grande Brera, cosa sarà quest’«isola di musei»?
Con l’apertura di Palazzo Citterio prevista per il 7 dicembre, il progetto Grande Brera segna l’inizio di una nuova era culturale per Milano. Durante un evento il 27 settembre, è stato presentato il nuovo logo del progetto, un ottagono che simboleggia l’unione delle diverse istituzioni culturali del complesso, come la Pinacoteca, l’Osservatorio Astronomico, l’Orto Botanico e la Biblioteca Braidense.
Il marchio, creato dal gruppo Qubit con Carmi e Ubertis, mira a rafforzare la connessione tra queste istituzioni e a esprimere il cuore artistico della città. Il direttore Angelo Crespi ha descritto il progetto come un “contenitore” di valore culturale, destinato a generare nuove opportunità per l’arte e la cultura a Milano.
Il progetto prevede la creazione di un’«isola dei musei», un sistema integrato di musei comunali che dialogano tra loro, supportato da un investimento statale di 300 milioni di euro. Oltre alla Grande Brera, il piano include nuovi spazi culturali come la Biblioteca Europea e il Museo della Resistenza, con l’obiettivo di aumentare l’accessibilità e il numero di visitatori, già cresciuto del 35% quest’anno.
# Milano come «isola di musei», perché fermarsi alla Grande Brera?
Se l’idea della Grande Brera fosse estesa ai maggiori musei della città, Milano potrebbe beneficiarne ulteriormente. Una rete museale, simile al sistema bibliotecario cittadino, permetterebbe di integrare e valorizzare le diverse istituzioni culturali, favorendo sinergie tra le offerte espositive.
Questa rete potrebbe sviluppare itinerari culturali tematici, facilitando l’accesso per cittadini e turisti, rendendo la cultura un elemento quotidiano nella vita milanese. Inoltre, l’interconnessione tra musei stimolerebbe la partecipazione pubblica, incentivando eventi comuni, programmi educativi e attività culturali che coinvolgano la comunità. Ecco 5 musei che mancano a Milano e che, se realizzati, potrebbero far parte di questa rete.
#1 Il Museo del Giornalismo
La capitale dell’informazione deve avere un Museo del Giornalismo. Potrebbe essere situato in un palazzo storico del centro di Milano, città che, insieme a Roma, è stata ed è ancora capitale del giornalismo nazionale, e potrebbe essere dedicato a raccontare l’evoluzione del giornalismo dal ‘700 ad oggi e il suo impatto sulla società.
Le esposizioni potrebbero comprendere, per esempio, una vasta collezione di quotidiani e periodici, fotografie, macchine da scrivere, strumenti per la stampa e cimeli provenienti dalle grandi redazioni milanesi. Si potrebbero documentare le tappe fondamentali del giornalismo, dalle prime testate cartacee all’era digitale.
Un’area di laboratorio potrebbe permettere ai visitatori di esplorare le tecniche di scrittura o le pratiche come il fact-checking e, più di tutto, l’importanza dell’etica giornalistica, offrendo uno sguardo critico sulle sfide moderne della professione.
Laboratori pratici su come scrivere articoli, utilizzare i social media per il giornalismo o produrre reportage d’impatto potrebbero coinvolgere attivamente i visitatori, in particolare i giovani. In questo modo, il Museo del Giornalismo non solo preserverebbe la memoria storica della professione, ma contribuirebbe anche a ispirare una nuova generazione di giornalisti.
Il Museo della Metropolitana potrebbe essere situato in una vecchia stazione dismessa o in un deposito sotterraneo, ricreando l’atmosfera autentica del sistema di trasporto pubblico milanese.
Le gallerie espositive potrebbero illustrare la storia delle linee della metropolitana attraverso modellini di treni, attrezzature di segnalamento e pannelli interattivi. Un’area centrale dedicata ai vagoni restaurati permetterebbe ai visitatori di entrare in treni storici, offrendo un’esperienza immersiva nel tempo.
La sezione dedicata all’impatto socio-culturale potrebbe presentare fotografie e documentari che raccontino di come la metropolitana abbia influenzato la vita quotidiana dei milanesi.
Un’area interattiva potrebbe consentire ai visitatori di provare simulatori di guida di treni o esplorare modelli virtuali della rete metropolitana.
Milano si sta sempre più affermando come una capitale internazionale del food e dell’alta gastronomia. Niente di meglio che sottolinearlo con un museo specifico. Il Museo della Cucina potrebbe essere concepito come un vero e proprio viaggio attraverso la tradizione culinaria milanese, italiana e, perché no, a tratti, mondiale. Ospitato in un antico edificio ristrutturato, la prima parte del museo potrebbe presentare ricostruzioni di cucine storiche, complete di utensili e attrezzature d’epoca, accompagnate da pannelli informativi che raccontino l’evoluzione dei piatti tipici e dei mezzi per cucinarli.
Spazi dedicati a degustazioni e laboratori interattivi permetterebbero ai visitatori di partecipare a dimostrazioni culinarie dal vivo e workshop pratici, insegnando le tecniche tradizionali di preparazione di piatti iconici delle tradizioni italiane.
Il museo potrebbe anche avere un’area dedicata alla sostenibilità alimentare, con esposizioni che insegnino l’importanza di utilizzare ingredienti locali. Qui, i visitatori potrebbero scoprire come la cucina, sia quella tradizionale che quella innovativa, si intreccia con le pratiche sostenibili contemporanee.
#4 Museo del Gioco e dell’Infanzia
Credits: Alternalab
In un’Italia in crisi demografica serve rilanciare il tema della natalità con il Museo del Gioco e dell’Infanzia, che a Milano è esistito come Museo del Giocattolo e del Bambino fino al 2023, in Porta Ticinese. Potrebbe tornare come uno spazio colorato e vivace, situato in un quartiere ricco di famiglie, dove ogni area espositiva rappresenti una fase dell’infanzia e un tipo di gioco.
Le sale potrebbero contenere una vasta gamma di giochi e giocattoli, dai classici in legno ai moderni videogiochi, offrendo ai visitatori un’esperienza ludica e interattiva. Mostre dedicate ai giochi tradizionali italiani permetterebbero ai bambini di sperimentare giochi dimenticati, come le trottole o il meccano, mentre un’area dedicata ai videogiochi retro potrebbe dare la possibilità di esplorare il passato del gaming.
Anche questo museo potrebbe ospitare laboratori creativi, qui i visitatori potrebbero cimentarsi nel tentare di costruire giocattoli, incoraggiando la fantasia e la creatività. Spazi relax e aree di ristoro a misura di bambino renderebbero il museo un luogo ideale per le famiglie, mentre un’area esterna con giochi all’aperto completerebbe l’offerta.
Il Museo del Gioco e dell’Infanzia si proporrebbe così come un importante punto di riferimento culturale e ludico, dove l’apprendimento e il divertimento si intreccerebbero in un ambiente stimolante e accogliente.
#5 Il Museo delle Religioni
Il Grande Buddha (Tailandia)
La città che con l’Editto di Costantinoha introdotto la libertà di culto nel mondo, deve lanciare un nuovo messaggio di tolleranza con il Museo delle Religioni. Potrebbe sorgere in un’area spiccatamente multiculturale di Milano, come quella tra viale Monza e via Padova, riflettendo la ricchezza e la diversità delle diverse fedi presenti in città, ma non limitandosi ad esse.
Le gallerie espositive potrebbero presentare oggetti rituali, testi sacri e opere d’arte provenienti da varie tradizioni religiose, offrendo ai visitatori un assaggio delle pratiche e delle credenze di diverse culture. Ogni sezione potrebbe essere dedicata a una religione specifica, con pannelli informativi e audioguide che raccontino storie e significati, promuovendo il dialogo interreligioso e la comprensione reciproca.
Il museo potrebbe anche includere spazi interattivi per laboratori e seminari, dove i visitatori potrebbero prendere parte a discussioni su temi etici e spirituali. Eventi culturali, come concerti di musica sacra, proiezioni di film e feste religiose, arricchirebbero ulteriormente l’offerta del museo.
Il Museo delle Religioni potrebbe essere non solo un archivio di conoscenza, ma anche un luogo di incontro, in cui persone di diverse fedi e culture possono connettersi e confrontarsi.
Eataly Smeraldo ha festeggiato 10 anni a Milano. Ci siamo chiesti: perché relegare la gastronomia gourmet in pochi luoghi riservati? Le proposte per renderla un marchio distintivo di tutta Milano come il Fuorisalone ha saputo fare per il Design.
Eataly festeggia 10 anni: la gastronomia gourmet scenderà per le strade di Milano?
# Per i 10 anni Eataly Smeraldo ha cambiato veste
Il 25 settembre l’Eataly Smeraldo di Milano ha celebrato il suo primo decennio di attività con un restyling completo, che mira a ridefinire l’esperienza culinaria all’interno del flagship store. Grazie a un investimento di 3 milioni di euro e al lavoro di un team di architetti, il rinnovamento ha trasformato gli spazi in un luogo più multifunzionale e contemporaneo, mantenendo il DNA di Eataly.
I cambiamenti principali includono l’ottimizzazione della zona mercato, che resta il cuore dell’esperienza, e l’introduzione di nuovi punti ristoro. Oltre ai già presenti banchi di salumi e formaggi, sono stati aggiunti il Laboratorio di pasta fresca Plin e il Caseificio Miracolo a Milano, che permettono di gustare prodotti freschi. Inoltre, il primo piano è stato ristrutturato per ospitare una zona dedicata alla pasta fresca, con ricette della stella Michelin Ugo Alciati.
# La gastronomia gourmet scenderà tra le strade di Milano?
A dieci anni dall’apertura, potrebbe essere tempo, per Eataly o per un suo ipotetico nuovo competitor, di valutare la possibilità di estendere il concetto di gastronomia gourmet oltre le belle mura di uno store raffinato, portandolo, per esempio, nelle strade, nelle piazze e nei quartieri periferici di Milano. Sul modello del Fuorisalone. Qui di seguito 5 idee per portare la cucina gourmet, gli ingredienti nazionali e le tradizioni culinarie lombarde e milanesi in giro per la città.
#1 Ingredients delivery e ricettario virtuale
Credits: Ideogram.AI
Unendo la cucina gourmet con il modello del food delivery, potrebbe essere progettata una piattaforma digitale innovativa per esplorare le ricchezze culinarie di Milano. Utilizzando un’app dedicata, i milanesi potrebbero ordinare direttamente ingredienti freschi da produttori locali per la consegna a domicilio, incoraggiando un consumo consapevole e supportando l’economia locale.
L’applicazione potrebbe integrare, trasportandolo online, il servizio di personalizzazione che Eataly Smeraldo offre già in loco, si potrebbe trattare di un servizio intelligente che tenga conto dello storico degli acquisti e delle valutazioni dei prodotti in modo da suggerire ingredienti sempre più affini al consumatore.
Ultima funzionalità interessante di questa ipotetica applicazione potrebbe essere la possibilità di elaborare ricette e preparazioni gourmet, o che gli si avvicinino molto, a partire dagli ingredienti basici che l’utente possiede in casa. Immaginando di aprire il frigorifero o la dispensa e di fotografarli, l’applicazione potrebbe essere in grado di riconoscere gli ingredienti presenti e, solo sulla base di quelli, suggerire ricette e preparazioni.
#2 Ristoranti Pop-Up dove meno te li aspetti
Credits: Ideogram.AI
I ristoranti pop-up potrebbero trasformare gli spazi pubblici come piazze e parchi in luoghi dove fare esperienze culinarie momentanee, ma coinvolgenti e dinamiche. Utilizzando l’app di cui sopra, i partecipanti potrebbero scegliere il menu in tempo reale, con opzioni che potrebbero andare dalla cucina tradizionale milanese a proposte fusion.
Ad esempio, durante un evento pop-up a Parco Nord, i visitatori potrebbero gustare piatti come la pasta al pesto, preparato sul momento, e avere la possibilità di partecipare a brevi laboratori di cucina condotti dagli chef. Questa interazione diretta non solo arricchisce l’esperienza gastronomica, ma offre anche l’opportunità di apprendere i segreti culinari e l’utilizzo di ingredienti freschi e locali.
Inoltre, i ristoranti pop-up potrebbero avere temi stagionali o celebrativi, come una festa della cucina vegetariana o un evento dedicato ai dolci milanesi. In occasione della settimana della cucina milanese, ad esempio, un pop-up potrebbe presentare una serie di piatti classici, dal risotto alla milanese alla torta paesana, mentre un’area dedicata ai cocktail a base di ingredienti locali potrebbe stimolare l’interesse per le bevande artigianali. Questi eventi creerebbero un’atmosfera vivace e, oltre a stimolare l’interesse culinario, potrebbero potenziare l’interazione sociale facendo leva sulla condivisione di esperienze.
#3 Food Truck sostenibili e tecnologici
Ideogram.AI
I food truck sostenibili e tecnologici potrebbero rivoluzionare il modo in cui i milanesi vivono lo street food o, per meglio dire, la gastronomia urbana, che nella città della madonnina non si è mai sviluppata un gran che.
Questi truck, oltre a offrire pietanze di alto livello, con ingredienti a km 0, potrebbero essere alimentati da energia rinnovabile, in modo da incarnare uno stile di consumo e cucina etico, e, soprattutto, potrebbero essere dotati di diversi schermi digitali e interattivi utili per presentare le ricette, le storie degli agricoltori e dei produttori e i dettagli sugli ingredienti utilizzati.
Per esempio, un Luini gourmet food truck, che offrisse una rivisitazione degli arancini di riso, preparati con riso lombardo e verdure di stagione, potrebbe attrarre i passanti raccontando la provenienza dei propri ingredienti, il suo approccio eco-friendly e le sue proposte culinarie deliziose. La mobilità di questi food truck consentirebbe di raggiungere diverse zone della città, portando la cucina gourmet a un pubblico più ampio e variegato.
In più, l’integrazione di tecnologie sostenibili, come un corretto riciclo dei rifiuti alimentari o l’utilizzo di packaging compostabili, potrebbe rendere questi food truck modelli di responsabilità ambientale per la città.
Durante eventi come il Fuorisalone, per esempio, i food truck potrebbero offrire menù a tema, magari con impiattamenti ispirati alle tendenze del design, e partecipare a iniziative di educazione gastronomica per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di una cucina sostenibile.
#4 Installazioni artistiche e percorsi gastronomici:
Ideogram.AI
Qui il modello del Fuorisalone si fa più evidente. Le installazioni gastronomiche interattive potrebbero trovare una nuova casa nei quartieri periferici di Milano, come Bovisa o Rogoredo, trasformando spazi pubblici trascurati in laboratori che combinano arte e cibo. In questi contesti, i visitatori potrebbero esplorare la tradizione culinaria nazionale attraverso percorsi esperienziali, come il Giardino delle Spezie o il Laboratorio degli Ingredienti, dove potrebbero incontrare fragranze genuine e testare con mano i prodotti freschi. Questi itinerari potrebbero culminare in stazioni di degustazione, dove chef locali presenterebbero i piatti ispirati agli ingredienti appena scoperti.
L’esperienza si potrebbe concludere con un grande evento all’aperto, magari in uno dei parchi di Giambellino o nelle piazze, rinnovate per l’occasione, di Corvetto. Durante la cena, gli chef potrebbero raccontare aneddoti legati ai piatti, promuovendo sia la tradizione che l’innovazione culinaria e i partecipanti avrebbero l’opportunità di approfondire la propria conoscenza della cucina.