La foto del giorno: oggi siamo in Corso di Porta Romana.
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Si rivede il bel tempo: si possono unire panorami mozzafiato a sapori inenarrabili? Certo che sì. Vi raccontiamo tre ristoranti che meritano di essere visitati almeno una volta nella vita.
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3 RISTORANTI PANORAMICI a un’ora da Milano
#1 Rifugio Martina a 1.400 metri d’altitudine
Credits federica.fernicola IG – Rifugio Martina
Al Ristorante Rifugio Martina il gusto incontra il sapore. A 1380 metri di altitudine infatti, questo rifugio ospita una vista mozzafiato, tra il lago scintillante e le vette imponenti che lo incorniciano. La vista si può scorgere dalla terrazza o dall’accogliente sala interna. Il rifugio si può raggiungere dopo una breve passeggiata tra i sentieri.
In cucina, la tradizione è protagonista. Materie prime di qualità danno vita ai sapori autentici del territorio, con la polenta regina indiscussa del menù. Servita fumante, si accompagna a carni succulente, formaggi saporiti o viene proposta nella sua versione più tipica: la polenta uncia, ricca di burro e formaggio fuso.
#2 Polentoteca Chalet Gabriele con il panorama del Lago di Como
Credits francesco.m.b.2020 IG – Chalet Gabriele
Un altro ristorante con una vista mozzafiato sul Lago di Como è la Polentoteca Chalet Gabriele a Bellagio. Qui lo spettacolo del lago incorniciato dalle cime verdi e rocciose si può ammirare dalle ampie vetrate delle sale interne o dalla splendida terrazza panoramica.
Il menù è improntato sui sapori della tradizione: pizzoccheri, sciatt, polenta con spezzatino, piatti ricchi e genuini che raccontano la montagna. Lo chalet ospita anche opzioni vegetariane, senza tuttavia rinunciare al gusto e alla qualità.
Ci spostiamo ora a Bartesate, in provincia di Lecco. Questa volta, la scena se la prende la Tinara del Belvedere, un’osteria immersa in un contesto tranquillo e raggiungibile con un breve tratto a piedi, dopo aver lasciato la macchina più in basso. Per mangiare ci sono due opzioni: consumare nel casale del 1500 ristrutturato, o nel giardino-terrazza. La cucina è tipica valtellinese, affiancata da piatti provenienti da tutto il mondo.
Il completamento della M4 ha fatto bene. Ma forse solo ai milanesi. Le “rimodulazioni” delle linee di superficie, in pratica bei tagli ai tracciato, hanno però danneggiato i residenti dell’hinterland prossimi ai due capolinea. Con il risultato che è diventato per loro ancora più difficile raggiungere Milano. E in altri comuni va ancora peggio.
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Hinterland sempre più isolato da Milano: i bus «scomparsi» a Ovest ed Est dopo l’apertura di M4
# A Ovest: accorciata la 351 da Buccinasco, ma la passerella al capolinea di M4 non sarà pronta prima di maggio
Linea 351, passerella non aperta
L’apertura integrale della M4 ha consentito di servire una zona popolosa di Milano, il Lorenteggio-Giambellino, collegandola in modo veloce al centro città. Una linea pensata in teoria per agevolare anche i pendolari: in particolare chi deve andare a Linate, e in generale i residenti dell’hinterland non più costretti ad arrivare al ramo M1 di Bisceglie per muoversi a Milano. La contestuale rimodulazione delle linee di superficie ha però vanificato l’effetto della nuova metropolitana. Tra i cittadini che stanno tuttora pagando dazio ci sono quelli di Buccinasco: il bus 351 è stato accorciato da Romolo M2 a piazza Negrelli, dove ci sarebbe dovuto essere l’interscambio con il capolinea di San Cristoforo M4 grazie alla passerella pedonale. Peccato che la passerella non sia stata ancora completata e non dovrebbe esserlo prima di maggio-giugno: almeno sei mesi dopo rispetto a quando sarebbe stato necessario. Questa la situazione a Ovest. E a Est le cose non vanno meglio.
# A Est: a Segrate non arriva più la 38 e il servizio Chiamabus è un flop
Linea 38 accorciata
Anche il Sindaco di Segrate, Paolo Micheli, si è fatto sentire tramite una lettera aperta al Sindaco Sala: «In attesa dell’arrivo della M4 a Segrate (nel 2030), si potenzi il trasporto su gomma. Intollerabili disservizi, come corse in ritardo e abitacoli sovraffollati, che impediscono agli studenti di presentarsi puntuali a scuola.» Le situazioni più critiche sono nelle frazioni di Redecesio, Lavanderie e Novegro, con quest’ultima che ha perso la 38 di ATM dopo l’entrata in servizio di M4. Micheli spiega inoltre come nemmeno il servizio del Chiamabus, istituito su indicazione dell’Agenzia di Bacino per sostituire alcuni bus, non stia funzionando. A questo si aggiungono le criticità del passante. E non si tratta di due casi isolati.
Tornando a Ovest, al pari di Buccinasco, pur trovandosi vicino a Milano, anche Corsico soffre di difficili collegamenti con Milano, con la linea 327 che porta a Bisceglie M1 ma con frequenze troppo alte fuori dagli orari di punta. La stessa linea parte da Trezzano sul Naviglio, ma il traffico sulla Vigevanese rallenta molto il tragitto. Tra i comuni mal collegati c’è anche il Sud, con Opera. Nonostante sia prossimo al confine di Milano, procedendo per via Ripamonti, ha solo il bus 222 che lo collega al capolinea del 24, dato che la 99 parte dalla frazione: per andare in centro è un’odissea.
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La politica cittadina è da anni nelle mani di una classe dirigente che fatica a intercettare le esigenze del futuro. E se introducessimo una «quota giovani» per garantire ai protagonisti del domani un ruolo attivo nelle decisioni che plasmeranno il futuro della città?
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Elezioni 2027: perché introdurre le «quote giovani»
# Milano: una democrazia senza certezze?
Nel 2027 Milano tornerà alle urne per eleggere il nuovo sindaco, il Consiglio Comunale e i Consigli di Municipio. La sfida principale si giocherà tra centrodestra e centrosinistra, con uno scontro che, almeno in campagna elettorale, verterà su tematiche ideologiche più che su progetti concreti per la città.
Se la storia recente insegna qualcosa, non sapremo davvero quale sarà l’orientamento effettivo della politica cittadina fino a circa due anni dopo l’insediamento del nuovo sindaco. Beppe Sala, ad esempio, si presentò inizialmente come un candidato vicino al ceto medio e alla borghesia milanese, per poi virare progressivamente verso politiche fortemente green e anti-auto. Questo cambio di rotta è emblematico di un problema che caratterizza la democrazia locale: si sceglie tra candidati con programmi diversi, ma raramente si ha certezza di come la città verrà effettivamente governata.
# L’idea della «Quota giovani»
Credits: lapoliticaitaliana.it
Una possibile soluzione per riformare la democrazia milanese potrebbe essere l’introduzione di una «Quota giovani» nei consigli di municipio, nel Consiglio Comunale e perfino nella Giunta. Dopo le poco fortunate “quote rosa”, che non hanno convinto molti a livello nazionale, una quota obbligatoria per i giovani potrebbe garantire un rinnovamento politico e una maggiore attenzione a temi che spesso vengono trascurati.
La proposta sarebbe semplice: imporre ai partiti di inserire nelle proprie liste almeno un 30% di candidati under 30. L’età perfetta per questa quota potrebbe essere 33 anni, in modo da includere studenti universitari, giovani lavoratori alle prime esperienze, ricercatori in carriera e giovani professionisti già affermati. Questo meccanismo non limiterebbe la libertà di voto dei cittadini, poiché sarebbero comunque loro a scegliere chi eleggere, ma obbligherebbe i partiti a presentare candidature fresche e rappresentative delle nuove generazioni.
La «Quota giovani» non sarebbe quindi un’imposizione agli elettori, ma ai partiti, che sarebbero costretti a rinnovarsi e a dare spazio a nuove idee. Questo potrebbe portare a una politica più dinamica e reattiva, capace di intercettare i cambiamenti sociali prima che diventino emergenze.
# Come funziona il governo di Milano?
Milano è amministrata dal sindaco, dal Consiglio Comunale e dai Consigli di Municipio. Il Consiglio Comunale è composto da 48 consiglieri più il sindaco e ha il compito di approvare bilanci, regolamenti e atti fondamentali della città. I Municipi, invece, sono nove e rappresentano i territori della città in maniera più capillare. Ogni Municipio ha un proprio presidente e un Consiglio composto da 30 membri, eletti direttamente dai cittadini.
Nonostante questa struttura, la politica milanese soffre di un forte immobilismo generazionale: la maggior parte degli eletti ha un’età superiore ai 40-50 anni, e le nuove generazioni faticano a trovare spazio nei processi decisionali. Questo porta a un’amministrazione che spesso ignora o sottovaluta i problemi specifici dei giovani, dalla mobilità alla sicurezza fino all’accesso alla casa e al lavoro.
# Perché la «Quota giovani» sarebbe utile?
Garantirebbe una rappresentanza diretta di una fascia di popolazione che spesso subisce le decisioni politiche senza avere voce in capitolo. Pensiamo, ad esempio, al tema della sicurezza giovanile e del fenomeno maranza. Questo problema è diffuso a Milano da anni, ma la politica cittadina ha iniziato ad affrontarlo solo dopo i fatti di Capodanno. Un giovane under 30, più vicino a certe dinamiche sociali, avrebbe potuto sollevare la questione con largo anticipo, permettendo una gestione più tempestiva ed efficace del problema.
Un altro esempio riguarda il dibattito sulle metropolitane aperte H24. Con una rappresentanza giovanile significativa nei municipi e in Comune, questa tematica sarebbe stata posta sul tavolo già da tempo, invece di essere discussa sporadicamente senza mai arrivare a una reale implementazione.
Lo stesso discorso vale per il caro-affitti: questione fondamentale per la vita di migliaia di giovani, ma che raramente viene tematizzata correttamente dall’amministrazione cittadina e, soprattutto, gestita di concerto con la rappresentanza universitaria.
# Un referendum per la «Quota giovani» nel 2027?
Credits: Ministero dell’Interno
Un’opzione interessante potrebbe essere quella di sottoporre la proposta a un referendum cittadino in concomitanza con le elezioni del 2027. In questo modo, sarebbero i milanesi stessi a decidere se rendere obbligatoria questa quota nei vari organi amministrativi della città. Un referendum permetterebbe di avviare un dibattito pubblico sulla questione e di coinvolgere direttamente la cittadinanza nella decisione.
Ovviamente, una maggiore presenza di giovani nella politica cittadina potrebbe comportare il rischio di proposte troppo radicali o di una visione sbilanciata verso esigenze specifiche. Tuttavia, anche ammettendo che il 40% dei rappresentanti sia composto da under 30, resterebbe comunque un solido 60% di eletti più esperti in grado di bilanciare e moderare le istanze più innovative.
L’obiettivo non sarebbe quello di affidare il governo della città ai giovani in maniera sproporzionata, ma piuttosto di garantire che le nuove generazioni abbiano un peso adeguato nelle decisioni politiche, contaminando, così, tutti i decisori politici.
La sua attitudine ad essere poliedrico, eclettico, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da presentare al pubblico, sono state le caratteristiche di un artista generoso.
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20 febbraio 1937. Inizia a Milano la vita al massimo di Johnny Dorelli
# Da Milano a New York, dove imparò a cantare
wikipedia – Johnny Dorelli
Johnny Dorelli non si vede da qualche tempo, forse l’età gli sta consigliando di starsene un po’ dietro le quinte, dopo una vita vissuta (e goduta) al massimo, nel “rosso dell’uovo”, come si diceva una volta in provincia, come sinonimo di “sotto i riflettori”. Lui la provincia l’ha vissuta a lungo, pur essendo nato a Milano. In età giovanile infatti visse a Meda, nella casa della propria famiglia. Nasce il 20 febbraio 1937. A 11 anni, a guerra finita e Repubblica Italiana appena iniziata, parte per gli Stati Uniti per raggiungere il padre, Aurelio Guidi, un tenore che portava lo pseudonimo di Nino D’Aurelio. Fu proprio Aurelio a far debuttare il figlio: “ho iniziato la mia carriera con piccoli spettacoli al fianco di mio papà”, confidò Johnny Dorelli (nome d’arte di Giorgio Domenico Guidi), in un’intervista degli anni settanta. Iniziò a cantare a New York, li fece le scuole, studiò al Conservatorio, imparò la musica e cominciò a cantare.
# Il ritorno in Italia: il debutto a Napoli
Torna in Italia dove, nel 1956, debutta a Napoli, al Festival della Canzone di Piedigrotta: qui lo notano alcuni addetti ai lavori del mondo dello spettacolo, che gli danno la possibilità di debuttare in Tv al Musichiere. Nel 1957, sempre a Napoli, passa all’Avanspettacolo, un’esperienza che, a vent’anni, è una buona gavetta, “anche se in realtà di gavetta ne ho fatta poca, sono stato fortunato a trovare abbastanza presto la possibilità di esibirmi con una certa autonomia”, confidò a Pippo Baudo in una “Domenica in” del 1977.
# Le nove partecipazioni al Festival di Sanremo, la prima insieme a Modugno con “Nel blu dipinto di blu”
wikipedia – Modugno e Dorelli nel 1959
Dorelli rivelò che nei primi anni di carriera aveva un difetto: “la “erre” moscia, caratteristica che allora era considerata intollerabile nel mondo della canzone. Per correggere questa “erre” mi consigliarono di esercitarmi dicendo frasi in cui la R la sostituivo con la D”. Chissà se è stato questo consiglio a far diventare la sua voce tra le più riconosciute e apprezzate, sia come cantante, che come attore. Nel 1958 entra nella storia, con “Nel blu dipinto di blu”, cantata al Festival di Sanremo abbinato a Domenico Modugno. L’anno dopo, sempre con Modugno, presentò “Piove”: due canzoni che hanno raggiunto l’Olimpo della musica e due vittorie di fila.
Al Festival si è presentato nove volte, l’ultima nel 2007 con il brano “Meglio così”.
# Uno showman a tutto tondo
Ma Dorelli è anche attore, compositore, conduttore televisivo, speaker radiofonico, e…showman a tuttotondo. Ha scritto tante canzoni, ha inciso circa venti album, ha recitato in trentaquattro film per il grande schermo e quindici per la Tv. Ha condotto programmi televisivi e ha preso parte a storiche pubblicità.
Al Cinema ha lavorato al fianco di Totò, Peppino de Filippo, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Milena Vokotic, Paolo Villaggio e Gloria Guida, con la quale nel 1979 iniziò una relazione, sfociata in matrimonio nel 1991 e tutt’ora ancora presente.
Nel 1974 è Don Silvestro in“Aggiungi un posto a tavola”, la commedia musicale di Garinei e Giovannini diventata il simbolo del musical italiano. Nel 1984 è il maestro Perboni in “Cuore” di Comencini, mentre nel 1988 è Zeno Cosini ne “La coscienza di Zeno” in un ruolo drammatico, dopo anni di canzoni e commedie.
# Un “arrampicatore amoroso”
Dorelli
Maurizio Costanzo tanti anni fa lo definì “arrampicatore amoroso”. Le sue tre principali relazioni sentimentali hanno rappresentato per Dorelli altrettante importanti tappe della vita e della carriera: da Lauretta Masiero ha avuto Gianluca, da Catherine Spaak ha avuto Gabriele e da Gloria Guida, la figlia Guendalina. La sua attitudine ad essere poliedrico, eclettico, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da presentare al pubblico, sono state le caratteristiche di un artista generoso. Generoso ed elegante, con quell’aria sempre un po’ da prenderti in giro che, come si avvicina al limite dell’irriverenza, sa che quello è il momento di deviare verso l’ironia.
Nel Novecento era definito “il sentiero più bello del mondo”. Uno dei percorsi più antichi, sacri e meravigliosi del nostro pianeta richiama turisti da tutto il mondo, dopo oltre 60 anni di chiusura. Scopriamo questo percorso scenografico.
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Il «Cammino della Felicità» è il sentiero più bello del mondo: dove si trova e che cosa lo rende così unico?
# Il sentiero riaperto dopo 60 anni
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Il tragitto si snoda lungo 403 km e percorre in lunghezza il paese, le montagne dell’Himalaya e i templi buddisti. Il sentiero era stato chiuso nel 1960 ed è stato riaperto nel marzo 2022, con il re che ha autorizzato a ripercorrere il sentiero da aprile dello stesso anno.
# Oltre 10.000 scalini
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Lo storico itinerario collega nove dzongkhag(distretti), 28 gewogs(governi locali), due comuni, un parco nazionale e 400 siti storici e culturali. I viaggiatori che seguiranno l’intero percorso attraverseranno 18 ponti e saliranno oltre 10.000 scalini. Il percorso è percorribile a piedi oppure in mountain bike.
# La ristrutturazione dovuta…ad un monarca
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A rendere possibile questa ristrutturazione è stata la fondazione no-profit Bhutan Canada e il monarca Jigme Khesar Namgyel Wangchuck. Si può scegliere di provare questa esperienza a piedi o in bicicletta. In alternativa al percorso originale si può optare per altri più brevi, della durata di 3/4 giorni o una settimana.
# Dentro il tour del sentiero
Il tour standard, che copre solo alcune tappe lungo il sentiero, dura circa dodici giorni. Per percorrere l’intero tragitto serve invece più di un mese. C’è anche una raccomandazione. Non viaggiate da soli! Per intraprendere questo viaggio è infatti consigliabile affidarsi ad una guida, organizzando il viaggio tramite il loro sito ufficiale.
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# Perchè il Bhutan è il paese della felicità?
Bhutan, il paese della felicità. Questo è quanto emerso da una ricerca del 2007 realizzata dagli psicologi Nathan DeWall e Roy Baumesiter dell’Università del Kentucky. Lo studio è stato condotto su due diversi gruppi di studenti dell’università. Al primo gruppo è stato chiesto di immaginare una dolorosa visita dal dentista, all’altro di contemplare la propria morte. Ad entrambi i gruppi è stato poi chiesto di completare le parole chiave, come “jo_”. Il secondo gruppo, quello che aveva pensato alla morte, era molto più propenso a costruire parole positive, come “joy”, gioia. Questo ha portato i ricercatori a concludere che “la morte è un fatto psicologicamente minaccioso, ma quando le persone la contemplano, apparentemente il sistema automaticamente inizia a cercare pensieri felici“.
Non poteva mancare il sondaggio: che cosa odi di più quando prendi la metro a Milano? Così ci hanno risposto i milanesi.
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Le 10 cose che i milanesi detestano quando prendono la metro
#10 I manomorta
Hand for Milan
Spuntano quando la metro è gremita. Si abbandonano alla corrente, ondeggiano come burattini appoggiandosi a chi gli sta attorno, con le mani che toccano un po’ di qua un po’ di là. Ma le milanesi non si lasciano toccare alla sprovvista e hanno in serbo diverse tecniche di contrattacco: come difendersi con spilloni o oggetti appuntiti.
#9 Le scale mobili che non funzionano
Riccardo Mastrapasqua FB – Scale mobili fuori servizio
Soprattutto in salita. O le ascensori rotte da millenni. A Milano il movimento è una religione, soprattutto sulla metro.
#8 Fermi a sinistra sulle scale mobili
Scale mobili a Milano
Anche se c’è chi si lamenta di dover stare a destra con le valigie: «Ma andate a piedi invece di pretendere di superare ed andare veloci» si lamenta Gabriella F.
#7 Chi parla a voce alta
Credits michael_schueller-pixabay- Urlare al telefono
In particolare al telefono.
#6 Quelli che salgono prima di lasciar scendere
Una delle basi della metro di Milano. Prima si fa scendere, poi si sale. Ma per ansia o per cattiveria, molti se ne dimenticano. E ci sono anche quelli che spingono per entrare quando ancora non sono usciti tutti.
#5 Lo sporco
ph. @storie_metropolitane IG
Tipo quella sensazione che provi quando stringi la mano a uno dei pali e senti quel tipico appiccicaticcio da sostanza oleosa. Già è fastidioso per molti aggrapparsi dove si aggrappano gli altri. A questo si aggiunge anche la sporcizia e la scarsa cura nei tunnel, gli adesivi del tempo del Covid, le scritte sui muri etc etc etc
#4 Quelli che stanno davanti alle porte e non scendono mai
Screenshot
Sono definite le «sentinelle dell’insicurezza»: temono che se sale troppa gente non riusciranno a scendere mai più finendo risucchiate fino al deposito della metropolitana. Sono anche dei professionisti del risparmio energetico (il loro): si aprono le porte fanno solo pochi centimetri e si fissano a due dita dal vetro, terrorizzati a ogni stazione di non perdere la priorità acquisita. Una nota inquietante: sembra che a mettersi fissi in mezzo alle porte che si aprono siano anche i borseggiatori.
#3 La puzza/le persone che non si lavano
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Soprattutto quando inizia il caldo. Con l’eau d’ascel. Oppure nelle giornate di pioggia. Con il profumo di cane bagnato.
#2 I borseggiatori/la paura
clicca per il video
Altro fenomeno ormai endemico nella metro. Per qualche strana ragione, telecamere, poche vie di fuga, vigilantes e controllori sembrano essere un terreno fertile per chi vuole agire indisturbato a mettere le mani nelle tasche delle persone. In generale, sono molti i milanesi che hanno risposto che quello che odiano di più è il senso di insicurezza e di paura che ormai si prova sulla metro soprattutto nelle ore serali. Una «quasi sicurezza che qualcuno cercherà di derubarti alla prima distrazione» sintetizza Marco B. Questa invece la testimonianza di Erica A.: «Due sere fa ho accompagnato dai carabinieri di via Moscova una ragazza giapponese: poco prima della fermata Turati due ragazzi le hanno rubato il cellulare. Ero sulle scale mobili, i due mi hanno superato correndo e dietro di me la poverina in lacrime. Pessima esperienza per tutti. I due si sono ovviamente dileguati.»
#1 I saltatori di tornelli
Stravince con oltre 5 punti percentuali sulla seconda risposta. Milano è città sobria, rispettosa delle regole: proprio per questo è insopportabile vedere quelli che saltano i tornelli e che viaggiano a sbafo.
# Le altre risposte
ph. @milanobelladadio IG
Queste le risposte più ricorrenti che restano però fuori dalla top 10
La gente
Lo stare sottoterra
Che si blocca la tessera con le apparecchiature nuove
Il casino delle ore di punta
I tifosi che vanno allo stadio
Chi mangia la schiscetta o panini
I fobici con la mascherina
I controllori
L’inciviltà
La lentezza di chi sale o scende
Chi mette i piedi sopra i sedili davanti
Il treno che si rompe
Gli scioperi
Le infiltrazioni di acqua piovana che ti cadono sulla testa
Il pannello con il messaggio di non superare la riga gialla (quando la scritta dovrebbe essere scritta direttamente sulla riga gialla)
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La prima gara era andata deserta. La seconda ha avuto esito positivo, ma il Tar ne ha annullato l’assegnazione e si attende che il bando venga affidato alla seconda azienda in graduatoria. Nonostante i tempi stringano, per non perdere i finanziamenti, le attività di bonifica procedono e il primo edificio è stato completato. Il punto sul progetto.
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La «Goccia», il più grande bosco spontaneo di Milano, tornerà alla luce?
# Un’area di 18 ettari, sui circa 33 complessivi, bonificata con tecniche di fito-risanamento
Il Bosco della Goccia, un’area verde spontanea che si estende su 18 ettari, rappresenta più della metà dei 33 ettari che un tempo ospitavano l’Union des Gaz. Per la riqualificazione di quest’area, che presenta terreni contaminati da inquinanti specifici, si prevede un intervento di bonifica mirato. Verranno applicate tecniche di fito-risanamento, utilizzando le piante per depurare il suolo, e l’intervento diventerà un laboratorio a cielo aperto per lo studio dei processi naturali di purificazione.
Il progetto mira non solo a ripristinare l’ecosistema e la biodiversità, ma anche a valorizzare le aree verdi urbane con soluzioni sostenibili. Il Comune di Milano ha ottenuto un finanziamento di 5 milioni di euro dai fondi europei FESR, che coprono l’80% dei costi totali pari a circa 6,3 milioni di euro. Il piano prevede anche il recupero di un vecchio edificio industriale nella zona, destinato a una ristrutturazione a impatto zero, con l’obiettivo di restituirlo alla comunità come spazio fruibile.
# I numeri del maxi progetto del Campus del Politecnico
Politecnico – Rpbw – Masterplan Goccia-Bovisa
La valorizzazione del bosco rientra nel più grande Masterplan Bovisa-Goccia firmato Renzo Piano, in collaborazione con il paesaggista Andrea Kipar per la parte del campus. Un progetto pensato per ricucire la Goccia alla città e alla regione attraverso interventi sulla mobilità, il campus sarà collegato da un asse ciclo-pedonale e da due stazioni ferroviarie, completando il polo universitario attraverso il recupero dell’area dei gasometri.
Nasce un grande parco scientifico-tecnologico, con un’estesa area verde che ruota attorno ai due gasometri recuperati:
lo “Smart city innovation hub“, che può ospitare circa 1.000 startup, oltre ad aziende come Luxottica e i suoi laboratori e una sede della “Fondazione per il futuro delle città” dell’architetto Stefano Boeril
la “Fabbrica dello sport“, ampliando l’attuale campus della Bovisa.
rpbw – Campus Politecnico Milano
Questi i numeri dell’intervento:
2 residenze universitarie da circa 500 posti oltre alla riqualificazione di un edificio industriale storico per il food and beverage a servizio degli ospiti del Campus;
3 edifici per aule e una sala ipogea per conferenze;
un edificio sperimentale a zero emissioni per il dipartimento di Energia, sopranominato “la Piramide” e il cui nome ufficiale è En: Lab, alto circa 20 metri, rivestito da pannelli solari e già terminato;
lo smart city innovation hub su un’area di 35.000 mq e 5 edifici;
la fabbrica dello sport con quattro piani dedicati a diverse discipline sportive e al benessere;
un Polo delle Scuole Civiche milanesi.
un’area verde pubblica di circa 40.000 mq che circonda i gasometri;
circa 1000 alberi che si uniranno ai 2000 cresciuti spontaneamente.
# Il Tar ha annullato l’assegnazione del nuovo bando al vincitore, attesa la firma del contratto della seconda azienda in graduatoria
Politecnico – Renderging Goccia Bovisa
Dopo che la prima gara d’appalto è andata deserta, principalmente per l’aumento dei costi dei materiali, il Politecnico di Milano ha indetto subito un secondo bando del valore di poco meno di 152 milioni di euro, con valori più elevati di 65 milioni di euro, per evitare di perdere i finanziamenti statali. La cifra sale ad oltre 594 milioni di euro con le opzioni. Nel contratto è previsto:
progettazione esecutiva e coordinamento della sicurezza per 3.009.000 euro;
lavori di costruzione per 141.475.000 euro;
costi della sicurezza per 3.075.000 euro;
manutenzione per tre anni per 4.249.000 euro;
infine 442.550.000 euro per le opzioni aggiuntive.
Rendering Bovisa Goccia
Per lavorazioni suppletive, bonifiche residue e revisione dei prezzi rispetto al progetto esecutivo e di fattibilità tecnico-economica sono state decise modifiche contrattuali per 54.300.000 euro. A questo si aggiungono i lavori e servizi previsti dal masterplan di Renzo Piano, da affidare attraverso procedure negoziate, per un importo pari a 388.250.000 di euro.
Il secondo bando era andato a buon fine, con l’assegnazione al raggruppamento temporaneo di imprese Sacs.Il Tar ha però deciso di annullarla per mancanza di requisiti tecnici fondamentali sia del raggruppamento che di due delle singole imprese che lo componevano. Entro gennaio di quest’anno il Politecnico avrebbe dovuto affidarlo alla seconda azienda in graduatoria, la Eteria, ma ancora non è stato comunicato nulla a riguardo. Il direttore generale del Politecnico, Graziano Dragoni, aveva comunque rassicurato che «Nel lotto oggetto dei ricorsi sono in corso i lavori di bonifica e quindi il vincitore della gara non sarebbe potuto entrare fino al termine della bonifica se non per qualche intervento propedeutico. Sono ritardi ridotti».
Nel frattempo infatti sono state eseguite bonifiche e i primi grandi interventi nelle varie parti del grande spazio urbano. A questo si aggiunge il completamento dell’edificio EN: LAB, nuova sede del Dipartimento di Energia dell’università, di quattro piano con uffici, aule, laboratori polifunzionali e alcuni destinati al dipartimento di elettrochimica.
La conclusione di tutto il progetto è stato programmato per il 2026 ma a causa delle bonifiche più lunghe e complesse e alla necessità di reperire ulteriori risorse, slitteranno con ogni probabilità al 2027 le aree destinate alle start up, le scuole civiche e le residenze universitarie.
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Di Rubfergar - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=123808229 - Rete Iryo
Si amplia la strategia europea del Gruppo Fs. Vediamo l’ultima novità a poco più di due anni dal primo viaggio del Frecciarossa in terra spagnola.
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La rivoluzione dei viaggi tra Italia e Spagna: la formula «treno+aereo»
# Nasce il biglietto integrato “treno + aereo”
iryo.eu IG
Un altro passo in avanti nella strategia commerciale del Gruppo FS. Il 25 novembre 2022c’era stato il debutto del Frecciarossa tra Madrid e Barcellona, con il brand Iryo dell’operatore ferroviario Intermodalidad de Levante S.A, primo operatore privato spagnolo ad alta velocità partecipato da Trenitalia, Air Nostrum e Globalvia. Il 28 maggio 2024 l’apertura delle vendite sui canali di Trenitalia. Il 17 febbraio 2025 l’annuncio di una rivoluzione della mobilità tra Italia e Spagna: la sigla di un accordo tra Iryo e ITA Airways per offrire viaggi integrati “treno + aereo” tra Spagna e Italia.
# Come funziona e le destinazioni raggiungibili
Di Rubfergar – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=123808229 – Rete Iryo
La partnership consente ai passeggeri, con una singola prenotazione, di raggiungere nuove destinazioni grazie a una serie di viaggi combinati. Il collegamento ferroviario è già incluso, non viene richiesto alcun costo aggiuntivo di trasferimento. I clienti ITA Airways possono raggiungere facilmente con il Frecciarossa città come Cordoba, Valencia, Alicante, Siviglia, Malaga, Alicante e Albacete, non coperte direttamente dai voli di ITA Airways, mentre i passeggeri di iryo possono viaggiare verso oltre 20 aeroporti in Italia, tra cui Roma, Milano, Venezia, Firenze e Napoli.
Il biglietto integrato permette inoltre di beneficiare dell’offerta e dei servizi di entrambe le compagnie, con il Customer Information Assistance di ITA Airways e il personale iryo, se presente nelle stazioni, disponibile in caso di necessità. L’Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo FS, Stefano Antonio Donnarumma, ha spiegato: «La nostra visione è quella di promuovere una mobilità senza soluzione di continuità tra i vari Paesi europei, con il treno come strumento di connessione tra le principali città e metropolitane.»
# Dove si possono acquistare i biglietti
Acquisto biglietto treno e aereo
I biglietti integrati “treno+aereo” sono disponibili sul sito web di ITA Airways ita-airways.com, presso le agenzie di viaggio abilitate, le biglietterie ITA Airways e il Customer Information Assistance Office della compagnia. I clienti di ITA Airways, prima di salire a bordo dei treni iryo, posso fare richiesta dell’invio dei biglietti via email nella fase di prenotazione o in alternativa ottenere i titoli di viaggio iryo andando sul sito www.iryo.eu.
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New York ha il Central Park, Milano potrebbe avere il parco orbitale.
Dirompente, semplice e rivoluzionaria, questa è l’idea dell’urban planner Giacomo Biraghi di realizzare a Milano il parco urbano più grande al mondo. Il progetto, come realizzarlo e tutto quello che occorre sapere è nel video.
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Di Arbalete - Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4676335 - Stazione di Porta Nuova prima della riconversione
La prima storica stazione di Milano, quella della seconda linea ferroviaria della storia d’Italia, rimane ancora oggi uno degli edifici più eleganti di Milano. Qual è la sua storia, in cosa è stata trasformata e quali tracce del passato conserva al suo interno.
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Questo palazzo era la prima storica stazione di Milano: al suo interno ci sono le tracce del suo passato
# La Linea Milano-Monza: la seconda ferrovia d’Italia
Di Arbalete – Opera creata e caricata dall’autore (own work by uploader). Background map form Openstreetmap (http://www.openstreetmap.org/)., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10385230 – Linea Milano-Monza
Il 17 agosto 1840 segna un momento fondamentale nella storia delle ferrovie italiane: viene inaugurata la tratta Milano-Monza, la più antica linea ferroviaria in Italia dopo la Napoli-Portici. La nuova ferrovia, progettata dall’ingegnere Giulio Sarti, collegava Milano a Monza in soli 19 minuti, percorrendo una distanza di 12,8 km. A differenza della Napoli-Portici, la Milano-Monza può essere considerata la prima vera linea ferroviaria italiana, perché realizzata con tecnologie e progettazioni interamente italiane. Questo tracciato non solo segna il debutto di Milano come nodo centrale della rete ferroviaria nazionale, ma contribuisce anche a promuovere l’espansione delle ferrovie lombarde, che di lì a poco avrebbero fatto da modello per il resto del paese.
# La storia della prima stazione della città
Di Sconosciuto – Annali universali di statistica, luglio 1840, vol. 65, fasc. 193, Allegato, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6530630 – Stampa dell’epoca della Stazione di Porta Nuova
La prima stazione ferroviaria della città, sulla linea Milano-Monza, viene inaugurata insieme alla tratta, diventando il primo punto di riferimento ferroviario per i milanesi. La sua costruzione, avvenuta nei primi anni ’40 dell’Ottocento, si inserisce in uno stile architettonico neoclassico, tipico dell’epoca, un edificio di tre piani con un pronao a capitelli ionici sormontato da un frontone triangolare. Il progetto prevedeva una struttura in muratura con ampi spazi destinati alla gestione dei viaggiatori e delle merci. La stazione diviene rapidamente un importante hub di passaggio e collegamento tra Milano e i suoi dintorni, contribuendo alla crescita dell’area.
Di it:Giuseppe Pezze, ed. Luigi Ronchi, Milano – Stagni web a: https://www.stagniweb.it/altro2/mappe3/mi856NO.jpg, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=145379915 – Le due prime stazioni della Milano-Monza, in rosso quella più vecchia
Tuttavia, con l’espansione della rete ferroviaria e l’introduzione di nuove stazioni, la vecchia struttura non fu più sufficiente e fu sostituita da una stazione più moderna già nel 1850, realizzata a fianco.
Di Arbalete – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6636632 – Seconda stazione di Porta Nuova aperta nel 1850
Nonostante la chiusura, la sua memoria è rimasta viva, come testimoniano alcune tracce che oggi possiamo ritrovare all’interno.
# La definitiva trasformazione in hotel di lusso conservando la memoria della funzione originaria dell’edificio
Di Arbalete – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4676335 – Stazione di Porta Nuova prima della riconversione
Dopo la chiusura, la vecchia stazione non venne abbandonata, ma riutilizzata come uffici delle Ferrovie dello Stato, mantenendo una connessione con il mondo ferroviario. La struttura fu adattata per rispondere alle esigenze amministrative, ma il suo ruolo nel panorama urbano cambiò con il tempo.
avani_milan IG
Successivamente infatti, l’edificio venne progressivamente dismesso in favore di nuovi usi, fino a essere trasformato nel 2003 in NH Milano Palazzo Moscova 4 stelle, dal 2015 Avani Palazzo Moscova Milan, con 65 camere, centro fitness e ristorante gourmet. La riqualificazione ha visto il mantenimento della facciata originaria, mentre all’interno sono conservate tracce del suo passato, come:
le antiche volte del piano interrato,
i segnali ferroviari,
il conta chilometri dei treni
e alcuni oggetti provenienti dall’Ufficio Oggetti Smarriti delle Ferrovie dello Stato, tra cui le valigie all’ingresso, a testimoniare la lunga storia della stazione.
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Un momento che sembrava non dovesse arrivare più. A due anni dall’avvio del primo test, il nuovo Tramlink ha compiuto il viaggio inaugurale sulla rete milanese. Come è andata la prova e in quali linee è previsto il debutto del servizio regolare.
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In «diretta» dal viaggio inaugurale del nuovo tram di Milano (foto e video)
# Le prime impressioni del nuovo Tramlink dopo due anni di attesa e di rinvii
Foto redazione - Tramlink
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Foto redazione - Tramlink
Foto redazione - Tramlink frontale
Foto redazione - Tramlink interno
Foto redazione - Tramlink monitor
19 febbraio. Il nuovo Tramlink di Stadler numero vettura 7701, il primo tram bidirezionale di Milano, è stato svelato durante un incontro con gli amministratori delegati di ATM e Stadler presso il deposito di via Messina.
Al termine, si è svolto il primo viaggio inaugurale attraverso le strade del centro città: un’attesa di quasi due anni rispetto a quando sarebbe dovuto entrare in servizio in base al primo cronoprogramma.
Presentato come “un mezzo di ultima generazione, altamente tecnologico, accessibile e con un sistema all’avanguardia di videosorveglianza per un miglior comfort di viaggio”, le prime impressioni sono state positive.
Foto redazione - Tramlink interno
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Foto redazione - Sedili richiudibili Tramlink
Foto redazione - Tramlink sedute a salottino
In particolare per:
la silenziosità;
le sedute rialzate su un gradino sia nei salottini, in questo modo si azzera il rischio di farsi pestare i piedi, che nelle disposte in linea,
come nella linea M4 e M5 alcune file di sedili in linee sono richiudibili, per fare spazio a carrozzine e sedie a rotelle, e per aumentare lo spazio per le persone in piedi;
le tre porte centrali doppie, invece delle due singole alle estremità dei Sirio, consentono un migliore accesso ed evitano la creazione di ingorghi in salita e discesa.
Di contro c’è che, sempre rispetto al Sirio, il mezzo è sensibilmente più corto e di conseguenza la capienza è ridotta.
# Il riepilogo delle caratteristiche
Caratteristiche tecniche Tramlink
Queste le caratteristiche principali:
il primo tram urbano bidirezionale di Milano, consente l’inversione di marcia in caso di necessità e di realizzare nuovi capolinea occupando meno superficie, eliminando la necessità di costruire l’anello di binari;
pianale ribassato per garantire massima accessibilità, il primo tram urbano bidirezionale di Milano,
resistente alla corrosione;
a bordo un sistema di videosorveglianza con 10 telecamere interne monitorate dalla centrale Security di Atm;
dotato anche di un sistema di infomobilità in tempo reale e schermi che indicano fermate, percorso e informazioni sulla mobilità cittadina
prese USB per ricaricare gli smartphone;
sistema di climatizzazione.
# L’avvio ufficiale del servizio e le prime linee interessate
Linee 7 e 31
I tram di ultima generazione vanno a sostituire progressivamente nei prossimi due anni i mezzi più datati, entro la fine dell’anno dovrebbero entrare in servizio i primi 74, eccetto che per le storiche 125 vetture Carrelli. L’obiettivo è portare l’accessibilità dell’intera flotta tranviaria di Atm dal 48% all’80%. Il debutto dei nuovi mezzi è fissato per il 20 febbraio sulle linee 7 e 31, entrambe a nord. Vengono messi in circolazione sia quelli da 25 metri che quelli da 35 metri, con 4 porte, anche se poi questi ultimi sono destinati alle prevalentemente alle linee extraurbane in costruzione: la Milano-Limbiate e la Milano-Seregno Fs.
# Cosa manca ancora ai tram di Milano?
Foto redazione – Tramlink frontale
Fatto trenta occorre però fare trentuno. Per rendere la rete tranviaria davvero efficiente Palazzo Marino dovrebbe:
implementare l’asservimento semaforico, aumenterebbe la velocità dei tram e la frequenza delle corse a parità del numero di autisti, dato che se ne parla dagli anni ’90;
eliminare le fermate troppo ravvicinate;
mettere in sicurezza i binari dal dissesto delle strade, con la posa di “guarnizioni” di calcestruzzo/pietra o sostituendo l’asfalto con la pietra o il cemento;
realizzare una mappa dei trasporti in cui è riportata in modo chiaro anche la rete dei tram.
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«Addirittura uno pensava che fossi un cuoco». Primo estratto dalla seconda puntata de Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con il lato chiaro di Stefano Zecchi è in onda da lunedì 24 febbraio sul canale di youtube di Milano Città Stato.
Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).
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Quando finisce il Festival di Sanremo, scoppiano le polemiche. Si esce dall’ovatta delle canzoni e si rientra nella rissa del bla bla bla, spesso ipocrita. Come quella che sta divampando in queste ore. Da un lato molti denunciano l’assenza di cantanti donna tra i primi cinque. Ma gli stessi poi se la prendono con la manager di chi ha vinto il Festival. Attaccata per aver gestito quattro dei cinque ultimi vincitori. Altrove vincere così spesso vorrebbe dire che è brava a fare il suo mestiere. Ma da noi si insinua che questo sia la prova che il Festival è corrotto. Perché una donna non può essere una brava manager? Anzi, la più brava?
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Femminismo a targhe alterne: la difesa della donna cantante, il massacro della donna manager
# Il femminismo fasullo a favore di Giorgia
labettyvolante IG – Sanremo
Finito il festival scoppiano le polemiche. Le maggiori riguardano il fatto che nella classifica finale i primi 5 cantanti in cima fossero tutti uomini: per molti questo è un segnale dell’esistenza dei pregiudizi di genere anche nella musica. In tanti si aspettavano di vedere svettare Elodie, Rose Villan, Francesca Michielin, ma più di tutte Giorgia, considerata fin dalla prima serata la grande favorita e che sarebbe arrivata sesta a causa della mentalità maschilista. La stessa Giorgia in conferenza stampa ha così commentato così la sua esclusione dalla cinquina finale: «ci deve essere qualcosa di inconscio nella nostra mentalità per cui arriviamo a certe scelte, a votare in un modo o nell’altro. Eppure, la qualità delle artiste in Italia in questo momento è pazzesca, noi siamo molto unite, quando va bene qualcosa a una è un vantaggio per le altre. Finché dobbiamo sottolineare che non c’è una donna vuol dire che c’è un problema, arriveremo ad un punto in cui non si dovrà notare se una donna c’è o non c’è». Quindi, tutta colpa del maschio, se Giorgia è arrivata “solo” sesta. Può essere. Anche se una analisi più seria dovrebbe ammettere che il testo era sì innalzato dalla sua voce divina, ma la canzone in sé non era niente di originale. Anzi. A detta degli esperti, sembra un po’ troppo simile a “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla. Ma questa è un’altra storia. Meglio gridare allo scandalo del patriarcato, il potere maschio. Potere che peraltro sembra valere un po’ a intermittenza. Ad esempio, lo scorso anno era stata Angelina Mango a vincere superando al fotofinish la superstar della musica italiana: Annalisa. In quel caso il patriarcato se c’era, dormiva. Invece ciò che non dorme mai è l’ipocrisia. Anche di quelli che si ergono a difesa delle donne. Perché mentre attorno a Giorgia veniva innalzato un fortino, contro un’altra donna si sono scatenate le peggiori illazioni. Una donna la cui colpa è di avere vinto il Festival. Non sul palco, ma dietro le quinte.
# Ad alzo zero contro la grande trionfatrice degli ultimi festival
Marta Donà e Marco Mengoni – ph. @ _marcoline_ IG
A rivelarlo è stato il noto giornalista Enrico Mentana. La vera trionfatrice del festival in realtà è proprio una donna. Non ha solo vinto. Ha stravinto. Non sul palco, ma nelle stanze del potere vero. Si tratta di Marta Donà, di professione manager musicale. Non solo ha gestito Olly, primo quest’anno, ma è stata lei a portare al successo anche Angelina Mango, Mengoni e i Maneskin. Ossia i vincitori dei festival degli ultimi anni. La stessa manager che vince quattro volte su cinque? In qualunque ambito, nello sport o anche tra i cantanti, chi vince così tanto verrebbe innanzitutto celebrato come qualcuno di molto bravo. Che se non altro fa bene il suo mestiere. Ma sembra che questo non valga se si tratta di una manager musicale. Donna per giunta. A quel punto casca il mondo. Vince quasi sempre lei? “Questa è la prova che il festival è truccato”. Il nocciolo della questione è che i suoi artisti non vincerebbero perché lei è brava, ma perché sarebbe la burattinaia di non si sa bene quali giochi di potere per cui lei, l’eminenza grigia della musica italiana, riuscirebbe a far vincere chiunque porti su quel palco. Che poi, se ci pensiamo bene, potrebbe essere un segnale di una sua ancora più grande intelligenza: quella di vincere in un mondo di potere, quello sì, stradominato dai maschi. E allora, care femministe a targhe alterne, perchè invece non fare squadra e celebrarla come grande esempio di donna del nuovo millennio? E, soprattutto, perché invece non invitate a studiare il segreto del suo successo, ossia del suo impatto sui cantanti che gestisce?
# Una donna che fa bene il suo mestiere. Anzi, lo fa meglio di tutti
Marta Donà a un concerto – Ph. @ nadza_mengoni.dona IG
Proviamo a vedere dai fatti quali possono essere le doti di Marta Donà. Magari è vero che è bravissima a tramare nel buio e a indirizzare con strani artifici il voto popolare. Ma magari potrebbe essere anche probabile che sia un asso a scovare talenti inespressi, come Marco Mengoni, che le chiese di mollare tutto per seguire lui. Magari è bravissima a creare e a gestire un team attorno agli artisti, un team che ha saputo costruire un immaginario e una carriera. Blanco, ad esempio, è stato catapultato dalla stanzetta agli stadi, ma mettetelo a confronto con Olly che ha avuto un percorso molto più lineare passando, prima di arrivare ai palazzetti, a farsi due anni di gavetta nei club. Dopo il mezzo flop di Sanremo 2023, Olly si è preso una pausa per crescere e di pensare con calma solo alla musica, della quale è unico autore, con un orizzonte temporale più lungo di qualche mese. Chi gli ha suggerito e consentito di fare questo è stata proprio Marta Donà, perché la musica e il talento certo sono fondamentali, ma il talento senza strategia, senza direzione e senza qualcuno che sappia trasformarlo in un progetto resta solo un illusione un po’ infantile. La verità è che l’unica fatto oggettivo che traspare dalla catena impressionante di vittorie, è che sia brava. Bisognerebbe rallegrarsi del fatto che oltre Caterina Caselli, Paola Zukar e poche altre, anche Marta Donà si imponga nella discografia come un nome fenomenale e vincente, rispettato da tutti, con la capacità di intuire le potenzialità di spesso artisti ancora acerbi.
# E se il moralismo ipocrita fosse il vero male dei nostri tempi?
Marta Donà – ph. @ massimiliano_beneggi IG
La verità è che il male è affascinante e infangare chi si eleva è sempre un modo di compiacere alla mediocrità. Ma invece sarebbe più stimolante se, prima di distruggere con un automatismo becero, si dessero i meriti a chi eccelle, senza compromessi. È facile parlare di femminismo e di quanto le donne siano poco considerate, quando semplicemente i pezzi maschili quest’anno erano più forti, ma nel momento in cui c’è da riconoscere la straordinaria astuzia femminile che ha portato alla nascita dei maggiori artisti dei nostri tempi, si cerchi sempre di svilire il suo lavoro. Soprattutto è subdolo lamentarsi della non riconoscenza della bravura delle donne perché non vincono sul palcoscenico, e criticare quando è una donna a vincere dietro le quinte.
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Carnevale è iniziato e si sa che quello ambrosiano è quello più lungo del mondo. Infatti dura fino all’8 marzo, con martedì grasso il 4 marzo e giovedì grasso il 27 febbraio. Ma vediamo quali sono gli appuntamenti principali di questa festività a Milano e dintorni.
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Il Carnevale Ambrosiano, «il più lungo del mondo»: gli eventi da non perdere, anche fuori Milano
# Cosa succede a febbraio
Il mercato dei saltimbanchi
Andiamo con ordine.
Venerdì 21 febbraio presso la biblioteca Accursio, laboratorio per bambini, “Chi si nasconde dietro la maschera” per creare maschere con i “bibliononni”.
Sabato 22 febbraio, le iniziative per i più piccoli:
Di mattina, presso Cascina Merlata, via Pier Paolo Pasolini 3, Municipio 8, laboratorio di ravioli dolci, tipici carnevaleschi.
Di mattina, laboratorio con la plastilina “Cascina kids” a Cascina Nascosta, viale Alemagna 14, Municipio 1.
Di mattina, laboratorio con la plastilina “Cascina kids” a Cascina Nascosta, viale Alemagna 14, Municipio 1.
Nel pomeriggio, alla Biblioteca di Chiesa Rossa, Municipio 5, e alla biblioteca di Lorenteggio, Municipio 6, laboratori di creazione maschere.
Al Teatro Manzoni, Municipio 1, sempre di pomeriggio, lo spettacolo “I nuovi Avengerserers, un nuovo inizio”.
Domenica 23 febbraio in Duomo, Municipio 1, “Un carnevale a corte” presso il Museo del Duomo per scoprire come si celebrava ai tempi andati il carnevale e creare oggetti a tema storico.
Dal 25 febbraio all’8 di marzo, “Il mercato dei Saltimbanchi”, festival di teatro popolare con moltissime iniziative e spettacoli, di cui rimandiamo per informazioni al sito www.atelierteatro.it.
# Gli eventi di marzo, con la sfilata dei carri il sabato grasso
Credits Andrea Cherchi – Carnevale Milano
Dall’1 al 2 marzo presso Adi Design Museum, Municipio 8, Piazza Compasso d’Oro 1, si tiene il laboratorio “Costumi di Carnevale fatti a quattro mani” per creare originali costumi in compagnia.
Il 2 marzo è previsto:
Al Museo Bagatti Valsecchi, Municipio 1, visita guidata “Il Carnevale Rinascimentale”.
Per il Teatro alla Scala, è previsto “Lalla e Skali” spettacolo con i Cameristi della Scala.
Al Teatro Martinitt, via Riccardo Pitteri 58, spettacolo per bambini sulle emozioni.
Milano Clown Festival
Dal 5 all’8 marzo, il Milano Clown festival 2025 con 150 eventi gratuiti, per info www.milanoclownfestival.it.
Il sabato grasso, 8 marzo:
è il giorno in cui sono concentrati più festeggiamenti. Da corso Venezia a piazza Castello è prevista la sfilata dei carri allegorici con punti dove acquistare dolci tipici, insieme al corteo mascherato che attraversa il centro storico.
Alla Pinacoteca Ambrosiana, si tiene “Caccia al dettaglio”, visite per famiglie con laboratorio di disegno Speciale Carnevale.
Fino al 16 di marzo è possibile divertirsi al luna park in Parco Sempione, nella zona tra via Gadio e l’Arena Civica, il più antico nel suo genere.
# Gli eventi fuori Milano
A Carnevale ogni scherzo vale
Dal 1 al 2 marzo alla Cascina, via Brughiera 51 – Cornaredo, fattoria didattica “Il Carnevale”.
Fino all’8 marzo presso la cascina l’Agricola di Lainate, la manifestazione per i più piccoli “A carnevale ogni scherzo vale”, con sfilate, laboratori, giochi di gruppo e visita agli animali.
E se in caso si volesse fare una gita fuori porta, il 22 febbraio, a Grandate (Co), al Museo del Cavallo Giocattolo, via Tornese 10, uno spettacolo mascherato tra musica e filastrocche.
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Milano è divisa sul nuovo Villaggio Olimpico: ricorda più «Stasistadt», un quartiere della Germania Est di Honecker, oppure un dormitorio nella URSS di Breznev?
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L’«Ostalgie» di Milano: il Villaggio Olimpico dove si torna ai tempi del muro di Berlino
# «Perfetto per trasformare l’esperienza universitaria in una distopica simulazione di sopravvivenza in un Paese dell’ex blocco orientale»
Rivolta Architettonica FB – Villaggio Olimpico
Il Villaggio Olimpico fa discutere Milano, come avevamo anticipato in questo precedente articolo. Ormai si sta affermando nell’immaginario dei milanesi come un tempio dell’«Ostalgie», il sentimento provato a Berlino per i nostalgici della Germania Est. Per alcui ricorda la «Stasistadt», un quartiere della Germania Est di Honecker. Ma “Rivolta Architettonica”, “un movimento popolare che protesta contro la continua bruttezza delle nostre città”, rincara la dose: «Nel mondo esistono città che sfruttano le Olimpiadi per lasciare un’eredità architettonica di pregio, e poi c’è Milano, sedicente capitale del design, che per l’occasione ha deciso di costruire un villaggio olimpico che sembra uscito da un manuale di edilizia popolare sovietica.»
E ancora: «una collezione di parallelepipedi senz’anima» […] «Blocchi anonimi, finestre posizionate con regolarità carceraria: praticamente un dormitorio aziendale dell’era Brežnev. Ma il vero colpo di genio è per il dopo Olimpiadi, quando questo monumento alla mediocrità verrà riciclato come studentato (al modico prezzo di 430 euro in camera doppia, come annunciato da Coima, l’azienda che sta realizzando il complesso). Perché, si sa, niente stimola la creatività e l’ingegno di un giovane quanto vivere in un bunker esistenziale, perfetto per trasformare l’esperienza universitaria in una distopica simulazione di sopravvivenza in un Paese dell’ex blocco orientale.»
# «L’architettura socialista a Leningrado era di qualità più elevata»: le reazioni dei milanesi
Rivolta Architettonica FB – Vista Villaggio Olimpico
Sono molti i milanesi che concordano sul giudizio. Ecco alcuni commenti:
«Segnalo che mediamente l’architettura socialista a Leningrado era mediamente di qualità più elevata» – Alessandro Coppola
«Cemento, cemento, cemento. Amministrazione Sala II lascerà un ricordo indelebile, la resa al potere degli immobiliaristi…Neppure la peggiore delle amministrazioni di destra avrebbe potuto fare di peggio» – Alberto Perrotti
«Direi più quartieri di Dubai dove ci stipano i lavoranti dal Pakistan.» – Marco Zanaletti
«Scampia, le vele. Tecnicamente uguale.» – Luca Crisafulli
«Non c’è un solo progetto realizzato negli ultimi 10 anni che si possa dire ben fatto. Piazza Sant’Agostino e i Navigli ne sono un esempio. Ambizioni da paesotto di campagna e risultati di rara mediocrità.» – Stefano Sgambati
«Uno scempio» – Mimmo Gambardella
# Non si poteva fare di meglio? Sì, bastava rispettare il MasterPlan originario
scaloportaromana.com – Nuovo masterplan
Per quanto riguarda le finestre piccole, spesso senza balconi, è una caratteristica un po’ discutibile che negli ultimi anni si ritrova anche in altri studentati di Milano: da Aparto al Politecnico in Corvetto fino al CampusX a Novate. Forse per motivi di sicurezza. Se fosse così su questo aspetto non ci sarebbero state quindi tante alternative vista la destinazione d’uso definitiva del Villaggio Olimpico.
Detto questo, si sarebbe potuto fare molto meglio:
Per prima cosa scegliendo una colorazione più calda, invece del grigio chiaro intervallata dal bianco, come previsto nei rendering.
Un’altra strada sarebbe potuta essere quella di scegliere un progetto che più si avvicinasse all’architettura italiana per le sei stecche, anche optando per uno stile industriale, e forse il pur blasonato Studio di Architettura Skidmore, Owings & Merrill non era il più adatto.
Primo masterplan Scalo Romana
In alternativa si sarebbe dovuto proseguire con il primo masterplan, che prevedeva due edifici a “C”, da trasformare in studentati, affiancati sui lati da altri due ad uso residenziale con la stessa forma. In questo modo il verde sarebbe stato più integrato con il resto del parco in quanto permeabile nelle corti al piano terra dei palazzi.
Quindi alla fine si arriva sempre al solito problema: i masterplan iniziali, spesso presentati per vincere concorsi e meravigliare l’opinione pubblica, che alla fine vengono sempre stravolti. Cancellando il verde e aumentando il cemento.
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A Milano si può vedere uno dei simboli più terrificanti. In realtà non è quello che si può pensare
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19 febbraio 2023. Appare una enorme svastica. Milano è sotto choc: eppure non è l’unica in città
# 19 febbraio: l’ultima svastica comparsa al Parco Nord
La svastica al Parco Nord
19 febbraio 2023. Al Parco Nord, proprio accanto al Monumento al Deportato, compare una enorme svastica realizzata con tronchi di legno. Un atto vandalico che rievoca, ancora una volta, l’ombra del nazismo. Ma non tutti sanno che a Milano esistono svastiche che con quell’ideologia non hanno nulla a che fare. Anzi, affondano le loro radici in epoche molto più remote.
# Le svastiche storiche di Milano
Svastica a San Marco
Svastiche si possono scorgere sull’abside della Chiesa di San Marco e sui quattro lati del sarcofago sotto il pulpito della Basilica di Sant’Ambrogio.
Ma non si tratta di un’inquietante apologia, bensì dell’antico utilizzo di un simbolo sacro e beneaugurante, radicato nelle tradizioni religiose dell’India e diffuso ben prima che il Novecento ne stravolgesse il significato.
# Le origini della svastica
Prima di essere corrotta dalla follia nazista, la svastica era un simbolo universale, legato all’ordine cosmico, all’origine della vita e persino alla pace. Poi, nell’Ottocento, un monaco austriaco ci mise lo zampino, avviando la sua metamorfosi verso un significato oscuro.
Le origini della svastica. Nella Grecia preellenica, la celebre croce a bracci uncinati raffigurava il moto perpetuo, mentre in Italia compariva già sulle ceramiche etrusche. Nel Nord Europa rappresentava la luce solare, simbolo di salvezza dalle tenebre del male. In Oriente era diffusa tanto nell’induismo, dove simboleggiava Vishnu, il protettore del mondo, quanto nel buddhismo, dove esprimeva la ciclicità dell’esistenza.
Anche il cristianesimo ne fece ampio uso: la sua forma a croce la rese un elemento iconografico presente in molte chiese, come testimoniano le svastiche scolpite nell’abside di San Marco e nel sarcofago sotto il pulpito della Basilica di Sant’Ambrogio.
Ovunque, un simbolo di vita, equilibrio e positività. Finché qualcosa non ne stravolse per sempre il significato.
# I due Adolf
Per millenni, la svastica ha mantenuto il suo significato benigno. Fino al 1895.
Adolf Lanz, un giovane monaco austriaco ossessionato dall’occultismo e dall’esoterismo, venne espulso dall’Università di Linz per le sue idee considerate incompatibili con la fede cattolica. Ma l’allontanamento non fece che alimentare la sua ossessione. Decise così di partire per l’India, in cerca di risposte. Fu a Calcutta che entrò in possesso di un anello con incisa una svastica. Un semplice ornamento? Per lui, molto di più. Tornato in Austria, fondò una setta esoterica chiamata Ostara, che elevò quel simbolo a reliquia magica.
La dottrina di Ostara era un miscuglio pericoloso di esoterismo orientalista, arianesimo e antisemitismo radicale. Lanz fu il primo a sostenere che gli ebrei dovessero essere annientati proprio attraverso il simbolo della svastica, trasformandola in un segno di “purificazione”.
Un paio di decenni dopo, un altro Adolf austriaco avrebbe ripreso quella visione distorta, rendendola emblema del partito nazionalsocialista. La svastica, posta su uno sfondo rosso, divenne così il marchio della sua supremazia ideologica sul comunismo e il vessillo della tragedia del Novecento.
É bastato meno di un metro quadro per avere la discoteca più piccola del mondo. Andiamo a vedere come.
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La discoteca più piccola del mondo
# Ecco Teledisko, la discoteca più piccola al mondo
credits teledisko
Anche una cabina telefonica può diventare una discoteca. É quello che è accaduto nel 2016 a Berlino, quando Benjamin Uphues, autore dell’idea, dà vita ad un progetto artistico chiamato Teledisko, un dancefloor itinerante che ospita solamente un metro quadro di superficie. In questo piccolo spazio c’è tutto il necessario per dare vita ad una discoteca: un impianto audio con bassi potenti e luci stroboscopiche.
# Come funziona? Fari intermittenti, giochi di fumo e discobar
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Una volta entrati, la discoteca si accende con fari intermittenti, giochi di fumo e discobar. All’esterno, invece, la piccola cabina telefonica presenta un display sull’esterno che permette di scegliere il brano: si inserisce una moneta da due euro e si aprono ufficialmente le danze.
# Quante ce ne sono?
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A oggi sono 8 le discoteche “small” sparse in giro per il mondo. 5 di queste si trovano a Berlino. In Inghilterra, invece, il consiglio comunale di Kingsbridge ha convertito una Red Box, tipica cabina telefonica inglese, in una mini discoteca di massimo due posti.
Ma il progetto zero della discoteca small si trova all’interno del Kater Blau, noto club techno di Berlino situato nel verde di Holzmarkt 25. Musica h24, 7 giorni su 7, invece, dentro l’abitacolo Gold: al numero 99 di Revalerstr, il miniclub si nasconde dietro il ristorante Emma Pea.
L’idea è gia arrivata in molti paesi europei, ma non in Italia. Quindi, perchè non provare a Milano?