Fino al millesettecento inoltrato a Milano non esistevano le vie, almeno non come le intendiamo noi. Se qualcuno vi avesse chiesto una destinazione voi gli avreste risposto qualcosa tipo “la prima strada a dritta, dopo la chiesa X o la croce Y o la porta Z, l’ultima casa grande a sinistra” (cit. I Promessi Sposi). Milano era un po’ come la Tokyo di oggi, insomma. Invece di strade con il nome, c’erano punti di riferimento con cui orientarsi.
Facile immaginare che una situazione così approssimativa non doveva andare a genio agli austriaci che decisero di mettere ordine a questa confusione.
# Il compito di dare un nome alle strade viene dato a… Ferdinando Cusani
Nel 1786 il conte Wilzeck, ministro imperiale del governo della Lombardia, ordinò a un marchese milanese, che aveva la carica di “giudice delle strade”, di battezzarle ufficialmente.
Il marchese iniziò la sua opera dalla Contrada dei Baggi che si snodava nei dintorni del Castello. Come primo nome da dare a una via scelse il suo: Ferdinando Cusani.
Procedette quindi battezzando tutte le contrade di Milano affiggendo sulle cantonate delle cartelle su cui fece dipingere in nero il loro nome. Cartelle che furono poi sostituite da targhe in marmo.
# I numeri teresiani come numeri civici
Sempre Cusani attribuì anche i numeri civici alle case, ma utilizzò il sistema asburgico, che è ancora in vigore a Venezia. Partendo dal centro ordinò con numeri crescenti tutte le case procedendo in senso circolare antiorario. Il numero “uno” toccò al Palazzo Arciducale, il “due” all’Arcivescovado, il “tredici” al Palazzo di Giustizia e così via. L’ultima casa raggiunta con questa numerazione ebbe il 5314.
Solo con l’unità d’Italia si passò alla numerazione per vie e venne adottato il sistema di numerare con i dispari le case a sinistra e con i pari quelle di destra.
A Milano esiste ancora una cartella viaria dei tempi di Maria Teresa d’Austria: si trova in via san Maurilio al numero 18 e reca la scritta “CONTRADA DI SANT’AMBROGIO ALLA BALLA”. Le balle erano gli involucri caricati sulle spalle dai facchini che in questa zona si radunavano.
«Milano dà a Roma 20 miliardi ma ne riceve indietro solo 0,5»: Sala si allinea con Milano Città Stato?
# 20 miliardi allo Stato e poi Milano è costretta a tagliare i servizi
Credits ilgiorno.it – Coda fuori dalla fermata Pasteur
«Da Milano arrivano a Roma 20 miliardi di euro l’anno solo da tasse sul reddito, e ne riceviamo 500 milioni» lo ha affermato il sindaco Giuseppe Sala, alla presentazione del libro “Un patto per il futuro. Dalla sopravvivenza alla convivenza”, Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale. Il sindaco torna su un tema caro a Milano Città Stato: è corretto che la città che versa allo Stato 20 miliardi di euro ne riceva indietro appena 500 milioni? E che, soprattutto, per l’inadeguatezza della cifra sia costretta a caricare di tasse e gabelle i cittadini per poter mantenere un minimo standard nei servizi?
# In realtà la cifra da Milano allo Stato è il doppio: 40 miliardi
L’OCSE calcola in 312 miliardi il PIL prodotto nell’area metropolitana, di cui circa 80 miliardi nel Comune di Milano. Applicando il tasso di pressione fiscale reale in Italia, significa che Milano versa oltre 40 miliardi allo stato italiano, considerando solo il Comune. Cifra che arriva a 156 miliardi di tasse pagate allo stato, se si calcola l’area metropolitana di Milano, come viene definita dall’ OCSE.
# Se Milano potesse fare come la città stato di Madrid
Isabel Diaz Ayuso, presidente della città statodi Madrid che si è opposta al governo centrale (da: @isabeldiazayuso – instagram)
Se Milano potesse trattenere il 50% delle imposte generate sul territorio come accade per Madrid (città stato), significa che potrebbe avere un budget superiore di 10 miliardi ogni anno.
Invece di doversi indebitare o andare a chiedere soldi a Roma, Milano potrebbe avere risorse straordinarie che potrebbe utilizzare per incentivare ancora di più lo sviluppo del territorio.
Anche senza arrivare all’estremo di Madrid, diventando una regione a statuto ordinario Milano potrebbe disporre di molte più risorse che sarebbero più coerenti rispetto a quello che produce.
# I vantaggi a diventare una città stato
Credits andreazambelli__ IG – Amburgo
Oltre ai vantaggi di budget vediamone altri che si potrebbero ottenere se Milano acquisisse lo status di regione.
– Gestione sanità locale. Milano potrebbe gestire la sanità in autonomia. All’interno della regione che raggiunge gli standard più elevati pensiamo che modello straordinario rappresenterebbe il sistema sanitario milanese. Un’eccellenza mondiale
– Rappresentanza nel senato delle regioni. Se il referendum dovesse ratificare la riforma costituzionale, Milano potrebbe disporre di suoi rappresentanti nel nuovo senato delle regioni.
– Possibilità di trattare direttamente con il governo. Con lo status di regione, Milano non avrebbe più organi intermedi tra sé e il governo di Roma. Questo significa che potrebbe contrattare direttamente l’eventuale estensione dell’autonomia o l’attribuzione di leggi speciali.
– Possibilità di chiedere lo statuto speciale. In Italia ci sono regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, con un’autonomia più estesa e una disciplina applicata ad hoc. Come previsto dall’articolo 116 terzo comma della legge di riforma delle regioni del 2001, con lo status di regione Milano potrebbe chiedere l’estensione allo statuto speciale, in modo coerente con le esigenze del territorio.
– Possibilità di confrontarsi alla pari con le altre città stato (o città regione) d’Europa. Le regioni hanno la possibilità di avere propri rappresentarsi e di gestire la comunicazione in modo autonomo a livello internazionale. Milano potrebbe agire a livello internazionale in autonomia e si potrebbe confrontarsi con tutte le città che hanno lo stesso status, come Madrid, Berlino, Londra, Parigi, Bruxelles, Vienna o San Pietroburgo.
– Possibilità di sperimentare politiche utili per il paese. Ottenere l’autonomia è la premessa per poter sperimentare sul territorio azioni politiche, economiche e sociali che, in caso di successo, potrebbero essere estese al resto del paese. In questo senso Milano Città Stato potrebbe costituire il laboratorio per riformare l’Italia.
Questi sono solo alcuni dei vantaggi che sono previsti dall’attuale ordinamento. Se si prendono a riferimento altri modelli, si può perfino immaginare che Milano possa dotarsi di una sua costituzione (come Berlino), possa trattenere sul territorio il 50% delle tasse generate e possa trattare con il governo le competenze da gestire direttamente (come Madrid) fino ad arrivare ad un suo autonomo sistema di istruzione, giudiziario o perfino monetario come succede ad Hong Kong.
Un passo avanti e due indietro. Sembra questo il destino del prolungamento della linea M5 verso Monza. Ecco cosa sta fermando il progetto e quando potrebbero partire i cantieri.
La metro a Monza resta un miraggio: perché tutto è bloccato?
# Il nodo extra costi quando tutto sembrava essere in discesa
Tutto sembrava ormai andare per il verso giusto per la realizzazione del prolungamento della M5 verso Monza. Il 30 novembre 2023 era stato pubblicato l‘avvio del procedimentodegli espropri dei terreni lungo il tracciato, il 21 giugno 2024l’annuncio dell’esito favorevole al PAUR, il Provvedimento Autorizzatorio Unico, da parte della Conferenza dei Servizi radunata presso la sede di Regione Lombardia.
Alla fine di agosto 2024 la doccia fredda: Palazzo Marino ha inviato una lettera al Ministero delle Infrastrutture comunicando l’incremento del costo del progetto di circa il 35-40%, pari a 400 milioni di euro, da aggiungere a quelli già stanziati di 1 miliardo e 300 milioni.
# Lo stupore dell’Associazione Hq Monza per la richiesta di un importo così elevato e della proroga di due anni per l’assunzione dell’obbligazione giuridicamente vincolante in carico a Palazzo Marino
Credits federfana IG – Linea M5
L’Associazione Hq Monza, attiva dagli albori del progetto nel proporre soluzioni e nel sollecitare la politica a realizzarlo quanto prima, ha commentato così a stretto giro come riportato da “Il Cittadino Monza Brianza”: “C’era da aspettarsi un passo del genere, viste le lungaggini che hanno fatto slittare il progetto di anno in anno e considerati i forti aumenti dei materiali delle costruzioni. Il ministro Salvini ha più volte assicurato la disponibilità a integrare i fondi, ma ora sorprende la richiesta di un importo così elevato, tenuto conto delle valutazioni ufficiose (più o meno la metà) circolate negli enti pubblici e tra i tecnici coinvolti.” L’assessore alle Infrastrutture della Lombardia, Claudia Maria Terzi,ha infatti spiegato come dal Comune di Milano non siano ancora arrivati i dati richiesti in base ai quali si chiedono altre risorse aggiuntive.
L’associazione si dice inoltre stupita della richiesta di proroga di altri due anni del termine ultimo per l’assunzione dell’obbligazione giuridicamente vincolante, già slittata dal 2022 al dicembre 2024 e che quindi ora dovrebbe slittare a dicembre 2026: “Una richiesta che non ha giustificazioni, considerato che il progetto definitivo è pronto, approvato e verificato da Regione Lombardia e che MM Spa dovrebbe essere già al lavoro da mesi sulla preparazione della gara d’appalto. Tutto si può predisporre entro dicembre in attesa dei fondi supplementari necessari, altri 24 mesi di tempo francamente non si capisce a cosa servano”.
# Più ottimista il Sindaco di Monza
pisces_iscariot IG – Monumentale M5
A riguardo si è espresso in modo più ottimistico il Sindaco di Monza, Paolo Pilotto, che in occasione del Gran Premio ho espresso il suo parere: “La richiesta di più tempo mi sembra una scelta prudenziale, ma non è detto che servano davvero. In ogni caso sulla questione metropolitana sono in stretto contatto con i sindaci di Sesto San Giovanni e Cinisello. Faremo fronte comune e se è il caso chiederemo un incontro al ministro Salvini”.
Ma come si svilupperà il tracciato? Rivediamo il progetto nel dettaglio.
# La linea M5 mira a raddoppiare il suo tracciato con ulteriori 13km e 11 fermate
Tracciato M5
Un tracciato di 13 km e 11 nuove fermate. Questo è il prolungamento previsto per la linea M5 oltre Bignami, raddoppiando l’estensione attuale di 12,9 km, a servizio dei comuni di Cinisello Balsamo e Monza. Usciti dai confini del Comune di Milano il percorso prosegue con 4 fermate a Cinisello Balsamo (Testi-Gorky, Rondinella-Crocetta, Lincoln e Bettola con il futuro interscambio con la M1), e 7 a Monza (Campania, Marsala, Monza Fs, Monza Centro Trento Trieste, Villa Reale, Ospedale San Gerardo, Polo Istituzionale). Previsto anche un deposito a raso di 180mila mq nel quartiere di San Rocco-Casignolo
# Cosa succede ora
Hub m1-m5 a Monza Bettola
Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha confermato la disponibilità a trovare le risorse necessarie a realizzare il prolungamento della linea M5 anche se al momento non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Da risolvere ancora il nodo di Bettola, dove è previsto l’interscambio con linea M1 che allunga il suo percorso da Sesto San Giovanni: bisogna trovare la nuova azienda per proseguire il cantiere, si attende il bando, dato che è già avvenuta l’assegnazione delle risorse per coprire gli extracosti per l’estensione della linea rossa. Per quanto riguarda il possibile cronoprogrammadella M5 si può dare ormai come scontata l’impossibilità di pubblicare il bando di gara entro la fine del 2024, che se andrà bene avverrà nel 2025. Ilcantiere potrebbe partire tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.
La durata dei lavori è stimata in 7 anni, necessari tra i 1.400 e i 1.700 giorni per la realizzazione di ogni stazione, pertanto l’inaugurazione dovrebbe avvenire tra il 2032 e il 2033, sempre che la proroga di due anni richiesta dal Comune di Milano non posticipi ulteriormente la costruzione dell’opera.
Una domanda che ci siamo fatti tutti. Almeno a chi è capitato di andare a prendere qualcuno in stazione.
Perché in Centrale è così complicato andare a prendere qualcuno?
L’ultimo a farsi questa domanda è Stefano Mariotti che così scrive sul suo profilo Facebook: «Continuo a non capire perché se vai a prendere qualcuno in Stazione Centrale non solo non puoi accedere ai binari ma non c’è neanche un tabellone con l’aggiornamento degli arrivi, solo le partenze».
Una stazione inospitale non solo con chi è interessato a chi arriva ma anche con chi è in transito: trovare una panchina o un luogo per attendere la coincidenza è una caccia al tesoro. Quale può essere la ragione di questo trattamento così scomodo? Queste sono le tre possibili risposte.
#1 Non vogliono che si vada a prendere nessuno
Atm point centrale
A Milano bisogna imparare fin da subito che bisogna farcela da soli. Ogni aiuto è superfluo. E poi chi arriva deve capire subito la legge di Milano: a Milano si deve pagare (taxi, metro etc).
#2 La stazione è ormai diventata un centro commerciale
Credits Andrea Cherchi – Mercato Centrale di Milano
Negozi, ristoranti, il treno è un dettaglio, come sottolinea Giorgia Terni: «Questa stazione, come è concepita oggi, non fa un servizio agli utenti ma solo ai negozianti, insomma gente vi vogliono spillare soldi, poi una volta presso i binari , portatevi un seggiolino, panchine neanche se piangi…».
#3 Trasmette lo spirito dei tempi
Tristezza
Come scrive Jole Milanesi: «Ne hanno fatto un posto ostile di attese in piedi di mancanza di gioia e tristezza nei saluti. Inumano».
# Nota: il tabellone con gli arrivi è al piano terra
I monitor con gli arrivi sono al piano terra... effettivamente un po’ scomodo.
Comune di Milano - Riqualificazione Corso Buenos Aires
Il cantiere in carico al Comune di Milano è partito. Finanziato con i fondi del PNRR trasformerà corso Buenos Aires in un boulevard verde e più accessibile a pedoni e ciclisti. Il progetto nel dettaglio e quando dovrebbe essere completato.
Via ai lavori in Buenos Aires: come diventerà alla fine (rendering)
# A luglio partiti i cantieri a scomputo oneri nel tratto davanti alle Corte Segrete di Baires
Urbanfile - Cantiere riqualificazione Buenos Aires
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Urbanfile - Cantieri Buenos Aires
Urbanfile - Cartello cantiere Buenos Aires
Urbanfile - Cantiere Buenos Aires
Urbanfile - Cantiere riqualificazione Buenos Aires
Dopo la realizzazione delle piste ciclabili, con i tanti discussi cordoli in cemento a delimitarle dai flussi veicolari, a luglio di quest’anno era stato avviato il primo cantiere per la trasformazione di corso Buenos Aires in un boulevard verde. La tratta in questione è quella nel tratto dispari da via Enrico Petrella arriva sino a via Giovanni Battista Pergolesi, dove nel maggio 2021 era stati eseguiti i primi test per valutare lo spazio occupato dai marciapiedi allargati e dalle piante in vaso. L’intervento viene eseguito con gli oneri di urbanizzazione previsti dalla riqualificazione del vecchio complesso delle Corti di Baires.
# Il 10 settembre avviati anche i lavori in carico al Comune di Milano per completare la rivoluzione del corso
Comune di Milano - Corso Buenos Aires rendering trasformazione
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Comune di Milano - Rendering corso Buenos Aires
Il 10 settembre è stato dato avvio anche al cantiere in carico al Comune di Milano, finanziato con 1,5 milioni di euro tramite fondi del PNRR, sulla restante parte del corso da piazza Oberdan a via Scarlatti.
Comune di Milano - Corso Buenos Aires rendering trasformazione
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Il progettocomplessivo cambierà il volto di 1,3 km di strada, da piazza Oberdan a via Pergolesi, e prevede nel dettaglio:
il miglioramento degli spazi pedonali;
l’allargamento dei marciapiedi, da realizzare in pietra nel tratto di strada già sottratto a veicoli a motori, a pedali e altri mezzi di micromobilità;
panchine e rastrelliere per le bici;
l’eliminazione delle barriere architettoniche;
la posa di segnali tattili per non vedenti e ipovedenti;
la realizzazione di aiuole verdi e vasche per alberi e arbusti, più ampie nei pressi di piazza Oberdan e più ridotte nel tratto verso piazzale Loreto, con messa a dimora di alberi alti fino a 5 metri dove possibile;
il consolidamento dell’itinerario ciclabile esistente con la colorazione rossa e i cordoli definitivi in pietra.
Tratto riqualificazione corso Buenos Aires
# La durata dei lavori e gli altri interventi previsti solo nel tratto piazza Oberdan-via Scarlatti
Comune di Milano – Riqualificazione Corso Buenos Aires
La durata prevista di questo ultimo cantiere è di circa 20 mesi e si procederà per brevi tratti con i ciclisti che dovranno utilizzare la viabilità ordinaria nel tratto interessato dal cantiere. L’intervento comprende anche la riqualificazione dell’itinerario ciclabile esistente oltre alla realizzazione di una pista ciclabile in sede protetta da piazza Oberdan a via Scarlatti/Ponchielli.
Guidare una moto è sinonimo di avventura e di libertà. Ma tutti i motociclisti sanno quanto sia importante avere a disposizione una polizza moto adeguata. Proteggersi da eventuali imprevisti sulla strada è fondamentale per godersi ogni viaggio in piena serenità. Ma come funziona una polizza di assicurazione per le moto? E quali sono le coperture essenziali da considerare per ottenere la massima sicurezza?
Polizza moto: come funziona e quali sono le coperture essenziali
# Che cos’è una polizza moto
codymonser-pixabay – Moto
La polizza moto è un contratto assicurativo che protegge il motociclista da vari rischi associati alla guida. Questa tipologia di assicurazione copre diverse situazioni che potrebbero causare danni al veicolo, al conducente o a terzi. Comprendere come funziona può aiutare a scegliere la copertura più adatta alle esigenze personali.
# Come funziona l’assicurazione
Il funzionamento di una polizza moto è piuttosto semplice. Nel momento in cui si stipula una polizza, si paga un premio assicurativo in cambio di una copertura finanziaria contro specifici rischi. In caso di incidenti o di altri eventi coperti, l’assicurazione interviene per coprire i costi, riducendo l’impatto economico sul motociclista.
# Le coperture essenziali
La responsabilità civile, quella che viene indicata con la sigla RC, è obbligatoria per legge e copre i danni causati a terzi in caso di incidente. Questa copertura è fondamentale, perché protegge il motociclista dalle richieste di risarcimento che potrebbero derivare da danni a persone, a veicoli o a proprietà.
È a disposizione anche la copertura furto e incendio, che offre protezione in queste situazioni. Considerando il valore della moto e il rischio di questi eventi, anche questa è una garanzia importante per non trovarsi a dover affrontare delle spese ingenti di tasca propria.
L’assistenza stradale fornisce supporto immediato in caso di incidente o di guasto. Questa copertura comprende vari servizi, come il traino del veicolo, l’invio di un meccanico sul posto e altre forme di assistenza che possono rivelarsi fondamentali durante un viaggio.
La copertura degli infortuni al conducente protegge chi guida la moto in caso di infortunio durante l’uso del mezzo. Si tratta di una copertura che può comprendere il risarcimento per invalidità permanente, il rimborso delle spese mediche e altre forme di sostegno finanziario in caso di incidenti gravi.
Un’altra copertura molto completa e utile è rappresentata dalla Kasko, che protegge il motociclista dai danni al proprio veicolo, indipendentemente dalle responsabilità. È una tipologia di assicurazione utile per chi vuole la massima sicurezza, sapendo che ogni danno sarà coperto dall’assicurazione.
# Come scegliere la polizza moto giusta e risparmiare
christels-pixabay – Moto
Prima di tutto, bisogna riflettere sulle esigenze specifiche, facendo un elenco delle coperture che si ritengono indispensabili. Se si utilizza la moto solo per brevi spostamenti in città, potrebbe essere sufficiente una copertura di base. Se, invece, si percorrono lunghe distanze o si utilizza la moto di frequente, si dovrebbe considerare una polizza più completa.
Per risparmiare sulla polizza moto, è importante conoscere le opzioni messe a disposizione dal fornitore dell’assicurazione. Molte compagnie assicurative offrono sconti per chi paga il premio in un’unica soluzione. L’installazione di localizzatori GPS o di dispositivi antifurto può ridurre i rischi e, di conseguenza, abbassare il premio assicurativo.
Se si ha la possibilità di parcheggiare la moto in un garage o in un luogo protetto, è opportuno comunicarlo all’assicuratore. Parcheggiare in luoghi sicuri, infatti, riduce il rischio di furti e azioni vandaliche, influendo positivamente sul costo della polizza.
Inoltre, anche un record di guida responsabile e un’esperienza senza incidenti sono dei fattori che potrebbero portare ad una riduzione del premio assicurativo. Alcune compagnie che si occupano di polizze moto, infatti, propongono sconti per i motociclisti che dimostrano di essere dei guidatori sicuri.
Molte compagnie permettono di sospendere la polizza moto durante i mesi invernali, quando il mezzo di trasporto viene utilizzato meno di frequente. Così si può risparmiare sui costi assicurativi in questo periodo dell’anno.
Il calendario milanese inizia a settembre. Il vero choc è tornare al ritmo milanese che è supersonico rispetto a qualunque altra parte del mondo. Queste sono le dieci tappe per ritornare competitivi.
Dalla spiaggia ai grattacieli: 10 cose da fare per riprendere il ritmo milanese
#1 Le corse al Sempione
Credits: milanonordwalk.it camminare
#2 Usare almeno tre servizi di sharing diversi in un giorno
Sarà così? Credits: @unlimitedberlin IG
#3 Guardare almeno tre puntate di fila di una serie tv
TV Dei Ragazzi Fb – Settevoci
#4 Fare la coda all’ATM per l’abbonamento
Credits greenplanner.ita IG – Obliteratrice ATM
#5 Togliere il like al milanese imbruttito
il dogui, il principe, (anche se non era di Milano)
Nel 2011, quando la situazione era ben diversa da oggi, l’esperto di pianificazione dei trasporti Giorgio Stagni pubblicava sul suo web un articolo dal titolo inequivocabile: Il trasporto urbano di Milano: verso la disfatta. Per fortuna la tanto temuta disfatta non è avvenuta. Tuttavia, alcune delle criticità sottolineate da Stagni sono ancora presenti, e non sono gli unici punti deboli del sistema dei trasporti pubblici milanesi.
Tram, Metro, Passante: 7 punti deboli dei trasporti pubblici di Milano
#1 I tram: tra i più lenti d’Europa
Assieme alla Madonnina e al Duomo, il tram è il simbolo di Milano. La rete tranviaria milanese ha ottime potenzialità, ed è una delle più estese in Europa. Le linee sono 17, erano 18 contando la sospesa tranvia interurbana Milano-Limbiate e potrebbe salire a 19 se venisse riqualificata insieme alla futura metrotranvia Milano-Seregno in cantiere da alcuni mesi. Sopra trovate una mappa della rete tranviaria, anche se non del tutto aggiornata. Già qui sorge il primo interrogativo: perché non affiggere queste mappe su tutti i tram, come fa persino la tanto bistrattata ATAC a Roma?
Veniamo ora ai problemi. Anzi, al problema: i tram di Milano sono tra i più lenti d’Europa. La velocità commerciale media si attesta sui 13 km/h, contro una media Europea di circa 22,6 km/h. Una performance pessima: cerchiamo di capire alcuni motivi.
# Il preferenziamento semaforico
Sui giornali milanesi ogni tanto si sente dire che il comune di Milano sta implementando un sistema di preferenziamento semaforico per i tram. Si tratta di sensori che fanno scattare automaticamente il verde quando il tram si avvicina a un semaforo, evitando quindi attese agli incroci. Purtroppo, però, la litania va avanti da anni senza risultati concreti. La situazione più incredibile è quella delle metrotranvie, come il 15 (Rozzano-Duomo), il 4 (Cairoli-Niguarda, da alcuni soprannominato beffardamente Velociraptor), il 7 (P.le Lagosta-Anassagora) o il 31 (Cinisello Balsamo- P.le Lagosta). Queste linee viaggiano quasi interamente su sede riservata, ed erano state pensate dalla giunta di Formentini come metropolitane leggere: peccato che, mancando i semafori asserviti, in realtà viaggino alla stessa velocità di un normale tram e siano costretti a lunghe soste agli incroci. Eppure bastava così poco! I precedenti assessori alla mobilità Pierfrancesco Maran e Marco Granelli avevano parlato più volte del progetto “linee T”: cioè istituire alcune linee tranviarie di forza, tra cui ad esempio il 9, con i semafori asserviti. Riuscirà finalmente il nuovo Assessore Arianna Censi a centrare l’obiettivo?
# Il divieto di accodamento e di svolta a sinistra
Tra il 2008 e il 2009 ci furono diversi incidenti tranviari. Di fronte alle polemiche, il direttore generale di ATM Elio Catania introdusse il cosiddetto divieto di accodamento: i tram devono quindi mantenere una sostanziosa distanza di sicurezza tra di loro, anche se uno dei due veicoli è fermo. Una norma che esiste solo a Milano e produce risultati paradossali: come vedete nella foto, se due tram arrivano sulla stessa banchina, che sarebbe sufficientemente lunga per entrambi, il secondo non può accostarsi al primo e aprire le porte. Il risultato è che un passeggero del secondo tram che vuole scendere e saltare “al volo” sul tram che si trova davanti non può farlo: così il vantaggio degli interscambi si perde! Inoltre, in caso di fermata posta prima di un semaforo, il secondo tram sarà costretto ad aspettare un ciclo semaforico in più, perdendo tempo prezioso.
Inoltre, i tram non possono svoltare a sinistra. Ad esempio, il tram 10 per svoltare da porta Genova a via Vigevano è costretto a compiere un anello per poi arrivare “dritto”. Un controsenso che allunga i tempi di percorrenza.
# Troppe fermate
Il sistema tranviario di Milano è molto capillare. Forse anche troppo: in Via Vigevano ci sono due fermate a pochissima distanza fra di loro, la già citata linea 15 ha ben 32 fermate, di cui 10 solo a Rozzano. Se il tram deve fermarsi ogni secondo, come fa ad essere una specie di sostituto della metro (light rail)?
# Le sedi riservate
Purtroppo, molte linee milanesi hanno ampi tratti in sede promiscua. Emblematico è il caso del 9, che da Porta Genova a Porta Romana è costretto a viaggiare in mezzo al traffico come un normale autobus. Creare nuove corsie preferenziali ben protette da cordoli dovrebbe essere tra le priorità dell’Assessore alla mobilità, assieme ai problemi prima citati.
# Gli scambi
Come in tante altre città, a Milano gli scambi tranviari (cioè quelli che permettono a un tram di instradarsi sulle rotaie giuste) sono elettronici. Tuttavia, i guasti sono molto frequenti, e il macchinista è costretto a scendere dal tram, spesso in mezzo alla strada, per azionare lo scambio manualmente. Ahimè, gli stranieri che vedono la scena spesso ridacchiano. Tredici anni fa i tranvieri avevano realizzato un video-denuncia, ma queste scene si vedono ancora.
#2 L’inaccessibilità dei binari
Credits Urbanfile – Corso Ventidue Marzo
Passiamo ora a questioni più generali. Ai tempi di Expo, l’avvocato Simone Gambirasio aveva lanciato una campagna contro le barriere architettoniche per i disabili sui mezzi pubblici. Molti interventi sono stati fatti, come l’installazione di ascensori nelle stazioni di superficie della M2 e nuove banchine per diverse linee di tram come per la linea 9 e quelle che corrono lungo Corso XII Marzo e Corso di Porta Vittoria. Altri interventi sono in programma, ma i problemi rimangono. Molte fermate, tra cui ad esempio le già citate di Via Vigevano, non hanno una banchina: il tram scarica direttamente in mezzo alla strada. Oltre ad essere un pericolo per chi aspetta fra le auto, queste fermate sono totalmente inaccessibili ai disabili. Il piano del Comune per costruire banchine a regola d’arte sta procedendo ma occorre andare più veloce. Inoltre, i tram serie 4900 (Jumbo-Tram), 4600-4700 (quelli che vedete sul 2 e sul 19) e le mitiche Ventotto hanno i gradini all’ingresso e sono off-limits per disabili e anziani. Le prime due serie hanno effettuato un revamping (ristrutturazione) che prevede la pedana per disabili, ma spesso non funzionano o addirittura mancano nell’alloggiamento predisposto. Le Ventotto non si toccano (guai!), ma alcune di queste vetture sono state vendute a San Francisco, e lì le fermate sono state attrezzate appositamente.
Guardate la foto:
#3 I ritardi del passante
Mappa Ferrovie suburbane e passante 2023
Milano ha il miglior sistema di ferrovie suburbane d’Italia. Le linee S sono 12 e collegano tutto l’hinterland di Milano, fino alla Svizzera. Il sistema di numerazione delle linee, decisamente facili da riconoscere, è una best practice che tanti ci invidiano.
Tuttavia, il milanese medio conosce solo le linee del “Passante”, cioè quelle che passano sottoterra fra Milano Lancetti e Porta Vittoria, e spesso non sa che il biglietto (nell’area urbana) è quello della metro. Tuttavia, le linee S non sono solo il passante. Poniamo che si debba andare dallo IULM a Corso Lodi. Invece che prendere la verde e cambiare a Centrale, la cosa più semplice è prendere la S9, e in una fermata sei arrivato/a. Peccato che passi ogni 30 minuti. Inoltre, è una delle linee meno puntuali della Lombardia, ed è per lo più esercitata con le vecchissime carrozze Piano Ribassato degli anni ’60-’70.
#4 La circolare bucata
Circle Line
La cosiddetta “cintura ferroviaria” di Milano è al centro del progetto della “Circle Line”, che per gli utenti sarebbe una specie di “secondo Passante” (anche se non sotterraneo) e con treni ogni 5 minuti garantirebbe una frequenza quasi metropolitana. Per ottenere qualche risultato già oggi, basterebbe potenziare S9, ma urge un rinnovamento dell’infrastruttura, di competenza di Rete Ferroviaria Italiana. Il problema è che la Circle Line non sarebbe circolare: tra San Cristoforo e Certosa c’è un buco. Urge collegare le due stazioni per “chiudere l’anello ferroviario” (a Roma hanno un problema analogo): si può costruire una metro, una nuova linea ferroviaria, un tram veloce.
#5 La metropolitana: orari, frequenza e macchinette sotto gli standard europei
Ph. danielemik (pixabay)
Qui non diremo nulla di trascendentale. La metropolitana è una delle eccellenze della città, ma è vergognoso che chiuda alle 00:30 anche nei weekend. Non chiediamo che funzioni h24 ogni giorno, ma almeno prolungare il servizio fino all’1:30 o alle 2 il sabato non sembra una richiesta fuori dal mondo, così come succede in caso di concerti o eventi sportivi. Inoltre, nelle fasce di morbida, specie dalle 21 in poi, le attese sono eccessive. Si arriva anche a 7-8 minuti nel tratto centrale della M2: siamo lontani dagli standard europei. Inoltre, sarebbe opportuno che su tutti i convogli (anche quegli vecchi) ci siano gli altoparlanti che annunciano le fermate, e che gli schermi che indicano i tempi di attesa siano posti anche al piano mezzanino (quello dove ci sono i tornelli) e, soprattutto, nelle fermate di superficie extraurbane. Inoltre, come sottolineato da Andrea Giuricin, le macchinette per fare i biglietti sono disastrose. Il software è vecchio e lento, spesso sono guaste e non accettano la carta di credito e hanno l’assurdo resto massimo di 9,95 euro! Le nuove macchinette aggiunte di recente hanno migliorato leggermente il servizio ma gli standard europei sono ancora lontani.
#6 L’hinterland sconnesso: ci vuole una visione da Città Metropolitana
Mappa Città metropolitana
È fondamentale che la pianificazione dei trasporti sia fatta pensando non solo al Comune di Milano, ma anche all’hinterland. Con le nuove tratte extraurbane di M5 e M1 e la rivisitazione del sistema tariffario, il cambiamento sta iniziando, ma serve una gestione coesa: è sotto gli occhi di tutti che le ultime tratte interurbane della metro, Famagosta-Assago e Sesto Primo Maggio-Monza Bettola hanno avuto tempi di realizzazione biblici (e la seconda dopo 12 anni di cantiere è al momento ferma al palo). Per non parlare poi delle tranvie interurbane: la Milano-Limbiate è stata sospesa, a causa du un’infrastruttura da terzo mondo, la Milano-Desio-Seregno sarà pronta non prima del 2025. In generale, una città internazionale come Milano non può permettersi di avere un trasporto che funziona bene solo in centro.
#7 Gare pubbliche: le normative europee vanno rispettate
Per quanto ATM sia un’ottima azienda, le norme europee prevedono gare pubbliche periodiche per la gestione del TPL. Dopo vari scontri, il Comune ha derogato alle regole prorogando fino al 2020 e poi al 31 dicembre 2023 il contratto con ATM: ma una città europea non può non rispettare le normative comunitarie, e quindi, per quanto bene possiamo volere ad ATM, la gara va fatta. Come sappiamo, ad essa parteciperebbero tanti gestori, pubblici e privati, e con ogni probabilità vincerebbe ATM. Tuttavia, sapere che esistono le gare e c’è il rischio di perdere la gestione del servizio sarebbe uno stimolo incredibile per ATM ad operare ancora meglio di oggi.
# Conclusioni
Il trasporto pubblico milanese è certamente un’eccellenza. Tuttavia, i difetti non mancano, e Milano risulta una delle città più motorizzate d’Europa. Tram più veloci, metropolitane anche di notte, accessibilità per i disabili, la Circle Line, una visione da città metropolitana e lo stimolo continuo delle gare potrebbero portare Milano in vetta alla famosa classifica di Mc Kinsey. E noi, da buoni visionari, lo desideriamo.
Si fa presto a definirsi milanesi, ma quali sono le frasi o le parole che ne identificano meglio la mentalità? Ecco le risposte dei milanesi al nostro sondaggio. Foto cover: @milanographies IG
#1 “Milano è la casa di tutti!” – Alessandra Carminati
operasanfrancesco IG
Milano accoglie tutti. Dagli studenti attesi dal loro percorso universitario, a chi sta iniziando una carriera lavorativa, fino a chi è in difficoltà economica e ha bisogno di un posto dove dormire e di un pasto.
#2 “Operativa, ordinata, concreta e competente” – Giovanni Birilibù Barbieri
In poche parole sempre sul pezzo. Quello che contraddistingue Milano è il pragmatismo, l’ordine inteso come tutte le cose al posto giusto, la competenza invece della cialtroneria.
#3 “Se sta mai cui man in man…..” – Tiziana Viganotti
Credits RonaldCandonga-Pixabay – Lavoro
A Milano si è sempre impegnati a fare qualcosa, anche se ne non si lavora. Si può essere attivi in un’associazione di volontariato oppure in un corso di decoupage, studiando all’università o persino aiutare a tenere pulita la città raccogliendo i rifiuti lasciati a terra da qualche incivile.
#4 “Chi gira il cu’ a Milan gira il cu’ al pan” – Cristian Lippolis
Milano, pur tra le sue mille problematiche, continua a confermarsi come la città delle opportunità lavorative. Per questo motivo è ancora valido il “Chi gira il cu’ a Milan gira il cu’ al pan”, chi volta le spalle a Milano volta le spalle al pane, dato che nelle altre realtà italiane è più complicato trovare un impiego e realizzarsi in una carriera soddisfacente.
#5 “Se non lo trovi a Milano, non esiste!” – Paola Pozzati
Credits Andrea Cherchi – Skyline Porta Nuova notturno
La nostra città continua ad essere all’avanguardia in tanti settori, dalla tecnologia alla moda, dal food all’intrattenimento, e spesso il debutto di un brand o di un locale italiano o straniero avviene prima qui che in altre località dello Stivale.
#6 “Smart” – La Michy
Intesa come intelligente, furba nel senso positivo del termine. Una mentalità che si può vedere nel mondo del lavoro come nel quotidiano, dalle app per fare qualsiasi cosa, allo stile di vita.
#7 “Veloce” – Jessica Tansini
Credits: foto di redazione M5
Una mentalità che si manifesta appena si esce di casa, confusa come fretta, in realtà è velocità per raggiungere il posto di lavoro, prendere la metropolitana o in generale eseguire un determinato compito.
#8 “Performance” – Barbara Caputo
Credits: @francescobarbieri – Dito Cattelan
La velocità fa sempre rima con performance, perché senza risultati è solo tempo buttato.
#9 “Unica vera metropoli d’Italia” – Giovanni Iovine
Credits Andrea Cherchi – Fashion week Milano
Frase forse un po’ troppo abusata ma forse quella che meglio identifica la nostra città. Si può considerare l’unica vera metropoli per la sua apertura mentale, per le relazioni che si formano tra chi ci vive e lavoro, per gli eventi che la caratterizzano, dalle fashion week al Salone del Mobile, e per il modo di vivere in generale.
#10 “Spirito di indipendenza” – Marco Sambruna
Il lupo di Wall Street
Mai come a Milano è viva la voglia di autodeterminazione e autorealizzazione, di farcela da soli, di essere indipendenti. Per indole personale o perchè è la città che stimola ad andare in quella direzione, sono pochi i milanesi senza spirito di indipendenza.
Maurizio Costanzo spaventatissimo corre in direzione Stazione Centrale. L’immagine simbolo della giornata più straniante degli ultimi decenni a Milano.
Il sequel milanese delle Torri Gemelle
E’ il 18 aprile 2002. Ore 17.45. Guido una vecchia Ford Escort cabriolet in viale Stelvio. Sto rientrando da un appuntamento di lavoro. Ho aperto il tettuccio per godermi la magnifica giornata di sole e di cielo sereno. Un gran botto.
Colpi di clacson. Frenate. La gente a piedi che guarda verso il cielo. Una nuvola di foglietti bianchi scende dal cielo. Ma che sta succedendo?
Svolto a destra in Sammartini, la strada che costeggia la stazione, arrivo in piazza Quattro Novembre. Sto andando contro la corrente di persone che corrono. Appare anche Maurizio Costanzo. Spaventatissimo. Mi sfreccia accanto, in direzione contraria. Lascio l’auto.
Mi incammino verso il Pirellone. Tutti hanno il naso all’in su. Un grosso squarcio agli ultimi piani, esce del fumo. Ma è abbassando gli occhi che sembra consumarsi il dramma. La gente esce di fretta, anche se con compostezza, e incrocia pompieri e personale medico che corrono in direzione contraria. Entrano nel grattacielo.
Vengo gelato dai brividi. Tutti noi guardiamo dalla strada il Pirellone ma negli occhi abbiamo un’altra scena. “C’è il fuoco!”. “E’ esplosa una bomba!”. “Sta per crollare!”. Si rincorrono le versioni più disparate. Finché arriva la conferma più temuta: “Non è una bomba: è stato un aereo!”.
Lo squarcio nero è un aereo che si è schiantato sul Pirellone. Fissando il grattacielo sembra di vederlo oscillare, la gente che scappa, i pompieri che entrano, addirittura in cielo si vede un altro aereo, con gli occhi spalancati dall’angoscia ci sembra di rivivere lo stesso film di sei mesi prima. Ma questa volta dal vivo.
11 settembre 2001. Ognuno di noi sa esattamente dove si trovava e che cosa stava facendo quel giorno. Io ero in via Bergamo, durante la pausa pranzo nell’ufficio della agenzia che avevo fondato con tre amici. Anche allora era una magnifica giornata di sole a Milano. Un collaboratore mi venne incontro dalla sua stanza. “Hai visto che sta succedendo? E’ caduto un grattacielo a New York! Sì, colpito da un aereo!”.
Ho ancora impressa quella sensazione. Stava accadendo qualcosa che suonava estranea, assurda. Era talmente al di là di quello che il senso di realtà della logica potesse contemplare che non provai alcuna emozione. Come se mi stesse raccontando un film. Un altro collaboratore mi dice che il film è un’escalation, cheun altro aereo ha colpito l’altra torre.
Quella sensazione strana mi faceva girare la testa, di istinto me ne sono andato dall’ufficio per tornare a casa, dietro l’angolo, in via Cadore. Giusto in tempo per assistere in diretta alla televisione il crollo della seconda torre. Sconvolgente. Ma sembrava ancora tutto così assurdo che, nonostante il dramma razionale che stavo vivendo, a livello di emozioni ero una pietra. Non sentivo nulla. E la stranezza era che non poteva essere per il filtro della televisione: pochi mesi prima, sempre dalla tv, avevo seguito gli incidenti del G8 con il cuore in gola, lacerato dall’emozione.
Forse è questo che ricordo di più dell’11 settembre 2001: lo shock mentale nell’assoluta insensibilità emotiva.
Una dissociazione che riprovai il 18 aprile 2002 sotto il Pirellone. Questa volta era la memoria che mi trasmette le emozioni. Come se fossero state congelate per sei mesi, le emozioni represse dell’11 settembre mi stavano scoppiando in corpo, guardando pompieri e medici che entravano nel grattacielo e che la memoria li dava per spacciati.
Non solo. A tutti i milanesi sembrava di vivere non un film ma una serie apocalittica. Sì perché, l’11 settembre Milano lo aveva già rivissuto: l‘8 ottobre 2001 a Linate, con il più grande disastro aereo della storia della città. 118 vittime. Meno di un mese dopo le Torri Gemelle.
Qualche mese e l’incubo si era di nuovo materializzato. Anche perché il dramma era reale: un uomo disperato, Luigi Fasulo, aveva deciso di farla finita emulando i terroristi di Al Quaeda. Con il suo piccolo Rockwell Commander, partito da Lugano, aveva deviato la rotta per Linate puntando sul Pirellone. Alle 17.45 il piccolo aereo da turismo si è schiantato al ventiseiesimo piano, portandosi via, insieme al pilota, anche Anna Maria Rapetti e Alessandra Santonocito, due dipendenti della Regione Lombardia.
Dopo le Torri Gemelle e la tragedia di Linate, forse quel 18 aprile del 2002 lo sceneggiatore aveva deciso che era venuto il momento di mettere la parola fine a quella catena di eventi così angosciosamente legati uno all’altro. Il sequel milanese dell’11 settembre dopo il dramma ha infatti un lieto fine: il Pirellone rimane in piedi, i sanitari e i pompieri non vengono sepolti da nessun crollo ma escono sani e salvi dopo aver soccorso i 60 feriti, non c’è nessun attacco terroristico, nessuna guerra da dichiarare. E i milanesi quella stessa sera possono andare a letto scacciando ogni trauma con un profondo sospiro di sollievo.
Se si digita su Google “I milanesi sono…” appaiono ai primi cinque posti queste ricerche che esprimono come i cittadini di Milano vengono più frequentemente definiti. Vediamo queste cinque scelte che presentano diverse sorprese. E vediamo infine quali sono le definizioni più comuni nelle ricerche per gli abitanti di altre città italiane. Come vedremo sono definiti ognuno in modo diverso.
Come sono i milanesi? Le 5 risposte più popolari in Italia
# Quinto posto: i milanesi sono CHIUSI
Il Bauscia milanese
Forse perchè Milano sembra una città fredda, forse una questione di carattere ereditato dalla dominazione Asburga o Longobarda, o forse collegato alla chiusura del lockdown per Covid, forse tutto questo spiega perchè al quinto posto nelle ricerche su Google i milanesi risultano “chiusi”.
# Quarto posto: i milanesi sono RICCHI
Magari…
# Terzo posto: i milanesi sono SIMPATICI
Credits zowie.bardelli.zowie IG – Celentano e Pozzetto
Può sembrare una sorpresa. Tra le molti virtù dei milanesi non spicca per fama certo quella di essere dei simpaticoni. Eppure le ricerche di Google mettono questo al terzo posto per definire i nostri concittadini. Ma prima di montarci la testa vediamo le altre due posizioni.
# Secondo posto: i milanesi sono ARROGANTI
il dogui, il principe, (anche se non era di Milano)
Eccoci qua. E’ il dark side del bauscia, l’arroganza della capitale morale o della Milano da bere, l’immagine da milanesi imbruttiti che forse in realtà appartiene più a chi non è di Milano ma fa credere di esserlo. Comunque sì, forse un po’ ce la tiriamo. Anche perchè la concorrenza non è questo granché.
# Primo posto: i milanesi sono ANTIPATICI
Google non mente. Così ci vedono nel resto d’Italia. Questa è la definizione che appare di più nelle ricerche. Però considerando che al terzo posto c’è “simpatici”, forse nel modo di vedere i milanesi l’Italia è spaccata in due. Per concludere vediamo al primo posto cosa appare nelle ricerche per definire abitanti di altre città.
# Gli altri sono… (per Google)
credits: @___vintagephotogallery IG
I torinesi sono… freddi (secondo: antipatici, terzo: falsi e cortesi)
I bergamaschi sono… ignoranti (secondo: freddi, terzo: muratori)
I genovesi sono… tirchi (secondo: antipatici, terzo: chiusi)
I fiorentini sono… maleducati (secondo: simpatici, terzo: antipatici)
I romani sono… cafoni (secondo: arroganti, terzo: simpatici)
I napoletani sono… gelosi (secondo: simpatici, terzo: belli)
18 chilometri. Come la distanza da Milano a Paullo. E’ la lunghezza dei binari del tram abbandonati sulle strade di Milano. Abbandonati nel senso che partono dal nulla e arrivano al nulla, non possono più essere percorsi dai tram e restano come delle aperte ferite sulle strade della città. A volte coperti malamente dal catrame, altre volte in bella vista in mezzo al pavè per poi svanire nel nulla.
Il mistero dei binari dimenticati sulle strade di Milano
# Brutti e pericolosi: simbolo di una città che ha scarsa cura dell’arredo urbano e si preoccupa poco della sicurezza di ciclisti e motociclisti
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Binari dismessi
Il tema della rimozione dei binari ha attraversato ogni giunta negli ultimi decenni, ma nonostante tutto persistono sulle strade chilometri, per l’esattezza 18,2, di binari malmessi che sbucano tra asfalto e pavé. Oggi hanno l’unica funzione di ricordarci del passaggio di una linea del tram in passato, oltre a mettere in rischio l’incolumità di ciclisti e motociclisti visto che col tempo si deteriorano e si creano buche in corrispondenza dell’asfalto. Quale strade necessitano un intervento urgente?
# I punti più critici lungo gli oltre 18 km di binari inutili e inutilizzati
Da via Castelfidardo a via Palestro, a Milano ci sono 18,2 chilometri di binari dei tram in disuso da svariati decenni. Ecco i punti più critici:
le vie Carroccio, Lesmi, Ausonio e Cesare da Sesto, San Vittore, Olivetani e Gian Battista Vico dove passava il vecchio 33 che andava da piazza Tripoli a Cairoli
via Cesare Battisti, via San Giovanni sul Muro, viale Pasubio, via delle Forze Armate dal deposito Atm fino a Gambara dove passava il vecchio 18 diretto a Baggio
via Cadamosto, un tratto di via Ponzio, di via Paracelso e alcuni monconi tra via Petrella, Mercadante e Gaffurio
via Castelfidardo, via dell’Orso, via Palestro e corso di Porta Romana nel tratto che va da Crocetta a piazza Medaglie d’Oro, dove c’era il vecchio itinerario del 13
L’unico intervento degno di nota è stato quello effettuato tra il 2015 e il 2016 in Ripa di Porta Ticinese, dove insieme alla sostituzione dell’asfalto con il pavè sono stati rimossi 1,5 km di binari in cambio di masselli e binderi, in particolare cordoli in granito.
Credits: Urbanfile – Binari sostituiti da cordoli di granito
Nonostante una mozione ad Aprile 2019 della stessa maggioranza nel Consiglio Comunale di Milano, in cui si chiedeva di iniziare il piano di rimozione dei binari in disuso partendo da quelli che i nove municipi hanno indicato come più pericolosi, ad oggi non ci sono stati interventi di rilievo.
In una Milano che sembra aver superato la paura del coronavirus scopriamo qualcosa in più sul vecchio luogo deputato ai malati e agli appestati: il suo Lazzaretto.
#1 Fu progettato da due architetti di nome Lazzaro
Il progetto fu affidato a fine ‘400 a due architetti: Lazzaro Cairati e Lazzaro Palazzi, ma non lasciamoci trarre in inganno. Il nome Lazzaretto non deriva dai suoi costruttori. Una delle ipotesi lo rimanda alla serenissima Repubblica di Venezia, dove i lebbrosi venivano confinati sull’isola di Santa Maria di Nazareth che per successive distorsioni fonetiche si trasforma via via da Nazareth a Nazaretto a Lazzaretto.
#2 In origine era quadrato
Lazzaretto con sfondo Caselli di Porta Venezia
Aveva una forma quasi quadrata (370 x 378 metri) e si estendeva al di là delle mura spagnole, ci trovavamo quindi fuori dalla città, sullo sterrato che portava verso Monza, anni luce dalle passeggiate dello shopping di Corso Buenos Aires. Se prendiamo google maps riusciamo a tracciare facilmente il perimetro facendo incrociare: Corso Buenos Aires appunto, con via San Gregorio, via Lazzaretto e viale Vittorio Veneto
#3 Resiste la chiesa di San Carlo (che ha dato il nome alle patatine)
Adiacente a Viale Tunisia c’è ancora la piccola chiesa di San Carlo in Lazzaretto. Posta al centro, di forma ottagonale e con grandi arcate aperte, oggi murate, permetteva ai malati di poter assistere e vedere la funzione anche da lontano. Fatta edificare dal cardinale Carlo Borromeo, da cui il nome, ha dato poi, secoli e secoli dopo, il nome alla storica fabbrica di patatine, la cui prima rosticceria era in via Lecco, a pochi metri appunto dalla chiesa.
#4 Le colonne del porticato sono state portate nella Villa Bagatti Valsecchi
Possiamo renderci conto di com’era la costruzione attraversando via San Gregorio, poco lontano dalla celebre pasticceria infatti c’è ancora una piccola porzione dell’architettura originaria, oggi diventata chiesa ortodossa russa dedicata a San Nicola. Mentre se ci spingiamo fuori Milano, a Varedo, nel giardino di Villa Bagatti Valsecchi è stato portato, ad ornare il giardino, uno degli ingressi, oltre a numerose colonne del porticato interno.
#5 Fu distrutto a fine ‘800 per costruire una nuova linea ferroviaria
Il Lazzaretto fu distrutto a fine ‘800, con grande biasimo di Luca Beltrami, per far spazio alla nuova linea ferroviaria che correva lungo l’attuale viale Tunisia. L’intera area circostante fu poi lottizzata per erigere gli eleganti palazzi di Porta Venezia. Uno in particolare, casa Luraschi, sita all’angolo tra Corso Venezia e Piazzale Oberdan è celebre per una doppia particolarità: fu il primo ad infrangere la servitù del Resegone, il divieto per i palazzi ubicati a nord di Porta Venezia di avere più di tre piani per non impedire la vista delle Alpi Lombarde. Inoltre all’interno del cortile sono stati posti dodici tonti con i busti dei personaggi dei Promessi Sposi, a memento del connubio tra il luogo e il romanzo.
#5+1 Renzo e Lucia si ritrovarono proprio qui
Proprio nel Lazzaretto infatti Renzo, dopo la bellezza di 35 capitoli e centinaia e centinaia di pagine di romanzo, con grande giubilo di moltissimi studenti, finalmente, incontra Lucia.. ammettiamolo: ormai non ci speravamo quasi più!
La metropolitana a Milano è molto di più di un mezzo di trasporto. E’ un elemento identitario in cui si riconoscono tutti i milanesi, di nascita o per scelta. Alcune delle fermate hanno un nome molto curioso. Come queste sette.
1907. Il Genio civile di Milano presenta il progetto per cui il porto a Rogoredo a sud di Porta Romana sia il naturale punto di convergenza delle acque che defluiscono dalla città. In pratica si trattava di creare nella zona una nuova Darsena.
Perché una nuova Darsena a Milano?
La risposta è ben spiegata da Storiedimilano: “La Darsena era infatti ormai insufficiente per la mole enorme di materiali trasportati via barconi dal Po e dal Lago Maggiore, tramite rispettivamente il Naviglio Pavese e il Grande”. Il Genio Civile presentò quindi il progetto di una enorme serie di darsene localizzate nel punto ove tutte le acque di Milano, di superficie e di falda, tendono a colare, la zona a sud dell’attuale Piazzale Corvetto.”
Il progetto – Porto di Mare- – ilGiorno.it
Il grande bacino avrebbe compreso 5 enormi moli di attracco, subito dopo ridotti a 4, sarebbe continuato verso nord, allacciandosi alla Martesana, passando ad est dell’Idroscalo, per connettersi con le linee ferroviarie di Rogoredo e di Porta Romana.
Successivamente per lo scoppio delle due guerre e soprattutto per il cambiamento della società, il progetto venne accantonato. La fermata e l’intero quartiere Porto di Mare sono un omaggio ad un mai realizzato progetto milanese.
Erano i primi del ‘900 e gli ipermercati non esistevano. In quella che oggi è l’area tra viale Umbria, via Sannio e Piazzale Lodi, c’era il piccolo mondo di un’azienda di progettazione e costruzione di treni, tram, rotabili ferroviari, impianti di segnalamento e sicurezza. Il suo nome era Tecnomasio Italiano Brown Boveri, oggi non più esistente.
”Era stata scelta quest’area come sede della fabbrica proprio perché collegabile con lo scalo merci di Porta Romana”.
E così vicina era quella stazione che il 12 maggio 1991, quando venne inaugurata la stazione metropolitana di Piazzale Lodi, la fermata del metrò si sarebbe dovuta chiamare proprio Porta Romana FS.
Ma era troppo simile all’altra stazione, ‘Porta Romana’ e allora, per evitare confusione e in onore di quella storica industria Tecnomasio Italiano Brown Boveri ecco l’acronimo: Lodi T.I.B.B.
Il toponimo celebrava l’accordo concluso tra lo Stato italiano e la Santa Sede l’11 febbraio 1929 con i Patti lateranensi.
Si risolveva la questione romana nata dopo la breccia di porta Pia del 20 settembre 1870.
In epoca recente, al centro della piazza, a dire il vero una sorta di grande rotatoria stradale, fu posizionato il monumento realizzato da Carlo Ramous (1926-2003) «Gesto per la libertà», inizialmente esposto nel 1974 in piazzetta Reale.
Un nome che fa discutere, se non addirittura litigare, non per il luogo che dovrebbe localizzare, ma bensì per l’accento posto sulla sillaba corretta è la fermata Gambara della linea M1.
Lo speaker della metropolitana la chiama Gàmbara, con l’accento sulla prima A, e questa pronuncia si sta imponendo in città. Tutti d’accordo? Per niente.
I cittadini della zona rivendicano la pronuncia Gambàra, sulla seconda, tanto da lanciare perfino una petizione nei confronti del Sindaco Sala per rimediare all’errore che “oltraggia gli abitanti del quartiere che da anni si sentono vessati”.
Allora qual è la verità? Pare che abbia ragione proprio la speaker ATM. La fermata infatti si riferisce alla piazza che è intitolata a Veronica Gàmbara, poetessa del cinquecento. Gàmbara appunto, da non confondere con Gambàra, paese del bresciano.
Creazione di Marìka Mangafà e Francesca Mudanò (c)
Q sta per quartiere. T equivale a Triennale. 8 è l’ottava edizione della manifestazione indetta dal Palazzo dell’Arte e dell’architettura di Milano. QT8 è dunque il risultato di un lavoro collettivo accumulato tra gli anni Trenta e nei primissimi anni Quaranta sulla base del tema della VI Triennale (1936), “quando la casa veniva considerato l’oggetto più reale, più sentito, più drammatico che è oggetto di angoscia di desiderio, di speranza di milioni di Europei”.
Anno 1947. in una città ancora segnata dalla guerra e dalle macerie, l’architetto Piero Bottoni, in quell’anno commissario straordinario della Triennale di Milano, viene chiamato a progettare questa area sperimentale.
In zona S.Siro sta per nascere un quartiere libero dalle codificazioni regolamentari degli altri quartieri della città, “l’unico che a Milano presenti le condizioni urbanistiche ideali per l’architettura moderna e nel quale è possibile realizzare, e per qualche caso si sono realizzate, opere di estremo interesse” scrivono le cronache.
La realizzazione del quartiere richiese diversi anni: tra il 1946 e il 1947 si realizzarono le prime case, per ospitare molti fra gli sfollati, seguendo undici modelli diversi, progettati da architetti che avevano vinto un concorso nazionale. Nel 1948 si realizzarono per la prima volta in Italia case prefabbricate a 4 piani.
Molta attenzione venne prestata agli spazi verdi, sia con la realizzazione dei primi campi gioco per ragazzi, sia con aree verdi condominiali, sia infine con la creazione di un vasto parco, circa 375.000 m², capace di soddisfare le esigenze degli abitanti del quartiere ma anche “polmone” verde di tutta la città. Insomma, QT8 nasceva per essere l’ottimo esempio di vivibilità urbana.
La analisi parte dalle due parole di cui si compone Precotto: còtt e pre. Còtt è ‘cotto’. Non ci piove. E’ il ‘pre’ a portare qualche dubbio.
Come è facilmente immaginabile, questa area a nord di Milano era tutta campagna. Quindi, era una periferia fatta di terra e prati.Pree si dice in milanese. Quindi, questa era una zona di prati arsi, magari bruciati proprio per fare foraggio o rinnovare le messi per i pascoli.
Un’altra versione è quella che risale a una leggenda: quella di un “pre” come prete, cotto. Sì, pare che in un tempo non meglio imprecisato qui sia arso vivo un sacerdote.
La terza versione del nome sembra la più pertinente. Si dice infatti che intorno al 1148-1153 esistesse un toponimo, pulcoctum (1148, 1153) o Pullum Coctum (1162) legato a questi luoghi. Ma da queste parti, nel 1200, si aggirava pure un certo Precogi, latino ecclesiastico Praecautum.
Il nome viene da un’antica comunità rurale, la frazione Gobba (la Goeubba), la cui attività più nota era la trattoria della Gobba, posizionata in quella che anticamente era una cascina. Dalla Gobba transitavano i tram a vapore e successivamente quelli elettrici della linee dell’Adda verso Vimercate e Vaprio.
Cascina Gobba è l’unica stazione della metropolitana milanese ad avere quattro binari: sul binario 1 fermano i treni diretti a Gessate e a Cologno Nord, sul binario 2 i treni che fanno capolinea, sui binari 3 e 4 fermano i treni diretti ad Assago Forum e Piazza Abbiategrasso.
Se non fosse per la presenza di alcuni elementi architettonici, sopravvissuti ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, nessuno potrebbe mai immaginare che l’attuale quartiere di piazza De Angeli, piazza Piemonte, via Washington fosse una volta il cuore di un piccolo borgo di campagna, chiamato La Maddalena.
La Maddalena, il borgo scomparso di Milano ancora presente nel cuore di Milano
# Le origini del nome: la colonna votiva
Sorto sulle rive del fiume Olona e lungo la strada per Vercelli (ancora oggi chiamata Corso Vercelli), il villaggio di campagna era composto da un insieme di casette di basso rango. Veniva chiamato la Maddalena dai suoi abitanti per via di una colonna votiva, una delle tante crocette fatte erigere da Carlo Borromeo a ringraziamento della fine della peste (1576), dedicata a Santa Maddalena. La colonna è ancora oggi visibile e rimane uno dei pochissimi indizi delle origini di questa zona.
Fu solo durante l’espansione industriale di Milano che il piccolo borgo della Maddalena si trasformò in un vero e proprio quartiere. La data simbolo della rinascita di questo luogo è il 1872, epoca in cui venne fondata l’industria dei tessuti stampati Ernesto De Angeli: la “Società in accomandita semplice per la stamperia e la colorazione dei tessuti E. De Angeli e C.” che, grazie alla posizione strategica, sfruttava le acque del fiume Olona.
Pochi anni più tardi, nel 1876, ci fu un ulteriore sviluppo della zona: Ernesto De Angeli si unì a Giuseppe Frua. I due imprenditori ampliarono la fabbrica dando vita nel 1896 alla Società De Angeli – Frua che contava circa 995 dipendenti e occupava un’area di ben oltre i 100.000 mq nel quartiere della Maddalena. Si venne a creare un vero e proprio polo industriale che presto divenne un quartiere importante e parte integrante della grande Milano.
Negli anni Venti fu posta una grande fontana, come era solito fare all’epoca, nella piazza centrale del quartiere di cui oggi non abbiamo traccia, così come non vediamo più il fiume Olona.
Dopo la morte di De Angeli nel 1907 e di Frua nel 1937, la Grande Fabbrica conobbe un ultimo ventennio di espansione, fino agli anni ’50 quando chiuse definitivamente. Ma la sua presenza sul territorio per un’ottantina d’anni ebbe la forza di plasmare il quartiere circostante: ci fu un vero e proprio riassetto urbano con la costruzione di nuovi palazzi e di villette con giardino che ancora oggi sono cifra caratteristica della zona.
Negli anni ’90 si pose il problema della salvaguardia architettonica del borgo, uno degli esempi più importanti di villaggio operaio del Novecento: nel 2003 La Maddalena ottenne il vincolo paesaggistico, sotto la tutela di Regione Lombardia.
Il centro di Milano si può definire tutto quello che si trova all’interno del perimetro del Municipio 1. Abbiamo chiesto ai milanesi di darci un loro parere a riguardo. Ecco cosa ci hanno risposto. Foto cover: andreacherchi_foto IG
# Servizi vicini e ci si muove bene a piedi o con i mezzi pubblici
cristina.krizia.tazzi IG – Scale metro con vista Duomo
“Ci vivo da una decina d’anni e anche molto bene. Tutti i servizi sono vicini e ovviamente posso andare ovunque a piedi o con i mezzi.” – Pierangelo Bucci
# Troppe manifestazioni
Concertone in Piazza Duomo – Credits: Radio Italia
“Che ospita troppe manifestazioni e concerti” – Eugenio Cappelletti
# Poco sicuro
“Che bisogna sempre guardarsi alle spalle!!! non c’è via che tenga. Cento metri di sera (dalle 22 diciamo??) sono pericolosi ovunque microcriminalità diffusa anche davanti a Cova.Anzi di più perchè sanno che in quella zona con uno spintone simil rapina 100€ li trovano sicuro…..” – Mariadele Conti
# Mancano mezzi di notte e si svuota presto
Credits Andrea Cherchi – Piazza Duomo di sera
“Wonderful… se solo più mezzi pubblici funzionassero di notte… perché si svuota presto ed è gotham city” – Elsa Radaelli
“Bello specialmente le piccole vie nascoste e tranquille con palazzi ottocenteschi senza negozi” – Gabriella Paralupi
“Sicuramente molto più bello di come molte persone non di Milano lo descrivono. Avrebbe potuto essere ancora migliore se non si fossero fatti diversi errori (ad esempio: Via Albricci, Piazza Missori e Piazza Diaz, così come sono, non sono certo il massimo) o per aver permesso la costruzione, negli anni ’50-’65, di tante case banalianche a qualche centinaio di metri da Piazza Duomo. Però, nell’insieme, più che buono.” – Federico Barboni
# Troppo cemento e pochi alberi nelle nuove piazze
betta_andrioli IG – Piazza San Babila
“Nata a Milano e abito a Milano. Queste nuove piazze tutto cemento secondo me sono orribili….. e sempre meno alberi.” – Patrizia Ronchi Mallia
# Piazza del Duomo è diventata una specie di “grande magazzino”
Credits Andrea Cherchi – Luci sulla Rinascente
“Nel tempo ha perso il suo “stile, epoca”…sono riusciti a fare diventare la Piazza del Duomo un che di “grandi magazzini” senza quel “quid” che l’ha sempre contraddistinta. Peccato! Abbiamo perso molto….” – Ferdinanda Brasca
# Luoghi storici nel degrado
Urbanfile – Piazza dei Mercanti
“Piazza dei Mercanti, abbandonata a se stessa. Ho visto gente bivaccare! Inaccettabile!!!” – Rosamaria Guarini
# Piccolo da girare, ma ricco di storia
Credits: wikipedia.org – Municipio 1
“In definitiva non è molto grande. Si può tranquillamente girare a piedi in una giornata, cosa impossibile per il centro storico di Roma che è immenso e ricchissimo di monumenti. Comunque il centro storico di Milano è più ricco di storia e arte di quello che si pensa.” – Claudio Olivieri
Quando a Milano è arrivata la rivoluzione dei jumbo-tram
# L’arrivo dei primi mezzi di “modernissima concezione” quasi mezzo secolo fa
treni_lombardi_veneti – Primi Jumbo Tram
Un lunghezza di 29 metri, 60 posti a sedere, 210 in piedi e tre casse. Queste le caratteristiche del Jumbo Tram, con il primo esemplare consegnato quasi mezzo secolo fa, nel 1976. Un tram rivoluzionario per quei tempi, “di modernissima concezione” come riportato dall’edizione del Corriere della Sera del 30 luglio di quell’anno.
Credits: pixabay.com – Tram Milano
Dopo la bocciatura dei modelli a pianale ribassato, il Comune di Milano decise di puntare sui Jumbo Tram serie 4900, sulla scia dei buoni risultati ottenuti con la serie 4800. Ne furono ordinati 100 (da 4900 a 4999), costruiti da Fiat Ferroviaria-Marelli-Asgen e da OMS-AEG-Telefunken.
# Il progetto abortito della metropolitana leggera di superficie
Skyscrapercity – Percorso 90-91 come metropolitana di superficie
L’ipotesi del tram con pianale ribassato e la scelta definitiva dei nuovi jumbo tram, con utilizzo di banchine rialzate per l’accesso, era dettato inizialmente dall’idea dell’amministrazione milanese di realizzare una rete di metropolitana leggera di superficie. L’obiettivo era di integrare e potenziare l’esistente rete tranviaria senza ricorrere a costose metropolitane interrate, ma le numerose polemiche dell’epoca, si parlò di “una cintura di ferro che imprigionerà Milano”, fecero arenare il progetto. Per questo i Jumbo Tram furono impiegati nella rete tranviaria normale con alcune modifiche alla coda.
Dal 2008 è stato messo in atto un processo di aggiornamento dei mezzi, con l’installazione degli impianti per l’aria condizionata, per arrivare al primo revampingnel 2011 alla vettura 4950: un ammodernamento estetico e funzionale, interno ed esterno, con l’entrata in servizio nel 2014. Altre 19 lo fecero nel 2015 e nel 2019 si arrivò a un totale di 51. Le vetture non sottoposte a revampingancora circolanti si sono invece viste sostituire il colore dall'”arancio ministeriale” al giallo degli altri tram milanesi.
Milano è ormai da tempo invasa da ristoranti di cucina romana, tanto da poter essere qualificata come la capitale della cucina romana e tanto da potersi affermare che, almeno in questo campo, le 2 capitali non sono così lontane. Vediamo dunque qualche esempio.
Aperto più di 30 anni fa a Roma nel quartiere la Garbatella, il locale è sbarcato a Milano con successo grazie a piatti tipici della tradizione culinaria romana come, appunto, la cacio e pepe, carbonara, puntarelle, porchetta e baccalà fritto.
Indirizzo: via Gian Galeazzo 3
#2 Nonna Maria osteria romana. Li primi, li secondi, li dolci fatti in casa
nonnamariaosteriamilano IG
Qui si parla romanesco pure nel menù, fatto di tradizioni, ingredienti semplici e materie prime di qualità. Non mancano i menù fissi come “il menu der cacio” o quello ” de la grande abbuffata”.
Indirizzo: via Fratelli Bronzetti 9
#3 Felice a Testaccio la patria della cacio e pepe
Credits alanduchini IG – Felice al Testaccio Milano
Qui, la cacio e pepe è diventata in breve tempo un piatto iconico, ma il locale si distingue anche per le paste fresche come tonnarelli, bucatini e secondi piatti altrettanto iconici come abbacchio e carciofi alla romana.
Indirizzo: via del Torchio 4
#4 Osteria delle Coppelle. L’osteria romana creativa
giangicilavegna IG – Osteria delle Coppelle
In pieno centro in via Solferino nella elegante zona di Moscova, si trova questo ristorante che ha fatto della cucina romana più tradizionale e autentica, il suo punto di forza. Buon cibo, vino e il piacere della condivisione in un locale con interni da osteria e tanti tavoli all’aperto.
Indirizzo: via Solferino 34
#5 Giulio pane e ojo. Dal 1999 un angolo di Roma a Milano
Credits giuliopaneeojo IG – Osteria Giulio Pane e Ojo
È dal 1999 che questo locale nel cuore di Porta Romana porta avanti la tradizione culinaria romana con successo inalterato. Arredi semplici, tavoli di legno e cinque sale.Ricette semplici e senza fronzoli, fanno di questo ristorante un punto di riferimento indiscusso per gli amanti della cucina romana.
Indirizzo: via Ludovico Muratori 10
#6 Il Marchese. Cucina romana ricercata
Credits ilmarchesemilano IG – Il Marchese Osteria e liquori Milano
Ispirato al celebre film Il marchese del Grillo con Alberto Sordi, questo locale, a pochi passi dal Teatro alla Scala, propone i grandi classici della tradizione romana come gricia e amatriciana, ma anche pietanze più particolari e ricercate come il risotto ai calamari o l’anatra miele birra e arancia.
Indirizzo: via dei Bossi 3
#7 Trattoria dal Cordaro. Roma in Citylife
minardicarmela IG – Trattoria dal Cordaro
Di recente apertura, il locale è l’ennesima insegna storica che da Roma arriva in città.
Piatti tradizionali come tagliolini all’uovo alla carbonara, gricia, pajata o ancora trippa alla romana e coda alla vaccinara.
Procede a piccoli passi la realizzazione della circle line milanese. Milano prova a mettersi alla pari delle altre metropoli europee come Londra, Parigi, Berlino e Mosca che da anni sono dotate di linee metropolitane circolari. Il punto sul progetto e i più grandi sogni nel cassetto.
Circle Line: cosa serve per chiudere il grande cerchio di Milano
# Il progetto approvato e gli ultimi aggiornamenti: le 12 stazioni
Credits Comune di Milano – Stazione Tibaldi
Procede, anche se a rilento, la realizzazione della futura circle line milanese, la linea angolare che da Rho Fiera dovrebbe fare capolinea a San Cristoforo FS M4. Alle 8 stazioni esistenti (San Cristoforo, Romolo, Forlanini, Lambrate, Certosa, Rho Fiera, Tibaldi inaugurata a dicembre 2022 e Porta Romana in fase di riqualificazione) se ne aggiungeranno altre 4: Istria che interscambierà con la M5, Dergano con la M3, Stephenson e la novità MIND-Cascina Merlata.
Il progetto prevede una rifunzionalizzazione del tracciato ferroviario su cui transita la linea suburbana S9, che verrebbe ricalcato parzialmente dalla Circle Line, e l’acquisto di 20 treni dedicati. L’obiettivo è rendere operativo il servizio entro il 2030.
# Le nuova stazione di MIND-Cascina Merlata
Credits 3tiprogetti-Urbanfile – Stazione MIND-Merlata
La novità più recente è la previsione della nuova stazione di MIND-Cascina Merlata, tra quelle di Milano-Certosa e Rho Fiera Milano e che andrà a servire il nuovo quartiere di Cascina Merlata e MIND. La struttura della stazione è stata pensata in metallo bianco, per integrarsi con la vicina passerella ciclopedonale, e come mostrano le immagini dovrebbe venire ricoperta di rampicanti e circondata da alberi.
Nuove stazioni circle line Milano MIND-Merlata e Milano Stephenson
Di Arbalete – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid – Tracciato Circle Line
Oltre alle stazioni certe o quantomeno ufficializzate, nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile sono state previste nel medio-lungo periodo anche le fermate Canottieri, Toscana, Puglie, Zama, Ortica, Padova e Bovisasca, anche se ad oggi non c’è nulla di concreto.
# I limiti del progetto: bassa frequenza e poche stazioni
Tra i limiti dell’infrastruttura c’è la cadenza di 15′, a 10 minuti nelle ipotesi più ottimistiche, quindi non una frequenzada linea metropolitana. La bassa frequenza rappresenterebbe un fattore determinante per renderlo un servizio efficiente e utilizzato, problema risolvibile con l’acquisto di più treni, mentre il ridotto numero di stazioni e la mancanza di tracciato nel quadrante ovest di Milano sono due elementi che lo rendono un progetto deficitario.
# Cosa servirebbe per chiudere il cerchio
Credits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 – Progetto Circle LineCredits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 – Progetto Circle line
Per questo sarebbe necessaria una vera linea metropolitana circolare, sempre su parte del percorso della linea S9, ma con 36 fermate chiudendo l’anello ad ovest come nel progetto in alto nelle due immagini, una linea alla pari di Londra, Parigi e Mosca.
# Dalla futura M6 una delle possibili alternative per completare l’anello
La futura M6 potrebbe idealmente chiudere il percorso circolare, pur con un cambio di linea. Nel 2022 l’Assessore alla mobilità di Milano Arianna Censi aveva dichiarato questo in riferimento alla presentazione del progetto della sesta linea metropolitana al Ministero dei Trasporti: “Al ministro presentiamo una proposta che ha un obiettivo: completare il percorso di Circle Line per cui chiediamo il finanziamento con lo scopo di connettere tutte e cinque le linee e costruire una rete capillare che faccia da moltiplicatore delle potenzialità del sistema del trasporto pubblico.” Il blog Urbanfile ha immaginato ulteriori 14 fermate da sud-ovest a nord, oltre a quelle ipotizzate per il tracciato da Ponte Lambro all’Ospedale San Paolo, con capolinea alla fermata della Circle Line di Mind-Merlata.
# Tre tracciati circolari per rivoluzionare il trasporto metropolitano
Ipotesi delle 3 circle line
Tutto questo non basterebbe però per far compiere a Milano un vero salto di qualità al sistema di trasporto pubblico e avvicinarsi un po’ di più alle altre reti europee. Si potrebbe infatti prevedere di trasformare la circolare filoviaria 90-91 in una vera linea di forza con corsie totalmente preferenziali e asservimento semaforico e progettare una “circle line” che segua il percorso delle tangenziali:
Interna: seguendo il percorso delle tangenziali nord, est e ovest.
Esterna: seguendo il percorso della TEEM e della superstrada che sostituisce il progetto della TOEM.
L’immagine in alto serve a delimitare in maniera spannometrica le tre Circle Line, esclusa quella filoviaria, per approfondimenti ne abbiamo parlato qui.
Credits laollo IG - Area mercato Benedetto Marcello
Via Benedetto Marcello, a due passi dalla Stazione Centrale, è stata a lungo un’area segnata da attività illecite come spaccio di droga, prostituzione e microcriminalità, e ancora oggi questi fenomeni non sono scomparsi del tutto. Tuttavia, sta lentamente cercando di risollevarsi, anche se resta ancora molto lavoro da fare.
Il «Far West» di via Benedetto Marcello: la faticosa rinascita dell’ex terra di nessuno di Milano
# La strana forma di Benedetto Marcello: né via, né piazza
Via Benedetto Marcello
Via Benedetto Marcello, situata a breve distanza dalla Stazione Centrale, è una strada di circa 600 metri che presenta una struttura particolare: un parterre centrale separa le corsie, conferendole l’aspetto di una piazza, anche se non è propriamente né una via né una piazza. Il parterre centrale è diviso in due aree principali: una più ampia, dedicata a giardini e giochi per bambini con un parcheggio sotterraneo, e una più piccola, utilizzata come parcheggio e area di mercato il martedì e il sabato, tra via Vitruvio e via Scarlatti.
# Dal degrado alla microcriminalità
Credits: Urbanfile - Degrado Via Benedetto Marcello
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Credit: urbanfile.org - Degrado Via Benedetto Marcello
Credit: urbanfile.org - Degrado Via Benedetto Marcello
Credit: urbanfile.org - Scritte vandaliche e incuria
Il degrado urbano è spesso accompagnato da disagi sociali e comportamenti ai limiti della legalità, e via Benedetto Marcello non fa eccezione. Per anni, questa strada ha visto il deterioramento dell’ambiente circostante: asfalto e cemento danneggiati, alberi abbattuti, buche pericolose, e graffiti sugli arredi urbani. A questo quadro di degrado si sono aggiunti episodi di microcriminalità, come furti, spaccio di droga, vendita di merce rubata, prostituzione, e l’uso improprio delle strade e del giardino come bagni all’aperto.
# La riqualificazione leggera del parterre
Credits edmondojl IG – Via Benedetto Marcello
La recente riqualificazione del parterre ha contribuito a migliorare significativamente la situazione di degrado. Nella zona destinata al mercato, è stata rifatta l’asfaltatura e ripensata la disposizione degli alberi, con nuove piantumazioni. Questi interventi hanno reso più agevole l’uso del parcheggio nei giorni in cui il mercato non è presente e facilitato l’organizzazione delle bancarelle il martedì e il sabato.
Credits associazionebenedettomarcello IG – Giardino Falcone e Borsellino
Dall’altro lato di Via Vitruvio, la pavimentazione in cubetti di porfido è stata estesa anche alla nuova sezione di marciapiede. Inoltre, il giardinetto dedicato a Falcone e Borsellino, situato in direzione di Via San Gregorio, è stato recintato e arricchito con la piantumazione di alcune rose.
# Il progetto del nuovo mercato “calato dall’alto”, con le proteste dei cittadini
Credits laollo IG – Area mercato Benedetto Marcello
Il miglioramento dell’area e l’attività di controllo della Polizia Locale hanno contribuito alla riduzione della criminalità, anche se resta ancora molto lavoro da fare su entrambi i fronti. La sistemazione della zona destinata al mercato e al parcheggio lungo la via, realizzata da Palazzo Marino, è stata accolta con proteste dai cittadini, che speravano nell’eliminazione definitiva del parcheggio e del mercato dal parterre centrale. L’obiettivo dei residenti è restituire all’area la sua funzione originaria di viale alberato e giardino, soprattutto considerando che dal 1965 è soggetta a vincolo paesaggistico imposto dalla Sovrintendenza.
# L’attesa di una riqualificazione definitiva
Un intervento più radicale è stato ostacolato da obblighi giuridici del Comune di Milano verso i titolari di concessione. Tuttavia, il Presidente del Municipio 3, Caterina Antola, auspica che la riqualificazione definitiva possa avvenire al più presto. Il piano prevede un investimento di circa 1 milione di euro per la rigenerazione complessiva dell’area, comprese le vie adiacenti. Gli interventi includeranno l’eliminazione dei binari morti, la riorganizzazione della viabilità e lo spostamento delle bancarelle attualmente situate in via Mercadante a viale Andrea Doria.
# Le richieste della maggioranza e dell’opposizione nel Municipio 3
Il fatto che ancora ci sia molto da fare è confermato dalle richieste fatte sia dalla maggioranza che dall’opposizione nel Municipio 3. La prima con una mozione a ottobre 2023 ha formulato le seguenti richieste:
procedere con i lavori di restyling della strada già previsti nel Piano delle opere pubbliche del Comune e di monitorare gli esiti dell’avviso pubblico comunale “Piazze aperte per ogni scuola;
realizzare in via Benedetto Marcello, in collaborazione con la Prefettura e con la Questura, un presidio fisso delle forze dell’ordine e dei servizi sociali;
interdire l’ingresso dei tre parchi giochi presenti in via Benedetto Marcello agli adulti che non accompagnino bambini, a norma del vigente Regolamento del Comune”. regola che dovrebbe impedire ai tanti immigrati che frequentano la zona di occupare le aree verdi e i parchi giochi e di impedirne l’utilizzo ai residenti del quartiere.
L’opposizione tramite il consigliere Marco Cagnolati a gennaio 2024 ha chiesto a Palazzo Marino di non spostare il mercato in Via Doria, soprattutto senza aver interpellato i residenti, ma di distribuire le licenze nei vari mercati cittadini e di avere notizie sulla riqualificazione della via.