Guido Nicheli detto Dogui è uno dei milanesi più amati in Italia. E questo nonostante l’handicap di non essere nato a Milano bensì a Bergamo.
Sicuramente la sua fisionomia si imponeva e lo rendeva simpatico, ma non è la sua estetica il dettaglio più dirompente di questo personaggio. Ciò che lo ha reso celebre sono i suoi aforismi degni di un Oscar Wilde solo un po’ più alto e pop.
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I 20 migliori aforismi del Dogui
#1 Ma la libidine è qui, amore: sole, whisky e sei in pole position!
#2 Tu spari via un trecentomila… e sei nel burro tutta la vacanza… testa!
#3 La sua promozione…la vedo molto in danger…caro il mio bel faccia di cazzo.
#4 Non mi toccare il gazebo chiaro? È una libidine mia e la inauguro io… chiaro?!
#5 Ma guarda questi proletari… ma cosa fate voi a Montecarlo? Voi dovete restare a Pietra Ligure… testa!
#6 Ue marenostrum… dai ordine al tuo Shangai di aiutarmi!
#7 Il mio non è un punto di vista… è un teorema! Chiaro?
#8 Uno nella vita sopporta di tutto: una moglie di nome Nives, il Milan in B, la figlia che sposa un deficiente! Ma i pupazzetti sulla torta no!!!!
#9 Via della Spiga Hotel Cristallo di Cortina 2 ore e 54 minuti! Alboreto is nothing!
#10 Sole whisky e sei in pole position!
#11 Ma che bustarelle… io regalo affettati perché deve sapere che il prosciutto è molto più stabile della lira!
#12 Wè, ma cos’è successo qua? La rivolta degli schiavi?!
#13 Ma scendi dalla pianta animale!
#14 Lavoro guadagno pago pretendo!
#15 Mi stai pattinando sul filo del vaffa!
#16 Cambiar car è una scelta di vita… believe me!
#17 Al giorno d’oggi andare a fare il weekend costa più di una vacanza in Polinesia.
#18 Quando penso che a sta bestia qui gli han dato la maturità divento razzista!
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Se si pensa all’Italia è inevitabile immaginare un paese dalla grande storia e testimone dell’evoluzione del mondo. È per questo che quando sono stati stilati dei record storici mondiali o europei: non tutti conoscono questi primati che possono rendere gli italiani orgogliosi del proprio Paese.
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Campioni del mondo: i record storici dell’Italia (che solo pochi conoscono)
# L’orto botanico più antico del mondo
Con circa 2,2 ettari di area, l’orto botanico di Padova detiene il record del più antico orto botanico del mondo. Risalente al 1545, contiene più di 6000 piante di 3500specie diverse: troviamo piante per rimedi naturali, alcune velenose e altre molto pregiate, tanto che spesso l’orto è soggetto a furti. Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal 1997, l’orto botanico era stato creato per coltivare le piante medicinali, ai tempi chiamate i “semplici”, a tal proposito prima l’orto era soprannominato il “Giardino dei Semplici”. Alcuni ritengono che sia Pisa, con il suo orto botanico, ad avere questo record, ma quest’ultimo, costruito l’anno prima di quello di Padova, ha la sua posizione attuale “solo” dal 1591. In qualsiasi caso il primato rimane sempre in Italia.
# La più antica farmacia d’Europa
L’Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze, aperta al pubblico per la prima volta nel 1612, è la farmacia più antica d’Europa. Ebbe subito grande notorietà in tutto il Continente ed i suoi prodotti furono esportati anche in Cina. Seppure sembrerebbe che le farmacie di Tallinn e altre città europee siano precedenti al 1612, bisogna precisare che le prime testimonianze sulle attività della farmacia fiorentina risalgono al 1221 con la vendita di erbe curative da parte dei frati domenicani. Oggi l’erboristeria mantiene ancora la sua storicità e, in certi casi, vengono ancora seguite le ricette tradizionalie i metodi di preparazione dei frati. In questo modo Firenze si conquista il record.
# La biblioteca più antica del mondo
Pochi sanno che la biblioteca più antica del mondo è in Italia e non è la biblioteca di Alessandria d’Egitto o quella di Pergamo. Nel 2017, infatti, la Biblioteca Capitolare di Verona ha spento 15 centinaia di candeline. Fondata nel 571 d.C. e con i sui 15 secoli di attività, la biblioteca di Verona è quella rimasta sempre aperta al pubblico (quella di Alessandria d’Egitto e di Pergamo furono infatti chiuse più volte). La Biblioteca Capitolare è famosa per la preziosità dei sui manoscritti, contiene anche il celebre Indovinello Veronese, probabilmente il primo documento in italiano volgare. Testimonianza anche della storia ecclesiastica, è stata definita come “la Regina delle collezioni Ecclesiastiche”. Per non parlare dei grandi che studiarono in questo edificio: il figlio di Carlo Magno, Pipino, ma soprattutto Dante Alighieri e Francesco Petrarca.
# La più antica università
L’Italia ospita la più antica Università occidentale ancora in funzione e forse è il primato più conosciuto tra questi. Stiamo parlando dell’Università diBologna, soprannominata “la dotta”, fondata nel 1088. Con il suo motto latino “Madre nutrice degli studi”, ha insegnato a numerosi uomini illustri. Se Oxford, fondata nel 1096, deve lasciare il primo posto all’Italia, si precisa come sia stata una donna, Fatima Al-Fihriya, ad aver fondato la prima istituzione educativa esistente e ancora in funzione a Fez, in Marocco.
# La più antica banca al mondo ancora in attività
È il Monte dei Paschi di Siena, fondato dal Consiglio Generale della Repubblica di Siena, ad essere la banca più antica del mondo tutt’oggi esistente. Istituita nel 1472 come monte di pietà per prestare denaro alle classi disagiate della popolazione, oggi è fra i principali gruppi bancari italiani e quotata alla Borsa di Milano. Nell 1624, inoltre, la banca si aggiudica un altro record: fu infatti la prima ad adottare un sistema di protezione dei depositi usati per dare fiducia ai risparmiatori. Durante la sua attività, la banca finanziò molti enti ma soprattutto il celebre Palio di Siena.
# La più antica enoteca del mondo
Indubbiamente famosa per i suoi vini, in Italia, precisamente a Ferrara, c’è l’enoteca più antica al mondo. Aperta nel 1435, in passato si chiamava “Hostaria del Chiuchiolino” (da “ciuc“, ubriaco), ma oggi è conosciuta come “Al Brindisi”. È sicuramente l’enoteca dai grandi nomi, qui vi si recarono infatti Torquato Tasso, Tiziano e Ludovico Ariosto. Inoltre sopra l’edificio Nicolò Copernico compì i suoi studi.
# L’azienda familiare più antica
Ancora oggi l’economia italiana è caratterizzata principalmente da aziende familiari e non ci stupiamo, quindi, se questo record lo detengono alcune imprese italiane. Sei delle prime dieci aziende familiari più antiche in Europa si trovano infatti nel nostro Paese; e in cima alla classifica c’è la Fonderia Marinelli di Agnone, in Molise. Questa, che produce campane artigianali, è ancora in funzione e fu fondata nell’anno mille.
# La mappa più antica del mondo occidentale
In questo caso, per alcune incongruenze storiche, non si è sicuri di poter attribuire il record all’Italia, ma, secondo alcuni archeologici nel 2003, a Soleto in Puglia, fu scoperto un frammento di vaso in terracotta con incisi nomi di città italiane. Scritto in lingua greca e risalente a oltre 2500 anni fa, il disegno sembra la riproduzione della costa salentina e tra le città è possibile trovare Taranto e Otranto.
# La più antica città del mondo ancora abitata
Oltre a essere stata Capitale della Cultura europea nel 2020, Matera con i suoi “sassi” è una delle città più antiche al mondo. Gli studiosi credono che le sue grotte scolpite nella roccia siano le prime abitazioni risalenti al Paleolitico, quindi a circa 9000 anni fa. Considerando, inoltre, che queste grotte sono sempre state abitante, la città risulta essere anche quella dove si è vissuto più a lungo.
# Il maggiore produttore di caviale al mondo
L’Italia detiene un record in campo alimentare che pochi conoscono: è il maggiore produttore al mondo di caviale battendo di gran lunga la Russia. In Lombardia, vicino Brescia, c’è infatti uno dei più grandi allevamenti al mondo di storioni, da dove le pregiatissime uova partono per soddisfare i palati più sopraffini.
# L’opera d’arte più lunga del mondo: oltre 5 chilometri
“The Walk of Peace” (La Passeggiata della Pace) è l’opera d’arte più lunga del mondo realizzata da un solo individuo. Il lavoro è stato fatto nel maggio 2021 dell’artista Luca Fruzzetti, in arte Dale, a Massa: la lunghezza certificata di 5.310 metri ha battuto il precedente primato statunitense di 3.300 metri.
# Il più alto numero di aziende di lusso nella top 100 mondiale: un quarto del totale del pianeta
Nell’elenco delle prime 100 aziende al mondo per fatturato, nel settore del lusso, l’Italia si piazza al primo posto con quasi il 25% delle posizioni ricoperte, ben 24 imprese. Una su quattro delle grandi aziende del lusso al mondo sono in Italia.
# Prima al mondo per produzione di yacht: uno su due costruito in Italia
Il nostro Paese è al primo posto al mondo per produzione di imbarcazioni di lusso: nel 2023 ha ottenuto il 50% degli ordini. Nella nautica da diporto l’Italia non ha rivali, in termini di bilancia commerciale, con ricavi che sfiorano i due miliardi di dollari.
# L’Albero di Natale più grande del mondo
Dal 1991 l’Albero di Natale di Gubbio fa parte del Guinness dei Primati. Grazie ai suoi 650 metri di altezza e ai suoi 350 di larghezza è infatti il più grande del mondo. Nessuno è riuscito a scalfire questo primato da oltre 40 anni.
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Il Presidente Fontana ha aperto alla possibilità di centrali nucleari in Lombardia. Ma il nucleare è sicuro? Altrove ne sono sicuri: in particolare Google che preme sull’acceleratore con una innovazione che potrebbe anche cambiare il futuro di Milano.
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Fontana: «Sì al nucleare in Lombardia»: Milano avrà dei minireattori, come Google?
# Fontana: Lombardia pronta ad accogliere il nucleare
Il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha dichiarato la disponibilità della Regione ad accogliere il nucleare e a individuare siti idonei per la costruzione di centrali sul territorio. La proposta è stata rilanciata in occasione dell’assemblea generale di Assolombarda, durante la quale il presidente dell’associazione, Alessandro Spada, ha sottolineato l’importanza del nucleare per lo sviluppo economico e la transizione energetica della regione.
Fontana ha affermato che la Lombardia è pronta a esplorare questa possibilità, che potrebbe rappresentare un’opportunità per abbattere i costi energetici per cittadini e imprese. La posizione di Fontana è in linea con quella del vicepremier Matteo Salvini, il quale ha già espresso più volte il proprio sostegno per il ritorno del nucleare in Italia, definendolo “un dovere” per garantire energia più pulita e conveniente.
# La risposta dell’opposizione
Le dichiarazioni del presidente lombardo hanno suscitato immediate reazioni da parte dell’opposizione. Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Partito Democratico in Regione, ha commentato: «Fontana dice che è disponibile a trovare siti per il nucleare in Lombardia. È un’affermazione interessante. Sia coerente, allora, e dica in che città o in quali territori intende realizzare questi siti.» Anche il Movimento Cinque Stelle ha criticato duramente l’apertura al nucleare, accusando la giunta regionale di “sparare grosse” senza una reale pianificazione. Ma prima di capire quale potrebbe essere la strategia, la vera domanda da farsi è: il nucleare oggi è sicuro?
# Dal disastro di Chernobyl alle nuove generazioni di centrali nucleari
La tecnologia nucleare ha attraversato importanti evoluzioni nel corso degli ultimi decenni. Dalla prima generazione di centrali, che ha visto incidenti significativi, comunque attribuibili alla mala manutenzione e all’errore umano, come quelli di Three Mile Island (1979) e Chernobyl (1986), si è passati a modelli generalmente più sicuri e avanzati. È fondamentale comprendere le differenze tra le varie generazioni per valutare le potenzialità del nucleare moderno.
# Generazione 1 e 2: Il passato del nucleare
Le prime centrali nucleari, costruite negli anni ’50 e ’60, utilizzavano uranio arricchito come combustibile e acqua normale come refrigerante e moderatore. Questi impianti non disponevano di sistemi di sicurezza avanzati, come il contenimento primario, che sarebbe poi diventato uno standard. La tragedia di Chernobyl, avvenuta nel 1986, fu un chiaro esempio dei rischi associati a tali impianti. Il reattore esploso era un modello di prima generazione privo di adeguate misure di sicurezza, e il disastro provocò gravi conseguenze ambientali e sanitarie.
La seconda generazione di centrali, sviluppata negli anni ’70 e ’80, ha introdotto significative migliorie in termini di sicurezza ed efficienza. I reattori di questa generazione sono dotati di contenimenti primari di sicurezza e sistemi di controllo avanzati, rendendoli nettamente più affidabili rispetto ai loro predecessori.
# Generazioni 3 e 3+: Sicurezza integrata
Negli anni ’90 è stata sviluppata la terza generazione di centrali nucleari, che ha continuato a migliorare la sicurezza degli impianti. A differenza delle centrali di seconda generazione, questi reattori sono progettati fin dall’inizio per gestire eventi accidentali gravi, con strutture capaci di resistere a esplosioni, incendi e terremoti. La terza generazione avanzata (3+) rappresenta un ulteriore passo avanti, con reattori che utilizzano combustibile meno pericoloso e tecnologie di raffreddamento passive, che non richiedono interventi umani in caso di emergenza.
# Generazione 4: i mini reattori
La quarta generazione di reattori, attualmente in fase di sviluppo, promette una rivoluzione tecnologica nel settore. Questi impianti includono tecnologie come i mini reattori modulari (SMR), progettati per essere più sicuri, efficienti e versatili. I mini reattori possono essere trasportati con camion e installati in serie per soddisfare diverse esigenze energetiche. Anche se non ancora pronti per la diffusione su larga scala, i reattori di quarta generazione potrebbero rappresentare una soluzione interessante per il futuro dell’energia nucleare.
# Il futuro? Mini centrali nucleari in ogni quartiere di Milano
La crescente domanda di energia, soprattutto con l’espansione dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie digitali, sta spingendo molte aziende a esplorare fonti di energia alternative. Google, ad esempio, intende acquistare energia da sette mini-reattori nucleari entro il 2035 per alimentare i suoi centri dati con fonti a basse emissioni di carbonio. Questo esempio apre la strada a un’ipotesi provocatoria: e se in Lombardia, e a Milano in particolare, si installassero mini centrali nucleari per soddisfare il fabbisogno energetico locale?
I reattori modulari sono già in fase di sperimentazione in vari paesi e potrebbero rappresentare una risposta efficace alla crescente richiesta di energia delle città moderne. L’idea potrebbe sembrare avveniristica, ma è tutt’altro che impossibile. Ecco tre ipotesi per Milano:
#1 Mini reattori di campagna
Una soluzione potrebbe consistere nel posizionare i mini reattori modulari nelle aree rurali intorno a Milano, ad esempio nelle campagne del Parco Agricolo Sud o vicino alla Brianza. Questi reattori fornirebbero energia alle case e agli edifici urbani attraverso reti di distribuzione ad alta efficienza, riducendo l’impatto diretto della presenza dei reattori in città. Questa opzione consentirebbe di sfruttare spazi più ampi e meno densamente abitati per ospitare i mini reattori, garantendo al contempo una gestione centralizzata e sicura. Inoltre, collegando i reattori rurali alla rete cittadina, si potrebbe sostenere la domanda crescente di energia, specialmente per i quartieri più tecnologicamente avanzati o i nuovi progetti urbani come Porta Romana e il futuro Villaggio Olimpico.
#2 Mini reattori di quartiere
Si tratterebbe di installare piccoli reattori modulari direttamente nei quartieri, in aree come Porta Nuova, CityLife, Isola o Bicocca. Ogni quartiere avrebbe il proprio mini reattore dedicato, capace di alimentare residenze, uffici e attività commerciali con energia pulita e stabile. L’energia nucleare, grazie alla capacità di adattarsi alla domanda variabile e alle tecnologie di sicurezza avanzate, potrebbe garantire l’approvvigionamento continuo riducendo la dipendenza dalle reti di trasmissione tradizionali. Questa opzione decentralizzata, con mini centrali dislocate nei punti strategici della città, permetterebbe una gestione locale e immediata dell’energia, potenziando l’efficienza energetica e riducendo le perdite di trasmissione.
#3 Mini reattori condominiali
L’opzione ancora più radicale sarebbe l’installazione di mini reattori nucleari direttamente sotto gli edifici residenziali. Questa soluzione sfrutterebbe gli spazi sotterranei per alloggiare piccoli reattori modulari, garantendo una fornitura energetica continua ai condomini. La tecnologia avanzata dei mini reattori moderni, caratterizzata da sistemi di raffreddamento passivi e contenimento potenziato, li renderebbe adatti per l’installazione in aree densamente popolate. Oltre a garantire la sicurezza, questa scelta eliminerebbe la necessità di costruire infrastrutture energetiche esterne, riducendo l’impatto visivo e rendendo autonomi dal punto di vista energetico gli edifici.
# Un’opzione sostenibile e sicura?
Il principale vantaggio dei mini reattori modulari risiede nella loro capacità di ridurre le emissioni di carbonio rispetto alle centrali elettriche a combustibili fossili. Inoltre, grazie alle dimensioni ridotte e alla produzione modulare, queste centrali potrebbero essere installate rapidamente e adattate alle esigenze specifiche di ciascun quartiere. Le preoccupazioni sulla sicurezza rimangono, ma le tecnologie di quarta generazione mirano proprio a superare definitivamente questa sfida, con sistemi che limitano drasticamente i rischi di incidenti e contaminazioni.
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Mentre si dibatte sul progetto di una sesta linea metropolitana, prevista comunque all’interno dei confini comunali della città, non si è fatto abbastanza per realizzare servizi metropolitani nell’hinterland. Al netto dell’estensione della M5 fino a Monza, per il quale si attende la copertura degli extra costi per il bando di gara, non sono state ipotizzate soluzioni alternative. E se si facesse come a Berlino, Parigi e Londra?
Per unire Milano a hinterland e periferie? Trasformare i treni in metropolitane
# Milano e il suo hinterland sono due entità separate a causa di un trasporto pubblico poco frequente e caotico
Uno dei problemi cronici del trasporto pubblico milanese è la connessione tra città e hinterland.Inaugurata la M4, che rimane dentro i confini di Milano, anche la futura linea M6 in fase di studio è previsto che non esca dal territorio comunale. Al netto della linea M1, con due fermate in costruzioni di oltre 13 anni, e della M4 verso Segrate, sempre con due fermate, l‘unico progetto importante riguarda l’estensione della linea M5 verso Monza, progetto per il quale sono necessari circa 400 milioni di euro di extra costi per indire il bando. Stiamo parlando di investimenti elevati, 1,7 miliardi di euro solo per la M5, e di progetti a lunga gestazione e realizzazione. Perchè quindi non prendere esempio dall’estero per collegare i centri dell’area metropolitana con servizi metropolitani sfruttando le ferrovie?
# Trasformiamo le linee ferroviarie urbane in metropolitane come fanno a Berlino, Parigi e Londra
Il primo è più facile esempio da prendere in considerazione è quello di Berlino e della S-Bahn, pioniera nell’elettrificazione del trasporto ferroviario suburbano e che ha dato il via all’espansione di un modello di trasporto urbano su ferro che poi si sarebbe diffuso in altre città tedesche ed europee. Nella capitale tedesca non c’è alcuna differenza tra prendere la metropolitana U-Bahn, che viaggia prevalentemente in sotterranea, e la S-Bahn, i cui treni corrono invece soprattutto in superficie, perchè entrambe rientrano nel concetto di Metro di Berlino, nonostante siano gestite da società differenti: BGV la prima e S-Bahn Berlin GmbH la seconda, società appositamente creata controllata dalla Deutsche Bahn.
La rete S-Bahn è separata da quella nazionale della Deutsche Bahn e il servizio è esercitato da materiale rotabile appositamente progettato simile a quelli delle linee metropolitane, con presa di corrente a terza rotaia. La distanza media tra le fermate è molto ridotta e la frequenza è molto alta. Inoltre sia i treni della U-Bahn che della S-Bahn sono normalmente in funzione dalle prime ore del mattino fino a tarda notte e mentre il venerdì e il sabato restano in servizio ad orario continuato.
Sistemi simili li troviamo a Parigi con la RER, e in parte con il Transilien, e Londra con Crossrail/Elizabeth line e forse Thameslink. La caratteristica comune di questi servizi è una serie di collegamenti interurbani che si collegano alle infrastrutture ferroviarie preesistenti fuori dal centro della città.
# La differenza tra il servizio ferroviario suburbano di Milano e la S-Bahn di Berlino
A Milano è presente il Servizio Ferroviario Suburbano, con 12 linee linee S, che si ispira al modello delle S-Bahn ma con alcune sostanziali differenze. Ecco le principali:
il sistema milanese è più concentrato sulla Lombardia, mentre quello berlinese ha una buona copertura urbana e suburbana;
condivide spesso binari con altri treni regionali o nazionali, mentre la S-Bahn di Berlino utilizza principalmente binari propri;
a Milano la connessione con la rete metropolitana è significativa ma non totale: sono appena 7 le fermate nel tratto del passante ferroviario dove passano tutte le linee, a cui se ne aggiungono altre a sud e a nord;
quando si passa da una fermata della metropolitana a una del passante ci si accorge di come sia due infrastrutture e servizi totalmente differenti per una serie di motivi:
la differente identità visiva, per colori, caratteri delle segnaletica, conformazione della stazione, e della stazione in generale a partire dai tornelli di ingresso;
la tipologia dei treni utilizzati;
la frequenza che solo nel tratto comune è paragonabile a quello di una metropolitana;
integrazione tariffaria lacunosa nonostante l’introduzione dello STIBM, il sistema tariffario integrato dei mezzi pubblici. L’abbonamento copre infatti solo il perimetro comunale e l’accesso fatto con la carta di credito in metropolitana non vale come biglietto per accedere al passante e usufruire delle linee S, ma è valido se si utilizza il classico titolo di viaggio oggi caricato sullo biglietto ricaricabile “Ricaricami”.
# Le prime linee da realizzare
In attesa di un secondo passante ferroviario e di eliminare le differenze esistenti tra il al servizio delle S-Bahn e quello delle linee S, si potrebbe pensare di attestare alcune linee qualche decina di chilometri fuori dai confini comunali comunali e da quel punto utilizzare i binari che arrivano in città solo come servizio metropolitano, inizialmente anche utilizzando gli stessi treni. Si potrebbero avere ad esempio queste linee:
M7 utilizzando il tracciato della linea S1 Saronno-Lodi nel tratto tra Garbagnate Milanese e Melegnano;
M8 utilizzando il tracciato della linea S3 Saronno-Cadorna, con 5/6 fermate intermedie più altre da realizzare lungo il tracciato con capolinea a nord a Garbagnate Milanese e a sud nella stazione di Cadorna;
M9 usano i binari della linea S4, da Cesano Maderno dove interscambia con l’attuale S9, a Milano, con aggiunta di fermate intermedie dopo Domodossola M5.
M10 raddoppiando i binari utilizzati da S9 e futura circle line da Rho fino a Lambrate.
Al termine di un’intensa settimana di lavoro capita spesso di sentire l’esigenza di una fuga fuori porta nel weekend per liberare la mente e allievare lo stress. Da Amsterdam è arrivata anche a Milano una soluzione che potrebbe limitare questo bisogno e al tempo stesso far trascorrere momenti piacevoli e di relax rimanendo in città. Ma si potrebbe renderla ancora più efficace.
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Le mini-vacanze nei bar e nei caffé: la nuova frontiera del lavoro intelligente?
# Una soluzione per allievare lo stress senza fuggire il weekend da Milano?
La mole di lavoro, la pressione e lo stress, che si accumulano durante le giornate trascorse in azienda o in ufficio, portano spesso a voler fuggire dalla città durante il weekend per ricaricare le pile. Una gita fuori porta al lago, in montagna, in un centro termale o in un agriturismo, qualsiasi meta e attività che possa essere utile al riposo della mente e del corpo. Un movimento partito da Amsterdam propone una soluzione che potrebbe alla lunga limitare il desiderio di scappare e al tempo stesso far trascorrere momenti piacevoli e di relax rimanendo in città, ma ancora perfezionabile.
# Il network partito da Amsterdam delle mini-vacanze nel cuore delle città
A febbraio 2024 tre ragazzi di Amsterdam hanno fondato l’offline club, una community di persone che valorizza maggiormente la vita reale rispetto a quella virtuale. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di aiutare le persone a disconnettersi dai loro telefoni e favorire autentiche connessioni umane. Sono nati così i primi eventi offline in librerie e caffè per consentire a chiunque ne sentisse l’esigenza di staccare, prendersi una pausa rigenerante, dedicare del tempo per se stessi e fare nuove conoscenze.
# Il primo evento a Milano nella libreria indipendente Googol Company
In poco tempo si è diffuso in diverse città del mondo, Londra, Parigi, Dubai e Barcellona fino ad arrivare a Milano. Il 7 ottobre 2024 alle ore 19 si è tenuto il primo evento, organizzato dalla libreria indipendente Googol Company, un secondo il 21 ottobre alla pasticceria Gelsomina, famosa per i suoi maritozzi.
I telefoni vengono bloccati per due-tre ore e il tempo viene dedicato alla lettura, al disegno, al gioco, a nuove attività come l’uncinetto, e all’incontro con nuove persone, come se fosse una mini-vacanza quotidiana nel cuore del città, magari mentre si fa beve e mangia qualcosa insieme agli altri a colazione o al momento dell’aperitivo. Ci possono essere poi spazi dedicati alla musica, come concerti di arpa o di piano.
# E se si facesse durante l’orario di lavoro?
L’iniziativa al momento viene organizzata solitamente di venerdì sera o nei weekend quindi, pur essendo efficace nel liberare la creatività, creare connessioni con altre persone e prendersi del tempo per se stessi, non contribuisce a ridurre in modo significativo lo stress lavorativo. La soluzione potrebbe essere quella di inserire questi momenti durante la giornata di lavoro, istituzionalizzandoli come delle vere “mini-vacanze”: una sorta di welfare aziendale per migliorare la qualità lavorativa e di vita del dipendente, un modo alternativo per riequilibrare la vita privata e il lavoro aumentando il benessere personale e al contempo la produttività in ufficio.
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Quando si parla di periferie si intendono luoghi lontani dal centro, caratterizzati da forte disagio sociale e scarsamente collegati dal trasporto pubblico. Il caso di Quarto Oggiaro è uno dei più emblematici, soprattutto per questo ultimo aspetto che ancora non ha trovato una soluzione efficace.
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Quarto Oggiaro, il quartiere dimenticato (da metro e bus)
# Da area agricola al “Bronx” fino alla rinascita
Quarto Oggiaro, quartiere periferico situato a nord-ovest di Milano, è nato storicamente come area agricola per poi subire una rapida urbanizzazione nel dopoguerra, con la costruzione di grandi complessi residenziali destinati ad accogliere lavoratori immigrati. Una trasformazione che nel corso dei decenni si è caratterizzata in una crescita della criminalità e forti problemi di consumo e spaccio di di eroina, con conseguente appellativo di “Bronx di Milano”. A partire dalla fine degli anni ’90 la nascita di spazi pubblici e culturali, la dismissione della raffineria, la costruzione di nuovi palazzi residenziali e la riqualificazione di luoghi come Villa Scheibler e il suo parco, ha migliorato le condizioni sociali e abitative del quartiere. Dal punto di vista dei trasporti, però, ancora non ci siamo.
# 31mila residenti: come una piccola città con una sola linea bus che attraversa il quartiere, una fermata del passante, nessuna del tram o della metro
Miglioramenti nel trasporto pubblico ne sono stati fatti, ma non ancora abbastanza per servire un quartiere di circa 31mila residenti. Sul sito della promoziona turistica del Comune di Milano, Yes Milano, segnalano come il quartiere di Quarto Oggiaro sia raggiungibile tramite: bus 35 e 57, il tram 1 e 12 e le stazioni Trenord/Passante di Quarto Oggiaro FN e Certosa FS. La verità però è un’altra.
L’unica linea che attraversare il quartiere è il bus 57, che in centro ha come capolinea Largo Cairoli. La 35 fa due fermate nel perimetro sud, nella parte meno densamente abitata e poi c’è la linea 40 che condivide parte del tracciato della 35 e infine percorre il confine nord con quattro fermate, una che interscambia con la stazione di Quarto Oggiaro dove fermato le linee S1 e S3 del servizio ferroviario suburbano. Il tram 12 e la stazione di Certosa Fs ricadono nel quartiere Certosa e non sono così vicine all’abitato di Quarto Oggiaro, il tram 1 si prende salendo sul treno suburbano e scendendo a Domodossola Fn o con il bus 57 fino in centro.
# Quale nuova linea di trasporto è prevista
A servire il quartiere in futuro è prevista la metrotranvia nord. Il tracciato segue un pezzo del percorso dalla linea bus 35 a sud, l’area meno densamente abitata, ma le fermate previste sono quattro invece di due e i convogli della metrotranvia hanno una capacità maggiore dei bus.
Al momento la tratta in questione, Villapizzone Fs-Certosa Fs, e quella precedente P.le Bausan-Villapizzone Fs, sono le uniche in fase di progettazione mentre le altre tre a completamento dell’infrastruttura sono già in costruzione. Prima del 2028 non sarà attivata.
In aggiunta a questa infrastruttura in arrivo si potrebbe migliorare il servizio in questo modo:
aggiungendo una linea alternativa alla 57, come suggerito da alcuni cittadini, che attraversi il quartiere in direzione di via Varesina per poi proseguire verso in altra zona diversa del centro città. Oggi è affollata dopo poche fermate dal capolinea di Quarto Oggiaro;
realizzando una fermata della metropolitana della nuova linea M6. Il Comune di Milano, dopo aver completato la linea M4, è al lavoro per definire nei prossimi mesi il tracciato della futura rosa. Tra le ipotesi per il tracciato nord potrebbero esserci delle fermate a servire l’asse del Sempione-Certosa e una a Quarto Oggiaro.
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Non si può dire certo che il trasporto pubblico milanese e lombardo si trovi nelle migliori condizioni ultimamente. Tra scioperi, mancanza di conducenti che ha portato ATM al taglio delle corse su gran parte delle linee di superficie a Milano, treni soppressi e guasti su linee regionali e suburbane, l’efficienza sembra un lontano ricordo e le lamentele non mancano. Come quelle di Patrizia Mattiello che, leggendo l’articolo di Livio Brembilla sui treni che partono da Milano con destinazione Malpensa, ci ha scritto a riguardo della linea ferroviaria diretta allo scalo della brughiera, mai migliorata nel corso degli anni.
Milano-Malpensa: una linea Express per niente express
# Fermate sprint
Il servizio non è mai migliorato. Queste le parole di Patrizia Mattiello che ci ha scritto sullo stato del Mapensa Express: «Rimango allibita nel vedere che la situazione non è ancora cambiata!! L’ultima volta che ho perso il treno, perché annunciato come al solito un minuto prima che sarebbe arrivato al binario 14, era il 2019 e la situazione è ancora la stessa. Il treno dovrebbe fermarsi almeno 5 minuti per permettere ai viaggiatori di scendere nel sottopassaggio e risalire le scale. Invece no! Apre le porte e poi riparte velocemente. Domanda: la società TRENORD non ha un servizio qualità che controlla?».
# Un treno express che express non lo è affatto
Veniamo poi alla peculiarità che dovrebbe avere il servizio: rapido e senza stop lungo il percorso. «Volevo inoltre precisare che in inglese il termine “express” , inteso come mezzo di trasporto, significa DIRETTO ossia “senza fermate intermedie”. Il nome Malpensa Express è pertanto sbagliato» continua la nostra lettrice «perché il treno parte da Cadorna, fa tre fermate intermedie e solo alla quarta fermata termina a Malpensa. Ora se si pensa che quel treno viene usato per lo più dagli stranieri, siamo sicuri che gli stiamo dando un buon servizio? Chissà quanti sono scesi alla stazione di Bovisa pensando di essere già arrivati in aeroporto.»
Un appunto anche sull’aeroporto: «Infine dire che Malpensa è un aeroporto milanese è sbagliato”, conclude Patrizia Mattiello, “L’aeroporto è, infatti, ubicato nei comuni di Ferno (Terminal1) e Somma Lombardo (Terminal 2) che fanno parte della provincia di VARESE.»
Hai cose da segnalare che a Milano non vanno o che potrebbero andare meglio? Scrivici su info@milanocittastato.it
I collegamenti ferroviari tra gli stati europei stanno prendendo sempre più piede e anche l’alta velocità poco alla volta sta trovando il suo spazio, dalla Milano-Parigi in attesa del ripristino, alle future Milano-Berlino e Parigi-Berlino. Ecco il prossimo collegamento in arrivo: durata del viaggio, fermate e prezzi dei biglietti.
Queste due capitali europee saranno collegate con l’alta velocità
# Il nuovo collegamento veloce tra Amsterdam e Bruxelles
Sempre più alta velocità anche tra gli stati europei. Nell’attesa che venga ripristinata la connessione Milano-Parigi, di quelle future tra Milano con Monaco e Berlino, e Parigi sempre con Berlino, l’entrata in vigore del nuovo orario ferroviario il 15 dicembre 2024 segna un momento importante per la mobilità ferroviaria europea. Da quella data parte infatti il servizio con due diversi collegamenti tra i Paesi Bassi e il Belgio, compreso l’Eurocity Direct, con 16 treni veloci al giorno tra Amsterdam Sud e Bruxelles Sud Midi. Il primo Eurocity Direct della giornata parte dalla capitale dei Paesi Bassi intorno alle 06.00 del mattino, dopodiché ogni ora parte un treno per quella belga.
# Risparmiati 45 minuti di tempo, la durata del viaggio scende a sole 2 ore
Rispetto a prima il tempo di viaggio si riduce di 45 minuti, arrivando a sole 2 ore. Le fermate servite oltre ai capolinea, confrontando con il servizio Eurocity standard, sono solo tre (Schiphol, Rotterdam e Anversa) consentendo velocità maggiore e meno soste lungo il percorso.
# Prezzi a partire da 25 euro
I prezzi dei biglietti, già in vendita, per la seconda classe vanno da 25 euro a 64,10 euro, in base al momento della prenotazione e della flessibilità desiderata. Una fascia di prezzo che consente agli utenti di viaggiare a buon mercato se prenotano in tempo o di ottenere maggiore flessibilità a un prezzo più alto.
A due ore e mezza da Milano, e a soli 8 euro di ingresso, si trova il Parco delle Cascate di Molina: una meta ideale per chi desidera fuggire dal caos cittadino e immergersi in paesaggi mozzafiato.
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Il Parco delle Cascate: l’oasi dei corsi d’acqua a 2 ore da Milano
# Esplorare il parco: tre percorsi tra natura e avventura
A due ore e mezza di macchina da Milano, si trova un luogo magico dove natura e storia si incontrano: il Parco delle Cascate di Molina. Situato nella splendida cornice della Lessinia, in provincia di Verona.
Con le sue cascate spettacolari, la ricca biodiversità e un borgo medievale che ha mantenuto intatto il suo fascino antico, il Parco delle Cascate è una destinazione che offre un’esperienza unica all’insegna della natura, della storia e del relax.
Il Parco offre tre percorsi ad anello, a senso obbligato, che consentono di esplorare il territorio in sicurezza e secondo il livello di difficoltà preferito. Ogni itinerario è caratterizzato da differenti lunghezze, dislivelli e difficoltà, offrendo molteplici opportunità di scoperta e avventura:
Percorso Verde: Il più semplice, lungo 1,2 km con un dislivello di 50 metri, percorribile in circa 30 minuti. È ideale per famiglie, bambini o per chi cerca una passeggiata rilassante, permettendo di ammirare le cascate più accessibili e godersi il paesaggio senza sforzi eccessivi.
Percorso Rosso: Più impegnativo del precedente, con una lunghezza di 2,3 km e un dislivello di 100 metri, richiede circa un’ora di cammino. Questo itinerario porta i visitatori alla scoperta di cascate più nascoste, con scenari selvaggi e incantevoli che si aprono tra le gole rocciose.
Percorso Nero: Il più lungo e impegnativo, estendendosi per 3,6 km con un dislivello di 250 metri. Si percorre in circa due ore ed è consigliato agli escursionisti più esperti, che desiderano avventurarsi tra sentieri più scoscesi, cascate nascoste e punti panoramici mozzafiato.
Lungo i vari sentieri, i visitatori possono incontrare attrazioni naturali di grande fascino come il “Pozzo dell’Orso“, la “Cascata del Tombolo” e il suggestivo “Doppio Covolo“, un doppio arco naturale scavato dall’erosione dell’acqua. Per chi ama le sfide, ci sono anche attrazioni più impegnative, come un’altalena panoramica che passa attraverso una cascata e una teleferica che consente di sorvolare il torrente sottostante, regalando emozioni forti e una prospettiva unica sul parco.
# Un territorio modellato dall’acqua e dal tempo
Il parco si estende su una superficie di circa 80.000 m² nella parte alta della Valle di Fumane, includendo le suggestive valli laterali del Vajo delle Scalucce e della Val Cesara. Le rocce della zona, risalenti all’era cenozoica (25-30 milioni di anni fa), sono state modellate da milioni di anni di erosione da parte degli agenti atmosferici e dall’incessante azione dell’acqua, creando un paesaggio unico fatto di gole rocciose, cascate e laghetti smeraldini. Le formazioni rocciose e i sentieri che si snodano tra i boschi rappresentano un invito a esplorare un territorio che, grazie all’acqua, ha assunto forme affascinanti e ricche di storia.
Il nome “Molina” richiama la lunga tradizione dei mulini, sfruttati per secoli per le attività molitorie grazie all’abbondanza di acqua della zona. Fin dal Medioevo, l’area è stata un importante centro per la lavorazione dei cereali, come testimoniano i mulini restaurati e le antiche case in pietra ancora visibili nel borgo, che raccontano la storia di una comunità che ha saputo vivere in armonia con la natura.
Per rendere la visita ancora più coinvolgente, il parco offre un’attività speciale chiamata “Aperitrek“, un’escursione guidata che unisce l’esplorazione della natura alla degustazione di prodotti tipici locali. Durante il trekking, le guide ambientali illustrano le caratteristiche naturali del parco, raccontandone la storia e le curiosità legate alla flora e alla fauna del territorio. Al termine del percorso, i partecipanti possono gustare un aperitivo a base di specialità della Lessinia, come salumi, formaggi e vini locali, serviti sulla terrazza del bar che offre una vista panoramica sulle cascate e sul paesaggio circostante.
Il Parco delle Cascate di Molina è aperto tutti i giorni da aprile a settembre e durante i giorni festivi da ottobre a marzo. È possibile accedere solo a piedi e i sentieri non sono adatti a passeggini o carrozzine, per cui è consigliato indossare scarpe comode e controllare le previsioni meteo, poiché in caso di maltempo l’accesso al parco può essere limitato o sospeso.
# La natura protetta e la ricca biodiversità della Lessinia
Inserito all’interno della rete Natura 2000, il Parco delle Cascate è riconosciuto come Sito di Importanza Comunitaria per la tutela della biodiversità. Qui si trovano ambienti naturali unici, con boschi termo-mesofili che offrono rifugio a molte specie di fauna selvatica, e pareti rocciose dove crescono specie rare di piante. Tra gli animali che popolano il parco, il gufo reale e il falco pellegrino sono tra le specie più emblematiche e facilmente osservabili. Tra le specie vegetali rare presenti, spiccano il raponzolo di roccia e la moehringia bavarese, fiori endemici che trovano il loro habitat ideale sulle pareti calcaree della Lessinia.
La conservazione dell’ambiente è al centro delle attività del parco, che ha avviato progetti di protezione per alcune specie in via di estinzione, come il gambero di fiume. Sono stati inoltre adottati interventi per garantire la preservazione della flora autoctona, fondamentale per mantenere l’equilibrio ecologico del territorio.
# Il fascino senza tempo del borgo di Molina
Oltre alla bellezza naturale del parco, il borgo di Molina offre un’atmosfera medievale autentica e affascinante. Le strette vie del paese, le antiche case in pietra e i mulini restaurati regalano scorci pittoreschi che riportano indietro nel tempo. Le costruzioni tradizionali realizzate in conci e lastre di Scaglia Rossa donano un carattere unico al borgo, che si presenta come un vero e proprio gioiello architettonico. La visita al borgo è un’occasione per scoprire una comunità che ha mantenuto vivi i suoi legami con la tradizione, pur adattandosi ai cambiamenti del tempo.
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Dalle parti di Piazzale Segesta, vicino allo stadio, c’è un quadrilatero di alloggi diventato un vero e proprio centro di illegalità. Gruppi gestiti da 5 o 6 individui occupano le case abusivamente e le danno in affitto. E spesso ciò avviene con case abitate, restituite ai proprietari solo attraverso ingenti riscatti.
Si tratta di un incubo per i residenti della zona e un punto debole per tutta Milano. Ecco le nostre proposte per riqualificare la zona.
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Il “quadrilatero dell’illegalità”: 7 idee per riqualificare il buco nero di Milano
#1 Abbattere le case dell’Aler (Segesta)
Una prima soluzione potrebbe essere abbattere queste abitazione, la maggior parte di proprietà dell’Aler, per ripulire drasticamente la zona da questo insidioso problema.
In questo caso però si dovrà poi trovare una soluzione per tutte quelle famiglie che legalmente hanno lì il proprio appartamento.
#2 Trasformarla in un’attrazione etnica tipo Paolo Sarpi
Un’altra soluzione è lasciarsi ispirare da una delle riqualificazioni meglio riuscite della città: la zona di Paolo Sarpi.
Così come è stato per il quartiere del dragone, anche la zona di San Siro potrebbe diventare un’attrazione di stampo internazionale, un luogo che riesca a portare a Milano atmosfere delle più raffinate città arabe, come Medina o Fez.
#3 Polo sportivo collegato a San Siro
Gli attuali edifici potrebbero diventare parte di ungrande polo sportivo comprendente lo Stadio, l’ippodromo, il parco ma anche sale ricevimenti e uffici. Tutto all’insegna del quartiere dello sport.
#4 Coworking sociale e inclusivo
Lavorare in un ambiente stimolante e dinamico è la vera tendenza dei nostri giorni. Realizzare in questi spazi un grande spazio coworking sarebbe la soluzione più efficace per far rinascere una zona poco e mal frequentata. Meglio ancora se il coworking è sociale ed inclusivo: potrebbe diventare il luogo della rinascita di chi deve ripartire da zero.
#5 La casa della musica in Segesta
Si sa, dove c’è cultura c’è benessere. Si potrebbe pensare di fondare una grande casa della musica munita di tutto ciò che qualsiasi professionista del settore abbia bisogno: dalle sale di registrazione agli spazi riunione. Potrebbe inserirsi anche una sede della SIAE.
#6 Creare un quartiere degli artisti intitolato a Wagner
A Milano manca un quartiere degli artisti. La zona di San Siro, con il suo essere al tempo stesso zona esclusiva e zona periferica, potrebbe essere un’interessante area da destinare completamente agli artisti. Magari intitolandola al grande compositore Wagner.
#7 Fare il nuovo stadio
E se la soluzione per San Siro fosse proporre la costruzione di un altro stadio immediatamente vicino. Perchè no?
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Nel cuore dei milanesi non ci sono solo via Brera, via della Spiga o via Meravigli. Scopriamo 7 tra le strade più amate oltre zona centro. Ph. @places_moments_hunter IG
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7 strade fuori dal centro che sono amate dai milanesi (Mappa)
#1 Via Conte rosso, il cuore storico di Lambrate
Via Conte Rosso, per la posizione e per il fatto di aver mantenuto le sue caratteristiche di riconoscibilità e omogeneità, si può definire il “cuore” di Lambrate. Realizzata tra inizio Ottocento e seconda metà del secolo scorso si trova lungo la “strada della Cappelletta” che collegava i due nuclei storici di Lambrate Inferiore e Lambrate Superiore. L’altare della piccola Cappelletta ancora oggi sorge al termine della via. Non ci sono più le vecchie osterie ma Conte Rosso è rinomata soprattutto per i suoi locali. Storico il ristorante “il conte rosso”, diventato anche guida in competizione alla Michelin.
Soprannominato il quartiere Arcobaleno di Milano, in Via Lincoln c’è un villaggio operaio risalente al ‘800 che conserva intatte le caratteristiche della città di un tempo passato. Si tratta di un’insieme di villette colorate con affaccio su corti private che danno l’idea di essere in luogo fiabesco.
#3 Via Segantini, l’oasi verde nel sud della città
In via Segantini c’è una vera oasi verde, il Parco Segantini: 90.000 mq, tra cui un boschetto di bambù, 1000 mq di orti misti e la roggia Boniforti che scorre sul lato opposto alla via. Si trova nella zona sud di Milano tra il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese, dove un tempo c’era l’Istituto Sieroterapico.
#4 Via Cesariano, la “via” che sembra una piazza ai confini con Chinatown
Via Cesariano, più che di una “via”, si tratta di una piazzetta scavata, gremita di panchine per prendere una pausa nel verde cittadino. Compresa nell’isolato tra Moscova e Chinatown, rappresenta il ritrovo pomeridiano di tante famiglie che raggiungono i giochi pubblici per far divertire i più piccoli.
#5 Via Orti, il fascino delle viuzze del centro storico
Fino all’800 in Via Orti i contadini vi coltivavano frutti e ortaggi, negli anni ‘70 era nota per essere una strada defilata e poco sicura, nel nuovo millennio, con i suoi locali e le sue case in stile vecchia Milano, è diventata una delle vie più caratteristiche della città. La strada di congiunzione tra corso di Porta Romana e viale Caldara conserva ancora il fascino delle piccole viuzze che si possono vedere solo nel centro storico.
#6 Via Marghera, la via dello shopping dal sapore antico
Via Marghera è una via lunga circa 400 metri, denominata via Malghera fino agli anni ’30 e il cui nome prendeva origine da una cascina collocata nella zona detta la Maddalena. Si estende da piazza Wagner a piazza de Angeli intersecando Corso Vercelli. Conserva un sapore antico, con vecchie case che riportano ad un’epoca quasi paesana, anche se oggi è conosciuta come via dello shopping e dei locali: famosa la “Gelateria Marghera”tra le più buone di Milano.
#7 Via Ortica, il “museo a cielo aperto” di Milano
Originariamente non era un quartiere milanese, ma faceva parte dell’antico comune di Lambrate, ma la sua anima continua a restare quella di un paesino staccato dalla metropoli. Enzo Jannacci è uno dei personaggi più celebri che hanno gravitato attorno all’Ortica. Oggi è famosa per la sua “Balera” e per essere un museo a cielo aperto grazie al progetto Or.Me – Ortica Memoria- che ha colorato i palazzi del quartiere di magnifici murales.
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Negli ultimi sei anni in Giappone nessun’altra azienda ha saputo fare di meglio. Se anche ATM percorresse questa strada come potrebbe migliorare il trasporto pubblico di Milano?
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Tokyo Metro si quota in borsa: raccolta una cifra record. Se lo facesse anche ATM? I 5 investimenti che servono alla rete di Milano
# La più grande offerta pubblica del Giappone degli ultimi sei anni
Una raccolta di capitale da record, negli ultimi sei anni in Giappone nessun’altra azienda ha saputo fare di meglio. Una notizia ancora più rilevante se si tiene conto che a farlo è stata un’azienda di trasporto pubblico. Dopo aver fissato il prezzo della sua IPO al massimo del suo intervallo, 1.200 yen l’una, Tokyo Metro ha raccolto 348,6 miliardi di yen pari 2,3 miliardi di dollari. Il governo centrale e quello di Tokyo, che possiedono rispettivamente il 53,4% e il 46,6%, hanno venduto la metà delle loro azioni nell’IPO. La quotazione in borsa è fissata per il 23 ottobre di quest’anno.
Un’iniezione di risorse utili per migliorare il servizio di trasporto, e se lo facesse anche ATM?
# Cosa potrebbe fare ATM quotandosi in borsa?
La rete metropolitana milanese si è ampliata: il 12 ottobre ha inaugurato il tratto mancante della linea M4, portando la sua estensione a 111,8 km e 134 stazioni. Il servizio potrebbe però essere migliorato ulteriormente e ci sarebbe bisogno di altre linee metropolitane da realizzare nel minor tempo possibile. La quotazione in borsa potrebbe essere una soluzione utile a incamerare il capitale per investire in modo ancora più impattante sulla città e l’hinterland. Ecco cosa si potrebbe fare.
#1 Ripristinare il regolare servizio di superficie scongiurando la fuga degli autisti
Ripristinare il regolare servizio del trasporto pubblico di superficie. Nell’ultimo anno si sono registrati continui tagli alle corse, con attese fino a 40 minuti. Sono due i problemi principali: servono circa 300 milioni di euro, richiesti senza successo dal Comune di Milano al governo in più di un’occasione, e più autisti, ne mancano almeno 300. Tra chi se ne va e chi non vuole lavorare nel trasporto pubblico milanese è difficile arrivare all’obiettivo. Bisogna prevedere stipendi oltre la media nazionale per bilanciare l’alto costo della vita, maggiori tutele e ulteriori incentivi agli affitti e al pagamento delle patenti di categoria in aggiunta a quelli già proposti da ATM.
#2 Coprire gli extra costi di tutte le estensioni della metro già programmate
Sono 4 i prolungamenti di linee metropolitane approvati e in teoria finanziati, prima della necessità di nuove risorse per coprire gli extra costi:
M1 fino a Sesto Restellone, 1,9 km di tracciato per 2 fermate, in costruzione da oltre 12 anni ma in attesa di una nuova azienda per la prosecuzione dei cantieri. Extra costi in teoria coperti, ma bisogna capire con il nuovo bando aumenteranno ulteriormente;
M1 fino a Quartiere Olmi, 3,3 km per 3 fermate, con un primo bando flop perchè la base d’offerta ritenuta troppo bassa. Servono circa altri 60 milioni di euro.
M4 fino a Segrate, 3,1 km e 2 fermate. Lo studio di fattibilità è in fase di realizzazione, ma mancano 44 milioni di euro per la copertura integrale del finanziamento dell’opera.
Ci sono poi tutti i prolungamenti allo studio ma che ancora non sono diventati progetti definitivi. Eccoli nel dettaglio:
M2 come metrotranvia veloce fino a Vimercate, di cui è in partenza un primo studio di fattibilità, di circa 12 km;
M3 fino a Paullo, il cui costo attuale per una soluzione mista con 2 fermate di metropolitana e 8 di metrotranvia ammonterebbe a 850 milioni di euro;
M4 fino a Buccinasco, con l’ipotesi più papabile di una sola fermata dopo l’attuale capolinea di San Cristoforo FS;
M5 fino a Settimo Milanese, oppure un percorso più breve di 2,5 km e due fermate ad ovest (Quarto Cagnino e Quinto Romano) e un investimento di 350 milioni di euro.
#4 Il libro dei sogni sulle metropolitane: le nuove linee
Visto che sognare non costa nulla, ma una quotazione in borsa potrebbe fare diventare qualche sogno realtà, ecco cosa potrebbe realizzare ATM con molte più risorse a disposizione:
estendere la M1 fino al Comune di Abbiategrasso come ipotizzato anni fa da Beppe Sala, e a nord fino ad Arese o addirittura a Legnago;
realizzare i prolungamenti di M2 e M3, rispettivamente a Vimercate e Paullo, come metropolitana;
allungare la M2 anche a sud a Rozzano e Binasco;
portare M4 fino a Trezzano sul Naviglio, il tracciato più lungo tra le sei ipotesi considerate nelle analisi costi/benefici;
una vera circle line, più esterna della semi-circle line in fase di realizzazione, con un percorso Lotto – Susa – Lotto e interscambi su tutte le linee;
completare la semi-circle line interna realizzando il lato ovest;
costruire metro tangenziali a nord, sud, ovest ed est con percorsi ai limiti dei confini della Città Metropolitana, interscambiando i prolungamenti di tutte le linee e la circle line esterna o in alternativa una super metro circolare “Gran Milan Express” per richiamare il progetto in costruzione a Parigi.
#5 Migliorare il trasporto pubblico sotterraneo e in superficie: metro 24h, stazioni più belle, integrazione del passante
Detto delle estensioni e di nuove linee, ci sono altri aspetti che si possono migliorare nel trasporto milanese. Vediamone alcune:
far funzionare le metropolitane H24, almeno nei weekend dato che la notte è riservata alla manutenzione, partendo dalla due linee automatiche M4 e M5. A Copenaghen, dove la rete è stata pensata per essere sempre operativa, i treni circolano tutti i giorni a tutte le ore, ci sono solo linee driverless, e la gestione è affidata ad ATM;
asservimento semaforico su tutte le linee tranviarie e metrotranvie in costruzione;
integrare alla perfezione il passante con la rete metropolitana, magari a seguito di fusione tra le relative società di trasporto, uniformando tornelli, accessi e identità visiva.
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Quando si viaggia in aereo la sicurezza è ormai a livelli altissimi, eppure gli incidenti aerei continuano a suscitare timori nell’immaginario collettivo. Si potrà arrivare a rischio zero? Forse sì.
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Arriva la tecnologia che ci potrebbe salvare da un disastro aereo?
# La capsula di di salvataggio con paracadute
I dati sono confortanti: statisticamente, volare è più sicuro che viaggiare in automobile, con un tasso di incidenti significativamente inferiore. Tuttavia, quando si verifica un incidente, le possibilità di sopravvivere sono drammaticamente basse. Soprattutto in caso di aereo che si sfracelli al suolo.
L’ingegnere Ucraino Vladimir Tatarenko ha brevettato un sistema che prevede una fusoliera staccabile, capace di separarsi dal resto dell’aeromobile in caso di emergenza. La capsula, che conterrebbe passeggeri e membri dell’equipaggio, sarebbe dotata di paracaduti per garantire un atterraggio morbido. Questa soluzione, sebbene non del tutto nuova — già utilizzata in alcuni piccoli aerei — potrebbe essere applicata anche ai velivoli di linea, rivoluzionando il modo in cui affrontiamo il rischio di disastri aerei.
# Critiche e preoccupazioni
Nonostante le potenzialità di questo sistema, ci sono critiche e dubbi riguardo alla sua applicabilità. Gli scettici sollevano preoccupazioni legate alla struttura stessa dell’aeromobile. Staccare l’intera cabina potrebbe indebolire la struttura complessiva dell’aereo, rendendolo più vulnerabile a guasti e incidenti. Inoltre, c’è il rischio che una fusoliera staccata possa cadere su aree popolate, creando ulteriori problemi e potenziali vittime a terra.
Un altro punto di discussione riguarda l’efficacia del sistema durante diverse fasi di volo. Se l’aver progettato la capsula per essere operativa durante il decollo e l’atterraggio è un vantaggio, resta da chiarire come il sistema risponderebbe in situazioni di emergenza più complesse, come un’avaria in volo. La gestione della capsula in tali condizioni rappresenterebbe una sfida significativa.
# Gli argomenti di Tatarenko
Tuttavia, Tatarenko e i sostenitori della sua tecnologia sostengono che i vantaggi superano i rischi. Con un attento design ingegneristico, si potrebbero utilizzare materiali leggeri ma resistenti per la costruzione dell’aereo, mantenendo la robustezza necessaria senza compromettere la sicurezza. In caso di stacco, i paracaduti potrebbero attivarsi automaticamente e, in aggiunta, un sistema di airbag potrebbe ridurre ulteriormente l’impatto durante l’atterraggio.
Inoltre, i miglioramenti nelle tecnologie di controllo e monitoraggio potrebbero contribuire a rendere più sicura la separazione della capsula. Con il giusto addestramento dell’equipaggio e una pianificazione dettagliata, sarebbe possibile gestire le emergenze in modo efficace e ridurre al minimo i rischi per i passeggeri e il personale di volo.
# Quando sarà implementato?
Una delle domande più importanti che rimangono aperte riguarda la tempistica per l’implementazione di questa tecnologia. Sebbene il progetto di Tatarenko abbia attirato l’attenzione e mostrato potenzialità significative, il passaggio da un’idea innovativa a una realtà operativa richiede tempo, ricerca e investimenti.
Le compagnie aeree e i produttori di aeromobili devono valutare attentamente i costi e i benefici di un sistema così radicale. Inoltre, è necessario condurre test rigorosi e ottenere le approvazioni necessarie da enti di regolamentazione dell’aviazione.
La strada verso l’adozione di questa tecnologia non è semplice, ma la possibilità di salvare vite umane in situazioni di emergenza giustificherebbe gli sforzi. La crescente preoccupazione per la sicurezza aerea potrebbe spingere le aziende a esplorare attivamente questa opzione.
La proposta di una capsula di salvataggio staccabile rappresenta una possibilità affascinante, ma ci porta a riflettere su questioni più ampie. Sarà sufficiente un’innovazione tecnologica per mettere fine ai timori legati al volo, o ci vorrà un cambiamento culturale? Le persone si fideranno davvero fidarci di un sistema che richiede una integrazione perfetta tra ingegneria e gestione delle emergenze?
# L’altra novità degli aerei del futuro: niente pilota
Oltre alla capsula di salvataggio, il futuro dell’aviazione potrebbe vedere l’introduzione di tecnologie in grado di far volare gli aerei in modo autonomo o da remoto. L’idea di una cabina di pilotaggio vuota potrebbe diventare una realtà, contribuendo a migliorare la sicurezza e a ridurre i costi operativi.
Attualmente, si sta lavorando su progetti che mirano a trasformare l’industria aerea attraverso aerei senza pilota. Un esempio emblematico è il consorzio britannico Astraea, che ha già realizzato esperimenti per un aereo commerciale pilotato a distanza. Con la crescente automazione e l’uso di sistemi avanzati di sensori e comunicazione, è possibile immaginare aerei che, come i droni, possono operare con un livello di autonomia sempre maggiore.
Eliminare la figura del pilota, si dice, non solo potrebbe migliorare la sicurezza — dato che il fattore umano è ritenuto responsabile di oltre la metà degli incidenti aerei — ma anche ridurre significativamente i costi per le compagnie aeree. Queste potrebbero destinare risorse risparmiate a miglioramenti infrastrutturali o a servizi per i passeggeri. Inoltre, la cabina di pilotaggio inutilizzata potrebbe essere trasformata in una lussuosa area riservata per i passeggeri, aumentando così l’attrattiva dei voli commerciali.
Sebbene ci siano molte sfide da affrontare, tra cui la gestione delle emergenze e la necessità di approvazioni normative, il potenziale per un futuro con aerei autonomi è innegabile. Queste innovazioni potrebbero non solo cambiare il modo in cui voliamo, ma anche la nostra percezione della sicurezza aerea, rendendo i voli più accessibili e, soprattutto, più sicuri per tutti.
Con l’idea di aerei senza pilota che si affaccia all’orizzonte, stiamo per entrare in una nuova era per l’aviazione, un era dove il fattore umano verrà quasi completamente eliminato? Ma non ci sentiremo più sicuri sapendo che ci sono uomini e donne al comando, pronti a prendere decisioni importanti in situazioni critiche? Nonostante tutto, il potenziale di salvare vite e migliorare l’esperienza di volo è troppo grande per essere ignorato. Siamo pronti a mettere in discussione le nostre certezze e ad accogliere il cambiamento?
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Un business milionario che sta prendendo sempre più piede anche a Milano quello delle cliniche delle longevità e dei locali dove all’healty food come complemento di uno stile di vita sano.
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Milano è una città per vecchi: la longevità è un business
# Il business della longevità
Fioriscono infatti le cliniche della longevità. Un business milionario che a Milano sta prendendo sempre più piede, al punto che lo scorso marzo si è tenuto un summit dedicato al tema della longevità, del benessere e del vivere bene e meglio, oltre che più a lungo. Da qui una serie di cliniche tutte dedicate al vivere sano, alla educazione al benessere psicofisico e alla consapevolezza di sé. Grazie ad avanzati dispositivi tecnologici, a strumenti di avanguardia ed ai progressi tecnico scientifici del settore, queste cliniche sono in grado di garantire un percorso di vita più duraturo e migliore che accompagna l’individuo verso la terza e la quarta età.
Come assicurarsi dunque una vita migliore e più longeva? Basta andare in una clinica della longevità dove, anche grazie al supporto di equipe mediche specializzate, si affianca alla socialità alla vita attiva e al mangiare sano, anche un percorso medico studiato ad hoc.
# Le cliniche
# The longevity suite, la plurisede della longevità
Tra le tante, The longevity suite é quella che vanta più sedi a Milano. Una distribuzione capillare del benessere come la city clinic vicino piazza Gae Aulenti o la sontuosa spa in via S. Andrea. Tutte accompagnano il cliente attraverso un percorso che lo trasformi nella migliore versione di sé stesso. Ricerca scientifica, supporto medico e benessere psicofisico sono i punti di forza.
# La spa della longevità in un hotel di lusso
Ancora presso l’Hotel Portrait esiste una longevity suite all’avanguardia, una vera e propria oasi di benessere incastonata in un luxury hotel, con tanto di piscina sauna, bagno turco e tutto quanto serva a ottenere benessere.
# So longevity clinic, la medicina della longevità
In via Petrella, una clinica dotata di una sofisticata diagnostica e interventi terapeutici mirati, che garantiscono un miglioramento per tutti e per tutte le età. Strumenti di avanguardia e approfonditi percorsi terapeutici, permettono poi di individuare le priorità su cui intervenire.
# Longevity kitchen, la longevità a tavola
In via Melzi d’Eril un ristorante che propone un menù gourmet ispirato alle blue zones. Un luogo dedicato all’healty food come complemento di uno stile di vita sano così che cibo e salute vadano di pari passo. Quindi insalate, quinoa, yogurt e pesce, sono solo alcune delle molteplici pietanze proposte in questo luogo. Per chi lo desidera, c’è anche la possibilità di ricevere a casa una box contenente piatti già pronti, cucinati in base alle esigenze personali, studiate ad hoc da un apposito team medico.
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Tutta l’Italia è colma di piccoli misteri, leggende metropolitane e aneddoti legati ad alcuni monumenti o decorazioni cittadine. Questo è risaputo soprattutto per paeselli di provincia e luoghi non esattamente popolati, certo, ma è pur vero che anche in grandi città come Napoli, Roma o Torino vi sono delle credenze che alcune zone si portano dietro, alimentate negli anni come un lento fuoco per cui il passaparola non può che accrescerne la fama. Neanche a dirlo, Milano non è da meno. Vediamo dunque quali sono quelle più cariche di mistero e curiosità leggendarie.
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Le 7 leggende metropolitane più popolari a Milano
# I tre giri sul toro “portafortuna”
La Galleria Vittorio Emanuele II, il passaggio pedonale che collega piazza Duomo con piazza Scala, è caratterizzato da uno sfarzo di elementi, colori e richiami ad altre culture o città italiane. Tra queste si ricorda anche Torino, città sabauda prima capitale d’Italia, grazie al toro rappresentato in un bellissimo mosaico. Da anni l’animale richiama milanesi e turisti da ogni dove per compiere il rito scaramantico: tre giri sugli attributi del toro col tallone del piede destro. Le dicerie nel corso degli anni sono state diverse in merito a questo rito, dalla fertilità per le donne, al garantirsi una seconda visita a Milano fino al buon auspicio per il nuovo anno. Qualunque sia il motivo del rito quello che è certo è che l’attrazione attira un altissimo numero di persone disposte a mettersi in coda per compierlo.
# Il sederino d’oro delle sirene
Realizzato su progetto dell’architetto Francesco Tettamanzi e inaugurato nel 1842, quando a Milano comandavano ancora gli Asburgo, il Ponte delle Sirenette (primo ponte in ferro mai realizzato in Italia) si trovava originariamente sul naviglio che scorreva in contrada San Damiano, nel punto che oggi collega via Borgogna e via Pietro Mascagni attraversando via Uberto Visconti di Modrone. E lì ci è rimasto per ben ottantotto anni, fino al 1930, quando l’interramento della Cerchia dei Navigli ha costretto il ponte a trasferirsi nell’attuale location di Parco Sempione.
Le storie e le leggende che circondano il Ponte delle Sirenette si riferiscono soprattutto al primo periodo. Quasi subito, infatti, le sirene di ghisa che adornavano e adornano tutt’ora i quattro angoli del ponte diventarono molto popolari tra i giovanotti milanesi, date le loro curve particolarmente generose. Si narra, infatti, che tra i maschietti del tempo ci fosse l’usanza di toccarne i seni o il sedere come rito propiziatorio in vista di un appuntamento galante. Le chiamavano le “sorelle Ghisini“, perché fatte di ghisa, o ancor più scherzosamente “i sorei del pont di ciapp” (sorelle del ponte delle chiappe), in onore del didietro non meno prosperoso del davanti.
Un’altra leggenda legata a questo punto è che chi si bacia qui non verrà mai tradito. Sarà vera?
# Le streghe di Piazza Vetra
Tra le più antiche testimonianze di streghe a Milano appaiono gli atti del processo a Sibilla Zannie Pierina Bugatis, condannate alla pena capitale nel 1390 e arse in piazza Sant’Eustorgio perché accusate d’aver partecipato a dei “sabba”, messe nere nella zona dell’attuale Porta Romana, ove un tempo c’era una foresta, e precisamente in via Laghetto 2, dove la leggenda posiziona la residenza di una fattucchiera che comandava altre streghe del Verziere. L’esecuzione più famosa che la storia ricorda fu quella di Caterina dei Medici, e questo era il luogo dove veniva condotto chi veniva accusato di stregoneria e torturato perché confessasse i suoi malefici. Una volta estorta la confessione la malcapitata veniva bruciata viva davanti alla folla che acclamava giustizia e scalpitava per vedere una strega arsa viva sul patibolo. Il patibolo si trova dove ora c’è la statua di San Lazzaro Martire, e non lontano da lì il contrappasso ci regala un’altra perla di storia medioevale. Pietro da Verona, ovvero il frate boia delle suddette streghe, nella statua viene raffigurato proprio con una bella spada conficcata nel suo cranio, secondo quella che sarebbe stata la sua fine.
# I resti dei Re Magi
Sempre nella Basilica di Sant’Eustorgio sono custodite alcune reliquie dei Magi, o meglio, il pesante sarcofago che le trasportò fino a lì. Pare che il carro su cui viaggiavano le reliquie fosse troppo pesante, tanto che i buoi si fermarono in Porta Ticinese, non riuscendo ad arrivare a destinazione. Eustorgio, che allora era il vescovo di Milano decise che non era un problema: se le reliquie non fossero andate alla Basilica sarebbe stata la Basilica ad andare alle reliquie, e nel punto in cui i buoi si erano piantati fece costruire quella che oggi conosciamo come la chiesa che porta il suo nome. Le reliquie furono poi trafugate per ordine di Federico Barbarossa, che se le fece portare a Colonia. Nel 1906 il Cardinal Ferrari riuscì a farsene restituire una piccola parte, che adesso è conservata in un’urna. La presenza dei Magi, o di quel che ne rimane, si può notare anche dal fatto che sulla punta del campanile di Sant’Eustorgio, al posto della croce, c’è una stella a otto punte, simbolo della cometa che guidò i Magi a Betlemme.
# Le ossa di San Bernardino
Nel centro storico della città, all’ombra della parrocchiale di Santo Stefano, vi è un luogo dai tratti macabri e misteriosi. È la piccola chiesa di San Bernardino alle ossa, un antico ossario costruito nel 1268 dalla Confraternita dei disciplini e oggi importante luogo di culto per i vecchi milanesi. Migliaia di teschi, tibie e altri resti umani a decorare le pareti con fare artistico in composizioni di croci trattenute da sottili reticelle. E, in alto, i crani che osservano in silenzio i fedeli e i turisti. Tutto questo accade a Milano, da molti, moltissimi anni. Nonostante la sua lunga storia secolare fatta da vicissitudini di morte, distruzione e ricostruzioni, San Bernardino alle ossa resiste tuttora nel tempo insieme alle sue spoglie mortali, le quali adornano per intero le superfici verticali interne alla cappella. Ma da dove vengono tutte quelle ossa? C’è chi dice che siano i resti provenienti dai cristiani uccisi dagli eretici prima del Mille, forse santi o martiri, magari gli appestati manzoniani del 1630, o forse solo le ossa esumate dal vecchio ospedale della zona, soppresso nel 1652.
# La colonna del Diavolo
Oltre al Duomo, la seconda chiesa più conosciuta di Milano è la Basilica di Sant’Ambrogio, dedicata proprio al santo patrono della città di Milano. Proprio a sinistra della Basilica c’è la Colonna del Diavolo, una colonna di epoca romana con due grossi fori ad altezza d’uomo. La leggenda della colonna del diavolo narra che una mattina Sant’Ambrogio incontrò Satana, il quale tentò di convincerlo a rinunciare al suo compito di vescovo. Sant’Ambrogio lo colpì con un calcio, facendolo sbattere con le corna contro la colonna. Il diavolo rimase incastrato nella colonna fino al giorno dopo, quando scomparve proprio all’interno di uno dei due fori.
# Il fantasma del Duomo
All’interno del Duomo sembra si nasconda un fantasma di una giovane donna scomparsa improvvisamente tra le guglie dell’edificio. Secondo una vecchia leggenda, questa dama misteriosa è il fantasma di Carlina, vissuta vicino a Como, a Schignano, dove si usava far vestire le spose a lutto, per ingannare gli uomini del feudatario del luogo, il quale aveva il diritto di consumare la prima notte di nozze con le giovani appena sposate (il famigerato ius primae noctis). Fu così che un giorno, una nebbiosa e fredda giornata di Ottobre, Carlina si sposò con Renzino avvolta nel suo abito nero e partirono verso Milano per il viaggio di nozze. Decisero prima di salire sul Duomo immerso nelle nebbia, tra le statue e le guglie che fecero aumentare l’ansia di Carlina che si era concessa ad un giovane straniero prima delle nozze, rimanendo incinta. La giovane decise però di non dire nulla al futuro sposo Renzino facendogli credere che quel figlio fosse suo, ma in quel momento, avvolta dalle nebbie con quelle figure sinistre, lasciò la mano dello sposo e cominciò a correre in preda ad un attacco di panico dovuto al peso che portava nel cuore, cadendo nel vuoto inghiottita dalle guglie del Duomo.
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Unico, imitato, ma mai dimenticato. Questo è il Drive In, il programma per antonomasia degli anni Ottanta che lo scorso anno ha compiuto quarant’anni.
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Quando la domenica italiana era del Drive In, il manifesto della comicità milanese
# L’idea nasce da un ligure
Sembra passato un secolo, eppure poco più di quarant’anni fa un uomo nato ad Albenga in Liguria, dopo essersi laureato in lettere, capisce che la sua strada è la televisione. Le sue idee sono innovative e ben presto la Rai lo mette sotto contratto e non ancora trentenne diventa uno degli autori del varietà di punta Fantastico. In seguito, diventa uno dei collaboratori più stretti degli spettacoli del non pentastellato Beppe Grillo, ma la svolta della sua vita è quando varca la soglia di Silvio Berlusconi ad Arcore. I due parlano, discutono e alla fine esce l’idea del decennio. Nasce il Drive In che andrà in onda sul neoacquisto televisivo Italia 1. Quell’uomo risponde al nome di Antonio Ricci e ha cambiato la storia della televisione italiana.
# Comici e ballerini in un Drive In all’americana
L’idea è geniale: ambientare lo spettacolo in un fantomatico drive in di chiara ispirazione americana. Il ruolo del proprietario è affidato a Gianfranco D’Angelo che insieme al suo aiutante Ezio Greggio cercano di approfittare dell’ingenuo cliente Enrico Beruschi che, per evadere dall’opprimente moglie, si reca al Drive In per corteggiare la cassiera Carmen Russo, poi sostituita da Lory Del Santo.
A differenza di quello che fino ad ora era stato visto e usato in tv nei diversi varietà, il programma prevedeva l’utilizzo di numerosi comici che mischiandosi con gli intermezzi delle ballerine (le ragazze fast food), la messa in onda degli sketch britannici di Benny Hill, faceva del programma una sorta di “macedonia di generi” (parole di Antonio Ricci nda). Infine, tra sit com, effetti speciali, satira politica, parodie, gag, barzellette, tormentoni, un montaggio incalzante, il programma diventa un vero e proprio punto di rottura della televisione. Sancisce la nascita ufficiale della tv commerciale e il successo è immediato. Dopo la prima edizione del 1983 girata negli studi di Roma e andata in onda il martedì, dalla seconda, tutto lo staff viene spostato nei più spaziosi set di Milano e lì rimarrà fino al 1988. La trasmissione passa di domenica dove resterà fino alla sua chiusura.
Il pubblico si affeziona e l’audience aumenta giorno dopo giorno. Come non ricordare quando il 31 dicembre dell’83, l’allora Fininvest decise di trasmettere a reti unificate (Canale 5 e Italia 1) la puntata speciale per la fine dell’anno, fu la coronazione del successo del Drive In.
Il programma andò in onda per sei anni consecutivi, senza mai andare incontro ad un insuccesso o ad un calo di spettatori. Negli anni successivi, il programma viene riproposto su Italia 1 con un montaggio diverso e durata più breve e nel 2003, per il ventennale, Canale 5 mandò in onda una serie di quattro puntate chiamate Drive In Story. Quasi a voler dire che il programma non è mai stato dimenticato.
# La risposta milanese alla comicità romana della Rai
Così come il Derby, che fu il principale locale notturno dove i comici e cabarettisti milanesi e non cominciavano ad affacciarsi nel mondo dello spettacolo, anche il Drive In fu una importante vetrina per la nuova comicità italiana, targata anni Ottanta. La presenza di alcuni artisti in particolare fu oggetti di analisi sul piano “geografico”. La scenografia e la composizione degli artisti (per maggioranza milanesi o comunque settentrionali) venne visto come una risposta meneghina alla comicità romana e meridionale da anni imperava nel mondo dello spettacolo. Beniamino Placido, in un’intervista dell’epoca, sostenne che in Italia si stavano formando due fazioni televisive: i nordisti che guardano Drive In e i sudisti che guardano Quelli della notte. Anche lo scrittore Mario Soldati paragonò il programma come una ventata di aria fresca di comici pronti a spazzare il romanesco.
Senza contare il fatto che Drive In fu visto come un’analisi negativa e profonda del tessuto sociale del tempo. Fu definito come il simbolo della americanizzazione dell’Italia, dell’edonismo, del reaganismo, del craxismo, ma soprattutto della Milano da bere.
Del programma non si possono dimenticare personaggi che, purtroppo, oggi non ci sono più, ma che hanno lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo dei telespettatori.
Penso a Giorgio Faletti (porco il mondo che c’ho sotto i piedi), il commissario Zuzzurro (ce l’ho qui la brioche), Gianfranco D’angelo (pippo pippo pippo), ma come ho detto precedentemente, il Drive In fu una vetrina importantissima per i comici milanesi o di origine milanese o comunque, che hanno legato il proprio nome alla città.
Ezio Greggio che, pur essendo di origini piemontesi, ha incarnato la milanesità meglio di tanti altri. Interpretò il banditore dell’Asta Tosta (“oggetti tosti per tutti i gosti”) che alla fine dell’asta proponeva sempre un’opera di un certo Teomondo Scrofalo, introdotto con la frase «è lui o non è lui? Cerrrto, che è lui!». Il Criticatutto (bada ben bada ben…»). L’esperto di Spetteguless, riproposto a Striscia la Notizia, che fece epoca col suo slogan (chi ha cuccato la Cuccarini?). Il dottor Vermilione parodia del celebre psicanalista Armando Verdiglione.
Massimo Boldi, anche lui di origini varesotte, è considerato da tutti come il milanese doc per eccellenza, caratteristica che ha interpretato più volte al cinema. Il programma fu, per lui, la rampa di lancio per alcuni personaggi (Cipollino e Bold Trek) che poi ripropose in altre trasmissioni riscuotendo il medesimo successo, questo prima di diventare una delle star di cinepanettoni.
Andrea Brambilla in arte il commissario Zuzzurro. Fece coppia fissa con Nino Formicola (milanese doc) con il quale interpretava il duo Zuzzurro e Gaspare. Memorabile fu il tormentone (ce l’ho qui la brioche), ma anche quando ai due si aggiunse Isaia, una sorta di sosia di Marty Feldman di Frankenstein Junior, il commissario era solito chiamarlo “Faccia da strudel…” Purtroppo ci ha lasciato dieci anni fa esatti.
Enzo Braschi è ricordato e lo sarà per sempre per la sua interpretazione del paninaro, fissato con le sfittinzie, i panozzi, il gargarozzo e i Duran Duran, in particolar modo la canzone Wild Boys con la quale terminava il suo sketch. Seppur di origini genovesi, il paninaro fu un successo talmente altro che portò l’attore ad interpretarlo anche in film come Italian Fast Food, Animali metropolitani e Ragazzi della notte.
Sergio Vastano, seppur romano doc, interpretò con una certa convinzione uno studente calabrese fuori sede che vive e si atteggia da top manager bocconiano impersonificando il tipico yuppy.
Piersilvio Berlusconi, sì avete letto bene, il figlio del Cavaliere all’epoca aveva diciassette anni e ogni tanto compariva nello show nei panni di sé stesso che cercava di far firmare alle ragazze dei finti autografi. Successivamente chiamava il padre per dirgli che aveva raccolto un sacco di firme per abbassare gli stipendi. Di certo non era un comico, ma era esilarante.
Qualcuno di voi li ricorda? Chi era il vostro personaggio preferito?
Dopo la “fetta di torta” a nord ovest della città, un altro palazzo dalla forma alquanto insolita. Scovato dal blog Urbanfile che ci svela come è fatto e perché è fatto così.
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Il “Triangolo” di Milano: il curioso palazzo stretto di Monforte
# Il palazzo a forma di triangolo rettangolo
Dopo la “fetta di torta“ a ovest della Bovisa, ecco un altro edificio dalla forma simile e alquanto insolita. Siamo nel Municipio 4, in zona Porta Monforte, in Via Macedonio Melloni 1 angolo Viale Premuda. Particolarmente stretto sul lato del viale e apparentemente normale sull’altro lato dove c’è un muro cieco di confine.
# Perché è stato costruito così stretto
Bisogna andare indietro di un secolo per capirne il motivo. Fino al 1919-12 Viale Premuda, che allora si chiamava Bastioni di Porta Vittoria, non era intersecata in quel punto da vie ma vi era una cortina di edifici dell’800. L’edificio fu quindi costruito in seguito all’apertura di Via Melloni, verso la fine degli ’20 del ‘900 sulle macerie delle case demolite.
Dato lo spazio troppo esiguo del lotto, chiuso dal palazzo di viale Premuda 42 e dal piccolo edificio-magazzino al civico 3 di via Melloni, l’architetto incaricato fu obbligato a costruirlo con una forma triangolare molto stretta su Viale Premuda. Proprio su questo lato fece costruire un bovindo, dall’inglese bow window, una finestratura ad arco che fuoriesce dal muro per costruire una stanza abbastanza ampia.
# Realizzato in uno stile tra l’art dèco e il razionalismo
Lo stile è un mix tra l’art dèco e il razionalismo, con una facciata su tra livelli distinti che sono separati da due fasce marcapiano a rilievo. Il piano strada è in cemento grigio a imitazione della pietra, il primo e il secondo intonacati in azzurro e il terzo piano con le finestre intervallate da cornici a rilievo.
Al centro della facciata un’alta finestra dotata di un’intelaiatura geometrica, incastonata con vetri smerigliati di diverse tonalità d’azzurro, che copre tutto il corpo scale.
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Milano è la città dei palazzi immensamente belli che si osservano passando lungo i grandi viali trafficati. Ma quali sono i più belli della città? Andiamo a scoprire la top 10 fatta da latuaitalia.
Questi sono i 10 palazzi più belli di Milano (immagini)
# Palazzo dei Giureconsulti
Costruito tra il 1562 e il 1654 ha una storia molto particolare. La facciata presenta un porticato ritmato da archi sostenuti da doppia colonna e rilievi dei busti degli imperatori, troviamo poi una statua di Sant’Ambrogio e un altorilievo di Orfeo che suona la cetra.
Il palazzo si affaccia su Piazza Mercanti, che anticamente era il centro politico e amministrativo della città. Era destinato dal principio a essere un luogo importante la città: dal 1808 al 1901 ospita la prima Borsa Valori di Milano e successivamente dal 1911 diventa la sede della Camera di Commercio.
Oggi il palazzo è un centro polifunzionale che ospita convegni ed eventi legati soprattutto alla moda e al design.
# Palazzo Marino
Palazzo Marino è uno dei più famosi di Milano ma siete sicuri di conoscerlo davvero? È stato commissionato dal conte Tommaso Marino, banchiere e mercante genovese, all’architetto Galeazzo Alessi che ne guidò la realizzazione tra il 1557 e il 1563. Alla morte del conte però, la famiglia Marino subì una profonda crisi economica che portò al pignoramento del palazzo da parte dell’amministrazione pubblica. La struttura venne poi venduta in condizioni di degrado alla famiglia Omodei, che riuscì a fare solo un piccolo restauro e senza mai usarla come abitazione. Riacquistato dallo Stato nel 1781, Palazzo Marino subisce una serie di ristrutturazioni durante la storia fino all’ultima nel secondo dopo guerra a causa dei bombardamenti.
Dopo l’unità d’Italia il palazzo diventa la sede del comune di Milano ma non solo, Palazzo Marino è visitabile, come una sorta di museo che racchiude e spiega la storia milanese attraverso i suoi interni. Le sale visitabili sono: il Cortile d’Onore, Sala Alessi, Sala Marra, Sala del Consiglio Comunale, Sala dell’Orologio e Sala Giunta. È prevista l’apertura di quattro nuove sale: delle Tempere, degli Arazzi, Trinità e Risurrezione.
Deve il suo nome alla famiglia che lo ha acquistato e abitato dalla meta del ‘600 alla fine del ‘700. A quell’epoca era uno dei palazzi più lussuosi della città. L’esterno del palazzo si presenta piuttosto sobrio e non lascia trasparire la bellezza e la ricchezza che si nasconde dentro. Lo scalone d’onore è unico nel suo genere, nessun palazzo milanese presenta infatti statue femminili all’orientale lungo il corrimano.
La particolarità più bella, però, è sicuramente la volta della galleria di rappresentanza affrescata da Giambattista Tiepolo, in cui è rappresentata “La corsa del carro del Sole”, una scena mitologica in cui compaiono divinità greche e personaggi terresti che rappresentano i continenti. Le decorazioni in legno che tappezzano le pareti della sala testimoniano l’eleganza e lo sfarzo della famiglia Clerici e della classe agiata milanese di quel secolo.
Dietro Piazza San Fedele troviamo la Casa degli Omenoni, il cui nome deriva dagli 8 omenoni (grandi uomini) scolpiti sulla facciata dell’edificio da Antonio Abondio. Fu Leone Leoni nel 1565 a ordinare la costruzione di questo palazzo che diventò poi la sua dimora. Le grandi statue simboleggiano dei barbari sconfitti dalla forza di Roma.
Oltre alle grandi statue con i nomi delle loro stirpi indicate sopra il capo, in facciata troviamo anche nicchie, finestre e i balconcini che sono stati aggiunti nell’800. All’interno del palazzo, invece, troviamo un cortile a pianta rettangolare.
Casa degli Omenoni è ancora sede del “clubino”, un esclusivo Circolo per soli uomini aperto nel 1901, che era ritrovo per la borghesia e aristocrazia illuminata di Milano.
# Palazzo Belgioioso
Fu costruito nel 1787 da Giuseppe Piermarini per il principe Alberico XII di Belgioioso d’Este ed è un edificio in stile neoclassico ispirato alla Reggia di Caserta. Sulla facciata presenta il caratteristico bugnato rinascimentale e due ordini superiori con 4 colonne in ordine gigante e bassorilievi che fanno da marcapiano. L’interno è riccamente decorato in stile neoclassico, anche lo scalone che presenta i classici vasi a calice.
Il palazzo era un luogo frequentato da molti intellettuali (Parini e Foscolo sono stati ospiti diverse volte qui) poiché Alberico XII di Belgioioso d’Este era un uomo che apprezzava arte e letteratura e aveva creato a Palazzo Belgioioso un vero e proprio salotto culturale. Oggi la villa appartiene ad un privato e purtroppo non è visitabile.
# Palazzo Museo Bagatti Valsecchi
Questo palazzo nacque dall’idea di Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi che decisero di ristrutturare la dimora di famiglia arredandola nello stile lombardo del ‘500 con oggetti antichi per vivere appieno in quello stile.
La casa rimase ai discendenti fino al 1974 quando uno dei figli di Giuseppe decise di creare la Fondazione Bagatti Valsecchi, alla quale donò le opere d’arte dei suoi antenati. Nel 1994 la dimora diventò il Museo Bagatti Valsecchi.
L’edificio è oggi una delle case museo meglio conservate d’Europa, con pezzi d’arredo del ‘400 e ‘500 sia originali sia d’imitazione.
# Palazzo del Senato
Il Palazzo del Senato è un edificio del 1608 in stile barocco, voluto dal Cardinale Federico Borromeo come nuova sede del collegio elvetico, uno dei principali lasciti della dominazione spagnola. La facciata è decorata con finestre sormontate da timpani sia triangolari sia curvi, al primo e al secondo piano. All’interno dell’edificio troviamo due grandi cortili, composti da un doppio ordine di logge.
Questo palazzo ha avuto una storia ricchissima: da collegio è passato a sede del governo austriaco, poi sede della Camera Bassa della repubblica Cisalpina e nel 1861 finalmente sede del Senato. Ma non finisce qui: Luigi Osio, direttore generale degli archivi di Lombardia, vide in questo edificio il luogo adatto a custodire i documenti sparsi nei vari edifici milanesi e metterli a disposizione della ricerca. Così nasce l’attuale Archivio di Stato di Milano.
# Palazzo Serbelloni
Nel 1774 il duca Gabrio Serbelloni affida i lavori della sua nuova dimora a Simone Cantoni. Il Palazzo Serbelloni è un edificio dalla facciata neoclassica, il cui elemento di spicco è il loggiato decorato con bassorilievi in stucco e sormontato dal grande timpano che rende l’edificio una vera perla di Milano.
Dall’esterno è visibile l’atrio del palazzo, affrescato a trompe-l’oeil. Purtroppo i bombardamenti hanno distrutto lo scalone monumentale e il salone da ballo. Il palazzo attualmente ospita convegni e altre manifestazioni nella sala detta “napoleonica”, adeguatamente ristrutturata dopo il 1943. Palazzo Serbelloni appartiene ad una Fondazione che ne permette la visita su prenotazione e lo rende disponibile per eventi culturali e di moda.
# Palazzo Castiglioni
Palazzo Castiglioni è stato commissionato nel 1900 dall’ingegnere Ermenegildo Castiglioni all’architetto Giuseppe Sommaruga, in pieno stile liberty. Nella facciata su corso Venezia è ben evidente lo stile dell’epoca: troviamo un netto contrasto fra i muri lisci e la pietra scolpita e le decorazioni vivaci.
All’interno troviamo le opere in ferro di Alessandro Mazzucotelli: la “lampada delle libellule” che si trova nell’atrio e la balaustra dello scalone a due rampe, che sono sopravvissute nel tempo.
# Palazzo Isimbardi
Palazzo Isimbardi subisce molti interventi da metà ‘700 in poi finchè nel 1935 viene acquistato dalla Provincia di Milano che decide, insieme all’architetto Ferdinando Reggiori, di recuperare il cortile cinquecentesco originario e il sottoportico. Giovanni Muzio poi aggiunge un nuovo edificio con la torre, i portali colonnati e i pannelli scultorei realizzati da Ivo Soli. Inutili tutti i lavori per portare al massimo la bellezza di tale edificio poichè fu rovinato dai bombardamenti del ’42 e del ’43 che resero necessari altri interventi che finiranno solo nel 1953.
Oggi il palazzo è sede della città metropolitana di Milano. E’ visitabile e al suo interno ospita una mostra di opere ottocentesche e la “Sala della Giunta” dove è presente un affresco del Tiepolo.