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Quando gli autobus di Milano erano indicati con una lettera: queste le linee indimenticabili

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Quali erano le linee in servizio, da quando sono passate da lettere a numeri e cosa è rimasto di questo sistema nell’uso quotidiano dei mezzi pubblici da parte dei milanesi.

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Quando gli autobus di Milano erano indicati con una lettera: queste le linee indimenticabili

# Il maschile per i tram, il femminile per gli autobus

Milano Sparita e da ricordare – Autobus

Risale ai primi del ‘900 l’introduzione delle prime linee di trasporto pubblico in città, gestite direttamente dal Comune di Milano fino agli inizi degli anni ’30 tramite l’Ufficio Tranviario Municipale. Negli anni successivi la gestione passa ad ATM, fondata nel 1931, e che dal 1933 avviò il servizio della rete filoviaria e nel 1939 assunse l’esercizio delle autolinee interurbane. Arrivando ai giorni nostri la rete ha registrato un cambio radicale con l’aggiunta di cinque linee metropolitane, ma c’è una cosa che è rimasta immutata nel tempo: per indicare la linea di un tram viene usato il maschile, ad esempio il “9”, mentre per indicare quella degli autobus o dei filobus si utilizza il femminile, la “60”. Ma perché cambia il genere nella denominazione di tram e autobus? C’è una ragione storica. 

# I tram hanno sempre avuto i numeri, gli autobus fino al 1969 erano denominati con una lettera

stagniweb.it – Busetti – Mappa rete milano con linee Bus identificate da lettere

Tutto risale al metodo utilizzato per individuare le diverse tipologie di servizio, in vigore fino al 1969. Le linee dei tram sono sempre state identificate da numeri, mentre quelle di autobus e filobus da lettere. Con la decisione di ATM di omologare tutti i mezzi con i numeri anche ai mezzi su ruota ne è stato assegnato uno, ma l’utilizzo del femminile per indicarli è rimasto ancora oggi.

Leggi anche: 7 ASSURDITÀ e STRANEZZE dei mezzi pubblici di Milano

# Dalla linea “A” alla “V” passando per la interurbana “MS”

Come si può vedere da queste immagini della guida di Otello Busetti del 1964, da stagniweb, erano oltre 20 le linee su gomma indicate da una lettera. Questi alcuni esempi:

Credits Urbanfile – Linea B e C bus
  • La “A” andava da Inganni a Via San Martino e corrisponde circa all’attuale 50
  • la “C” da Comasina ai Bastioni di Porta Volta
  • la “I” da Stazione Centrale a Porta Garibaldi
  • la “N” da Stazione Centrale a Piazza Napoli, di fatto l’odierna 61.
  • Si arriva fino alla lettera “V”, con la “MS” a fare servizio interurbano da Porta Venezia a Sesto San Giovanni.

Continua la lettura con: Perché IL TRAM è maschile e L’AUTOBUS è femminile

FABIO MARCOMIN

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I grattacieli di Milano: i milanesi li chiamano così

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Ph. @annaxcaroli29 IG

Ca’ Brutta, i tre ciucc (ubriachi), lo Sbagliato: i milanesi amano molto dare soprannomi. Anche ai grattacieli. 

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I grattacieli di Milano: i milanesi li chiamano così

# La Torre delle Bretelle

credits: @fuorisalone su IG

Ergo, una delle costruzioni meno belle di Milano, almeno stando ai suoi detrattori. La Torre Velasca è alta 106 metri, fu costruita a due passi dal Duomo fra il 1955 e il 1957 e, nella sua presunta bruttezza, rappresenta uno dei pochi esempi italiani di architettura post-razionalista, meglio nota come (appunto) brutalista.

Il suo nome si deve alla piazza omonima in cui si trova, toponimo a sua volta derivante dal nome del politico spagnolo Juan Fernández de Velasco che nel XVII secolo governò il Ducato di Milano. A Milano è nota anche come “Torre delle Bretelle”, a causa della celebre intelaiatura su cui poggia il blocco finale a forma semicubica.

# Il Formigone

credits: @ivanflydrones
IG

La sede della Giunta Regionale inaugurata nel 2010 è composta da una torre di 161 metri in calcestruzzo armato, acciaio e vetro, circondata da un sistema complesso di edifici curvilinei (detti corpi bassi), alti dai sette agli otto piani, collegati da una piazza di forma ovoidale con una copertura in materiale plastico. La piazza, denominata “Piazza Città di Lombardia” è la piazza coperta più grande d’Europa. 

Il Palazzo è ironicamente conosciuto con il nickname di “Formigone”, dal nome del celebre presidente della Regione Lombardia (1995-2013) condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione.

# Il Dritto, lo Storto e il Curvo: uno è il preferito dei milanesi

Sembra il titolo di un Western di Leone. Le tre torri che dominano l’avveniristico skyline milanese a CityLife (quartiere Portello) portano con sé tre buffi soprannomi dovuti alle forme molto stravaganti che li contraddistinguono.

Il “Dritto”, opera dell’architetto giapponese Arata Isozaki, svetta già da un po’ nel quartiere, circondato da residenze di lusso simili a meravigliose navi da crociera. Con i suoi 209 metri di altezza è il più alto edificio d’Italia. Lo “Storto”, firmato dall’archistar irachena Zaha Hadid, è forse quello che ai milanesi piace di più in assoluto e infine il “Curvo”, opera dell’architetto Daniel Libeskind che raggiunge i 175 metri di altezza.

# Il Pisellone che ha fatto la storia

Credits: lombardiaquotidiano.it

Sede del Consiglio regionale della Lombardia, il Grattacielo Pirelli è stato costruito tra il 1956 e il 1960 su progetto di Giò Ponti e altri celebri architetti dell’epoca, e la sua peculiarità fu la scelta progettuale dei materiali. L’intera struttura portante è infatti in calcestruzzo armato, materiale raramente preferito all’acciaio per edifici di considerevole altezza. Gli elementi verticali dell’ossatura sono quattro piloni, visibili anche dall’esterno poiché percorrono a coppie l’altezza delle facciate.

Anni fa, nacque un curioso soprannome. Una giornalista dell’emittente regionale “Più valli Tv”, durante una diretta televisiva, si sbagliò clamorosamente e lo chiamò “Pisellone” scatenando un’inevitabile sovraesposizione mediatica di stampo ben poco equivocabile. Una gaffe involontaria, destinata a fare storia.

# La scheggia di vetro

Credits: Corinna de Marchi

Altra creatura del progetto Porta Nuova. Un grattacielo di 121 metri su via Melchiorre Gioia, sede di Isybank e di alcune controllate di Intesa SanPaolo. Il nome vero è Torre Gioia 22, ma per i milanesi è la “scheggia di vetro”. 

# Il nido verticale

Credits Andrea Cherchi – Nido Verticale da Melchiorre Gioia

L’ultimo ingresso nello skyline dei soprannomi è il Nido Verticale in via Melchiorre Gioia. Al suo interno uffici per ospitare circa 2.000 persone, una sala congressi di oltre 220 posti, diversi giardini pensili interni e uno sky restaurant all’interno della serra-giardino panoramica aperto anche per eventi pubblici e culturali.  Il vero nome che, praticamente nessuno usa per definirlo, è Torre UnipolSai. 

# Manca solo la Torre Unicredit

E la Torre Unicredit su Piazza Gae Aulenti? Non me la sono dimenticato, ma non risulta ancora con alcun soprannome. Il che è strano, soprattutto per la sua forma sinuosa sul lato e per la sua guglia che la fanno sembrare a un oggetto gigante a metà fra una radiolina con antenna estraibile anni’80 e un walkie-talkie. Aspetta… E se la chiamassimo la “Radio di Vetro”?

Continua a leggere con: I nomi più STRANI dati ai GRATTACIELI

CARLO CHIODO

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«C’era una sola cosa che mi ossessionava»

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«C’era una sola cosa che mi ossessionava: la paura di perdere le persone che amo. Perché ne ho perse parecchie». Terzo estratto da Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con Candida Morvillo da lunedì 17 febbraio sul canale di youtube di Milano Città Stato. 

 

Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).

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5 locali innovativi a Milano

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federico_altamura IG - Backdoor 43

Milano si distingue dalle altre città d’Italia per gli eventi più disparati. Ma non solo: anche per i suoi nuovi e meno nuovi clubs, locali e ristoranti della nightlife. Ve ne presento alcuni che lasciano a bocca aperta, sempre che si riesca a entrarci dentro. 

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5 locali innovativi a Milano

#1 Backdoor 43, il bar più piccolo del mondo

federico_altamura IG – Backdoor 43

Benvenuti nel bar più piccolo al mondo! Così parte la presentazione di Giacomo Ferraresi, bar manager di questo minuscolo locale con soli otto drink di numero a disposizione, ognuno dei quali racconta cultura e storia degli ingredienti con cui sono preparati. É sufficiente ordinare uno di questi preziosi cocktail per respirare l’atmosfera del Suffolk inglese, dell’Africa nera del Gabon o dell’aeroporto situato a Saint Barth.

Al Backdoor 43 si accede solo su prenotazione con permanenza massima di un’ora, circondati da suppellettili e oggetti di epoche differenti con richiami che per la maggior parte trovano collocazione temporale nel XX secolo. E se non si dovesse trovare posto? No problem, esiste la possibilità del cocktail d’asporto, servito da un barista rigorosamente nascosto da una maschera di Guy Fawkes, l’antieroe britannico del capolavoro cinematografico V per Vendetta. Per trovarlo basta dirigersi verso la bisettrice dei Navigli, Ripa di Porta Ticinese, a due passi dalla Darsena. In Ripa di Porta Ticinese 43. Recensioni Google: 4.5/5

#2 Lu’Bar e gli arancini nel Settecento

Ph. @lubar IG

Alias, una chiara indicazione di un bar in dialetto siculo. Ma non solo, perché i fondatori Bonaccorsi sono infatti le due sorelle Lucilla, Lucrezia e il fratello Ludovico, partiti dallo street food come tanti imprenditori del food & drink in terra milanese e approdati poi in una magnifica location frutto di decenni di duro lavoro: ognuno dei tre ha un nome di battesimo che inizia proprio per lo stesso articolo determinativo siciliano. Situato nella Galleria d’arte moderna accanto ai giardini Indro Montanelli, LùBar è un localo ampio ed elegante con richiami settecenteschi che tanto ne fanno una tappa adorata da borghesi di tutti i quartieri. É aperto dal breakfast sino alla mezzanotte e, ai fini del registro imprese si autodefinisce una caffetteria con cucina siciliana naturalmente rivisitata in chiave meneghina. Qui al LùBar non mancano gli arancini, spaghetti con bottarga, panelle e insalate di mare. Ma se la location è altolocata, i prezzi sono tutt’altro che proibitivi. In Palestro 16. Recensioni Google: 4.0/5

#3 Nottingham Forest e i suoi cocktail primatisti mondiali

Credits mauropogliano IG – Nottingham Forrest

Gira voce che anche dei tifosi della squadra inglese in visita a Milano abbiano protestato per non essere riusciti ad entrare nel pub che porta il nome della loro squadra del cuore. Al Nottingham Forest, infatti, di atmosfera calcistica c’è poco o nulla. Si tratta di un piccolo bar nel cuore di Milano a due passi da Porta Venezia dentro il quale ci sono luci, oggetti e tavoli degni della miglior taverna di pirati caraibici. E se i prezzi non scherzano (come la perenne coda all’ingresso) un motivo ci sarà: il Nottingham è stato inserito nella classifica dei World’s 50 Best Bars. Sì, avete letto bene, per la cura dei drink, la bravura dei bartender e l’indescrivibile atmosfera che si respira al suo interno è stato giudicato uno dei cinquanta migliori bar al mondo. In Viale Piave 1. Recensioni Google: 4.4/5

#4 Penelope a casa… di Barry Lindon

_silviabanfi_ IG – Penelope a Casa

Indubbiamente uno dei locali più trendy del momento, questa perla della zona centro-sud della città nasce da un progetto partito dalla provincia di Chieti per arrivare a Milano. Un locale luccicante, prezioso, con arredi in ceramica degni di una scenografia di Barry Lyndon. Lumi di candela e un’eleganza attuale ma non per questo dal forte sapore rustico, soprattutto a pranzo, lasciando alla sera il momento più chic. Prima di cena il cocktail più famoso che si può gustare qui è il Bollicina di Benvenuto, mentre per quanto riguarda le comande non si possono non provare i tortelli fatti a mano ripieni di cacio e uovo cucinati con un battuto di agnello. Da leccarsi i baffi. In Via Giuseppe Ripamonti 3. Recensioni Google: 4.1/5

#5 Bar Luce, la creazione del regista cult Wes Anderson

Credits didieryhc IG – Bar Luce

Non aspettatevi di vedere lo stesso personale del Grand Budapest Hotel, perché questo scintillante bar, seppur ricordi spietatamente le colorate e surreali ambientazioni del regista Wes Anderson, abbraccia in toto lo stile liberty e si sposa con arredi che sembrano usciti da una cartolina italiana degli anni del boom economico. L’opera fa parte di una ristrutturazione della gigantesca area appartenuta a una distilleria, edificata nei primi del Novecento in Largo Isarco all’interno della Fondazione Prada.

Va da sé che l’eccentrico regista statunitense non solo ha contribuito al progetto del soffitto a volta che richiama molto la copertura in vetro della Gallerie Vittorio Emanuele, ma anche al pavimento, ai pannelli di legno impiallacciato che rivestono le pareti e agli arredi come sedie e mobili in formica. Da assaggiare assolutamente: la selezione di affettati e sottaceti menzionati addirittura dal Gambero Rosso, nonché i dolcetti e il caffè della Pasticceria Marchesi. In L.go Isarco 2 (Fondazione Prada). Recensioni Google: 4.1/5

Continua la lettura con: Tre locali di periferia che fanno gola al centro

CARLO CHIODO

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A Quarto Oggiaro la constatazione amichevole si fa così

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Burocrazia zero.

Qui il video: A Quarto Oggiaro la constatazione amichevole si fa così

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Continua con: Quando parti da Malpensa per l’America con il solo bagaglio a mano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Milano è la città che ha vinto più Festival di Sanremo: questi gli artisti premiati

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Festival

Sarà banale, anzi lo è, ma nella settimana del Festival di Sanremo abbiamo voluto “giocare” anche noi. Abbiamo cercato di ritrovare gli artisti milanesi che hanno vinto la più popolare kermesse canora d’Italia. Pochi sanno che Milano è la città più titolata d’Italia: ha vinto ben 9 edizioni.

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Milano è la città che ha vinto più Festival di Sanremo: questi gli artisti premiati

# Milano detiene il primato di vincitori della più popolare kermesse canora d’Italia: i primi tre titoli

Festival

Vi anticipiamo che sono tanti, infatti Milano detiene il primato in quanto a collezione di “campioni” del canto sanremese: iniziò Johnny Dorelli, all’anagrafe Giorgio Guidi, che nel 1959 diede il primo titolo alla “Madonnina” vincendo con “Piove”

Nel 1961 fu addirittura una coppia meneghina a trionfare: Betty Curtis e Luciano Tajoli primeggiarono con il brano “Al di là”, che chiuse un biennio di successi per i pionieri del canto milanese.

Per un decennio Milano non riuscì a salire sul gradino più alto del podio, ma nel 1970 Adriano Celentano, insieme alla moglie Claudia Mori, arrivò al primo posto con l’iconica “Chi non lavora non fa l’amore”, ricordata, più che come una canzone, come una minaccia.

# La doppia vittoria di Ruggeri: prima in trio e poi da solo

Credits: iodonna.it
Enrico Ruggeri

Passarono altri 17 anni prima di vedere il trono dei campioni occupato da un milanese: nel 1987 Enrico Ruggeri, insieme a Gianni Morandi e Umberto Tozzi, vinse Sanremo con la sempreverde “Si può dare di più”, un inno che potrebbe essere tranquillamente coniugato alla tipica propensione meneghina dell’impegnarsi per produrre. Ruggeri nel 1993 si mette in proprio e, in proprio, vince: il brano è “Mistero”, il primo pezzo rock a trionfare al Festival, dopo decenni di proposte nazional popolari dalle melodie leggere.

Nel 1998 la città di Milano ha la soddisfazione di vedere una concittadina ottenere il primo posto sia nella categoria “giovani” che in quella dei “big”: Annalisa Minetti (che a dirla tutta è di Rho) con “Senza te o con te”, ottiene il successo in entrambi i concorsi, rimanendo tutt’oggi l’unica artista a registrare questo esclusivo bis. 

# Gli ultimi successi: Povia, Vecchioni e Mahmood

Credits: Mahmood IG

Nel 2006 Giuseppe Povia realizza per il Festival una canzone sui piccioni, proponendo un paragone canoro tra l’uomo e il tipico volatile di Piazza Duomo. Le critiche sono tante, il risultato è il primo posto.

Roberto Vecchioni è caratese, ma come si fa ad essere così campanilisti da non consideralo milanese? Il professore, con “Luci a San Siro”, è dal 1970 che si guadagna la cittadinanza onoraria ambrosiana e nel 2011 vince il Festival con “Chiamami ancora amore”.

Nel 2019 è Alessandro Mahmoud (in arte Mahmood), del quartiere Gratosoglio, ad ottenere il primato sanremese con “Soldi”. Poi, non contento, nel 2022, seppur in coppia con il bresciano Blanco, concede il bis con “Brividi”.

# I milanesi in evidenza nella sezione “Giovani”

Anche la sezione “Giovani” ha visto i milanesi mettersi in evidenza: del record di Annalisa Minetti abbiamo già detto, mentre nel 1997 sono Paola e Chiara Iezzi ad ottenere il successo con “Amici come prima”, brano che puntò i riflettori su due artiste che in questi ultimi tempi hanno ritrovato la popolarità dopo anni di assenza delle scene che contano. Tra l’altro Paola fu anche allieva di Roberto Vecchioni alle superiori. “E’ vero che ci sei” fu il brano con cui Alessandro Andrea Casillo, originario di Assago e buccinaschese d’adozione, vinse nel 2012 la sezione “Giovani” del Festival.     

FABIO BUFFA

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BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

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Fuga dal freddo: le 7 località in Italia con più sole in inverno

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Spiaggia di Cavoli (Elba) - ph. @infoelba IG

Ecco dove andare per chi non può stare senza il sole nemmeno in inverno.

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Fuga dal freddo: le 7 località in Italia con più sole in inverno

#1 Isola d’Elba, la principessa dell’alto Tirreno (Toscana)

Credits elbacaposantandrea IG – Isola d’Elba

L’isola d’Elba è meta di una bellezza incredibile anche d’inverno. Le temperature non sono adatte per sdraiarsi nelle spiagge e farsi un tuffo nel mare ma non mancano le attrazioni da poter vedere anche nella stagione più fredda. Una su tutte è il Museo Civico Archeologico di Portoferraio, dove ripercorre la storia millenaria di un’isola ricca di fascino in tutti i periodi dell’anno.

 

#2 Pescara, città di mare con clima mediterraneo e radici nella storia (Abruzzo)

Credits marti_matta IG – Pescara

Pescara non è solo mare e spiagge e clima mediterraneo, negli ultimi anni si sono registrate temperature più elevate grazie alla sua favorevole posizione geografica, ma ci sono anche altri motivi per visitarla. Uno di questi è la casa natale di Gabriele D’Annunzio sul corso principale della città, dove lo scrittore e poeta visse tra il 1863 e il 1874, e dove sono tutt’oggi custoditi i suoi ricordi d’infanzia. E se proprio non potete fare a meno della neve, a pochi chilometri si alza il Gran Sasso, il re degli Appennini. 

 

#3 Amalfi, una delle perle della costiera amalfitana (Campania)

Credits drm1790 IG – Amalfi

Amalfi è nota per la sua ricchezza storica e architettonica, adagiata su una delle coste più belle del mondo, la “Costiera Amalfitana”. In questa perla campana, oltre al paesaggio naturale, si può ammirare l’imponente Duomo di Sant’Andrea, in stile arabo-siciliano, ricostruito in forme barocche nel ‘700, con la meravigliosa scalinata e l’incantevole chiostro. In aggiunta il clima è gradevole tutto l’anno e il sole è una certezza.

 

#4 Sassari, con una delle piazze più scenografiche della regione (Sardegna)

Credits luciamusu IG – Sassari

La provincia di Sassari è nota per le sue spiagge paradisiache, come molte di quelle che si trovano in Sardegna, ma anche il capoluogo ha molto da offrire. Per prima cose le temperature medie tra gli 11°C e i 18°C che consentono visitarla senza problemi anche in inverno e poi gli splendidi monumenti e la luminosa Piazza d’Italia, una delle più scenografiche dell’intera regione. Sassari è ovviamente il luogo ottimale dove andare a trovare angoli caldi della stupenda Sardegna, in Costa Smeralda oppure virare verso la costa meridionale. 

 

#5 Crotone, una meta fuori dalle classiche proposte turistiche (Calabria)

Credits giuplata IG – Tempio di Hera Lacinia

Una meta fuori dalle classiche proposte turistiche, ma che sa sempre regalare un raggio di sole, è Crotone. Dal punto di vista archeologico riserva tante sorprese sia dentro che fuori porta, come il maestoso Santuario di Hera Lacinia di Capo Colonna, a soli 10 km dalla città calabrese. Nel Parco che comprende l’area archeologica, circoscritta dalle mura di età romana, si possono ammirare le magnifiche colonne dei resti dell’edificio religioso, una zona boschiva e a macchia mediterranea e l’area del Museo.

 

#6 Bari, una delle città con il clima migliore anche in inverno (Puglia)

Credits: febio15
IG – Bari vecchia

Bari è una delle città d’Italia con il clima migliore anche d’inverno grazie alla scarsità delle piogge e alla mancanza di raffiche di vento. Le tradizioni enogastronomiche, i profumi e l’anima più autentica del capoluogo pugliese si possono vivere passeggiando tra gli  edifici storici e gli stretti vicoli di Bari Vecchia

 

#7 Siracusa, “la più bella città della Magna Grecia” (Sicilia)

Credits piadapizzalpesto IG – Siracusa

Siracusa fa parte dal 2005 della lista dei Patrimoni UNESCO ed è stata candidata a Capitale Italiana della Cultura 2024. Un crocevia di arte, storia, cultura e clima mite per gran parte dell’anno, luogo ideale per ammirare il sole anche negli inverni più rigidi. Cicerone definì questo scrigno di tesori la “la più bella città della Magna Grecia”.  

 

Fonte: SiViaggia

Continua la lettura con: La CYBER WEEK di Ryan Air: una settimana di SUPER OFFERTE da Milano e Orio

FABIO MARCOMIN

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14 febbraio: il giorno del «monte dell’amore» di Milano

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ph. @griff_fra

Milano è una città senza mare e senza rilievi, ma i milanesi hanno sempre avuto un talento speciale nel reinventare ciò che la natura non ha concesso. Così è nato l’Idroscalo, un’oasi artificiale dove il vento gonfia le vele dei kite surf, e la Montagnetta di San Siro, dove Alberto Tomba ha vinto la sua prima gara di sci di rilievo nazionale. Ma se Milano è una pianura perfetta, da dove spunta il Monte Stella? E quale storia si nasconde dietro il suo nome? E perché lo si può considerare il simbolo di San Valentino a Milano?

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14 febbraio: il giorno del «monte dell’amore» di Milano

# Per fare un monte ci vogliono delle macerie


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La Montagnetta di San Siro non è nata per lo sci, ma per risolvere un problema ben più drammatico. Siamo nel dopoguerra, Milano è ferita: i bombardamenti e la demolizione degli ultimi bastioni hanno lasciato la città sommersa dalle macerie. Cosa farne?

A trovare la soluzione è Piero Bottoni, architetto e visionario della ricostruzione. Mentre nella vicina QTB sta realizzando un quartiere ideale, immagina un nuovo destino per quei detriti: trasformarli in una collina artificiale, il Monte Stella.

# «Non eliminate, non buttate via niente»

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«Non eliminate, non buttate via niente» dice Piero Bottoni. In una Milano lacerata dalla guerra, bisogna ripartire da ciò che resta, anche se ciò che resta sono solo macerie. E così nasce un’idea audace: trasformare la distruzione in paesaggio.

Il progetto iniziale prevedeva una collina alta il doppio, ma anche con i suoi 45 metri il Monte Stella è un manifesto di rinascita. Una montagna artificiale, costruita strato dopo strato con le rovine della città. Gradoni panoramici si susseguono a spirale, collegati da una strada che avvolge la collina come una vite, conducendo alla vetta: un punto di osservazione privilegiato, dove Milano e il suo hinterland si svelano in tutta la loro vastità.

Ma questo luogo non è solo un’opera di urbanistica visionaria. È anche una straordinaria manifestazione d’amore. Un progetto speciale per una città da ricostruire, così speciale che Bottoni decise di dedicarlo alla donna della sua vita: Elsa Stella.

Così, da allora, la Montagnetta di San Siro divenne il Monte Stella

Continua la lettura con: L’Idroscalo avrà un gemello a San Siro

MILANO CITTA’ STATO

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«Più volumetrie e meno verde»: anche il maxi progetto a Milano Nord rischia di affogare nel cemento

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Progetto originario Renzo Piano MilanoSesto

Anche uno dei progetti di rigenerazione più grandi d’Europa rischia di finire nelle sabbie mobili. I proprietari dell’area vogliono rivedere nuovamente il masterplan: sarebbe la quinta volta.

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«Più volumetrie e meno verde»: anche il maxi progetto a Milano Nord rischia di affogare nel cemento

# La società proprietaria delle aree vuole rivedere di nuovo il masterplan

Masterplan MilanoSesto

Il travagliato percorso per poter condurre in porto uno dei progetti di rigenerazione più grandi d’Europa rischia di fermarsi di nuovo. Nello scenario peggiore si tratterebbe di uno stop di altri due anni, facendo slittare i cantieri previsti dal 2027 al 2030, che si aggiungono agli altri due persi per il riassetto societario di MilanoSesto e il «nulla avvenuto dal novembre 2023» quando sono entrati Coima e Redo nella proprietà «fino a oggi» come ha dichiarato l’Assessore all’Urbanistica Antonio Lamiranda. A far compiere l’ennesima giravolta al progetto è proprio Milanosesto, la società proprietaria delle aree dismesse, che, come riportato da Il Giorno, il 4 febbraio ha scritto all’amministrazione di Sesto San Giovanni per rivedere il pii (programma integrato di intervento) e di fatto tutto il Pgt.

# Le richieste di MilanoSesto: aumento delle volumetrie e meno verde. Il sindaco dice no

credits: @milanosesto_official IG

Il Sindaco Roberto Di Stefano ha già avvertito che se la richiesta è dovuta a un riassetto del prodotto finanziario non c’è alcune possibilità di modifica del piano su cui si lavora da sette anni. Nello specifico viene richiesto:

  • un innalzamento dell’indice territoriale di 0,2 metri quadri per ogni mq rispetto alle regole attuali; 
  • a rimodulazione delle funzioni con un significativo incremento di quella residenziale e la riduzione di quella commerciale;
  • la dotazione di aree per servizi di interesse pubblico e generale (il parco);
  • la ridefinizione e l’aumento dell’edificabilità.

In sintesi: più volumetrie e meno verde. Il parco deve rimanere nella sua interezza dei 30 ettari di cui 13,5 nel lotto Unione Zero, spiega sempre l’Assessore Lamiranda, in caso contrario il comune è pronto all’escussione delle fideiussioni. L’unica possibilità è lo spostamento di una parte dei volumi, senza variare il saldo tra edificato e verde, ad esempio al posto delle collinette verdi lungo viale Italia. Si potrebbe pensare, conclude Lamiranda, a una sorta di «semicerchio vista parco, come Central Park a New York».

Progetto originario Renzo Piano MilanoSesto

La nuova configurazione significherebbe un ritorno all’origine, al vecchio pii firmato da Renzo Piano per Luigi Zunino. Nel frattempo qualcosa si è comunque mosso.

# Cosa è stato fatto e si sta facendo

Lamiranda – Cantiere studente Unione Zero

Non tutto però è rimasto fermo. Il 15 ottobre 2024 è stata ufficialmente posata la “prima pietra” del futuro studentato, degli uffici di Banca Intesa San Paolo e degli edifici residenziali del lotto Unione Zero, lato via Acciaierie – piazza Diaz.

Veduta aerea_Unionezero

Nell’area sono previsti:

  • un hotel a cura dello studio di architettura e interior design ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel
  • residenze in edilizia convenzionata di Barreca & La Varra e realizzata da Redo Sgr;
  • residenze libere di Scandurra Studio Architettura;
  • una prima porzione del parco, pari a 13 ettari su 45 ettari complessivi, sviluppato da LAND. 
Antonio Lamiranda FB – Ascensori Passerella stazione Sesto

Ancora prima era stati avviati i cantieri per l’ospedale pubblico IRCSS Città della Ricerca e della Salute, le nuove sedi dell’Istituto neurologico Besta e dell’Istituto nazionale dei tumori. A buon punto, nonostante diversi mesi di ritardo a causa del ritrovamento dell’amianto nel vecchio stabile passeggeri, la nuova stazione ferroviaria “a ponte” firmata da Renzo Piano pensata anche per fare da cerniera tra le due parti del territorio comunale separate dai binari.

Riccardo la Frazia FB – Nuova stazione di Sesto

La struttura si caratterizzata per una passerella in vetro di 90 metri larga 18 metri, al suo interno bar e alcuni negozi, con una vista panoramica sul nuovo Parco urbano Unione. Il mese scorso sono state completate le fondamenta del nuovo fabbricato viaggiatori. Nei prossimi mesi si prevede la riapertura del sottopassaggio per consentire anche di interscambiare con la stazione metropolitana senza uscire in superficie. L’ultimazione del comparto ferroviario è programmata per il mese di agosto 2025l’operatività della nuova stazione a partire da dicembre 2025.

Leggi anche: Prima pietra di Unione Zero, il nuovo quartiere avveniristico a Nord di Milano

Continua la lettura con: La stazione futuristica di Renzo Piano con passarella trasparente con vista su Milano: le ultime novità dai cantieri

FABIO MARCOMIN

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La «metropolitana olimpica»: la grande prova della Circle Line a Milano

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Nuove linee cintura sud

Il completamento della Circle Line, perlomeno nell’ipotesi che prevede altre due nuove stazioni e un aumento di frequenza dei treni, non dovrebbe avvenire prima del 2030. Un antipasto del futuro servizio è però programmato già per il prossimo anno.

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La «metropolitana olimpica»: la grande prova della Circle Line a Milano

# Il punto sul progetto della linea semi-circolare ferroviaria

Di Arbalete – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid – Tracciato Circle Line

Un progetto di cui si discute da anni e che un pezzetto alla volta si sta portando avanti. In realtà non sarà come una vera metropolitana circolare, per due ragioni:

  • perché manca il tratto ovest per chiudere il cerchio
  • perchè viene svolto da una tradizionale ferrovia e non da una linea metropolitana.

Comunque sia dovrebbe contribuire a rendere più attrattivo e utile il tracciato della cintura ferroviaria. Al momento è in fase di completamento la riqualificazione della stazione di Porta Romana Fs e in futuro sono previste due nuove stazioni a nord: Stephenson e MIND Merlata tra Certosa e Rho Fiera. Nel scenario del PUMS sono previste altre stazioni come Toscana a sud, Cuoco a est, Istria e Dergano a nord. Il servizio è previsto che venga svolto dalla sovrapposizione di più linee ferroviarie e una prima fase operativa, con le nuove stazioni in progetto realizzate, dovrebbe esserci attorno al 2030. Un antipasto si dovrebbe però avere già in occasione delle Olimpiadi Invernali 2026.

# La R31 Milano-Mortara viene attestata a Rogoredo e arriva la nuova linea S19

Milano-Mortara con tracciato fermato a Rogoredo

L’Assessore regionale ai Trasporti e Mobilità sostenibile, Franco Lucente, nel fare il punto sulla situazione della linea ferroviaria R31 Milano Porta Genova-Mortara-Alessandria, considerata tra le peggiori d’Italia, ha spiegato le novità in arrivo.

La prima è che sulla linea, dove circolano oggi 48 treni al giorno, con i tecnici di Trenord e Rfi è stato fissato l’obiettivo di arrivare, in vista dell’evento olimpico, con un cadenzamento alla mezz’ora.

La seconda è l’attestazione del percorso a Rogoredo, anticipando lo stop al servizio della stazione di Porta Genova attesa per la dismissione entro il 2027. Tutto questo diventa possibile grazie «alla creazione della nuova linea S19, che effettuerà le stesse fermate della S9 nella tratta da Albairate a Porta Romana FS. Ricordiamo che arrivare a Rogoredo significa avere una connessione con l’Alta Velocità».

# Un treno ogni 10 minuti nella cintura sud: come una metropolitana leggera

Nuove linee cintura sud

La sovrapposizione delle linee S9, la nuova S19 e la R31 Milano-Mortara con percorso allungato a Rogoredo, consente di avere un treno ogni 10 minuti per direzione nella cintura sud e mostrando come dovrebbe essere il futuro servizio della Circle Line. Una specie di metropolitana leggera per i milanesi, ma anche per chi vive nell’hinterland e nel pavese. Gli utenti in arrivo da Mortara, oltre a poter raggiungere già oggi l’Aeroporto di Linate cambiando a San Cristoforo M4, potranno scambiare a Romolo M2, Tibaldi, Lodi T.I.B.B. M3 dalla stazione di Porta Romana FS, e Rogoredo M3.

Fonte: Lombardia Notizie Online

Continua la lettura con: La futura M6: e se si chiudesse la circle line con la ferrovia? Il tracciato: dalle 5 vie a Ponte Lambro

FABIO MARCOMIN

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La pizzeria low cost, con i prezzi più bassi di Milano raddoppia: sbarca in centro con questi prezzi

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pizzaemozzarella IG

Quando Milano sa essere anche alla portata di tutti. La pizzeria low cost in zona Navigli, forte del successo del suo primo locale, ha persino raddoppiato con un altro punto in pieno centro. Ecco dove si trova e quanto si spende.

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La pizzeria low cost, con i prezzi più bassi di Milano raddoppia: sbarca in centro con questi prezzi

# Il successo della pizzeria low-cost di Milano: nuova apertura in pieno centro alla fine del 2024

Pizza e mozzarella interno locale

Milano, città dei grattacieli e dei prezzi da capogiro. Spesso etichettata, a buon ragione, come la metropoli più cara d’Italia dove solo i ricchi sembrano potersi permettere il lusso di viverci bene. Eppure, tra boutique di lusso e ristoranti stellati, esistono ancora angoli accessibili a tutte le tasche. Uno di questi è “Pizza e Mozzarella“, una pizzeria nascosta in via Carlo Torre 22, a pochi passi dai Navigli. Non solo, a quanto risulta, è la più economica della città, ma offre anche una pizza che non ha nulla da invidiare a quelle delle pizzerie più blasonate. E visto il successo ha deciso di raddoppiare.

pizzaemozzarella IG – Nuovo locale

Alla fine del 2024 ha aperto infatti un secondo locale in pieno centro città, zona Cadorna, in via Vicenzo Monti 15, che si aggiunge ad altri due già presenti nell’hinterland a Settimo Milanese e Paderno Dugnano.

Leggi anche: 5+1 Merende di lusso negli hotel 5 stelle di Milano

# Pizza buona e prezzi imbattibili: si parte da 3,5 euro (e si può spendere anche meno)

Nonostante un piccolo ritocco ai prezzi, il menù rimane incredibilmente low-cost. Il coperto? Solo 1 euro (prima era 50 centesimi). La proposta è variegata: si parte dagli antipasti fino ai dolci, passando per qualche primo piatto. Tra le specialità troviamo:

  • Montanare (strisce di zeppole fritte con pomodoro, parmigiano reggiano e basilico) a 3 euro.
  • Cuoppo (mix di frittini con zeppole di pasta cresciuta, crocchette di patate e scagliozzi) a 3,5 euro.
  • Patatine fritte formato chips a 2,5 euro.

Sono presenti poi due primi, gli gnocchi alla fiorentina e la pasta con patate e provola, entrambi a 7 euro.

Menu pizzaemozzarella

E la pizza? Una marinara costa solo 3,50 euro, mentre la margherita arriva a 5 euro, tutte preparate seguendo la tradizione napoletana con il classico cornicione alto. La più costosa? Appena 7,50 eurola salsiccia e friarielli. Per chiudere in dolcezza, si può scegliere tra la pastiera napoletana a 3 euro, il tiramisù a 3,50 euro o le frittelle calde alla Nutella a 2,50 euro. Anche con gli ultimi aumenti, questi prezzi sono un vero affare per essere a Milano.

 

Leggi anche: Il ristorante più a buon prezzo di Milano: la cifra record per un menù completo

# E se non si vuole badare a spese? La pizzeria più cara di Milano ha il costo di una suite a cinque stelle

crazypizza.milan IG

Alcuni anni fa ci si è scandalizzati per la margherita a 25 euro di Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele. A seguire è stato il turno del Crazy Pizza di Flavio Briatore, in via Varese 1, con la pizza al Pata Negra Joselito – con salsa al pomodoro, mozzarella di bufala e prosciutto pregiato – servita alla cifra di 68 euro

pizza Plein – newsdalmondo IG

Ma questo è nulla in confronto alla pizza proposta nel ristorante del nuovo hotel di lusso firmato Philipp Plein: sottile e fragrante al centro con bresaola di Wagyu, tartufo, impasto al Dom Pérignon Vintage 2013 e un prezzo da 1.500 euro. Come per una notte in una suite a cinque stelle. 

Leggi anche: A Milano la pizza più costosa del mondo?

Continua la lettura con: La pizza più buona di Milano è sempre lei (edizione 2025)

FABIO MARCOMIN

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Una casa a 1.000 euro al metro quadro? Questi i quattro paesi dell’hinterland di Milano con il prezzo più basso

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atty_82 IG - Nosate

I prezzi sono cresciuti anche nell’hinterland di Milano: a differenza di appena un anno fa, non si trovano più paesi con la media del prezzo delle case attorno ai 900 euro al mq. Eppure ci sono diversi comuni dove comprare casa è ancora molto conveniente. Vediamo quali sono e cosa hanno da offrire.

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Una casa a 1.000 euro al metro quadro? Questi i quattro paesi dell’hinterland di Milano con il prezzo più basso

# I due comuni dell’hinterland con il prezzo delle case più basso

Mappa Città metropolitana

Le ultime rilevazioni di Osservatorio Immobiliare confermano la Città metropolitana di Milano come l’area con i valori più elevati in Italia, con una media di circa 3.470 euro al mq, su oltre 69.205 annunci. Il Comune di Milano è stato quello a registrare il prezzo più alto per gli immobili in vendita con 5.150 euro al mq, quasi il doppio rispetto alla media regionale di 2.270 euro al mq.

Per una buona fetta dei milanesi sono cifre irraggiungibili. Se però si sposta lo sguardo più lontano la situazione cambia in modo radicale: ci sono ancora due comuni con quotazioni medie attorno ai 1.000 euro. Si tratta di Nosate e Turbigo. A questi se ne aggiungono altri due con prezzi di poco superiori. Ma scopriamo quali sono queste “isole” della convenienza. 

# Nosate, il meno popoloso della Città Metropolitana di Milano con case a un costo medio di 1.010 euro al mq

atty_82 IG – Nosate

All’estrema punta nord ovest della Città Metropolitana di Milano c’è Nosate. Un piccolo angolo di mondo che sembra uscito da una cartolina d’altri tempi, si trova a circa 45 km dal centro di Milano, incastonato nel Parco Lombardo della Valle del Ticino. Con poco più di 600 abitanti, è il meno popoloso del territorio metropolitano e il secondo più distante dal capoluogo dopo l’exclave di San Colombano al Lambro. Attraversato dal Naviglio Grande e dal canale Villoresi, si caratterizza per paesaggio rurale, con le vecchie cascine a testimoniare questa vocazione, e abitazioni dal costo medio di 1.010 euro al mq.

# Nel vicino Turbigo i prezzi salgono di appena 20 euro: 1.030 al mq

Credits manolo.ga1 IG – Turbigo, resti della vecchia dogana austriaca di fine Settecento

Separato da un lembo di terra c’è Turbigo, tra i due comuni si frappone Castano Primo che che nel 2022 registrava una quotazione di 875 euro al mq, dove per un’abitazione si paga in media 1.030 euro al mq. Anch’esso immerso nel Parco Lombardo della Valle del Ticino, rispetto a Nosate ha una popolazione superiore di oltre 10 volte, più di 7.000 residenti, e spicca per il suo mix architettonico. Troviamo infatti il Castello Visconteo, con il suo stemma che racconta di un passato nobile, il Palazzo De Cristoforis Gray, che unisce l’eleganza settecentesca con l’anima del ‘500, e la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, che strizza l’occhio alla maestosità della Chiesa del Gesù di Roma. E per chi cerca un tocco di avventura? C’è un ponte tibetano di 70 metri, sospeso a 8 metri d’altezza sul Ticino, perfetto per chi ama camminare con un pizzico di brivido.

# Altri due comuni attorno ai 1.000 euro

marygracegrace IG – Robecchetto con Induno

Ci sono però altri due comuni convenienti. Appena sotto Turbigo troviamo Robecchetto con Induno, creato nel 1870 dalla fusione dei comuni di Robecchetto e Induno Ticino e con circa 4.800 abitanti, che registra una media di prezzi al mq di 1.055 euro. Tra i luoghi di interesse ci sono il Ponte sul Naviglio Grande, non distante dalla centrale di Turbigo, e il Palazzo Arese poi Fagnani, adibito alla sede del Municipio. Ne servono invece 1.065 per andare a vivere in collina a San Colombano al Lambro, l’exclave della Città Metropolitana di Milano, dove si produce l’unico vino DOC del territorio nelle tipologie fermo e frizzante.

Leggi anche: San Colombano, l’enclave di Milano: anche se è lontana 22 Km, ci appartiene

Continua la lettura con: Alle porte di Milano un piccolo borgo medievale ha un grande sogno

FABIO MARCOMIN

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Carnevale in centro nella Milano di metà anni Ottanta (video)

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Com’era passeggiare in Duomo nei giorni di Carnevale a Milano a metà degli anni Ottanta? Lo riviviamo in questo video. 

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La passeggiata dell’amore: passerelle sull’acqua, il giardino segreto e l’albero giraffa a un’ora e mezza da Milano

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Ph. @comolakeexperiences IG

La via dell’amore è alle Cinque Terre. Lo sappiamo tutti. Ma non tutti sanno che ancora più vicina a Milano c’è la “passeggiata dell’amore”. Un classico degli innamorati.  Foto cover: @comolakeexperiences IG

Da Milano a Cremia

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La passeggiata dell’amore: passerelle sull’acqua, il giardino segreto e l’albero giraffa a un’ora e mezza da Milano

# Gli scorci a due passi dall’acqua del Lago di Como

Credits comolakeexperiences IG – Passeggiata dell’amore

L’amore scorre lungo le rive del Lago di Como. Tra i molti punti caratteristici ce n’è uno che si è guadagnato la definizione di “passeggiata dell’amore”: una camminata facile e adatta a tutte le età. Soprattutto se in preda alla passione. 

# In alcuni punti si “cammina” sull’acqua

Credits comolakeexperiences IG – Passeggiata sul Lago di Como

La passeggiata è intitolata a Breva e Tivan, i due principali venti del lago. In alcune tratte la passerella è sospesa sull’acqua, restando lontani dalla strada principale e con le Alpi che si specchiano tra le increspature delle onde. 

Leggi anche: 6 SENTIERI SCENOGRAFICI da percorrere a PIEDI in Lombardia

# Da Cremia a Musso: 6,5 km per perdere la testa

Credits ducadimaggiana IG – Cremia, Lago di Como

La partenza è da Cremia, nella frazione di San Vito a Musso. L’arrivo è dopo 6,5 km a Musso. Il percorso ha un dislivello di circa 60 metri e si impiega poco più di un’ora a piedi.

# Passerelle sull’acqua, il giardino segreto e l'”albero giraffa”

Credits stefy.irr IG – Passeggiata Lago di Como

Lungo il cammino, oltre a respirare i profumi della natura e godersi in silenzio del paesaggio, ci si imbatte nell’albero giraffa, soprannominato così per via della sua forma.

Arrivati a destinazione ci si può spingere fino al giardino segreto nascosto dietro una porta di pietra, sempre nel comune di Musso, da cui si può godere un’altra prospettiva del Lago di Como.

Leggi anche: Il PASSAGGIO SEGRETO con vista sul lago di Como

# Come arrivarci

 

Da Milano ci vuole circa un’ora e mezza di auto. Per arrivare a destinazione si prende l’autostrada A9 fino all’uscita Como Lago, da qui si procede lungo la statale SS340 “Regina” percorrendo la costa occidentale fino a Cremia. Il parcheggio più comodo è quello sopra la spiaggia di San Vito. Da questo punto si scende a piedi verso il lago per prendere la passeggiata.

Continua la lettura con: 15 euro e un’ora per trovarsi in un BORGO DA SOGNO quasi ignorato dai milanesi

FABIO MARCOMIN

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Il futuro più grande di Roma

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Ph. @ig_rome IG

Viaggiando all’estero, ci si rende conto che nel mondo Roma è ancora un punto di riferimento. C’è chi parla di Terza Roma e chi si proclama erede della Roma Antica. Tuttavia i primi a non avere questa consapevolezza siamo proprio noi. Ma perché? Qual è stata la grandezza di Roma? E, soprattutto, come possiamo essere noi a raccogliere questa eredità per tornare di nuovo grandi? Foto cover: @ig_rome IG

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Il futuro più grande di Roma

# Roma è un punto riferimento mondiale… ma i romani non lo sanno

C1 Superstar – Pexels
Roma è ancora oggi un punto di riferimento per il mondo. Gli Stati Uniti si paragonano di continuo all’Impero Romano. Così come numerose città si definiscono “seconda” o “terza” Roma, come Istanbul o Mosca. Per non parlare delle tracce della Roma antica presenti nel mondo di oggi. Ci sono Paesi che conservano l’impronta di Roma addirittura nel proprio nome, come l’antica Dacia (oggi Romania, appunto). Senza parlare dell’influenza esercitata sulle arti, lo sport o addirittura nell’impostazione dell’impianto urbano delle città, da quelle medievali a quelle più recenti: se si guardano città come Latina o New York, notiamo infatti che sono impostate su un modello a scacchiera che, in qualche modo, ricorda la struttura di cardo e decumano. Tuttavia, nonostante all’estero si faccia ancora a gara tra chi sia più o meno erede dell’antica Roma, noi romani facciamo fatica a riconoscerci un tale potenziale. Ma se Roma riuscì a lasciare questo ricordo di sé, perché noi non riusciamo a vederlo e a renderlo parte integrante del nostro presente?

# La grande forza della Roma antica? La capacità di valorizzare le altre culture

Nikita Belokhonov – Pexels

Se ci interroghiamo sul perché e il come Roma sia riuscita a influenzare il mondo a punto tale da essere, ancora oggi, riferimento per moltissimi Paesi esteri, la prima risposta che ci diamo è spontanea e banale: le capacità militari. Nulla di più sbagliato. Se volessimo basarci su questo parametro, dovremmo ammettere che Roma non fu neanche l’Impero più vasto della storia. E non possiamo associare il successo di Roma neanche alla sua durata. Ma quindi, escluse queste caratteristiche, a cosa possiamo associare il successo di Roma nel tempo e nello spazio? La capacità di valorizzare le culture altrui: il metodo con cui gli antichi romani hanno amministrato i territori conquistati e convissuto con le relative popolazioni. Campioni d’integrazione infatti, i romani hanno sempre saputo soggiogare le genti conquistate preservando e valorizzandone usi e costumi, riuscendo talvolta anche ad assimilarli e farli propri. Se la filosofia greca ha goduto di una certa notorietà, lo deve certamente alla capacità degli antichi romani di averla colta e valorizzata. Così come il cristianesimo ha conosciuto il suo periodo di massima espansione grazie alle leggi dell’Impero che ne fecero religione ufficiale. Quindi gli ingredienti segreti del successo di Roma sono preservazione e valorizzazione. Ma quanto rimane di queste capacità ai romani di oggi? E quanto sappiamo realmente sfruttarle?

# I romani di oggi non sono all’altezza della Roma Antica

Tom D’Arby – Pexels

Nonostante i continui tentativi, nel passato e nel presente, di appropriarsi dell’eredità di Roma da parte di più soggetti, i cittadini della Capitale d’Italia rimangono gli unici a poter vantare i natali nel luogo che fu, effettivamente, il cuore dell’Impero. E qui a Roma, l’Impero Romano, si respira ancora. Basterebbe farsi una passeggiata ai Fori Imperiali, passare sotto il Colosseo o ripercorrere i famosi 7 colli per immergersi, quasi totalmente, in quell’atmosfera magica ed evocativa che solo questa città può offrirti. Tuttavia noi romani non sappiamo cogliere né valorizzare l’eccezionalità che viviamo tutti i giorni. Noi, che certamente siamo romani, non ci accorgiamo che non sappiamo come vorremmo essere romani, che ci manca una progettualità per il futuro. Una ricetta concreta ovviamente non c’è, o almeno non ancora. Ma possiamo e dobbiamo individuare l’origine della nostra mancanza di progettualità nella nostra mentalità, forse troppo abituata alla bellezza che ci circonda da non porsi il problema di pianificare il futuro. O, peggio, aspettare che sia qualcun altro a offrirci l’occasione. Si può dire, insomma, che quell’eccezionalità ricercata e riconosciuta all’estero, noi l’abbiamo nel DNA ma non ce ne accorgiamo e, di conseguenza, non la sfruttiamo. Questo atteggiamento, però, ci fa lentamente perdere quel primato che dobbiamo a tutti i costi recuperare, ma come?

# La Via della nuova Roma

Alex Does Pictures – Pexels

Se dobbiamo pensare a un passato fruibile nel presente, non possiamo ragionare in chiave conservativa. Dunque ciò che ci è trasmesso, attraverso le testimonianze immobili delle rovine, è una mentalità pragmatica e propositiva che abbiamo perso. Per recuperarla, e quindi imparare dal passato, serve invertire la rotta. Invece di attendere una soluzione, trovare una proposta. Invece di vivere di rendita, inventare qualcosa di nuovo. Invece di farci rappresentare da una gloria passata, impegnarci a rappresentare la grandezza di Roma Antica nel nostro presente: ritornando a valorizzare le più alte espressioni di intelligenza umana considerando come confini il mondo intero. E non il Grande Raccordo Anulare.

Continua la lettura con: Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

RAFFAELE PERGOLIZZI

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«Se io voglio fare qualcosa lo faccio»

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«A me può succedere qualunque cosa, mi puoi passare sopra con un trattore, ma se voglio fare qualcosa, lo faccio». Secondo estratto da Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con Candida Morvillo da lunedì 17 febbraio sul canale di youtube di Milano Città Stato. 

 

Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).

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Quando parti da Malpensa per l’America con il solo bagaglio a mano

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Salùtem ‘a màmmeta

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Continua con: Sei un bimbo di Milano e ti prepari per le future sfide con la burocrazia italiana

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Il tram 24 arriverà fino a Opera?

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Pums Tram Noverasco

I lavori per estendere il tracciato del tram fino allo IEO non sono ancora partiti che già si pensa ad allungarlo ulteriormente. Da un lato le proteste dei residenti di Opera, dall’altro la volontà di Palazzo Marino di far uscire la linea oltre i confini comunali, anche se di poco. Vediamo le ultime novità.

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Il tram 24 arriverà fino a Opera?

# La raccolta firma per allungare il percorso oltre lo IEO

MM – Tram 24 fino allo IEO

Si attende solo la data ufficiale, ma per il tram 24 è prevista l’estensione del tracciato dall’attuale capolinea di Selvanesco allo IEO: una fermata e 1,1 km di estensione.  Un intervento finanziato con 25,83 milioni di fondi residui del PNRR, che contempla anche una passerella ciclopedonale tra i due edifici dell’Istituto Ospedaliero ai lati opposti della strada e un nuovo anello nei pressi di Macconago.

MM – Tram 24

Il percorso viene realizzato nel parterre alberato, predisposto appositamente durante l’ampliamento di via Ripamonti fino a Noverasco, la frazione di Opera confinante con Milano. Ne avevamo parlato in questo articolo insieme alle proteste dei residenti del primo comune a sud di Milano oltre il Vigentino e all’annuncio di una raccolta firme. Nel frattempo dalle parole si è passati ai fatti e di firme ne sono state raccolte oltre 300 in pochi giorni. Fautore dell’iniziativa l’ex Sindaco Ettore Fusco, ma altre associazioni del territorio si sono fatte sentire e sempre con un’unica richiesta: portare il tram fino a Opera, se non addirittura a Locate Triulzi, con la speranza che un giorno possa arrivare la linea M6.

Ma da Palazzo Marino dicono che si sta alzando un inutile polverone dato che la prosecuzione del tracciato è già prevista da tutti gli strumenti di programmazione territoriali.

# L’Assessore alla Mobilità Arianna Censi: “Il prolungamento è già previsto nella pianificazione territoriale trasportistica e della mobilità”

 

Pino Pozzoli, consigliere comunale a Opera nelle file di FdI, ha rincarato la dose come riportato da Il Giorno: «Portano il tram fino all’Ieo quando l’allargamento della Ripamonti era propedeutica per il tram 24 fino a Noverasco. Il Governo finanzierebbe la metro 6 fino a Opera e loro la vogliono solo dentro a Milano. Non contenti vogliono eliminare la 99 e lanciano l’eliminazione dei parcheggi gratuiti dentro il capoluogo meneghino. Hanno un’idea di Città Metropolitana dentro i confini del Municipio 1. E noi non ci stiamo più».

Pums Tram Noverasco

Non si è fatta attendere la risposta di Palazzo Marino, per voce dell’Assessore alla Mobilità, Arianna Censi, durante il Consiglio Comunale del 3 febbraio 2025 in cui ha chiesto a tutti di sostenere un terzo e definitivo tratto tramviario: l’ulteriore prolungamento del 24 sino a Noverasco di Opera. Questo un estratto dell’intervento: «Il prolungamento con il tracciato così definito è previsto nella pianificazione territoriale trasportistica e della mobilità a tutti i livelli. Nel nuovo PGT approvato nel 2019, il PUMS della Città Metropolitana di Milano approvato nell’ottobre del 2019, il Piano Triennale Metropolitano della Città Metropolitana di Milano adottato a luglio 2020». Secondo la Censi il capolinea a Noverasco sarebbe il punto di arrivo più utile e necessario per lo scambio modale.

# La pietra tombale per la M6 verso Opera?

Il Giornale – Percorso ipotizzato nuova M6

Portare il tram fino a Noverasco di Opera sarebbe quindi la pietra tombale al progetto della futura M6? Il rischio c’è, dato che il percorso coperto sarebbe all’incirca lo stesso, ma ci sono alcuni elementi che farebbero propendere per il contrario. Vediamo quali:

  • per prima cosa l’idea del governo è di arrivare fino al capoluogo, la frazione di Noverasco dista cc dal centro, e forse fino a Locate Triulzi: in entrambi i casi il tram non potrebbe arrivarci se non facendo passare dentro un tunnel come suggerito in unnostro articolo;
  • la M6 dovrebbe inoltre interscambiare con la stazione dell’Alta Velocità sulla Milano-Genova o almeno con la stazione di Locate Triulzi esistente;
  • nel progetto della M6 si prevede un maxi parcheggio di interscambio, difficilmente realizzabile a Noverasco;
  • la metropolitana potrebbe trasportare molte più persone e sarebbe un mezzo più veloce e non soggetto al rischio di rallentamenti a causa del traffico;
  • infine, se per la M6 l’orizzonte non è vicino, nemmeno per il tram si parla di un progetto da realizzare nei prossimi anni.

Staremo a vedere, la sfida tra Palazzo Marino e il Governo Italiano è solo all’inizio.

Leggi anche: M6, i tracciati di Comune e Governo a confronto: vantaggi, svantaggi e quale potrebbe essere il punto di incontro

Continua la lettura con: I comuni che avrebbero una metro…se fossero dei quartieri di Milano

FABIO MARCOMIN

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«Salviamo Milano… dall’Italia»

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Ph. @lallimarco77

Circola ormai da tempo l’idea di «salvare Milano» con un decreto del Governo di Roma. Con Antonio Gurrado sul Foglio parte il contrattacco: questa espressione non solo è orrenda, ma anche insensata. Perché Milano nel corso della storia si è evoluta verso un orizzonte di progresso, rinnovamento e incivilimento. Malgrado Roma. Rilanciamo alcuni estratti. 

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«Salviamo Milano… dall’Italia»

# Il «Salva Milano»: un titolo mortificante per la città che versa allo Stato il 99% di quello che produce

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Il «Salva Milano» è un disegno di legge presentato dall’onorevole Tommaso Foti (FDI) in discussione al Parlamento. In sostanza prevede l’abolizione dei piani attuativi nelle aree urbanizzate o edificate. Secondo chi lo appoggia, consente di sbloccare dei lavori necessari per la città. Mentre chi lo critica, lo denuncia come un colpo di spugna che darà il via libera alla speculazione edilizia più selvaggia. Contro il «Salva Milano» ci sono anche quelli che lo difendono nella sostanza, ma che lo attaccano come impostazione. Soprattutto per il termine mortificante. Tra questi c’è Antonio Gurrado che sul Foglio parte al contrattacco.

# La dicitura «Salva Milano» è un insulto alla storia : il contrattacco di Antonio Gurrado

Credit Urbanfile – Grande Milano

Scrive Gurrado che in questo caso «ha ragione il sindaco Sala: l’espressione “salva Milano” è orrenda. Per trovarla anche insensata, basta dare uno sguardo alla storia». L’autore ricorda i grandi passi in avanti compiuti dall’Italia grazie ad innovazioni di progresso e di civiltà originate da Milano. Tra cui quelle legate all’edilizia: a Milano «il catasto era stato istituito ai tempi di Carlo V, nel 1543, e modernizzato già nel 1718; in Italia, è stato istituito nel 1864, faticosamente uniformato nel 1886, aggiustato nel 1901, fascistizzato nel 1938, rifatto nel 1960, corretto nel 1969, rivisto nel 1972…». Ma il rinnovamento di Milano ha riguardato anche altri ambiti, in primis quello della libertà: «Nel 1769, a Milano, veniva decretata la pubblicazione di un bollettino di notizie dall’estero, affinché i cittadini fossero sempre ben informati e di conseguenza responsabilizzati (in Italia, il principale rotocalco di informazione dall’estero, l’Internazionale, viene fondato nel 1993). Nel 1773, a Milano, veniva concessa la libera iscrizione degli studenti all’università (in Italia, nel 1968, si protesta per il diritto allo studio). (…) Nel 1782, a Milano, veniva abolita la censura dei libri (in Italia, nel 1913 entra in vigore una legge per la censura dei film, nel 1969 vengono sequestrate le incisioni di “Je t’aime… moi non plus” di Serge Gainsbourg, nel 1976 viene messa al rogo la pellicola di “Ultimo tango a Parigi”)».

E ancora Milano fu la prima in Italia a istituire nel 1784 «orfanotrofi pubblici in cui ragazze e ragazzi senza famiglia potessero venire avviati al praticantato nelle professioni e alla conoscenza delle lingue», a redigere nel 1786 «i nuovi codici civile e penale (in Italia, ottant’anni dopo la liberazione, il codice penale conserva l’impianto della riforma fascista)» e a indire, sempre nel 1786, «i primi concorsi pubblici per selezionare funzionari in base al merito». La conclusione è che «alla luce della storia, non risulta chiarissimo da cosa bisognerebbe salvare Milano. Forse dall’Italia».

Fonte: Salvare Milano dall’Italia di Antonio Gurrado (Il Foglio)

Continua la lettura con: Salva Milano: che cosa comporta in breve?

MARTA BERARDI

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13 febbraio 1912: nasce a Milano Antonia Pozzi, la poetessa negli abissi dell’animo umano

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Pozzi

E’ stata una delle intellettuali più incisive e al tempo stesso dimenticate del secolo scorso, una poetessa capace di gettare sui fogli di carta tutto l’amore e il sapere per il bello, per la profondità dell’animo umano.

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13 febbraio 1912: nasce a Milano Antonia Pozzi, la poetessa negli abissi dell’animo umano

# “Amore di lontananza”, una delle sue poesie più intense

Ricordo che, quand’ero nella casa di mia mamma, in mezzo alla pianura, avevo una finestra che guardava sui prati (…) Verso sera fissavo l’orizzonte; socchiudevo un po’ gli occhi; accarezzavo i contorni e i colori tra le ciglia: e la striscia dei colli si spianava, tremula, azzurra; a me pareva il mare e mi piaceva più del mare vero“.

Questi sono alcuni versi della poesia “Amore di lontananza”, scritta da Antonia Pozzi il 24 aprile 1929. Allora era un’adolescente con gli occhi spalancati sul mondo, con questi versi riuscì ad esprimere tutta la genialità nel rendere plastici i propri pensieri e le proprie fantasie. Usando le parole come i colori di una tavolozza, la penna come un pennello, creando con i versi immagini colorate.

# La poetessa amante del bello, della profondità dell’animo umano

Pozzi

Antonia Pozzi è stata una delle intellettuali più incisive e al tempo stesso dimenticate del secolo scorso, una poetessa capace di gettare sui fogli di carta tutto l’amore e il sapere per il bello, per la profondità dell’animo umano. La parola “Amore”, espressa o tacita, è stata una costante della sua breve vita. Amore per la cultura, per i sogni, per la montagna, per la natura e per quell’uomo, più grande di lei, il professore di latino e greco del liceo, che rapì l’attenzione e il cuore di Antonia, con la dedizione all’insegnamento e l’approfondimento culturale.

Fu più amore intellettuale che attrazione fisica. Ma pur sempre amore, soffocato dai divieti dei genitori, che non accettarono quella relazione tra l’insegnate e la loro figlia.

# La sua giovinezza tra cultura e impegno sociale

Antonia Pozzi

Antonia Pozzi nasce a Milano il 13 febbraio 1912, cresce in zona San Babila, in un ambiente famigliare dotato di vasta cultura. Il padre, Roberto, era avvocato, la madre, Lina, aveva il titolo di contessa e apparteneva ai nobili Cavagna Sangiuliani di Gualdana. A cinque anni, quella che diventerà una delle maggiori poetesse del ‘900, va già a scuola, finendo le elementari alla “Fratelli Ruffini”, nell’omonima via, non distante dal Castello Sforzesco. Al Liceo va al “Manzoni” e a diciotto anni si iscrive a Lettere e Filosofia.

La sua giovinezza è un moto di passioni, che vanno dalla cultura alla montagna, dalla fotografia alle lingue, dai viaggi alla bicicletta. E’ una bella ragazza, bionda, esile ma energica, che scrive poesie, come necessaria traduzione delle proprie emozioni in versi. Poi Antonia si occupa dei deboli, il suo impegno sociale la porta a descrivere il mondo attraverso gli occhi degli ultimi. E’ considerata una delle intellettuali che più hanno saputo anticipare i tempi, le sue poesie sono centrate sui grandi temi dell’esistenza e sul rapporto tra l’uomo e il mondo che lo circonda.

# Il suicidio sulla neve a 26 anni

La sera del 3 dicembre 1938 raggiunge l’Abbazia di Chiaravalle, ingerisce dei barbiturici e si corica sulla neve, dove morirà. I soliti interrogativi della gente, quando una giovane vita decide di eliminarsi: “Il male di vivere?“, “Lo strazio per l’amore soffocato dai genitori per il professore del liceo?“, “il sentore dell’arrivo del periodo più buio del fascismo?“.

Domande senza risposta. Anche perchè l’anima di Antonia era davvero troppo complicata per trarre un “perchè” da un gesto, probabilmente, più liberatorio che disperato. La regista milanese Marina Spada, nel 2009, gira “Poesia che mi guardi”, un film documentario considerato una testimonianza efficace della figura di Antonia Pozzi.

FABIO BUFFA

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