«Da adolescente ero totalmente devastata dal desiderio di essere come gli altri. Perché ero totalmente diversa dagli altri». Primo estratto da Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con Candida Morvillo da lunedì 17 febbraio sul canale di youtube di Milano Città Stato. Primo estratto:
Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).
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Gli amanti della neve e delle piste potrebbero presto vedere concretizzarsi un progetto che sembra uscito da un sogno: una nuova infrastruttura pronta a rivoluzionare il mondo dello sci alpino. Se approvata, questa funivia metterebbe in collegamento il comprensorio del Cervino-Matterhorn con quello del Monte Rosa, creando un legame senza precedenti tra il Sud e il Nord delle Alpi. Il progetto e gli ostacoli all’orizzonte.
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Funivia Alagna-Zermatt: il progetto di unire 500 km di piste in un comprensorio unico al mondo (aperto 12 mesi l’anno). A due ore da Milano
# Un sogno alpino a due ore da Milano: il comprensorio da record
Credits PublicDomainPictures-pixabay – Cervino
Nel dicembre 2022 è stato consegnato lo studio di fattibilità da parte della Monterosa Spa, e da un comitato promotore composto da diverse categorie economiche, all’assessorato allo sviluppo economico e trasporti della Valle d’Aosta. Il documento è stato realizzato dallo Studio tecnico Montecno di Bolzano per un costo pari a 403.000 euro. L’ambizione? Creare uno dei più vasti comprensori sciistici al mondo, a soli 120 minuti d’auto da Milano. Cinque vallate intrecciate, 38 vette che sfiorano i 4.000 metri e un totale di 490 chilometri di piste che si snodano tra Italia e Svizzera.
# Il cuore pulsante: la funivia Alagna-Zermatt
Credits lastampa – Progetto funivia Alagna-Zermatt
Il pezzo forte? La funivia Alagna-Zermatt. Questo collegamento unirebbe il comprensorio del Cervino-Matterhorn con quello del Monte Rosa, tracciando un legame storico tra il sud e il nord delle Alpi. Le valli coinvolte sarebbero Valtournenche, Val d’Ayas, Gressoney, Alagna e Zermatt. I comprensori interessati: Zermatt in Svizzera, Cervinia-Valtournenche, Champoluc, Gressoney e Alagna.
In soli 30 minuti, ci si sposterebbe dal Cervino Ski Paradise al Monterosa Ski. Tuttavia, secondo l’associazione “Ripartire dalle Cime Bianche”, non sarebbe un vero comprensorio “sci ai piedi”: il Vallone delle Cime Bianche non è sciabile e i tempi sugli impianti renderebbero poco attraente l’itinerario per gli sciatori in arrivo da Zermatt e Cervinia.
# «In città le metropolitane, in montagna le funivie»
Credits: Mattern Horn Race
Oltre lo sci, la visione è quella di un turismo alpino destagionalizzato. L’estate potrebbe portare nuove opportunità, anche se il collegamento Gressoney/Ayas rimane incompleto e legato a sentieri e percorsi per mountain bike come spiega sempre l’associazione. Il sindaco di Alagna, Roberto Veggi, è chiaro: “L’impianto non è pensato solo per lo sci. Vuole collegare più vallate alpine e unire due comprensori già esistenti. In città costruiscono le metropolitane per spostarsi più velocemente, in montagna le funivie.” Si tratterebbe due tratte, per una lunghezza complessiva di 8 km, con ogni cabina in grado di trasportare 26 persone.
# Un impianto removibile, ma la valle rientra in un’area protetta
Maps – Vallone delle Cime Bianche
L’impianto, secondo i promotori, sarebbe removibile e non comporterebbe nuove piste da sci nel vallone, lasciando spazio al freeride. La pensa diversamente l’associazione “Ripartire dalle Cime Bianche” che ha specificato come il Vallone delle Cime Bianche, salvo rare eccezioni per lo scialpinismo, non è l’ideale per il freeride. Inoltre il versante di Courtod è soggetto a valanghe quasi tutto l’anno e la Comba di Aventine presenta ostacoli naturali che rendono difficoltoso lo sci in discesa. A questo si aggiunge il fatto che la valle rientra in un’area protetta che stabilisce che non sia possibile costruirvi nuovi impianti di risalita o piste da sci.
# Tempi e costi per realizzare l’opera
Al netto delle problematiche da affrontare, il dossier deve passare la valutazione della Regione Valle d’Aosta per poi procedere all’avvio degli studi economici e ambientali. Le amministrazioni comunali interessate si sono dichiarate favorevoli, mentre una collaborazione tra Cervino spa e Monterosa spa, a partecipazione pubblica prevalente, potrebbe finanziare un quinto dell’investimento. Ma a quanto ammonterebbe? Si parla di una cifra che oscillerebbe tra gli 80 e i 122 milioni di euro in base alla scelta del tracciato. In caso di di via libera al progetto servirebbe poi un anno per la progettazione definitiva e due estati per completare i lavori di un’opera che trasformerebbe in modo radicale il volto del turismo alpino tra Italia e Svizzera.
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Milano è dotata di due linee completamente automatiche, M4 e M5, che hanno permesso di migliorare la sicurezza grazie all’utilizzo delle porte di banchina che impediscono ai passeggeri e agli oggetti di finire volontariamente o involontariamente in galleria. Ma le due linee non sono le uniche con dei sistemi automatici. C’è infatti una linea che è rimasta «a metà strada».
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M3, la metro rimasta «nel mezzo»
# La linea semiautomatica
Credits romag73 IG – Missori M3
In pochi sanno che la M3 è una linea semiautomatica, ovvero è dotata dei sistemi ATP (Automatic Train Protection) e ATO (Automatic Train Operation) che permettono al macchinista di compiere il minimo lavoro, ovvero autorizzare la partenza e intervenire in caso di emergenza. Questa linea regola automaticamente partenza e arrivi in stazione, velocità e distanza tra i convogli, garantendo quindi un maggiore comfort per i passeggeri in quanto non sono sottoposti alle continue accelerazioni e decelerazioni che si hanno su altre linee come la M2. E allora perché quel “semi”?
# Le porte di banchina
Quelle che le manca sono le porte di banchina. Un passo importante per migliorare la sicurezza delle stazioni delle linee metropolitane è quello di installare le porte di banchina.M3 potrebbe essere la prima delle linee costruite senza questa struttura ad adottarle, in quanto dotata di sistemi che permettono già la fermata automatica dei convogli garantendo in teoria il perfetto allineamento tra le porte del treno e quelle di banchina.
# Un’innovazione realizzabile senza interrompere il servizio
bramsi_du_rails IG – Linea 1 Parigi
Anche se l’installazione delle porte di banchina sulla M3 potrebbe sembrare un’impresa complessa, vista la grande affluenza di passeggeri quotidiani (circa 220.000 ogni giorno), sarebbe possibile realizzarla con un intervento straordinario che non interrompesse i normali orari di esercizio, infatti questa non è una novità assoluta.
Diverse altre metropolitane nel mondo hanno deciso di adottare questo sistema anche su linee già esistenti. Ad esempio, la metropolitana di Parigi ha aggiunto le porte di banchina sulla Linea 1 nel 2011, durante un processo di modernizzazione che ha incluso l’introduzione di treni automatici. Analogamente, la Linea 4 della metropolitana di Madrid ha visto l’installazione delle porte di banchina nel 2007, unendo l’esigenza di aumentare la sicurezza alla necessità di migliorare l’efficienza energetica e la qualità del servizio. In entrambi i casi, le modifiche sono state realizzate senza interrompere il servizio, grazie alla progettazione di interventi mirati che non hanno causato disagi ai passeggeri.
# Un test sulle nuove stazioni?
Tracciato M3 fino a Paullo accantonato
Una grande occasione per portare avanti il progetto potrebbe essere legata all’estensione della M3 verso sud-ovest in direzione Peschiera Borromeo, che dovrebbe vedere partire i cantieri nei prossimi anni. Si potrebbe già immaginare con delle stazioni ammodernate, dotate di porte di banchina e in generale di tecnologia all’avanguardia.
Questo potrebbe permettere ai tecnici di ATM di valutare le performance dei treni di M3, riuscendo a capire come i sistemi attuali si possano relazionare con i nuovi sistemi, per poi essere il centro dell’espansione di questa tecnologia. Un’alternativa potrebbe essere quella di sfruttare l’anello di prova del deposito di Rogoredo nel quale sono presenti due stazioni.
Treno in sosta alla stazione di Sesto 1º Maggio FS della linea M1 della metropolitana di Milano.
Un test era già stato fatto sulla M1 nella stazione di Sesto FS, una delle poche stazioni milanesi dotate di 3 binari. L’obiettivo era creare delle barriere antisuicidio che avrebbero impedito alle persone di accedere direttamente ai binari (con terza rotaia in tensione) della linea.
L’installazione sul binario 1 iniziò nel 2012, seguita da quella sul binario 2, ma nel 2019 venne deciso di rimuovere le barriere da entrambi i binari in quanto riportavano spesso degli allarmi che causavano una frenata di emergenza dei convogli con conseguente ferimento di alcuni passeggeri.
C’è però da sottolineare che la M1 ha dei sistemi autonomi diversi rispetto a quelli di M3. Infatti, i treni attualmente in esercizio sono dotati dei sistemi CBTC/ATO che non permettono nessun automatismo ma solamente una comunicazione precisa tra treno e linea.
# Lavorare anche sulle altre linee
Credits: @robertolusito M2
Successivamente si potrebbe lavorare sulle linee che non hanno automatismi ovvero M1 e M2, garantendo che anch’esse possano dotarsi di queste protezioni, soprattutto per M1 per quanto detto sopra. In questo caso potrebbe essere necessario implementare in precedenza i sistemi di semi-automatismo presenti su M3 in modo da evitare i problemi riscontrati nel tentativo già fatto con M1.
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Basta qualche colonnina di ricarica, qualche isoletta pedonale, un po’ di stazioni di bike sharing a dare ad una città un’impronta green? “Green”, verde in italiano, colore che nella psicologia richiama alla calma, al senso dell’equilibrio e all’armonia, ma che la manipolazione del marketing antropologico ha trasformato in un concetto politico, economico e ben collocato finanziariamente. La domanda che molti milanesi si fanno: la Milano dell’era green è davvero verde? Vediamo sette motivi per cui non lo è.
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I sette motivi per cui la «Milano green» è pura finzione
#1 I grattacieli
Credits Andrea Cherchi – Grattacielo Allianz
Innanzitutto sono di color grigio, poi si erigono alteri ed intimidatori come testimonial architettonici della nuova egemonia nella città. E soprattutto sono fatti di cemento. Tanto cemento.
#2 L’incuria dei giardini
David Diana FB – Erba alta e cespugli
Soffre la mancanza cronica di interventi di dissuasione da tutta la gamma dei comportamenti che allontanano la pacifica convivenza: abbandono di rifiuti alimentari, rifiuti organici dei quattro zampe, oggetti inutilizzati della quotidianità dalle varie dimensioni.
#3 I rumori
pexels-cottonbro- Persona con stereo
Non solo semplicemente quelli del traffico. Ci sono “i bassi” che escono impudici dalle casse bluetooth tranquillamente ascoltate ad alto volume nei giardini (anche di notte) o legate nel seggiolino della bicicletta mentre si pedala. Le conversazioni in vivavoce sugli autobus e ovunque, gli schiamazzi notturni che provengono dai dehor dei locali movida “sapientemente” posizionati sotto i balconi di chi magari deve svegliarsi presto per dare un servizio alla città.
#4 Le piste ciclabili
Credits Roberto Lorenzetti FB – Cordoli ciclabile Corso Buenos Aires
Che controsenso inserirle in ciò che non è “green”. Ebbene si. È evidente che il rapporto costo/benefici di tale opera è allo stato attuale disastroso: aumento dell’inquinamento a causa delle code per i restringimenti delle carreggiate, piste ciclabili deserte perché non siamo in Scandinavia: gli italiani sono nati in macchina e per far cambiare abitudine ad una popolazione ci vogliono decenni con campagne di educazione ad hoc. Le statistiche sono chiare: appena il 6% dei milanesiusa abitualmente la bici per andare a scuola o al lavoro.
Molti sottopassaggi di Milano esalano profluvi maleodoranti fissati da incuria secolare.
#6 Gli imbrattamenti
Lorenzo Zucchi – Degrado
Dei muri di moltissimi condomini, delle saracinesche di negozi e purtroppo anche di molti uffici pubblici che indirettamente veicolano la resa al sano mantenimento della res publica (cosa di tutti).
#7 La paura
Milano come Gotham City?
Declinata in moltissime sfaccettature: di uscire in ore serali, specialmente se donna, di essere borseggiati, di trovare i vetri della propria macchina rotti, di essere spettatori di pestaggi.
Forse di veramente “green” i milanesi hanno il loro contobancario a cui si sottraggono ormai da tempo oltre alle spese comuni, gli importi per le multe, talune di specie molto rare e…se vogliamo dirla tutto fino in fondo, trattare così i propri cittadini non è affatto “green”.
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Anche lo storico quotidiano icona del PCI è nato a Milano. Ripercorriamo in breve le sue prime tappe.
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12 febbraio 1924: viene fondato a Milano il primo quotidiano comunista italiano
credits: IG @1000quadri
12 febbraio 1924. Dopo la fondazione del Partito Comunista italiano e l’invito della Terza Internazionale a realizzare un quotidiano in Italia, Antonio Gramsci fonda l’Unità, il «quotidiano dei lavoratori». In via Settala, a Milano.
Ma perché l’Unità? Così Gramsci motiva la scelta del nome: «L’unità a cui noi facciamo appello non è un richiamo di ordine sentimentale o decorativo, ma strumento idoneo per la lotta del proletariato, e alla base di una concezione politica ben definita».
Dopo il fallito attentato a Mussolini del 31 ottobre 1926 il giornale viene messo al bando, ma prosegue in clandestinità fino al 1942. Nel settembre del 1945 viene organizzata la prima Festa dell’Unità: a Mariano Comense, perché Milano era ancora in rovina. Successivamente la sede dell’Unità venne spostata a Roma.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Credits walkmangeneration IG - Gaber, Iannacci e Fo
Il milanese è una lingua splendida, che spesso non ha nulla a che spartire con l’italiano. Come per queste parole incomprensibili: sei in grado di interpretarle? Mettiti alla prova.
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Le 20 parole più indecifrabili del dialetto: scopri quanto milanese sei
Che cosa significano queste parole in milanese? Prova a rispondere. Le soluzioni le trovi in fondo:
#1 Büsecca
#2 Ciuciamanuber
#3 Sofranèll
#4 Disciules
#5 Bòcul
#6 Gügia
#7 Gras de rost
#8 Narigia
#9 Pecola
#10 Balòss
#11 Barlafüs
#12 Mugnaga
#13 Fambrös
#14 Scarliga merlus
#15 Füfignon
#16 Tripee de maiolega
#17 Gnècch
#18 Magiostra
#19 Berlinghitt
#20 Martur
# Le soluzioni del test
#1 Büsecca è la trippa alla milanese
Trippa
#2 Ciuciamanuber: letteralmente succhiamanubri(o). Nullafacente che finge di non esserlo
#3 Sofranèll è il fiammifero
Credits AlexanderStein-PIXABAY – Fiammifero
#4 Disciules significa sbrigati, svegliati!
#5 Bòcul è l’orecchino
Credits MianShahzadRaza -pixabay – Orecchino
#6 Gügia è l’ago
#7 Gras de rost è una persona non cattiva ma che esagera e diventa antipatico e fastidioso
#8 Narigia è il moccio, il muco nasale
#9 Pecola è un mix di pigrizia, svogliatezza
#10 Balòss è una persona che usa la sua fine intelligenza per ingannare gli altri in modo giocoso
#11 Barlafüs è qualcuno di poco valore, buono a nulla, incompetente
#12 Mugnaga è l’albicocca
Credits Couleur-pixabay – Albicocca
#13 Fambrös è il lampone
#14 Scarliga merlus viene utilizzato per allontanare qualcuno di indesiderato: “vai via”, “allontanati“
#15 Füfignon è un imbroglione
Credits Gam-Ol-pixabay – Imbroglione
#16 Tripee de maiolega è una persona non troppo affidabile
#17 Gnècch significa molle, floscio
#18 Magiostra è la fragola
Credits atlantis0815 -pixabay – Fragola
#19 Berlinghitt significa fronzoli
#20 Martur vuol dire sciocco
# Quanto milanese sei?
Zero risposte: quanti giorni ti fermi?
Da 1 a 3 risposte: sei a Milano per studio o per lavoro?
Da 4 a 10 risposte: milanese di prima generazione
Sopra le 10 risposte: milanese DOC. Ormai merce rara.
Se le attese di giorno stanno diventando snervanti, per chi utilizza i mezzi di superficie, di notte muoversi a Milano rasenta la mission impossible. Solo una linea di bus viaggia 24 ore al giorno, le metro chiudono all’ora di Cenerentola e non tutte le aree della città sono coperte dalle sostitutive notturne. Questo è il quadro della situazione.
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Viaggio al termine della notte: il deserto dei mezzi pubblici di Milano
# Solo la 90/91 viaggia a tutte le ore
Circolare 90
A Milano muoversi di notte con la rete ATM è faticoso, a volte impossibile. L’unico mezzo di trasporto a circolare 24 ore su 24, tutti i giorni, inclusi i festivi, è la circolare filoviaria delle linee 90 e 91.
Il servizio dei tram inizia tra le 4:30 e le 5:00 e si conclude tra l’1:00 e le 2:30 del mattino successivo, mentre gli autobus iniziano il servizio tra le 5:30 e le 6:00 del mattino e terminano tra le 00:30 e l’1:45 di notte. E la metro?
# Tra i mezzi pubblici di Milano, quello che ha la durata di servizio più ridotta è… la metropolitana!
Orari metropolitane
Sembra un paradosso ma tra i mezzi pubblici di Milano la metropolitana è quella che ha il servizio di durata minore. Prima corsa alle 5:30 e ultima alle 00:30, eccetto la M5 che fa partire il primo convoglio alle 5:40 e l’ultimo a mezzanotte. Al di fuori di questi orari entra in funzione la rete di bus sostitutivi. Una rete non completa.
# La rete notturna lascia molte zone scoperte e il Radiobus di quartiere non circola più dopo le 2
Rete notturna ATM 2025
Nelle fasce orarie non coperte entrano in gioco le linee notturne: sono 15 in totale, ma scontano alcuni limiti. Per prima cosa non escono dai confini comunali, poi hanno una cadenza di un mezzo ogni 30 minuti e non c’è la sostitutiva per la M5, l’unica metropolitana a non averne una.
Ambrogio Santo FB - Pensiline orari
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Titolo
Ambrogio Santo FB
Inoltre non coprono tutte le aree della città e il Radiobus di quartiere, un servizio a prenotazione che collega diversi quartieri alle stazioni della metropolitana, funziona solo fino alle 2 di notte. Per chi lavora di notte occorre quindi armarsi di pazienza, aspettare decine di minuti e dover prendere più mezzi e magari arrivare comunque distanti da casa. E se si opta per il taxi?
# La difesa a oltranza dei tassisti e la guerra contro i servizi sostitutivi: unico sconfitto, il cittadino
Credits Andrea Cherchi – Taxi Milano
C’è poi l’opzione taxi, sempre servizio pubblico pur se non di linea perchè gestito da privati, ma non sempre è utilizzabile. Tra i motivi ci sono il numero di licenzeinadeguato, è in corso l’assegnazione delle prime 450 aggiuntive, e i prezzi elevati soprattutto la notte. I servizi alternativi come Uber, altrove ci sono altri operatori come Bolt e Cabify, sono ostacolati a livello governativo, le versione low cost UberPop è stata ritenuta illegale, e dagli stessi tassisti. Non sono mancati gli scontri fisici tra gli autisti delle auto bianche e quelli dei servizi di NCC.
Il risultato è un’assenza di concorrenza e di offerta, con prezzi troppo alti per un utente medio, che unito alle carenze della rete notturna del trasporto pubblico fanno di Milano una città poco amica di chi la vive di notte.
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Credits caroline_of_milan IG - Via Santa Marta Milano
Ci sono luoghi a Milano che parlano più di altri, con silenzi che pesano quanto la storia che raccontano. Tra questi troviamo il cuore più antico della città, dove si stanno colmando vuoti lasciati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e dai danni prodotti dal progresso. Ecco il progetto di rinascita per questo luogo simbolo della devastazione e cosa si sarebbe potuto costruire in alternativa.
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Il palazzo squarciato nel cuore di Milano sta rinascendo: cosa sta sorgendo al suo posto?
# La ferita aperta delle 5 Vie: tra memoria e rinascita
Credits caroline_of_milan IG – Via Santa Marta Milano
C’è un angolo di Milano dove il tempo sembra essersi arreso. È il cuore delle 5 vie, il quartiere più antico della città, dove le cicatrici della Seconda Guerra Mondiale sono ancora visibili, crude e impietose. All’incrocio che disegna una stella tra via Santa Marta, Santa Maria Podone, Santa Maria Fulcorina, via del Bocchetto e via del Bollo, resiste un palazzo sventrato dai bombardamenti e, accanto, una voragine che racconta la storia di un altro edificio cancellato dalle bombe.
Chi passa di qui, milanese o turista che sia, tende a distogliere lo sguardo, come se quel vuoto fosse troppo pesante da sostenere. Ma questa scena, che da decenni fa da sfondo alla memoria della città, sta cambiando volto poco alla volta.
# Un nuovo capitolo: il progetto di Arassociati con nuovo edificio di 5 piani
Progetto via Santa Marta – Ara Associati
Dopo anni di silenzio e abbandono, la trasformazione è in atto. Il gruppo FCMA ha affidato allo studio di architettura Arassociati la rinascita di questo luogo carico di storia. Al posto della voragine sta sorgendo un edificio di cinque piani su un lotto di 247 mq per un totale di 1.500 mq. Al piano terra è previsto un locale commerciale di 118 mq, mentre i piani superiori sono destinati ad un totale di 10 unità immobiliari, suddivisi tra appartamenti di medie e di grandi dimensioni.
Planimetria intervento Arassociati
Il progetto è stato pensato per integrarsi armoniosamente con l’ambiente circostante: facciate che alternano intonaci chiari a elementi in pietra, scuri ad anta in legno a tutta altezza e un rispetto rigoroso delle altezze originali degli edifici preesistenti. In generale viene mantenuto l’ordine e la partitura tipica dei pieni e vuoti con alcune variazioni possibili in modo da testimoniare la contemporaneità dell’edificio. Per rispettare la tradizione milanese sono stati scelti materiali con colori pacati e toni neutri.
Maps – Santa Marta cantiere settembre 2024
Il cantiere, avviato nella seconda metà del 2022, ha già visto la messa in sicurezza della parete cieca del palazzo di via del Bollo 7. Nell’immagine si vede la situazione alla fine del 2024. La consegna dell’edificio è prevista per gli ultimi mesi del 2025.
# L’altro edificio da ricostruire all’angolo opposto di via del Bollo
Arassociati – Via Zecchia Vecchia 2
C’è poi un secondo edificio da ricostruire, all’angolo opposto di via del Bollo, quello di via Zecca Vecchia 2 che si affaccia in posizione privilegiata su piazza San Sepolcro. Anche in questo caso era rimasto un vuoto desolante, sia per far passare anche da qui l’arteria a scorrimento veloce parzialmente realizzata in centro città, la Racchetta, che per i bombardamenti. Il lotto è sempre di 247 mq e si prevede un edificio di tre piani con giardino di 117 mq, un piano terra commerciale di 125 mq e parcheggi automatizzati.
Maps – Via bollo-via zecca settembre 2024
Il progetto è curato sempre dallo studio di architettura Arassociati con stile e materiali identici all’edificio in costruzione in via Santa Marta. Il cantiere è in una fase, nell’immagine si può vedere la situazione di settembre 2024.
# Un’occasione mancata? Si sarebbe potuto trasformare il luogo in un museo della memoria a cielo aperto
GedachtnisKirche, Berlino
Con l’inizio dei lavori, ogni ipotesi alternativa è ormai sfumata. Eppure, in passato, non erano mancate proposte per trasformare questo luogo in un museo della memoria a cielo aperto, preservando le rovine come monito perpetuo degli orrori della guerra.
Un esempio emblematico arriva da Berlino: la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, chiesa parzialmente distrutta durante i bombardamenti, fu salvata dalla demolizione e trasformata in un simbolo della memoria collettiva. Le rovine sono state integrate in un complesso architettonico moderno, diventando un punto di riferimento storico e culturale per la città. Milano avrebbe potuto seguire lo stesso percorso, mantenendo viva la memoria delle ferite della guerra proprio nel cuore pulsante delle sue strade più antiche.
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L’anima della città sovrasta la piazza dalla più alta guglia. Non tutti conoscono però la sua storia.
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Oh mia Bela Madunina: la storia che solo pochi sanno della «Regina di Milano»
# Lo stratagemma contro la paura dei fulmini
Credits: @andreacherchi_foto Madonnina
Con un’altezza di 4,16 metri, in rame dorato, realizzata da Giuseppe Perego, la statua che rappresenta la Madonna Assunta, ricopre un ruolo culturale e religioso molto importante. Rappresentata con le braccia aperte in segno di invocazione, a protezione della città, la Madonnina ha una storia molto antica.
Siamo infatti nel 1300 quando i Visconti, una delle più antiche e nobili famiglie d’Italia, espressero il desiderio che la nuova Cattedrale del loro regno venisse consacrata alla Vergine Maria. Trascorsero però più di due secoli prima che qualcuno ipotizzasse di realizzare la scultura che la rappresentasse.
Il suo completamento avvenne senza grandi cerimonie, anzi, si racconta che la collocazione della statua sulla guglia più alta, destò moltissime preoccupazioni, soprattutto in uno dei più famosi esponenti della cultura italiana dell’epoca, Pietro Verri, il quale temeva che, a causa del peso, la statua potesse far crollare la chiesa e che attirasse fulmini, essendo la stessa di rame. In realtà non tutti sanno che l’alabarda che tiene in mano è un vero e proprio parafulmine, perfettamente funzionante e atto a proteggere la città in caso di maltempo.
# Durante le Cinque Giornate di Milano “guidò” i milanesi
La Madonnina non è soltanto un importante simbolo religioso, ma anche un grande segno civico, a partire da quando, durante le Cinque Giornate di Milano, venne alzato il tricolore sulla statua per segnalare l’evacuazione della città dalle truppe austriache. Quella vista rincuorò l’intera città, risvegliando l’orgoglio dei combattenti e portandoli alla vittoria. Ancora oggi, in occasione di particolari eventi religiosi e civili, sull’alabarda posta a destra della Madonnina, sventola la bandiera italiana.
# Ricoperta di stracci durante la Guerra
Credits: @passeggiate_milanesi Madonnina
Durante la Seconda Guerra mondiale, per evitare che la statua diventasse bersaglio per i bombardieri, i milanesi ricoprirono per cinque anni la statua con degli stracci.
# Le 4 Madonnine
La Madonnina mignon (Pirellone)
Secondo la tradizione, nessuna costruzione avrebbe potuto superare, in altezza, la Madonnina. Edifici come la Torre Velasca, non superano infatti quelle misure. Quando però venne completato il Pirellone, allora sul tetto dell’edificio, a 127 metri, venne posta una copia della statua rimasta lì fino al 2010, per rispettare la tradizione. In suo onore venne scritta la famosa canzone “Oh mia bela Madunina”, ad opera di Giovanni D’anzi, canzone divenuta poi, col tempo, anche simbolo della città meneghina.
La tradizione di posizionare una Madonnina in cima agli edifici che superino in altezza il Duomo si è mantenuta negli anni. Oggi sono addirittura quattro le Madonnine che vegliano nel cielo di Milano.
Vicino ad uno degli incroci più significativi della città c’è una piazzetta molto amata dai giovani di Milano. Punto di ritrovo nelle serate estive e primaverili, è un luogo dalla lunga storia, nonché particolarmente legato alla famiglia che gliene dà il nome.
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Piazza Borromeo, la piazzetta nel cuore dei giovani di Milano
# Sulla piazza troneggia una delle chiese più antiche di Milano
Credits: @karola_jakubiak0_0 Chiesa di Santa Maria Podone
Nei pressi delle “Cinque vie” e vicino a piazzale Cordusio, tra una delle chiese più antiche di Milano e un palazzo medievale, si apre Piazza Borromeo. Prende il nome dalla storica famiglia del centro-nord Italia che, nel suo periodo di splendore, era proprietaria della maggior parte degli edifici nella zona nonché di quelli che creavano lo spiazzo centrale.
La piazza è dominata dalla Chiesa di Santa Maria Podone, uno degli edifici religiosi più antichi della città, risalente al nono secolo dopo Cristo. Più precisamente la chiesa è stata costruita nel 879 su un terreno donato da un certo Vuerolfo Podone, da qui il nome, ma nel corso dei secoli subì numerose modifiche. Da parte di chi? Naturalmente dalla famiglia Borromeo. Fu infatti Vitaliano Borromeo il primo a commissionare alcuni rimaneggiamenti durante il XIV secolo, Carlo Borromeo fece poi aggiungere il campanile, ancora visibile, e Fabio Mangone richiese ulteriori modifiche nel 1626. La chiesa oggi è proprietà della Chiesa Greca Ortodossa di Milano, ma nel Medioevo era considerata dai Borromeo la loro cappella, tanto che sulla facciata, sopra il grande finestrone, c’è lo stemma della famiglia.
# La famiglia Borromeo e il suo palazzo
Credits: @MarcoTrovò Flickr Palazzo Borromeo
Ovunque ti giri all’interno della piazza si nota l’impronta della famiglia che a partire dal XIV secolo scelse Milano come sede dei suoi affari. Altro edificio importante della piazza è Palazzo Borromeo, costruito nel 1300 e ancora oggi esempio perfetto dell’architettura dell’epoca. Un tempo la piazza era completamente circondata da edifici di proprietà della famosa famiglia, ma durante la Seconda Guerra mondiale la maggior parte di questi venne distrutta. Lo stesso Palazzo Borromeo ai tempi era enorme, mentre oggi ne rimane solo una piccola parte ricostruita nel dopoguerra.
Piazza Borromeo è quindi un luogo ricco di storia e testimone delle vicende di Milano da prima dell’anno mille. Ed è proprio questa storicità che si incontra con la voglia di vivere dei tanti giovani che trascorrono proprio in questa piazza la maggior parte delle loro serate. Ma perché la piazza è così popolare tra i giovani?
# Tavolini sul piazzale, cocktail d’asporto e serate estive
Credits: @aperitivi_urbani Piazza Borromeo, Milano
Sarà l’atmosfera vivace dei tavolini sul piazzale, dei cocktail d’asporto bevuti sul muretto e delle sere primaverili o estive, tra una chiacchera e l’altra, a rendere Piazza Borromeo così popolare tra i giovani. Affacciati alla piazza ci sono due bar per eccellenza il Flow Milano e il B Restaurant, l’uno con un salotto in stile inglese e l’altro tra raffinatezza e eleganza, entrambi accolgono i giovani milanesi.
Piazza Borromeo in realtà è però per tutte l’età. C’è chi va nei suoi locali per una cena, chi per sgranocchiare patatine, taralli e finger food in un aperitivo post lavoro e chi invece esce la sera tardi per bersi una birra, un bicchiere di vino o altro. Sempre in zona ci sono poi il B Cafè, in via S. Maurilio, e il Flowine, locale direttamente collegato al Flow Milano. A 10 minuti a piedi dalla piazza poi si trovano alcune delle discoteche più frequentate di Milano, come ad esempio il Volt in via Molino delle Armi.
Il suo clima piacevole che si crea soprattutto nei mesi più caldi ha reso la piazza un punto di riferimento per le serate di Milano.
C’era una volta un grande lago che bagnava Milano. Nella zona est- sud est, corrispondente all’area del lodigiano.
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I misteri di Gerundo, il lago che bagnava Milano
# Il lago con il terribile mostro (che ha ispirato il simbolo di Milano)
Milano non aveva il mare. Ma un lago sì. Un grosso lago, chiamato Gerundo: si diceva che ospitasse anche un terribile mostro, il drago Tarantasio. Secondo la leggenda, questo mostro avrebbe ispirato il simbolo di Milano, il biscione che tiene in bocca un bambino. Ma si tratta di storia o di leggenda?
# Le prove della sua esistenza: resti di palafitte, piroghe e scheletro di un mini balenottero nelle campagne
Il nome Gerundo deriva probabilmente da géra, la “ghiaia” (oppure gérola), letteralmente “sasso”. Ci sono diverse prove dell’esistenza di questo grande lago. Ad esempio, ci sono nella zona resti di palafitte e si è ritrovato anche uno scheletro di una specie di balenottero nelle campagne tra Milano, Pavia e Cremona. Questi resti si possono riscontrare, ad esempio, nella chiesa di San Cristoforo, nel lodigiano, e nella chiesa di San Bassiano, a Pizzighettone. Così come sono state ritrovate, nella stessa area, 11 piroghe, datate tra il 400 ed il 750 dopo Cristo.
Anche la toponomastica deriva ancora dal vecchio lago, come indicano i paesi Gera d’Adda, Gerola, Girola o la cascina Taranta. La prova definitiva è quella dei geologi che indicano con certezza l’esistenza, appena fuori di Milano, di un lago preistorico, paludoso, malsano, ricco di ghiaia, il cui sottosuolo emanava metano e idrogeno solforato. Un luogo che doveva essere infernale. Tanto da sembrare il luogo perfetto per un terribile mostro.
# Il lago del drago Tarantasio
Mentre sull’esistenza del lago sembrano non esserci più dubbi, per il suo elemento più iconico è più difficile capire dove passi il confine tra storia e leggenda. Stiamo parlando di Tarantasio, il drago-dinosauro che divorava uomini e bambini, dall’alito asfissiante – come le esalazioni di metano -, al quale venivano offerti sacrifici umani.
Il drago se la prese anche con il figlio del fondatore della dinastia dei Visconti il quale con un colpo di spada strappò il suo erede dalle fauci del mostro, uccidendo la grossa bestia.
Per eliminare ogni rischio, Visconti fece prosciugare il lago di Gerundo e bonificare la palude. Lasciando a memoria dell’impresa, un’immagine scolpita sulla pietra.
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Il prolungamento più importante tra quelli previsti per la metropolitana di Milano: la prima in Italia ad arrivare in un’altra provincia. Nell’attesa di recuperare tutte le risorse per coprire gli extracosti, è stato definito il cronoprogramma. Ecco quando è prevista la prima corsa.
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Metro M5 da Milano a Monza: c’è la data! Quando ci sarà la prima corsa
# Aggiornato il cronoprogramma su richiesta del Comune di Milano
Credits: Andrea Cherchi – Regione Lombardia
Forse ci siamo. Regione Lombardia, come riportato da Milano Today, ha approvato una delibera di Giunta per aggiornare il cronoprogramma relativo alla realizzazione del prolungamento di M5 verso Monza. L’atto si è reso necessario a seguito della richiesta da parte del Comune di Milano, in qualità di ente attuatore dell’opera, di posticipare di due anni, al 31 dicembre 2026, l’obbligazione giuridicamente vincolante. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno in quanto Palazzo Marino aveva già anticipato questa decisione, avvallata dal Ministero delle Infrastrutture, giustificata dall’assenza di adeguata copertura finanziaria. Copertura che però ancora non c’è. Vediamo perchè e quanto denaro servirebbe.
# Il conto degli extracosti potrebbe salire a oltre mezzo miliardo di euro: queste le cause
Credits hoigole IG – Palazzo Marino
Le prime stime fatte dal Comune di Milano parlavano di circa 400 milioni di euro, per un’infrastruttura che era stata finanziata integralmente con 1,296 miliardi di euro. La cifra potrebbe in realtà essere più alta, come spiegato dall’Assessore regionale alle Infrastrutture e Opere pubbliche, Claudia Maria Terzi, e superare i 500 milioni di euro. Ancora non si ha certezza sull’ammontare e per l’associazione HQ Monza, da anni impegnata nel sostenere la realizzazione del progetto, è colpa di Palazzo Marino che non ha presentato i documenti atti a motivare l’esborso aggiuntivo. In realtà anche il governo aveva fatto tale richiesta. Il problema va ricercato nel fatto che il Comune di Monza ha inviato la documentazione conclusiva della progettazione solo alcuni giorni fa, a seguire gli altri comuni.
Tra le cause degli extra costi troviamo infatti, oltre all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, anche la progettazione definitiva delle fermate, in alcuni casi cambiate rispetto ai disegni del 2017, e l’adeguamento delle tecnologie. Pertanto senza queste informazioni non è possibile avere un conteggio preciso. Al momento nell’ultima legge di Bilancio sono stati promessi 300 milioni di euro, spalmati dal 2027 al 2036, un altro centinaio potrebbero arrivare dal Pirellone.
Ma rivediamo il tracciato.
# La prima metropolitana a collegare due capoluoghi di provincia
Credits ascuoladiopencoesione.it – Tracciato M5
Il progetto di estensione della linea M5 prevede un raddoppio del tracciato attuale da Bignami al Polo Istituzionale di Monza: 11 fermate e 13 chilometri. Si tratta della prima metropolitana a collegare due capoluoghi di provincia, con 4 fermate nel Comune di Cinisello Balsamo compresa quella di interscambio prevista a Bettola con M1, e altre 7 a Monza con stop tra le altre alla stazione principale, in piazza Trento Trieste, al Parco della Villa Reale e all’Ospedale San Gerardo. Nel capoluogo brianzolo è contemplato anche il deposito, la linea M5 è l’unica al momento a non averne uno, su 20 ettari dell’area agricola del Casignolo. La frequenza dovrebbe essere di una corsa ogni 3 minuti nelle ore di punta, in 6 minuti negli altri orari, la distanza tra i due capoluoghi, Polo Istituzionale di Monza e San Siro Stadio, di circa 50 minuti.
# Ufficiale lo slittamento: prima corsa nel dicembre del 2033
credit: discoradio.it
La procedura degli espropri sta andando avanti dal 2023, mentre MM sta lavorando per completare il progetto dopo avere ricevuto le ultime documentazioni da parte dei comuni interessati dal tracciato e procedere nella realizzazione del bando di gara. In base all’aggiornamento del cronoprogramma quest’ultimo dovrebbe essere pubblicato tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, per poi dare avvio ai lavori nel settembre del 2027. Sono previsti 7 anni di cantieri, con termine a marzo 2023 e prima corsa nel dicembre 2033.
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Tra le tante vie di Milano ce ne sono alcune che rimandano a un’antica epoca di Milano. Troviamo ad esempio le vie dei Mestieri, in prevalenza circoscritte nel nucleo storico, che ricordano la vita economica della città. Nello specifico rimandano all’età comunale e del Ducato di Milano quando erano le corporazioni di arti e mestieri a spadroneggiare in città. Foto cover: UrbanFile
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Le 10 «vie dei mestieri» di Milano
#1 Via Armorari
Credits jeeldamilano IG – Via Armorari
Iniziamo da via Armorari, sul retro di piazza Cordusio, oggi conosciuta soprattutto per il mercatino domenicale per i collezionisti di numismatica e filatelia. Letteralmente è la via degli armaioli: qui un tempo erano presenti botteghe e officine che costruivano e vendevano armi. Pochi sanno che nel Rinascimento Milano era una delle capitali mondiali di armi.
Credits marcelloantoninomarianegri IG – Via Spadari
Pochi passi e si rimane nello stesso tema. Spostandoci verso sud troviamo via Spadari, il cui nome prende a riferimento le botteghe che realizzavano e commerciavano le armi bianche. Tra queste c’erano spade e corazze per tutta la corte prima viscontea e poi sforzesca.
#3 Via Orefici
Credits Andrea Cherchi – Via Orefici
Pochi metri più avanti c’è una delle vie che collega piazza del Duomo con piazza Cordusio: via Orefici. Oggi è nota per i suoi edifici ottocenteschi e per negozi di lusso, uffici e ristoranti raffinati. Anche nei tempi antichi era una strada pregiata, dove si concentravano laboratori e negozi di oreficeria.
Via Speronari, la breve e stretta strada che unisce via Torino con via Mazzini, deve il suo nome alle piccole botteghe che costruivano e vendevano bardature e finimenti per cavalli, elmi e altri componenti simili durante il periodo del Rinascimento. Per riportare la stradina agli antichi fasti il celebre blog UrbanFile ha proposto di sostituire l’asfalto con un pavé pedonale (vedi immagine).
#5 Via Cappellari
Credits alessandro.barra.988 IG – Via Cappellari
Via Cappellari si trova proprio nell’incrocio in cui sbuca via Speronari e il suo nome è legato alla presenza di artigiani produttori di cappelli e berretti. Un tempo infatti si chiamava via dei Berrettari.
#6 Via Mercanti
Credits Andrea Cherchi – Via Mercanti
Via Mercanti è il risultato della trasformazione dell’originaria piazza Mercanti, che oggi è circoscritta oltre la loggia, in una via di circa 200 metri che unisce piazza del Duomo al Cordusio. Come dice il nome, questo era fino al XIX secolo il luogo di scambi e anche dove si teneva la Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!, dalla tipica esclamazione dello stupore delle persone verso quello che veniva presentato sui banchi di vendita.
#7 Via Pattari
Credits katochin.travel IG – Via Pattari
Via Pattari, e l’omonima piazza collegata, ricorda invece uno dei mestieri più umili: lo straccivendolo e venditore di cianfrusaglie. Il termine pattari era infatti usato in modo dispregiativo, si usava per indicare “gli ultimi” a causa della loro situazione di povertà e dell’aspetto dismesso.
#8 Via Bergamini
Credits claremoletto IG – Via Bergamini
Arrivando da via Larga, all’altezza di piazza Fontana, c’è una via che sbuca direttamente di fronte all’Università Statale: via Bergamini. Non propriamente riconducibile alle vie dei mestieri, il nome infatti può non dire molto a una prima lettura, ricorda il luogo in cui un tempo provenivano i venditori di formaggi quasi tutti delle valli bergamasche.
#9 Piazza degli Affari
credits: pepperjess_ – Piazza Affari
Per non essendo riconducibile alle vie dei mestieri, piazza Affari identifica uno dei settori più importanti della vita economica della città. Qui è stata istituita il 16 gennaio 1808 la Borsa di Milano, la sede del mercato finanziario nazionale. La piazza ospita la celebre installazione di Cattelan: “L.O.V.E.”, più nota come “Il Dito“.
#10 Via Moneta
Credits rmontoli IG – Via Moneta
A pochi metri da Piazza Affari troviamo invece via Moneta che si collega alla presenza dell’antica zecca romana, e che insieme a via Zecca Vecchia era il luogo dove veniva coniata la moneta in epoca imperiale romana.
Una delle piazze più note e frequentate di Milano: crocevia tra Cadorna e Pagano da una parte e tra via Venti Settembre e piazzale Baracca dall’altra. Ospita anche una fermata della M1. Ma cosa concilia? Per scoprirlo facciamo qualche passo indietro.
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11 febbraio 1929: la firma del trattato che ha dato il nome a questa celebre piazza di Milano
Nella zona compresa tra piazzale Baracca e piazza Conciliazione un tempo insisteva la cinta dei bastioni spagnoli di porta Vercellina, poi Magenta (in onore della storica battaglia).
La presenza dei caselli daziari e della porta segnava il confine tra Milano e il Comune dei Corpi Santi: dalla città (lungo il borgo delle Grazie, oggi corso Magenta) si usciva imboccando lo stradone postale per Novara (oggi corso Vercelli). E facendo il percorso inverso, le merci qui pagavano il dazio d’entrata.
# Anni Trenta: nasce piazza Conciliazione
Gli ampi spazi che si aprirono con la trasformazione urbanistica di Milano divennero presto il palcoscenico di una nuova élite borghese. Sorse qui la raffinata via XX settembre, omaggio alla storica “breccia” di Porta Pia del 1870, cuore pulsante di un quartiere che il Piano Regolatore Beruto – definitivamente approvato nel 1889 – aveva immaginato per una Milano moderna e ambiziosa. Lotti studiati per ospitare le ville di industriali e commercianti, simbolo di un’alta borghesia in ascesa, pronta a ridisegnare il volto della città.
Nel fermento urbanistico del periodo, lo slargo di Porta Magenta si trasformò negli anni Trenta in piazzale Francesco Baracca, tributo all’aviatore eroe della Grande Guerra. Poco distante, il nodo viario da cui si diparte via XX Settembre trovò anch’esso una nuova identità e un nuovo nome: piazza Conciliazione.
# Perché si chiama Conciliazione?
Il toponimo della piazza è un tributo all’accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede, siglato l’11 febbraio 1929 con i Patti Lateranensi. Un’intesa che poneva fine alla lunga “questione romana”, aperta con la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 e il conseguente attrito tra il neonato Regno d’Italia e il Papato.
In tempi più recenti, il cuore della piazza – di fatto una grande rotatoria stradale – ha accolto un’opera simbolica di forte impatto: il Gesto per la libertà di Carlo Ramous (1926-2003). Inizialmente esposta nel 1974 in piazzetta Reale, la scultura è stata poi collocata qui, come segno tangibile di un’idea di libertà che attraversa epoche e mutamenti urbani.
Credits milano sparita e da ricordare FB - Via Broletto anni '20 e oggi
Nel corso dei decenni e dei secoli sono state molte le trasformazioni urbanistiche che hanno avuto luogo in città, ma alcune strade sono rimaste ancora come un tempo. Come queste dieci.
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10 strade famose di Milano rimaste uguali a come erano una volta: le immagini di ieri e di oggi
#1 Via Brera
Credits Milano sparita a da ricordare Fb – Via Brera
Nella foto via Brera negli anni ’50. La differenza con oggi è che il transito dei veicoli a motore è vietato, eccetto autorizzati.
#2 Via Borgonuovo
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Via Borgonuovo
In Brera un’altra via che non ha cambiato aspetto è via Borgonuovo.
#3 Via Broletto in Cordusio
Credits milano sparita e da ricordare FB – Via Broletto anni ’20 e oggi
Nei pressi di piazza Cordusio troviamo via Broletto che ha mantenuto ancora oggi i binari tranviari e il pavé, mentre alcuni edifici hanno cambiato sembianze.
#4 Via Manzoni
Credits stagniweb – Via Manzoni-piazz della Scala
A pochi passi dal Duomo troviamo nell’immagine via Manzoni e piazza della Scala con il pavé, i tram e gli edifici identici a come si vedono ora.
#5 Piazza San Sepolcro nel cuore antico della città
Milano Sparita – Piazza San Sepolcro
Piazza San Sepolcro, nel cuore più antico della città, e le vie laterali dell’Ambrosiana e del Cardinal Federico non sono sostanzialmente cambiate. L’unica modifica degna di nota è lo spostamento della statua di Federico Borromeo all’interno della cancellata che delimita la chiesa.
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Vicolo Lavandai
Lungo il Naviglio Grande una piccola strada che è rimasta immutata nel corso del tempo è Vicolo dei Lavandai, dove le donne lavavano i panni.
#7 Incrocio tra viale Gorizia e via Vigevano
Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Incrocio via Vigevano
Sul lato sinistra della Darsena l’incrocio tra via Vigevano e viale Gorizia non è molto diverso da come appare oggi. L’edificio al centro dell’immagine è quello che si può vedere ricoperto da un murales passandoci ai giorni nostri.
#8 Via Conte Rosso in Lambrate
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Luca Sassi – Via Conte Rosso
In zona Lambrate si può trovare via Conte Rosso, rimasta identica a come era un tempo e ben conservata.
#9 Via Pusiano in zona Cimiano
Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Via Pusiano ieri e oggi
In zona Cimiano la via Pusiano è rimasta pressoché identica al passato, salvo gli edifici sulla destra, comprese le auto in divieto di sosta.
#10 Via degli Imbriani al Derganino
Credits Milano Sparita – Via degli Imbriani
Nella periferia nord della città, nel quartiere di Derganino, c’è via degli Imbriani che non è cambiata dagli inizi del ‘900.
Riccardo Mastrapasqua FB - Scale mobili fuori servizio
Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso alle fermate del mezzi pubblici in superficie: che cosa sta succedendo ad ATM? Dopo il taglio delle corse arranca anche la manutenzione.
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Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso: ATM ha tagliato anche la manutenzione?
# Scale mobili e ascensori fuori uso da troppo tempo
Riccardo Mastrapasqua FB – Scale mobili fuori servizio
Campanello d’allarme per i milanesi: ATM ha perso la sua efficienza secolare? Negli ultimi mesi aumentano le segnalazioni di malfunzionamenti di scale mobili e ascensori che si aggiungono ai guasti alle linee metropolitane più frequenti che in passato, complice anche la neonata M4 che ha bisogno di un po’ di rodaggio. Quello che più preoccupa è però la lentezza con cui i problemi vengono risolti.Nell’immagine in alto, scattata da Riccardo Mastrapasqua, vediamo la situazione alla fermata della stazione Ca’ Granda della M5 dove un impianto di scale mobili è fermo ormai da 4 mesi.
Nel cartello, dove è scritto che è in corso la verifica della causa del problema, gli utenti hanno riportato il proprio disappunto senza troppi giri di parole. ATM spiega in un altro cartello che è in attesa dei pezzi di ricambio e che la scala dovrebbe essere ripristinata entro la fine di febbraio. Non sfugge però un particolare increscioso: il cartello ne sostituisce una altro in cui la data di fine cantiere era indicata il 31 gennaio.
Anche sulla linea M3, tra Maciachini e Comasina, come segnalato dall’ex consigliere comunale Gabriele Luigi Abbiati, scale mobili e ascensori non funzionano. In sintesi: la manutenzione scarseggia, i tempi si dilatano per ripristinare gli impianti e spesso la fine lavori viene ulteriormente posticipata, come successo anche per i nuovi ascensori previsti sulla linea M3 in vista delle Olimpiadi. Ma se le cose sottoterra sono avvolte nelle tenebre, anche in superficie si brancola nel buio.
# In superficie le cose non vanno meglio
Credits mezzi_di_milano IG – Bus Atm
Salendo in superficie le cose non migliorano. Nell’ultimo periodo, sempre come segnalato da Gabriele Luigi Abbiati, le pensiline della linea 70 sono spente. Ancora Riccardo Mastrapasqua segnala la condizione disastrosa degli Eurotram in servizio sulla linea 15, con perdite d’acqua, aria condizionata fuori uso e, in alcuni casi, addirittura principi di incendio.
Rimane poi un miraggio l’asservimento semaforico per velocizzare la rete, che aumenterebbe la frequenza delle corse a parità del numero di autisti, di cui si iniziò a parlare negli anni ’90. Stupisce poi come, dopo due anni dall’arrivo del nuovo tram bidirezionale, il Tramlink di Stadtler stia continuando a fare le prove sui binari senza essere stato ancora messo in servizio. I sospetti di riduzione di budget dedicato alla rimessa in sesto sono alimentati dalla strategia in atto sulle corse. Dove si sta tagliando più che si può.
# Il taglio drastico alle corse: 90 linee su 130
Ritardi bus
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Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Silvia Manzo FB
Alla scarsa manutenzione si aggiunge il calo del servizio con la progressiva riduzione della frequenza di bus e tram: i tagli hanno colpito a Milano 90 linee su 130, a partire dal novembre 2023. Il motivo principale di questa scelta sembra la carenza di autisti, che se ne stanno alla larga da Milano per l’alto costo della vita, insieme alla carenza di risorse economiche. Che poi è la stessa causa del primo punto. Alla fine dello scorso è arrivata anche la notizia dell’affidamento del servizio di una linea urbana a una società privata, mai successo prima.
Il risultato di tutto questo? I milanesi aspettano anche fino a 45 minuti prima del passaggio del bus o del tram. Il ritorno alla normalità viene annunciato entro la prima parte del 2025, ma sembra che i problemi di ATM siano ancora più grossi di quelli che si poteva immaginare. Nel 2026 è prevista la gara europea o l’affidamento in house, tra le ipotesi una fusione tra ATM e FNM, per la gestione del trasporto pubblico di Milano e Monza Brianza: potrebbe essere una mossa chiave per recuperare l’efficienza perduta?
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Berlino chiama, Milano risponde. Berlino Magazine ha fatto una ricerca tra i berlinesi per capire perché amino la loro città. Qui i risultati. Prendiamo la palla al balzo e facciamo lo stesso. Per capire quali siano i motivi che fanno battere forte il cuore quando si pensa a Milano, lo abbiamo chiesto ai milanesi.
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7 buoni motivi per amare Milano (secondo i milanesi)
Credits: finedininglovers.it
#1 Milano è la città che accoglie tutti
Il suo tratto distintivo. Chiunque arriva può diventare milanese come tutti gli altri. A Milano non importa da dove vieni, importa solo che cosa fai e qual è il tuo grande sogno. Lo spiega Antonietta Pecora: «Perché mi ha adottato 52 anni fa e che se ne dica per me Milano altro che fredda e quella che accoglie tutti (Salerno ti amo è ti amerò anche oltre a Milano riconoscenza sempre e anche oltre)»
#2 Milano funziona
In un Paese dove spesso anche le cose più elementari faticano a funzionare, Milano pretende l’efficienza. Intesa come ottenere il massimo risultato senza sprechi. Non sempre ci riesce, ma (quasi) sempre prova a farcela comunque.
#3 Milano è unica
C’è chi ha detto che Milano non è una città bella ma è ricca di cose belle. In questo è unica. E come tutte le cose uniche o la ami o la molli.
#4 A Milano c’è sempre da fare
Appena arrivi ti inonda con la sua energia. A Milano è impossibile stare fermi. Ci si trova come in un torrente in piena dove basta seguire la corrente per ritrovarsi a fare un milione di cose.
#5 Milano è elegante
In un mondo che tende sempre più a gridare e a fare casino, Milano resta compatta nel suo stile e nella sua raffinatezza. Anche quando critica, Milano lo fa senza mai andare oltre le righe.
#6 A Milano tutto il mondo diventa paese
Una città che ha le caratteristiche della metropoli, ma mantenendo le distanze da paese. Dal centro ai confini ci sono 5 chilometri. Poco più di un’ora a piedi. Non solo: a Milano tutto il mondo è di casa. Come racconta Leonardo Sfragaro: «I cannoli siciliani in Pzza San Babila in un bar con un tizio della provincia di Catania che fa panini con la frittata cipolle e patate strepitose ( cotte sul momento in padella) da paura!!! Altro che Mc Donald, Sushi e cotolette di tacchino… concorrenza sbaragliata!!»
#7 «Perché senza di lei l’Italia sarebbe fallita»
Chiudiamo con la risposta di Stefano Ceriani che racchiude un concetto ripreso da molti. Di Milano piace anche il suo senso di sacrificio, quella sua capacità di farcela contro tutto e contro tutti. E anche il suo sconfinato senso di responsabilità: in una situazione come quella italiana, all’estero sicuramente qualunque città con un simile residuo fiscale (Milano riceve dal Governo l’1% di quello che versa) e con una simile assenza di poteri (in pratica Milano ha la stessa autonomia di Caronno Pertusella) sarebbe già scappata, rivendicando la sua indipendenza. Ma Milano è fatta così, nel bene o nel male. Subisce ma non molla mai.