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Una delle eccellenze che tanti riconoscono ai milanesi è l’arte di fare panini. Non è un caso che Milano sia la città che ha dato origine al fenomeno dei paninari e che, negli anni ’80, è diventata emblema del panino come fast food. Ma dove si trovano i panini più buoni della città? Per scoprirlo abbiamo unito le opinioni dei milanesi con le recensioni sul web. Questi i risultati.
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Dove si mangiano i 10 panini più buoni di Milano
#10 Panini Galiano (zona De Angeli)
Credits spinasaporidipuglia IG – Panino Galiano
Panini Galiano nasce nel 1974, a Milano, quando la famiglia Galiano acquisisce e rilancia una storica paninoteca di Corso Magenta. I proprietari hanno fatto di questo luogo un riferimento in la città per il “panino gourmet”, in via Ravizza 5. Recensioni Google: 4.3/5
Indirizzo: via Ravizza, 5
#9 Il Panino Ignorante Gourmet (zona Naviglio Grande)
Credits massimo_tramontin IG – Il Panino Ignorante Gourmet
Il Panino Ignorante Gourmet è una location imperdibile per gli amanti del panino top di gamma. Una meta scelta anche da molti vip nostrani. Il menu è caratterizzato da panini dai nomi originali, come Alici Nel Panino Delle Meraviglie. Da provare almeno una volta. Via Lodovico Il Moro, 1 Recensioni Google: 4.3/5
#8 Chiosco Bar Isola Verde (zona San Siro)
Credits Chiosco Isola Verde di Mimmo e Anna Fb – Chiosco Isola Verde di Mimmo e Anna
Chiosco Bar Isola Verde è un chioschetto tra piccole aiuole, un minimal fast food grande come un edicola di giornali. Poter scegliere tra una vasta tipologia di panini, tutti buonissimi e ben farciti, fa di questo piccolo locale all’aperto una tappa imprescindibile per chi abbia poco tempo a disposizione per mangiare. Via Novara 1 Piazza Melozzo da Forli Recensioni Google: 4.4/5
#7 Il Chiosco Maradona (zona Bocconi)
Credits chiosco.maradona IG – Chiosco Maradona
Il Chiosco Maradona è un “sandwich shop”. Nasce nel 2006 dalla voglia di trasportare lo spirito della tradizione culinaria campana a Milano. Tra i panini più apprezzati c’è quello con salsiccia e friarielli, dal tipico gusto napoletano. Via Tabacchi, 33. Recensioni Google: 4.4/5
#6 Bar Quadronno (zona Porta Romana)
Credits mikymatei IG – Bar Quadronno
Bar Quadronno è stata la prima paninoteca a tenere aperto fino a tarda notte in città. Fu inventato qui il panino imbottito agli inizi degli anni ’60, con squisitezze gastronomiche e salsine varie e novità incredibili per quegli anni: il panino o la tartina al salmone affumicato, oppure ancora miti e leggende come il panino al prosciutto di scimmia, che in realtà non era altro che un prosciuttino di camoscio. Via Quadronno, 34 Recensioni Google: 4.2/5
#5 Paninoteca al 19 (zona Bocconi)
Credits bez_me IG – Paninoteca al 19
Chi frequenta i Navigli di notte non può non conoscerlo. A pochi passi dal Chiosco Maradona troviamo lo storico baracchino “Paninoteca al 19”, in via Tabacchi affacciato sul Parco della Resistenza. Aperto fino a tardi propone un lungo elenco di panini buoni ed abbondanti. Via Tabacchi, 24-30. Recensioni Google: 4.6/5
#4 Paninoteca Ciaraldi 1978 (zona Buenos Aires)
Credits noxonoxelli IG – Paninoteca 1978
Paninoteca Ciaraldi è una delle istituzioni milanesi in fatto di panini. L’indirizzo di questa paninoteca è in Galleria Buenos Aires 16, ma l’entrata della stessa si trova sulla via Giovanni Masera. Paninoteca classica, lunga lista di panini, un’ottantina circa, tra i salumi più ricercati spiccano il prosciutto di cinghiale o lo speck cotto. Una curiosità riguarda i prezzi: ogni panino ne ha due, uno per il giorno e uno maggiorato per la notte. Galleria Buenos Aires, 16, ingresso da via Masera. Recensioni Google: 4.5/5
#3 Panini De Santis (zona Magenta)
Credits glo_keller IG – De Santis
Panini De Santis è una delle storiche paninoteche di Milano. Si dice che sia l’inventore del panino gourmet. Il locale storico, aperto negli anni ’60, si trova in Corso Magenta: piccolo e accogliente, con lampade Tiffany ai tavoli, foto di celebrità alle pareti e ben 200 panini nel menu. Nel corso degli anni sono stati aperti altri punti vendita a Pavia, Brescia e persino a Roma. Corso Magenta, 9. Recensioni Google: 4.4/5
#2 Chiosco al Politico (Zona Castello)
Credits chioscoalpolitico IG – Chiosco al Politico
A ridosso del numero uno troviamo il Chiosco al Politico, aperto a Milano dal 1991 in piazza Castello. Curato e circondato da tavoli e ombrelloni, con una ventina di coperti, il chiosco ha una gamma quasi infinita di panini, quasi 90, dal classico alla porchetta al crudo, fontina, pomodoro e salsa rosa. Piazza Castello. Recensioni Google: 4.6/5
#1 Porcobrado (Isola)
Ph. @the_real_lele_ IG
A Milano abbiamo una paninoteca da Oscar. Il pluripremiato panino milanese è quello di Porcobrado, locale in zona Isola, nominato addirittura “il panino più buono d’Europa“. Il principale segreto del successo del panino di Porcobrado sono le ore di lavoro: tantissime, ben 100 per la precisione per passare dalla carne cruda al prodotto, tra lavorazione e fasi di riposo. Il panino è farcito con carne, spalla di cinta cortonese, salse e cipolla. La pagnotta è invece realizzata con Grano Verna di Cortona, grano antico toscano, e una miscela di farine 100% toscane, impastate con lievito madre. Via Jacopo dal Verme, 17. Recensioni Google: 4.6/5
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Trent’anni fa ci lasciava Edy Campagnoli, la capostipite delle vallette televisive, uno dei miti del piccolo schermo, entrata nell’immaginario collettivo come il simbolo della valletta discreta, di poche ed essenziali parole.
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Edy Campagnoli, la capostipite delle vallette televisive
# Chiamata in modo ingeneroso la valletta “muta”
Edy Campagnoli
Veniva chiamata, in modo inconsapevolmente ingeneroso, la valletta “muta”, quasi fosse l’esempio plastico della ragazza che aveva capito come una donna doveva comportarsi accanto alla figura maschile, nella fattispecie incarnata da Mike Bongiorno. Oggi, una figura di questo tipo, soprattutto accanto ad un egocentrico come Mike, manderebbe su tutte le furie l’arcipelago “woke”. Allora la Campagnoli rappresentava invece una delle tante dimensioni sociali e simboliche, attraverso le quali la gente adottava il proprio modo di vivere, lasciandosi influenzare dalla Tv.
# L’ingresso nel mondo dello spettacolo al Teatro alla Scala prima del ruolo di valletta a “Lascia o raddoppia?”
Campagnoli
Edy Campagnoli, che ci ha lasciati il 6 febbraio 1995, era nata a Milano, in zona San Siro, il 12 giugno 1934. All’anagrafe faceva Edda, aveva un fratello di sette anni più giovane, la madre era sarta, il padre rappresentante di commercio. La ragazza si diploma alle Magistrali e frequenta il circolo Filologico Milanese. In adolescenza inizia l’attività di indossatrice, che le apre le porte per il teatro: infatti nel 1953, alla Scala, interpreta Venere nella tragedia lirica “La Vestale”, con Maria Callas.
Elda Lanza, scrittrice e conduttrice milanese, volle la Campagnoli al proprio fianco nel programma del piccolo schermo, “Vetrine”. Era il 1955 e Edy viene chiamata come valletta a “Lascia o raddoppia ?”, al fianco di Mike Bongiorno: rinuncia al protagonismo evidenziando grazia ed eleganza, dando l’immagine della giovane figura femminile con atteggiamenti maturi. Verrebbe da dire, timidamente materni. Roba da cintura nera di patriarcato.
# I fotoromanzi, la televisione e il cinema
lachoiavedisophia.com – Buongionro, Campagnoli e Toto sul set del film
Negli anni ’60 partecipò a due varietà televisivi, “Controcanale” e “Tigre contro tigre”. Qualche anno prima aveva debuttato nel mondo dei fotoromanzi per Bolero. Su di lei il gossip trovò vari spunti per sbizzarrirsi, considerando che nel 1956 si fidanza con Lorenzo Buffon, portiere del Milan da sette stagioni e già detentore di due scudetti in maglia rossonera. Si sposarono nel 1958, nella chiesa di San Gottaredo in Corte al Palazzo Reale, con una folla di migliaia di fans, del Milan e della TV. La Campagnoli recitò in cinque film, tra cui “Totò Lascia o Raddoppia?” e “I complessi”, film ad episodi del 1965. Tornò nel mondo della moda e recitò in alcune pubblicità a Carosello. Morì il 6 febbraio di trent’anni fa, dopo aver subito due ictus in tre mesi. Lasciò la figlia Patricia e il secondo marito, Alberto. I funerali si tennero nella chiesa di San Babila.
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Le strade di Milano assomigliano al Far West. I milanesi si sentono sempre meno sicuri soprattutto quando si fa sera. Per non parlare delle auto parcheggiate di notte. E se si adottasse a Milano la stessa soluzione in atto in diversi autogrill e stazioni di servizio sulle autostrade italiane?
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Parcheggi in strada controllati con webcam: Milano più sicura con il sistema delle autostrade?
# Più della metà degli atti vandalici ai vetri delle auto in Italia avvengono a Milano
Nel report presentato nel 2024 da Codacons e Federcarrozzieri, Milano è risultata la città italiana in cui si rompono di più i vetri delle automobili, il 57% sul totale. Per i furti dei mezzi a quattro ruote nel 2023 sono state registrate 6.061 denunce , pari a 188,26 ogni 100.000 abitanti. Anche il direttore di questa testata è stato di recente vittima del furto del volante della Smart acquistata poco tempo prima. Episodi del genere sono frequenti in tutte le zone della città, così come la sottrazioni di qualsiasi altro oggetto rivendibile lasciato sui sedili e nella consolle centrale o ancora atti vandalici come la rottura di finestrini e specchietti. Impossibile immaginare un pattugliamento costante a tutte le ore e in tutte le vie da parte delle forze dell’ordine. Un aiuto per circoscrivere questi fenomeni potrebbe arrivare dalle autostrade. In particolare in alcune stazioni di servizio.
# La soluzione adottata fuori dai Chef Express delle autostrade: webcam per monitorare la propria auto
Foto redazione - Webcam autogrill
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Foto redazione - Autogrill webcam
Foto redazione - Webcam autogrill
In alcuni punti di ristoro posti lungo le autostrade si è scelto di posizionare delle webcam direttamente nell’area destinata ai posteggi auto. Nell’esempio in foto il sistema è quello di Chef Express, uno dei principali attori nel settore della ristorazione autostradale in Italia. Sul limite interno della linea di segnaletica orizzontale che indica la fine del posto auto è presente una fascia colorata, di rosso, riportante il numero della webcam puntata sul parcheggio.
Il funzionamento è semplice. Si scarica l’app di Chef Express, ci si connette alla rete del area di ristoro in cui ci si è fermati per una pausa dal viaggio e infine si seleziona “Webcam park“. In questo modo si può tenere monitorata la propria auto direttamente dallo smartphone e ridurre la preoccupazione per eventuali visite indesiderate.
Un metodo semplice quanto funzionale: in questo modo l’automobilista può verificare in tempo reale la situazione della tua autovettura. Non solo: la presenza di una videocamera potrebbe rappresentare un pericolo per ladri e vandali. Potrebbe essere un sistema da testare anche a Milano, magari partendo dai parcheggi pubblici incustoditi, come quelli alle fermate della metropolitana oppure nei controviali delle grandi vie di scorrimento. Anche perché con il prossimo passaggio a pagamento di tutti i parcheggi sulle strade di Milano, sarebbe utile anche un investimento da parte dell’amministrazione per migliorare la sicurezza dei cittadini.
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Credits Andrea Cherchi - Treno Arlecchino in viaggio
8 febbraio 1899: il primo servizio a trazione elettrica in Italia appare a Milano. Vediamo come sono i cambiati i viaggi in treno tra il capoluogo lombardo e la capitale dall’introduzione della ferrovia in Italia.
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Milano- Roma in treno: come è cambiato dall’8 febbraio 1899, con il primo servizio a trazione elettrica
# Il primato napoletano e il primo treno da Milano a Roma in 14 ore
Credits arbalate-wikipedia – Napoli-Portici
La prima ferrovia italiana fu inaugurata a Napoli il 3 ottobre 1839, sette chilometri fino a Portici, 14 anni dopo la prima ferrovia commerciale sorta in Inghilterra. Uno dei pochi primati nazionali non detenuti da Milano che ha visto viaggiare i primi treni nel 1840 sulla linea Milano-Monza: 12 chilometri di tracciato per collegare le due città. Il primo collegamento diretto giornaliero con Roma fu introdotto invece nel 1880: il diretto “1” con treni a vapore impiegava 14 ore per mettere in connessione le due città.
# L’esperimento del treno elettrico
L’8 febbraio 1899 viene attivato il primo servizio a trazione elettrica, sulla linea Milano-Monza, ma viene abbandonato solo pochi anni dopo nel 1093 a causa di batterie pesanti e poco autonomia. Il vero cambio di passo avviene con l’introduzione della rete elettrica che consente ai treni anche di aumentare la velocità. Le Ferrovie dello Stato iniziarono il primo servizio regolare di treni viaggiatori e merci con trazione elettrica trifase il 1° marzo 1911 sul tronco Pontedecimo-Busalla in Liguria.
# Il treno rapido da Milano a Roma dagli anni ’30 ad oggi
Il settebello sulla Milano Roma
Agli inizi degli anni ’30 il treno rapido più veloce per andare da Milano a Roma ci metteva 9 ore e 40 minuti, a una media di circa 65 chilometri all’ora, mentre il Direttissimo impiegava ben 11 ore e 35 minuti. La durata è scesa sensibilmente nel corso degli anni.
Prima è arrivato il Settebello progettato da Gio Ponti e Giulio Minoletti, prodotto dalla Ernesto Breda di Sesto San Giovanni negli anni ’50, con interni lussuosi e una velocità di punta di 160km/h. Negli anni ’70 fu il turno del Pendolino che nel 1988 viaggiava tra il capoluogo lombardo e la capitale a una velocità di 250 km/h. Solo i TGV francesi con 270 km/h correvano più forte dei treni italiani.
Credits Mood101-pixabay – Frecciarossa in Stazione Centrale Milano
Oggi il primato è in mano italiane, i Frecciarossa e i convogli di Italo arrivano a toccare per lunghi tratti i 300 km/h e da Milano Rogoredo alla Stazione Tiburtina di Roma si arriva in 2 ore e 45 minuti.
Se l’alta velocità in Italia ha fatto passi enormi, anche rispetto al resto dell’Europa, lo stesso non si può dire per i collegamenti internazionali con diverse tratte ancora lente. Da Milano serve ancora troppo tempo per raggiungere le altre città europee. Ecco alcuni esempi di durata del viaggio con i treni più rapidi in circolazione:
per andare a Barcellona ci vogliono circa 13 ore;
per andare a Berlino o Vienna servono circa 11 ore e 30 minuti;
L’Ariston, il celebre teatro che ospita la kermesse, si prepara ad accogliere artisti, giornalisti e appassionati da tutta Italia. Le strade di Sanremo si animano, riempendosi di curiosi e fan in cerca di un’occhiata ai loro beniamini e tra di loro ci sono veri e propri milanesi doc (o quasi). Li passiamo in rassegna concentrandoci più su di loro che sulla canzone in gara.
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Cinque milanesi DOC (e quelli acquisiti) in gara a Sanremo
# Fedez, tanto fumo social… annebbia l’arrosto
Torna sul paco con la canzone Battito che affronta il delicato tema della depressione. Per chi ha ascoltato il brano in anteprima si dice che il pezzo abbia un testo molto potente e, fedele al suo stile, lo canta senza porsi limiti e senza paura. A mio parere stiamo parlando di un artista di talento, ma come personaggio mediatico di successo, a volte sembra cercare eccessivamente l’attenzione dei media. Le sue prese di posizione su temi sociali e politici, sebbene spesso ben intenzionate, possono apparire, per alcuni, superficiali o non pienamente condivise. Inoltre, la sua esposizione costante sui social media, che include aspetti molto privati della sua vita familiare, ha sollevato su alcuni media interrogativi sul confine tra vita pubblica e privata.
# Coma Cose, tra i pochi alieni all’intelligenza artificiale
coma_cose IG
I Coma Cose sono un duo musicale formatosi a Milano da Fausto Lama (nome d’arte di Fausto Zanardelli) e California (nome d’arte di Francesca Mesiano da Pordenone). Sul palco dell’Ariston presenteranno il brano “Cuoricini” che, come negli altri brani del duo, ha una profondità e un sound che cattura dal primo ascolto. Da qualche anno, il gruppo si è fatto notare per la sua miscela di indie, pop, elettronica e rap ed infine, soprattutto per i testi poetici e ricchi di giochi di parole, spesso con riferimenti alla cultura pop e alla vita quotidiana. Non solo: in un periodo musicale dominato dai ritocchi dell’intelligenza artificiale e da plagi camuffati, i Come Cose riescono a mantenersi originali nella loro produzione musicale. Il loro stile li ha portati ad avere un seguito significativo nella scena indie italiana, apprezzati per il loro stile unico, la loro autenticità e i loro live energici ci fa ben sperare in un brano che sentiremo spesso in radio.
# Modà, sarà l’occasione del rilancio?
modaufficiale IG
La band pop rock si è formata a Milano nel 2002. A Sanremo presenteranno un brano dal titolo “Non ti dimentico”, un pezzo in perfetto stile del gruppo. Non nascondo la mia felicità di rivederli sul palco, dopo le recenti notizie che il cantante compositore unico Kekko Silvestre aveva rivelato sui social della depressione che lo aveva colpito. Questa, si tratta della terza volta del gruppo alla kermesse, un palco che conoscono benissimo e dove nel 2011 sono arrivati terzi in coppia con Emma. C’è chi ha scritto che si tratta di un testo banale. Li attendiamo al varco.
# Rose Villain, sempre più fuorilegge
rosevillain IG
Per la seconda volta consecutiva, la cantante, rapper e produttrice milanese si presenta a Sanremo. Questa volta è Fuorilegge: questo il titolo del nuovo brano dove l’artista sperimenta una vera e propria ballad ben lontana dalla canzone Click Boom dell’anno scorso. Rose è una milanese doc, liceo classico Manzoni, che però ha vissuto molti anni a New York. Il suo esordio risale al 2016 con il suo stile che fonde elementi di rap, pop e elettronica, ma soprattutto per i testi audaci e provocatori che affrontano spesso tematiche legate all’empowerment femminile e alla critica sociale.
# Rkomi, da Calvairate all’Eurofestival?
Credits: sanremorai IG
Mirko Manuele Martorana (in arte Rkomi) si ripresenta a Sanremo dopo tre anni con la canzone “Il Ritmo delle cose”, un pezzo che fonde lo stile ormai consolidato dell’artista con l’aggiunta di ritmi latineggianti. Presenterà un testo molto duro, introspettivo e poetico, dove l’amore non viene visto in maniera romantica, anzi, dove l’amore è fatto senza sentimento. Un po’ tipico del suo stile irriverente. Cresciuto nel quartiere Calvairate, inizia la sua carriera pubblicando i suoi primi mixtape che catturano l’attenzione di artisti del calibro quali: Elisa, Sfera Ebbasta, Elodie, e Tommaso Paradiso e che lo portano a vincere diversi premi quali il prestigioso SEAT Music Awards.
È considerato uno degli artisti più versatili e innovativi della scena musicale italiana contemporanea, apprezzato per la sua capacità di sperimentare con diversi generi musicali e per la profondità dei suoi testi. Non solo: per i bookmaker se la giocherà per la vittoria finale con il genovese Olly e con i romani Giorgia e Laura.
# …e i quasi milanesi
Clara – ph. @varesenews IG
Ala Festival di Sanremo ci saranno anche altri provenienti da molto vicino e legati da tempo a Milano, tra cui: Clara (Varese), Sarah (Vigevano), Alex Wyse (Como) e Joan Thiele (Desenzano del Garda).
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Lo scenario classico di molti progetti di rigenerazione urbana presentati a Milano: la combo palazzone-foresta. Nel masterplan appare sempre un elemento green dominante, di solito descritto con il termine roboante di «foresta», che catalizza l’attenzione di cittadini e media. Se si guarda con attenzione sullo sfondo si delinea poi un progetto immobiliare, tipo palazzoni alti chilometri. Ma in secondo piano, come un dettaglio. Questo avviene nei masterplan che vincono le gare. Ma quando partono i lavori il lato green del progetto scompare o, quantomeno, viene fortemente ridotto e dalla foresta si passa al massimo a qualche alberello striminzito. L’ultimo della serie è lo stralcio della «foresta sospesa» dalla trasformazione dell’ex Scalo Romana. Vediamo cosa è successo stavolta e ricordiamo altri episodi curiosamente molto simili a questo.
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Scalo Romana e la altre «foreste scomparse» di Milano: inserite nei progetti immobiliari, poi svanite nel nulla
# Anche la foresta sospesa nell’ex Scalo Romana è stata cancellata dal progetto
Foresta sospesa
Anche questa foresta di Milano non s’ha da fare. Questa è l’indiscrezione riportata da Milano Finanza nelle ultime ore: la «foresta sospesa», che era la grande protagonista nel progetto di rigenerazione urbana dello Scalo Porta Romana, è stata stralciata. Si trattava di una passeggiata verde lungaoltre un chilometro pensata per attraversare l’area da est a ovest con alberi lungo tutta la sua lunghezza. Da corso Lodi a via Ripamonti. Avrebbe coperto alla vista il fascio di binari alle due estremità dell’area, dato che al centro è previsto un parco a nascondere il passaggio dei treni. Chiamarla foresta poteva sembrare un po’ eccessivo, anche perché parliamo pur sempre di un camminamento sopraelevato di cemento arricchito con alberi, ma ancora una volta la parte pubblica e più appariscente del progetto è stata sacrificata.
Masterplan Scalo Romana
Tra le motivazioni addotte ci sono le scuse ormai ricorrenti in questi casi: il fatto che i costi per un’opera considerata “non essenziale” sarebbero diventati eccessivi. Dei 30 milioni di euro stanziati ne servirebbero il doppio. I motivi di questo aggravio? il ritardo accumulato dagli scali ferroviari milanesi, gli oneri generati dal piano attuativo e i finanziamenti pubblici derivanti da Pnrr o altre fonti statali che non sono stati reperiti. Insomma, per un motivo o per un altro, ce la siamo giocata: ma non è l’unico caso. Anzi. Sembra piuttosto una curiosa consuetudine. Ci sembra infatti di ricordare altri casi simili. Come questi.
# Le «foreste circolari» di BAM, la Biblioteca degli Alberi in Porta Nuova
Prime suggestioni della BAM
La presentazione del progetto della BAM, la Bibilioteca degli Alberi in Porta Nuova, era stata vista come una sorta di risarcimento per la distruzione del “bosco di Gioia” e, in generale, per compensare della vasta colata di cemento del progetto di Porta Nuova. Si trattava di un popolamento arboreo artificiale, essendo l’appezzamento di terreno un ex vivaio. Al centro del progetto ci dovevano essere delle magnifiche «foreste circolari».
Credits: Andrea Cherchi – Milano
Accattivante il disegno geometrico di percorsi nel parco, ma le foreste circolari sono al momento degli alberelli in cerchio. Gli alberelli diventeranno foresta? Ci vuole tempo, si sa. Forse secoli.
# Il «ponte serra» sfumato a Porta Nuova
Ponte serra in Porta Nuova
Rimaniamo in zona con un progetto che era il fiore all’occhiello nel completamento del centro direzionale di Porta Nuova. In questo caso non era stato comunicato come una foresta, anche se dai rendering appariva così. Ma si era scelto un nome altrettanto evocativo: il «ponte-serra», una serra delle biodiversitàsospesa che avrebbe dovuto sostituire il ponte a scavalco sotto il Pirellino: era la parte pubblica del progetto, che comprendeva il restyling dell’ex edificio comunale e un nuovo grattacielo. Anche in questo caso con la partenza dei lavori la grande idea verde è volata in cielo: la motivazione, in questo caso, è la riduzione delle volumetrie. A proposito di cielo, si vola su un’altra meraviglia che doveva colorare di verde Milano.
# La Sky Forest di piazzale Loreto: da installazione di presentazione dell’intero progetto a… si sono perse le tracce
archiportale.com – Foresta Urbana
Nel 2021 nel Salone d’Onore di Triennale Milano è stata presentata l’installazione Let’s Break It Up! che annunciava la“Sky Forest”, la foresta urbana che era considerata l’aspetto più identificativo del progetto LOC, la nuova piazzale Loreto riqualificata. L’installazione ha messo in scena 16 alberi di Quercus Palustris, che “bucano l’asfalto”, nell’area verde di fronte all’entrata del Palazzo dell’Arte.
Loc Piazzale Loreto
Da allora sono passati quattro anni, ma della “Sky Forest” si sono perse le tracce. Coe di consueto anche in questo caso qualcosa si intravvede nei rendering di come dovrebbe diventare l’attuale piazzale. Ma per il resto vige il silenzio. Non solo: anche i lavori infatti sono in ritardo e sono stati rinviati più volte. Forse potrebbero partire a marzo ma una data certa non è stata comunicata. Anche questa una storia già vista. Ma cosa si potrebbe osare ancora di più di una Foresta del Cielo? Lo vediamo in un altro progetto ancor più roboante.
# Il Colosseo Verde: la madre di tutte le opere green da inaugurare… nel 2022
Colosseo verde
Una vicenda ancor più incredibile è quella che accompagna l’area del Parco Archeologico in zona Colonne di San Lorenzo. Un’area già problematica: l’accesso è da sempre piuttosto complicato e limitato nel tempo. Al suo interno ci sono i resti di quello che era l’Anfiteatro di Milano capitale dell’Impero Romano, che ai tempi era il terzo più grande del mondo antico. Fino al 2017 in questo spazio era presente l’unico luogo frequentato del parco: il glorioso Vivaio Riva, che venne fatto chiudere dal Comune di Milano per realizzare di lì a poco il Colosseo Verde. Il progetto, il cui nome ufficiale è di PAN – Parco Amphitheatrum Naturae, prevedeva un nuovo parco di circa 22.300 mila mq con l’impronta del Colosseo “disegnata” con 1.700 mq di cespugli sagomati e cipressi. L’inaugurazione era annunciata per il 2022, dopo circa 5 anni di lavori. Ma è saltata, slittata poi all’estate del 2025 in base a quanto comunicato dall’Assessore alla Cultura, anche se sembra che del Colosseo annunciato non rimanga neppure l’ombra. Non solo: i cantieri sembrano ancora in alto mare e il rischio di un ennesimo rinvio, oltre che del ridimensionamento de progetto, incombe minaccioso. Anche perchè lo scorso mese di novembre 2024 sono stati consegnati alla Sovrintendenza altri due edifici per ampliare l’area archeologica del parco.
Altro progetto rivoluzionario dato in pasto a media e cittadini. Nell’ambito del progetto “Fili”, voluto da Ferrovie Nord Milano e Regione Lombardia e che prevede un maxi intervento lungo l’asse Milano-Malpensa, è inclusa la copertura dei binari della stazione di Cadorna con un nuovo distretto verde urbano. La proposta dettagliata prevede la costruzione di una piattaforma di circa 53.000 mq sopra i binari della stazione con: con 30.000 mq di nuovo parco urbano, 60.000 mq destinati ad usi residenziali, ricettivi, servizi e piccolo commercio, destinati agli abitanti del quartiere e un nuovo polo intermodale con la presenza della “Fabbrica dell’Ossigeno”. Inizialmente si parlava di foresta sintetica, perchè realizzata sopra una piastra, ma i primi rendering pubblicati con alberi e verde rigoglioso non sono stati più ritenuti validi. Staremo a vedere.
# Le altre foreste annunciate di Milano: vedranno mai la luce?
forestami
Questi sono solo alcuni dei casi recenti. Ma all’orizzonte dei rendering ci sono altre foreste che dovrebbero rendere rigoglioso il futuro di Milano. Ancora molti milanesi guardano l’orizzonte per vedere il pieno fiorire della “ForestaMi” che dovrebbe circondare Milano, ma i progetti incalzano. Nel 2024 è stata presentata la “foresta invisibile” grande quanto “1430 San Siro” che dovrebbe nascere a Milano entro il 2030. Spettacolo. Per non parlare della “foresta sopra la fabbrica” al Parco Nord che si dovrebbe aggiungere alla “Tiny forest”, alla “foresta alpina”, alla “foresta di montagna” e perfino alla “foresta da mangiare”, tutti progetti annunciati da rendering stratosferici. Ma per ora mai portati alla luce. Non è fantastico tutto questo?
# Diamo un taglio all’abbattimento delle foreste da masterplan: inseriamo una super-penale per l’eliminazione di spazi di interesse pubblico?
I milanesi vengono illusi in continuazione. Il ritornello è ormai più noto delle canzoni che vincono a Sanremo: presentare nei progetti di costruzione o di riqualificazione un elemento green che lasci tutti a bocca aperta, tipo una foresta, un bosco o un superparco sospeso. Ma poi, una volta aggiudicati i lavori e l’interesse generale, puntualmente la parte più appariscente del progetto viene cancellata con la scolorina. Qualche malpensante potrebbe ritenere che annunciare in pompa magna l’elemento green pronto a caratterizzare una nuova area edificata, sia una mossa un po’ birichina per distrarre gli occhi dei cittadini dall’ennesima colata di cemento.
Per fugare i sospetti e soprattutto per evitare tutto questo, si dovrebbe intervenire con un classico strumento volto proprio a evitare comportamenti opportunistici dopo la partenza dei lavori: basta prevedere salate penali per i costruttori che eliminano parti di interesse pubblico inserite nel progetto originario, da reinvestire in città per realizzare altre aree verdi o interventi di impatto sociale, o in generale migliorare i servizi pubblici.
In alternativa si può stabilire un taglio delle cubature e il dirottamento di quella parte dell’investimento risparmiato sulla parte pubblica dell’intervento. Così almeno potremo lasciare che siano inquinamento e climate change a rendere la vita dura alle foreste di Milano.
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Altro passo in avanti per la costruzione della nuova stazione ferroviaria: è stata firmata la convenzione. Cosa prevede il progetto e quando dovrebbe essere completato.
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In arrivo una nuova stazione nella Grande Milano: si andrà al parco in treno
# Firmata la convenzione, entro l’anno atteso il progetto di fattibilità
Area futura stazione Monza-Parco Est
Nel 2014 era stato firmato il primo accordo tra Comune di Monza, Regione e Rfi con stanziamento dei fondi necessari alla realizzazione della nuova stazione ferroviaria di Monza Est fra le vie Einstein e Confalonieri/De Marchi. Diventa quella più vicina per accedere al Parco della Villa Reale, oltre che per servire il quartiere Libertà. L’aumento dei costi ha poi reso necessario un’altra iniezione di risorse, salite a 6,5 milioni di euro. Il 5 febbraio 2025 è arrivata invece la firma della convenzione tra Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) e il Comune di Monza. Il Progettodi Fattibilità Tecnico Economica è atteso entro la fine dell’anno. Seguiranno l’iter di approvazione mediante Conferenza dei Servizi, indetta da Rfi, e le attività negoziali per l’appalto dei lavori.
# Un investimento complessivo di 6,5 milioni di euro
Comune di Monza – Inquadramento area stazione e sottopasso
L’intervento attuale prevede un investimento complessivo di 6,5 milioni di euro è suddiviso tra Rfi, soggetto attuatore, con 5 milioni di euro, e 1,5 milioni a carico di Regione Lombardia, con risorse del Programma Triennale delle Opere Pubbliche. Nel frattempo Regione aveva già finanziato, con 2,5 milioni di euro, la realizzazione del sottopasso ferroviario di 25 metri già in uso in corrispondenza della nuova fermata.
# Tutte le opere previste
urban_transport_etc IG – Besanino
Nel progetto è compresa anche una banchina dotata di pensilina per ospitare i treni della linea “Besanino” S7 Monza – Molteno – Lecco e la predisposizione di un’altra banchina aggiuntiva per il futuro passaggio della linea S8 Lecco – Carnate – Milano Porta Garibaldi. A questo si aggiunge un nuovo edificio per la stazione dotato di locali tecnici e servizi dedicati ai viaggiatori, mentre all’esterno ci sarannouna zona ‘kiss&ride’, stalli per l’intercambio con il trasporto pubblico locale, un parcheggio coperto per le biciclette e uno per automobili e motocicli. Da completare inoltre gli interventi sulle finiture e sugli impianti del sottopasso già realizzato per adeguarlo alla sua nuova funzione di accesso alla fermata.
# La nuova stazione pronta per il 2027
Linea S7 con stazione Monza Est-Parco
La fermata sarà di tipo urbano e non di interscambio. Il passaggio del Besanino consentirà di raggiungere Milano in modo più rapido, senza essere obbligati a raggiungere la stazione centrale di Monza. L’inaugurazione, prevista inizialmente nel 2024, dovrebbe avvenire entro il 2027.
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Palazzo Marino ha deciso di andare fino in fondo: stop ai parcheggi gratuiti in città. Un percorso graduale per lasciare in strada solo la sosta su strisce gialle e blu.
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Sui parcheggi sventola bandiera bianca: a Milano saranno tutti a pagamento
# L’annuncio dell’Assessora alla Mobilità: stop alle strisce bianche in città
Non subito, ma un passo alla volta verranno cancellati tutti i parcheggi gratuiti a Milano. Durante l’ultimo consiglio del Municipio 8, come riportato da Repubblica, l’Assessora alla Mobilità, Arianna Censi, ha annunciato la rivoluzione finale della sosta in città: «Tutti gli ambiti della città saranno segnati da strisce blu o gialle a seconda delle esigenze. In ogni caso i residenti potranno parcheggiare sempre». Un piano in corso da anni e che sta vedendo tra le ultime zone con sole strisce blu e gialle anche quelle nei pressi delle fermate della nuova metropolitana M4.
Per arrivare all’eliminazione di tutte le strisce bianche Palazzo Marino dovrà creare, attraverso apposite delibera, nuovi ambiti di sosta e allargati quelli già istituiti per bypassare i limiti imposti dal Codice della strada. In particolare l’articolo 7 al comma 8 che prevede si debba garantire sempre spazi di sosta gratuita, eccetto per alcune eccezioni quali area pedonali, ztl e zone della città con determinate caratteristiche urbanistiche o di rilevanza storico, artistica o ambientale.
# Su 300mila posti in strada sono ancora gratuiti circa 120mila
Foto redazione – Nuove strisce blu Via Verbano
Nell’attesa dell’approvazione del nuovo piano parcheggi, dovrebbe essere presentato entro l’estate per poi essere votato in Consiglio Comunale, questo è il quadro dei posteggi in strada a Milano: su 300mila ce ne sono 120mila gratuiti, i 180 rimanenti regolamentati si suddividono in parcheggi a pagamento (37,2%), riservati ai soli residenti (18,2%), ai disabili (1,9%), per il carico-scarico (1,5%), e autorizzati (2%). I milanesi possono parcheggiare, previo richiesta di permesso rilasciato dal Comune di Milano, sia sulle strisce gialle che su quelle blu ricadenti nell’ambito di residenza.
# Le modifiche entrate in vigore nell’ultimo periodo
Nel frattempo sono state messe in campo diverse azioni per aumentare i ricavi dalla sosta a pagamento: Palazzo Marino incassa circa 30 milioni di euro ogni anno. Ma non solo: l’altro obiettivo è di limitare il tempo delle auto parcheggiate. L’orario per il pagamento del ticket sulle strisce blu nella Cerchia extra filoviaria è stato esteso fino alle 19, prima si fermava alle 13, mentre in Area C non si può rimanere in sosta per più di due ore consecutive. Ed è in arrivo un’altra restrizione alla circolazione: la super ZTL del centro.
# Dalla primavera divieto di accesso e parcheggio nella super Ztl dentro Area C per chi non è residente
Fonte: Ansa
Fra un paio di mesi scatta il divieto di entrare e quindi di parcheggiare nella super ZTL del Quadrilatero della Moda, un’area delimitata da queste vie: Manzoni, Senato, San Damiano, corso Monforte e via Cino del Duca, che confinano a loro volta con altre aree pedonali e zone a traffico limitato, come corso Europa e piazza San Babila. Partita la sperimentazione, al momento senza multe, con le telecamere attive 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e nessuna possibilità di usufruire di un “grace period” di 15 minuti. Tra gli utenti che possono ottenere una deroga all’accesso ci sono residenti e domiciliati muniti di permessi, proprietari di box auto o posti auto nella ZTL, ospiti di hotel, taxi, NCC e mezzi di car-valet potranno accedere senza sanzioni, previa registrazione delle targhe. Alla fine dei test il Comune di Milano valuterà i dati e deciderà quali eventuali modifiche apportare prima di attivare la macchina sanzionatoria.
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Credits: Organo chiesa vecchia di Baggio | screanzatopo (YouTube)
“Va’ a Bagg a sonà l’òrghen! – racconta mio papà cresciuto in una traversa di via Forze Armate – lo dicevamo per liberarci da qualcuno – in modo più o meno cortese – un po’ come il Vattinne per i napoletani.”
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Cosa si nasconde dietro al detto «Va’ a Bagg a sonà l’òrghen!»
Credits: Organo chiesa vecchia di Baggio | screanzatopo (YouTube)
# Il trucchetto del pittore nel paese a corto di denaro
Tradotto in Vai a Baggio a suonare l’organo è il detto meneghino, forse ora un po’ perso, usato per mandare via gli scocciatori, come il più conosciuto Va’ a ciapà i ratt.
Dietro al detto però c’è una leggenda popolare legata alla ristrutturazione della chiesa parrocchiale di Sant’Apollinare di Baggio. Raccolti i fondi per ingrandirla e per inserire un magnifico organo, quasi alla conclusione dei lavori, un imprevisto: tutti i soldi erano terminati prima di aver potuto acquistare lo strumento.
Per non deludere i parrocchiani, si ricorse allora al trucco che ha poi reso Baggio protagonista del proverbio: un pittore dipinse un bell’organo a canne su un muro interno della chiesa.
Purtroppo negli anni la Chiesa Vecchia di Sant’Apollinare – in via Ceriani 3 – è stata completamente ristrutturata e dell’organo dipinto non è rimasto nulla se non nelle narrazioni popolari.
È possibile però leggerne il racconto, in dialetto milanese, sulle sei targhe in ceramica collocate proprio accanto all’antica chiesa. Una di queste recita:
La nòstra gesètta l’è pòvera, ‘me tücc numm, che pòdom minga permèttes nanca on strasc de organin, almen adèss ghe l’avarèmm pitturaa sùl’ mur.
Tradotto: La nostra chiesetta è povera, come tutti noi, tanto che non possiamo neppure permetterci uno straccio di organetto, almeno adesso l’avremo dipinto sul muro.
Un organo dipinto sul muro che è diventato leggenda: per mandare qualcuno a quel paese a Milano lo si manda a Baggio a suonare un organo. Dipinto su una parete.
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Credits: CIVICA RACCOLTA DELLE STAMPE ACHILLE BERTARELLI, MILANO
I Bocconi, d’Annunzio e l’incendio: i tre ingredienti che hanno generato i più famosi grandi magazzini di Milano. Forse d’Italia.
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I primi Grandi Magazzini d’Italia furono in Porta Nuova: una storia ancora viva a Milano
# Lo straordinario boom degli abiti da uomo
4 giugno 1865. In via Santa Radegonda i fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi avviano la loro prima bottega: vendono stoffe e confezioni. Il successo della bottega e dei suoi abiti è così dirompente che nel 1877 i fratelli Bocconi arrivano a inaugurare il primo grande magazzino d’Italia: Aux Villes d’Italie, ispirato al Le Bon Marchè di Aristide Boucicaut, reso celebre da Emile Zola.
# I Magazzini finiscono in cenere: la reazione di Borletti in vero spirito milanese
Nel 1917 i Magazzini Bocconi vengono venduti a Senatore Borletti, imprenditore e politico che ha sostenuto l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Borletti impone una nuova accelerazione ai Magazzini con un cambio di nome e di sede. Il nome è frutto dell’intuizione di una delle menti più geniali del tempo: la Rinascente. Ma partiamo dalla nuova sede. Borletti apre al pubblico nello stabile di piazza del Duomo in cui i grandi magazzini sono rimasti fino ai giorni nostri. A pochi giorni dall’inaugurazione, però, l’edificio viene distrutto. Era il 25 dicembre 1918. Proprio il giorno di Natale. Forse un corto circuito innesca un incendio che riduce in cenere l’edificio, che era stato inaugurato appena due settimane prima nel giorno di Sant’Ambrogio. Sembra il colpo del KO ma Borletti ha una reazione che incarna la massima espressione di milanesità: “La Rinascente è bruciata, domani ricominciamo!” esclama Borletti sotto lo sguardo attonito dei parenti. Con l’aiuto dei prestiti delle banche, Borletti si impegna a ricostruire l’edificio: la nuova inaugurazione ha luogo oltre due anni dopo: il 23 marzo 1921. Da quel momento nulla potrà più arrestare la sua marcia trionfale. Ma torniamo all’altra grande trovata di Borletti: il cambio di nome.
# L’estro profetico di D’Annunzio
Credits Andrea Cherchi – Rinascente
“Rinascente”? A inventare la nuova denominazione è stato Gabriele d’Annunzio, incaricato da Borletti, che lo ricompenserà con 30 lire in monete d’oro. D’Annunzio scelse questo nome come “semplice, chiaro e opportuno” e perchè indicava l’azione del rinascere come se fosse continua. Un presagio di quello accaduto dopo l’incendio e nel secolo a venire.
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Ad alcuni piace gourmet, ad altri molto spessa e con il bordo ripieno. Se anche tu invece fai parte della categoria di persone che la pizza la preferiscono bassa, ecco le 10 pizzerie storiche di Milano celebri per questo tipo di pizza.
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Le 10 storiche pizze basse più buone di Milano
#1 Coke
Credits: tripadvisor.it
Al Coke la pizza è sottile, croccante e gustosa. Per queste sue caratteristiche, il locale è un’istituzione nella zona anche per i prezzi economici e il personale amichevole, un posto perfetto per andare a mangiare una buona pizza in compagnia. Via Pavia 10.Recensioni Google: 4.5/5
#2 Spib
Credits: tripadvisor.it
Da Spib si va per la pizza sottile e l’anima sarda. Aperto da decenni, il menù si è arricchito negli anni. Oggi conta oltre ottanta tipologie di pizze, per accontentare qualunque cliente. All’interno del suo ampio menù contiene anche delle pizze non adatte a tutti i palati ma curiose da provare almeno una volta come la pizza India ( Mozz. – Panna – Curry – Gorgonzola – Acciughe – Rucola – Olio Extr..) e la crucca (Pom. – Mozz. – Würstel – Uovo sodo – Salsa Bernese). Via Legnone 34. Recensioni Google: 4.5/5
#3 Pizzeria La Rustica
Credits : tripadvisor.it
Nonostante abbia un’ampia scelta su primi e secondi, questo ristorante è conosciuto soprattutto per la leggerezza della sua pizza giudicata da alcuni clienti “così buona che non ne basta una“. Via Corelli 104. Recensioni Google: 4.4/5
#4 Ke Pizza
Ph. @kepizza IG
Difficile scegliere in un menù che conta oltre 90 pizze diverse. L’impasto è sottile, ma molto apprezzato nella sua tipologia e i condimenti sono molto vari. Questo locale grazioso con il giardino interno è il luogo piacevole dove stare anche in estate. Via Gerolamo Turroni 4. Recensioni Google: 4.4/5
#5 Pizza Big
Credits : @pizzabigmilano – Pizza Italia
La pizza qui è Big, come dice l’insegna, ossia ampia più di due spanne, bassa, croccante, farcita con fantasia. Piatto imperdibile: pizza Big (con panna, mozzarella, salsa cocktail, salmone affumicato, gamberetti, insalata Verona). Viale Brianza 30. Recensioni Google: 4.4/5
#6 Pizzeria Geppo di Geppo 1981
Credits : cucinaitaliana.it
Se cercate un locale piccolo, con un arredamento semplice la pizzeria da Geppo è il posto che fa per voi. La proprietaria Adriana definisce la sua pizza (“forse la più bassa di tutta Milano, croccante al punto giusto e con un perfetto equilibrio tra pasta e farcitura”). Via G.B. Morgagni 37.Recensioni Google: 4.3/5
#7 Be Bop
Credits: www.bebopristorante.it – ambiente Be Bop
Il menù di questo ristorante pone l’attenzione per la libertà e il rispetto per le scelte alimentari di ogni individuo, siano esse filosofiche o dettate da necessità di salute. Dando ai suoi piatti un sapore di inclusione, propone infatti alternative per ogni tipo di allergie (come latticine, glutine o nichel) e scelte alimentari, proponendo per esempio diverse alternative vegane. In un ambiente semplice e curato qui trovano benevolo asilo gusti e necessità di ogni cliente. Viale Col di Lana 4. Recensioni Google: 4.3/5
#8 AmaMi
Credits: @amamiristorante – Pizza senza lievito
Oltre per l’utilizzo di farine ricercate, la pizza di AmaMi è famosa da anni per il suo impasto completamente privo di lievito e con materie prime di ottima qualità che la rendono friabile, saporita e facilmente digeribile. Via Amerigo Vespucci 1. Recensioni Google: 4.2/5
#9 Pizza Ok
Insegna Pizza Ok
Pizza Ok si riconosce subito dallo stile dell’insegna. Un’icona per le pizze sottili, grandi e molto condite. Il menù è da record: oltre cento farciture diverse. Saltano all’occhio pizze dai condimenti esagerati come lattuga, pollo grigliato, sedano, grana a scaglie, maionese e mais, senza però dimenticare le pizze più classiche. Via Lambro 15.Recensioni Google: 4.1/5
#10 Original Pizza
Credits: @originalpizza1989
Eredi di Pietro Gori, uno dei pionieri della ristorazione milanese, dal 1989 sono stati uno dei primi ristoranti a proporre una pizza ad alta digeribilità e a bassa lievitazione. Piazza S. Stefano 12. Recensioni Google: 3.8/5
La Scuola veneziana di Architettura vuole anticipare Trump in Israele.
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E se il futuro di Gaza fosse alla Veneziana? Il progetto di rilancio per la striscia più martoriata del mondo
# Gaza e l’idea di Trump: la “Riviera del Medio Oriente”
L’idea di trasformare Gaza in una “Riviera del Medio Oriente” non è nuova. Jared Kushner, genero di Donald Trump, aveva già parlato del valore immobiliare della costa di Gaza, ipotizzando uno sviluppo che prevedeva il trasferimento della popolazione palestinese. Questa visione, rilanciata recentemente dal presidente USA, ha suscitato reazioni critiche e dibattiti internazionali, mentre la situazione reale sul campo resta particolarmente drammatica.
# Il progetto dello IUAV: ricostruzione sostenibile
Credits: @Cristiano Corazzari (FB)
Benno Albrecht, rettore dello IUAV di Venezia, ha sottolineato come l’ateneo stia già operando attivamente nella ricostruzione della Striscia. In collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), lo IUAV sta realizzando un progetto pilota basato su “cellule abitative autonome”, capaci di ospitare fino a 50.000 persone. Due ricercatori veneziani partiranno a breve per seguire direttamente l’implementazione del piano.
Credits: Iuav di Venezia (FB) – Benno Albrecht, rettore dello IUAV
# Un nuovo approccio alla ricostruzione
Credits: @Genta Aldo (FB): La ricostruzione di Gaza secondo lo Iuav di Venezia
Il metodo sviluppato dallo IUAV non segue modelli di ricostruzione tradizionali, ma adotta un approccio dinamico e flessibile. Le cellule abitative, costruite con materiali innovativi, sono pensate per stimolare l’economia locale e garantire un futuro sostenibile alla popolazione palestinese. Questo modello ha convinto le Nazioni Unite a coinvolgere l’ateneo veneziano anche in progetti per la Siria e il Libano.
#Lo IUAV di Venezia
Credits: IUAV di Venezia (FB)
Lo IUAV è un’università italiana specializzata in architettura, urbanistica e design. Fondata nel 1926, si distingue per l’approccio innovativo alla progettazione e alla pianificazione territoriale. Grazie alla sua esperienza, l’ateneo è oggi un punto di riferimento internazionale nella ricostruzione di aree colpite da conflitti e disastri.
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Cassinetta di Lugagnano - Ph. @ilpasto_settantotto IG
Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che viviamo nei paesi più belli dell’hinterland di Milano… La città metropolitana offre diverse alternative di pregio all’area B. Ne abbiamo scelte sette. Foto cover: Cassinetta di Lugagnano – ph.@ilpasto_settantotto IG
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I 7 paesi più belli dove vivere nell’hinterland di Milano
# Gaggiano: il paese più felice del milanese
Gaggiano
il paese della felicità. Gaggiano appare 21imo posto nella classifica dei borghi più felici d’Italia. Poco meno di diecimila abitanti, è attraversato dal Naviglio Grande a sud ovest di Milano, pochi chilometri oltre Corsico. Non solo è il più felice: è anche uno dei comuni più verdi di tutto l’hinterland con l’80% di spazio non urbanizzato ed ospita anche il lago Boscaccio, un piccolo lago artificiale al confine con il comune di Trezzano sul Naviglio. Curiosità: E’ stato il set scelto per diversi successi cinematografici degli anni ottanta, come Asso, Segni particolari: bellissimo e un povero ricco.
# Cernusco sul Naviglio: la “capitale” della Martesana
Credits:sissyros IG – Cernusco sul Naviglio
Comune di 33mila abitanti lungo il naviglio della Martesana. E’ anche servito dalla linea Verde (M2) della metropolitana. Curiosità: negli anni ottanta era stato definito il “paese dei liberi”, visto che qui sono nati i tre liberi più forti dell’Italia di quegli anni: Roberto Tricella, Gaetano Scirea e Roberto Galbiati.
# Cassinetta di Lugagnano e le ville sul Naviglio
cassinetta-di-lugagnano
Piccolo comune di meno di 2mila abitanti a ovest di Milano. Il paese è diviso in due dal Naviglio Grande: una parte contraddistinta da poche case e ville, mentre l’altra su cui si è sviluppato nel corso dei secoli il paese vero e proprio che si protende verso Abbiategrasso. Le due aree sono collegate tramite uno storico ponte in granito costruito nel Seicento, durante la dominazione spagnola del Ducato di Milano. Curiosità: fino a un paio di secoli fa era una località di villeggiatura e di caccia. Fu così che possedere una villa lungo il Naviglio Grande diventò una consuetudine per l’aristocrazia milanese. Sorsero quindi le magnifiche ville, abitazioni signorili, circondate da parchi e giardini progettati e realizzati per l’armonia della vista. Su una riva del naviglio è presente una quercia storica, che ha ottenuto grande importanza dopo il 16 giugno del 2011 quando è stata inclusa nel novero degli alberi monumentali della zona.
# Abbiategrasso: la città del Ticino
abbiategrasso
Cittadina di 32mila abitanti a 29 chilometri a sud ovest di Milano. Il suo territorio è interamente compreso nel Parco lombardo della Valle del Ticino, giunge fino alle sponde del Ticino ed è attraversato dai Navigli: il Naviglio Grande e il Naviglio di Bereguardo. Pur non essendo fortemente popolato è il comune con la superficie più vasta nella città metropolitana dopo il capoluogo. Curiosità: la seconda domenica di giugno si tiene il palio di San Pietro in cui sei contrade si sfidano a cavallo.
# Gorgonzola: la città del formaggio
prolocogorgonzola IG
Non è solo un paese. E’ anche il tipico formaggio ottenuto da latte intero di vacca che ha reso questo paese di 20mila abitanti famoso in tutto il mondo. Situato a nord est di Milano è attraversato dal naviglio della Martesana e percorso dalla linea verde della metropolitana. Cusiosità: Nei Promessi Sposi si narra che Renzo Tramaglino abbia sostato in un’osteria di Gorgonzola.
# Cassano D’Adda e le sue isole
cassano
Comune di 19mila abitanti parte del parco dell’Adda nord. Tagliato in due dal fiume Adda che questo territorio si divide in numerosi rami separati da isolotti boscosi o ghiaiosi. Ospita la bellissima villa D’Adda Borromeo e il Castello. Curiosità: Tra la sponda destra e quella sinistra il dislivello può raggiungere i 30 metri dando vita a scenari affascinanti.
# Castano Primo e le sue cascine
castano primo
Comune di 11.000 abitanti a nord ovest di Milano. Sul suo territorio scorre il fiume Ticino e ci sono le vasche di laminazione del torrente Arno. E’ inoltre bagnato da due canali del Ticino di cui uno, il Canale Villoresi, attraversa il centro. Luoghi d’attrazione sono la chiesa di San Zenone e le numerose cascine. Fra il 1880 e il 1952 Castano Primo fu il capolinea della tranvia Milano-Castano Primo, soprannominata “Gamba de legn”. Il capolinea era posto in Piazza Garibaldi. Curiosità: a Castano Primo si tengono le corse dei levrieri, su una pista con fondo in sabbia e curva parabolica con pendenza 8%.
Le strade di Milano sono da sempre motivo di imbarazzo. Con la costante presenza di buche, il bisogno di manutenzione sembra non avere mai fine. Un’invenzione, però, potrebbe cambiare drasticamente questa situazione: un asfalto che si ripara da solo. Scopriamo di che si tratta.
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Inventato «l’asfalto che ripara le buche»: a Milano servirebbe come l’aria
# Le buche stradali a Milano: una questione annosa
Credits: Urbanfile.org
Le strade milanesi, specialmente in inverno, si trasformano in un percorso ad ostacoli. Buche, crepe e avvallamenti sono spesso il risultato di un mix di maltempo, traffico intenso che, a lungo andare, erode l’asfalto e di una manutenzione pubblica che fatica a tenere il passo con le necessità della città.
Secondo l’ultima relazione del Comitato per la legalità e la trasparenza, nel 2024 Milano ha investito ben 45,8 milioni di euro in lavori di manutenzione stradale, quasi il doppio rispetto alla media storica. Eppure, nonostante gli sforzi, le buche continuano a riapparire, creando disagi ad automobilisti, motociclisti e ciclisti, e rappresentando un rischio reale per la sicurezza.
Neanche a dirlo, la situazione peggiora con il freddo invernale, che provoca il congelamento dell’acqua infiltrata nelle fessure. Con il successivo disgelo, queste crepe si amplificano, trasformandosi in buche vere e proprie, che danneggiano i veicoli e generano costi aggiuntivi per le riparazioni.
# La rivoluzione dell’asfalto auto-riparante
Le spore di cui è composto l’asfalto
Ma una nuova invenzione potrebbe portare una soluzione definitiva. Un team di ricerca britannico ha sviluppato un asfalto innovativo che si ripara da solo. Questo asfalto “autorigenerante” è stato progettato esattamente per prevenire la formazione di buche. La chiave di questa rivoluzione è l’utilizzo di spore vegetali imbevute di olio che, sotto la pressione del traffico, rilasciano sostanze che ammorbidiscono l’asfalto e sigillano le crepe prima che si trasformino in danni più gravi.
Elemento sorprendente è che questo asfalto autorigenerante combina materiali sostenibili (biomassa) con l’intelligenza artificiale. I ricercatori, infatti, hanno utilizzato strumenti come Gemini e Vertex AI, per progettare e simulare il comportamento del bitume a livello molecolare.L’approccio guidato dall’IA ha permesso lo sviluppo di un modello di dati che accelera le simulazioni atomistiche, velocizzando di molto la ricerca.
Il progetto, nato dalla collaborazione tra l’Università di Swansea, il King’s College di Londra e Google Cloud, ha già mostrato risultati promettenti nei test.Le crepe vengono riparate autonomamente in meno di un’ora, senza necessità di intervento umano. Se questa tecnologia fosse implementata su larga scala, si stima che le strade potrebbero durare fino al 30% in più rispetto agli asfalti tradizionali, riducendo drasticamente i costi e i disagi legati alla manutenzione. Un’opportunità che potrebbe sembrare futuristica, ma che è sempre più vicina alla realtà.
# Un’opportunità di risparmio anche per i cittadini
Credits: Autofficina Sangiuliana
L’introduzione dell’asfalto auto-riparante potrebbe segnare una svolta a livello mondiale. Le buche stradali sono un problema globale, che causa danni a milioni di veicoli e porta con sé costi enormi.
Nel Regno Unito, ad esempio, si stima che la riparazione dei danni causati dalle buche costi oltre 579 milioni di sterline ogni anno, ed è un trend in crescita. Il governo ha stanziato miliardi di sterline per risolvere il problema, ma l’approccio attuale si limita a riparare i danni esistenti, mentre la tecnologia dell’asfalto auto-riparante potrebbe prevenire i danni prima che accadano.
Per l’Italia, l’adozione di queste nuove soluzioni sarebbe una vera e propria rivoluzione.Le strade italiane, da Milano a Palermo, soffrono da anni di una manutenzione insufficiente, e un’innovazione come quella del bitume auto-riparante potrebbe trasformare il nostro Paese in un’avanguardia nel settore delle infrastrutture.Non solo risolveremmo un problema pratico, ma saremmo in grado di ridurre l’impatto ambientale e i costi economici legati alla manutenzione stradale.
# Milano potrebbe diventare la città pilota?
Credits: Pixabay – BruNo
Il capoluogo lombardo, già pioniere in molte innovazioni urbanistiche, potrebbe candidarsi come città pilota per la sperimentazione di questa tecnologia. Magari con l’occasione delle Olimpiadi di Milano – Cortina e offrendo la mediazione scientifico-accademica al Politecnico, che è un’istituzione affermata.
Una città già abituata a testare soluzioni all’avanguardia, dal proliferare di piste ciclabili al controllo del traffico con i sistemi intelligenti, potrebbe tranquillamente porsi come palcoscenico di questa nuova tecnologia, magari partendo dai punti più critici e iconici come la circonvallazione esterna o dalle arterie più trafficate.
Se il Comune decidesse di investire effettivamente in questa tecnologia, i vantaggi sarebbero evidenti: meno costi di riparazione, meno interventi sulle strade e soprattutto meno rischi per i cittadini.C’è anche da aggiungere che la riduzione degli interventi di manutenzione avrebbe un impatto positivo anche sulla viabilità, evitando i classici disagi legati ai cantieri stradali che spesso bloccano il traffico per ore o giorni.
L’asfalto auto-riparante rappresenta una rivoluzione potenzialmente epocale. Ora la domanda è: Milano avrà il coraggio di essere la prima città italiana a sperimentarlo?
Qual è il quartiere dove si vive meglio a Milano? Per capirlo è stato elaborato un district ranking basato sulle valutazioni dei milanesi.
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District Ranking: i 7 quartieri di Milano dove si vive meglio
#7 Savona – Solari, il distretto della creatività
via savona 18. Credits: @megliounpostobello (INSTG)
Una piccola città nella città con ancora i negozi al dettaglio come una volta, servizi di ogni genere. E poi insieme alla nuova M4, ci sono un sacco di locali e ristoranti/locali/lounge bar per svago. Un punto di riferimento per la creatività della città, fulcro del Fuorisalone e degli eventi cittadini.
#6 Navigli: il fascino evergreen della Milano autentica
credits: juzaphoto.com
Una delle zone più amate da turisti e dagli universitari, un’icona inconfondibile di Milano. Forse un po’ penalizzata dagli allarmi movida, resta comunque nei cuori dei milanesi con il suo spirito giovane e improntato al divertimento. “Io i navigli li adoro. Ma io sono single e amo il movimento”, sintetizza Tiziano. Al sesto posto tra le preferenze.
#5 Isola: da quartiere malfamato ad area supertrendy
foto andrea cherchi
Era un quartiere malfamato, infestato dalla Ligera, oggi è a ridosso del cuore pulsante della città, la city di Porta Nuova. Ricco di locali, centro d’arte e di nuove tendenze che, anche se vicino all’area della finanza, mantiene le caratteristiche tipiche del borgo.
#4 Città Studi: la zona degli universitari per eccellenza, ma non solo
credit: visiteguidatemilano.it
Al quarto posto della classifica, si colloca il quartiere Città Studi. Chi ci abita è appassionato del suo quartiere anche se ci trova anche una piccola pecca: i parcheggi. Definita come una zona “Stracollegata a qualsiasi cosa, tranquilla, piena di negozi, supermercati e servizi”, Città Studi è la zona degli universitari per eccellenza a Milano. E nonostante tutte le vicessitudini che ne hanno messo a rischio la tranquillitàrimane una delle zone storiche più amate dai suoi abitanti, sia quelli di lunga data e sia quelli più recenti.
#3 Paolo Sarpi – Sempione: tra Chinatown e la piccola Parigi
Foto dal capodanno cinese a Milano
In grande ascesa lo spicchio che va da Paolo Sarpi a corso Sempione. Il quartiere di Paolo Sarpi, anche conosciuto come la Chinatown milanese, è definito come quello più “internazionale”. Oltre ad essere un ottimo prodotto della globalizzazione, Sarpi è apprezzato per la sua vivacità. A quanto dicono i suoi abitanti i suoi “negozi sono sempre aperti”, anche grazie alla presenza sempre maggiore di giovani e coppie. Un quartiere che sa essere tradizionale con le sue antiche botteghe milanesi e allo stesso tempo moderno tra etnicità e uno stile di vita frizzante. Anche l’area circostante che arriva fino al Parco Sempione sta guadagnando sempre più i favori dei milanesi, con i locali di Procaccini e Piero della Francesca e la possibilità di disporre dell’arteria di Corso Sempione per andare in centro oppure uscire rapidamente dalla città.
#2 Porta Romana: tra la vitalità del centro e la tranquillità residenziale
credit: https://www.expedia.it/
Porta Romana è una delle sei porte principali della città ed è caratterizzata dall’arco monumentale voluto da Filippo III di Spagna. L’arco, che risale al 1596, è il simbolo del quartiere che oggi rappresenta molto di più del semplice ingresso cittadino. Vivere a Porta romana offre l’opportunità di stare in pieno centro ma con la tranquillità di una zona residenziale. Relax, svago e vasti spazi verdi sono solo alcune degli aspetti che rendono così particolare e amata questa zona di Milano che ha ricevuto un gran numero di apprezzamenti.
#1 Wagner- De Angeli: l’eleganza rionale
Al primo posto della classifica svetta la zona di Wagner. Un elegante quartiere borghese che presenta però anche le caratteristiche di un rione commerciale. Probabilmente è questo connubio di signorilità e comodità rionale è quello che fa amare tanto questo quartiere. Tra tutte le attività spicca il suo famoso mercato comunale, infatti il mercato di Wagner fu costruito nel 1929 ed è oggi il più antico di tutta la città. Forse per l’affermazione del quartiere giova la vicinanza di CityLife, diventata la Mecca per le abitazioni di lusso.
# E in Periferia? Vince Chiaravalle
credits: @chiaravallemilanese IG
La top 7 presenta tutte aree poste a ridosso del centro. Per quanto riguarda le zone al di fuori della circonvallazione quali sono risultate le più segnalate e votate? Al primo posto è risultata Chiaravalle, definita “modello della città del futuro. Essere al centro stando al bordo. Centro eccentrico”. Al secondo Lambrate. Tra le preferite anche Bicocca, Bovisa, Baggio e San Siro.
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Tra metropolitane, passante, treni regionali e dell’alta velocità il rischio di perdersi è altissimo, anche perché le banchine dei relativi servizi sono dislocate in luoghi diversi della stazione.
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La «stazione labirinto» di Milano
# Porta Garibaldi: un mix tra il passato ferroviario e il presente metropolitano
kiaraz93 IG – Stazione Garibaldi FS
Costruita negli anni ’60 e ampliata nei decenni successivi, Porta Garibaldi è il perfetto esempio di architettura ferroviaria brutalista, con quelle sue strutture in cemento che sembrano uscite da un film di fantascienza anni ‘70. Non ha la grandeur della Centrale, ma è strategica: qui passano i treni ad alta velocità, i regionali, il passante ferroviario e due linee della metro. È il nodo perfetto per chi si muove dentro e fuori Milano senza troppi fronzoli. All’esterno è dominata dal grattacielo più alto d’Italia, la Torre Unicredit, e avvolta dal resto del Centro Direzionale ancora in espansione.
# Una stazione con binari su tre livelli e accessi dislocati in luoghi differenti
Credits ariel_dicaro IG – Stazione Porta Garibaldi
La vera sfida è riuscire ad arrivare in tempo al binario giusto e soprattutto capire dove si trova, la stazione di Porta Garibaldi è infatti una delle più ingarbugliate di Milano. I binari, 22 in totale, sono sparsi in tre dimensioni come se fossero stati messi lì senza un vero criterio: alcuni in superficie, altri sotto terra, altri ancora nascosti in livelli intermedi che sembrano usciti da un videogioco anni ‘90, e tutti dislocati in luoghi differenti della stazione. Quelli dell’alta velocità sono dal numero 1 al numero 14 da una parte e dal 15 al 20 da un’altra.
metroricerche.it – Planimetria connessioni stazione Garibaldi
Entrando dall’ingresso principale di Piazza Sigmund Freud, oltre ai binari dell’alta velocità ci sono quelli dei treni regionali, ma non tutti. Ci sono alcuni binari laterali e nascosti che accolgono altri treni regionali o suburbani, spesso segnalati all’ultimo momento. Arriviamo poi al passante ferroviario sotterraneo, con accesso quindi separato dai binari di superficie e nascosto a chi non è solito frequentare la stazione, collegato alle linee metropolitane M2 e M5.
Se poi si arriva in stazione con la metropolitana, pagando il viaggio con la carta contactless, si corre il rischio di prendere una multa o pagare un sovrapprezzo a causa del “tornello fantasma” che porta al passante. La mancata timbratura con la carta anche all’uscita non consente al sistema di riconosce il tragitto corretto e pertanto sanziona l’utente.
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Massimiliano Tonelli FB - Viale Ortles con auto su ciclabile e auiole
Senza dubbio la zona più effervescente di Milano dal punto di vista della trasformazione urbanistica, ne abbiamo parlato in questo articolo, ma anche di iniziative e nuovi locali. La nascita di Fondazione Prada ha dato il via a una rivoluzione di un’area un tempo industriale e oggi votata ai servizi e all’abitare, ribattezza SoPra (South of Prada). C’è però anche il rovescio della medaglia: qualcuno ha studiato la viabilità e la mobilità? Pare proprio di no.
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Zero parcheggi, auto sulle ciclabili: il «nuovo quartiere» di Milano è già al collasso
# Il rovescio della medaglia della nuova zona più effervescente della città
Maps – Soupra, Milano
Il nuovo quartiere di Milano, quello che un tempo era un distretto di fabbriche e oggi un polo di servizi e residenziale, rischia di collassare prima di completarsi. Stiamo parlando dell’area che ricompresa tra Fondazione Prada e via Quaranta nella direttrice nord-sud e tra via Cassano d’Adda e via Ripamonti in quella ovest-est. Il suo nome è SoPra, acronimo di South of Prada, e poco alla volta si sta completando.
Massimo Tonelli – Sede Snam
In arrivo c’è la sede di Moncler, con qualche migliaio di dipendenti attesi, stessa cosa succederà per il quartier generale di Snam, senza parlare delle altre aziende che si vedranno nel prossimo futuro e i nuovi residenti dei due complessi ormai completati e di almeno altri pronti a elevarsi in altezza. Ampliando lo sguardo anche all’ex Scalo Romana, oltre a Villaggio Olimpico trasformato in studentato dopo le Olimpiadi Invernali del 2026, sono previsti ulteriori uffici e abitazioni. Insomma mal contando una decina di migliaia di persone pronte a popolare l’area, che però è già al collasso.
# Auto sui marciapiedi, sulle ciclabili e sulle aiuole
Maps – Auto in via Orobia
Lo si vede semplicemente muovendosi tra le vie del quartiere, nella foto in alto via Orobia con auto parcheggiate in sosta irregolare sui marciapiedi, fino a due file sullo stesso marciapiede. Identica situazione si trova in via Balduccio da Pisa, via Serio, via Dezza d’Oglio.
Massimiliano Tonelli FB – Viale Ortles con auto su ciclabile e auiole
Nella stretta via Gargano, dove si trova la scuola internazionale ICCS, nell’orario di uscita degli studenti si forma una colonna di auto in doppia fila di genitori che paralizza il traffico all’incrocio con viale Ortles. Su quest’ultima, dalla scuola che confina con la futura sede di Moncler a via Ripamonti, i veicoli occupano le piste ciclabili e le aiuole, danneggiando le radici degli alberi come documentato da Massimo Tonelli. La situazione non cambia la sera per via dei limitrofi locali che accolgono centinaia di persone.
# Mancano parcheggi già ora, dopo sarà un disastro, e la metro è lontana
Maps – Viale Ortles direzione est
In zona ci sono solo alcuni garage con poche decine di posti auto, un piccolo silos con parcheggi coperti proprio sotto la scuola internazionale, altri ne sono previsti nei piani interrati delle sedi delle multinazionali in procinto di aprire. Rimangono comunque largamente insufficienti per il potenziale afflusso di lavoratori e abitanti attesi nei nuovi complessi residenziali. Per il resto, tutti gli altri posteggi in strada sono occupatiquotidianamente da chi ci vive e da chi già lavora in questa zona, persino la lunga viale Ortles è sempre al completo.
Tram e metro Ortles-Vigentino
A questo si aggiunge il fatto che la fermata metropolitana più comoda, Brenta M3, dista più di 1 kmrispetto al punto più vicino, mentre il tram 24 a poche centinaia di metri dal centro di quartiere viaggia a passo di lumaca lungo questo tratto di via Ripamonti.
Bus 34
L’unico autobus che collega la metro al quartiere, il numero 34, ha una frequenza ridotta e la sera termina le corse prima delle 22. Se non si mette in campo al più presto qualche azione concreta si rischia la paralisi nel breve periodo: per la sosta selvaggia basterebbero i paletti sui marciapiedi, ma per chi è obbligato a muoversi in auto servono urgentemente dei posteggi dove lasciarla. Perché ancora una volta si è puntato tutto sui palazzi e ci si è dimenticati la viabilità. Un aiuto potrebbe arrivare dalla linea M6, ma si tratta di un futuro troppo lontano per restare in coda ad aspettare.
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Social, videogames, cellulari, discoteche, voli low cost. Le modalità di divertimento dei giovani di oggi sono pressoché infinite. Tutte modalità che un secolo fa non esistevano. Se tornasse ai primi Novecento come potrebbe divertirsi chi ha vent’anni?
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Avere vent’anni nella Milano di inizio Novecento: questo era il passatempo più popolare
# La Milano di inizio Novecento
Credits: Pinterest
Inizio Novecento a Milano. Da quarant’anni la città è parte del Regno d’Italia di cui è fin da subito diventata il fulcro dell’industrializzazione nazionale, con una forte presenza di industrie tessili, meccaniche e metallurgiche. La popolazione da allora si è quasi quadruplicata: da circa 200.000 abitanti nel 1861a oltre 750.000 nel 1901. A cavallo del secolo, Milano diventa protagonista di un grande processo di sviluppo, inaugurando opere di valore internazionale. Nel 1906 ospita l’Esposizione Internazionale negli spazi del Parco Sempione. Nel 1908 viene inaugurata la nuova stazione ferroviaria, una delle più grandi e importanti d’Europa, che sostituisce la vecchia stazione di Porta Tosa. Ma non sono solo anni di belle epoque, con la costruzione di splendide palazzi liberty: sono anche anni turbolenti, di rivolte e rivendicazioni sociali. Gli episodi più drammatici avvengono nel 1889 con il generale Bava Beccaris che prende a cannonate i lavoratori che manifestavano per migliorare le loro condizioni: morirono in 80. Come reazione, alle porte di Milano a inizio Novecento viene ucciso il re per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Il clima generale a Milano è comunque di grande ottimismo con i giovani che trovano diversi modi per socializzare.
Uno dei luoghi di incontro preferiti dai giovani dell’epoca sono i “circoli”: i club privati frequentati da giovani dell’alta borghesia, dove si organizzano feste, balli e serate a tema. Tra i circoli arrivati fino ai giorni nostri ci sono la Società del Giardino, “club dei gentiluomini” fondato nel 1783, ed il Circolo dell’Unione, fondato nel 1841 da un gruppo di aristocratici milanesi. O come il Circolo Filologico Milanese. Per l’alta borghesia della città anche la Scala era un tradizionale luogo di socializzazione. Insieme ai ritrovi per l’alta borghesia si diffusero anche punti di incontro accessibili a tutti.
# La grande novità della “belle époque”: il cinema
Cinema Dumont
A inizio secolo i giovani milanesi frequentano i caffè, i teatri, le sale da ballo e i ristoranti. Tra i luoghi più famosi dell’epoca ci sono ilCaffè Camparinoin Galleria, il Caffé Cova e il Ristorante Savini. Ma forse la più grande novità del periodo è l’avvento del cinema muto. Una novità che intriga e che trasforma Milano nella capitale nazionale della nuova arte. In pochi anni sorgono numerosi cinema che offrono proiezioni di film muti accompagnati da musica dal vivo, come il Cinema Teatro Manzoni e il Cinema Dumont.
Altra novità sono le manifestazioni sportive: nel 1896 la prima edizione dei Giochi Olimpici moderni aveva dato impulso a molte discipline che presto sarebbero diventate di interesse generale. Nel 1899 viene fondato il Milan Football Club, seguito a meno di un decennio di distanza dai cugini nerazzurri. Ai tempi giocavano all’Arena di Parco Sempione. Anche il ciclismo muove i primi passi. Il 13 maggio 1876 era stata organizzata la prima corsa su strada: da Piazza Castello con arrivo a Magenta, per una distanza totale di circa 30 chilometri. Alla gara parteciparono 8 concorrenti, tutti milanesi, che si sfidarono su biciclette a due ruote e pedali in legno. Il vincitore fu Luigi Basletta, che completò il percorso in poco meno di un’ora e mezza. La gara riscosse un notevole successo di pubblico e fu ripetuta l’anno successivo su un percorso più lungo, tra Milano e Monza. La diffusione del ciclismo portò all’organizzazione del Giro d’Italia che partì proprio da Milano il 13 maggio 1909 da Milano: parteciparono 127 ciclisti, di cui 49 arrivarono al traguardo. La vittoria finale fu conquistata da Luigi Ganna.
Molto praticate erano poi le discipline derivate dalle attività militari, tra cui la scherma. Grande interesse attiravano le corse dei cavalli e soprattutto i nuovi mezzi di locomozione: nel 1895 tra Torino e Asti si era organizzata la prima corsa automobilistica della storia. A inizio Novecento le sfide a quattro ruote attiravano un grande pubblico di spettatori. La più famosa era la Targa Florio, che si svolgeva in Sicilia a partire dal 1906. Non è un caso che la prima automobile trionfatrice nella futura Formula Uno fu l’Alfa Romeo allora fabbricata a Milano, negli stabilimenti alla Ex Fiera di oggi.
Il grande interesse popolare per lo sport viene documentata dalla nascita di quello che sarebbe diventato il primo giornale italiano per diffusione: la Gazzetta dello Sport. Nata a Milano nel 1896 dalla fusione del settimanale torinese La tripletta e della rivista milanese Il ciclista.
A inizio Novecento erano ancora pochi i milanesi che si potevano permettere delle vere vacanze. Le località più popolari tra l’aristocrazia e l’alta borghesia coincidevano con quelle di oggi. Secondo le cronache dei tempi, i milanesi amavano la riviera del Levante ligure e il lago di Como. Tra i meno abbienti era frequente trascorrere la villeggiatura estiva lungo la Martesana, che era definita la Riviera di Milano, o in gite in giornata per tuffarsi nelle acque dell’Adda e del Ticino.
Alcuni dei giochi più diffusi tra bambini e ragazzi dell’epoca erano:
La palla: si giocava in gruppo e si cercava di lanciare la palla in modo da farla cadere il più lontano possibile senza essere presi dal difensore dell’altra squadra.
La trottola: si lanciava una trottola in legno e si cercava di farla girare il più a lungo possibile.
La corda: si saltava sopra una corda che veniva fatta girare da due amici o amiche.
La morra: si lanciavano delle pietre con le mani e si cercava di indovinare il numero di dita che gli avversari avrebbero mostrato.
Il cerchio: si utilizzava un cerchio di metallo o di legno che veniva fatto rotolare per le strade o i parchi, cercando di farlo girare il più a lungo possibile.
Nascondino: si sceglieva un giocatore che doveva contare fino a dieci, mentre gli altri si nascondevano.
Il gioco delle tre carte: un gioco d’azzardo molto diffuso tra i ragazzi, che prevedeva di indovinare in quale delle tre carte scoperte si trovava quella di maggior valore.
Ma il passatempo più diffuso tra i giovani milanesi era la passeggiata. Lo struscio è stato da sempre un modo di incontrare o rivedersi nelle strade più popolari di ogni città d’Italia.
Nella Milano dei primi anni del Novecento, i luoghi di passeggiata preferiti erano i parchi pubblici e i giardini, come il Giardino Pubblico di Porta Venezia, il Parco delle Basiliche e il Parco Sempione, dove si potevano noleggiare della barchette a remi sul laghetto.
Molto frequentati anche i Navigli e Brera, sede di luoghi anche molto piccanti e trasgressivi. A proposito di particolari piccanti, un ruolo di incontro fondamentale lo ricopriva il ponte delle Sirenette, in origine posizionato in via Visconti di Modrone sopra il Naviglio. Era un punto che fungeva da Tinder dell’epoca dove da sguardi e sorrisi si indovinava la disponibilità. Successivamente venne spostato fino alla collocazione attuale nel cuore del parco Sempione dove è diventato il luogo dove, si dice, un bacio concede l’amore eterno.