Milano, una città sempre lanciata verso il futuro e la modernità ma che mantiene viva la memoria della sua storia e del suo passato. Perché Milano non dimentica. È così che per le sue strade si possono incontrare alcune “stranezze” che, però, nascondono un significato importante per la città.
Migliaia di persone camminano ogni giorno per Piazza Repubblica, ma saranno poche quelle che si sono accorte di questi segni, o meglio buchi, sui pali che sorreggono i cavi elettrici dei tram. Una singolarità che può lasciare perplessi ma, riflettendo, si può intuire il motivo per niente banale di questi squarci. La Piazza porta con sé la testimonianza della Seconda Guerra Mondiale e dei bombardamenti su Milano.
# Quando Milano si spense sotto le bombe
Per accelerare la resa dell’Italia, le Forze Alleate intensificarono i bombardamenti e gli attacchi aerei sulla città, un obiettivo raggiunto poi l’8 settembre, in seguito alla firma dell’armistizio da parte del Governo Badoglio. Le notti dell’8, del 13, del 15 e del 16 agosto furono segnate da pesanti bombardamenti che causarono centinaia di vittime e portarono distruzione per tutta la città, colpendo anche gran parte del patrimonio artistico-culturale di Milano, come il Duomo, il Castello, la Galleria e il Teatro alla Scala.
# La testimonianza della guerra incisa sui pali
I bombardamenti, purtroppo, non terminarono con l’armistizio ma proseguirono fino al giorno della liberazione dai nazifascisti (25 aprile 1945). Una volta cessata la guerra, proprio come una fenice, Milano è risorta dalle sue ceneri e in poco tempo è diventata il simbolo del boom economico. Di quel terribile periodo della guerra rimangono poche tracce, le più evidenti sui pali della Piazza, posizionati verso viale Monte Santo (a sinistra della piazza guardando in direzione della Stazione Centrale), nell’area delle rotaie dei tram. Enormi e impressionanti squarci lasciati dalle schegge delle bombe che riportano a galla vecchi e dolorosi ricordi.
Altri segni come questi sono visibili anche sul porticato dell’Università Statale e sul portone d’ingresso del Duomo.
La sua forma dall’alto ricorda un quadrifoglio. Eppure non è accompagnata da una fama fortunata: per molti milanesi è un simbolo di violenza e disagio. Anche conosciuta come Rozzangeles, per le dinamiche da periferia con cui viene spesso rappresentata, è situata nella zona sud di Milano ed è facilmente raggiungibile dal centro città con il tram 15, oltre che ad essere ben collegata tramite le tangenziali. Al di là degli ultimi episodi di cronaca nera, esistono anche dei motivi di attrazione.
Rozzangeles, ultima frontiera: le 10 meraviglie del “Bronx di Milano”
# La nostra Trafalgar: la grande vittoria contro Barbarossa
Cominciamo con la storia. Il nome ha provenienza romana, da Rotius, il soldato di legione al quale fu donata l’area. Rozzano ha ospitato la battaglia tra Federico II di Svevia e l’esercito milanese. La presenza dei canali di irrigazione nel territorio ha guidato i milanesi a una vittoria spianata: allagando le campagne delle zone circostanti riuscirono a fermare l’imperatore.
Rozzano ha vissuto il boom economico nei primi anni ’60 grazie alla localizzazione di attività artigianali ed industriali nel territorio. Fattore determinante che ha favorito l’incremento della popolazione fino a superare il numero di 34.000 abitanti.
Si può dire che Rozzano ha potuto distinguersi e spiccare tra le altre realtà dell’hinterland milanese. I principali fattori sono stati lo sviluppo del tessuto urbano ed il forte orientamento alle iniziative sull’ambiente. Si può raffigurare come paladina nel rispetto per l’ambiente, come indicano i numerosi piani di recupero urbani a cui partecipa. Rozzano è anche attenta ai suoi cittadini e mostra costanza ed impegno in modo efficace nei servizi inerenti all’individuo ed il welfare.
È culla nativa di personaggi famosi, come ad esempio il cantautore italiano Biagio Antonacci, ha visto nascere il leggendario pilota di formula uno Michele Alboreto ed il comune ha ospitato il matrimonio civile del rapper Federico Leonardo Lucia, più noto sotto il nome di Fedez, che si fregia di essere di Rozzano anche se in realtà è di Buccinasco. Ma questa è un’altra storia.
Le 10 meraviglie di Rozzano
#1 Sant’Ambrogio
Anche Rozzano ha la sua chiesa di Sant’Ambrogio. Merita di certo visita per la sua identità, piccola ma accogliente, e per il suo stile architettonico gotico, che aumenta il fascino ed accende la curiosità del visitatore. Un luogo d’incontro per i fedeli, vicino ai giovani ed aperto a chiunque voglia usufruire dei servizi alla comunità. All’interno della chiesa sono presenti affreschi dei celeberrimi pittori Luini, Morazzone e Bergognone. Un vero gioiello l’antico organo risalente all’anno 1874, fu realizzato dal grande costruttore Bernasconi: a garanzia, anche la notorietà della sua famiglia.
#2 Cascina Grande
Risale all’anno 1881, costruita dal marchese Zanoletti. Questa cascina rappresenta l’esempio ideale di restauro edilizio. Viene utilizzata dal comune come centro culturale ed offre ai cittadini di Rozzano un luogo sereno dove trascorrere il pomeriggio oltre che un luogo di studio, usufruendo dello spazio della ricca biblioteca al suo interno.
#3 Castello di Cassino Scanasio
Castello degno di nota per le famiglie che lo hanno posseduto. In primis la famiglia Trivulzio: proprietaria per lungo tempo, finchè poi cedette il tutto ai Visconti di Vimodrone. Loro furono molto appassionati al castello e ne finanziarono i lavori di ristrutturazione. Il castello è oggi integrato nel parco di una zona residenziale, ma purtroppo si può ammirare solo da fuori per mancanza di agibilità negli interni.
#4 Torre di Telecom Italia
La torre è diventata un simbolo di riferimento per la cittadina. Con i suoi 187 metri di altezza si aggiudica il quarto posto in classifica tra gli edifici più alti d’Italia. Appartiene al gruppo delle telecomunicazioni di Telecom Italia. Nell’area circostante, oltre agli edifici residenziali, sono adibiti data center ed un auditorium dove si tengono i consigli di amministrazione dell’azienda.
#5 Visita del Presidente Jefferson
Il terzo Presidente degli Stati Uniti, durante il suo viaggio in Europa nel lontano 1787, ha messo piede in suolo rozzanese. Si trova materiale che testimonia l’evento in vari documenti. Prima traccia il suo libro “Jefferson On Wine”, in cui descrive la sua accesa curiosità nel capire il funzionamento delle ghiacciaie e la scoperta della produzione del Parmigiano.
Divenuto celebre, anche tra chi non è appassionato di corse, per la battuta del Dogui “Alboreto is nothing”, pochi sanno che lo sfortunato pilota era di Rozzano. La scultura si trova all’interno del centro culturale di Cascina Grande. I 4 metri di altezza sono indice dell’immenso rispetto al pilota ed alla sua carriera. Il progetto nacque da una mostra fotografica, fino all’anno 2003 anno in cui venne scelta l’opera di Silvio Fiorenzi. Vincitrice tra i 70 bozzetti candidati.
#7 Museo dell’Automobile (Quattroruote)
Questo museo rappresenta il desiderio di raccontare la passione di Gianni Mazzocchi, direttore del magazine di motori Quattroruote. All’interno dello spazio ci sono preziosi modelli di automobili nazionali e marche estere, che appartenevano a collezioni private.
#8 Istituto Clinico Humanitas
Forse il principale valore aggiunto per la Rozzano di oggi. L’ospedale è stato fondato nel 1996, ospita 700 posti letto ed dà impiego a 1900 lavoratori. L’Humanitas è un punto di riferimento per i pazienti affetti da tumori e malattie immunodegenerative. Non solo: è anche un centro di ricerca clinica e scientifica, nonché sede di insegnamento dell’Università Humanitas.
#9 Il Giardino Verticale
Un agglomerato di ben 200 specie vegetali esteso su una parete lunga 8 metri. La particolarità è la posizione verticale delle piante, che va così a ricoprire una parete esterna del centro commerciale Fiordaliso. Il muschio a fibra lunga proveniente dal Cile è la base di questa combinazione di ecologia del futuro.
#10 Kartodromo di Rozzano
La pista è in outdoor, è stata rinnovata da qualche anno e l’asfalto nuovo permette di sfrecciare e divertirsi con i propri amici in tutta sicurezza. C’è il servizio di noleggio kart oppure si può correre con il proprio mezzo. A fine corsa c’è la possibilità di intrattenersi nell’area ristoro.
Chi ha girato in mondo è convinto che le toilette svizzerepubbliche siano le migliori in assoluto. Di Milano non si può dire lo stesso, anche se in alcuni casi si può rimanere sorpresi.
Le toilette più belle e pulite di Milano: quasi come in Svizzera?
# L’eccellenza dei bagni pubblici svizzeri
Per valutare una casa o un appartamento si guardano i bagni. Per capire un ristorante è sempre bene fare una visita alla toilette. Per comprendere un paese è significativo utilizzare i suoi gabinetti pubblici. Sotto questo aspetto la Svizzera non ha rivali: quando si entra la prima volta in uno di questi locali, chiamarli gabinetti è un po’ riduttivo e soprattutto non rende a pieno l’idea di dove ci si trova.
Locali multifunzionali in acciaio a specchio con tanti pulsanti illuminati di diversi colori, tutte le possibili funzioni e servizi accessori che si possono avere in un bagno, compresa anche la funzione doccia. In questo Milano sembra distante anni luce dal confine. Ma ci sono delle eccezioni.
# Le toilette più belle di Milano: da Cracco a Fondazione Prada
A Milano non si può dire altrettanto dei bagni pubblici, spesso sono fuori uso o in pessime condizioni. Ci sono però dei locali e dei ristoranti dove questi sono davvero uno spettacolo. Eccone alcuni segnalati dai nostri lettori sullafanpage di Milanocittàstato.
I bagni del Ristorante Cracco o della Pasticceria Marchesi in Galleria Vittorio Emanuele e della vicina Rinascente.
Tra le toilette da “provare” in città ci sono anche quelle di Lamo Restaurant, dell’Hotel Principe di Savoia, del Ralph Lauren Bar.
Apprezzamenti anche per quelli di Starbucks in piazza Cordusio o del Cipriani in Corso Venezia.
Per gli amanti del design minimal ci sono, infine, i bagni della Triennale o quelli di Fondazione Prada.
La quinta linea metropolitana di Milano è stata inaugurata. E’ tempo di concentrarsi su quello che si potrebbe realizzare in futuro. Entro l’autunno, in teoria per la fine del mese di ottobre, dovrebbero essere rese pubbliche le ipotesi di tracciato per la prossima metropolitana: la M6. Il progetto preliminare per individuare il tracciato migliore e capire se il rapporto costi/benefici possa risultare favorevole è stato finanziato nel 2022 dal governo, con prima ipotesi di Palazzo Marino solo per il lato sud della linea: come potrebbe essere se proseguisse verso nord?
Metro rosa, come immaginare il lato nord? I tre possibili tracciati
# Il nuovo tracciato della futura M6: da sud-est a sud-ovest e 12 stazioni con interscambi con M2, M3 e passante/circle line
Nel 2022 il Comune di Milano ha ottenuto 4,5 milioni di euro dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili per studiare un percorso per la linea M6 che invece di andare lungo la direttrice nord-sud, come da ipotesi iniziale, colleghi la zona di sud-est della città con quella di sud-ovest. Si tratta di un tracciato di 12 stazioni, dal capolinea ad est a Ponte Lambro, anche se ancora da definire e con alcune fermate possibili a servire: l’Arena di Santa Giulia in costruzione, il quartiere di Morsenchio, Zama intersecando il passante e la futura Circle Line, Piazzale Cuoco e Lodi T.I.B.B. a interscambiare con la linea M3.
Verso ovest dovrebbe avere ulteriori stazioni lungo viale Ortles, nel quartiere Fatima e nell’area tra via Ferrari e via Monte Sabini, incrociare la M2 a Piazza Abbiategrasso per terminare con la fermata nei pressi delle Cartiere Binda e infine fare capolinea ad ovest all’Ospedale San Paolo in zona Barona.
Un formulazione che andrebbe a favorire soprattutto il Municipio 5, oggi nella parte sud raggiunto solo dalla M2 in piazza Abbiategrasso, in attesa di conoscere i sei tracciati allo studio per servirlo e che dovrebbero essere presentati entro la fine di ottobre. Ma in molti protestano: perchè lasciare sguarnita la parte nord di Milano?
Si potrebbero ipotizzare due alternative per la prosecuzione della nuova linea M6 verso nord oppure una terza alternativa con un tracciato con due diramazioni.
#1 Prosecuzione su Corso Sempione e Viale Certosa fino a Baranzate
Prima ipotesi: un percorso più interno. Questo includerebbe: l’incrocio con la stazione San Cristoforo M4-FS, seguita da una fermata nel quartiere Ebraico, poi prosecuzione da Pagano, dove incontrerebbe la linea M1, per collegare il bivio tra Bisceglie e Rho Fiera. Procedendo verso nord una fermata vicino all’Arco della Pace, una all’incrocio con Domodossola M5 FN e altre in Piazza Firenze e Piazzale Accursio lungo Corso Sempione, fino a viale Certosa, dove ci sarebbe anche una fermata al Cimitero Maggiore.
L’ultimo tratto della linea metropolitana includerebbe una stazione nel quartiere Stephenson, con interscambio alla futura Circle Line, una nei pressi dell’Ospedale Sacco, con il capolinea nel comune di Baranzate, a servizio degli utenti provenienti dalla Tangenziale Nord.
#2 Un tracciato più esterno, affiancato alla tangenziale ovest, con capolinea a Rho Fiera
Seconda ipotesi: tracciato più esterno, sempre con interscambio con la stazione di San Cristoforo M4-FS per poi puntare al nuovo capolinea della M1 nel quartiere Olmi nei pressi della tangenziale ovest, con una fermata nel Comune di Cesano Boscone.
La linea potrebbe poi proseguire coprendo l’area ovest esclusa dalla futura Circle Line, affiancando la tangenziale e includendo una fermata vicino al Parco delle Cave, tra Baggio e Quinto Romano. Successivamente, si potrebbe prevedere una fermata su via Novara, utile per servire Figino e con possibilità di interscambio con la linea M5, qualora fosse estesa verso Settimo Milanese. Il tracciato infine si attesterebbe al capolinea della linea M1 Rho Fiera, già nodo di treni regionali, suburbani e ad alta velocità, e probabile terminal nord per la Circle Line nei prossimi anni.
#3 Un tratto comune fino a San Cristoforo e poi una biforcazione interna e una esterna
Infine un’altra possibilità sarebbe quella di tenere il tratto comune della linea fino a San Cristoforo M4-FS e realizzare una biforcazione che contempli entrambe le prime due ipotesi: un ramo terminerebbe a Rho Fiera e l’altro nel comune di Baranzate.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Chi si cela dietro il fenomeno social del momento che prende il giro il boomer “bauscia” milanese? Come è nato il personaggio e quali sono i video più divertenti.
# Il fenomeno comico che sta spopolando sui social newtork
Un fenomeno social scoppiato negli ultimi mesi: il boomer milanese. Si presenta con camicia con i bottoni slacciati, catena tamarra d’oro al collo, o vestito elegante, e un fortissimo accento milanese con i classici intercalari “figa” e “cazzo”. Nei suoi video su Instagram e TikTok, dove ha raggiunto rispettivamente i 60 e 100mila follower, nascosto da un filtro che altera in modo esagerato i lineamenti del volto, si cimenta nei racconti tipici del baüscia che si pavoneggia con storie smaccatamente inventate.
# Chi si nasconde dietro il “Boomer milanese”
La sua identità è ancora segreta, ma grazie all’intervista realizzata da Alessandro Gemme per Milano Todaysi scopre qualche indizio su chi si nasconde dietro il personaggio. Innanzitutto il nome di battesimo: il vero nome del boomer è Gabriele. Poi l’età che non è da boomer: 38 anni. Come il personaggio che incarna, anche il suo creatore si è laureato in Bocconi. Poi si sa che di professione fa il consulente, ma è anche un creatore di opere d’arte. La sua scelta di non svelarsi è dettata dal non sapere se i suoi video continueranno ad avere successo, trasformandosi in lavoro, o se tutto scoppierà come un bolla di sapone. Tutto è nato per gioco in vacanza, in momento di noia, e per ricordare il padre, ricalcato in parte dal personaggio, scomparso un anno fa.
«Faccio finta di essere quel 60enne che si trova in ogni famiglia e che racconta un pacco di avventure miste a cazzate»
Il Buslaghi e il Giangi, presenti nei suo racconti, sono due maschere con la personalità di suoi amici. Gabriele spiega così invece il personaggio del Bauscia: «Interpreto un personaggio che a Milano è presente ovunque», «Sostanzialmente faccio finta di essere quel 60enne che si trova in ogni famiglia, quello zio che racconta un pacco di avventure miste a cazzate. Non gli credi, ma te le racconta così bene che alla fin fine ti lasci imbambolare e lo ascolti per ore».
Sul suo profilo IG“il_boomer_milanese_official” con sottotitolo “Col Giangi ed il Buslaghi a far baldoria nella Milano degli anni ‘80” sono una quarantina i video caricati. Eccone alcuni tra i più divertenti:
Prosegue la realizzazione di un nuovo centro dedicato alla ristorazione dinamica e sostenibile all’interno di un’area industriale abbandonata, ora in fase di riqualificazione. Ecco come si sta completando e l’obiettivo del progetto.
Il Milano Food District: 20 nuovi ristoranti dentro un unico quartiere con un’oasi verde
# Certosa District: “il distretto del cibo autentico, dei ristoratori, degli chef”
Il Milano Certosa District sta emergendo come un nuovo polo per la ristorazione dinamica e sostenibile. Un progetto che ha avuto inizio dalla rigenerazione di un’area industriale abbandonata, trasformata grazie a La Forgiatura in un campus integrato di 30.000 mq. Situato tra via Varesina, via Mac Mahon e via Oriani, questo nuovo quartiere, sviluppato dalla società immobiliare RealStep, era in passato la sede dei gruppi Koelliker e Sandvik. Come sottolineato dal direttore generale Vincenzo Giannico, il distretto è dedicato «al cibo autentico, ai ristoratori, agli chef e agli imprenditori che valorizzano la stagionalità, rispettano prodotti e ambiente e si dedicano alla ricerca.»
# Un’estensione complessiva di 100.000 mq, di cui 6.000 mq riservati a 20 locali di ristorazione
Attualmente, l’area destinata al nuovo “quartiere” si estende per circa 100.000 mq, con un possibile ampliamento previsto nei prossimi anni. Nelle ex aree industriali in fase di rigenerazione, trovano e troveranno spazio anche uffici, spazi di co-living e 20 locali dedicati a ristoranti, caffè e luoghi per il dopocena, insieme a zone verdi e aziende multinazionali. Un esempio è la nuova sede europea di Whirlpool, situata in questo contesto. Gli spazi riservati alla ristorazione coprono una superficie di 6.000 mq e sono dislocati tra Via Varesina, Via Brunetti e Via Giovanni da Udine.
# Le prime cinque inaugurazioni tra il 2023 e il 2024, l’assegnazione di tutti gli spazi entro il 2026
Finora sono stati inaugurati cinque spazi: i primi due nel 2023, June Collection e Loste Café (una bakery di Lorenzo Cioli e Stefano Ferraro, entrambi formati a Copenhagen). Sono seguiti poi Crosta (un forno e pizzeria di Simone Lombardi e Giovanni Mineo), Lafa, che offre cucina araba e mediorientale ed è gestito da Hippolyte Vautrin, titolare di Røst e Kanpai, e Ape Cesare. I brand che hanno già aperto e quelli che apriranno sono già presenti a Milano in altre location e hanno a disposizione spazi che variano tra gli 80 e i 900 mq. Entro il 2026, si prevede di assegnare tutti gli spazi rimanenti.
# L’obiettivo è creare una comunità attiva, con eventi aperti alla zona seguendo gli esempi di Parigi e New York
L’obiettivo del progetto è quello di creare una comunità attiva, organizzando eventi che coinvolgano la zona grazie alla partecipazione di noti esponenti della ristorazione, prendendo spunto da esperienze di successo in città come Parigi, Copenhagen e New York.
# Nel 2026 pronta un’oasi verde di 6.000 mq con orti condivisi e spazi di inclusione sociale
Il processo di rigenerazione dell’area prevede la riapertura di un’area vede di oltre 6.000 mq, con orti condivisi e spazi di inclusione sociale. Il progetto è curato da Parcnouveau e prevede al suo interno una piazza alberata dedicata al relax, playground polifunzionali, un’area attrezzata per lo sport outdoor, spazi gioco pensati per i più piccoli e un campo bocce. L’inaugurazione è programmata per il 2026.
I 10 posti in Italia da vedere almeno una volta nella vita
#1 Burano, l’isola dei colori
La sorella minore delle isolette della laguna veneziana famose per l’artigianato, Burano è conosciuta per le sue pittoresche casette dai colori vivaci che si riflettono nei canali. Se a Murano si lavora il vetro, qui è presente una lunga tradizione della lavorazione del merletto, un’arte che ancora oggi attira artigiani e visitatori. Passeggiando tra le vie strette e silenziose dell’isola si può ancora percepire il suo fascino autentico, è come immergersi in un dipinto vivente.
#2 Venezia, la città dei canali e dell’amore
Riconosciuta come la città dell’amore. Unica al mondo, per via della sua costruzione su un intrico di canali e ponti, Venezia è ricca in ogni angolo di bellezze da ammirare: Piazza San Marco con la sua basilica, il Ponte di Rialto, palazzi storici, chiese affrescate e piazzette nascoste. Il giro in gondola è d’obbligo, altrimenti si perde metà della magia, ma per scoprire la sua anima autentica vale la pena perdersi tra le sue calli.
#3 Firenze, un concentrato di arte, storia e cultura.
Una città magica, ancora di più la sera quando le luci si specchiano nell’Arno, con il centro storico che parla di grandi artisti come Michelangelo e Leonardo da Vinci. Firenze, culla del Rinascimento, è un infatti un concentrato di arte, storia e cultura. Dalla Galleria degli Uffizi al Duomo con la cupola del Brunelleschi, dal Ponte Vecchio a piazza della Signoria. C’è solo l’imbarazzo della scelta.
#4 Vernazza, una delle perle delle Cinque Terre
Famosa per i suoi colori pastello e l’atmosfera rilassata, Vernazza è una delle perle delle Cinque Terre, oltre che tappa obbligata per chi è in visita alla Riviera di Levante. Il piccolo porto e le stradine ripide regalano scorci indimenticabili, mentre il mare cristallino invita a fare un tuffo rinfrescante. Un perfetto connubio tra mare, tradizioni e un panorama unico.
#5 Portofino, la perla del Tigullio
Un’altra perla ligure, in questo caso del Tigullio. Sinonimo di lusso e bellezza senza tempo, Portofino è uno dei luoghi più fotografati del nostro Paese e meta indiscussa dai super ricchi. Riconoscibile per il suo porticciolo costellato di yacht e case colorate, è anche un luogo perfetto per gli amanti della natura. Partendo dalla mitica piazzetta inizia un percorso all’interno dell’omonimo Parco Regionale che culmina al faro, da dove godere di una vista mozzafiato sul mare e la costa circostante.
#6 Sirmione, uno dei borghi lacustri più belli
Uno dei borghi lacustri più belli d’Italia. Sulla sponda meridionale del Lago di Garda, Sirmione è celebre per il suo castello medievale e le rovine delle Grotte di Catullo. Offre una perfetta combinazione di storia e natura. Le sue terme, già note in epoca romana, sono ideali per una giornata di relax, mentre le stradine lastricate invitano a piacevoli passeggiate.
#7 Lago di Como, il più glamour dei laghi italiani
Dal Lago di Garda al Lago di Como, incastonato tra le montagne, è uno dei laghi più spettacolari d’Italia oltre che il più cool e gettonato dal jet set internazionale. Sulle sue placide acque si specchiano ville storiche e giardini rigogliosi, come Villa Carlotta e Balbianello, e sulle sue rive sono adagiati borghi suggestivi come Bellagio e Varenna. Una meta perfetta per chi cerca un mix di natura, relax e un pizzico di glamour.
#8 Lago di Braies, il lago alpino più bello del mondo
Uno dei laghi alpini più fotografati al mondo per i suoi colori che variano dal verde al turchese. Incastonato nelle Dolomiti, il Lago di Braies, potrebbe essere la location ideale per un film ambientato in un mondo fiabesco. È perfetto per escursioni in estate o per una semplice passeggiata attorno al lago, che regala panorami da cartolina in ogni stagione. La quiete e la bellezza del luogo lo rendono un’attrazione da non perdere per chi visita il Trentino Alto Adige.
Rimaniamo nelle Dolomiti, Patrimonio dell’Unesco, precisamente nel gruppo delle Odle. Seceda è una meta imperdibile per gli amanti della montagna grazie alle sue vette frastagliate, la sua cima arriva a 2.519 metri, e i panorami mozzafiato sulla Val Gardena. Perfetta per escursioni estive e sciate invernali, ci sono diversi spettacolari sentieri panoramici da percorrere, è possibile esplorare questa meraviglia naturale e ammirare i colori che cambiano con le stagioni, dal verde brillante dei prati al bianco della neve.
#10 Alpe di Siusi, il più grande altopiano d’Europa
Concludiamo con un’altra località di montagna: l’Alpe di Siusi. Si tratta del più grande altopiano d’Europa e offre panorami straordinari sulle Dolomiti. L’aria pura e i vasti spazi aperti lo rendono un luogo perfetto per rigenerarsi e godere della natura incontaminata. Durante l’estate, i suoi prati fioriti sono un paradiso per gli escursionisti, mentre in inverno si trasforma in una rinomata località sciistica.
Dal 1° ottobre 2024, la città di Parigi ha introdotto un divieto alla vendita di diesel in alcune stazioni di servizio situate sulle principali arterie della città, come la circonvallazione e le aree periferiche. Milano seguirà ancora una volta il modello parigino? O, invece, cercherà finalmente di trovare un’alternativa ai divieti?
Parigi vieta il diesel: ma l’alternativa rivoluzionaria che dovrebbe adottare Milano è un’altra
# Il divieto per alcuni distributori di vendere diesel
Quattro stazioni di TotalEnergies hanno cessato la vendita di questo carburante, ritenuto eccessivamente inquinante. Il provvedimento fa parte di una strategia comunale più ampia per ridurre l’inquinamento atmosferico nella capitale francese, dove l’aria è spesso contaminata da ossidi di azoto e particolati, sostanze emesse dai veicoli diesel.
Questa decisione rientra nel piano del sindaco Anne Hidalgo, che mira a ridurre il ruolo dell’automobile in città. Già in passato, la città ha adottato misure restrittive per il traffico, come l’ampliamento delle piste ciclabili, la riduzione dei limiti di velocità a 30 all’ora (e a 50 sulla peripherique, la tangenziale parigina) e la riduzione delle strade aperte ai veicoli. Anche il nuovo divieto ha suscitato malcontento tra i residenti e i pendolari che dipendono dai veicoli diesel, soprattutto perché le alternative, come le auto elettriche e ibride, non sono ancora accessibili a tutti.
Inoltre, la restrizione rischia di creare ingorghi nelle stazioni periferiche dove il diesel è ancora disponibile, poiché non tutte le infrastrutture sono pronte a gestire l’aumento previsto del traffico.
# Il progetto europeo e francese per vietare il diesel
Le restrizioni parigine si inseriscono in un contesto europeo più ampio, che mira a eliminare i veicoli a combustione interna entro il 2035. L’Unione Europea ha previsto il divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel a partire da quella data, parte degli sforzi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In Francia, l’obiettivo è di vietare la circolazione delle auto diesel nelle città entro il 2030, anticipando le direttive europee.
# Milano deve scegliere: continuare nell’ostinata lotta alle auto o trovare una sua strada?
Milano ha già adottato politiche “parigine”, come l’introduzione delle strade a 30 km/h. La scelta di vietare il diesel potrebbe essere replicata, anche se una volta ancora l’imitazione potrebbe alimentare problemi ancora più grandi, per il fatto che a Milano non esistono infrastrutture di mobilità pubblica a livello della capitale francese. Forse potrebbe essere il momento della presa di coscienza che per molti a Milano la scelta di muoversi in auto non presenta alternative, a meno di gravi sacrifici in termini di tempo e di risorse economiche. Potrebbe Milano scegliere una sua strada, fatta di decisioni che creino armonia tra i diversi mezzi di trasporto?
Una gestione più equilibrata di restrizioni insieme a investimenti significativi per migliorare il trasporto pubblico, in particolare per i collegamenti con l’hinterland, e a un piano di incentivi per rendere abbordabile l’elettrico potrebbero rappresentare una via più sostenibile per i cittadini milanesi. Ma nella pratica cosa si potrebbe fare?
# La rivoluzione della mobilità: creare più livelli verticali per i diversi mezzi di trasporto
Molto probabilmente, la soluzione strutturale a traffico e inquinamento arriverà dall’innovazione piuttosto che dal divieto di circolazione, di distribuzione o dalle ZTL.
Al centro di questa visione ci potrebbe essere un vasto complesso di strade sotterranee, ispirato ai moderni parcheggi di City Life e a quanto avviene in numerose città del mondo, come Marsiglia dove dall’autostrada si entra in una rete di tunnel che portano a un sistema ramificato di parcheggi per poi accedere a piedi sulle strade cittadine. Questi tunnel sotterranei non solo risolverebbero il fattore traffico a Milano, ma potrebbero addirittura essere progettati con un sistema di purificazione dell’aria interno, o, in alternativa, con un sistema che sigilli l’aria inquinante al proprio interno, garantendo così che le emissioni inquinanti restino imprigionate sotto terra.
L’accesso a questi tunnel da parte delle automobili potrebbe avvenire tramite ingressi strategici dislocati in tutta la città, mentre l’uscita, una volta parcheggiata l’auto in uno dei numerosi silos sotterranei che si andrebbero a costruire, potrebbe avvenire da comodi ascensori dislocati in tutta la città.
Il traffico cittadino sarebbe ridotto, mentre le uniche zone di possibile traffico e emissioni inquinanti potrebbero essere i punti di accesso. Bisogna considerare, però, che questi punti di accesso sarebbero dislocati al di fuori della città e, comunque, con l’abbondanza di parcheggi interrati, la stragrande maggioranza delle vetture usufruirebbe raramente dei varchi di accesso.
Ma la vera rivoluzione consiste nel guadagnare spazi per la mobilità creando diversi livelli di movimento. Sottoterra ci andrebbero le auto. Mentre si potrebbero creare via di mobilità sospese al di sopra della superficie: ad esempio una rete di passerelle sospese, collegate tra i palazzi, permetterebbe ai pedoni di muoversi liberamente e, senza ostacoli, laddove si decidesse di destinare il “piano terra” ai ciclisti e ai mezzi, escluse le automobili, elettrici. Queste passerelle, realizzate con materiali leggeri e trasparenti, potrebbero ospitare giardini verticali, aree di sosta con punti di ricarica per biciclette elettriche e spazi dedicati a eventi culturali e sociali. Immaginate un percorso verde che attraversa i quartieri, incoraggiando la comunità a esplorare la città da un’altra prospettiva.
Infine, un’app comunale potrebbe aggiornare in tempo reale i cittadini sullo stato di traffico di tutte queste soluzioni, permettendo una pianificazione del viaggio intelligente, combinando le diverse modalità di trasporto.
Abbiamo chiesto ai milanesi in cosa è diversa la città da come si presentava e si percepiva alcuni anni fa. Scopriamo le risposte più gettonate. Foto cover: Ph. @davide_bossi_modellismo IG
“Milano dei navigli, vecchi ma puliti e dignitosi, dei negozi commerciali pieni di vita, di una società media piena di vita e di futuro, ormai è tutto globalizzato, ottimizzato, sintetico e privo di anima pulsante. La Milano dei milanesi, anche di adozione con la voglia di fare e di lavorare non esiste più.” – Paolo Pellegrini
# E’ diventata una città di ingrati
“Troppe persone che dovrebbero ringraziare l’accoglienza e la possibilità che i loro genitori hanno avuto!!! Io figlio di emigrati ho vissuto nei, chiamiamoli sobborghi, però ho avuto la possibilità di integrarmi e di crescere!” – Gabriele Riccioni
# Ha smarrito il fascino della sua identità
“Il fascino e l’identità: è diventata la città di tutti tranne di chi l’ha vissuta veramente nella sua natura più vera, fatta di possibilità, lavoro di qualità, divertimento e il piacere di passeggiare la sera tardi senza provare terrore.” – Cinzia Manuti
# Più costosa e più arrogante
“Più costosa, più arrogante. Per carità, rimane una città in cui trovi quello che vuoi, ma a volte ho l’impressione che abbia perso la sua identità, in favore di un’attitudine “wannabe” che strizza l’occhio a città come Londra o Parigi.” – Frank Dee
# Manca il profumo della libertà
“Milano era la città dei lavoratori, della rivendicazione sociale dei diritti, della cultura accessibile a tutti. Era il profumo di libertà” – Nunzia Rubino
# Non c’è più la semplicità delle cose genuine
“In tutto: manca la semplicità, le vecchie trattorie, le vinerie, la scighera, il dialetto, le drogherie, il rispetto.” – Annamaria Chiappetti
# Ha perso la nebbia e l’eleganza
“La scighera e l’eleganza, ahimè.” – Marco Ghizzoni
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Quando l’attrazione di Londra era il Duomo di Milano
# La Grande esposizione di Londra del 1862
Dopo l’Expo 1851, la prima esposizione universale organizzata nella storia, anche quella del 1862 venne realizzata a Londra. Fu sponsorizzata dalla Royal Society of Arts e si svolse su un’area di 9 ettari nei pressi dei giardini della Royal Horticultural Society a South Kensington. In quella stessa area sorsero successivamente alcuni dei musei più famosi della metropoli, come quello di storia naturale e quello della scienza. Tra le 36 nazioni e 28.000 espositori partecipanti ci fu anche l’Italia. Con Milano protagonista.
Lo spazio espositivo era destinato ai ritrovati dell’industria e della tecnologia. Tra quelli più rivoluzionari ci fu la macchina analitica di Charles Babbage, primo prototipo di un computer meccanico progettato per compiere operazioni generiche, la prima gomma prodotta con l’uso del caucciù e il convertitore Bessemer, un particolare forno a forma di pera inventato per la produzione industriale di acciaio.
# La riproduzione in argento del Duomo di Milano
In mezzo alle scoperte più innovative c’era un’attrazione che ha sorpreso molti dei 6 milioni di visitatori della Grande Esposizione Universale: il Duomo di Milano. Si trattava in realtà di una riproduzione gigante dalla cattedrale milanese esposta all’interno del padiglione italiano insieme alle altre bellezze della penisola. Per tante persone fu la prima occasione di vederlo dal vivo, anche se in scala ridotta. Fu realizzato in argento ma nessuno sa che fine fece dopo l’esposizione, probabilmente i componenti del modellino furono smontati e riutilizzati per altri scopi.
Oggi se ne può vedere uno simile nel negozio della Lego, costruito in mattoncini, e soprattutto all’interno del Museo del Duomo, in legno di tiglio, noce e cirmolo, con integrazioni d’abete, detto il Modellone e in scala 1:20.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Da troppo tempo Milano non è curata come si dovrebbe. Lo si nota sia nelle piccole che nelle grandi cose. Ecco perché non è all’altezza di una città della bellezza e dove bisogna intervenire per risollevarla.
5 cambiamenti perché Milano diventi la Grande Bellezza
#1 Arredo urbano approssimativo e pessima manutenzione
L’arredo urbano approssimativo e una manutenzione pessima è forse una delle note più dolenti sull’impatto estetico della città. Cartelli arrugginiti, strisce pedonali sbiadite o cancellate, pali in bilico, pavé dissestato e spesso sostituito da catrame di scarsa qualità, lo stesso usato sui marciapiedi che infatti è spesso rovinato. A questo si aggiunge l’eccessiva palificazione ad ogni nuova riqualificazione. Ci sono città come Praga dove l’arredo urbano è diventato uno dei tratti distintivi: Milano deve tornare a essere elegante anche nelle cose pubbliche.
#2 Illuminazione notturna da città del socialismo reale
Le nuove zone riqualificate della città possono giovare di un’illuminazione diffusa e con impianti ad alta efficienza. Lo stesso non si può dire per tutto il resto di Milano, iniziando dal centro storico dove vie e piazze scarsamente illuminate sono la prassi, così come molti palazzi storici e monumenti sono tenuti al buio. Inoltre anche quando è presente la qualità non è certo delle migliori e forse non ha giovato la sostituzione delle luci calde con quelle fredde a neon. Altre città risplendono ancora di più con le luci nella notte. Addirittura a Stoccolma si usa mettere un abat jour vicino alla finestra per contribuire alla luce nella notte.
#3 Scarsa pulizia di strade e marciapiedi
Salvo alcune aree del centro e nonostante sia una delle grandi città più pulite d’Italia, Milanoè lontana anni luce da quasi tutte le altre metropoli europee. Cartacce, mozziconi, vetri rotti per terra, tombini occlusi e cestini stracolmi. L’Amsa è un’eccellenza ma non basta a dare il giusto decoro a Milano, serve fare molto di più.
#4 Stazioni dei treni e dei bus sciatte e mal curate
Salvo la Stazione Centrale e quella di Porta Garibaldi FS, tralasciando l’orrendo parcheggio antistante, le stazioni dei treni ma così come quelle di attestazione di bus anche provenienti dall’estero, come Lampugnano, sono spesso luoghi di disagio. Invece di essere un biglietto da visita per chi arriva in città sono poco curati e brutti da vedere. Andrebbe ripensato sia l’impatto visivo delle stazioni che gli ambienti circostanti.
Nelle grandi città del mondo gli spazi verdi sono più valorizzati e vivi, spesso sono il centro di attività creative e un punto di riferimento costante per i cittadini. A Milano invece sono poco curati, sia il verde che l’arredo urbano e le attrezzatture all’interno. Lo stesso discorso vale per la maggior parte delle aiuole in città, troppo spesso lasciate a loro stesse, con erba e piante secche e rifiuti di incivili a peggiorare la situazione. Se anche a Milano venissero portate al centro di iniziative di incontro e di cultura, potrebbero essere curate e valorizzate di più.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il 12 ottobre 2024 è una data storica per Milano. Alle ore 10:00 il viaggio inaugurale per istituzioni e stampa, alle 13.30 l’entrata in funzione di tutta la linea M4 da Linate a San Cristoforo Fs per tutti i milanesi. Ecco le immagini e i video dell’inaugurazione.
Festa M4: immagini e video dell’inaugurazione della linea fino a San Cristoforo FS
# L’ingresso a San Cristoforo Fs
Fabio Marcomin - InaugurazionE M4
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Prima dell’inaugurazione è stata scoperta una targa in memoria di Raffaelo Ielpo, operaio deceduto durante i lavori per la realizzazione della linea M4.
# Le nuove mappe
Fabio Marcomin - Le nuove mappe
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Le nuove mappe aggiornate con l’aggiunta della linea M4 completata: da sinistra a destra la la mappa ATM, quella del Comune di Milano con tutte le linee dei mezzi di trasporto e quella di Regione Lombardia.
# Le immagini del viaggio da San Cristoforo FS a Linate
Fabio Marcomin - Il viaggio da San Cristoforo fs a Linate
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’Ocean Dome di Miyazaki, Giappone, demolito nel 2017, è stata la più grande spiaggia artificiale del mondo, con 12.000 metri quadrati di sabbia e un tetto retrattile, capace di ospitare 10.000 persone. Costato ¥200 miliardi ($1,6 miliardi), ha rappresentato un’opera ingegneristica unica nel suo genere. Cosa succederebbe se Milano decidesse di intraprendere un progetto simile?
Il «mare a Milano»: il nuovo Ocean Dome all’Idroscalo oppure… ai Bagni Sempione?
# Perché l’Idroscalo potrebbe essere l’Ocean Dome di Milano
L’Idroscalo è già un luogo popolare per gli amanti dello sport e, in generale, delle attività acquatiche. Tuttavia, gli manca quel senso di fuga dalla città e di attrazione tropicale che, invece, l’Ocean Dome restituiva ai giapponesi.
Un progetto che introducesse una vera spiaggia artificiale, per intenderci simile a quelle dalla riviera romagnola, ma al coperto, magari anche coprendo una parte dell’Idroscalo, potrebbe elevare questo lago artificiale di Milano a qualcosa di completamente diverso e unico nel suo genere. L’installazione di una struttura che garantisca un tetto retrattile, come quello del Seagaia, consentirebbe di sfruttare lo spazio sia d’estate che d’inverno, proteggendo gli eventuali bagnanti dai freddi invernali e dalle piogge estive, creando all’interno un ambiente adatto.
L’Idroscalo presenta altri limiti difficilmente superabili: situato nei pressi di Linate, è lontano dal centro di Milano, per questo potrebbe risultare meno accessibile per i cittadini desiderosi di un’esperienza di relax a portata di mano. Qui sorge l’idea che forse, per quanto più complesso da realizzare, l’Ocean Dome di Milano dovrebbe sorgere a pochi passi dal centro della città, sfruttando spazi dismessi, aree industriali abbandonate o grandi parchi.
# Il Bagno Sempione: un’oasi marittima nel centro di Milano?
Immaginate un parco che vada anche oltre l’Ocean Dome, nel cuore pulsante di Milano. Una scelta iconica e simbolica sarebbe Parco Sempione, che rappresenta già un punto di riferimento per la vita all’aperto della città, pur, ovviamente, mancando di un’oasi balneare. Sarebbe un polmone verde che diventa un paradiso esotico e il punto di svago della città.
L’idea del Bagno Sempione potrebbe spingersi oltre l’Ocean Dome, una singola spiaggia artificiale finirebbe per annoiare i milanesi, tutt’altra storia sarebbe un percorso tra diverse tipologie di spiagge, ciascuna ispirata a famose località balneari del mondo. Ogni area potrebbe avere un tema specifico, con sabbia importata da vari angoli del pianeta per ricreare l’esperienza unica di quei luoghi. Ecco alcune idee:
Spiaggia Caraibica – Baia delle Palme: sabbia bianca finissima, palme e amache, ricreando l’atmosfera rilassata dei Caraibi. Questa zona potrebbe includere bar a tema tropicale che servono cocktail esotici e una piscina dall’acqua cristallina che simuli le lagune delle isole caraibiche.
Spiaggia Californiana – Surf Bay: Onde artificiali, se possibile alte almeno fino a 2 metri, simili a quelle dell’Ocean Dome, con un’area dedicata ai surfisti. Questa parte potrebbe essere pensata come una piccola Malibu, con una torretta di salvataggio e, perché no, la presenza di surfisti stranieri che offrano corsi.
Spiaggia Mediterranea – Costa Azzurra: Sabbia dorata, mare tranquillo e calmo, lettini e ombrelloni in stile riviera francese. Una zona elegante e raffinata, con ristoranti gourmet che servono piatti tipici della cucina mediterranea.
Spiaggia Giapponese – Kyoto Beach: Una spiaggia di ciottoli levigati, con giardini, un angolo di tranquillità dove l’acqua dolcemente lambisce la riva. Potrebbe essere arricchita da strutture architettoniche in stile giapponese e zone relax con vasche termali all’aperto.
Naturalmente queste sono solo 4 idee, tra le quali mancano riferimenti alle spiagge italiane, le potenzialità sono infinite e, in fin dei conti, un rinnovo annuale delle spiagge, se gli incassi lo permettessero, sarebbe un altro punto forte dei Bagni Sempione.
# Attività e Attrazioni: più di una Semplice Spiaggia
La struttura potrebbe ospitare un’ampia gamma di attrazioni ispirate a destinazioni esotiche e internazionali. Le onde artificiali, di altezza variabile, consentirebbero ai surfisti di cimentarsi in diverse tecniche, mentre, di contro, piscine dedicate ai corsi di nuoto sarebbero ideali per famiglie con bambini. Aree relax, con spa e piscine termali ispirate alle terme giapponesi, offrirebbero un rifugio per chi cerca trattamenti rigeneranti, rendendo l’esperienza completa e diversificata.
L’atmosfera sarebbe arricchita da ristoranti a tema che offrono piatti tipici delle località marine, dal sushi giapponese al pesce fresco mediterraneo. Un mercato con negozi di articoli da spiaggia e gadget tropicali, uniti a uno spazio per eventi culturali e musicali, ispirati allo spirito delle coste californiane o dei festival caraibici, creerebbe una fusione unica di intrattenimento e cucina.
Per sorprendere i visitatori, e mantenere un filo diretto con l’Ocean Dome, al centro della struttura potrebbe essere posizionato un vulcano artificiale, magari realizzato con le fattezze dell’Etna o del Vesuvio, che potrebbe eruttare ogni 2 ore. Questo vulcano, oltre a vapori e colori, la notte potrebbe proiettare luci laser e, magari, suoni sincronizzati, immergendo presenti e passanti in uno spettacolo magico.
# Le sfide: ambientale ed economica
Per realizzare una struttura di questo tipo, la progettazione dovrebbe concentrarsi su estetica, funzionalità e soprattutto sostenibilità. L’uso di tecnologie avanzate per il risparmio energetico e la gestione delle risorse idriche sarebbe essenziale, integrando sistemi di riciclo dell’acqua, unitamente a formule per generare energia dall’acqua utilizzata e pannelli solari per coprire le esigenze energetiche.
Un progetto di tale portata comporterebbe inevitabilmente sfide economiche e logistiche, con costi significativi per la costruzione, ma il ritorno, sia in termini di turismo che di creazione di posti di lavoro, potrebbe giustificare l’investimento. Collaborazioni con investitori privati e aziende del settore turistico sarebbero cruciali per garantirne la sostenibilità finanziaria. Oltre che per i milanesi, l’attrazione potrebbe essere irresistibile per cittadini e visitatori internazionali.
I passeggeri potranno ammirare alcuni dei percorsi ferroviari più spettacolari del mondo e oltre mozzafiato paesaggi naturali incontaminati. Il progetto attende ancora di essere confermato, ma c’è un’ipotesi per il primo viaggio inaugurale. Scopriamo il tracciato e le caratteristiche dei treni.
Viaggeremo sul Norient Express? Questo il suo percorso da favola ai limiti dell’artico
# Una delle esperienze ferroviarie più spettacolari e lussuose d’Europa
Il Norient Express è pensato per essere un’esperienza unica attraverso i paesaggi mozzafiato della Norvegia, una delle più spettacolari e lussuose d’Europa. Il nome è una crasi tra Norvegia e il famoso e opulento Orient Express. L’itinerario è stato scelto con cura, i passeggeri potranno ammirare alcuni dei percorsi ferroviari più spettacolari del mondo, come la Dovre Railway e la Bergen Railway, entrambe note per le loro viste straordinarie su montagne innevate, laghi, fiordi e vallate.
# Le caratteristiche dei treni
L’iniziativa punta tutta sul lusso e la sostenibilità. I due convogli sono infatti alimentati elettricamente, riducendo l’impatto ambientale senza compromettere il comfort.
Gli interni sono invece caratterizzati da carrozze eleganti, dotate di sedili confortevoli, e ristoranti raffinati, realizzati con materiali naturali e artigianali norvegesi, offrendo un’atmosfera calda e accogliente.
Tra i servizi si prevede una sala fitness e una carrozza osservatorio, per consentire ai passeggeri di godere delle viste panoramiche sui paesaggi norvegesi.
# Il viaggio inaugurale nel 2026?
Il progetto non è stato ancora confermato, attualmente è in fase di pianificazione, e infatti la data del debutto è passata da ottobre 2025 al 2026, come specificato nell’unica riga di descrizione sul sito ufficiale. Il viaggio prevede una durata di sei giorni con un tragitto dalla città costiera di Bergen attraversando Oslo, via Lillestrøm, fino a raggiungere Trondheim, sull’omonimo fiordo. I viaggiatori potranno esplorare le tre città principali del paese, ciascuna con il proprio fascino e storia, ricche di cultura e architettura, oltre ai paesaggi incontaminati che si incontrano lungo il percorso, con numerose fermate ed escursioni per visitare aziende locali, produttori locali di cibo e bevande, Nel biglietto dovrebbe essere compresi anche i pernottamenti in alcuni dei migliori hotel della Norvegia. A regime il servizio dovrebbe essere a cadenza settimanale.
# Le future attrazioni lungo il tracciato
Altre attrazioni si dovrebbero aggiungere tra il 2026 e il 2027. Tra queste il Whale Centre alle isole Vesterålen, per esplorare il mondo delle balene nel migliore luogo di osservazione del mondo, e il centro didattico SKREI alle isole Lofoten, dedicato alla tradizione e alla storia della pesca in Norvegia.
Un altro piccolo passo in avanti per il prolungamento della linea M2 oltre Cologno Nord, anche se in modalità di Light Rail Transit o metrotranvia veloce. Come si sviluppa il tracciato e le fermate ipotizzate.
La M2 avanza verso Vimercate: l’ultima novità del progetto di estensione
# In corso il primo stralcio del progetto di fattibilità tecnica ed economica
La svolta sul progetto per prolungare la linea M2 oltre Cologno Nord è arrivato quest’estate, con la firma di Protocollo d’Intesa e l’approvazione con delibera di giunta anche da parte del Comune di Agrate Brianza, interessato da due fermate. L’accordo è stato firmato da Regione Lombardia, Città Metropolitana di Milano, Provincia di Monza e Brianza, il Comune di Milano e tutti quelli dove transiterà la linea: Cologno Monzese, Brugherio, Carugate, Agrate Brianza, Concorezzo e Vimercate. Ora arriva una nuova notizia: è in corso il primo stralcio del progetto di fattibilità tecnica ed economica.
# La soluzione scelta è la Light Rail Transit
Ma come sarà il prolungamento della linea? La pianificazione dell’opera è stata avviata nel 2017 e affidata nel 2018 alla società MM Spa con l’incarico di studiare il collegamento. Ogni comune ha investito 200mila euro sullo studio, per un totale di 1 milione di euro, il restante è a carico degli altri enti. Tra le diverse proposte alternative la scelta è ricaduta sulla LRT, la Light Rail Transit, o metrotranvia veloce, un sistema intermedio tra il tram e la metropolitana. Al termine dello studio di fattibilità seguirà la fase di ricerca di finanziamenti per realizzare l’opera, anche ministeriali, mentre rimane attivo un tavolo congiunto tra tutte le istituzioni.
# Il tracciato: 12 km in prevalenza in superficie, con tratti in trincea e galleria
Il tracciato, della lunghezza di 12 km, parte dal capolinea della metro di Cologno Nord e prosegue su binari verso i vicini paesi brianzoli, oggi raggiunti solo da una rete di bus poco frequenti. Alle due fermate del Comune di Agrate, presso il Centro Colleoni e in via Salvo D’Acquisto, se ne aggiungono altre sei, una a testa nei territori degli altri comuni eccetto Vimercate con due. Il tragitto è previsto in prevalenza in superficie, con tratti in galleria e in trincea, così come delineato dallo studio preliminare affidato nel 2021 ad MM Spa.
Esistono tuttavia delle criticità, rilevate da alcune amministrazioni, e questa prima parte di studio di fattibilità servirà proprio a definire meglio il percorso della linea e delle fermate. Tra le questioni da risolvere ci sono la modalità di superamento del casello della tangenziale e la necessità di eventuali opere di mitigazione. Prima di vedere un cronoprogramma dei cantieri bisognerà quindi attendere i risultati dello studio.
Un piccolo paesino montano della Svizzera ha messo in campo un’iniziativa per favorire gli spostamenti all’interno della comunità, inizialmente solo per una determinata fascia della popolazione. Scopriamo come funziona e perchè rappresenterebbe una piccola rivoluzione anche per la mobilità milanese.
Un paese ha introdotto le panchine per chi aspetta un passaggio: da pensare anche a Milano?
# L’iniziativa in un paesino montano svizzero con il 25% dei residenti over 65
Per capire il motivo alla base dell’iniziativa bisogna fare la fotografia del paese in cui è stata introdotta: Château-d’Oex, comune svizzero di 3.474 abitanti del Canton Vaud nel distretto di Pays-d’Enhaut. Di questi ben il 25% ha un’età superiore ai 65 anni, sensibilmente più alta della media della Confederazione Elvetica, e il territorio è quello tipico montano, pertanto per chi è anziano è più difficile spostarsi. Il comune, località di villeggiatura e stazione sciistica sviluppatasi a partire dagli anni 1910, si trova infatti a 1.000 metri di altitudine.
Per questo motivo l’amministrazione locale con il contributo di Pro Senectute Vaud e del Parco naturale regionale Gruyère Pays-d’Enhaut, a seguito di incontri workshop e forum pubblici con i cittadini, ha messo in campo alcune azioni per migliorare la mobilità e la scoperta del territorio delle generazioni più avanti con gli anni.
# Le panchine per gli anziani che vogliono un passaggio in auto
L’attenzione è stata posta sull’ottimizzazione dei marciapiedi, l’installazione e il miglioramento dei corrimani per sostenersi durante le camminate, e anche sulle panchine. Per queste ultime dal 18 aprile 2024 è stata attribuita una funzione innovativa di trasporto di comunità: basta sedersi, far scorrere un cartello posto sul retro della panchina stessa per rendere visibile la scritta “Stop merci” (fermati grazie ndr)su fondo verde, facilmente visibile agli automobilisti, e attendere che un auto si fermi per farsi portare a destinazione. Si tratta della rete di autostop «J’te pouce», che insieme alle minipasseggiate della durata di mezz’ora e facili escursioni in gruppo hanno consentito di rendere più attiva la vita di paese.
# L’evoluzione dell’autostop aperta a tutte le età
Inizialmente prevista per le persone anziane, l’iniziativa è stata estesa a tutte le fasce di età, anche sei i minori devono essere accompagnati da un adulto. L’obiettivo, come spiegato a frapp.ch da Yves Baechler, responsabile del progetto Energia e Mobilità all’interno del Parco Naturale, è creare una rete di trasporti basata sull’aiuto reciproco e sulla cortesia, offrendo una soluzione di trasporto flessibile per brevi spostamenti all’interno della comunità. Il sistema punta infatti a integrare i servizi di trasporto pubblico e taxi dove hanno una presenza meno capillare.
# Da sperimentare anche a Milano? Sarebbe perfetto per periferie e hinterland
Anche a Milano ci sono zone, soprattutto in periferia, da dove è più difficile muoversi e raggiungere altre zone della città. Lo stesso succede in alcuni comuni dell’hinterland più isolati dal capoluogo, incapaci di offrire un servizio adeguato di trasporto pubblico. Perchè quindi non sperimentare la rete di autostop comunitaria anche nella nostra città?
Ha una storia centenaria. Questo piccolo trenino sotterraneo veniva utilizzato per un importante servizio cittadino. Oggi è possibile viaggiarci a bordo per scoprire un lato nascosto di Londra.
Una storia lunga 500 anni quella del servizio postale inglese. Riservato all’uso da parte del re e della sua corte, nel 1635 Carlo I introdusse il sistema postale pubblico. Ogni cittadino del Regno Unito poteva spedire una lettera gratis: pagava il ricevente con un costo dell’affrancatura calcolato in base alla distanza. Se non pagava, la lettera non veniva consegnata. Queste e altre inefficienze del sistema hanno portato alla costruzione di sei “Grandi Strade” per rendere più veloci i tempi di consegna, ma solo nell’1840 fu introdotto il primo francobollo adesivo, il Penny Black, con pagamento in carico al mittente. Uno dei mezzi usati per consegnare la posta era una metropolitana in miniatura, che chiunque può provare nel Museo delle Poste.
# La metropolitana “vittoriana” driverless in miniatura nelle gallerie di Londra
Progettato inizialmente per trasportare la posta, il Mail Rail porta alla scoperta la storia del mondo sotterraneo del servizio postale sotto le strade di Londra. Questa metropolitana in miniatura senza conducente risale a 100 anni fa, un piccolo vagone ferroviario vittoriano che per più di 75 anni ha viaggiato per 22 ore al giorno trasportando fino a 4 milioni di lettere ogni giorno.
Per salire a bordo i visitatori devono prenotare il biglietto online, recarsi di fronte al Museo Postale e scendere fino a 21 metri sottoterra attraverso tunnel che nel punto più stretto non superano i 2,1 metri. Il trenino si muove a 12 km/h all’ora e la corsa è caratterizzata da oscurità totale, rumori forti e luci lampeggianti. La durata del viaggio, compresa la salita e la discesa dalla stazione, dura 15 minuti.
# Il museo interattivo del Mail Rail
Viaggiando lungo i tunnel originali utilizzati per la consegna della posta, e nascosti per molto tempo, si può assistere ad un racconto video dagli anni ’30 della ferrovia fino ai giorni nostri e provare a smistare la posta su una carrozza ferroviaria simulata con tanto di pavimento traballante.
Al termine del tour si può spaziare nel museo interattivo dove si possono fare un’ampia gamma di attività, dalla ricerca moderna ai giochi educativi per tutte le età, dallo smistamento della posta in un ufficio postale itinerante alla scoperta delle curiose invenzioni che lo hanno ispirato, dal primo francobollo “The Penny Black” alle pistole a pietra focaia utilizzate per difendere la posta dai furti, per finire con uno spuntino e un rinfresco nella caffetteria del museo.