Il caffè è un rito a cui milanesi sono incapaci di sottrarsi, anche più volte al giorno. Per questo abbiamo chiesto ai milanesi di indicarci “il caffè più buono di Milano”. Vediamo i risultati del sondaggio
Il caffé più buono di Milano si prende qui?
# Il caffè più buono di Milano si beve alla Torrefazione Vercelli
Credits piacerecaffe IG - Torrefazione Vercelli
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Un plebiscito da parte dei milanesi. Al primo posto tra i caffè più buoni di Milano si posiziona quello della Torrefazione Vercelli. Nata nel 1953 dalla famiglia Martin, ha sempre mantenuto come attività principale la lavorazione del caffè, con la tostatura nel negozio fino al 1990 e poi in un laboratorio di Trezzano sul Naviglio acquistato in seguito. Da lì parte ogni giorno il caffè tostato che arriva sempre fresco in negozio.
Le miscele proposte sono 7, quasi tutte 100% arabica, da portare a casa in sacchetto. Al bancone si può bere un ottimo espresso 100% arabica. Il locale si trova al civico 2 di via Francesco Cherubini con ingresso su Corso Vercelli. Negli anni è diventato un vero must per gli amanti del caffè di qualità. Ma quali sono gli altri caffé più amati dai milanesi?
# I 10 caffè più buoni di Milano
Scorrendo la top ten dei caffè più amati dai milanesi troviamo:
2. TorrefazioneCaffè Ernani in Corso Buenos Aires 20
3. Pari merito: Caffè Cimmino in via Larga, Caffè Napoli in Porta Ticinese e Hodeidah in via Piero della Francesca.
Tra i caffè preferiti anche quelli dei seguenti locali: Bar 1970 di via Soperga, Divino Caffè di piazzale Udine, Barbisa in Porta Romana, Loste Cafè in via Gucciardini, Illy Caffè in Gae Aulenti e Cova in Montenapoleone.
Questi i risultati del sondaggio. Eppure per il Gambero Rosso sono altri i caffè al top a Milano.
# Per il Gambero Rosso i migliori ex aequo sono il Pavè e L’île Douce
Nella guida migliori Bar d’Italia 2023 che premia con tre chicchi, per il caffè, e tre tazzine, per il locale, i bar dove viene servito il caffè più buono, ce ne sono due milanesi su dodici in totale in Lombardia: il Pavè di via Felice Casati 27 che ottiene questo riconoscimento da 10 anni, e che per questo ha ricevuto l’ulteriore riconoscimento della stella, e L’île Douce di via Luigi Porro Lambertenghi 15.
Un’avventura memorabile: dalla Stazione Centrale di Milano fino ai remoti fiordi norvegesi. Ecco il percorso e il tipo di biglietto da scegliere per ottimizzare i costi e semplificare l’organizzazione del viaggio.
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Da Milano fino al Circolo Polare Artico: in treno con un biglietto solo
# Un’avventura incredibile dai binari della Stazione Centrale ai remoti fiordi norvegesi
Un’avventura straordinaria, da inserire nell’elenco di quelle da vivere almeno una volta nella vita. Non è per tutti, richiede infatti grande pazienza e curiosità, data la lunghezza del viaggio e i numerosi treni da cambiare. Il vantaggio è che per effettuare l’intero percorso basta un solo biglietto, come spiegheremo più avanti. Per chi desidera viaggiare in treno da Milano fino al Circolo Polare Artico, il tragitto principale attraversa la Svizzera, la Germania, la Danimarca e la Svezia, con destinazione finale in Norvegia. Esploriamo ora il percorso nei dettagli.
# Le tappe: al circolo polare in due giorni
Si parte dalla Stazione Centrale e la prima tappa è la Svizzera. Le alternative sono due: Zurigo, dopo poco più di 3 ore di percorrenza, oppure Basilea, dopo circa 4 ore.
Il viaggio prosegue in direzione di Amburgo, per una durata tra le 6 e 30 minuti da Basilea alle 7 ore e 30 minuti da Zurigo, scegliendo tra tre servizi: il treno notturno ÖBB nightjet, quello diurno ICE o i servizi svizzeri SBB. Arrivati nella città tedesca si prende il treno IC diretto che percorre il tragitto fino a Copenaghen in circa 5 ore, per poi salire treni diretti SJ X2000 / Snabbtåg fino a Stoccolma per altre 5 ore di viaggio. Un’altra soluzione è messa a disposizione da un treno diretto fino alla capitale danese con un viaggio che dura 14 ore.
Rimane quindi l’ultima parte del viaggio, sull’ultimo treno, che conduce all’estremità del fiordo Ofot a nord del Circolo Polare Artico nella cittadina di Narvik. Il più probante di tutti vista la durata di oltre 18 ore. Tirando le somme, se non ci sono imprevisti quali ritardi o disservizi con i treni, bisogna stare in ballo circa 2 giorni per arrivare a destinazione partendo da Milano.
# La soluzione migliore è optare per il Global Pass di Interrail
Torniamo al biglietto, anche se non è propriamente corretto definirlo così. Per andare fino al Circolo Polare Artico con un unico titolo di viaggio si può utilizzare il pass Interrail, che permette di viaggiare sui treni notturni e diurni in oltre 30.000 destinazioni e 33 Paesi in Europa. Questo pass si configura in base al numero di giorni necessari per completare “l’impresa”. Dopo aver festeggiato il suo 50º anniversario nel 2022, il servizio, molto popolare negli anni ’80 e ’90 prima dell’avvento dei voli low cost, è tornato in voga. Dal 1998, è disponibile per tutte le fasce di età, anche se è offerto a un prezzo scontato per gli under 27.
Per un viaggio di questo tipo, si può optare per il Global Pass, con i prezzi dei biglietti base per viaggi della durata da 4 a 7 giorni che vanno dai 211 ai 286 euro, per la fascia d’età fino ai 27 anni, e da circa 281 a 381 euro per quella fino ai 59 anni d’età. Eventuali costi upgrade del servizio vanno aggiunti in fase di acquisto e non sono inclusi i costi di prenotazione per i treni ad alta velocità e notturni.
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Si dice che ogni scarrafone è bell’a mamma soja. Ma a Milano no. Perché la città ambrosiana, che si fa lustro di essere oltre che capitale del design anche del “food”, sottovaluta, ignora, non prende nemmeno in considerazione diversi sui piatti tipici, nati nella notte dei tempi e arrivati fino a noi di mano in mano, di racconto in racconto, di massaia in massaia.
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Quei piatti milanesi che i milanesi non conoscono
Tutti conosciamo il risotto alla milanese, magari nelle versione extra lusso con l’ossbüs ed anche la superlativa gremolada (lo sapete cos’è vero?). Chi poi non ama alla follia la cotoletta, o costoletta, o orecchia di elefante, chiamatela come volete. Ce ne sono versioni alte e basse, di vitello o di maiale, ultra croccanti o solo leggermente panate, burrose o più asciutte e light. E poi ancora cassoeula e panettone, mondeghili, la büsecca e riso al salto. Tutti li conoscono e tutti (forse esageriamo, diciamo tanti) li apprezzano e li richiedono nei ristoranti, trattorie o nei ritrovi gastronomici familiari più tradizionalisti. Ma la stragrande quota dei milanesi non ordinano, non consumano e non sanno nemmeno cosa siano diverse leccornie meneghine. Come queste tre.
#1 Ris in cagnòn
Non è un risotto, non è una minestra. È un riso bollito, versione povera e popolare. Quando non c’era brodo buono per il risotto e nemmeno verdura adatta per il minestrone di riso, nelle vecchie cucine milanesi, quelle meno abbienti e facoltose, si optava per massimizzare il gusto con quello che si aveva. Ovvero il riso, bollito e scolato. E a parte burro, burro, burro. Fritto in padella con la salvia, anche detta erba savia. Questa era spezzettata e lasciata “andare” fino a farla diventare scura e croccante, somigliante a dei piccoli vermicelli (cagnotti, in milanese cagnòn). Una volta condito il riso e spolverato di grana (e non certo parmigiano) la pietanza va servita.
#2 Rustisciada
Ricorda nel nome la rosticiana toscana. Ma qui la denominazione inganna. Perché non è un piatto arrosto, bensì in umido. Si tratta di un secondo piatto a base di carne di maiale, solo lonza e salsiccia, e tanta tanta tanta cipolla. Il tutto tagliato a dadini e cotto per un paio d’ore con vino rosso e polpa di pomodoro. Risultato finale è una sorta di spezzatino “rosso” con una crema dolcissima formata dal connubio vino-cipolla.
#3 Brüscitt
Pur essendo di origine bustocco-legnanese, possiamo considerare i brüscitt un piatto tipico milanese dimenticato. È un secondo, anche in questo caso un umido (umido ma non troppo), a base di ritagli, bruscolini (da cui il nome) di carne di manzo. Mentre i tagli nobili del bovino adulto erano destinati alle tavole aristocratiche e ai sciur, i macellai erano soliti tagliare al coltello i rimasugli dei carni avanzate. Mi raccomando, il taglio deve essere al coltello e mai a macchina, altrimenti si perderebbe oltre che il sapore anche tutta la poesia. E la cottura? In un grande tegame coperto, il tutto condito con vino rosso e semi di finocchio. Il segreto per mantenere la giusta umidità al piatto finale è non aggiungere mai liquidi in cottura ma solo ed esclusivamente burro.
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Tra tutti gli uomini che si possono incontrare a Milano, ce ne sono alcuni dai quali è meglio stare alla larga: ecco i 4 da evitare assolutamente.
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Quattro tipi di maschi milanesi da evitare assolutamente
Diffusi in tutta Italia, questi uomini, a Milano, come per tutto il resto, hanno uno stile tutto loro che li contraddistingue.
#1 Il figo di legno
È bello e sa di esserlo fin dai tempi delle medie quando era già il fighetto della classe e piaceva a tutte le sue coetanee. Crescendo ha capito come sfruttare al meglio i doni che Madre Natura gli ha generosamente elargito e conquistare praticamente ogni donna di suo interesse. Se avrà uno sviluppo psicologico normale si divertirà moltissimo da ragazzo ma poi ad un certo punto pure lui si stuferà della quantità a favore della qualità, si troverà una brava ragazza e vivranno felici e contenti.
Potrà metterci solo un po’ più tempo di lei a prepararsi prima di uscire ed occupare quasi tutto l’armadio con i suoi abiti su misura ma sarà probabilmente un sacrificio accettabile per una donna che in cambio si sveglierà tutte le mattine accanto a uno che pure da spettinato e con gli occhi mezzi chiusi sembrerà sempre un vichingo appena uscito da una pubblicità di moda mentre un normaloide sarebbe brutto e basta.
Se invece il suo ego non dovesse reggere a tanta beltà si presenterà la versione maligna del #figodilegno in tutta la sua perfidia e fragilità. Sarà ossessionato dalla sua perfezione fisica e come Narciso passerà ore a prendersene cura, ammirarsi e farsi ammirare. Potrebbe diventare un traditore serale annoiato e perennemente insoddisfatto e sfogare tutte le sue nevrosi sulla fidanzata di turno. Avrà un timore esagerato di invecchiare e perdere la sua bellezza. Il suo regno naturale da ragazzo sarà allora rappresentato dalla palestra,mentre superati i 35 anni sarà lo studio del suo chirurgo plastico che diventerà ben presto il suo migliore amico e che frequenterà più assiduamente di sua madre. Da uomo Alpha a uomo Gatto tirato e punturato di botox è un attimo.
Chi attira: insicure con l’indole della crocerossina
Chi fa davvero per lui: una brava psicoterapeuta
#2 Il Connesso (con le altre)
Non importa che convivano già da tre anni o stiano frequentando una ragazza da un mese e mezzo. Questa tipologia di uomo lo fa sempre e comunque quando vuole avere campo libero e tenersi aperte altre situazioni. Nel caso di rapporti lunghi e ufficiali il ghosting sarà meticolosamente applicato soprattutto online mentre nella vita di tutti i giorni la coppia condurrà una vita con amici e parenti normale. Lui perennemente #connesso, sarà attivissimo sui social postando foto con tutti: amici, parenti, il gatto del vicino tranne che…con la sua donna ufficiale. Non scriverà da nessuna parte di essere impegnato ed avrà un numero di “amiche” incredibilmente alto a cui, da ragazzo educato quale è, non dimenticherà mai di mettere like o fare qualche commento alle nuove foto sperando di farsi notare e passare alle conversazioni in privato.
Se invece un atteggiamento simile viene messo in atto fin dall’inizio della frequentazione, si avranno ben poche speranze che la nuova storia arrivi a vedere il prossimo panettone. In questo caso la malcapitata non avrà mai il piacere di conoscere gli amici o familiari del suo amato poiché staranno sempre e solo loro due tanto che ad un certo punto a lei verrà il sospetto che lui sia solo al mondo e sia stato allevato da un branco di cani randagi. Non è così! I cani per lo meno gli avrebbero insegnato l’amore per il prossimo! Instagram , Facebook, Tiktok, Telegram, Clubhouse, la bacheca della parrocchia… ovunque ci siano donne da conoscere, lui c’è!
Chi attira: una donna che non si fa problemi ad avere più corna che capelli in testa
Chi fa davvero per lui: il gatto del vicino con cui si fa i selfie
#3 L’impegnatissimo
Si sa che a Milano, a parte il periodo Covid in cui tutto è irrealisticamente rallentato, non ci si ferma mai. Si lavora tanto, si tengono mille contatti e nel tempo libero ci sono un sacco di cose da fare e da vedere. L’impegnatissimo tuttavia ci prova a stare dietro a tutto ed essere sempre sul pezzo soprattutto quando sta con una che non gli interessa. Se non è molto preso dalla ragazza, invece di lasciarla al suo destino comunicandoglielo in modo chiaro, tergiversa e intanto, sperando che lei capisca da sola, la relega dietro agli amici, la partita a calcetto con i colleghi, la settimana della moda… in pratica la piccola illusa verrà appena dopo e subito prima della zia che vede solo alle feste comandate e una fetta di pizza riscaldata. Se tutto questo non dovesse bastare potrebbe giocarsi la carta della confusione. “Non sei tu, sono io, non sono sicuro che tu mi piaccia anche se però sono preso da te, sei una ragazza fantastica bla bla bla” che praticamente significa che sta già frequentando un’altra che gli piace di più ma non è sicuro che quella ci stia. In caso di esito positivo non si farà mai più né vedere né sentire.
Chi attira: ingenue contadinotte affascinate dal luccichio dei locali milanesi
Chi fa davvero per lui: nessuna, non se lo merita!
#4 Il Principe cerca moglie (ovvero la speranza in fondo al tunnel)
Bello, simpatico, intelligente, emotivamente equilibrato. Obiettivamente non ha proprio niente che non vada. È l’uomo che mette d’accordo tutti: familiari, amiche e purtroppo anche tutte le altre donne. Il suo unico difetto se di difetto si può parlare è che, qualora fosse libero, esattamente come accadrebbe con una donna di pari qualità, avrebbe una schiera di pretendenti pronte a frequentarlo. Quindi l’unico problema di interessarsi a questa tipologia di uomo è la concorrenza che a Milano è varia ed abbondante. Se una fanciulla tuttavia si mettesse comunque in testa di impalmarlo magari in modo sobrio tipo “U matrimonio napulitano, non puoi capì si sei nato a Milano”stile Castello delle Cerimonie potrebbe farcela solo differenziandosi dalle altre e ritagliandosi uno spazio tutto suo nel cuore del bel milanese.
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Quali sono le parole che, pur non essendo di origine milanese, sarebbero perfette se fossero nate in lingua meneghina?
Le 7 parole dei dialetti d’Italia che starebbero benissimo nel milanese
#1 Amuninni, dalla Sicilia la sveglia e la carica allo stesso tempo
Amuninniè una delle espressioni più intraducibili e tipicamente siciliane, molto più di tantissime altre che forse hanno maggiore celebrità. Letteralmente significa “Andiamo”, ma racchiude anche significati molto più potenti, come il migliore incoraggiamento quando si inizia un viaggio, si intraprende un’avventura, nasce una nuova impresa o – perché no? – anche quando si è persa ogni speranza. Amuninni è capace di trasformare lo stato d’animo, un invito all’azione, a darsi da fare, tutto in un’unica parola che, utilizzata con sagacia e maestria, sta ai milanesi come un abito su misura. Uno stile di vita racchiuso in questo suono, che possiede un che di magico. Farebbe il paio perfetto con lo sbrigativo modo di dire milanese, “cià”. Che ne dite di unire “cià, amünì?”
#2 Gold, dalla Venezia Giulia il modo di dire che appaga
Poc se spind, poc se gold – ovvero poco si spende, poco si gode. Al di là della forma giuliana, che i viaggiatori di due secoli fa ritenevano una lingua a metà strada tra il francese e lo spagnolo, curiosamente relegata ai margini di un territorio italico compreso tra gli austriaci, le montagne e l’influenza della Serenissima, quello che colpisce di questo detto e, di conseguenza, della parola “Gold” è la profonda saggezza della semplicità: se vuoi ottenere un risultato appagante, devi spendere di più. Questo è un concetto talmente meneghino che non c’è alcun bisogno di spiegarlo. Se il Dogui non fosse stato milanese, sarebbe stato certamente Giuliano e se goldfosse inglobato nel dialetto milanese, sarebbe l’unità di misura del ranking di Tripadvisor: quanti gold la g’ha che l’osteria chi?
Quella romagnola è una dei tanti esempi di lingua che non ha riscontri con l’origine latina dell’italiano. Il romagnolo deriva dal gallo-italico e ha, rispetto all’uso delle doppie vocali meneghine, una pronuncia delle consonanti che lo rendono comprensibile solo ai nativi della regione. Ben accetto nel dialetto milanese, potrebbe essere un sarcastico quanto divertente augurio, cutvegna, condensato di secoli di buon umore e tante consonanti. Letteralmente significa Che ti venga, poi la frase termina qui, ma è un colpo ciò che si augura al nostro interlocutore. È la tipica frase di augurio che i romagnoli usano con modalità mista, benaugurante o il contrario e che un popolo di cuore come quello milanese, capace di un senso dell’umorismo non propriamente popolare, saprebbe usare con altrettanta destrezza, internazionalizzandolo: stà schis & cütvegni
#4 Aridaje, da Roma la lotta all’inutile ridondanza
Arriva da dove meno te lo aspetti, un invito a togliere fronzoli, ad evitare inutili ripetizioni e a farla spiccia, come si dice nelle borgate della capitale. Aridajeè una parola completamente diversa da daje, che già ha preso piede nel capoluogo lombardo. Daje è una bellissima esortazione, ma guai a pensare che Aridaje sia un daje al quadrato. Letteralmente potrebbe sembrare, ma a Roma viene usato solo per sottolineare una seccante ripetizione di cose, azioni o parole, magari non richiesta, che comporta perdita di tempo e di concentrazione. Spesso associato dal linguaggio del corpo che tradisce noia, una seccatura inaccettabile. C’è qualcosa di più milanese di questo?
#5 Paliatone, dalla Lucania un legame spagnolo con Milano
La proverbiale sintesi del Sud ci porta in Lucania, o comunque in tutte le regioni in cui domina un dialetto derivante dal napoletano di origine spagnola. Paliatoneè un’espressione che consacra in maniera definitiva la voglia di gonfiare di botte qualcun altro, detto in una parola. Dovrebbe derivare dallo spagnolo apelar, ossia bastonare. Oggi viene usato in maniera meno letterale, più simbolica: promettere un paliatonea qualcuno non si traduce per forza nella manica di botte. Il suono della parola paliatone, in milanese, dovrebbe essere simile a paliatün o palliatün, mimando il gesto che vogliamo fare un c… così all’avversario. Un gesto, un suono, il dono della sintesi e la disputa è sistemata, quasi certamente senza passare dalla parola ai fatti.
#6 Pizzicallante, da Foggia con amore
Delle lingue che si parlano in Italia, la Puglia ne ha un numero impressionante, proprio perché ogni quartiere possiede dei lemmi e modi di dire che cambiano da zona a zona, perfino all’interno della stessa città. È Foggia che risalta per una termine incredibile, Pizzicallante, che denota persona puntigliosa e permalosa, che si attacca ai dettagli, rinfacciando di tutto. I foggiani sostengono di incontrare parecchi pizzicallanti, a Milano, tutto sommato siamo la seconda città della Puglia per numero di pugliesi residenti. In meneghino potrebbe suonare come spizicalànt, o spizicallànt, e siccome è un po’ un cerca scuse, a Milano potrebbe essere il soprannome del libretto della giustifica.
#7 Cazzimma, da Napoli la trasformazione positiva più veloce
Sul gradino più alto del podio, per gusti personali di chi scrive, finisce la cazzimma, una parola napoletana forse non molto antica ma nemmeno così giovane come vuole far credere certa letteratura anni ’80. Una parola che ha ribaltato completamente il proprio significato, e che a Milano starebbe benissimo nella sua accezione più moderna: avere cazzimma significa esser gente vera, che non ha paura di niente e nessuno, che non molla mai la sfida. Inizialmente identificata con una sfumatura negativa, per denotare individui senza scrupoli e pronti a calpestare perfino la famiglia pur di arrivare al successo, la cazzimma viene ora usata più per esaltare alcune virtù immateriali ma positive. Parola intraducibile, in meneghino dovrebbe essere scritta come in napoletano e farebbe coppia fissa con la qualità N. 1 dei milanesi: la milanesità
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La Greater Tokyo Area è l’area metropolitana più popolosa del mondo e anche quella più ricca. Come potrebbe essere la Grande Milano se si estendesse sulla stessa superficie? Queste le due ipotesi più sensate.
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Grande Milano come Great Tokyo? Questi sarebbero i confini e le città incluse
# L’area metropolitana di Tokyo è la più popolosa e ricca del mondo
La Greater Tokyo Area è l’area metropolitana più popolosa del mondo, con circa 39 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di circa 13.500 kmq, pari alla superficie della Campania. Oltre alla capitale Tokyo, questa megalopoli comprende diverse città e prefetture, tra cui Yokohama, la più abitata dopo Tokyo con più di 3,6 milioni di residenti, Kawasaki, Chiba e Saitama e Yamanashi della vicina regione di Chūbu, formando un vasto agglomerato urbano che si estende nella pianura del Kanto.
La rete di trasporti è tra le più efficienti, puntuali e complesse al mondo, con oltre 150 linee metropolitane e suburbane che collegano quartieri e città vicine, includendo le reti JR East e quelle private come la Tokyo Metro e la Toei Subway.Un altro record è quello che riguarda il PIL, con 2.200 miliardi di dollari statunitensi è il più alto tra tutte le aree metropolitane mondiali.
E se la Grande Milano avesse gli stessi confini, fin dove si estenderebbe e quali città avrebbe al suo interno?
La Grande Milano sarebbe estesa oltre metà della Lombardia: le due alternative
La Regione Lombardia si estende per 23.844 kmq, poco meno del doppio rispetto alla Greater Tokyo Area. Per dar vita una Grande Milano con le stesse dimensioni si possono ipotizzare due alternative.
#1 La Grande Milano più connessa geograficamente, economicamente e storicamente
La prima che tiene in considerazione i territori che più sono connessi geograficamente, economicamente e storicamente a Milano. Avremo quindi:
Città Metropolitana di Milano: 1.575 kmq
Provincia di Varese: 1.199 kmq
Provincia di Como: 1.288 kmq
Provincia di Lecco: 817 kmq
Provincia di Monza e Brianza: 405 kmq
Provincia di Bergamo: 2.723 kmq
Provincia di Pavia: 2.968 kmq
Provincia di Lodi: 783 kmq
Provincia di Cremona: 1.771 kmq
L’area totale combinata è di 13.529 kmq, con 8 province oltre alla Città Metropolitana di Milano.
#2 L’ipotesi senza sbocchi verso la Svizzera
La seconda alternativa prevede di mantenere Milano, Bergamo, Monza e Brianza, Lecco, Pavia, parte della provincia di Lodi e tutta quella di Brescia, lasciando quindi fuori Varese, Cremona e Como.
# Le due ipotesi a confronto
Nel caso della prima ipotesi di Grande Milano si arriverebbe a una popolazione di 8,14 milioni, contro i 7,4 della seconda. Anche il PIL sarebbe superiore, circa 358 miliardi di euro contro 340, comparabile ad economie come quella della Danimarca o della Finlandia e tra le top 20 di Europa se fosse uno Stato. Per metropolitane è la seconda ipotesi a prevalere, con 6 linee metro, 5 di Milano più una di Brescia. Per linee suburbane la prima, 23 a 20, mentre si avrebbe lo stesso numero di linee tranviarie, 19, di cui 18 a Milano e una a Bergamo.
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Arriva sul mercato un nuovo monopattino che sembra uscito da un film di fantascienza. In pratica, è un vero e proprio mini bus che finge di essere un monopattino e rischia davvero di cambiare il modo in cui ci spostiamo nellegrandi città. L’idea suona troppo avveniristica? Forse lo è, ma proviamo a capirci di più. E soprattutto a intravedere come potrebbero cambiare i mezzi di trasporto privati e in sharing a Milano.
Questi sono i 4 mezzi del futuro che potrebbero rivoluzionare la mobilità di Milano
# Il Monopattino-minibus automatico
Per cominciare, si chiama “Hop” ed è pensato per girare sulle piste ciclabili:trasporta più persone contemporaneamente, come una sorta di navetta urbana. La struttura richiama quella di una bicicletta, ma è fatta per far salire e scendere i passeggeri in fermate dedicate, seguendo percorsi prestabiliti. Tutto senza bisogno di un conducente, grazie alla guida autonoma. In pratica, è un incrociotra un monopattino elettrico e un mini bus, ma è abbastanza snello da muoversi nello spazio di una normale bici. Potrebbe dimostrarsi la soluzione per decongestionare il traffico e alleggerire i mezzi pubblici.
Il veicolo ha una struttura leggera, fatta di tubi metallici, senza i sedili a cui siamo abituati. Questo permette di stipare più persone rispetto ai normali mezzi pubblici. Insomma, un modo diverso di vedere la micromobilità urbana. La vera scommessa, però, sarà se riuscirà davvero a fare la differenza nelle nostre città congestionate, oppure resterà solo un’idea futuristica destinata a pochi quartieri sperimentali.
Altri 4 possibili mezzi di trasporto del futuro
Ma l'”Hop” non è l’unico veicolo che immagina un futuro più connesso e meno ingombrante per le nostre strade. Vediamo quali altri mezzi potrebbero rendere il nostro tragitto casa-lavoro più divertente o, perlomeno, meno stressante.
#1 Biciclette che diventano bus: il “Bike-Bus”
Immagina di pedalare con altre sette persone, su un veicolo che ricorda più una piccola corriera che una bici tradizionale. Il “Bike-Bus” potrebbe portare gruppi di persone in giro per la città, con tutti i passeggeri che pedalano insieme per spingere il veicolo. Ma non c’è da temere, non si parla della sola forza delle gambe: un sistema elettrico aiuterebbe a mantenere la velocità giusta senza sudare troppo.
Pensato per essere compatto e maneggevole, dovrebbe essere perfetto per i piccoli gruppi che vogliono muoversi in modo ecologico e, magari, chiacchierare un po’ durante il tragitto. Il comfort sarebbe garantito da sedili ben imbottiti e dotati di schienale regolabile, con tanto di copertura modulare per proteggersi dal maltempo. E per chi porta zaini o borse, ci sarebbero spazi dedicati sotto i sedili.
Quello che lo distingue dai mezzi classici è la possibilità di scegliere itinerari turistici o personalizzare i percorsi tramite un piccolo schermo touch al centro del veicolo. Più che un mezzo di trasporto, quindi, sarebbe un’esperienza di mobilità condivisa, ideale per chi vuole esplorare la città senza fretta.
#2 Skateboard che fanno tutto da soli
Gli skateboard del futuro potrebbero diventare qualcosa di completamente diverso da quello che immaginiamo oggi. Dimentica il classico “pezzo di legno con le ruote” e pensa invece a una flotta di tavole autonome che si muovono in sincronia, grazie all’intelligenza artificiale e a una miriade di sensori. L’idea è che queste tavole potrebbero formare dei “convogli” mobili, mantenendo sempre la giusta distanza gli uni dagli altri, regolando automaticamente la velocità. Ogni skateboard avrebbe sistemi intelligenti per garantire equilibrio e stabilità, anche su terreni accidentati.
In questo scenario futuristico, gli skateboard non si limiterebbero a portarti da un punto A a un punto B, ma si integrerebbero con l’infrastruttura urbana, sfruttando percorsi che potrebbero cambiare dinamicamente a seconda delle condizioni del traffico. Sarebbe un modo completamente nuovo di pensare alla mobilità, un flusso continuo di movimento che si adatta e si trasforma in tempo reale.
#3 Scooter per il relax dei pendolari
Se pensavi che gli scooter elettrici fossero già abbastanza futuristici, aspetta di vedere la prossima generazione. Immagina degli scooter autonomi, privi di comandi complessi, che si muovono da soli, lasciandoti il tempo per rilassarti. A bordo, si potrebbero trovare sistemi di intrattenimento, connessione Wi-Fi e persino un assistente virtuale che suggerisce itinerari panoramici o attrazioni turistiche lungo il percorso. Questi veicoli punterebbero a trasformare il tragitto quotidiano in un momento di svago o, perché no, di socializzazione.
La vera novità sarebbe l’atmosfera a bordo, progettata per il comfort e il relax, con sedili comodi e spazi pensati per interagire con gli altri passeggeri. Potresti anche fare amicizia durante il viaggio, rendendo il tragitto qualcosa di più di un semplice spostamento.
#4 Automobili volanti? Quasi
E poi ci sono le auto leggere volanti, che sembrano voler sfidare la gravità stessa. Alcuni progetti, come l’Alef Model A di Alef Aeronautics e l’Hexa di Lift Aircraft, stanno già facendo parlare di sé. L’Alef ha fatto scalpore al Mobile World Congress 2024 con un veicolo che sembra uscito da un film di fantascienza, mentre l’Hexa ha mostrato le sue capacità di volo durante il SusHi Tech di Tokyo. Entrambe puntano a un futuro in cui volare sopra il traffico potrebbe essere alla portata di tutti, o almeno di chi potra permetterselo.
Nonostante tutto l’entusiasmo attorno a queste auto volanti, bisogna ammettere che il loro utilizzo quotidiano è ancora lontano. Per ora, progetti come questi servono più che altro a farci sognare. Tuttavia, altre soluzioni, come monopattini, bici, skateboard e scooter potrebbero già essere quasi pronti per l’implementate e potrebbero trasformare radicalmente il trasporto urbano.
Ecco allora che il futuro della mobilità urbana potrebbe non essere per forza nelle auto volanti o nei mezzi dal lookavveniristico, ma piuttosto nella capacità di combinare le tecnologie già esistenti in modo intelligente, creando un sistema di trasporto che sia davvero a misura di città.
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Era diventato un punto di riferimento in tutta l’area. Per chi voleva fare colazione, aperitivo o fermarsi dopo cena per un drink con affaccio diretto sulle acque dell’ex porto di Milano. La proprietà ha deciso di gettare la spugna. Troppo pericoloso rimanere aperti. Un brutto segnale per la città quando non si riesce a proteggere chi ci vive e lavora.
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Problema sicurezza sui Navigli: chiude il Vista Darsena
# Chiude uno dei locali con vista più belli di Milano
Una stupenda terrazza che guarda il molo di Milano dove mangiare dalla colazione a mezzanotte, passando per la merenda e l’aperitivo, a un passo dall’acqua. Questo è stato Gud Vista Darsena fino a domenica 3 novembre, quando uno dei locali con vista più belli di Milano ha chiuso per l’ultima volta le porte.
In questo caso però non si tratta di una chiusura di un ristorante storico, di proprietari andati in pensione, di sfratto per vendita o di rinuncia per un affitto diventato insostenibile. Purtroppo la questione è un’altra, per certi aspetti molto più seria e preoccupante.
A dare la trista notizia un post su facebook di Simone Lunghi, l'”Angelo dei Navigli”, istruttore di canoa alla Canottieri San Cristoforo che da anni si batte per la pulizia e tutela dei corsi del quartiere e che proprio nel Vista Darsena trovava luogo di sosta quando accompagnava le persone alla scoperta dei Navigli. Questo il testo del post: «Questa mattina è martedì (5 novembre ndr). Poiché il lunedì era giorno di chiusura oggi è il primo giorno in cui il Vista Darsena non ha aperto dopo molti anni di onoratissima attività. Questo perché il gruppo che aveva vinto il bando circa otto anni fa ha deciso di non partecipare più a causa del crescente livello di insicurezza che si respira in darsena nelle ore notturne. Più di una volta i tavolini, le sedie e gli ombrelloni sono stati gettati in acqua da vandali sia durante le ore notturne addirittura a volte durante le ore di apertura da parte di balordi, squilibrati e criminali che hanno terrorizzato la clientela. Il Vista Darsena è stato per noi un punto di appoggio importantissimo dove ho fatto spesso tappa con le persone che avevo Oggi è un giorno triste.»
# L’insicurezza non è solo percepita, è reale e occorre intervenire con decisione nei luoghi più a rischio
Se i numeri dei reati denunciati, per i quali Milano si piazzatristemente al primo posto in Italia, vanno presi con le pinze in un senso e nell’altro, non tutti denunciano e più si scende lungo lo Stivale e più aumenta l’omertà, non si può far finta che il problema sicurezza sia una favola. E non si tratta di questione di percezione, come spiegato dal Sindaco Sala quando ha istituito una comitato strategico con il supporto dell’ex capo della polizia Franco Gabrielli con l’obiettivo di gestire meglio l’aumento della microcriminalità occupandosi anche di comunicare meglio con la città, in particolare per quanto riguarda la percezione di insicurezzacrescente dei milanesi negli ultimi tempi.
I pericoli sono reali. La chiusura del Vista Darsena è un brutto segnale per la città, la zona dei Navigli è purtroppo conosciuta per diventare un far west ancor prima che arrivi sera soprattutto nei weekend: risse, accoltellamenti, danneggiamenti alla cosa pubblica sono ormai una costante. Non si tratta di fare di tutta l’erba un fascio, ma i luoghi più frequentati e turistici della città non devono trasformarsi in terra di nessuno, dove tutto è concesso: serve un controllo massiccio delle forze dell’ordine, con il supporto di adeguati sistemi di videosorveglianza, e una gestione coordinata per gestire al meglio l’enorme flusso di persone.
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Si avvicina sempre di più il momento in cui anche due delle più importanti città del sud Italia saranno collegate dall’alta velocità. I lavori sulla tratta Bari-Napoli stanno procedendo senza grossi intoppi, bisogna anche rispettare i tempi imposti dal PNRR, con i cantieri attivi su tutti i lotti. Gli ultimi aggiornamenti e quando è previsto il primo viaggio.
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Il nuovo treno in alta velocità Bari – Napoli: in 5 ore si andrà in Puglia da Milano
# Attivi i cantieri su tutti i lotti del tracciato di 145 km, finanziato con 5,8 miliardi di euro, una parte dal PNRR
Corrono veloci i lavori per realizzare la nuova linea alta velocità tra il Tirreno e l’Adriatico. I cantieri sono infatti operativi su tutti i sette lotti e attualmente procedono secondo il cronoprogramma stabilito, bisogna anche rispettare i tempi imposti dal PNRR dato che arrivano da lì parte dei 5,78 miliardi di euro di risorse. La futura linea veloce prevede un’estensione di 145 km, con una velocità massima prevista tra i 200 e i 250 km/h, e aumenterà la capacità teorica da 4 a 10 treni all’ora in entrambe le direzioni sulla tratta Napoli – Foggia, e sarà utilizzata anche dai treni merci e locali. Il progetto fa parte del Corridoio ferroviario europeo TEN-T Scandinavia – Mediterraneo.
Nello specifico sono questi gli interventi previsti:
la soppressione di tutti i passaggi a livello, 15 in totale, lungo l’attuale linea e la costruzione di una nuova stazione di Hirpinia sulla tratta Apice – Orsara.
una galleria lunga circa 27 chilometri sui 28 complessivi di nuova linea per attraversare gli Appennini nella tratta Hirpinia – Orsara, che si contenderà il primato con quella del Terzo Valico;
altre due gallerie minori.
# Le ultime dai cantieri: completato lo scavo della galleria Grottaminarda, partite altre due talpe, una in Campania e l’altra in Puglia
Il primo tratto ad essere stato inaugurato è di 3 chilometri tra Caserta e Cancello, nella primavera 2023, mentre a settembre 2024 si è concluso lo scavo della galleria di Grottaminarda di 2 chilometri con una delle tre talpe previste per il tracciato della tratta Apice-Hirpinia: 18 chilometri di lunghezza di cui 12 sotterranei.
Nel 2025 la talpa verrà impiegata sulla sponda opposta del fiume Ufita per lo scavo di una seconda galleria di questo lotto, la Melito lunga circa 4,4 chilometri. Terminata invece a termine la posa dei binari nella galleria Monte Aglio sulla tratta Cancello – Frasso Telesino, sulla tratta Napoli-Cancello proseguono le attività per la realizzazione della galleria Casalnuovo in condizioni iperbariche.
# In corso lo scavo della Galleria Rocchetta e il consolidamento delle Gallerie Le Forche
In corso c’è anche lo scavo della Galleria Rocchetta, per una lunghezza prevista di 6,4 km, ad opera della talpa Futura, il consolidamento delle Gallerie Le Forche che sviluppano lungo 2 km nella tratta Telese-Vitulano su un totale di 19 km. Per tutto il tratto campano si tratta di 121 km di doppi binari, 63 km di percorso, 9 gallerie, 25 viadotti e 14 stazioni. Per tutta la tratta Apice-Hirpinia l’investimento è di 628 milioni di euro.
# Entro fine 2024 avvio dello scavo sull’altra canna della Galleria di Orsara
In Puglia ha iniziato il suo percorso un’altra talpa per scavare la prima delle due canne della galleria di Orsara, lunga circa 10 chilometri, del tratto Orsara-Bovino. Entro fine anno è programmato l’avvio dello scavo meccanizzato anche della canna dispari dell’altra canna.
Previsto in questo caso un raddoppio pari a circa 12 chilometri, interamente in variante rispetto alla Linea Storica che sarà poi demolita, di cui circa l’80% in galleria con la soppressione di quattro passaggi a livello. L’investimento in questo caso è di 562 milioni di euro.
# A metà del 2025 prima sensibile riduzione dei tempi di viaggio: nel 2028 da Milano a Bari in 5 ore
Dopo il primo collegamento sperimentale nel 2023, già a partire dalla metà del 2025 si prevede la riduzione dei tempi di percorrenza nella tratta Bari-Napoli da 4 a 2 ore e 40 minuti. Il completamento dell‘intero tracciato è programmato per il 2027, mentre l’attivazione nel 2028 quando è prevista un’ulteriore riduzione di 40 minuti nei tempi di percorrenza. Si dimezzerà quindi la durata del viaggio tra Napoli e Bari, passando dalle 4 ore attuali a 2, il tragitto tra Roma e Bari passerà da 5 a 3 ore, da Roma a Lecce e Taranto sarà di 4 ore, mentre il viaggio da Milano a Bari da 8 a sole 5 ore.
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Ammirare Picasso con vista su tutta Milano? Si può farlo per due giorni. Addirittura gratis. E se fosse solo l’antipasto per rendere i grattacieli più protagonisti nella vita dei milanesi?
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A Milano la mostra gratuita a 130 metri di altezza: 10 idee per mettere i grattacieli al centro della vita milanese
# Picasso con le vertigini in cima a CityLife
Milano torna a offrire esperienze uniche in alta quota: il 23 e 24 novembre, il 27º e ultimo piano della Torre PwC, nel cuore di CityLife, aprirà gratuitamente le sue porte al pubblico per Sguardi dalla Torre. Questa iniziativa consente di ammirare sia una straordinaria opera d’arte, La loge (Le balcon) di Pablo Picasso, dalla collezione permanente della Pinacoteca di Brera, sia una vista mozzafiato della città dall’alto di 130 metri. I biglietti sono gratuiti ma limitati e prenotabili qui a partire dall’11 novembre alle 15:00.
L’evento rappresenta una rara occasione di connessione tra arte e architettura moderna, in uno dei simboli più emblematici del nuovo skyline milanese. Questo momento di condivisione apre a una riflessione più ampia: Milano potrebbe fare molto di più per integrare i suoi grattacieli nella vita cittadina, trasformandoli non solo in scenografie, ma in veri spazi culturali, sociali e di intrattenimento. Ecco 10 idee per far diventare questi giganti di vetro e acciaio catalizzatori della vita milanese.
#1 Gallerie d’arte in alta quota
Eventi come Sguardi dalla Torre dimostrano il fascino irresistibile dell’arte in alta quota. Perché non rendere permanente questa idea? I piani superiori di alcuni grattacieli potrebbero ospitare mostre d’arte itineranti o collezioni contemporanee in collaborazione con istituzioni come la Triennale o il Museo del Novecento. Esporre opere a oltre 100 metri di altezza attrarrebbe turisti e offrirebbe ai residenti un nuovo punto d’incontro culturale, con un’esperienza visiva che unisce arte e panorama.
#2 Sky Gardens: giardini e orti urbani panoramici
Per avvicinare i milanesi ai loro grattacieli, si potrebbero creare giardini pensili, ispirati agli sky gardens di Londra o Singapore. Gli ultimi piani dei grattacieli potrebbero ospitare orti urbani aperti al pubblico, offrendo spazi verdi da cui ammirare la città. Con l’aiuto di botanici, questi spazi potrebbero includere specie autoctone, fiori stagionali e coltivazioni di erbe aromatiche, fungendo da luoghi di relax e socializzazione.
#3 Ristoranti e rooftop bar per tutte le stagioni
A proposito degli Sky Gardens, molti grattacieli milanesi già ospitano rooftop bar e ristoranti, ma questi spazi sono spesso elitari e costosi. Creare bar e ristoranti panoramici, accessibili al grande pubblico, magari con prezzi calmierati e serate speciali, avvicinerebbe una platea più ampia. Si potrebbero organizzare serate a tema culinario regionale o internazionale, trasformando la terrazza in un punto d’incontro culturale e gastronomico per tutti. E perché non usare proprio i giardini? L’atmosfera potrebbe essere molto affascinante.
#4 Cinema e teatro tra le nuvole
Per un’esperienza ancora più immersiva, cinema o teatri temporanei potrebbero essere allestiti sui tetti dei grattacieli. Immaginate una serata estiva, con le luci della città sullo sfondo, e un film d’autore proiettato su uno schermo panoramico. Anche spettacoli teatrali, letture poetiche o performance sperimentali, all’ultimo piano, offrirebbero un’atmosfera unica, valorizzando il potenziale scenografico dei grattacieli e creando alternative agli spazi culturali tradizionali.
#5 L’Osservatorio astronomico
Immagina un osservatorio astronomico sui tetti dei grattacieli milanesi, come la Torre Unicredit, dove telescopi avanzati e tecnologie interattive permettano ai milanesi e ai turisti di esplorare il cielo notturno senza lasciare la città. Eventi di osservazione, serate a tema e laboratori didattici potrebbero coinvolgere il pubblico in un’esperienza unica, combinando scienza, educazione e intrattenimento. L’accessibilità sarebbe un punto cruciale, con aperture serali e attività per famiglie e studenti, trasformando questi luoghi in nuovi centri di cultura scientifica, pronti a rendere Milano una meta all’avanguardia per l’astronomia urbana.
#6 Festival e concerti panoramici
Gli ultimi piani dei grattacieli potrebbero diventare location per festival musicali, con concerti panoramici sui tetti. Jazz, musica classica o performance acustiche dal vivo creerebbero un’atmosfera unica, con la skyline come sfondo. Festival stagionali organizzati con artisti locali e internazionali renderebbero la sommità dei grattacieli uno dei luoghi più ambiti dai milanesi.
#7 Piattaforme di osservazione ed esperienze interattive
Dalla cima dei grattacieli, indossando occhiali per la realtà aumentata, su una piattaforma panoramica, i visitatori potrebbero esplorare Milano come mai prima: guardando una zona specifica della città, verrebbero “trasportati” virtualmente proprio lì, vedendola come appariva in epoche diverse. Puntando, ad esempio, il Duomo, si potrebbe ammirarlo nel suo aspetto medievale, con dettagli sulla sua costruzione e curiosità storiche. Ogni quartiere mostrerebbe così le sue trasformazioni, accompagnato da narrazioni che illustrano cultura e personaggi significativi, creando un percorso interattivo che sovrappone alla vista reale della città un viaggio nella sua storia e identità.
#8 Sport e benessere in alta quota
Celebre la partita di tennis con Federer in cima a un grattacielo di Dubai. E se Milano rilanciasse l’esperienza? Creare spazi comunali dedicati al benessere e allo sport in alta quota potrebbe portare in città una nuova concezione di “benessere urbano”. Palestre panoramiche, sale yoga e aree per la meditazione, all’ultimo piano, per esempio, del Grattacielo Pirelli, consentirebbero di allenarsi ammirando Milano. Alcuni grattacieli potrebbero anche includere piste di corsa e percorsi fitness interni con vista sulla città. La palestre private esistono già, Milano potrebbe essere la prima a “popolarizzare” l’idea.
#9 I taxi volanti: voli panoramici e turismo aereo urbano
Qui il progetto si fa ancora più concreto. Sembra ormai sicuro: Milano avrà una linea di taxi volanti. Tra le ipotesi di “fermata celeste” c’è proprio uno dei grattacieli di CityLife. E potrebbe essere solo l’inizio: immagina di partire da un grattacielo milanese per un volo panoramico sulla città, magari a bordo di piccoli droni o elicotteri elettrici. Milano potrebbe diventare pioniera nel turismo urbano con voli che partono dai suoi grattacieli, offrendo vedute uniche sulla città e sui dintorni, come il Lago di Como o le Alpi. Questi voli privati, a basso impatto ambientale, potrebbero essere riservati a turisti e residenti in cerca di un’esperienza esclusiva, finanziando così le altre iniziative pubbliche.
#10 Skyway, passerelle nel cielo e mobilità verticale
Infine, perché non sfruttare il vasto spazio sospeso in aria per farci muovere? Ci potrebbe essere un sistema di mobilità verticale, come ascensori pubblici e passerelle sospese tra grattacieli vicini, da testare per esempio a CityLife o in zona Centrale, che potrebbe permettere di spostarsi tra edifici senza scendere a terra. Queste skyway, potenzialmente, potrebbero includere direttamente ognuna delle idee fin qui proposte.
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Di nuovo di scena il villaggio natalizio urbano. Queste le novità, gli orari e i prezzi dei biglietti.
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Il villaggio di Natale urbano è tornato ai confini di Milano: le novità di quest’anno
# Atmosfere natalizie al Carroponte di Sesto San Giovanni con un milione di luci colorate
La Magia del Natale è tornata al Carroponte di Sesto San Giovanni. Realizzato da Razmataz Live, dall’8 novembreal 22 dicembre si tratta di una versione più spettacolare del villaggio natalizio dell’hinterland di Milano, che si estende su una superficie di oltre 15mila mq.
A fare da guida lungo le vie che si snodano attraverso il parco c’è il bagliore di un milione di luci e, in particolare, le maxi luminarie salentine a tema natalizio.
# Cosa visitare e vedere: dalla Fabbrica dei Giocattoli allo Chapiteau delle Meraviglie
Il biglietto ordinario consente di accedere a molte delle attrazioni presenti. Tra queste troviamo:
l’Ufficio postale dove i bambini possono sedersi davanti a un lungo scrittoio per scrivere la lista dei desideri da spedire in piccole buste bianche a Santa Claus;
la Fabbrica dei Giocattoli, dove i rumori degli ingranaggi accompagnano il lavoro degli elfi operai;
il negozio di giochi di Don Chisciotte, annesso alla fabbrica;
la Casa di Babbo Natale, dotata di tutto l’occorrente: il planetario, le mappe astronomiche e l’iconica slitta;
alla Spiegeltent Paradise, particolare struttura dei primi del Novecento;
lo Chapiteau delle Meraviglie, una sfarzosa e antica tenda da circo che riporta indietro nel tempo. In entrambe queste ultime due strutture vanno in scena spettacoli dedicati.
# Le attrazioni da provare: pista di pattinaggio raddoppiata, ruota panoramica e giostra dei cavalli
Punti di forza del villaggio sono la ruota panoramica, la pista di pattinaggio, raddoppiata rispetto alla precedente edizione, e la giostra dei cavalli.
Ci sono poi spettacoli di illusionismo e magia, cori gospel e show di vario tipo, tra cui quello circense di Alice in Circusland, lo Schiaccianoci sui pattini e «Natale – The Musical», una parodia del musical theatre ispirata ai musicarelli televisivi di tanti anni fa.
# Il mercatino di Natale equosolidale
Si può fare poi un giro nel mercatino di Natale equosolidale di Chico Mendes Altromercato, allestito in un grande igloo trasparente, dove trovare panettoni artigianali e leccornie per la tavola, idee regalo, presepi e addobbi di varie misure. Per una pausa golosa ci sono i punti di ristoro dislocati per il parco dove bere cioccolata calda e vin brulè, e mangiare strudel di mele, crêpes, frittelle, bretzel, hot dog, caramelle e lecca- lecca giganti.
# Gli orari di apertura e il prezzo di biglietti
Il Villaggio di Natale è aperto il venerdì dalle ore 15:00 alle ore 20:00, il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 20:00, l’ultimo ingresso è alle ore 18:00. Il prezzo per l’ingresso è di 18 euro per gli adulti, 14 euro per bambini tra i 4 e i 12 anni, mentre per i bambini fino a 3 anni di età l’entrata è gratuita. Sono disponibili pacchetti famiglia, 2 adulti più due bambini, al prezzo di 60 euro.
Nel biglietto sono compresi tutti gli spettacoli proposti, tranne quelli serali. Servono ticket a parte, acquistabili in loco, per la pista di pattinaggio, la ruota panoramica e la giostra cavalli.
Qui le informazioni per arrivare al villaggio con trasporto pubblico e auto.
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Realizzate in diversi paesi del mondo, le metropolitane sopraelevate possiedono indubbiamente diversi vantaggi.
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Perché non costruire una metropolitana sopraelevata a Milano? Queste le zone da collegare
# Potrebbe essere una soluzione innovativa alla mobilità milanese. Eppure, non è mai stata presa in considerazione
Da Chicago a Taipei, da Berlino a Tokyo. Sono numerose le città con linee metropolitane che si sviluppano totalmente, o parzialmente, sopra il livello stradalecon costi e tempi decisamente inferiori rispetto alle linee sotterranee.
A Milano non si è ancora capito per quale motivo non venga mai presa in considerazione l’ipotesi di dare una soluzione innovativa alla mobilità.
Ovviamente, sarebbe impensabile, oltre che complicato, costruirle in città. Ma potrebbe essere un’opzione davvero vantaggiosa per collegare i comuni dell’hinterland e della provincia di Milano.
# La necessità di una rete di trasporto capillare ed efficiente che risponda alle esigenze di tutti
È un dato di fatto che i problemi causati dal traffico e dall’inquinamento richiedano interventi urgenti. Uno dei principali non può che essere la creazione di una rete di trasporto capillare e sempre efficiente, con un servizio h24 in grado di rispondere alla sempre più crescente necessità di spostamento delle persone.
I cittadini di Milano utilizzano già largamente i mezzi pubblici e le auto, occupati per lo più da viaggiatori pendolari provenienti dai tanti comuni non serviti dalla metropolitana o dalla ferrovia. Questo, ovviamente, causa le conseguenti lunghe code nelle principali arterie che collegano il capoluogo.
La mattina in tanti farebbero a meno di inserire le chiavi nel cruscotto per raggiungere il luogo di destinazione, lasciando l’auto parcheggiata sotto casa ed evitando multe, incidenti e ritiri della patente. Ma, giustamente, l’idea di stare in piedi su autobus pieni, tra ingombranti zaini di studenti assonnati, o di dover sostare per lungo tempo presso fermate scoperte sotto la pioggia o la neve… Fa desistere molti.
# Non è più possibile trascurare il trasporto pubblico in provincia. Bisogna prendere subito dei provvedimenti
Si è sempre trascurato lo sviluppo del trasporto pubblico in provincia, affidandolo in buona parte ad autobus inquinanti. Ma è giunto il momento di colmare il divario tra centro e periferia della città metropolitana.
Facciamo un solo esempio di un possibile tragitto da San Siro a Magenta, ma potremmo farne molti altri. Certo, andrebbe studiata nel dettaglio, ma la sopraelevata attraverserebbe diversi quartieri e comuni densamente popolati e, essendoci ampi spazi verdi e larghe strade, ci sarebbe tutto il posto per la sua costruzione. Infatti, non dovrebbe essere per forza un’opera mastodontica con un elevato numero di vagoni, ma è fondamentale la frequenza del passaggio e la sicurezza durante il viaggio. Una valida alternativa potrebbe anche essere una tranvia leggera in sede protetta.
Ad ogni modo, qualcosa va inventato. Altrimenti, gli abitanti delle zone più periferiche e meno servite continueranno a preferire il mezzo privato.
# Per farci un’idea, ecco le diverse zone periferiche che potrebbero essere collegate con la metro sopraelevata e il numero dei loro abitanti
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Sarebbe dovuta diventare come “la Défense” parigina. Niente di tutto questo si è avverato.
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La triste fine della «Defense Milanese»
# Il sogno dei 50 grattacieli per “la Défense” milanese
Era il 2010 quando l’allora assessore all’Urbanistica, Carlo Masseroli, annunciava un futuro in stile “La Défense” a Parigi o Canay Wharf a Londra per i 450.000 mq di superficie degradata e poco connessa dell’ex area industriale di via Stephenson, confinante con l’Expo2015, nel quadrante Nord Ovest di Milano. Le volumetrie del Pgt avrebbero consentito di costruire fino a 50 grattacieli. Un centro direzionale con grandi torri e alberghi, uffici, consolati e ambasciate come nelle due capitali europee.
A questo si sarebbe dovuto aggiungere una nuova metropolitana di superficie di 12 km, per connettersi con la stazione di Porta Garibaldi, 8 di riqualificazione del Passante Ferroviario e la nuova linea M11 Molino Dorino-Polo della Salute fino all’ospedale Sacco. Nei progetti era prevista anche la linea M6.
L’area di proprietà quasi interamente di privati, in prevalenza della famiglia Ligresti, si trova anche a poca distanza dalle autostrade A4 e A9 e avrebbe potuto intercettare investimenti fino a 6 miliardi di euro con 300 milioni di oneri di urbanizzazione da destinare alla realizzazione delle infrastrutture per collegare meglio la zona.
# Un’area rimasta nel degrado e abbandonata
Niente di tutto questo si è avverato. Gli unici interventi realizzati sono stati un multisala del gruppo Liuni, che ha costruito anche una torre di 22 piani e 94 metri di altezza adibita ad hotel oggi di proprietà della società Voco, il centro di Porsche di Milano Nord, un edificio di 15 piani sede di Generali Finance e alcuni edifici residenziali. Per il resto si stagliano le torri di Ligresti, tra i 10 e 20 piani di altezza, abbandonate da anni anche dopo essere state rilevate dal Gruppo Unipol, capannoni in pessime condizioni e in generale una zona in cui il degrado e l’incuria sono imperanti. Mancano persino bar, ristoranti, negozi e supermercati per abitanti e lavoratori.
# Collegamenti quasi inesistenti
Anche arrivarci e muoversi all’interno del quartiere è un vero inferno. Via Stephenson è infatti raggiungibile direttamente solo a bordo della linea di bus 35, mentre per arrivare in treno la fermata più vicina è quella di Certosa a 20 minuti a piedi. La pista ciclabile presente nell’area non è utilizzata da nessuno, visto che i residenti sono pochi e mancano servizi e aree di interesse e che l’unico mezzo di trasporto utilizzabile è l‘automobile.
L’ultimazione del vicino quartiere residenziale di Cascina Merlata, con il nuovo mega centro commerciale di design, e del distretto MIND, insieme alle future stazioni della Circle Line di MIND-Cascina Merlata e Stephenson saranno sufficienti per rilanciare la zona?
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Non me ne voglia Memo Remigi che deve la sua notorietà ad una canzone che racconta delle stranezze e della difficoltà di innamorarsi a Milano. La nostra città ha mille contraddizioni e se da un lato esistono luoghi difficilmente piacevoli, di contro sotto la Madonnina sono diversi i luoghi dove dichiararsi diventa molto più facile.
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10 luoghi dove dirsi «ti amo» a Milano
#1 Sul tetto del Duomo: con la benedizione della “Madunina”
Proprio sotto lo sguardo della Madunina, tra guglie e arcate, con la complicità di creature inanimate di marmo raffiguranti putti, angeli ma anche Primo Carnera (che protegge questo angolo di Milano), affacciati alla piazza antistante il Duomo e potendo guardare oltre i confini cittadini fino ai promontori orobici da una parte, piacentini dall’altra, risulta impossibile resistere alle lusinghe di chi si dichiara apertamente. Se si vuol affrontare la salita a piedi è consigliato un discreto allenamento fisico altrimenti si rischia di arrivare in cima in debito di ossigeno e poi dire cose insensate è un attimo. Istituzionale
#2 In Piazza dei Mercanti: per chi vuole dichiararsi in rima
Nascosta dal palazzo antistante il Duomo c’è Piazza dei Mercanti. L’atmosfera che trasporta i presenti in tempi passati, le arcate e il pozzo posti al centro della Piazza, purtroppo chiuso senza possibilità del sempre suggestivo getto della moneta, suoni ovattati e luci soffuse rendono questo angolo meneghino un posto perfetto per chi vuol dichiararsi in versi richiamandosi ai poeti del passato. Ci si può lasciar andare a divagazioni riguardanti Dante e Beatrice, senza dimenticare la famosa partita di basket giocata da Aldo, Giovanni e Giacomo. Consigliato un leggio e corona di alloro. Medioevale
Uno dei punti più alti di Milano con vista panoramica a 360 gradi, la cima della torre è stata tempo addietro sede di un piccolo ristorante. Ora è solo utilizzata come punto panoramico e la struttura metallica in sé non è particolarmente gradevole ma è certamente il miglior punto di osservazione dei confini della città e oltre. Se si ha la fortuna di una giornata con cielo terso la visibilità arriva ben oltre i territori regionali e regala vista e foto indimenticabili.
Obbligatoria una buona cultura geografica e storica per poter indicare quali siano i monti visibili e quali i palazzi e i luoghi importanti che si possono osservare. Tra aneddoti e curiosità far scivolare la propria dichiarazione può consentire di portare a casa un risultato soddisfacente. Consigliato per gente preparata.
Situato nel Parco Sempione mette in comunicazione le due sponde del laghetto principale. Inizialmente presente in Via San Damiano (oggi Via Uberto Visconti di Modrone) fu poi adattato e trasferito nell’odierna sede. Come su ogni ponte che si rispetti la dichiarazione va seguita dall’apporre un lucchetto come pegno di un amore eterno.
Con le Sirenette che testimoniano quanto detto si può star certi che l’impegno preso avrà lunga vita. Per rendere il tutto più amorevole si consiglia di portare qualche pezzo di pane per i volatili presenti nel laghetto facendo però attenzione nel non sporgersi troppo e cadere nello specchio d’acqua che tutto è tranne che balneabile. Umido
Un cielo stellato, anche se artificiale, è la cornice ideale per mettere a segno il proprio intento. Un luogo magico e fonte di ispirazione per frasi che riconducono al celestiale cercando però di non esagerare. “Tuo padre è un ladro perché ha rubato due stelle e le ha messe al posto dei tuoi occhi” riecheggia ancor oggi per le troppe volte sussurrata all’orecchio dell’amato/a. Da raggiungere rigorosamente a piedi attraversando i giardini di Porta Venezia è un caposaldo per chi non vuole sbagliare posto e preferisce lasciar condurre al fato le sorti senza doversi impegnare più di tanto. Per romantici pigri
#6 I colori del Naviglio Grande: al calar della sera ispirano le parole più adatte
Un luogo tra i più romantici in Italia, dove il lento scorrere del Naviglio detta i tempi per una passeggiata prima di un aperitivo o, meglio, una cena romantica. Arrivando, al calar del sole, dai vicoli che si intrecciano in prossimità della Darsena si arriva facendosi ammaliare dal suo indiscutibile fascino. Guardando l’acqua e il brulicare di persone e veicoli che si muovono dando vita a giochi di luci e colori, coadiuvati da qualche canzone che giunge dai vari locali presenti è facile trovare il momento adatto per formulare la frase più congeniale al momento.
Dichiarandosi prima si ha anche la possibilità di scegliere dove continuare la serata. Dall’aperitivo all you can eat al ristorante di qualità, conducendo la serata a proprio piacimento. Girano voci di casi disperati che grazie alla atmosfera estremamente romantica siano usciti vincitori da una impresa titanica. Per chi piace giocare facile
Tralasciando che si sale sulla base di un cumulo di detriti della Seconda Guerra mondiale il posto è adatto per un incontro tra gente che ama lo sport. Raggiungere la vetta di corsa dà prova di buona prestanza fisica e consente di sentirsi quasi in montagna, circondati dal verde di un parco e, nota dolente, da una arteria stradale piuttosto trafficata. Sfidare chi si vuole rendere protagonista del proprio futuro sentimentale ad una corsa che taglia fiato e gambe dà un’immagine di sé molto atletica e aperta alla competizione, è quindi meglio arrivare preparati prima di sfigurare malamente.
Certo è piacevole anche per chi intende affrontare il pendio in tutta calma, magari in compagnia del proprio amico a 4 zampe che in certi momenti ha sempre il suo perché. Arrivati alla sommità e recuperati fiato e battito cardiaco si può tranquillamente recitare una frase che faccia inequivocabilmente capire le proprie intenzioni. Altrimenti si è rischiato un infarto per niente. Per gente sportiva
#8 Alle Colonne di San Lorenzo: per dichiarazioni stupefacenti
Tra storia, sacralità della chiesa che domina la piazza e i mai assenti fumi di sostanze non esattamente legali che disinibiscono chiunque si può trovare il coraggio di rivelarsi. Le molte persone presenti e il brusio di sottofondo consentono di correggere le parole in base alla situazione giocando sul fatto che non sono state percepite correttamente.
Una birretta pre-discorso aumenterà il grado di sfacciataggine necessaria a chi è solitamente impacciato o perennemente indeciso. Le colonne sono sempre un ottimo appoggio per potersi baciare dopo uno sperato esito positivo. Per timidoni e impacciati
Decisamente opposto alla sobrietà di molti luoghi la Terrazza è istituzionalmente il posto per chi vuole prendere in mano la situazione e governarla con determinazione e carta di credito alla mano. Tra un cocktail ben preparato e musica sempre perfetta, con vista guglie del Duomo e le luci serali o notturne di una Milano che racconta tutta la sua storia è piuttosto facile trovare il momento propizio per svelare le proprie intenzioni.
Impegnativo per abbigliamento e budget si consiglia di raggiungerlo, almeno all’andata, a piedi. Nessuno sbattimento per trovare un improbabile parcheggio e successivo spostamento in zona Tortona in taxi dove tra pesce cucinato da dio e qualche bollicina ad allentare la tensione si vince facile. Per gente pettinata
#10 A Brera: nascosti in qualche angolo suggestivo del quartiere degli artisti
Famosa in tutto il mondo per essere stato il quartiere degli artistisi respira ancora oggi il fascino dell’arte e della poesia. Tra un calice e una lettura delle carte, spesso improbabile, il passeggiare tra le piccole vie della zona è sempre un’esperienza interessante. Con un minimo di abilità si può utilizzare una previsione fatta da uno dei tanti chiromanti presenti per incanalare la serata nel migliore dei modi.
Qualche anfratto o angolo suggestivo faranno da cornice alla propria dichiarazione, magari scegliendo il momento in cui un artista di strada suona note romantiche. Da qui altre zone altrettanto romantiche sono facilmente raggiungibili e solo dei tacchi 12 centimetri possono essere nemici di un proseguo di passeggiata tra storia, palazzi meravigliosi e locali che possono sancire un momento da ricordare. Per i meno giovani.
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Conosciamo tutti i girasoli. Anche il nome generico di quei grandi fiori che mettono allegria soltanto a guardarli, helianthus fa riferimento proprio alla loro più famosa caratteristica, quella di ruotare il proprio bocciolo–prima della fioritura–sempre in favore del sole. E, immerso nella campagna veronese, si trova un gioiello di architettura, ingegno, e tecnica. Se vi state chiedendo come queste due immagini possano fondersi, non conoscete Villa Girasole a Marcellise, l’unica villa al mondo che, come un girasole, ruota seguendo il movimento del sole.
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La «Villa Rotante»: la prima al mondo che insegue il sole
Questo piccolo, si fa per dire, capolavoro nascosto si trova nella frazione di Marcellise in San Martino Buon Albergo (VR). Fu costruito negli anni 1929-1935 dall’ingegnere Angelo Invernizzi e dall’architetto Ettore Fagiuoli, ed è da considerarsi un trionfo di razionalismo, Art Decò, e Futurismo. L’ingegnere ebbe l’idea di far seguire il sole all’edificio per sfruttarne le proprietà e, data la possibilità di esporre la villa alla luce per tutto il giorno, di fatto creò quello che all’epoca era uno dei primi prototipi di bio-edilizia moderna.
La Villa, una volta residenza di villeggiatura della famiglia Invernizzi, è composta da un corpo fisso a forma circolare parzialmente inserito nella collina, su cui poggia un corpo rotante a forma di V che sporge per due piani dal suolo, e un solarium girevole.
La villa ruotava attorno al giroscala dotato di ascensore. All’ingresso, vicino all’ascensore che sale lungo la tromba di una scala elicoidale in ferro e vetro che arriva fin su una torretta, c’è un quadro con tre pulsanti: avanti, indietro, arresto; spingendo il primo pulsante la villa cominciava a seguire l’andamento del sole. Cominciava, si, perché purtroppo, a causa di un cedimento del terreno sottostante, dai primi Duemila, il movimento non è più stato attivato. Tuttavia, alla velocità di 4 millimetri al secondo, i rulli che azionavano il movimento della villa le permettevano di compiere una rotazione di 360° in nove ore e venti minuti.
Ma non è soltanto il progetto e l’idea a rendere Villa Girasole unica e innovativa: la struttura fissa in cemento armato venne tamponata con pareti di laterizio e un—all’epoca—innovativo sistema di pannelli di Eraclit, introdotti pochi anni prima della sua costruzione, per mantenere e garantire leggerezza e isolamento; la parte mobile, invece, venne rivestita da lastre di Alluman prodotte dalla ditta di Milano “Lavorazione Leghe Leggere”–materiale che ha contribuito a conferire un aspetto lucente alla superficie. A completamento della facciata, infine, le tapparelle celesti erano azionate elettricamente da comandi posti sui comodini delle varie camere.
Gli interni sono contraddistinti da forme geometriche che si susseguono creando un gioco di colori e rimandi lungo tutti i corridoi, e conducono l’occhio del visitatore alle stanze principali calde e accoglienti. Le pareti sono affrescate e alternano due o tre colori complementari, divenendo loro stesse arredo dell’ambiente.
E come se Villa Girasole da sola non bastasse a emozionare la vista, negli undici ettari di parco privato della famiglia Invernizzi sono presenti un campo da tennis pensile, una piscina con uno scivolo, e un piccolo specchio d’acqua, incastonati tra alberi e arbusti per una vera e propria scena da favola.
Nel documentario del 1995 del regista Christoph Schaub, la figlia dell’ingegnere, Lidia Invernizzi, narra la vita ai tempi in cui gli ingranaggi funzionavano, quando nel periodo della raccolta dei ciliegi in estate tutta la famiglia si trasferiva in questa futuristica casa di villeggiatura. «Si muoveva come un orologio, con un movimento impercettibile […]. Le immagini che si vedevano attraverso le finestre erano il segreto degli spazi di casa. Alzando gli occhi dal mio libro vedevo ogni volta un quadro nuovo ritagliato nel paesaggio. Erano sempre vedute nuove e con una luce diversa, eppure non avevamo percepito nessun movimento. Questi quadri mutevoli erano stati l’invenzione di papà».
Attualmente, la villa non è visitabile ed è da ristrutturare e recuperare. Nei primi mesi dello scorso anno, infatti, avrebbero dovuto avere inizio i lavori per mettere in sicurezza l’esterno dell’edificio con l’obiettivo di poter di nuovo riaprire Villa Girasole al pubblico e riprendere le visite a questa struttura. Tuttavia, trovare informazioni sull’effettivo inizio di quest’opera di ristrutturazione si è rivelato un buco nell’acqua, segno forse che anche Villa Girasole dovrà attendere che il 2020 si allontani del tutto.
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Due giornalisti, uno livornese e tifoso amaranto, l’altro milanese e (forse) milanista. L’eccessiva rivalità sportiva e il risentimento per un gol di Degano al 90° minuto in trasferta che ha sottratto la vittoria al Livorno. Questi gli ingredienti che hanno scatenato l’ultimo duello della storia di Milano.
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Quella volta che un gol del Milan al 90′ ha scatenato l’ultimo duello della storia di Milano
# Cronaca di un pareggio “piratesco”
12 ottobre 1947. È la quinta giornata di campionato 1947/1948, allo stadio Comunale di Livorno davanti a 12.000 spettatori, si affrontano Livorno e Milan, arbitra il Sig. Bellè di Venezia. Le squadre si affrontano a viso aperto, ma vanno al riposo sullo 0-0.
Nella ripresa il Livorno va in vantaggio al 65′ grazie ad una prodezza di Mannocci. Mentre il Livorno calcio e tutta la comunità dei tifosi amaranto stanno aspettando il fischio finale del Sig. Bellè, Degano e il Milan non ci stanno. Ultimo minuto, ultimo arrembaggio e il sogno sportivo di una vita: GOL al novantesimo. “Pareggio piratesco” lo definiranno i giornali di Livorno. “Cannibali”, rivolto al Livorno calcio, scrive sulle colonne de “L’Italia” Danilo Mazzuccato. Non l’avesse mai fatto
Danilo Mazzuccato cura la pagina sportiva del quotidiano L’Italia. L’Italia era ai tempi un importante quotidiano con sede a Milano, fondato nel 1912 dal Cardinale meneghino Andrea Ferrari. Seguiva la linea del Vaticano e si era imposto nelle case dei milanesi.
La Gazzetta dello Sport, che non ha bisogno di presentazioni, è la “casa” editoriale di Aldo Bardelli, livornese purosangue. Ruspante come tutti i concittadini della costa toscana, ha anche ricoperto ruoli importanti nella FGCI e nel Livorno Calcio. Bardelli è uno che, nei ricordi dei suoi contemporanei, «non riusciva a sopportare le sentenze dei colleghi nordisti e milanesi in particolare». Con Gianni Brera si azzuffò diverse volte. La battuta sempre pronta, da buon livornese, dissacrante quanto basta per rispondere per le rime al collega Mazzuccato.
# Dalla redazione sportiva al duello vero e proprio
Carlo Lulli, nel suo celebre pezzo “Quelle armi al bar” è il custode di tanti ricordi. «Il più colorito è legato alla partita-battaglia ardenzina Livorno Milan». Dalle baruffe sulle colonne dei quotidiani, Danilo Mazzuccato passa all’azione, sfidando il collega-rivale a duello.
I duelli, vietati dal 1875, venivano svolti in forma molto segreta, ma Mazzuccato decise di seguire le regole della cavalleria. «Saranno state le 6 del pomeriggio» ricorda Lulli quando «due cosi lunghi lunghi, neri neri» gli comunicano di avere la “lettera di sfida” per Bardellie lo pregano di domandare quali armi intende usare lo sfidato.
I due “padrini” del duello, emissari della lettera di sfida, aggiungono che a dirigere lo scontro sarà il leggendario colonnello Cuccia, olimpionico di grande fama e, probabilmente, il più grande scrittore di scherma dell’epoca. Si congedano poi con un inchino. Lulli si reca da Bardelli per informarlo e il giornalista livornese sceglie come armi “le giacchettate”.
All’alba del 12 novembre del 1947, un mese esatto dal gol di Degano, il duello a singolar tenzone viene fatto sul serio, nelle stanze del Tennis Club di Milano a Via Ariberto. Oltre al colonnello Cuccia è presente anche Jacopo Gelli, esperto di codice cavalleresco. Il Lulli sostiene che di questo duello ne parlò tutta la stampa, ma purtroppo l’eco di queste cronache si è spento nei rivoli della storia.
Resta l’emblematico «saggio di livornesità del Bardelli» che, secondo Carlo Lulli, ha «“sparato” contro quelle formalità che rischiano di perdere il loro senso, perché superate dal tempo». Come a dire che è comunque più simpatico se le schermaglie, brillanti e divertenti, restino sulle colonne dei giornali. Lasciando i duelli fisici alle fiction del Trono di Spade
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Una torre con un profilo asimmetrico scandita da triangoli di uguali dimensioni. Ecco perché forse non verrà realizzata.
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Il «Palazzo dei Sogni» di Milano (che forse non si farà mai)
# Progettata per una società milanese, è una torre asimmetrica bianca scandita da triangoli con terrazze alberate
Credits: alesdbr - skyscrapercity.com - Progetto grattacielo Porta Nuova
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Progettata dallo studio di architettura Sbga per una società privata a Milano, il disegno della torre ha un profilo asimmetrico che presenta una facciata bianca a griglia scandita da triangoli di uguali dimensioni. Un alto atrio d’ingresso, alberi su ogni terrazza e un lucernario sono previsti nell’edificio ad uso uffici, così come un ristorante e lobbies per ogni ascensore.
# Alta fino a 70 metri, si sarebbe distinta per la sua forma particolare nello skyline del Centro Direzionale
Avrebbe potuto prendere il posto di un edificio già esistente all’angolo tra via Confalonieri e Via Sassetti, parzialmente abbandonato, mantenendo sempre la destinazione a terziario. Il progetto datato 2020 alla fine rischia di restare nel cassetto dei sogni come un divertissement degli architetti progettisti.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Si parla spesso di nuove linee, di come organizzarla, eppure tante volte girando per la Lombardia e non solo, si vedono binari che non vedono transitare treni da anni, se non da decenni. Proviamo quindi a riscoprire le linee abbandonate della Lombardia, partendo chiaramente da Milano, con quella che di cui forse oggi si sente più la mancanza: la “Grande Circonvallazione”. Inaugurata nel 1891 collegava la linea Milano-Piacenza con la stazione di Milano Porta Sempione e quella di Milano Porta Garibaldi.
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La «Grande Circonvallazione», la circle line di Milano con le linee abbandonate: il tracciato del progetto
# Il tracciato della linea: Garibaldi, Porta Genova, Rogoredo
La linea ferroviaria collegava la stazione di Rogoredo alla stazione di Porta Nuova (ora Porta Garibaldi) passando ad ovest del centro storico. Inizialmente venne costruita interamente a binario singolo e permetteva ai treni merci e passeggeri provenienti da Piacenza di raggiungere lo scalo Scalo Sempione, lo Scalo Farini (nei pressi di Porta Garibaldi), la stazione di Porta Nuova e la stazione Centrale.
In un secondo momento venne costruito un raccordo ferroviario con la direttrice per Mortara, garantendo il passaggio anche da Porta Genova. La parte meridionale della linea venne raddoppiata negli anni trenta ed è l’unica attualmente presente ed utilizzata.
# Le proteste dei milanesi: troppo vicina al centro!
Il progetto non convinse i milanesi e le lamentele non tardarono ad arrivare, si riteneva che la linea passasse troppo vicino al centro di Milano e che questo avrebbe causato diversi problemi allo sviluppo urbanistico della città. La storia darà poi ragione ai milanesi ma gli interessi economici erano troppi per dare retta alla cittadinanza.
Infatti le scarse prestazioni delle linee ferroviarie milanesi, soprattutto per quanto concerne il trasporto di merci, stavano creando un danno economico e finanziario alla città piuttosto importante, per cui alla fine si decise di partire comunque con i lavori.
# Le modifiche al tracciato ferroviario
Agli inizi del 1900 iniziarono le modifiche al nodo ferroviario di Milano, con l’obiettivo di unificare le due reti esistenti all’epoca, separare il traffico merci e passeggeri e riorganizzare la viabilità del centro riducendo i binari che lo attraversavano. Inoltre va considerato che all’epoca si preferiva la costruzione di stazioni di testa piuttosto che stazioni passanti.
Nel nuovo progetto fa parte l’attuale Stazione Centrale che va a sostituire la precedente e la nuova stazione di Porta Nuova, che poi prenderà il nome di Porta Garibaldi. Nel 1931 viene soppressa e smantellata la circonvallazione tra Porta Nuova e Porta Genova. Con essa viene smantellato lo scalo di Porta Sempione e la relativa stazione, al suo posto ora sorge il Parco Pallavicino.
# La linea interscambierebbe tutte le line
Se la linea tornasse in funzione, oltre a fornire un carattere molto diverso alla città, ne rivoluzionerebbe il trasporto pubblico. A partire dall’attuale stazione di Romolo (S9 e M2), incrocerebbe al capolinea di Rogoredo la M3, poi la M4 in quella che sarebbe stata una stazione intermediaria tra California e Bolivar, proseguendo poi per Pagano M1, Gerusalemme M5 per poi arrivare a Porta Garibaldi (M2).
# Il progetto di nuovo nodo
Il progetto del nuovo nodo ferroviario prevedeva anche una nuova linea ferroviaria ad ovest, tra la stazione di San Cristoforo e quella di Musocco (ora Milano Certosa) con una stazione mediana posta a San Siro. L’opera fu considerata di secondaria importanza e non venne mai realizzata, lasciando la cintura ferroviaria di Milano aperta ad ovest. Oggi incontrerebbe:M4 a San Cristoforo, M1 a Inganni, M5 a San Siro, di nuovo M1 a Lampugnano e poi la cintura ferroviaria a Certosa.
Se ci pensiamo oggi, la Grande Circonvallazione fu un progetto visionario: Milano sarebbe stata circondata da un anello ferroviario che oggi, a quasi 100 anni di distanza, stiamo cercando faticosamente di ricostruire.
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«Ero a Roma di fronte al cinema The Space di Repubblica a chiacchierare quando mi accorgo che il mio zaino/valigia non c’era più». Per fortuna ha l’app con la geolocalizzazione per poter vedere dove lo zaino viene portato… Così ha inizio la vicenda di Elena raccontata sul suo profilo Instagram e portata alla ribalta dalla pagina Roma Fa Schifo. E, come spesso succede in questi casi, si assiste al ribaltamento di ogni logica.
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«Mi hanno rubato lo zaino»: la vicenda di Elena nel Paese delle leggi che tutelano i ladri
# Il furto “geolocalizzato”
Una tipica storia in una grande città italiana. Siamo a Roma, ma potremmo essere tranquillamente anche a Milano. Ma in questo caso si aggiunge la beffa finale. La descrive sul suo profilo Elena. L’inizio è un classico: lascia lo zaino in terra mentre chiacchiera con gli amici e poco dopo si accorge che lo zaino non c’è più. Previdente aveva installato un chip per la geolocalizzazione e così ha modo di vedere il suo zaino che si allontana in tempo reale. Come avrebbe fatto chiunque al suo posto, Elena si precipita dai Carabinieri per chiedere aiuto. In teoria si tratta di qualcosa di semplice per loro: basta seguire lo zaino sull’app e andare a recuperare la refurtiva. Magari anche arrestando il ladro, anche se forse chiediamo troppo. Tutto semplice? Macché! I Carabinieri le rispondono che possono sì andare alla posizione indicata, ma lei non può andare con loro. Non solo: non le possono prendere il telefono, quindi non hanno modo di rintracciare lo zaino.
# Il recupero con beffa
Elena non si perde d’animo. Anche perché nello zaino ha portafoglio e documenti. Così si mette sulle sue tracce e qui accade il fatto più assurdo che lei stessa rivela sempre sul suo profilo. Seguendo il ladro scopre lo zaino lasciato vicino al suo “posto letto”, sotto i portici della stazione Termini. Appena il tipo si allontana, Elena recupera lo zaino e incomincia a correre per mettersi in salvo. E qui arriva la beffa. Dei poliziotti hanno assistito alla scena e la inseguono fino a fermarla. Le chiedono a quel punto i documenti che, per sua fortuna, teneva dentro lo zaino. Altrimenti non sa come sarebbe potuta andare a finire.
# Come dovrebbero cambiare le cose?
Chiunque ha subito un furto lo sa. Con le leggi in vigore in Italia, in pratica, le forze dell’ordine non possono fare nulla. Né con il malvivente né, spesso, con la refurtiva. Il problema è di impostazione della legge. In Italia vige uno spinto garantismo che è una bella parola per dire che la priorità è salvaguardare i diritti di chi “potrebbe” aver commesso un crimine. Il pericolo di punire un innocente è considerato molto più rilevante rispetto a quello di tutelare chi ha subito il crimine. Se si vuole arrestare questa deriva che ha portato città come Roma e Milano agli ultimi posti della sicurezza in Europa (qui la ricerca) occorre modificare la prospettiva: la priorità della legge dovrebbe essere di tutelare chi subisce un crimine, dando di conseguenza alle forze dell’ordine ogni potere necessario per recuperare la refurtiva e, in generale, per difendere chi subisce un atto doloso. E se per questo obiettivo le forze dell’ordine ritengono utile che Elena vada con loro e seguire le indicazioni sul suo telefonino, nessuna legge dovrebbe impedire loro di farlo. Tutto molto semplice. Serve solo la volontà politica e, forse, anche culturale.
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