Rilanciamo l’idea promossa da Confapi Milano, che intendeva coinvolgere il mondo universitario, per rispondere a due esigenze del territorio: da un lato collegare in rapidità tutti i capoluoghi della regione, anche quelli distanti, tramite un servizio di alta velocità ferroviaria, dall’altro fungere da volano economico per uno sviluppo unitario della regione per recuperare il terreno perduto con le più avanzate regioni d’Europa.
Una metropolitana regionale per collegare le città lombarde?
# La proposta: una linea di treni ad alta velocità per connettere famiglie, lavoratori e business
Tutti i capoluoghi della Regione Lombardia collegati da una linea di treni ad alta velocità: una vera metropolitana regionale “per connettere famiglie, lavoratori e business”, come affermato dall’avvocato Nicola Spadafora presidente di Confapi Milano. Si tratta di un investimento in infrastrutture che coniuga sostenibilità ambientale e sicurezza negli spostamenti. Un’idea partita da Confapi Milano, che intendeva coinvolgere il mondo universitario, nell’ottica di un rilancio economico di tutta la regione e che potrebbe essere finanziata tramite risorse proprie e fondi europei per un progetto complessivo di 40 miliardi.
“Ad oggi la Regione Lombardia è stata irresponsabilmente estraniata da ogni ipotesi di intervento infrastrutturale strategico. Una regione che produce un PIL maggiore, addirittura, a 18 Paesi membri dell’Unione Europea, che potrebbe essere il primo distretto industriale d’Europa, dovrebbe essere sostenuta con forza e celerità, nell’ottica di poter riprendere il proprio percorso di crescita di cui ha sempre beneficiato il paese“. Conclude Spadafora: “Sentiamo da più parti parlare dell’ipotesi di realizzare il Ponte sullo stretto di Messina come opera prioritaria” in una regione con un disavanzo fiscale di 10,5 miliardi come la Sicilia, mentre per la Lombardia, con un residuo fiscale di oltre 54 miliardi di euro, “di infrastrutture non se ne sente neppure parlare.”
# I tempi di percorrenza attuali non sono degni della regione più produttiva d’Italia
Un investimento che consentirebbe di avere un sistema di trasporto ferroviario rapido capace di connettere rapidamente tutti i capoluoghi regionali, nella regione con il PIL più alto in Italia: non solo è auspicabile come ritorno economico e indotto di tutta l’area, ma addirittura necessario visti anche gli attuali tempi di percorrenza.
Ecco solo alcuni esempi di connessioni ferroviarie tra città:
#Milano-Mantova: tempo minimo 2h #Pavia-Brescia: tempo minimo 1,30h #Varese-Cremona: tempo minimo 2,37h #Sondrio-Milano: tempo minimo 2h
Questi tempi sono al netto di imprevisti, ritardi di vario genere o mancate coincidenze ed è impensabile poter competere con altre realtà internazionali senza un adeguato sistema di collegamenti tra i poli urbani all’interno di una stessa regione, tenendo conto che ormai da Milano si raggiunge Bologna in poco più di 50 minuti e Roma in meno di 3 ore.
La bandiera di Milano è la croce di San Giorgio, rossa su sfondo bianco. E’ nota in tutto il mondo come la bandiera dell’Inghilterra anche se in realtà la storia di questa bandiera è conosciuta da pochi.
Milano ha la stessa bandiera dell’Inghilterra: entrambe hanno copiato Genova
# La bandiera di Milano è nata a Genova
L’uso del vessillo risale a epoche remote. In origine era la bandiera di Genova e faceva riferimento alla piccola chiesa di San Giorgio. La prima prova certa è del 1096. La stessa croce venne poi usata dai crociati che vennero chiamati in questo modo proprio per il vessillo da loro utilizzato. Lo usarono per tre ragioni: perchè Genova era tra i principali finanziatori della spedizione, perchè la bandiera serviva per percorrere senza problemi il mar Mediterraneo in direzione terra santa, visto che gran parte delle coste erano nelle mani dei genovesi, e perchè Genova possedeva la città di Bisanzio che costituiva la base principale delle operazioni sul territorio.
# L’Inghilterra: uso della bandiera in cambio di un tributo
Per lo stesso motivo dei crociati, ossia di poter viaggiare nel Mediterraneo e sul Mar Nero liberamente, godendo della protezione delle navi genovesi contro gli atti di pirateria, anche l’Inghilterra chiese a Genova di potersi dotare della sua stessa bandiera, pagando in cambio un tributo annuale alla Repubblica.
# Come mai è diventata la bandiera di Milano?
Nella storia di Milano si sono succeduti diversi vessilli, di regola raffiguranti lo stemma della famiglia che regnava sulla città, anche se ognuno di questi si affiancava allo stemma ufficiale di Milano, con la croce di San Giorgio. A questi due vessilli si aggiungeva il Vexillum populus, lo stendardo del popolo, con l’effigie di sant’Ambrogio.
Secondo una leggenda, la croce di San Giorgio venne data come insegna ai milanesi da papa Gelasio I per combattere Teodorico, re degli Ostrogoti, ma è priva di qualunque verifica storica. Altra leggenda è che fosse stata usata come vessillo identificativo dei crociati milanesi, ma anche in questo caso non esistono prove dell’uso della croce di San Giorgio a Milano precedente alla prima crociata. Quindi c’è chi presume che la sua adozione fosse seguita al ritorno a Milano di crociati milanesi che la estesero al resto della città, anche se la maggioranza degli storici sono convinti che la bandiera sia un atto di devozione a Gesù Cristo, senza alcun riferimento alle crociate.
La più antica testimonianza che cita la bandiera di Milano nella forma di una croce rossa in campo bianco è del 1155: appare in una lettera spedita dai tortonesi ai consoli di Milano. Su questo documento la bandiera di Milano è una croce con le braccia che si allargano alle estremità.
# Da Milano a simbolo di libertà e di autonomia in tutta Italia
Il primo evento storico che ha portato alla notorietà questo simbolo ebbe luogo nel 1160 quando sul Carroccio di Milano svettava «un grandissimo vessillo bianco colla croce rossa», che comparve anche sul Carroccio utilizzato nella battaglia di Legnano (29 maggio 1176), che vide la vittoria della Lega Lombarda sull’esercito del Sacro Romano Impero di Federico Barbarossa. La Lega Lombarda scelse infatti come bandiera lo stendardo bianco crociato di Milano. Dopo la battaglia di Legnano l’emblema crociato milanese diventò simbolo di autorità ed autonomia e molte città del Nord Italia lo adottarono, tra cui Alessandria, Bologna, Mantova, Varese, Padova e Milano.
All’estero adottano l’antico simbolo di Genova stati come Australia o Georgia, e città come Barcellona, Montreal, Friburgo, Montreal e York.
Le grandi città sono contenitori di scambi culturali, crocevia di opportunità, garantiscono evasione mentale, interazione sociale e ci rendono quel tanto internazionali da renderci speciali agli occhi della provincia. Ma le città sono anche il crogiolo dello stress e delle frustrazioni che a fatica si cercano di gestire, compatibilmente con un’apparenza educata e cordiale tipica delle civiltà evolute. Premettendo che nessuno di noi è esente dalla frustrazioni, ci sono persone che esternano la loro rabbia in un modo davvero poco compatibile con il vivere in comunità.
#1 Automobilisti e scuteristi insofferenti allo scorrere del tempo
Quelli che neanche è scattato il verde e son già pronti a suonare il clacson in via preventiva per poi superarti e insultarti così, perché davi l’impressione di un perditempo. Inutile dire che detestano i pedoni che ai loro occhi è gente che vaga senza direzione.
#2 I negozianti che non sopportano i clienti
Sono li che aspettano una qualsiasi domanda perrisponderti con tono acido, screditante. Godono nel farti sentire un cretino per mettersi in tasca a fine giornata un “pari patta” che riequilibri la loro frustrazione di star lì fino a sera senza guadagnare un granché.
#3 Gli impiegati degli uffici pubblici che ti trattano a pesci in faccia
Prima di attirarmi le ire di mezzo mondo è il caso che specifici che non si può generalizzare. Nello specifico parlo di quelli che, sfiniti da vecchietti sordi e quesiti sempre uguali, dopo aver posto la tua di domanda ti trattano a pesci in facciafacendoti pagare per le mille persone che ti hanno preceduto. Cioè scusate, mica è colpa mia se non sono li a disquisire sul Rinascimento. A me interessava solo capire che francobollo ci vuole per spedire un cartolina in Australia.
#4 Gli insegnanti delle materie NON di indirizzo con manie di protagonismo
Quelli che li avevi messi nella categoria degli ininfluenti ai fini dell’esito scolastico dei tuoi figli e te li trovi con i denti alla giugulare. Caricano di compiti gli alunni al punto che non rimane tempo per seguire le materie per quali li avevi iscritti ad un liceo piuttosto che ad un altro. Potessi dare un consiglio direi di iscrivere un figlio bravo in disegno al linguistico, uno bravo in matematica all’artistico ed uno bravo in latino allo scientifico.
#5 Gli invidiosi che godono delle disgrazie altrui
Qui ci sarebbe da scrivere un romanzo. Te li trovi ovunque, pure sotto al divano. Loro invidiano per invidiare. Se hai i capelli rossi te li invidiano ma se li hai gialli pure. Sei hai la bici invidiano il tuo essere ecologico ma se hai il suv invidiano le tue comodità. Sono persone irrecuperabili. L’unica via è scappare a gambe levate. Arrivano anche ad invidiare le tue disgrazie perché possiedi pure quelle e loro no.
#6 Quelli di mezza età che vorrebbero restare giovani per sempre
Sarebbe facile parlare delle donne rifatte da capo a piedi che competono con le figlie ma soffermiamoci sugli uomini Peter Pan chenon accettano assolutamente di invecchiare. Si fanno la ceretta, si mettono il costume aderente e fanno i piacioni con le liceali. Gli specchi in casa sono deformati da occhi ormai colmi di frustrazione. Qualora una ragazza subisse il loro fascino, in genere basta che tocchi i 35 anni e il foglio di via è assicurato.
#7 Gli haters dei social
Inizi a poterli classificare nella categoria dei frustrati quando, invece di portare un parere opposto o una semplice critica, inveiscono come belve insultando, sputando fuoco senza contegno. La cosa lampante è che è tale il bisogno di sfogare rabbia che non colgono né l’ironia ma ancor meno l’autoironia dello scrittore. Ciò gli permetterebbe di vedere che il primo a prendersi in giro è chi ha scritto il testo e non sarebbe necessario aggiungere altro. Ma forse più che contro gli altri ce l’hanno contro se stessi.
E ora, amici haters, potete dare fuoco alle ceneri!
30 settembre: nuovo taglio alle linee di superficie. Il problema è sempre quello, mancano gli autisti: si risolverà la situazione all’inizio del 2025 come promesso dall’AD di ATM Arrigo Giana?
L’austerity alla milanese: tagliate altre linee di bus
# La manifestazione di protesta non ha sortito effetti
Non è bastata la Fake week, la manifestazione di protesta contrapposta alla alla Green week che si è tenuta nelle giornate del 26, 27 e 28 settembre. Una tre giorni con al centro tematiche riguardanti i Giochi Olimpici Invernali 2026, il Consumo di Suolo e il Trasporto Pubblico e che ha visto la partecipazione del Gruppo Comitati #la73nonsitocca, il gruppo AspettaMI e i lavoratori #ATM in collaborazione con Rete dei Comitati della Città Metropolitana di Milano. Le linee di trasporto di superficie hanno infatti registrato l’ennesimo taglio da parte di ATM.
# Le linee tagliate sono passate da 76 a 90, sulle 130 totali
Tabelloni orari mezzi di superficie
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Il 30 settembre è partita la nuova sforbiciata alle frequenze delle linee di superficie. Una strategia messo in campo da ATM che avuto inizio nel mese di novembre 2023 e che ad agosto di quest’anno vedeva coinvolte 76 linee su 130. Con i nuovi orari se ne sono aggiunte un’altra trentina, portando il totale delle linee tagliate a 90 su 130. Il motivo è dettato principalmente dalla carenza di autisti e per questo motivo l’Azienda Trasporti Milanesi ha deciso di rimodulare gli orari, riducendo i passaggi, per limitare l’accumulo di ritardi e l’insoddisfazione degli utenti costretti a vedere attese anche di oltre 30 minuti e corse saltate. Il risultato è che i bus passano sempre con una frequenza più rarefatta, ma almeno chi è seduto a guardare la pensilina ha la sensazione che il servizio sia efficiente. Almeno nelle intenzioni di ATM.
# Frequenze fino a 18 minuti, escluse le linee di forza e gli orari di punta
Tra le linee soggette a rimodulazione non sono coinvolte le cosiddette linee di forza, quelle che trasportano più passeggeri, e i tagli non riguardano gli orari di punta. Tra queste troviamo i tram 2, 5, 33, gli autobus 61 e 54, per un totale di 15 nuove linee, e altre 15 che avevano già registrato una riduzione delle frequenze. La speranza è che, come auspicato da Arrigo Giana, AD di ATM, la situazione possa tornare alla normalità entro il primo trimestre del 2025, con il progressivo ingresso in azienda di 500 nuovi autisti.
Scopriamo un pezzo dimenticato della storia di Milano, una città che oggi brilla ma che ha vissuto momenti cupi durante la Seconda Guerra Mondiale. In questo video, esploriamo i rifugi antiaerei che hanno protetto i milanesi dai bombardamenti, raccontando storie di timore, resistenza e speranza. Dalle cantine trasformate in bunker ai rifugi storici, scopri come Milano ha affrontato la devastazione e come questi luoghi portano ancora i segni di un passato indelebile. Un viaggio emozionante per non dimenticare.
Il nuovo video di Milano Città Stato di Matteo Respinti. Iscriviti al canale su YouTubeper i video esclusivi di Milano Città Stato.
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Sarebbe una rivoluzione nel mercato delle connessioni internet. Scopriamo come funziona, i vantaggi del servizio e in quanto tempo potrebbe approdare in Italia.
L’ultima rivoluzione di Elon Musk: porterò in Italia Starlink a questo prezzo “super low cost”
# Starlink a soli 10 euro
Elon Musk avrebbe lanciato la proposta al governo di Giorgia Meloni di portare in Italia Starlink, il suo innovativo servizio di Internet satellitare, con piani di abbonamento a meno di 10 euro al mese. Una rivoluzione nel mercato delle connessioni per il nostro Paese, sia per via dei costi, il servizio sarebbe estremamente competitivo rispetto ai competitor attuali, che del sistema utilizzato, non tanto diverso delle altre proposte di internet satellitare ma con una soluzione tecnologica migliorativa.
# Come funziona
Andiamo quindi a vedere come funziona e le differenze con gli altri sistemi. Per prima cosa i servizi di connessione internet satellitari esistenti utilizzano satelliti che si trovano molto più lontano dalla Terra rispetto a quelli di Starlink. Quest’ultimo infatti sfrutta una vera e propria costellazione di piccoli satelliti lanciati nell’orbita bassa, a circa 500 km di distanza, che lanciano il segnale verso il basso poi catturato da una piccola parabola sull’abitazione del cliente. I satelliti sono dotati di 4 antenne piatte che puntano verso la Terra e consentono di trasmetter un segnale che arriva alla velocità di 610 Mbps utilizzando 3 diverse bande di frequenza.
Non solo, per ovviare alla maggiore velocità dei satelliti nell’orbita bassa gli stessi vengono fatti orbitare continuamente per garantire la connessione sempre in qualsiasi momento.
# I vantaggi del sistema
Il vantaggio principale rispetto alle soluzioni esistenti risiede nel minor tempo di latenza, che in sostanza è il tempo di risposta a un comando dopo che è stato ricevuto. La maggior velocità e la minore lunghezza del tracciato percorso dal segnale, dato che i satelliti sono posizionati più vicini alla Terra, consentono di ridurlo sensibilmente rispetto agli altri servizi. Questo consente di fornire una connessione ad alta velocità, in linea con quello della fibra.
L’altro vantaggio, questo in realtà offerto anche dagli altri fornitori seppur con connessioni internet più lente, è l’eliminazione del digital divide potendo servire le aree remote o rurali dell’Italia, dove l’implementazione di infrastrutture terrestri risulta costosa e complessa. Il sistema è già stato implementato con successo in Ucraina, consentendo connessioni nonostante il conflitto, e Zimbabwe.
# Oltre 6mila satelliti in orbita
Nel 2019 l’avvio del programma di lancio dei satelliti, in collaborazione con Space X. Un piano in continua evoluzione che ha portato ad oggi a realizzare una costellazione di oltre 6.000 satelliti in orbita, capaci di fornire servizi Internet in tutto il mondo collegando utenti in oltre 70 Paesi. Di recente è stata superata la quota 4 milioni di abbonati a livello mondiale.
# In quanto tempo potrebbe arrivare in Italia e gli ostacoli
Secondo Elon Musk sarebbero necessari tra i 6 e i 9 mesi per introdurre il servizio in Italia. Per farlo opterebbe per un co-finanziamento tra fondi del Pnrr e investimenti privati provenienti dallo stesso Musk. Gli ostacoli sarebbero però diversi. Al nettodell’avvallo da parte di Giorgia Meloni, il cui lavoro politico è stato elogiato da parte dell’imprenditore sudafricano naturalizzato americano anche in occasione della sua consegna a New York del ‘Global Citizen Award 2024’ al nostro primo ministro, c’è da convincere il suo partito e il governo.
Un altro ostacolo potrebbe arrivare dalla raccolta di parte dei fondi tramite il Pnrr, quelli per la digitalizzazione sono stati infatti già assegnati a NetCo e Open Fiber. Questi ultimi insieme a TIM sono inoltre tra i principali competitor proprio di Starlink, che quindi non vedrebbero di buon occhio l’ingresso del nuovo servizio facendo, con molta probabilità, pressioni allo stesso governo. Riuscirà Musk nell’impresa?
Il «Campus urbano digitale»: in Bicocca l’università del futuro?
# Sorgerà una città digitale, sostenibile e sicura per gli studenti?
Bicocca potrebbe rivoluzionare l’architettura degli spazi universitari e accademici, trasformandosi in un campus dove le residenze studentesche e gli spazi di lavoro condiviso si mescolano senza soluzione di continuità. Le strade, immerse nelle aree verdi, sarebbero rigorosamente pedonali.
Smart buildings (edifici intelligenti) e digitalizzazione avanzata: la trasformazione del campus passerebbe da una digitalizzazione totale che ridefinisca la concezione stessa di “edificio intelligente”. Ogni edificio sarebbe dotato di tecnologie avanzate come il 5G e l’Internet of Things (IoT), consentendo la partecipazione immediata a laboratori virtuali, spazi di ricerca e aule interattive.Gli smart buildings dovrebbero includere sistemi automatici di gestione energetica per ottimizzare i consumi, oltre a interfacce intelligenti e realtà aumentata (AR) per fornire supporto immediato sia nello studio e nella ricerca che nella gestione quotidiana della casa.
Mobilità interna sostenibile e innovativa: per garantire una mobilità efficiente, si potrebbero utilizzare veicoli elettrici dotati di intelligenza artificiale che si spostano su richiesta (tramite app). Il sistema, simile a quello già impiegato in alcuni modelli Tesla negli Stati Uniti, potrebbe essere programmato per ottimizzare i percorsi in base alle esigenze di spostamento del momento.
# Spazi ricreativi, sostenibilità e sicurezza saranno imprescindibili
Spazi ricreativi 2.0: si potrebbero creare “piazze digitali” dotate di schermi interattivi per assistere a eventi culturali, mostre, presentazioni o trasmissioni rilevanti in tempo reale da altre parti del mondo. Come modello per questo esperimento potrebbe essere preso il New York–Dublin Portal.
Verde, sostenibilità e eiciclo: un campus così innovativo non potrebbe prescindere da edifici progettati per essere carbon-neutral, dotati di pannelli solari, sistemi per la raccolta dell’acqua piovana e tetti verdi. La gestione dei rifiuti, utili anche alla ricerca, potrebbe essere affidata a un sistema tecnologico che utilizza l’analisi dei dati per ottimizzare la raccolta e il riciclo.
Sicurezza avanzata e intelligente: una rete di telecamere intelligenti e sensori di movimento, che utilizzano l’analisi dei dati per monitorare l’ambiente in tempo reale, garantirebbe la protezione del campus da possibili pericoli e problemi. Questi sistemi, integrati con gli smart buildingsdel campus, potrebbero regolare l’accesso agli spazi riservati, offrendo una protezione avanzata per studenti e personale.
Un campus così strutturato potrebbe diventare un gioiello di Milano, forse invidiato anche all’estero. Integrando innovazione, sostenibilità e vivibilità al servizio dell’ambiente accademico, Bicocca diverrebbe la CityLife dell’istruzione.
Quali sono le stazioni ferroviarie più belle d’Europa? Sono queste 15 secondo Viviendumonde, che ha realizzato una classifica combinando le valutazioni di Lonely Planet e TripAdvisor. La Centrale di Milano si conferma tra le meraviglie architettoniche d’Italia. Scopriamo perché.
La Centrale è tra le «più belle stazioni d’Europa»: i 5 punti forza della sua estetica spettacolare
# La Stazione Centrale tra le più belle del Vecchio Continente, l’unica italiana
Secondo Viviendumonde la Stazione Centrale è una delle più belle d’Europa. Dalla combinazione delle valutazioni espresse da Lonely Planet e su TripAdvisor sono risultate queste 15 stazioni: in coda troviamo quella di Sirkeci, il principale scalo ferroviario di Istanbul, a seguire la Gare du nord di Parigi, e le stazioni di Budapest Keleti, Limoges-Bénédictins e Atoca Madrid.
Apre la top ten la Stazione Centrale di Lucerna, poi quella di Lipsia, la stazione di Porto São Bento e quelle centrali di Lisbona e Rotterdam.In quinta posizione troviamo la Centrale di Milano, unica italiana: meglio di lei solo la Delft City Hall and Train Station e le stazioni centrali di Amsterdam, Anversa e St Pancreas a Londra, ritenuta la più bella di tutte.
Ma quali sono i motivi che rendono la nostra stazione così bella? Ecco i più importanti.
La Stazione Centrale di Milano è considerata un capolavoro architettonico per diversi motivi. Inaugurata nel 1931, fu progettata da Ulisse Stacchini e soprannominata “Cattedrale del Movimento” per la sua imponenza e monumentalità rappresentata dalla facciata di circa 200 metri in marmo bianco. Lo stile, ironicamente definito “Assiro Milanese”, unisce elementi del liberty e del decò, ma si distingue soprattutto per le sue dimensioni e la ricca decorazione che include immagini di animali e motivi simbolici.
Tra questi i cavalli alati, collocati sulla sommità della facciata principale, statue di Pegaso alte ben otto metri che simboleggiano potenza e velocità, teste di leone e chimere, e due fontanoni realizzati in pietra con due mascheroni dal vago aspetto assiro-babilonese.
Al piano strada si viene accolti dall’imponente Galleria delle carrozze. Un enorme galleria, illuminata da vetrate e sovrastata da volte in ferro e vetro, che crea una sensazione di vastità e grandiosità. È uno dei punti più iconici della stazione, dove i passeggeri si trovano circondati da mosaici e decorazioni sontuose, che combinano la funzionalità con il puro piacere estetico e dove un tempo transitavano le carrozze.
#3 Il “Transatlantico”, la grande galleria con vetrate e mosaici al piano binari
Al piano binari troviamo il “Transatlantico”, un’altra galleria illuminato da grandi vetrate, con statue e rilevi alle pareti oltre a mosaici anche sui pavimento. Durante il boom economico, era un luogo di incontro per i milanesi, e prende il nome da un modellino di nave che un tempo adornava questo spazio. Il “Transatlantico” rappresenta un luogo nostalgico, carico di storia e significati culturali.
Non si può fare a meno di citare la volta in ferro battuto sopra i binari della stazione. Composta da cinque arcate in ferro e vetro, questa struttura è un esempio di ingegneria avanzata dell’epoca, progettata per coprire l’intera area dei 24 binari della stazione. La copertura non solo protegge i viaggiatori dalle intemperie, ma lascia filtrare la luce naturale, creando un effetto di luminosità e leggerezza che contrasta con la monumentalità della stazione stessa.
#5 La “Sala del Re”, un ambiente lussuoso con lampadari di cristallo e marmi
Infine eccoci a una delle curiosità meno conosciute: la “Sala Reale”, una sala d’attesa riservata alla famiglia reale Savoia, alla quale era riservato un trattamento speciale per ragioni di sicurezza. Questo ambiente lussuoso è decorato con marmi, mosaici e lampadari di cristallo, e presenta persino un passaggio segreto nascosto dietro uno specchio nei bagni, costruito per garantire una via di fuga ai reali in caso di pericolo. Si accedeva
Avanzano i lavori per realizzare un’opera incredibile tra le Alpi, con vantaggi sensibili in termini di tempi di viaggio sia per i treni passeggeri che per i treni merci. Le prime immagini dal cantiere e i numeri dell’opera.
Così si costruisce in Italia il tunnel più lungo del mondo: le prime immagini
# Le immagini all’interno dei cantieri e della Tbm
ingegneria.italia IG - Interno galleria Brennero
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Ingegneria Italia e Rfi ci portano alla scoperta della galleria in costruzione, sia dal lato austriaco che da quello italiano. Nel video vengono illustrate le due principali tecniche di scavo: il drill and blast che prevede la realizzazione di fori nella roccia e l’inserimento di esplosivi per abbattere le pareti, usata per tunnel brevi, e la TBM, quest’ultima consente inoltre di realizzare la galleria con la posa dei conci in cemento armato durante l’avanzamento. I conci vengono realizzati con buona parte del materiale di scavo.
La Galleria di Base del Brennero sarà un’infrastruttura da record, vediamo alcuni numeri del dettaglio:
sarà il collegamento ferroviario sotterraneo più lungo del mondo con i suoi 64 km, di cui 55 km tra Fortezza e Innsbruck e 12,7 km di parte della “Galleria della Valle dell’Inn”, una circonvallazione ferroviaria a sud di Innsbruck;
sarà posta a una quota di 794 m s.l.m. sotto il valico del Brennero;
è previsto un tunnel composto due gallerie principali a binario singolo del diametro di 8 metri;
in totale tra tunnel esplorativi e altre gallerie secondarie sono 230 i km da scavare;
ogni 20 km ci sono stazioni per evacuare i passeggeri;
per il traffico passeggeri tempi di percorrenza ridotti di quasi il 70%, passando dagli attuali 80 minuti a 25, per quello merci da 105 a 35 minuti;
potranno transitare treni a una velocità superiore a 200 km/h, e treni merci più lunghi, più pesanti e in numero più elevato;
nove le talpe utilizzate;
i conci per i rivestimenti delle gallerie possono pesare anche 9 tonnellate.
# Inaugurazione nel 2032
Il termine dell’ultimo cantiere di scavo è programmato per il 2028. Per l’attrezzaggio e l’installazione degli impianti tecnologici è previsto la progettazione esecutiva e l’avvio dei lavori nel 2027 con conclusione nel 2032.
È forse il viale più piazza del mondo: viale delle Rimembranze di Lambrate. Una piazza perfettamente circolare che prende il nome di viale. Come mai, si chiede il viandante che capiti da quelle parti? Nel quartiere della Lambretta e di via Ventura, molti rispondono a spallucce, senza sapere la risposta. Ma noi la risposta l’abbiamo trovata.
Perché viale delle Rimembranze si chiama così anche se è… una piazza?
Le Rimembranze si riferiscono al “rimembrare”, ovvero al ricordo. Ma di cosa?
Oggi la piazza-“viale” delle Rimembranze unisce le due parti in cui era divisa fino all’inizio del XX secolo:Lambrate di sotto, che includeva via Conte Rosso (ex corso Vittorio Emanuele, quella in cui si trova La Cappelletta di età romana e sulla quale cadde una bomba durante la Seconda Guerra Mondiale che forò il tetto, non deflagrò e diede origine al “miracolo locale”) e Lambrate di sopra.
Autorevoli guide alla toponomastica meneghina ricordano: [Foto sotto]
Quindi il “Rimembranze” non fa riferimento a quando Lambrate era ancora un comune autonomo da Milano – correva l’anno 1923 – bensì all’ingente numero di abitanti di Lambrate, 114, che persero la vita al fronte nella Grande Guerra.
“La porta d’ingresso di Lambrate”
La piazza di Viale delle Rimembranze, definita da molti “la porta d’ingresso di Lambrate”, è allora da considerare come un giardino della memoria, “al quartiere che ha pagato un forte tributo di vite, rappresentate dai platani che, con tre cerchi concentrici, orlano il centro della piazza. È ampia circa 5000 metri quadrati e ha un diametro di circa 80 metri”, spiega il sito www.z3xmi.it.
Oggi questo non-luogo occupato solo dal traffico delle auto e dal transito della linea tranviaria 33 viene sporadicamente usato, ma occorre premettere che la vera e propria strage prodotta dalla Prima GuerraMondiale (in ci persero la vita oltre 600.000 soldati italiani vi persero la vita), portò alla realizzazione, in moltissime località, di un monumento a ricordo dei caduti. Spesso, secondo tradizione, al posto di una scultura, si dava vita a un viale alberato in cui a ogni pianta corrispondesse un caduto. Sempre per restare in ambito milanese, un viale simile è presente a Greco Milanese, ch’era anch’esso, all’epoca, comune autonomo.
Nel caso di Lambrate, forse per dare maggior enfasi all’immane tragedia, si optò per la realizzazione di un rondò, dove furono messi a dimora 114 platani, ognuno di essi a rappresentare un caduto del quartiere.
Passati molti anni e scomparse le generazioni che avevano vissuto quei momenti si rischiava che il “Viale” delle Rimembranze fosse vissuto come un normale rondò cittadino. Per evitare ciò, qualche anno fa, il consiglio di zona decise di ripristinare le targhette con il nome dei caduti (anche in carattere Braille) sul tronco dei platani. Come a dire che Milano non dimentica”.
Supporta la tesi twbiblio.wordpress.com:
“I caduti del Comune di Lambrate, annesso nel 1923 a Milano, morti nella Grande Guerra furono 114. Per ricordarli fu creato il Viale delle Rimembranze di Lambrate. Ma, contrariamente a quanto avvenuto in altri luoghi, dove al posto di un monumento a ricordo dei caduti è stato realizzato un viale alberato e ogni pianta venne messa a dimora in memoria di un caduto, a Lambrate il viale non fu alberato: lungo il suo asse venne sfruttato un rondò realizzato quale capolinea dei tram e su di esso furono piantati 114 platani. Sulla facciata della ex scuola elementare Maroncelli lungo il viale, non sul rondò, vi sono due lapidi che riportano i nomi dei caduti, non tutti leggibili perché capita che le corone messe annualmente ne impediscano la vista.
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Passati gli anni i platani sono cresciuti ma alcuni sono inevitabilmente morti. E poiché quel luogo della memoria a chi lo attraversava non evocava il significato di quei platani il Consiglio di zona 3, nel 2005, decise di ripristinare, sui tronchi dei platani, le targhette con il nome dei caduti, indicandoli anche in carattere Braille. Peccato che delle 114 targhe ne siano rimaste solo 16.”
1 ottobre 2024. Salgono a mezzo milione i mezzi privati che non possono più circolare a Milano. Entrano in vigore le nuove regole per l’area B e l’area C. Diventa sempre più dura girare in auto sulle strade di Milano. Ma niente paura: basta prendere l’autobus.
Chi l’ha visto? Speciale puntata sugli autobus di Milano
Autobus? Aumentano le segnalazioni di milanesi che ritraggono ritardi record dei bus di Milano, soprattutto in periferia. Tra scioperi e tagli delle corse serve una puntata di Chi l’ha visto? da dedicare ai bus milanesi.
# I commenti dei milanesi ai super-ritardi degli autobus
Tra i più attivi è Enrico Fedrighini che segnala il ritardo di 23 minuti del 16 in Piazzale Segesta (periferia Ovest): «Quasi mezz’ora di attesa in una fascia oraria di punta per chi deve andare a lavoro, a scuola, ovunque» è il suo commento. «Ho la netta sensazione che questo non sia il modo migliore per incentivare l’uso del trasporto pubblico al posto dell’auto», conclude. Rilancia Roberto De Giorgis che segnala: «Con il 12 navetta siamo intorno a 40/50 minuti con un bus che contiene meno della metà del tram jumbo! Considerando che la 90/91 rallenta per la strettoia fra piazza Stuparich e Zavattari, il centro Mac Mahon è tagliato fuori dal mondo!». Disagio su quel tratto confermato anche da Federico Viola. E non va meglio per le alternative: «Anche la coda di oltre mezz’ora in Centrale per un taxi ieri sera non aiuta. Molte persone hanno chiamato amici/parenti per riuscire a tornare a casa.» lamenta Liliana Taverna.
# «Almeno un elemento positivo c’è: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”»
Sempre Fedrighini aveva postato il ritardo di 30 minuti della 68, commentando con ironia: «Diciamo che c’è almeno un elemento positivo, uno solo: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”». Risponde scherzando Alessandro Cornali: «Città a 15 minuti o a multipli di 15». Meno ironica Anelisa Starck: «Eppure è un autobus importantissimo per muoversi in zona. L’altra volta 40 minuti sotto il sole!». C’è chi propone l’alternativa della bici (pur “a rischio della vita”, ricordano), anche se Carlo Aldighieri replica: «Uno di 90 anni che deve muoversi va in bici o deve aspettare l’autobus 30 minuti ad esempio? Sono tutti Bartali?». E Luca Ciffo, postando questa foto, rilancia:
«Ora 19.20, dovrebbe passare ogni 9 minuti da orario. (…) Lo devono dire chiaramente che hanno tagliato le corse, così uno si regola». E sottolinea che: «Quando sono arrivato erano 21 i minuti». E chiude con questa immagine, Silvia Manzo:
Uno dei bar più famosi di Milano. Oltre a trovarsi in una location scenografica nel cuore della città, con vista Duomo e Galleria, conserva tutta l’allure dei bar di un tempo, caratterizzato da lusso discreto dal bancone agli eleganti specchi alle pareti. Qui è nato l’aperitivo.
Indirizzo: piazza del Duomo, 21
# Bar Magenta
Uno dei locali più storici della città, aperto da oltre 100 anni. Il suo bancone retrò, i lampadari di vetro ricercati e quell’atmosfera della Milano di una volta fanno di questo bar uno dei più belli in assoluto.
Indirizzo: via Giosue Carducci, 13
# Bar Basso
Il Bar Basso non è solo il locale dove è stato inventato il negroni sbagliato e che affolla di gente anche le vie limitrofe nella bella stagione, ma è anche uno dei bar più eleganti della città.
Indirizzo: via Plinio, 39
# Bar Luce
All’interno del complesso della Fondazione Prada trova spazio il Bar Luce. Nella sua progettazione è stato coinvolto il regista americano Wes Anderson e il risultato è un ambiente che richiama l’atmosfera di uno storico caffè milanese, dalla decorazione del soffitto e delle pareti ispirati alla Galleria Vittorio Emanuele all’arredo interno dal gusto retrò.
Indirizzo: largo Isarco, 2
# Gattullo
Nasce negli anni ’60 il bar-pasticceria Gattullo, punto d’incontro per più di mezzo secolo per famosi e meno famosi, artisti e sportivi, oltre agli abitanti della zona e agli studenti della vicina Università Bocconi. Conserva il fascino dei classici bar milanesi, con pareti, bancone e arredamento in legno come un tempo.
Indirizzo: Piazzale di Porta Lodovica, 2
# Sant Ambroeus
Altro bar elegante e chic di Milano. Una vera istituzione, aperto dal 1936 e incastonato in un meraviglioso palazzo in Corso Matteotti. Il recente restyling ha preservato e amplificato la location originaria conferendogli un tocco internazionale, con divanetti in velluto, sedie che sono in perfetta sintonia con il pavimento e il legno presente sia nelle pareti, dove si aggiungono inserti decorativi, che nei quadri e negli specchi.
Indirizzo: Corso Matteotti, 7
# Cova
Non poteva mancare il bar-pasticceria Cova, meta imprescindibile per chi vuole fare colazione nel Quadrilatero. Una delle storiche eccellenze milanesi, che dopo il passaggio al gruppo del lusso francese LVMH ha esportato il suo brand nel mondo, con i suoi grandi lampadari di cristallo, il parquet a spina di pesce e le sedute trapuntate in velluto viola.
Indirizzo: via Monte Napoleone, 8
# Marchesi
Il bar pasticceria Marchesi in Galleria Vittorio Emanuele ha mantenuto il fascino in stile art déco dello storico locale in Corso Magenta, in chiave leggermente moderna. Spiccano la carta da parati e le sedute tutte in colore verde pistacchio.
Indirizzo: Galleria Vittorio Emanuele II
# Quadronno
Il Bar Quadronno è stato la prima paninoteca a tenere aperto fino a tarda notte in città e dove fu inventato qui il panino imbottito agli inizi degli anni ’60. Allo stesso tempo è uno dei bar più caratteristici e raffinati di Milano per il suo stile e il suo arredamento.
Da non confondere con il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele, il bar pasticceria Biffi in Corso Magenta nasce nel 1847. Una location sofisticata, con lampadari di cristallo, sedie di velluto blu, bancone in legno di un marrone intenso, quasi ebano, e la teca con profili dorati.
Il milanese presenta delle caratteristiche curiose. Ci sono più vocali in milanese che in italiano. Mentre quasi tutte le parole italiane di più di una sillaba terminano in vocale, le terminazioni in consonante sono estremamente comuni in milanese: molte parole che in italiano sono piane, in milanese diventano tronche. Abbiamo ordinato in una classifica le 10 parole del dialetto milanese che vengono più utilizzate nel linguaggio corrente, insieme ai loro significati che possono rivelare sorprese.
La classifica delle 10 parole del dialetto milanese più usate (con i significati)
#10 Tel chì (tel lì)
Eccolo qui, eccolo lì. Modo di dire reso celebre da “Tel chi el telùn”, lo spettacolo teatrale di Aldo, Giovanni e Giacomo.
#9 Disciules!
Si scrive “dis’cioles” e si legge “dis’ciùles!”, viene dal verbo “dis’ciolass” (pron. dis’ciulàss) che vuol dire “sbrigarsi, svegliarsi”. Dis’ciolaa (-ada) = sveglio, smaliziato. Fuori Milano diventa Desciules.
#8 Vada via i ciap!
Vai a dare via le chiappe. Viene usato per mandare a quel paese.
#7 Tusa
Ragazza. Bela tusa.
#6 Sciura
Signora.
#5 Ciapa!
Ciapà significa prendere e viene dal celtico hapà. Ciapa su (Tié), Va a ciapa’ i ratt (vai a quel paese).
#4 Ciula
Persona dotata di intelligenza prossima allo zero. Viene dal verbo “ciulare” che significa “fare sesso”, “truffare” o “rubare”. Es. Mi hanno ciulato il motorino.
#3 Bauscia
Baüscia significa sbruffone, viene dal tedesco bauschen (pronuncia bauscien) che vuole dire gonfiarsi.
#2 Sghei
Nonostante quello che si pensa è milanese. Viene da scheid, abbreviazione del tedesco Scheidemünze, “moneta divisionale”. Questa veniva pronunciata popolarmente come schei, leggendo come in italiano la parola.
#1 Pirla
Pirla, stupido. In origine significava trottola, da cui anche il verbo pirlare, cioè gironzolare senza scopo, e poi è passato a indicare l’organo sessuale maschile.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Muoversi a Milano diventa ancora più complicato. Dal primo ottobre scattano nuovi divieti alla circolazione. Queste le nuove regole per residenti e non.
Divieti e Bonus per Area B e Area C: le novità dal primo ottobre 2024 a prova di stupidi
# Nuova girandola di divieti alla circolazione: sale a mezzo milione il numero di veicoli esclusi da Milano
Milano sempre più off limits per chi non ha un mezzo di ultima generazione. Dal primo ottobre 2024 scattano nuovi divieti alla circolazione. Facendo un calcolo di tutti le categorie di veicoli già interdette e quelle previste con le nuove regole è di circa 500mila il numero di mezzi privati che non possono più accedere e muoversi a Milano. Ecco quali sono nel dettaglio.
# In Area C stop agli Euro 3 benzina
Partiamo da Area C, la congestion charge, ricompresa nel perimetro del Municipio 1, attiva dal lunedì al venerdì dalle dalle 7.30 alle 19.30. Dal primo ottobre si aggiungono le Euro 3 a benzina tra le categorie di veicoli ritenuta fuori norma, per i residenti, taxi e ncc fino a nove posti concessa deroga fino al 2025, e gli autobus adibiti al trasporto pubblico di linea con le seguenti alimentazioni:
Euro II benzina
Euro III, IV diesel con FAP di serie e con campo V.5 carta circolazione <= 0,01 g/kWh
Euro 0, I, II, III, IV diesel con FAP after-market installato entro il 31.12.2018 e con classe massa particolato pari almeno a Euro IV
Euro V diesel senza FAP
Euro V diesel con FAP di serie e con campo V.5 carta circolazione > 0,01 g/kWh oppure senza valore nel campo V.5 carta circolazione;
Euro V diesel con FAP after-market e con classe massa particolato inferiore a Euro VI
# In Area B stop a diverse categorie di veicoli destinati al trasporto cose e autobus
A questo giro i nuovi divieti di Area B, che comprende la quasi totalità del territorio comunale con gli stessi orari di funzionamento di Area C, non colpiscono auto ma veicoli destinati al trasporto cose e autobus con le seguenti alimentazioni.
Per i primi non possono più circolare e accedere:
Benzina Euro 2
Diesel Euro 3-4 leggeri (N1) con FAP di serie e campo V.5 <= 0,0045 g/km
Diesel Euro III-IV pesanti (N2-N3) con FAP di serie e campo V.5 <= 0,01 g/kWh
Diesel Euro 0-1-2-3-4 leggeri (N1) e Euro 0-I-II-III-IV pesanti (N2-N3) con FAP after-market installato entro 30.04.2019 e classe massa particolato pari almeno a Euro 4-IV
Diesel Euro 5 leggeri (N1)
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) senza FAP
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) con FAP di serie e campo V.5 > 0,01 g/kWh o senza valore
Diesel Euro V pesanti (N2-N3) con FAP after-market e classe massa particolato < Euro VI
Per gli autobus per trasporto persone:
Benzina Euro II – Diesel Euro III-IV con FAP di serie e campo V.5 <= 0,01 g/kWh
Diesel Euro 0-I-II-III-IV con FAP after-market installato entro 31.12.2018 e classe massa particolato pari almeno a Euro IV
Diesel Euro V senza FAP3
Diesel Euro V con FAP di serie e campo V.5 > 0,01 g/kWh o senza valore
Diesel Euro V con FAP after-market e classe massa particolato < Euro VI
Inoltre possibile fine delle deroghe per categorie specifiche come lavoratori turnisti, autoscuole, agenti di commercio, volontari sociosanitari, medici e pediatri.
# Rimangono invariati i bonus di accesso per residenti e non residenti
Per gli accessi in deroga in Area C rimangono invariati i bonus concessi ai residenti con mezzi inquinanti per muoversi: 50 transiti gratuiti annuali e dal 51° transito si paga un ticket di giornaliero di 3 euro.
A questa pagina le informazioni dettagliate e il link per la richiesta dell’agevolazione online.
Per Area B restano disponibili per i residenti 25 giornate di accesso per i proprietari/utilizzatori di veicoli trasporto persone. Sono invece 5 le giornate bonus per non residenti proprietari/utilizzatori di veicoli trasporto persone.
Gli stessi bonus valgono rispettivamenteper imprese con sede a Milano e con veicolo per trasporto cose intestato/nella disponibilità dell’azienda e per quelle con sede fuori città.
Per usufruire delle giornate in deroga occorre la registrazione prima del primo accesso utilizzando il sito di Area B e associando la targa del veicolo al permesso. Maggiori istruzioni a questo link.
# Sensori per l’angolo cieco obbligatori per altre due categorie di veicoli
Il primo ottobre entra in vigore anche l’obbligo del sensore per l’angolo cieco, dispositivo che segnala al conducente del mezzo la presenza di pedoni e ciclisti non visibili dagli specchietti, per altre categorie in aggiunta a quelli in essere di camion e autobus N3 e M3:
veicoli con più di otto posti a sedere (M2), si tratta dei furgoni destinati al trasporto di persone con massa massima non superiore a 5 tonnellate;
autocarri di peso tra le tre tonnellate e mezzo e le 12 tonnellate (N2), adibiti al trasporto merci.
# Multe automatiche da 95 euro anche per chi è sprovvisto di sensore
Altra novità riguarda le sanzioni automatiche, elevate grazie alle telecamere di Area B, per chi non ha installato il sensore per l’angolo cieco. L’unico modo di evitarle è comunicare l’adeguamento del mezzo al nuovo obbligo utilizzando il servizio online di Atm sul sito di Area B. L’importo è di 95 euro, lo steso previsto anche per i trasgressori di Area C ed Area B, inviata entro 90 giorni dall’infrazione.
# In attesa della ztl del “super” Quadrilatero della Moda e dell’Area C attiva nei weekend
Ci sono però ancora almeno un paio di grandi cambiamenti attesi nei prossimi mesi. Il primo riguarda l’attivazione della ztl su un’area che comprende il Quadrilatero della Moda e altre vie limitrofe tra Corso Matteotti e Corso Vittorio Emanuele. In totale sono previsti 9 varchi elettronici, 5 per l’ingresso e 4 per l’uscita, dovrebbero essere installati entro la fine di ottobre. Per l’attivazione della ZTL bisogna attendere il via libera ministeriale, che potrebbe avvenire entro la conclusione del 2024.
Entro l’inizio del 2025 è confermata l’attivazione diArea C anche nel fine settimana, esclusi i residenti che il sabato e la domenica continueranno ad accedere.
Nel corso della sua storia sono stati fatti alcuni tentativi. Ma sempre provvisori. E pensare che in occasione della riqualificazione della piazza per la costruzione della linea M3 fu presentato un progetto per una fontana monumentale. Perchè non riprovarci con qualcosa di ancor più scenografico?
# Le fontane gemelle illuminate di notte degli anni ’30
Facebook Milano Sparita e da ricordare, autore sconosciuto - Fontane piazza Duomo
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In più di un’occasione sul sagrato sono state installate delle fontane nel corso del ‘900. La prima è stata nel 1934 quando due fontane gemelle, illuminate di notte, sono state inaugurate per la visita Capo del Governo e dello Stato Italiano, accompagnate dai simboli del partito politico, Una (la “torta nuziale”) fu poi trasferita davanti al Castello Sforzesco nel 1936, l’altra di fronte all’ingresso della Triennale, in occasione della manifestazione “VII Triennale” nel 1940.
# L’installazione temporanea degli anni ’90 con gli zampilli che ricreavano la forma del Duomo
La terza fontana provvisoria in Piazza del Duomo fu realizzata durante il periodo dalla giunta Comunale guidata dal sindaco Marco Formentini nel 1994. Fu installata vicino a Palazzo Carminati, davanti all’aiuola. I getti d’acqua della fontana riprendevano la forma delle guglie del Duomo insieme al ritmo di musica, con diverse coreografie che si alternavano fino a ricreare il profilo completo della cattedrale.
# Il progetto degli anni ’80 mai realizzato per una fontana monumentale
Nel 1989 l’architetto Ignazio Gardella aveva presentato un progetto per realizzare una fontana monumentale, nell’ambito della riqualificazione della piazza previsto dopo la realizzazione della linea M3. Si prevedeva la costruzione di un monumento con cascate, inizialmente di una lunghezza di 89 metri, una larghezza di 9 metri e un’altezza del basamento di 6,4 metri rivestito da lastre rettangolari di mamo di Candoglia. L’obiettivo era di riportare lo spazio alle proporzioni previste dal progetto del Mengoni e celare palazzo Carminati, da sempre considerato inadatto alla grandiosità della piazza.
Nel progetto rivisto nel 1990 le sei arcate erano state trasformate e ridimensionate, diventando simili ai portici dell’Arcivescovado, mentre le campate dedicate alle fontane venivano diminuite ad una sola. Previste inoltre che le semi-arcate fossero a 20 metri di altezza, con una discesa della cascata d’acqua pari a 8 metri, con la possibilità di accedere all’interno del monumento grazie a due scale. La terza variante fu un ritorno al progetto originario con modifiche minori, ma naturalmente mai realizzato.
# Una fontana scenografica per il futuro della piazza al posto delle aiuole?
Negli ultimi anni nell’aiuole del sagrato abbiamo visto banani e palme, ora è il turno di boschetti di canfore a cespuglio alternati a rododendri dall’autunno alla tarda primavera e Philadelphus nel resto dell’anno con il progetto “Oasi Zegna nel mondo”. Per i prossimi tre anni questo sarà l’allestimento della parte della piazza di fronte a Palazzo Carminati. Terminato questo periodo si potrebbe immaginare di costruire finalmente una fontana scenografica per rendere caratterizzare ancora di più piazza del Duomo e arricchire la città di un nuovo simbolo.
Ideogram AI - Fontana
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Si potrebbe rimanere sul classico con facendo il verso alle fontane romane, dove a spiccare sarebbe la composizione artistica al centro, oppure una fontana con una scultura d’arte moderna circondata da zampilli lungo tutto il perimetro esterno. In alternativa si potrebbe guardare a una fontana con una scultura che richiama il Duomo nelle sue tipiche sporgenze dove sono posizionati i gargoyles, infine un inno alla modernità: colonne verticali, al centro della vasca, disegnate per ricostruire il profilo della cattedrale.
Il futuro di piazza Duomo sarà quindi una fontana?
Nell’immaginario comune, Milano è simbolo di crescita, innovazione e opportunità: la città della Madonnina incarna per davvero queste caratteristiche. Purtroppo, però, c’è anche una faccia oscura della medaglia.
La Milano di oggi: da città delle opportunità a modello d’esclusione sociale?
# Le due facce della medaglia di Milano: innovazione e esclusione
Le contraddizioni che animano la Milano di oggi sono sotto gli occhi di tutti i cittadini. Da un lato, Milano continua ad attrarre talenti, imprenditori e studenti. Dall’altro, la città alimenta dinamiche di esclusione che colpiscono fasce sempre più ampiedella popolazione.
Le politiche urbanistiche, economiche e sociali degli ultimi anni, pur apprezzate da una parte dei milanesi, hanno contribuito ad ampliare una spaccatura tra chi può accedere alle opportunità offerte dalla metropoli e chi, invece, ne viene gradualmente escluso.
# Accesso ai servizi pubblici: un divario sempre più marcato tra centro e periferie
L’accesso ai servizi pubblici è uno dei primi indicatori di inclusività o marginalizzazione. Milano, pur essendo una delle città meglio servite d’Italia, presenta forti disuguaglianze tra il centro e le periferie. La distribuzione ineguale dei servizi essenziali, come trasporti, sanità e istruzione, penalizza i quartieri periferici, dove la rete di trasporti pubblici è meno capillare, le scuole sono spesso meno qualificate e l’accesso a cure mediche di qualità può essere limitato.
Questa disparità nell’accesso ai servizi rende piùdifficile per le persone con redditi più bassimigliorare la propria situazione economica e sociale. Le politiche pubbliche potrebbero, quindi, concentrarsi su un riequilibrio dell’offerta di servizi, potenziando l’accessibilità delle aree periferiche e promuovendo la coesione sociale, evitando che Milano diventi una città per pochi privilegiati.
# Area B e Area C: la divisione dei milanesi in serie A (centro), serie B (periferie) e serie C (hinterland)
Le politiche urbane di Milano, come Area C e Area B, hanno come effetto quello di migliorare la qualità della vita di chi ha abita nelle vicinanze del centro. Ma finiscono necessariamente per colpire in modo sproporzionato chi abita nelle periferie o, ancor peggio, nell’hinterland. Soprattutto le fasce più deboli.
Questi cittadini si trovano costretti a pagare per accedere al centro o a cambiare veicoli per conformarsi alle norme ambientali, aggravando ulteriormente il divario tra chi può permettersi di abitare nelle zone centrali e chi, invece, è confinato nelle periferie.
Le cose si fanno ancora più dure per quelli che, oltre a stare in zone lontane da Area C, non possono permettersi l’acquisto di auto di ultima generazione. Ad esempio, un pensionato che abiti al di fuori dei confini di Milano, è costretto a muoversi dentro la città in bicicletta o con i mezzi pubblici, a volte deficitari nell’hinterland, mentre un ricco residente del centro con il suo SUV può girare liberamente dentro e fuori la città. Una città che premia con più diritti e libertà le persone più ricche, mentre limita il diritto di circolare ai meno abbienti, non può ergersi a modello di inclusività.
# Invecchiamento della popolazione: inclusione a rischio
Milano sta affrontando una crescita costante della popolazione anziana, l’osservatorio yournextmilano afferma: “nel 2031 ci saranno +55mila residenti, ma 1 su 4 sarà over65“.
Questo richiede un aumento di servizi sanitari e di assistenza e rischia di spingere molti anziani verso l’isolamento sociale, specialmente nelle periferie. Le politiche urbane, molto concentrate su giovani e sui lavoratori attivi, spesso trascurano le esigenze degli anziani, che si ritrovano ai margini di una città che si evolve velocemente. La mancanza di reti di supporto comunitario, in molte aree urbane, rende questo problema ancora più acuto.
Un ulteriore ostacolo per gli anziani è rappresentato dalla crescente digitalizzazione dei servizi pubblici. Senza adeguate competenze digitali, molti rischiano di non poter accedere a servizi essenziali come la sanità e i trasporti, aumentando il loro isolamento. Milano potrebbe affrontare questo tema investendo in soluzioni che promuovano l’inclusione digitale degli anziani, attraverso progetti di alfabetizzazione tecnologica, che permettano loro di usufruire dei servizi moderni senza essere esclusi dalla trasformazione digitale.
La digitalizzazione, se da un lato rende più efficienti i servizi, dall’altro rischia di escludere anche le famiglie a basso reddito che non possono permettersi dispositivi adeguati. Questa nuova forma di disuguaglianza tecnologica crea un divario tra chi ha accesso alle opportunità offerte dal digitale e chi, invece, ne rimane escluso. Politiche pubbliche mirate a garantire l’accesso diffuso alla tecnologia e programmi di alfabetizzazione digitale potrebbero essere fondamentali per evitare che Milano diventi una città in cui l’innovazione divide piuttosto che unire.
# Il fenomeno dei senza tetto: un’emergenza visibile
Uno dei fenomeni più evidenti della marginalizzazione è rappresentato dalle persone senza dimora, un problema che ha raggiunto proporzioni allarmanti. A Milano, secondo l’ultimo censimento ISTAT, si contano oltre 8.500 persone senza dimora.
La composizione di questa popolazione è particolarmente drammatica: molti sono stranieri, disoccupati o vittime di sfratti. La città, nonostante i suoi progetti per affrontare questa emergenza, non è riuscita a risolvere il problema alla radice.
Milano ha bisogno di politiche strutturali che affrontino l’emergenza abitativa, passando dal sostegno psicologico all’inclusione sociale, fino alla lotta contro la precarietà lavorativa. Progetti come Milano senza Dimora, che cercano di sensibilizzare la popolazione attraverso l’arte, possono forse rappresentare un punto di partenza, ma non possono essere l’unica risposta a una crisi così profonda.
# La turistificazione e la gentrificazione: chi può ancora permettersi Milano?
L’espansione del turismo e il processo di gentrificazione stanno rendendo Milano una città sempre più inaccessibile per i residenti locali. L’aumento degli affitti, soprattutto nelle zone più centrali e turistiche, ha spinto molte persone a spostarsi fuori città, aggravando ulteriormente la crisi abitativa.
I quartieri storici sono sempre più dominati da case vacanze e alloggi a breve termine, rendendo difficile per i milanesi trovare un alloggio a prezzi accessibili. Questo fenomeno colpisce in modo particolare i giovani, gli studenti e i lavoratori precari, per i quali vivere a Milano sta diventando un lusso.
# Marginalizzazione economica e lavorativa: la precarietà come norma
Milano si presenta come il cuore pulsante dell’economia italiana, ma la realtà per molti lavoratori è fatta di precarietà e instabilità. Contratti a tempo determinato, part-time o stage mal retribuiti sono diventati la norma, e chi riesce a ottenere un impiego stabile spesso si trova a fare i conti con salari che non tengono il passo con il costo della vita.
Secondo un’analisi del Codacons del 2024, la città si colloca al secondo posto in Italia per il costo della vita, con affitti che superano i 900 euro al mese e spese alimentari in costante aumento.
Nonostante salari mediamente più alti della media nazionale, il divario tra redditi e spese è tale da rendere Milano una città ostile, soprattutto per i giovani: la soglia di povertà per loro si attesta a 1.175 euro mensili, mentre il reddito necessario per un tenore di vita decoroso sfiora i 2.000 euro.
Per evitare che la città delle opportunità si trasformi in una città delle marginalizzazioni potrebbe essere necessario ripensare le politiche urbane ed economiche, con un’attenzione particolare all’inclusione degli abitanti delle periferie e degli anziani, al fine di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche. Solo così Milano potrà continuare a essere un luogo in cui tutti, indipendentemente dall’estrazione e dell’età possono prosperare.
I nuovi quartieri di Milano, come Porta Nuova o CityLife, si caratterizzano per un’identità molto forte. Se questo modello fosse replicato a San Siro, quale potrebbe essere la sua nuova veste?
Il «parco sportivo del futuro»: a San Siro palestre sotterranee e sport all’aperto?
L’identità di San Siro non può che essere lo sport. Ma come estendere il concetto non solo agli spettatori ma anche a chi lo pratica? Queste le possibili linee di azione.
# Il Parco degli Sportivi
Come primo passo, si potrebbe sviluppare attorno allo Stadio una vasta area verde, valorizzando l’architettura esistente. Questo spazio ospiterebbe campi da gioco multifunzionali, piscine all’aperto, spazi per il fitness e angoli riservati alla meditazione e alle pratiche fisico-spirituali.
# Piste per jogging e atletica
Il secondo passo della trasformazione prevedrebbe la pedonalizzazione completa dell’area circostante. Le strade sarebbero dedicate a chi desidera cimentarsi nell’atletica, nel jogging o nell’uso delle piste ciclabili. Questo favorirebbe un ambiente attivo e salutare, promuovendo uno stile di vita dinamico.
# Palestre e aree fitness sotterranee
Per preservare l’area verde, palestre e spazi tecnici potrebbero essere costruiti sotto la superficie. Ogni palestra sarebbe dotata di un “centro fitness” per monitorare e migliorare le prestazioni atletiche di amatori e professionisti. I parcheggi, anch’essi sotterranei, sarebbero collocati ai limiti dell’area verde.
# Il Centro di Ricerca Sportiva Comunale
Il cuore del progetto potrebbe essere il Centro di Ricerca, un polo innovativo frutto di collaborazioni tra università, team calcistici e attività commerciali del parco. Questo centro svolgerebbe attività di ricerca avanzata sulle performance atletiche e il benessere fisico, contribuendo allo sviluppo di nuovi approcci all’allenamento sportivo.
# Luoghi per lo sport estremo
Se, oltre al quartiere, si volessero rivoluzionare anche le pratiche sportive, tra il parco e gli spazi sotterranei, si potrebbero dedicare alcune aree agli sport estremi e d’avventura, attirando così appassionati e atleti da tutto il mondo.I muri dello Stadio stesso potrebbero essere ripensati per l’arrampicata (con percorsi acrobatici sospesi), mentre le torri e le rampe potrebbero essere adibite al parkour, ospitare arrampicata, zip line e bungee jumping.
Sotto la superficie, invece, potrebbero trovare posto piste di allenamento di mountain biking, skate park, per freeride e downhill, con circuiti e salti anche adatti a competizioni internazionali.
La trasformazione del quartiere San Siro in un Parco Sportivo non solo rivoluzionerebbe il concetto di spazio sportivo a Milano, ma posizionerebbe la città come leader mondiale nell’innovazione urbana. Questo progetto potrebbe ispirare altre capitali europee, ridefinendo il modo in cui vengono concepiti e utilizzati gli spazi sportivi.
Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha registrato una crescita economica molto modesta, marcando (in negativo) un distacco sempre più ampio rispetto agli altri Paesi europei. Perché è successo e come si inverte la rotta?
Italia al palo da 20 anni: perché? Le 5 aree di intervento per far ripartire il Paese
# l’Economia italiana cresce poco o niente rispetto a quelle europee: i dati
A una valutazione superficiale, potrebbe sembrare che, negli ultimi tempi, la crescita italiana abbia superato quella di nazioni come Francia e Germania, ma, per avere un quadro completo, è importante osservare un arco temporale sufficientemente esteso.
Per esempio, considerando il lasso temporale 2000 – 2024, si nota che l’economia italiana è cresciuta complessivamente di meno del 10%, mentre le economie di Francia e Germania hanno registrato un incremento del 25%, con quella spagnola che ha addirittura toccato il 40%.
Perché l’Italia è rimasta ferma mentre le altre economie europee, tutto sommato, sono cresciute? Le cause di questa stagnazione sono complesse e affondano le radici nella struttura stessa del sistema economico italiano. Individuare correttamente le cause è il primo passo per comprendere quali strategie siano necessarie per rilanciare la crescita economica del Paese.
#1 La stagnazione della produttività
Uno dei problemi più gravi e persistenti dell’economia italiana è la stagnazione della produttività. Nel Rapporto Inapp 2023 si legge: “A partire dalla seconda metà degli anni Novanta la crescita della produttività è stata di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi del G7, segnando un divario massimo nel 2021 pari a 25,5%“. Dagli anni ’90 in poi, la produttività del lavoro in Italia è rimasta praticamente invariata, mentre negli altri Paesi europei è cresciuta costantemente.
Questa stagnazione potrebbe essere legata alla mancanza di investimenti in tecnologie, digitalizzazione e innovazione, e a processi di produzione datati o addirittura obsoleti. Le imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), spesso rinomate come patrimonio dell’economia italiana, che costituiscono oltre il 75% (circa 760mila aziende) del tessuto industriale italiano, non riescono a tenere il passo con le sfide globali.
La mancata trasformazione digitale del tessuto imprenditoriale italiano potrebbe aver impedito alle imprese di modernizzare i propri modelli di business e di integrare tecnologie avanzate come automazione o intelligenza artificiale.
Come aumentare la produttività? Due strategie “semplici” ma chiave per migliorare la produttività potrebbero essere:
Incentivi per la digitalizzazione: offrire agevolazioni fiscali e, magari, garantendo un accesso facilitato ai fondi europei per le imprese che scelgono di investire in tecnologie avanzate.
Collaborazioni tra PMI e università: creare reti di collaborazione tra le piccole imprese e i poli universitari (o centri di ricerca), per sviluppare nuove tecnologie e spingere le PMI verso forme di consorzio e collaborazione.
#2 Le imprese troppo piccole rischiano di essere troppo poco competitive
Il tessuto economico italiano è caratterizzato da una grande frammentazione. Le PMI, che costituiscono l’ossatura dell’economia, hanno spesso difficoltà a espandersi e a competere a livello internazionale. Le piccole dimensioni limitano la capacità di praticare economie di scala, di accedere a nuovi mercati e di investire in ricerca e sviluppo.
Sotto questi aspetti, le PMI italiane risultano meno competitive rispetto ai grandi conglomerati presenti in Paesi come Germania e Francia. L’aggregazione di risorse e competenze permetterebbe alle imprese di affrontare meglio le sfide del mercato globale e di avere accesso a capitali maggiori.
Strategie per rendere le imprese più competitive:
Sostegno all’internazionalizzazione: le Istituzioni potrebbero favorire l’accesso ai mercati globali per le imprese italiane, attraverso accordi commerciali e iniziative concrete per promuovere il Made in Italy.
Facilitare l’accesso ai capitali: creare strumenti finanziari dedicati alle PMI e piattaforme digitali per facilitare l’accesso al credito e agli investitori internazionali.
#3 Il declino demografico e la fuga di cervelli
Altro fattore che contribuisce alla stagnazione economica italiana è il declino demografico. L’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa: secondo Istat, nel 2023 sono nati appena 379.000 bambini (11° record consecutivo di minimo di nascite), e al 1° gennaio 2024, la popolazione residente in Italia è scesa a 58.990.000 unità, in calo di 7.000 unità rispetto all’anno precedente.
Questo comporta una riduzione della forza lavoro e un aumento dei costi legati al sistema pensionistico e sanitario. Il calo demografico limita la possibilità di una crescita sostenibile.
A ciò si aggiunge la “fuga di cervelli”, con 36.000 giovani italiani che nel 2022 hanno lasciato il Paese (dati Censis). La perdita di capitale umano qualificato impoverisce ulteriormente il tessuto produttivo italiano.
Come invertire il trend demografico e frenare la fuga di cervelli?
Politiche per la natalità: introdurre incentivi economici e agevolazioni fiscali per le famiglie.
Incentivi per il rientro dei talenti: creare condizioni favorevoli per il ritorno, come sgravi fiscali e sostegni per l’avvio di nuove imprese.
#4 Cultura imprenditoriale e innovazione
In Italia, l’imprenditoria e l’innovazione sono frenate da un sistema burocratico complesso e una cultura che scoraggia il rischio. Nel 2023, un’indagine sull’avversione al rischio riportava un indice medio di 60,2 su 100. Avviare un’impresa richiede tempi lunghi e costi elevati, scoraggiando potenziali imprenditori.
Promuovere una cultura imprenditoriale dinamica e moderna, incentivando l’innovazione e il rischio, a partire dalle scuole, potrebbe portare a un aumento delle nuove imprese.
Incentivi per l’innovazione:
Riduzione della burocrazia: semplificare i processi per l’apertura e la gestione delle imprese.
Creazione di ecosistemi di startup: sostenere poli tecnologici e parchi scientifici, replicando il modello di Milano nelle altre città italiane.
#5 Il sistema educativo e le riforme necessarie
Uno dei punti più cruciali per rilanciare la crescita economica italiana è la riforma del sistema educativo. L’Italia soffre di un forte disallineamento tra istruzione e mercato del lavoro. Nel 2022, solo il 23,8% dei giovani italiani tra 24 e 35 anni possedeva una laurea in discipline STEM.
Strategie per una riforma educativa:
Corsi di formazione continua: promuovere programmi di aggiornamento professionale con un focus su competenze richieste dal mercato.
Alternanza scuola-lavoro: rafforzare i programmi di tirocinio e creare vere partnership tra scuole e imprese.
L’Italia ha enormi potenzialità, ma per tornare a crescere è necessario un piano incisivo. Con riforme strutturali, investimenti mirati e una nuova cultura imprenditoriale, l’Italia potrebbe ritrovare la sua competitività.
Questo l’indirizzo voluto dal governo francese. Il primo banco di prova c’è stato con gli edifici realizzati per le Olimpiadi del 2024. Ecco cosa prevede la norma e quando si applica. E se Milano copiasse Parigi anche in questo?
Parigi: le nuove costruzioni pubbliche saranno al 50% in legno (o in materiale biologico)
# Cosa dice la norma voluta dal governo francese
Il governo francese ha introdotto un regolamento che impone a tutti gli edifici pubblici finanziati dallo stato di essere costruiti con almeno il 50% di legno o altri materiali naturali. Oltre al legno si possono utilizzare materiali di origine biologica realizzati con materia derivata da organismi viventi, come canapa e paglia, data l’impronta di carbonio incorporata significativamente inferiore rispetto ad altri materiali come cemento e acciaio.
# Tra i primi edifici quelli delle Olimpiadi
La proposta è in linea con il piano Città sostenibile della Francia lanciato nel 2009 e anche con l’impegno del presidente Emmanuel Macron affinché il paese sia carbon neutral entro il 2050. Il primo banco di prova sono state le Olimpiadi 2024 di Parigi, con gli edifici destinati all’evento: il Villaggio Olimpico tanto contestato, il Media Village e l’Aquatics Center. In linea con questa visione sono stati annunciati 20 milioni di euro di investimenti per la costruzione di 100 fattorie urbane nelle periferie della città, con la più grande d’Europa realizzata sui tetti del padiglione 6 dell’area fieristica Paris Expo Porte de Versailles.
# L’Olympic Aquatics Center realizzato con materiali edili di origine biologica
Tra gli edifici che seguono le direttive volute dal governo francese c’è l’Olympic Aquatics Center, utilizzato durante le Olimpiadi del 2024 da nuotatori, giocatori di pallanuoto e tuffatori nel 2025, e nel 2025 destinato a scolari e adulti per praticare il nuoto. Il centro si sviluppa su 5.000 mq ed è stato realizzato con materiali edili di origine biologica con una struttura in legno e il tetto coperto con pannelli fotovoltaici. Gli arredi interni invece sono costruiti con materiali riciclati. E se Milano copiasse Parigi anche in questo?
La tendenza più preoccupante degli ultimi anni in Italia è evidente: vietare, limitare, restringere la libertà d’azione dell’individuo. Diverse città nel mondo hanno dei luoghi in cui le regole si attenuano e si favorisce la sperimentazione libertaria. Tra i tanti esempi vengono in mente Amsterdam con il quartiere a luci rosse, Zurigo, Uzupis a Vilnius, c’è perfino Liberland, la Libera Repubblica di Liberandia, la terra della libertà tra Serbia e Croazia.
Tra tutti però il luogo simbolo del quartiere superfree in una città è Cristiania, nel cuore di Copenaghen, ritrovo di giovani affamati di libertà. Un luogo che non è solo sede di autogestione e di sperimentazione ma è diventato un potente strumento di marketing territoriale, una delle principali attrazioni della capitale danese. Anche Milano ha avuto un luogo dove vigevano regole diverse dal resto del territorio (e dal resto del Paese): Expo.
In un’epoca in cui la libertà sembra sotto attacco, perché non realizzare anche a Milano un quartiere simbolo del motore della civiltà occidentale? Se volessimo creare un quartiere della libertà, dove lo faremmo? E, soprattutto, cosa ci faremmo?
La Cristiania di Milano: il quartiere della libertà
# Il quartiere extra liberal di Milano: dove farlo?
Assegnato ormai ad altri destini il sito di Expo, bisogna innanzitutto trovare un luogo coerente. Si potrebbe scegliere un posto nell’hinterland, da rilanciare, a Cusago, Muggiano o nel Parco Agricolo, a contatto con la natura. Un’alternativa è scegliere un quartiere periferico da risollevare in città, come Rogoredo, il Gratosoglio o Cagnola.
Una volta scelto lo spazio, cosa ci si potrebbe fare è potenzialmente illimitato. Unico orizzonte: superare ogni altro quartiere liberal per fare parlare tutto il mondo. Attirando turisti e, magari, riportando a casa anche qualcuno dei nostri giovani più affamati di libertà.
# La forma è sostanza
Il punto di partenza è progettare uno stile inconfondibile. Innanzitutto nell’ingresso. Si deve avere la netta sensazione di entrare in una nuova terra promessa. Occorre poi una architettura landmark esuberante e d’avanguardia molto riconoscibile, tipo Camden Town di Londra nord. Altri elementi iconici che ci vengono in mente sono le grandi scarpe del quartiere inglese, la scritta Cristiania, “you are leaving Europe“, la zona di Vilnius dove chiedono il passaporto. Nei segni distintivi noi siamo trai più bravi al mondo, siamo quelli del filo e del’ago di Cadorna o del dito di Cattelan. Potremmo fare qualcosa di grandioso.
# Un mondo nuovo
Varcato l’ingresso choc si accederebbe a un mondo stupefacente. Scontata la droga libera, ormai è una premessa per tutti questi luoghi. Così come i graffiti sui muri e gli spazi per la libera espressione. Nel progettarlo però ci dobbiamo ricordare che ci troviamo comunque a Milano, Milano è Milano, non si può cedere alla perdizione distruttiva e alle brutture tipiche dei paesi barbari. Milano è la città dello stile, per cui anche il quartiere della superlibertà dovrà avere una sua classe ed eleganza. Libera, anarchica, ma stilosa.
# Libertà milanese style
L’avamposto della libertà milanese vedrebbe skate park, negozi di canapa, immobili da occupare con l’obbligo di ristrutturarli. Nessun limite di decibel nè di orario, sarebbe un luogo che pulsa 24h al giorno, tra deep bar nei sotterranei e libere feste sui tetti.
La capitale economica dovrebbe imporre poi un regime di libertà fiscale da fare impallidire il Lussemburgo con una tassazione zero per chi svolge attività commerciali. Il commercio di questo quartiere sarebbe esso stesso attrazione per i turisti, sul modello di Expo.
Libertà totale va oltre anche il senso del pudore. Ci sarebbe un bordello con tariffe altissime, quello sì ultra tassato per finanziare tutto il quartiere, insieme al ricavato delle droghe. Legali, dunque tassate. Tutte le attività oggi giudicate criminali o dannose per la salute sarebbero tassate, mentre tutte le altre sarebbero tax free.
# Sperimentazione senza limiti
Ma a Milano niente è gratis, soprattutto la libertà. In cambio di un regime ultra agevolato il quartiere dovrebbe diventare il luogo della sperimentazione totale, la galleria del vento, l’R&D, il laboratorio di Archimede Pitagorico della città. Si sperimenterebbe di tutto con scienziati ovunque per misurare gli effetti di cibo fatto di insetti, di pastiglie per gli astronauti, di sistemi di monitoraggio sensoristico umano. Si sperimenterebbero soluzioni per distruggere l’inquinamento e avere aria, acqua e luoghi puliti come in alta montagna, si testerebbe qualunque farmaco. Sarebbe un centro di sperimentazione mondiale anche per le arti, con teatro d’avanguardia e la produzione di musica e di film super sperimentali: anche per loro tasse zero a condizione di offrire originalità al 100%.
Per rendere la sperimentazione totale ci sarebbe la trasmissione video 24h di tutto ciò che accade in tempo reale, tipo Truman Show. Ogni persona che accede al quartiere della libertà saprebbe di essere libero di fare ciò che vuole mostrando al mondo quale uso fa della libertà. Ognuno si sentirebbe ambasciatore della libertà di azione e della sperimentazione per la diffusione di nuova conoscenza nell’umanità. Sarebbe il primo reality con impunità totale, il più grande esperimento umano nella storia del mondo.