L’Expo del 1906 si svolse a Milano al Parco Sempione e nell’area dell’ex zona Fiera. Una metropolitana sopraelevata collegava i due siti espositivi. Nel mezzo della manifestazione ci fu un evento drammatico che mise a rischio il suo completamento.
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Il dramma di Expo 1906 e l’unico padiglione rimasto in piedi da allora
# Il terribile incendio durante Expo
Expo Milano 1906 – Padiglione del Belgio
L’Expo del 1906 si svolse a Milano al Parco Sempione e nell’area dell’ex zona Fiera. Una metropolitana sopraelevata collegava i due siti espositivi. L’edizione di Expo del 1906 fu segnata da un fatto drammatico che rischiò di pregiudicare l’esito della manifestazione. Quasi tutte le strutture erano state realizzate in legno e a inizio di agosto un incendio rase al suolo quasi completamente tutti i padiglioni che erano stati costruiti nell’area della ex fiera.
Senza perdersi d’animo i milanesi si misero al lavoro e in poche settimane riuscirono a rimettere in piedi tutto quello che il fuoco aveva distrutto.
# L’unico padiglione ancora in piedi
L’edizione Expo del 1906 viene ricordata come tra i maggiori successi della storia dell’Esposizione Universale.
Tutti i padiglioni furono smantellati tranne uno che da allora ospita il terzo acquario più antico d’Europa. Come stile rappresenta uno degli esempi più pregiati di liberty milanese.
Il percorso espositivo dell’acquario racconta la storia dell’acqua dalle precipitazioni atmosferiche fino ad arrivare al mare, attraverso i seguenti ambienti:
Torrente montano
Laghi d’alta quota – il lago alpino
Ambiente umido d’alta quota – la pozza di montagna
Fiume montano – zona a temoli
Fiume pedemontano- zona a barbi
Grandi laghi – il Lario – ” lago di Como”
Fiume – zona carpe (metapotamon)
Ambienti artificiali – la roggia
Ambienti artificiali – il fontanile
Foce del fiume – zona storioni (hypopotamon)
Acque salmastre – la laguna
Posidonieto – le praterie di posidonia oceanica
Piano infralitorale – litorale rocciso
Piano infralitorale – 2 litorale roccioso
Piano infralitorale – i fondali sabbiosi
Piano infralitorale – il cavalluccio marino
Ambiente pelagico – la medusa quadrifoglio aurelia aurita
Ambiente pelagico
Piano circalitorale
IL POLPO (Octopus vulgaris)
I relitti
Scogliera madreporica
TROPICALIZZAZIONE DEL MEDITERRANEO
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La foto del giorno: oggi siamo in via Carlo Imbonati
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Milano, per molti, significa cotoletta, significa risotto, ossobuco o panettone. Solo alcuni, però, sanno che a Milano ci si può sedere e assaggiare un panino premiato come il più buono d’Europa. In questo video scopriamo come è fatto questo panino, dove possiamo mangiarlo e, soprattutto, quanto costa.
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Uno dei luoghi più affascinanti e segreti di Milano, riapre dopo un lungo periodo di chiusura. Questo capolavoro nascosto dell’artista romagnolo torna a essere visitabile, offrendo un viaggio immersivo tra le sue opere più iconiche.
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Riapre il labirinto di Milano ispirato a Gilgamesh!
# Il labirinto ispirato al primo poema epico della storia
Riapre al pubblico, con un accesso rinnovato, uno dei luoghi più affascinanti e segreti di Milano. Ispirato all’Epopea di Gilgamesh, il primo grande poema epico della storia dell’umanità risalente al 2000 a.C., il Labirinto si estende su una superficie di circa 170 mq, con un’altezza massima di 3,80 metri.
Credits silvia_sr_ IG – Ingresso nel labirinto
Realizzato in bronzo, rame e fiberglass colorato e patinato, conduce il visitatore in un viaggio tra mito e memoria, alla scoperta delle radici dell’esperienza umana, accogliendo i temi della luce e dell’oscurità.
# Realizzato in 16 anni di lavoro: al centro dell’opera la riproduzione della cella di Cagliostro
Il percorso si snoda attraverso stanze successive, ognuna delle quali ospita rielaborazioni di sculture già note e forme ancora in divenire, offrendo un’esperienza immersiva nell’immaginario dell’artista. Ognuna porta il visitatore sempre più in profondità nell’universo di Pomodoro.
Credits milanesando IG – Labirinto di Arnaldo Pomodoro
Al centro dell’opera si trova una sorta di riproduzione della cella di Cagliostro, l’alchimista palermitano morto presso la rocca di San Leo. La realizzazione del Labirinto ha richiesto 16 anni di lavoro, dal 1995 al 2011, quando l’opera fu inaugurata in via Solari 35 dopo essere stata trasferita da via Tadino.
# Arnaldo Pomodoro e il fascino delle sue opere
Credits Andrea Cherchi – Banca Piazza Meda
Nato a Morciano di Romagna nel 1926, Arnaldo Pomodoroè tra gli scultori contemporanei italiani più noti al mondo. Il suo stile inconfondibile è caratterizzato da superfici metalliche lacerate, che rivelano meccanismi interni misteriosi, come a voler svelare il cuore nascosto delle cose. Tra le sue opere più celebri ricordiamo il “Sole” di piazza Meda a Milano, la “Sfera Grande” nel piazzale della Farnesina a Roma e quella sul lungomare di Pesaro.
Il Labirinto era stato chiuso al pubblico nel novembre 2023 per consentire lavori di ristrutturazione dell’edificio sovrastante, sede della Maison Fendi. Durante questo periodo, sono stati effettuati interventi di restauro e manutenzione per preservare l’integrità dell’opera e migliorare l’esperienza dei visitatori.
Credits barbara_vellucci IG – Labiritno di Arnaldo Pomodoro
La riapertura del 20 marzo 2025 segna dunque un momento importante per gli appassionati d’arte e per la città di Milano, che ritrova uno dei suoi luoghi più enigmatici e affascinanti.
# Informazioni per la visita
Credits cinzia_travelgirl IG – Dettaglio opere Labirinto di Arnaldo Pomodoro
Le visite, della durata di 45 minuti, sono aperte a tutti previa prenotazione e si svolgono in gruppi accompagnati da una guida esperta. Per prenotare la visita e conoscere gli orari disponibili, è possibile consultare il sito ufficiale della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
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Il più antico mercato coperto di Milano ha riaperto al pubblico nella primavera 2022, dopo un periodo di restuaro. Ma quali sono i suoi punti forti? Cosa lo rende attrattivo? Scopriamolo.
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La rinascita del mercato coperto più antico di Milano: curiosità e attrazioni
# Il mercato con quasi 100 anni di storia
credits zero.eu
Qual è la peculiarità di questo mercato? Molto semplice. È stato fondato nel 1929, il che lo rende il più antico mercato coperto della città. Nel corso degli anni si è ampliato, sono arrivati nuovi banchi e nuovi artigiani, che oggi sono 30 in totale.
# Una struttura sempre in ottima salute
credits Mercato Comunale Wagner
A differenza di altri mercati coperti, che sono stati chiusi o che hanno dovuto lottare parecchio per rimanere aperti, la struttura di piazza Wagner ha sempre goduto di ottima salute. Nel 2021 il mercato è stato ristrutturato grazie al Consorzio Mercato Wagner – vincitore del bando di concessione ventennale – che ha richiesto un investimento di 660mila euro. Ad oggi, il mercato conta 46 posti vendita assegnati a 28 commercianti. Il mercato è piccolo ma al suo interno si trova tutto ciò di cui si ha bisogno: macellerie, pollerie, pescherie, forni, botteghe di formaggi e proposte internazionali.
Una delle tre attività del mercato Wagner è la Pescheria Suigo, tradizione di famiglia partita con Abbondanzo Suigo, proseguita poi con Franco e oggi con Fabio. Qui troviamo ogni tipo di pesce. Dai crostacei tra cui vengole, capesante, cozze ma anche pregiate ostriche Gilleardeau, molluschi e altri tipi di pesce: scorfani, ricciole, sogliole orate e san pietro popolano il ricco banco. Col passare del tempo hanno inserito anche i crudi, in particolare le tartare, che possono essere prese e mangiate.
# Il primo sushi del mercato Wagner
Credits: original_rossoro, IG
All’interno del mercato troviamo anche un sushi: il Kiosko sushi and more. È stato aperto nel 2010 e rilevato 3 anni più tardi dal 21enne Chen Ziran, attuale proprietario. Il pesce qui utilizzato è di alta qualità: tonno rosso italiano, salmone biologico, branzino greco e ricciola italiana che arrivano giornalmente al mercato del pesce. La proposta va dai diversi tipi di sushi (nigiri, sashimi, futomaki e maki) alle tartare, dal chirashi (bowl di riso con pesce crudo o al vapore) ai vari antipasti asiatici tra cui gyoza, insalate di alghe e spiedini di pesce.
# Le tre attrazioni che fanno da cornice al mercato
credits Assi&Partners
Il successo di questo mercato si deve anche alle diverse attrazioni che si possono trovare attorno alla struttura.
i Giardini: Parco Guido Vergani (Pagano): questo parco è l’ideale dopo un pranzo abbondante. Sono presenti anche diverse aree gioco per bambini ed ospita una ricca varietà di piante.
il Teatro Nazionale: si trova in piazza Piemonte ed è uno dei più importanti e vecchi teatri di Milano. È stato costruito negli anni 20 e ristrutturato qualche anno fa.
i grattacieli gemelli: anche questi in piazza Piemonte, sono i primi grattacieli della città, anche se, rispetto ai nostri standard, sono decisamente bassi con i loro 38 metri d’altezza.
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Piazza Cinque Giornate, non solo “Il Coin”. “Fare un Quarantotto”. 1848 e poi. Cosa è rimasto delle Cinque Giornate che segnarono la rivoluzione dei milanesi contro l’oppressore austriaco, in pieno Risorgimento?
Qualche cannonata visibile ancora sul muro di qualche palazzo di Corso XXII Marzo, dicono.
Qualche leggenda: si dice che dal 18 al 22 marzo anime di cani rognosi o di ribelli ancora alle barricate si agitino nei luoghi delle vicende.
Pubblichiamo la cronistoria dei fatti che è stata ricostruita dagli studenti del Liceo Berchet di Milano in una ricerca. “Da leggere tutto di un fiato….”, consigliano.
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18 marzo 1848: la prima delle 5 giornate della rivoluzione dei milanesi: la cronistoria degli studenti del Berchet
Credits: skuola.net 5 giornate di Milano
# Le premesse
I fatti rivoluzionari delle cinque giornate furono preceduti da alcuni momenti di tensione con le autorità austriache che è bene ricordare. Il 10 dicembre del 1846 era morto il conte Federico Confalonieri, nobile patriota milanese che era stato imprigionato nel carcere dello Spielberg. Il conte Arese aveva raccolto tra i cittadini i fondi per il funerale che si sarebbe svolto nella chiesa di San Fedele; il 30 dello stesso mese, mentre Achille Mauri aveva curato l’epigrafe da porre sulla porta della chiesa, epigrafe che fu ridotta da un funzionario imperiale al solo: “A Federico Confalonieri”, senza nemmeno il titolo di conte.
Il giorno del funerale la straordinaria affluenza, singolare per quei tempi, destò preoccupazione nella polizia austriaca che tuttavia si trattenne dall’intervenire. La sera stessa, però, in segno di protesta i Milanesi si astennero dall’assistere allo spettacolo della Scala. In seguito l’episodio si sarebbe ripetuto ogni volta che la cantante fosse stata austriaca, e spesso si verificarono rimostranze antiaustriache nei teatri.
L’anno seguente alla morte dell’arcivescovo tedesco Gaisruck, il popolo e la municipalità chiesero con veemenza la nomina di un prelato italiano. La notizia dell’imminente nomina del vescovo Romilli, che rappresentava il ristabilimento della tradizione di italianità del seggio vescovile ambrosiano, e del suo arrivo a Milano fissato per il 5 settembre, diffuse grande entusiasmo nel popolo, che si preparò ad accoglierlo con un monumentale apparato scenografico. I progetti dei milanesi vennero, però, drasticamente ridotti dal governo austriaco, il quale temendo che l’accoglienza del neo-arcivescovo si trasformasse in una dimostrazione politica, addusse pretesti di tipo economico. La sera del 5 settembre si decise, comunque, per festeggiare, di illuminare piazza Fontana con luci a gas.
In quella atmosfera d’entusiasmo, il popolo esplose in grida inneggianti a Pio IX e all’arcivescovo. Non ci furono fortunatamente contrasti con la polizia, al contrario di quello che avvenne l’8 settembre quando per il primo pontificale del Romilli, si ripeté l’illuminazione. Infatti tra l’eccitazione della folla, un gruppo di giovani intonò un coro in onore dell’arcivescovo; la polizia, intollerante, sotto la guida del commissario Bolza, intervenne rapidamente contro i cittadini usando la forza. Questo fu il pretesto per dimostrare che qualsiasi tentativo di rivolta popolare sarebbe stato duramente represso dalla polizia imperiale. Il peggio venne quando il primo gennaio del 1848 si mise in atto lo sciopero del tabacco. Infatti verso la fine di dicembre si era svolta un’opera di propaganda a favore dell’astensione dal fumo e dal gioco del lotto, monopoli imperiali, grazie soprattutto al professore Giovanni Cantoni. Nel volantino, che egli scrisse, si dimostrava che fumando ogni milanese avrebbe contribuito a un cospicuo aumento delle finanze austriache; con lo sciopero del tabacco l’Austria avrebbe subìto di fatto delle ingenti perdite. Lo sciopero proseguì senza complicazioni per due giorni, ma il 3 gennaio un decreto imperiale minacciò gravi punizioni per i cittadini che avessero proibito ad alcuno di fumare, ignorando quasi del tutto le proteste del podestà Gabrio Casati. Lo stesso giorno fu distribuito ai soldati tedeschi un falso volantino che riportava ingiurie contro le truppe dedite all’alcool ed al fumo. Nel pomeriggio i soldati lasciati volontariamente in libertà si abbandonarono ad atti di violenza ingiustificati contro i civili, provocando numerosi morti. Quest’episodio di violenza suscitò terrore e odio nei milanesi verso il governo austriaco e aumentò le forti tensioni represse a cui il popolo avrebbe dato sfogo di lì a poco.
Dopo la violenta strage del 3 gennaio, a Milano regnava una calma sepolcrale per paura di nuove repressioni. I milanesi si astennero dalla vita pubblica rifiutandosi di andare a teatro o a balli di gala, ogni rapporto con gli austriaci fu interrotto, poiché i tentativi di protesta da parte del podestà erano stati del tutto inutili. Tuttavia il viceré bandì un proclama nel quale auspicava che si sarebbe mantenuto uno stato di quiete, al fine di evitare ogni ulteriore inasprimento dei rapporti col governo imperiale. L’episodio avvenuto a Milano ebbe ripercussioni: infatti a Pavia nei giorni 8 e 9 gennaio gli studenti scatenarono una rissa con alcuni poliziotti che fumavano sotto i portici dell’università, col risultato di due morti. Nel frattempo a Vienna si optava per una politica intransigente decisa a rafforzare il potere locale. Gli effetti di tale politica non tardarono a venire: il 22 gennaio si decretò l’arresto di Francesco Arese, Cesare Cantù, Gaspare Ordono de Rosales, Cesare Stampa Soncino e molti altri. Il 30 dello stesso mese fu proibito il transito di armi e di munizioni da guerra, mentre l’1 febbraio venne istituita la censura. A Pavia, di conseguenza, avvennero nuovi disordini e a Milano venivano arrestati l’8 sera Ignazio Prinetti e Linz Manfredi Camperio. Tuttavia non si ebbero sollevazioni popolari come non erano avvenute in seguito alle precedenti rivolte di Napoli e della Sicilia. Le costituzioni concesse dagli altri stati italiani, però, e in particolare quella concessa da Carlo Alberto, destarono nei milanesi la speranza, in caso fossero insorti, di un aiuto contro l’Austria. Si andava organizzando infatti una rivolta. La notizia dell’insurrezione a Vienna, giunta la sera del 17 marzo insieme al proclama imperiale, che aboliva la censura e indiceva un’assemblea per il 3 luglio allo scopo di evitare eventuali subbugli anche a Milano, fu il pretesto per organizzare il giorno successivo una manifestazione tutt’altro che pacifica.
# La prima giornata: 18 marzo
I milanesi, seguendo il piano del Correnti, avevano deciso di riunirsi la mattina davanti al Palazzo del Municipio per costringere il podestà Gabrio Casati a richiedere il passaggio del governo alla municipalità. Il vice governatore O’Donnel, rimasto solo, poiché il governatore Spaur era fuggito la notte prima, preoccupato dalla gran folla nel Broletto e consultatosi col podestà sull’opportunità o meno di far intervenire le truppe, decise di ordinare a Radetzky di tenersi a disposizione. La folla attendeva intanto l’arrivo di Casati per accompagnarlo, volente o no, fino al Palazzo del Governo in corso Monforte. Il podestà costretto andò quindi nuovamente dal vice governatore, tuttavia la folla lo precedette e invase il palazzo. Quando Casati arrivò, insieme a Bellati e agli assessori Bellotti, Beretta, Belgioioso e Greppi, andò direttamente da O’Donnel, il quale non si capacitava della situazione. Sotto le pressanti richieste della delegazione municipale, il vice governatore firmò tre decreti in cui autorizzava la formazione di una guardia civica, stabiliva il passaggio del governo al Municipio e imponeva la restituzione delle armi della polizia alla municipalità. O’Donnel venne poi fatto prigioniero per iniziativa di Cernuschi e mentre i decreti venivano letti alla massa dei cittadini in tumulto, fu trasportato nel palazzo Vidiserti, ove si recò l’intera legazione. Il feldmaresciallo Radetzky faceva intervenire nel frattempo le truppe e dichiarando l’invalidità dei decreti estorti proclamava lo stadio d’assedio.
Nelle strade avevano luogo, invece, i primi combattimenti e nei pressi della chiesa di San Damiano si costruiva quella che fu la prima barricata. Le campane della chiesa presero a suonare a martello per richiamare al combattimento, e presto tutte le campane della città suonarono con tale veemenza che alcune si ruppero. Le truppe austriache mobilitatesi occuparono subito il Duomo, dall’alto del quale sparavano i cacciatori tirolesi, Palazzo Reale e l’Arcivescovado. In parte si apprestarono anche ad assaltare il palazzo del Municipio, pensando di trovarvi la legazione; Radetzky minacciò inoltre di usare i 200 cannoni che aveva a disposizione, nel tentativo di spaventare il popolo, anche se questo ormai era travolto da un impeto irrefrenabile. Le barricate sorgevano ovunque costruite con qualsiasi cosa fosse a disposizione: carri, carrozze, mobili, barili, tappeti e perfino banchi delle chiese. Ma occorrevano anche le armi, per questo furono messe a disposizione le collezioni dei nobili, furono svaligiati i musei, si recuperò qualsiasi arnese contundente e se ne inventarono di nuovi; dalle finestre intanto pioveva di tutto, dall’olio bollente alle tegole. Verso sera il palazzo del Municipio fu espugnato nonostante l’eroica difesa degli assediati; ma, con gran disappunto del feld-maresciallo, non fu trovata la legazione, che era invece a palazzo Vidiserti. D’altro canto furono fatti prigionieri circa duecento uomini o forse più, tra i quali il figlio del Manzoni, Filippo. Più tardi gli austriaci furono costretti a rientrare al Castello Sforzesco, loro quartier generale, a causa dell’impeto dei rivoluzionari. Al termine della prima giornata infatti, Radetzky era profondamente sorpreso dal carattere forte e unitario della rivolta, cui partecipò indistintamente ogni ceto, tanto da dire in seguito: “Il carattere di questo popolo sembra cambiato come per il tocco di una bacchetta magica“.
# La seconda giornata: 19 marzo
L’indomani, la domenica di San Giuseppe, Milano si presentava come una città trincerata. Le barricate sorgevano ovunque; ve n’erano alcune singolari: quella di Porta Venezia, ad esempio era fatta con i lastroni di granito dei marciapiedi, mentre quella di piazza Cordusio, la più strana, era stata costruita con i libri presi dall’Ufficio del Bollo. Gli insorti si organizzavano sempre più. Era passata parola di fare incetta di viveri e di usarli con parsimonia; nelle case venivano praticate aperture per poter creare una rete di comunicazione; il passaggio dei dispacci da una barricata all’altra fu affidato ai martinitt, (i ragazzini dell’orfanotrofio), e le donne, se non combattevano vestite da uomo, rifocillavano gli insorti e cucivano tricolori. Intanto, poiché il podestà e la legazione nella notte si erano spostati dal palazzo Vidiserti in Casa di Carlo Taverna, facilmente difendibile, Radetzky non trovandoli nuovamente ebbe un’ulteriore delusione. La situazione per gli austriaci non era delle migliori: i loro approvvigionamenti si trovavano infatti al Castello, ma essi ritenevano troppo rischioso farseli inviare, temendo che cadessero nelle mani dei ribelli.
Inoltre le barricate ostruivano le già strette vie della città, impedendo il passaggio della cavalleria. Gli scontri più accesi quel giorno, si ebbero a Porta Tosa, Porta Orientale, Porta Comasina e Porta Ticinese. I Milanesi, se da una parte fallirono nel tentativo di riprendere il Broletto e di convincere alla diserzione alcune truppe ungheresi, riuscirono a conquistare piazza Mercanti e Porta Nuova. Qui risplendette l’eroismo di Augusto Anfossi, colonnello nizzardo che si trovava a Milano per caso, il quale riuscì a vincere un gruppo di artiglieri con pochi uomini. Il feldmaresciallo, dal canto suo, minacciò di nuovo di bombardare la città; avvenne, perciò, che i consoli stranieri residenti a Milano scrissero una nota a Radetzky perché si astenesse da un atto di tale disumanità. La petizione fu firmata dai consoli di Francia, d’Inghilterra, di Sardegna, dello Stato Pontificio e della Svizzera, ma non servì a molto. Al calar della notte si verificò inoltre un’eclissi di Luna che incuté brutti presagi.
# La terza giornata: 20 marzo
Il lunedì seguente, invece, fu una giornata positiva per i ribelli: le truppe imperiali abbandonavano il centro di Milano – il Duomo, Palazzo Reale, il Broletto, la Direzione di Polizia. Finalmente anche le campane del Duomo poterono suonare e, grazie alla temerarietà di Luigi Torelli, sulla Madonnina sventolò il tricolore che infuse nuovo coraggio nei cittadini. L’occupazione della Direzione di Polizia permise la liberazione di molti prigionieri e l’arresto dell’odiato commissario Bolza a cui Cattaneo salvò la vita dicendo: “Se lo uccidete fate cosa giusta se lo risparmiate fate cosa santa“. Mentre per le strade avvenivano questi fatti, in casa Taverna si presero importanti decisioni. La mattina si era costituito un Comitato di Guerra formato da Carlo Cattaneo, Enrico Cernuschi, Giulio Terzaghi e Giorgio Clerici; ed erano stati nominati dei collaboratori municipali. Verso mezzogiorno fu catturato sulle barricate il maggior Ettinghausen in circostanze non chiare: alcuni ricordano che, preso prigioniero, finse di aver una proposta d’armistizio da sottoporre ai capi dell’insurrezione, altri affermano che egli fosse stato realmente mandato da Radetzky per offrire la possibilità di una tregua. Fatto sta che, dopo esser stato bendato, portato a casa Taverna, dapprima discusse l’armistizio solo col podestà. Casati si dichiarò favorevole a patto che venissero accettate delle condizioni, tuttavia preferì consultarsi con gli capi. Entrarono quindi Cattaneo, Torelli, Borromeo, Correnti, Bonfadini e altri, che non riuscivano a mettersi d’accordo sull’opportunità di accettare o meno, quando giunse la notizia dell’eccidio compiuto da soldati tedeschi nella chiesa di San Bartolomeo; allora risolsero di non accettare e il podestà se ne dolse. Al maresciallo che chiedeva una risposta il conte Borromeo disse: ” I patrizi milanesi sono pronti a morire sotto le rovine dei loro palazzi”. Si racconta poi che il maresciallo, aspettando di essere bendato per venir condotto fuori dalla città, poiché fu lasciato libero di vedere come combattessero i milanesi, rispose: “Addio brava e valorosa gente“. Il popolo bisogna dire che fu felicissimo del rifiuto: ormai non sarebbe più stato possibile allontanarlo dalle barricate. Più tardi il Municipio assunse di fatto il governo della città. Quello stesso giorno Radetzky inviò una lettera ai consoli stranieri dicendo che se volevano fare qualcosa per i ribelli potevano assumersi il compito di mediatori in favore di una tregua di tre giorni; i consoli l’avrebbero proposta il 21 marzo. Era stata rifiutata così una prima tregua ma ne sarebbe stata rifiutata un’altra il giorno dopo?
# La quarta giornata: 21 marzo
La situazione volgeva al peggio per gli austriaci che erano stati scacciati al di fuori della cerchia dei navigli tranne che per alcuni capisaldi, fra i quali il Palazzo del Genio. Contro di questi si diresse l’azione degli insorti. Intanto nel mattino, in casa Taverna, ci fu un tentativo prima privato da parte del barone Hubner in favore di un’interruzione dello scontro armato; in seguito i consoli in qualità di mediatori presentarono la proposta di tre giorni di tregua a condizioni, però, che parvero svantaggiose per i milanesi. Ebbene, entrambe le offerte furono rifiutate dopo aver sentito non solo il parere dei capi della rivolta ma anche dei combattenti, decisamente contrari. A mezzogiorno, a portare buone notizie fu invece il conte Martini che, inviato dal re Carlo Alberto per chiedere aiuto, riferì del sicuro intervento del re, a patto però che si fosse dichiarato il Governo Provvisorio. Dopo molte incertezze si accettò questa soluzione e insieme al Governo Provvisorio, di cui fu nominato presidente Casati e segretario Correnti, si istituirono: il Comitato di Vigilanza, il Comitato di Finanza, il Comitato di Sussistenza, il Comitato di Difesa e la Guardia Civica, il cui comando fu affidato a Pompeo Litta.
I membri del Governo erano: Luigi Anelli, Antonio Beretta, Vitalino Borromeo, Azzo Carbonera, Gabrio Casati, Cesare Correnti, Antonio Dossi, Giuseppe Durini, Giulini della Porta, Annibale Grasselli, Marco Greppi, Anselmo Guerrieri, Pompeo Litta, Pietro Moroni, Alessandro Porro, Francesco Rezzonico, Gaetano Strigelli e Girolamo Turroni.
Tornando a seguire i fatti che avvenivano nel resto della città, ritroviamo gli insorti vincitori. L’assalto al Palazzo del Genio infatti, se pur con gravi perdite, morì anche Augusto Anfossi, portò alla cattura di 160 soldati tedeschi. Parte del merito va però a Pasquale Sottocorno, che, senza curarsi delle fucilate, zoppicando (era storpio), uscì allo scoperto per andare a incendiare il palazzo. Si fece onore anche Luciano Manara che sostituì Anfossi. Più tardi la caserma di San Simpliciano, il collegio di San Luca e l’ufficio di polizia a San Simone passarono nelle mani dei cittadini; e mentre Radetzky, ormai a corto di viveri, meditava la ritirata, si intensificavano i lanci di palloni aerostatici per informare le campagne e spingerle alla rivolta. Il feldmaresciallo si vedeva infatti costretto a preparare un piano per la ritirata; aveva deciso di abbandonare la città uscendo da Porta Romana, ma per far ciò era necessario, in primo luogo, abbattere gli edifici intorno alla Porta perché non vi si annidassero i milanesi, pronti ad ostacolarlo; e in seguito, tenere le Porte sud-orientali, in particolare Porta Tosa, per coprirsi la ritirata. Tuttavia Porta Tosa fu scelta anche dai ribelli come punto da forzare per poter comunicare con le campagne, e sia il feldmaresciallo che gli insorti avevano stabilito di agire il giorno successivo.
# L’ultima giornata: 22 marzo
L’assalto a Porta Tosa fu durissimo e si protrasse per tutta la giornata, poiché ribelli e austriaci avevano schierato tutte le forze disponibili. A un certo punto sembrò perfino che gli insorti stessero per cedere, ma l’impeto e il coraggio di Manara rianimarono il combattimento. Egli riuscì infatti a dare fuoco alla Porta, da cui poterono entrare i contadini, anche se, dopo poche ore, le truppe tedesche se ne impadronirono di nuovo, tenendola fino a che non fosse completata l’uscita dell’esercito dalla città, il che avvenne verso mezzanotte. Durante il giorno invece, mentre parte delle truppe difendeva Porta Tosa, l’artiglieria attaccava dal Castello con un bombardamento durato sei ore, così che i milanesi vennero effettivamente impegnati su due fronti. Con l’aiuto dei contadini che a poco a poco riuscivano a entrare, si impadronirono però dapprima di Porta Comasina, poi seguirono Porta Nuova, Porta Orientale, e infine, quando gli austriaci si furono ritirati, a mezzanotte circa, come si è già detto, presero Porta Tosa e Porta Romana. All’alba i cittadini poterono constatare che il nemico aveva abbandonato Milano e la città era finalmente libera.
Per ricordare la vittoria di Porta Tosa in seguito fu ribattezzata la porta stessa, Porta Vittoria per l’appunto, e si indisse un concorso per il progetto del monumento celebrativo ai caduti che sarebbe sorto in luogo della porta. Tale concorso fu vinto da Giuseppe Grandi, a cui si deve l’obelisco, tuttora esistente, che simboleggia lo sforzo di un popolo per la libertà. Per celebrare i combattenti però non si fece solo questo: se ci si sofferma sulla toponomastica delle vie intorno, si possono ritrovare tutti i nomi dei valorosi patrioti che presero parte alla cacciata dello straniero. Sembra strano quanto un avvenimento accaduto oltre 160 anni fa in realtà sia presente, anche se apparentemente lontano dalle nostre coscienze.
Link e fonte: www.liceoberchet.it
MILANO CITTA’ STATO
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“Mille motivi! È una bellissima città. È la vera unica città davvero internazionale in Italia. Chiede molto ma allo stesso tempo offre molte opportunità, per chi ha la voglia e la determinazione di impegnarsi nel proprio lavoro e di mettersi in gioco” – Ale Casile
In un’epoca di riscoperta della propria identità c’è chi non teme l’internazionalità. Per tutti quelli il luogo dove vivere non può che essere Milano, l’unica metropoli italiana con un respiro internazionale.
#2 Una sanità migliore
Credits Andrea Cherchi – Ospedale Galeazzi
“Milano e sempre Milano offre più sevizi anche la sanità migliore del sud.” – Sara Marano.
In un’epoca in cui tutti si sentono sempre più insicuri, conviene vivere in una città dove se hai qualche problema di salute trovi subito, o quasi, chi si prende cura di te.
#3 Per studio e lavoro
Foto redazione – Università Bocconi
“Opportunità lavorative e di studio e perché nonostante tutto non crolla mai!” – Elena Zanetti. Milano è anche dané e opportunità di studio. Un mito incrollabile.
#4 Per l’offerta culturale, di eventi e di attività per il tempo libero
La musica vive qui – Credits: Milano Music Week
“Anche da pensionata si sta benissimo! Ci sono mille cose da fare ogni giorno.” – Emilie Marenghi
“Esserci nata a Milano è bellissimo, offre tante cose ma soprattutto ci sono molte cose da fare e non è una città monotona offre tante iniziative per tutti!!!” – Luisa Perna
“Milano è l’unica metropoli in Italia ed offre tantissime possibilità in tutti i campi: lavorativo, culturale e del tempo libero. Io sono arrivata nel 1986 e non mi sono pentita. Però l’alterno con la Liguria soprattutto ora che non lavoro più” – Maniga Marina
#5 Ha servizi per tutte le tasche
Credits novikova_na_talia IG – Coda Luini
“Milano mi ha accolto 14 anni fa. È una città che offre lavoro e qualsiasi tipo di servizio, soprattutto per tutte le tasche. Non la cambierei con nessun’altra città italiana.” – Nicolò Acquadro
#6 Il meglio dello stile italiano
pexels- Andrea Piacquadio
“Lo stile italiano in moda e design.” – Maria Rönnqvist
Questo conquista soprattutto chi viene dall’estero.
#7 “Milan col coeur in man”
panequotidianoonlus IG
“I milanesi sono super, gente di cuore” – Beatrice Antoniotti
Milano è soprattutto una comunità. Come capita forse solo nei piccoli borghi.
#7+1 Ha i vantaggi della metropoli e del piccolo paese
Credits Andrea Cherchi – Milano vista dall’alto
“È una specie di via di mezzo tra una metropoli e una cittadina di provincia, con, non dico tutti, ma molti dei vantaggi di entrambe” – Daniele Gabrieli
Una metropoli a misura d’uomo. Forse la caratteristica che la rende davvero unica.
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Vi siete mai chiesti come mai la stazione M2 di Garibaldi è predisposta per avere ben 4 binari? Perché era al centro di un progetto ambizioso per Milano. Quello delle «linee celeri».
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Le 3 «linee celeri»: il progetto per collegare Milano con Seregno, Garbagnate e Bergamo
# Quando Garibaldi doveva essere il capolinea delle linee celeri
Vi siete mai chiesti come mai la stazione M2 di Garibaldi è predisposta per avere ben 4 binari? Certo oggi ce ne sono solamente 3 ed uno viene utilizzato per mettere in comunicazione la linea M5 con i depositi di M2. Porta Garibaldi non è l’unica dotata di più binari del necessario: i binari sono ancora completamente presenti a Cascina Gobba dove vengono utilizzati dai mezzi della M2, mentre a Gorgonzola sono stati rimossi. Per capire come mai sono presenti questi binari dobbiamo fare un viaggio nel passato per scoprire anche cosa sarà del futuro.
La stazione M2 di Garibaldi sarebbe stata molto ma molto più importante di quanto lo è oggi, infatti sarebbe stato il capolinea delle “linee celeri” della Brianza che si sarebbero poi collegate con le linee celeri dell’Adda tramite la M2, ma una cosa per volta.
# Il progetto di collegare Milano a Bergamo con una linea celere
Le linee celeri erano un progetto di ATM della fine degli anni ’50, un sistema visionario, che avrebbe permesso di costruire 85 km di metrotranvie che avrebbero collegato il capoluogo meneghino alla Brianza e al bergamasco.
Solamente parte di una linea celere dell’Adda venne realizzata: quella tra Milano e Gorgonzola, che si sovrapponeva in parte al percorso della Linea M2, motivo per il quale nella stazione di Cascina Gobba sono ancora presenti 4 binari. Dopo Gorgonzola la linea sarebbe dovuta proseguire seguendo l’attuale tracciato della M2 fino a Gessate e da lì sarebbe arrivata a Bergamo, un’infrastruttura utopistica per l’epoca, che risulterebbe straordinaria se portata a termine oggi.
# Il “sogno” verde di Vimercate
La seconda linea celere dell’Adda avrebbe ricalcato quello che è l’attuale sbinariamento delle linea verde, raggiungendo prima Cologno Monzese e poi Vimercate, ricalcando il percorso della tranvia Milano-Vimercate. La M2 ha raggiunto Cologno negli anni ’80 e a 40 anni dagli ultimi prolungamento brianzolo, si pensa che la linea verde possa raggiungere Vimercate, andando così a completare la prima linea celere dell’Adda con 70 anni dopo la sua prima ideazione.
# In centro un’occasione persa
A Porta Garibaldi i binari extra sono stati pensati per ben tre linee che avrebbero connesso la Brianza ad una delle più importanti stazioni di Milano. In questo caso furono realizzate delle tranvie e oggi si lavora per lo sviluppo di servizi di metrotranvie.
#1 Da Garibaldi a Garbagnate.
La linea celere per Milano avrebbe percorso un tratto unico tra il capolinea di Garibaldi e la stazione di Affori, intercettando quelle che oggi sarebbero le stazioni di Maciachini e Dergano, sovrapponendo in parte il percorso con quello dell’attuale M3. Dopo lo sbinariamento ad Affori la metro via sarebbe proseguita ad ovest ricalcando il percorso della Milano-Limbiate, oggi in rifacimento completo, raggiungendo poi Mombello. Nei pressi di Cassina Amata ci sarebbe stata una diramazione verso Garbagnate.
#2 Da Affori a Seregno.
Da Affori, proseguendo verso est si sarebbe diretta verso il comune di Bresso, per poi arrivare sino alla stazione ferroviaria di Seregno, già molto importante all’epoca. Il percorso è stato realizzato in parte attraverso la tranvia extraurbana Milano-Desio, che ora verrà resa metrotranvia e raggiungerà la stazione di Seregno
Il progetto originale in qualche modo è quasi completato, anche se il collegamento tra metrotranvia e M2 presso la stazione di Garibaldi non è possibile, un buon interscambio dovrebbe comunque esserci. Infatti a ovest già a Comasina è possibile cambiare con M3, mentre a est ci sarà il collegamento con M5 a Bignami, o nel caso di prolungamento della linea a Bresso.
# Da Milano a Bergamo: le possibili fermate
Il progetto più ambizioso potrebbe essere quello di riuscire a portare la M2 fino a Bergamo. Qualcuno ha lanciato l’idea di creare un’infrastruttura metropolitana per la città di Bergamo che avrebbe la sua ultima fermata a Osio Sotto. Il prolungamento di M2 tra Gessate e Osio Sotto sarebbe in superficie con una lunghezza di circa 15 km, ipotizzando le fermate nei comuni di:
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Milano cambia volto ogni giorno, tra quartieri che si trasformano e una popolazione sempre variegata. Mentre la città invecchia, le nuove generazioni continuano ad arrivare, scopriamo cosa raccontano i dati dell’anagrafe.
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Qual è l’età media dei milanesi? Il nuovo quartiere più giovane della città
# Una città che cambia: i dati dell’anagrafe
Credits: genteinmovimento.com
Milano, con i suoi 1,4 milioni di abitanti registrati nel 2024, è in continua trasformazione. Secondo i dati diffusi dal sindaco Beppe Sala, la città mantiene un elevato livello di ricambio demografico: negli ultimi dieci anni, il 26% dei residenti è cambiato. Uno su quattro.
Altro aspetto rilevante è la composizione della popolazione per genere: il 51,3% dei residenti è donna, e la percentuale cresce con l’aumentare dell’età. Inoltre, il 21,3% della popolazione milanese non ha la cittadinanza italiana: la comunità straniera guidata dagli egiziani, seguiti da filippini, cinesi, bengalesi, rumeni e peruviani. Questo dato conferma Milano come una metropoli internazionale e multiculturale, dove le diverse comunità contribuiscono alla vivacità sociale ed economica della città. La presenza di una popolazione così variegata si riflette anche nella diffusione di negozi etnici, ristoranti internazionali tipici della città.
Tra i dati più significativi dell’anagrafe 2024 emerge il sorpasso di Dergano su San Siro come quartiere più giovane della città. Per anni, San Siro ha detenuto il primato, soprattutto grazie all’alta concentrazione di giovani nelle case popolari Aler, dove ben tre abitanti su dieci hanno meno di 19 anni e oltre il 57% ha origini straniere. Tuttavia, nel 2024 Dergano si è distinta per un ricambio generazionale ancora più marcato, diventando il punto di riferimento per le nuove famiglie e i giovani che si trasferiscono in città.
Dergano ha vissuto una fase di rigenerazione urbana che ha portato alla nascita di nuove attività commerciali, spazi di coworking e aree verdi attrezzate, rendendolo più attrattivo per le nuove generazioni, anche se mancano ancora veri e propri luoghi di ritrovo serale.
La sua vicinanza alla metropolitana, all’università e ai poli di innovazione, come il Campus Bovisa del Politecnico, ha contribuito a renderla una zona strategica. La crescente presenza di studenti e professionisti ha anche stimolato il mercato immobiliare della zona, portando a un aumento del costo degli affitti e della richiesta di alloggi.
# L’età media del milanese: 46 anni
Credits: sannicandro.org
Anche Milano non sfugge alla tendenza nazionale del calo demografico: nel 2024 sono nati solo 8.795 bambini, l’età media dei milanesi è di 46 anni e in città abitano ben 487 ultracentenari. Questo fenomeno, unito all’aumento dell’età media, pone interrogativi sul futuro della città in termini di servizi, politiche sociali e sostenibilità del sistema pensionistico.
L’invecchiamento della popolazione richiede infatti un potenziamento dei servizi sanitari e assistenziali, oltre a un ripensamento degli spazi urbani per rispondere alle esigenze di una popolazione sempre più anziana.
Nonostante il declino delle nascite, Milano continua ad attrarre nuovi residenti, spesso giovani professionisti e studenti, contribuendo al ricambio demografico. Tuttavia, il costo della vita sempre più elevato e il mercato immobiliare competitivo rappresentano sfide significative per chi desidera stabilirsi in città.Il prezzo medio degli affitti ha registrato un incremento del 10% negli ultimi tre anni, rendendo sempre più difficile per le fasce più giovani trovare soluzioni abitative accessibili.
# Milano tra attrazione e trasformazione
Credits: expedia.it
Nonostante il caro-affitti e il diffondersi dello smart working, Milano mantiene un saldo migratorio positivo. Il tasso di iscrizione all’anagrafe è del 3,4%, mentre quello delle cancellazioni è del 2,6%. Ma negli ultimi cinque anni le cancellazioni sono aumentate del 18,5%, segnale che il costo della vita potrebbe spingere sempre più persone verso l’hinterland.
Parallelamente, la città sta subendo cambiamenti anche a livello economico e commerciale. Secondo la Camera di Commercio, negli ultimi due anni il 20% delle edicole ha cambiato proprietario e numerosi negozi storici hanno chiuso, lasciando spazio a catene internazionali.
I dati dell’anagrafe milanese raccontano una città che cambia volto: più anziana, ma paradossalmente attrattiva per i giovani, più cara, ma ancora capace di attirare le nuove generazioni.
Mentre con il progetto H2iseO si punta a dar vita alla prima Hydrogen Valley italiana, per fornire energia ai treni della Brescia-Iseo-Edolo e ai bus della Valcamonica, Malpensa potrebbe essere il primo aeroporto italiano a idrogeno. Questo il progetto allo studio e la sfida ancora più ambiziosa all’orizzonte.
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Malpensa sarà il primo aeroporto a idrogeno?
# Dall’idea alla realtà: Malpensa punta sull’idrogeno
Credits deliluna IG – Malpensa
Oggi è solo un progetto sulla carta, ma l’obiettivo è ambizioso: trasformare Malpensa in un punto di riferimento per la mobilità sostenibile, dimostrando che l’idrogeno può essere la chiave per decarbonizzare trasporti e logistica. Alla base c’è TH2ICINO, un’iniziativa europea finanziata da Horizon Europe, che coinvolge un consorzio di nove partner internazionali tra cui RINA Consulting, SEA Aeroporti di Milano, il Comune di Busto Arsizio e Confindustria Varese. Un primo passo concreto è stato fatto l’11 marzo 2025, quando ai Molini Marzoli di Busto Arsizio si è tenuto un incontro per discutere lo stato dell’arte del progetto. Tra gli ospiti, Luca Folegani, vicesindaco di Busto Arsizio, e Luca Donelli, vicepresidente di Confindustria Varese, insieme a esperti del settore industriale e scientifico. A guidare il confronto, Bruno Sodiro di RINA Consulting, che ha tracciato la rotta per il futuro dell’idrogeno in Lombardia.
# L’idrogeno come leva per la decarbonizzazione e la competitività
Credits: fortuneita.com
Il cuore del progetto è la combinazione tra produzione locale di idrogeno e utilizzo diretto nei trasporti e nell’industria, con effetti tangibili sull’ambiente. Il solo impianto da 5 MW previsto nell’area di Malpensa potrebbe tagliare le emissioni di oltre 4.400 tonnellate di CO₂ all’anno. Questa risorsa sarebbe in grado di trasformare settori altamente energivori come cemento, vetro e ceramica. Ma c’è di più: l’idrogeno non è solo un’alternativa ecologica, è anche un’opportunità economica. Investire ora significa accedere a fondi europei, incentivi e nuovi mercati. «L’idrogeno è un investimento nel futuro: non possiamo permetterci di aspettare», ha dichiarato Sodiro.
# Malpensa diventerà il primo aeroporto italiano a idrogeno?
Chatgpt AI – Malpensa hub dell’idrogeno
L’obiettivo è far entrare Malpensa nella mappa delle Hydrogen Valleys europee, trasformandola in un hub strategico per la mobilità e l’industria del futuro. Se il piano dovesse andare in porto, Malpensa potrebbe diventare il primo aeroporto italiano a idrogeno. Autobus, mezzi di terra, dai bus navetta ai mezzi logistici, e perfino treni saranno alimentati da questa energia pulita, segnando l’inizio di una rivoluzione sostenibile. Una rete di stazioni di rifornimento dedicate garantirebbe autonomia e operatività.
Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti, anche perchè la vera sfida è creare un ecosistema dell’idrogeno replicabile in altre regioni d’Italia ed Europa, contribuendo alla nascita di una vera rete di Hydrogen Valleys.
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Il Vescovo proprio non lo voleva fare. Lui era governatore di Milano e si era semplicemente offerto di mettere pace
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Sant’Ambrogio non voleva diventare vescovo: dalla sua fuga mancata nacque Corbetta
Lui era governatore di Milano e si era semplicemente offerto in una giornata d’inverno del 374 di mettere pace tra le due fazioni in cui era spaccata la Chiesa di Milano: quella ariana e quella ortodossa.
Gli ariani volevano un loro rappresentante alla carica religiosa più importante della città, gli ortodossi ne volevano uno loro. Ambrogio prese la parola tenendo un discorso sull’imparzialità che meravigliò i milanesi. Tanto che al termine si alzò forte il coro: “Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!“.
Prima alcuni, poi la folla, a cui si unirono anche i rappresentanti di entrambe le fazioni. Tutti d’accordo che fosse lui la persona giusta per unire la Chiesa. Tutti d’accordo tranne lui che proprio non ne voleva sapere. Lui era un politico non un religioso. E poi aveva ricevuto condanne, aveva delle amanti, aveva altro da pensare che prendere l’abito talare. Provò a convincere i milanesi ma niente, quelli erano irremovibili. Milano voleva lui.
Ambrogio aspettò la notte e poi cercò di fuggire su Betta, la sua mula, in direzione Pavia. Ma benché conoscesse bene la strada, Ambrogio si perse più volte, ritrovandosi per incanto sempre a Milano. All’alba era ancora davanti a Porta Romana e alcuni milanesi riconoscendolo lo riportarono in città. Nel luogo dove Ambrogio si era fermato, stanco e pensieroso, sorse poi un convento per ricordare il suo tentativo di fuga.
Ma Ambrogio non si perse d’animo: andò da un maniscalco e fece ferrare la sua mula al contrario in modo che gli eventuali inseguitori avrebbero cercato in direzione opposta alla sua. Al calar della sera questa volta scelse di andare a ovest, in direzione Magenta. Una strada che conosceva bene, senza boschi in cui perdersi.
Ma sulla strada per Abbiategrasso a un certo punto la sua mula si arrestò. “Corr Betta, Corr Betta!” la incitava il futuro santo patrono di Milano ma lei non ci voleva sentire e rimase immobile. Le grida di Ambrogio furono udite dagli inseguitori che in breve tempo lo raggiunsero, riportandolo in città.
Da questo episodio prese il nome la località in cui la mula si fermò consegnando Ambrogio ai milanesi e alla storia: Corbetta.
Fonte: Milano segreta, Francesca Belotti – Gianluca Margheriti, Newton Compton Editori
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Leggo con estremo interesse gli aggiornamenti circa il progetto metropolitana a Monza, purtroppo devo constatare che quello che giustamente avrebbe già dovuto essere realizzato già 50 anni fa è ancora in alto mare. Non solo: la tratta avrebbe dovuto essere prolungata almeno fino a Carate, data la maggior concentrazione di abitanti a nord di Milano. Facendo passare la metro sotto la Valassina ad es. avremmo di molto ridotto traffico e inquinamento. Devo constatare con grande amarezza e sconcerto che non c’è la minima volontà di realizzare quest’opera che avrebbe portato progresso e benefici. Chi ha voluto ostacolare intenzionalmente tutto questo? Per la pedemontana, che non interessa a nessuno, i soldi si sono trovati. Questa che invece sarebbe l’opera più importante di tutti gli altri progetti comprese tutte le altre diramazioni della mm viene accantonata…
Grazie
Ps. Tra l’altro penso che il terreno sottostante la Valassina si presti per essere scavato. Si dovrebbe procedere da Fulvio Testi e venire verso nord. Ma Monza non deve essere il capolinea: si deve proseguire! Altrimenti resta un lavoro fatto a metà.
CARLO BUSNELLI
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Consegnare la posta in Brianza con la metro. Il mio sogno.
IL POSTINO
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Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).
Qui la prima parte:
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Dopo la bocciatura da parte del MIT all’inizio del 2024, Palazzo Marino ha rivisto le regole e nei prossimi mesi prevede l’attivazione del prima grande ZTL fuori dal centro, abbinata ad un servizio sperimentale di gestione dei parcheggi. Dove si trova, come funziona e in quali orari entra in vigore.
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Anche la periferia avrà la sua ZTL: sarà qui
# ZTL anche a San Siro: la bocciatura del Governo alla proposta del Comune di accesso tramite autocertificazione online
Credits Andrea Cherchi – Stadio Meazza
Telecamere predisposte da tempo ma mai entrate in funzione, anche per la scelta di Palazzo Marino di utilizzare un modo alternativo per accedere alla ZTL di San Siro. Gli uffici del comune avevano immaginato di legare la gestione degli ingressi alla sosta regolare, autorizzando l’accesso dei non residenti diretti al concerto o alla partita tramite un’autodichiarazione da rilasciare con un’app. Nel caso la vettura fosse stata trovata in divieto di sosta sarebbe stata sanzionata sia per questo motivo che per l’ingresso vietato nella ZTL. A gennaio 2024 il Ministero dei Trasporti ha però bocciato la proposta, anche perchè avrebbe previsto un controllo diretto da parte delle forze dell’ordine e quindi un effetto deterrente limitato.
# Il dietrofront di Palazzo Marino: obbligo di prenotazione del parcheggio e accesso consentito solo alle targhe registrate nel sistema
Credits: https://blog.urbanfile.org/
Il Comune di Milano è stato quindi costretto a fare marcia indietro e istituire il classico sistema di controllo, introducendo una sperimentazione sulla gestione dei parcheggi fino al 31 dicembre 2026. Fino a tale data gli automobilisti che vorranno accedere alla ZTL e parcheggiare nei 4.200 posti auto a pagamento sulle strisce blu, in occasione di eventi al Meazza o alla Maura, potranno farlo solo a seguito di prenotazione, con le targhe registrate inserite in una white list. I residenti avranno accesso libero all’area, così come domiciliati e veicoli di servizio, e a disposizione 2.300 posteggi riservati ma, sempre durante il periodo di sperimentazione, non avranno diritto alla sosta gratuita negli spazi a pagamento quando le telecamere sono attive. Lo stesso vale per chi è in possesso di veicoli elettrici e ibridi, oltre che per i titolari di abbonamenti ordinari o agevolati.
# Quanto è grande, come funziona e quando è attiva
Ztl a San Siro
La sperimentazione parte dal mese di settembre 2025 e l’entrata in vigore delle restrizioni avviene in caso di eventi con oltre 30mila spettatori, da tre ore prima dell’inizio della manifestazione fino a mezz’ora dopo. Il controllo del rispetto delle regole è effettato da 28 telecamere lungo il perimetro della ZTL, che si sviluppa su un’area di dimensioni enormi: tra via Pinerolo e viale Renato Serra sull’asse Ovest-Est, e tra via Benedetto Croce e la stazione della metropolitana Uruguay fino al triangolo di via Novara-via Paravia sull’asse Nord-Sud. La più grande ZTL per estensione temporanea tra quelle istituite in città.
Per la prima volta una zona di limitazione del traffico arriva in periferia, per tutelare i residenti che da tempo si lamentano del parcheggio selvaggio in occasione di partite e concerti.
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Questa volta me la sono vista brutta. Su un monte dei Giganti a Karpacz, Polonia. In mezzo a una bufera di neve con la pelle tagliata dal vento. Sì, perché indossavo solamente scarpe, berretto, guanti e pantaloncini corti. Nient’altro. Dopo oltre tre ore di trekking insieme ad altri compagni di viaggio in queste condizioni. Come mi sono cacciato in questa situazione? Mi è tornato in mente quando tutto ha avuto origine.
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Un milanese nella tormenta di neve in Polonia solo in pantaloncini
# Mi sono regalato Wim Hof
Wim Hof
Tutto ha avuto inizio lo scorso 3 febbraio. Il giorno del mio compleanno. Mi è apparsa su Instagram la pubblicità della Winter Expedition di Wim Hof, in programma in Polonia dal 9 al 15 marzo. Forse era un segno del destino e come regalo di compleanno mi sono iscritto per partecipare. Ma chi è Wim Hof?
Soprannominato The Iceman, l’uomo del ghiaccio, Wim Hof è un olandese di 65 anni, diventato famoso nel mondo per aver battuto diversi record in condizioni estreme, come il nuoto sotto il ghiaccio o la mezza maratona a piedi nudi e con i soli pantaloncini su ghiaccio e neve. Ha trasformato questi suoi record in una tecnica, che ha definito “Metodo Wim Hof” (WHM): una combinazione di meditazione, tecniche di respirazione ed esposizione al freddo. Negli ultimi anni, Wim Hof è diventato una superstar a livello mondiale, anche se ancora poco noto in Italia. Nella Winter Expedition, infatti, tra i circa 400 partecipanti, oltre a me solo un altro vive in Italia: Renato da Salerno. Il resto della carovana era costituito da persone di oltre 70 paesi, di cui Stati Uniti e paesi del Centro Nord Europa la facevano da padrone.
# Si parte con la Winter Expedition: ice bath e cascatella
Cascatella
Sono arrivato che non conoscevo nessuno. Ma non era l’unica fonte di insicurezza. La maggiore era il programma. Sapevo che avremmo messo alla prova la nostra tenuta mentale e fisica in condizioni di freddo estremo. Ma ero curioso di apprendere le tecniche per affrontare queste situazioni. In particolare, il tipo di respirazione per ossigenare, o meglio “alcalinizzare”, l’organismo, e l’approccio mentale da acquisire per affrontare al meglio quelle prove.
Ice Bath
Il primo incontro con il freddo è stato con l’ice bath. Una piccola piscina con l’acqua ricoperta di ghiaccio. A parte lo shock iniziale, si è rivelato un test relativamente agevole anche grazie agli esercizi per scaldarci prima e dopo il bagno ghiacciato, con la combinazione di movimenti del corpo e una specifica tecnica di respirazione. Il secondo giorno è stata la volta dell’immersione nella pozza davanti a una cascatella di un torrente montano: siamo restati a mollo nell’acqua fresca per circa 5 minuti. Anche in questo caso non ci sono state grosse difficoltà, agevolati anche da una temperatura esterna insolitamente mite. Aggiungo poi che mi ero allenato per questa avventura con una doccia ghiacciata ogni mattina: una consuetudine quotidiana da circa tre anni che mi ha dato molti benefici psicofisici. Ma arriviamo al giorno della scalata in braghe corte.
# La “scalata” senza vestiti
Tutto sembrava quindi procedere al meglio. Tra incontri con l’acqua ghiacciata, sedute di meditazione e di respirazione di derivazione orientale, insieme alla conoscenza dei miei compagni di avventura in un contesto internazionale davvero stimolante: nel nostro gruppo si spaziava da Singapore al Messico passando per l’Arabia Saudita. Si arriva così al fatidico giovedì 13 marzo. Quello del trekking senza vestiti. Con solo scarpe, pantaloncini, berretto e guanti. Il giorno in cui la temperatura va in picchiata: dal tempo mite si passa sottozero. Non solo: da prima dell’alba inizia a nevicare con fiocchi copiosi che sarebbero caduti senza sosta fino al giorno seguente. Un tempo perfetto per una “scalata” senza vestiti addosso, insomma. Usciti dall’hotel vengo già travolto dal freddo e mi chiedo come avrei potuto sopportare a lungo quella temperatura che, prevedibilmente, sarebbe scesa progressivamente salendo sopra la montagna. Pochi pensieri e pochi metri e già il corpo sembra aver recepito il senso di quell’avventura: a sorpresa non sento nessun tipo di disagio a camminare con la gran parte della pelle esposta sotto la neve. E questa sensazione ovattata prosegue per tutta la salita in mezzo al bosco: anzi, avverto quasi piacere durante la lunga camminata. Dopo quasi tre ore inizio ad avvertire solo i primi brividi quando le cose peggiorano bruscamente: succede quando lasciamo il bosco per approdare sulla vetta del monte.
In realtà la sommità è pianeggiante, un lungo rettilineo che, dicono le nostre guide, ci avrebbe condotto alla destinazione finale: “la casa gialla”, un rifugio dove finalmente avremmo potuto rifocillarci (finalmente indossando i vestiti da montagna). Proprio sulla cima le condizioni cambiano. Fiocca con più intensità. Ma la variabile che avrebbe reso quell’ultimo tratto quasi insopportabile è il più grande nemico per chi si avventura d’inverno in montagna senza vestiti: il vento. Si è alzato un vento che sembra di essere sull’Everest. Folate che ci fanno vacillare sui ramponi. Poco prima scherzavamo e sorridevamo, ora siamo tutti in silenzio, concentrati sui piedi che avanzano a fatica nella neve, cercando di coprirci tra di noi come fanno i pinguini sulle coste dell’Antartide. Non solo neve e vento: anche la vista ora è annebbiata dalle nuvole. Mi accorgo che è iniziata la vera sfida. Quella con i pensieri. Quelli che spostano la concentrazione interpretando in modo drammatico quello che trasmette il corpo e quello che appare agli occhi: visi contriti dal freddo e dalla preoccupazione. E, soprattutto, la vista della pelle del corpo rossa e, in alcuni casi, ormai tendente al blu. Ma proprio quando i primi segni di angoscia si affacciano nella mente appare lei, la “casa gialla” che trasforma ogni brivido in un’esplosione di gioia. Poi succede un fatto curioso: solo dopo essere entrati ed esserci coperti di tutto quello che serve in montagna per proteggersi dal gelo, una volta che siamo al caldo iniziamo tutti a tremare come foglie al vento. Tremo così tanto da non riuscire a tenere in mano un bicchiere di tè caldo. E penso meravigliato come sia stata una fortuna che quel tremore ci avesse assaliti solo quando eravamo al sicuro nel rifugio e non durante la camminata. Ma qual è il senso di tutto questo? Perché mi sono ritrovato in una situazione simile che fino qui potrebbe sembrare una pagliacciata autolesionista senza senso?
# Perchè il ghiaccio?
Arrivo alla casa gialla
Il metodo Wim Hof si fonda su tre elementi fondamentali: l’approccio mentale, una tecnica di respirazione e il contatto del corpo con il freddo. Partiamo da quest’ultimo. Il freddo è un banco di prova per la vita di tutti i giorni: una specie di metafora delle avversità che ci arrivano dall’ambiente esterno. Il contatto con il freddo rappresenta un modo per allenarci volontariamente a interagire con un ambiente ostile che ci causa stress o disagio. Quando si affronta l’ice bath, il bagno o la doccia ghiacciata, ci imbattiamo in un tipo di stress simile a quello che ci capita in infinite situazioni della vita quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni, ovunque. Solo che in questo caso si tratta di uno stress che affrontiamo in modo volontario, quasi che il ghiaccio fosse una palestra dove ci alleniamo per ogni tipo di avversità. E in questo allenamento scopriamo sulla nostra pelle che cosa si rivela più utile per ridurre lo stress nelle situazioni difficili. Innanzitutto la respirazione che porta il corpo in uno stato ottimale per rispondere a uno stimolo sgradevole. Poi c’è il ruolo fondamentale della mente: invece di reagire combattendo contro la causa dello stress, quando siamo a contatto con il freddo intenso ci accorgiamo che opporsi non è una strategia vincente, anche perché contro il ghiaccio non c’è partita. Se proviamo a combatterlo vincerà sempre lui. Così siamo indotti a trasformare il nemico, in questo caso il freddo, in un alleato: si scopre in modo quasi naturale che la scelta ottimale in un ambiente ostile è quella di accogliere le avversità, facendo squadra con queste, usando l’energia che ci trasmettono nel corpo per rinforzare noi stessi e, a quel punto, rispondere al meglio.
# Il “consiglio” di Hof
Wim Hof con parmigiano DOC
Tutto questo processo produce anche benefici fisici per l’organismo, come peraltro succede in palestra o in altre forme di allenamento. In questo caso, l’utilizzo di tecniche di respirazione insieme al contatto con il ghiaccio producono una maggiore alcalinizzazione nell’organismo attraverso un maggiore apporto di ossigeno e questo comporta una riduzione dell’infiammazione, un potenziamento delle difese naturali e una serie di altri benefici fisici, oltre a irrobustire il nostro carattere e renderci più resistenti allo stress. Ma non solo questo. Nella Winter Expedition è capitato di toccare quasi con mano l’immenso potere che abbiamo dentro di noi e che riusciamo a cogliere in particolare quando ci spingiamo oltre quelli che riteniamo i nostri limiti. E quando questo succede si entra in una dimensione dove si vive una fusione tra realtà interiore ed esteriore, tra anima e universo, tra forza e amore. Una dimensione che si può ritrovare nudi nella neve in prossimità di una casa gialla sul Monte dei Giganti, ma anche in ogni momento della vita di tutti i giorni. Se si dovesse ricevere un solo consiglio da Wim Hof per la vita di tutti i giorni, quale sarebbe? Glielo abbiamo chiesto. «Breath more than you need», respirate più di quello di cui sentite il bisogno, è stata la sua risposta. Semplice come un signore olandese di 65 anni che vive in maglietta e pantaloncini corti.
E che consiglio mi sento di dare a chi fosse curioso di approfondire questa tecnica? Potrei solo dire quello che ho fatto io. Dopo aver letto il libro di Hof (qui il link), ho deciso di testare su me stesso il suo metodo per un periodo di 40 giorni (con il vantaggio che sono tutte cose gratis). E, a quel punto, in base agli effetti riscontrati, decidere liberamente se proseguire o abbandonare. Perché, come diceva Protagora, ognuno di noi è l’unica misura di ogni cosa.
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Avanzano i cantieri per dare vita ad una connessione ciclopedonale unica e lineare da Milano alla Svizzera. Questi i tratti in realizzazione e cosa manca per completare il percorso.
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Si sta costruendo una superciclabile da Milano alla Svizzera
# In corso i cantieri per la realizzazione della pista ciclopedonale della Valle Olona
Ciclopedonale della Valle Olona
Come riportato dal sito della provincia di Varese, stanno proseguendo i lavori per la realizzazione della pista ciclopedonale della Valle Olona. Il progetto è frutto della sinergia dei due progetti MOVE ON e TI CICLO VIA, finanziati da Fondazione Cariplo, da Regione Lombardia e dal Programma Interreg Italia – Svizzera 2014-2020, e con un cofinanziamento di Provincia di Varese e dei Comuni attraversati dalla ciclopedonale. Hanno collaborato alla progettazione anche gli Enti territoriali confinanti, Canton Ticino e Città Metropolitana di Milano, per garantire il raccordo con i percorsi ciclopedonali extraprovinciali.
# Entro ottobre 2025 è previsto il completamento delle ultime due tratte per un totale di 17 km
varesenews.it - Tratto ciclopedonale
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varesenews.it - Tratto Malnate-Castiglione
varesenews.it - Tratto Castellanza-Legnano
Il percorso infatti va da Gaggiolo verso la Svizzera ed Eurovelo 5, da Legnano verso Milano e la ciclovia nazionale Vento, quest’ultima già completata nel tratto milanese. Il completamento della ciclopedonale è atteso per la fine di ottobre 2025, quando dovrebbe concludersi i cantieri in due tratte: una nord tra la località Folla di Malnate a Castiglione Olona, un’altra da Castellanza a Legnano. In totale 17 km di tracciato. Per andare da Milano alla Svizzera mancherebbe ancora qualcosa.
Il presidente della provincia di Varese, Marco Magrini, spiega però che per consentire una connessione ciclopedonale unica e lineare da Milano alla Svizzera, manchino ancora i tratti del Corridoio regionale di competenza dell’Area metropolitana milanese e dei relativi comuni.
Linee Biciplan
Nello specifico c’è da portare a compimento il progetto Cambio, la rete ciclabile della Città Metropolitana di Milano, e in particolare la linea 15 diretta a Legnano, Gallarate e Busto Arsizio.
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17 marzo 2019. Viene inaugurata Seiryu Miharashi Eki, la stazione fantasma. Scopriamo il significato di questa stazione unica al mondo.
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17 marzo. Nasce la «stazione fantasma»: si scende dal treno e ci ritrova in mezzo al nulla
In Giappone, così come a Milano, il lavoro non è solo una necessità, ma una vera e propria ossessione. Il fenomeno dei karoshi— termine che indica i lavoratori spinti al suicidio o ridotti allo stremo dallo stress professionale— è il simbolo estremo di una cultura in cui la dedizione al lavoro supera ogni limite. Proprio per contrastare questa spirale di alienazione, è nata l’idea di costruire una stazione fantasma: un luogo che non porta da nessuna parte, se non fuori dalla frenesia quotidiana, offrendo un raro momento di pausa dal vortice del dovere.
# Seiryu Miharashi Eki: “la piattaforma di vista del fiume”
credit: ehabitat.it
Il 17 marzo 2019 è stata inaugurata la stazione di Seiryu Miharashi Eki, che significa letteralmente “piattaforma panoramica sul fiume”. Immersa tra la fitta vegetazione di una montagna e le acque che scorrono placide, questa stazione è un unicum: non conduce da nessuna parte. Non ci sono rampe, cancelli o sentieri che portino a un paese, né bar dove sorseggiare un caffè. Solo natura, silenzio e attesa. Qui, restare senza nulla da fare non è una scelta, ma un obbligo. L’unico modo per andarsene è aspettare il treno successivo e, nel frattempo, non resta che lasciarsi avvolgere dal paesaggio, dimenticando per un attimo il ritmo frenetico della vita quotidiana.
# Il simbolo di una silenziosa ribellione
credit: ehabitat.it
Seiryu Miharashi Eki è il simbolo di una silenziosa ribellione contro una cultura che è al tempo stesso il motore e il punto debole della società giapponese.
Qui, lo sguardo si perde nel verde intenso della montagna, mentre il suono dell’acqua che scorre libera la mente dai pensieri oppressivi. Ma l’alienazione del lavoro non è solo un problema giapponese: anche in Italia servirebbe un luogo in cui esista solo la bellezza della natura. Soprattutto per i milanesi.
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