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Da Milano a Orio in soli 50 minuti! Le immagini della futura stazione

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ecodibergamo - Stazione Orio

Da Milano all’aeroporto di Bergamo direttamente in treno? Un sogno per molti milanesi e non, ma che diventerà realtà. Tra i nuovi progetti di Ferrovie dello Stato c’è anche il tanto atteso collegamento ferroviario per Orio al Serio. Tutti i dettagli, i rendering della stazione dello scalo e quando è previsto il primo viaggio.

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Da Milano a Orio in soli 50 minuti! Le immagini della futura stazione

# Terzo scalo più movimentato d’Italia, ma scomodo da raggiungere da Milano

credits: @oriospottedgroup su IG

Manca solo Orio al Serio ad essere collegato tramite trasporto su rotaia, visto che gli altri due scali milanesi, Malpensa e Linate, sono connessi alla città rispettivamente con Malpensa Express e linea metropolitana M4. Il primo si raggiunge in 50 minuti da Cadorna e Centrale, il secondo in poco più di 10 dal centro di Milano. Le cose stanno però per cambiare per il Caravaggio di Bergamo, che nonostante sia il terzo scalo italiano per movimento di passeggeri, risulta scomodo per i milanesi.

# Un treno ogni mezz’ora: in 50 minuti da Milano all’aeroporto

credits: IG @hey_yo1126

Al momento ci sono solo i bus navetta, dalla Stazione Centrale, con un viaggio che può durare fino a 1 ora, traffico permettendo. La grande notizia è arrivata con il piano industriale 2022-2031 emanato dalle Ferrovie dello Stato: il collegamento ferroviario tra Milano e l’aeroporto di Orio al Serio con un treno ogni mezz’ora a collegare il capoluogo con il “suo” aeroporto. Il bando di gara da 121 milioni di euro e coperto parzialmente dai fondi del PNRR. 

Credits ferrovie.it – Tracciato ferrovia Bergamo-Orio al Serio

L’opera, inserita in un progetto più ampio che comprende il rinnovo della stazione di Bergamo, prevede una nuova linea a doppio binario di circa 5,3 chilometri aggiunti alla linea Bergamo-Rovato. Il primo chilometro è in uscita dalla stazione di Bergamo in affiancamento alla linea esistente Bergamo-Montello. Nel progetto definitivo si è deciso, a seguito della richiesta degli enti interessati, di abbassare la linea ferroviaria in prossimità di via Lunga, quindi a raso invece che in viadotto. Si prevede un treno ogni 10 minuti, con velocità massima sul tratto di 60 km/h, e tempi di collegamento da Bergamo allo scalo di Orio al Serio e viceversa di 10 minuti e da Milano di 50 minuti

Tutti e 3 gli aeroporti milanesi saranno quindi collegati a Milano con un servizio pubblico su rotaia.

Leggi anche: I 5 PROGETTI che trasformeranno BERGAMO

# La stazione di Orio al Serio

ecodibergamo – Stazione Orio

Sono stati attivati nel febbraio 2024 i cantieri per la futura stazione a servizio dello scalo Milano Bergamo, il cui bando di 113 milioni di euro parzialmente coperto dal Pnrr è stato assegnato al raggruppamento di imprese composto da D’agostino Angelo Antonio Costruzioni Generali (capofila) e SE.GE.CO. Prevede quattro binari di stazionamento coperti da pensiline, con marciapiedi lunghi 250 metri e alti 55 centimetri.

ecodibergamo- Accesso tunnel stazione

La fermata è collegata all’Aeroporto da un tunnel lungo 80 metri a una profondità di 4 metri e i lavori, appaltati all’azienda cremonese Carba, già concluso così come scale mobili e tapis roulant: previsti 7 minuti per arrivare alle partenze, due agli arrivi. Per questa specifica opera la Sacbo, la società che gestisce lo scalo, ha investito 5,2 milioni di euro. 

Leggi anche: Come ARRIVARE a Milano dall’AEROPORTO di ORIO al SERIO 

# Il punto sui cantieri e la data di inaugurazione

Credits Mood101-pixabay – Frecciarossa in Stazione Centrale Milano

Sono almeno tre i cantieri aperti attualmente lungo i 5,3 chilometri del tracciato, compreso quello per la costruzione della galleria verso l’aeroporto e la deviazione del torrente Morla tra Campagnola e la ex statale. Inizialmente l’opera era stata inserita nel primo decreto relativo alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026, poi però si è scelto di dirottarla tra quelle da finanziare con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Nazionale per beneficiare di un iter velocizzato. La scadenza obbligata per la consegna dei cantieri è il 30 novembre del 2026, con attivazione nel mese di dicembre dello stesso anno. Si ipotizza anche l’impiego dei treni Frecciarossa dalla stazione di Milano Centrale oltre che da Brescia, già collegata con l’alta velocità.

Leggi anche: Da Orio a Milano in treno, la nuova stazione, la linea T2: la rivoluzione della Porta Sud di Bergamo, il nuovo hub della Lombardia

FABIO MARCOMIN

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A 2 ore da Milano c’è l’ascensore che corre anche in orizzontale

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Di MOs810 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16500159 - CastellodAlbertisMontegalletto

Realizzato per collegare in modo rapido due punti della città separati da un dislivello di decine di metri, la trasformazione agli inizi degli anni 2000 l’ha fatto diventare una vera e propria attrazione. Ecco dove si trova e come funziona.

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A 2 ore da Milano c’è l’ascensore che corre anche in orizzontale

# Più veloce e economico per i suoi residenti è diventato un’attrazione

blunaturale IG – Ascensore Montegalletto

Non poteva che essere realizzato a Genova un ascensore di questo tipo. Costruito nel 1929 dalla Società Ligure per Impianto ed Esercizio Ascensori per collegare la stazione di Genova Principe con l’area di circonvallazione a monte, dal nome oggi in disuso di Montegalletto, superando un dislivello di 72,19 metri, veniva infatti molto usato dai residenti della zona perchè era più veloce degli altri mezzi e il biglietto costava di meno di tram, filobus e autobus. Non un dettaglio per i genovesi: quando è stata introdotta la tariffa unificata sul trasporto pubblico si è ridotto progressivamente il numero degli utenti. 

# La trasformazione in ascensore-funicolare

cecchini4985 IG – Ascensore Genova

Rilevato nel 1976 da AMT, la società dei trasporti genovesi, rimase in esercizio per 30 anni prima della sua chiusura. Un limite dell’impianto Castello d’Albertis-Montegalletto, che da via Balbi nei pressi della stazione principale del capoluogo ligure porta a orso Dogali nelle vicinanze del castello d’Albertis, oggi sede del Museo delle culture del mondo, era che per raggiungere le cabine era necessario camminare in un tunnel di circa 240 metri. 

manda37 IG – Ascensore-funicolare

Per questo motivo per la sua riattivazione si decise di trasformarlo in un impianto traslatore-sollevatore, in pochi avrebbero ancora percorso la galleria a piedi, che unisce un sistema di tipo funicolare ad uno di tipo ascensoristico. 

Di MOs810 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16500159 – CastellodAlbertisMontegalletto

Inaugurato nel 2004 è diventato uno tra più apprezzati dai suoi residenti, oltre che un’attrazione della città anche se poco conosciuta, per il suo funzionamento caratteristico, per la posizione strategica e per rapido collegamento che assolve.

# Come funziona il sistema

 

 
 
 
 
 
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Si può scegliere di viaggiare prima in modalità funicolare, in orizzontale, e poi in modalità ascensore, in verticale, per salire fino al Castello d’Albertis, oppure fare il percorso opposto. Nell’impianto sono presenti due cabine che partono in modo simultaneo, la prima percorre la galleria e la seconda effettua la discesa, incontrandosi alla base del pozzo dell’ascensore quando entrambe le cabine vengono prese in carico dall’impianto traslatore. Sono quindi tre i sottosistemi di cui si compone: funicolare, di traslazione su pneumatici di derivazione funiviaria e ascensoristico.

Continua la lettura con: L’ASCENSORE più ALTO del mondo. Prossima fermata: Marte

FABIO MARCOMIN

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A 2 ore da Milano c’è «il paese più buio d’Italia»: la trovata geniale per portarvi la luce

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Credits: Silvia Camporesi - Viganella

Nelle provincia di Verbania-Cusio-Ossola c’è una località che per 3 mesi l’anno è senza sole. Come vivere a nord del circolo polare artico. Ecco quale incredibile soluzione è stata trovata per portare la luce.

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A 2 ore da Milano c’è «il paese più buio d’Italia»: la trovata geniale per portarvi la luce

# Viganella la “Siberia italiana”, nella Valle Antrona, per 3 mesi all’anno è senza il sole

Credits: Silvia Camporesi – Viganella

Viganella è una località situata nella Valle Antrona, una delle più strette della Val d’Ossola, che insieme a Seppiana forma il Comune di Borgomezzavalle in provincia di Verbanio-Cusio-Ossola. Soprannominata anche la “Siberia Italiana” non tanto per il freddo, quanto per un fatto particolare: per 83 giorni all’anno dall’11 novembre al 2 febbraio si trova a vivere in uno stato di perenne penombra. Il sole è infatti confinato alle spalle della montagna di 2.000 metri che gli sta davanti.

Per molti secoli, fino al 2006, gli abitanti si sono rassegnati a non vedere mai la luce durante il periodo invernale, poi un’idea geniale ha trovato una soluzione a questo annoso problema.

 

# Il 17 dicembre 2006 uno specchio di 40 mq è stato posto sopra la montagna per riflettere la luce del sole 

Credits: Silvia Camporesi

Dopo anni di studi il Sindaco Midali e il suo amico architetto Giacomo Bonzani sono riusciti a trovare la soluzione al problema che affliggeva il paese da secoli: realizzare un enorme specchio che riflettesse la luce del sole tra le case.

Il giorno dell’inaugurazione dello specchio

Il 17 dicembre 2006 un elicottero trasportava lo specchio del peso di undici quintali e lo posizionava a 1.100 metri d’altezza. All’inaugurazione gli abitanti di Viganella si sono seduti ad ammirare lo “spettacolo” della luce del sole che finalmente giungeva nel paese.

# Le caratteristiche dello specchio e il suo funzionamento

Credits: arttribune.com – Funzionamento specchio Viganella

Lo specchio di vetro e resina ha una lunghezza di circa 8 metri ed una larghezza di 5 ed è in grado di riflettere la luce solare in direzione della vallata anche nei mesi di buio.

Credits: iltuoweekendinitalia iG

Nello specifico si riflette su alcuni punti principali quali la parte pedonale della piazza principale, la chiesa parrocchiale e i monumenti. Tramite un ulteriore gioco di specchi all’interno della chiesa, il sole arriva direttamente sull’altare dove giace il crocifisso e si posa sul costato insanguinato del Cristo.

Il gigantesco specchio è regolato da un computer durante il giorno e riposizionato durante la notte, così pioggia e vento ne puliscono la superficie, in modo che il giorno seguente riparta per illuminare la valle. La brillante soluzione è stata presa ad esempio anche da una piccola cittadina norvegese racchiusa tra le montagne, Rjukan, che dal 2013 ha adottato lo stesso sistema per non rimanere più al buio.

Continua la lettura con: La PORTA del PARADISO: il lungo viaggio verso l’INFINITO

FABIO MARCOMIN

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Si dovevano chiamare così: i nomi delle fermate della metro nel progetto originale

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Credits arbalete-wikipedia - Nomi delle stazioni metropolitana secondo i progetti originali

Il nome di una stazione della metro spesso identifica un quartiere. Forse non tutti sanno che alcune stazioni avrebbero dovuto o potuto chiamarsi in un altro modo. Vediamo di quali stiamo parlano.

Si dovevano chiamare così: i nomi delle fermate della metro nel progetto originale

# Invece di Porta Venezia: OBERDAN

Porta Venezia M1

Il nome originario previsto per la stazione di Porta Venezia, quando la rete metropolitana milanese prevedeva le sole M1 e M2 nell’odierna configurazione, era Oberdan. La denominazione si riferiva al piazzale soprastante alla fermata.

Leggi anche: PORTA VENEZIA – la Milano arcobaleno

# Invece di Amendola: FIERA

Credits mainardielisabetta IG – Amendola M1

In origine la stazione Amendola sulla linea M1 si sarebbe dovuta chiamare “Fiera”. Il motivo era la presenza nelle vicinanze dell’allora fiera di Milano, chiusa agli inizi degli anni 2000 con il trasloco nei padiglioni di Rho. Il nome ha subito diverse modifiche nel corso degli anni: in fase di apertura venne denominata “Amendola-Fiera”, poi “Amendola Fieramilanocity” fino all’attuale “Amendola”.

Leggi anche: Le STAZIONI più BELLE di ogni metropolitana italiana

# Invece di Uruguay e San Leonardo: GALLARATESE (1 e 2)

San Leonardo M1

Anche per la stazione di Uruguay, aperta ad aprile 1980 come parte del prolungamento da QT8 a San Leonardo, era previsto un altro nome secondo il progetto originario: Gallaratese 1, per il quartiere in cui è localizzata. Alla stazione di San Leonardo, situata nel quartiere da cui prende il nome, spettava invece il nome di Gallaratese 2.

Leggi anche: SAN LEONARDO O LA GALLARATESE?

# Invece di Bonola: OLONA

Bonola M1

Tra le due stazioni c’è quella di Bonola, che prende il nome dalla vicina piazza intitolata a Federico Bonola. La denominazione originaria era stata individuata in Olona per identificare il fiume che scorre interrato nelle vicinanze.

Leggi anche: BONOLA – UNA DELLE 4 FERMATE CON L’EDIFICO ESTERNO

# Le fermate accorciate: VILLA e SESTO

Credits arbalete-wikipedia – Progetti originali metropolitana di Milano

Tra le altre stazioni per cui era stato ipotizzato un nome differente, più breve, ci sono quelle di Villa San Giovanni che si sarebbe dovuta chiamare Villa e quella di Sesto Marelli solo Marelli. Nel secondo caso gli utenti hanno comunque utilizzato per anni questo nome in quanto non erano presenti altre stazioni nel territorio comunale di Sesto San Giovanni.

# Invece di Abbiategrasso: CHIESA ROSSA

Piazza Abbiategrasso M2

L’attuale stazione di Piazza Abbiategrasso sulla linea M2, in base ai progetti stilati negli anni ’90, si sarebbe dovuta costruire sotto via Montegani e avrebbe dovuto chiamarsi Chiesa Rossa per identificarsi con il quartiere. Oggi la denominazione estesa è Piazza AbbiategrassoChiesa Rossa.

# Invece di Gioia: CENTRO DIREZIONALE. Invece di Moscova: GARIBALDI

Progetti originali metropolitana di MilanoAltre stazioni sulla linea verde avrebbero potuto avere altre denominazioni: Centro direzionale 1 e 3 rispettivamente al posto di Porta Garibaldi FS e Gioia, e probabilmente Garibaldi invece dell’attuale Moscova.

# Invece di Porta Romana: MEDAGLIE D’ORO

Stazione di Porta Romana

Tra le stazioni più iconiche c’è Porta Romana, a pochi passi dall’omonima porta cittadina e dal quartiere stesso. Inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Medaglie d’Oro, come la piazza che la ospita, ma si scelse di darle il nome che la identificasse con la zona.

Leggi anche: PORTA ROMANA – LA FERMATA DELLE TERME

# Invece di Lodi T.I.B.B.: PORTA ROMANA

Lodi T.I.B.B.

Spettava invece all’attuale stazione di Lodi T.I.B.B, in piazzale Lodi, il nome di Porta Romana in quanto posizionata nei pressi della stazione ferroviaria con la medesima denominazione.

Leggi anche: LODI T.I.B.B. – la sigla incomprensibile⁠

# Invece di Porto di Mare: FABIO MASSIMO 

Porto di Mare

Sempre sulla linea M3, un’altra fermata avrebbe dovuto chiamarsi in modo diverso rispetto al nome scelto in via definitiva: Porto Mare, per la prossimità all’omonimo progetto, mai realizzato, di un porto fluviale che sostituisse la Darsena. In base ai primi progetti infatti la stazione doveva essere chiamata Fabio Massimo, come la via che parte da viale Omero e che termina nei pressi di una delle uscite. 

Leggi anche: PORTO DI MARE: IL PORTO MILANESE

Continua la lettura con: I 7 SISTEMI di METROPOLITANA più INTERESSANTI del MONDO

FABIO MARCOMIN

copyright milanocittastato.it

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I 7 luoghi di Milano dove ti senti fuori dal mondo

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Ph. @via_gola_milano IG

Per chi ha intenzione di scovare una Milano fuori dal mondo e dalla razionalità, questo è il suo articolo. Dopo questo, l’idea di alcune parti di Milano non sarà più come prima.

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I 7 luoghi di Milano dove ti senti fuori dal mondo

# Il palazzo storico gestito dai militari

Credits: eguideescperience.it – Esterno Palazzo Cusani

Nel cuore di Brera c’è uno dei palazzi più affascinanti e regali di Milano: Palazzo Cusani. La stranezza per chi lo ha visitato è di ritrovarsi in mezzo ai militari. Infatti per entrare bisogna attendere l’avvallo dell’esercito all’ingresso.

Già sede del Ministero della Guerra durante il Regno d’Italia, Palazzo Cusani è stato fino al 2004 sede del Comando del III Corpo d’Armata. Attualmente è invece la sede di rappresentanza della NATO a Milano oltre a essere dal 2012 anche quella del Comando Militare Esercito Lombardia.

Leggi anche: PALAZZO CUSANI, una delle meraviglie dell’architettura di Milano, è gestito dai MILITARI. Ecco perchè

# Il giardino dei fenicotteri rosa

Nella villa appartenente alla famiglia Invernizzi, in Porta Venezia, poco fuori il perimetro del centro storico, ci si imbatte in una meraviglia inaspettata: un giardino pieno di fenicotteri rosa. Voluti dall’imprenditore, i fenicotteri sono accuditi da 70 ricercatori che abitano la villa. Rimarrà un unicum in Italia perché da anni queste specie di animali non possono più essere importati

Leggi anche: 7 cose che forse non sapete dei FENICOTTERI di Villa Invernizzi, una delle meraviglie più sorprendenti di Milano

# La via carrabile più stretta d’Italia… e la più efferata di Milano

La sensazione di claustrofobica piccolezza dell’ambiente, quasi un tunnel per chi lo avverta passando da via Torino o avventurandosi per il distretto oggi noto come le 5 Vie, la Stretta Bagnera è famosa per il primo serial killer italiano. Antonio Boggia detto il “Mostro di Stretta Bagnera” oppure il “Mostro di Milano” uccideva e nascondeva qui le sue vittime. Camminandoci nelle sere umide d’inverno potreste avvertire un brivido correre lungo la vostra schiena.

Leggi anche: La Stretta Bagnera: la via più stretta di Milano nasconde un tragico passato

# La strada più bizzarra di Milano: con la chiesa più corta e una casa tagliata a metà

In questa piccola via ci sono un concentrato di stranezze: la chiesa più corta di Milano, un piccolo anfiteatro in abbandono utilizzato come ritrovo collettivo dalla comunità russa e una casa tagliata a metà. Più straniante di così.

Leggi anche: Le tre STRANEZZE di via Porlezza, la strada più bizzarra di Milano

# Sei su Navigli, giri un angolo e ti trovi nel Bronx degli anni settanta

Via Gola – ph. @tartanblush IG

Siamo in centro, a pochi passi dal Naviglio Grande pieno di locali per aperitivi e metà di passeggiata di milanesi e turisti. Eppure basta girare l’angolo e ci si ritrova in Via Gola, considerata una delle vie più malfamate e pericolose della città: scippi, furti e rapine in un’atmosfera da Bronx degli anni settanta. 

# Dove ti ritrovi in una città messicana durante la siesta

piazza gino valle
piazza gino valle

Pochi sanno che è la piazza più grande di Milano. Al Portello, una distesa di cemento desolata e desolante. Non ci passa mai nessuno, nemmeno un albero che faccia ombra o un prato per dare colore, sa di domenica pomeriggio degli anni in cui alla domenica pomeriggio era tutto chiuso. Ai più sognatori sembra di stare in una città messicana durante la siesta.

Leggi anche: La classifica delle 5 PIAZZE PIU’ GRANDI di Milano: vince Piazza Gino Valle, anche se c’è chi mette in dubbio il suo primato

# Uno spazio gigantesco con una luce da Pyongyang. E al posto della metro arriva un treno 

Una cosa che non ti aspetteresti a Milano, dove le metropolitane non sono tra le più profonde e i tunnel per arrivarci non hanno i soffitti così alti. Eppure il passante, che nel centro di Milano a Porta Venezia o a Repubblica transita sotto le fermate della metro, ha altezze superiori delle stesse stazioni di M1 e M3. La luce che si propaga e gli ambienti ampi e asettici ci catapultano direttamente a Pyongyang, Corea del Nord.

passante ferroviario

La cosa più straniante è senza dubbio vedere arrivare un treno, al posto dei vagoni nella metro, dentro i luoghi della metropolitana. 

Continua la lettura con: IL PASSANTE STRATEGICO: le tratte in città dove il treno è più rapido della metro (anche se pochi lo sanno)

MILANO CITTA’ STATO

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La «Pietra dei Falliti», il luogo del disonore in Piazza Mercanti

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Credits: eventiatmilano.it

Piazza dei Mercanti: sede del luogo del massimo disonore per Milano, la “Pietra dei falliti“. In attesa della sentenza del giudice i futuri condannati dovevano aspettare seduti con le natiche nude sulla pietra spigolosa. Riviviamo la sua storia. 

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La «Pietra dei Falliti», il luogo del disonore in Piazza Mercanti

# Il Nuovo Broletto centro di potere cittadino

Credits: pinterest.nz

A pochi passi dal Duomo si trova una delle piazze più belle di Milano: Piazza dei Mercanti. Era l’antico cuore cittadino adibito tra il 1228 e il 1251 a Nuovo Broletto, spazio di prato recintato o piazza alberata dove avvenivano le assemblee cittadine e l’amministrazione della giustizia. Sostituì il vecchio Broletto che si trovava nell’area dell’attuale Palazzo Reale.

# Milano, i suoi 100.000 abitanti e le sei arcate per raggiungere il Palazzo della Ragione

Credits: eventiatmilano.it

La piazza che ospita oggi il Palazzo della Ragione era il centro di vita dell’antico comune dove al suo interno venivano prese la maggior parte delle decisioni per il comune milanese dell’epoca che nel tredicesimo secolo contava circa 100.000 abitanti e circa 10.000 edifici. Per giungere nella piazza bisognava attraversare le sei arcate corrispondenti alle sei porte delle mura medioevali cittadine.

# Il ritrovamento dell’emblema

Credits: eventiatmilano.it

Grazie alla costruzione dell’attuale Palazzo della Ragione, la piazza cambiò forma a partire dal 1228. Fu chiamato “della Ragione” perché era il luogo dove l’amministrazione della giustizia, sia civile che penale, si esprimeva grazie alla figura del Giudice. Durante i lavori per la realizzazione del Palazzo, fu ritrovato l’emblema della “scrofa semi-lanuta”, probabilmente l’insegna cittadina dell’epoca romano-celtica o etrusca.

# La pietra dei falliti: natiche nude in attesa della sentenza

Credits: lapressa.it

Nella Piazza, tra il Palazzo della Ragione e il lato sud, si trovava una struttura chiamata “pietra dei falliti”. La pietra spigolosa era una sorta di punizione per coloro che, in attesa della sentenza e ansiosi del responso, erano costretti a sedersi a natiche nude. Se inizialmente la pietra era dedicata soprattutto a coloro che frodavano o facevano fallire le proprie attività, nel ‘200 i ladri colti sul fatto venivano prima accecati ad un occhio e in caso di recidività erano entrambe le mani ad essere mutilate. 

# Graziati o aiutati in cerca di libertà: dove si trova oggi la pietra dei falliti?

Credits: wikipedia.org

La sentenza letta dalla “Parlera”, ovvero dal balcone della Loggia degli Osii (l’edificio di fronte al Palazzo della Ragione), avveniva in contemporanea alla messa all’asta dei beni del fallito, successivamente accompagnato nella prigione della Malastalla. In occasione del Natale o della Pasqua potevano essere liberati con l’elargita della grazia o grazie a qualche facoltoso uomo milanese che, per compiere un’opera di bene, decideva di appianare i debiti di qualche insolvente. In corrispondenza della “pietra dei falliti”, simbolo di sofferenza e dolore per chi infrangeva le regole, oggi possiamo trovare il pozzo che originariamente era posizionato in via Mercanti.

Continua la lettura con Il MONUMENTO più BRUTTO di Milano

MARCO ABATE

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7 cose da fare la domenica a Milano

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cattyvissima IG - Vicolo Santa Caterina

Le gite fuori porta sono un must nel weekend di un milanese, restano però tanti coloro che prediligono i fine settimana meno caotici ed affollati che Milano sa offrire specialmente la domenica. Qualche esempio?

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7 cose da fare la domenica a Milano

#1 Passeggiata nel parco

Credits Andrea Cherchi – Parco Indro Montanelli

Dai piccoli parchi di quartiere alle ampie aeree verdi come Parco Sempione o i Giardini Montanelli, il contatto con la natura è sempre in grado di rinfrancare lo spirito e allontanare lo stress. Tante panchine in cui sedersi, in molti casi ci sono attrezzate aree ristoro dove gustare una ricca colazione. Sullo sfondo natura, spazi verdi e tanto relax. 

#2 Girare a zonzo sui Navigli

Il Mercatone dell’antiquariato sui Navigli

Una lunga passeggiata sui Navigli è sempre una mossa vincente specie la domenica mattina, con un panorama del tutto diverso dai bagordi e dal caos della movida serale. Mercatini, botteghe artigiane e bellissime case di ringhiera, catturano lo sguardo e regalano scorci imperdibili. Una sosta golosa? Al Circolo Canottieri, storico club sportivo aperto anche ai non soci dove gustare un buon brunch tra divani in pelle e atmosfere retro.

#3 Concedersi una visita al museo 

credits: IG @belcaro54

La prima domenica di ogni mese, tutti i musei civici e statali di Milano sono aperti, perché non approfittare per una abbuffata di cultura tra le sale del Museo del 900, alla Galleria di Arte Moderna, ai musei del Castello Sforzesco, alla Pinacoteca di Brera o al Museo Archeologico? Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

#4 Camminare senza meta

cattyvissima IG – Vicolo Santa Caterina

Perché è la città di Milano che ti guida, nonostante ci si prefissi un preciso itinerario da seguire. Arriva un momento che vien voglia di svoltare per quel vicolo o stradina per ritrovarsi in meandri sconosciuti, angoli mai visti o spazi verdi in cui val la pena sostare. Basta volgere lo sguardo all’insù, per scoprire poi antichi palazzi, merletti e prospettive differenti.

#5 Ammirare le stelle al Planetario 

Ph. @lofficina_del_planetario IG

Perché rinunciare ad ammirare le stelle anche di giorno? Basta recarsi al Planetario di corso Venezia e prenotare uno spettacolo dedicato al cielo stellato, alle costellazioni e alla scoperta di interessanti tematiche astronomiche e scientifiche. Restare con lo sguardo verso l’alto per ammirare le stelle all’interno di un palazzo storico inaugurato nel 1930 e donato alla città di Milano dal celebre editore italo svizzero Ulrico Hoepli.

#6 Camminare la sera in centro 

Credits Andrea Cherchi – Piazza Duomo di sera

Chi è del team fine settimana in centro vade retro, si ricreda perché se si prova a passeggiare in centro anche al Duomo la domenica sera, la prospettiva cambia radicalmente. Niente folla, rumori e caos, ma spazi aperti e vetrine illuminate sapranno rapire e catturare ogni sguardo.

#7 Un brunch in un locale mai provato prima

doveequanto IG – Dolci brunch Rubacuori

Zigzagando da un quartiere all’altro è facile riscoprire spazi nuovi e sconosciuti. Una volta iniziato il percorso, studiato o meno che esso sia, non ci si rende nemmeno più conto di quanti chilometri ci si sia lasciati alle spalle. Se poi è quasi ora di pranzo perché non approfittare di una pausa sfiziosa in un locale nuovo? A volte sperimentare novità può regalare sorprendenti e piacevoli sorprese.

 

Continua la lettura con: Le 5 donne milanesi con cui…non fidanzarsi!

ALESSANDRA GURRIERI

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E se a Est sorgesse una nuova Milano?

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La zona dove sorgerebbe Milano Est
Milano è una città ingolfata: in uno spazio ristretto ci sono troppe persone, case, uffici, locali e chi più ne ha più ne metta. Come ogni metropoli, ha bisogno di crescere, ma risente anche dei limiti fisico-geografici. Occorre trovare una soluzione radicale: costruire una nuova Milano.
 
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E se a Est sorgesse una nuova Milano?

Milano Est (Ideogram.AI)

# E se invece di nuovi palazzi costruissimo un’intera città?

Brasilia – Ph. @mbastosbr

A Milano manca lo spazio. Ormai le cubature si sono utilizzate tutte. All’orizzonte non si vedono più opportunità per costruire qualcosa di nuovo. E se all’orizzonte invece di nuovi palazzi si vedesse un’intera città? Come il Brasile che da zero ha costruito la sua nuova capitale. Lo spazio c’è.

# Un nuovo modello urbano: “Milano Est”

La zona dove sorgerebbe Milano Est

Questa nuova Milano potrebbe estendersi da Segrate a Mediglia e Paullo. Non rappresenterebbe solo un’espansione fisica di Milano, ma una vera e propria “Milano parallela“, riprogettata per rispondere alle esigenze della “città madre” alla luce delle esigenze del mondo contemporaneo. Sarebbe una città “sperimentale”, costruita ex novo, come nel caso di Brasilia, con una pianificazione orientata alla funzionalità e alla vivibilità.

L’obiettivo principale sarebbe alleggerire il carico che ora Milano sopporta da sola, creando qui i nuovi spazi abitativi e le infrastrutture, anche per ridurre il caro-affitti, oggi tra i più elevati d’Italia. La necessità di abitare la nuova città potrebbe diventare un’opportunità per il Comune di Milano di adottare politiche di sgravi fiscali e agevolazioni, incentivando i milanesi e, soprattutto, gli “stranieri” a trasferirsi qui, contribuendo a riequilibrare i prezzi immobiliari. Ma non solo questo. La prima trasformazione sarebbe la creazione di un nuovo centro. Un centro grandioso e superverde. 

# L’idroscalo diventerebbe un Central Park, la “cerniera” tra le due Milano

Il nuovo centro di Milano sarebbe un parco, quello dell’Idroscalo. Un parco come centro sarebbe anche il simbolo di una nuova visione, quella di una città avanguardia nel green. Una città che se qualcosa non lo ha, come il verde, se lo crea da zero. Come ha fatto con il mare, con l’Idroscalo, o con la montagna, con il Monte Stella. L’Idroscalo fungerebbe da “parco centrale”, esattamente come il Central Park di New York, e costituirebbe la “cerniera” tra la parte occidentale, Milano, e quella orientale, Milano Est. 

Il lago artificiale, già circondato da strutture sportive e aree ricreative, potrebbe essere arricchito con percorsi naturalistici, giardini tematici, spazi per eventi e un sistema di navigazione per piccole barche elettriche. L’Idroscalo avrebbe così la possibilità di diventare il principale centro di aggregazione della nuova “città doppia”, offrendo un’oasi naturale a due passi dalla zona di vita o lavoro. Ma la vera rivoluzione sarebbe per la mobilità. 

# Milano Est: l’hub di mobilità con l’intero hinterland

Prolungamento M4

Progettando una città da zero, la mobilità sarebbe concepita come priorità fondamentale. Milano Est potrebbe essere collegata a Milano tramite un’estensione della Linea Blu (M4), con fermate già previste a Segrate e Idroscalo. Una volta completata la città, la M4 potrebbe attraversarla completamente, con una rete di biforcazioni numerate progressivamente a partire da M4.1. Inoltre, sarebbe necessario un collegamento metro diretto tra il centro di Milano Est e la fermata Duomo, senza ulteriori fermate.

Così trasformata, la M4 diventerebbe una linea portante della mobilità milanese, offrendo una connessione diretta e costante tra il cuore di Milano e il resto dei suoi quartieri. Non solo: Milano Est ospiterebbe un grande hub tra alta velocità e connessioni urbane, già in programma a Segrate. E poi da qui partirebbe una circle line di collegamento con l’intero hinterland di cui Milano Est diventerebbe il fulcro nevralgico. 

# Avanguardia della mobilità urbana e interurbana

architizer.com – Ingresso tunnel

Inoltre, Milano Est, costruita dal 2025, sarebbe il luogo ideale per testare soluzioni innovative di mobilità per Milano. Per esempio, potrebbe ospitare le prime piste ciclabili sopraelevate, i silos di parcheggio interrati e persino un tunnel sotterraneo, come la “Strada interrata Silos Linate – Silos Milano Est”. Inoltre, un centro città accessibile solo a biciclette, monopattini e scooter elettrici potrebbe essere una proposta interessante. Un’altra innovazione sarebbe l’introduzione di mezzi pubblici “on-demand”, ossia veicoli elettrici e autonomi che si muovono secondo le esigenze degli utenti, praticabili inizialmente quando la città non sarà ancora densamente popolata, per poi essere riservati alle zone off-limits per le auto.

A proposito di innovazione, Milano Est potrebbe essere anche il luogo ideale per testare la possibilità di installare mini-reattori nucleari, rispondendo così alla crescente domanda energetica in modo sostenibile. Potrebbe ospitare una serie di piccoli reattori nucleari a bassa emissione e a basso impatto ambientale, garantendo energia a basso costo e sostenibile per i nuovi quartieri, e in futuro anche per Milano.

# Il polo amministrativo e il vice-sindaco di Milano Est

Il logo ipotetico del Comune di Milano Est

La creazione di Milano Est rappresenterebbe un’opportunità anche per testare un nuovo modello di governance. Una figura interessante per garantire una gestione efficace della città potrebbe essere il vice-sindaco tecnico: un funzionario nominato dal sindaco di Milano, incaricato di occuparsi esclusivamente della città e del suo rapporto con Milano.

Per alleggerire il carico della macchina amministrativa milanese, si potrebbe immaginare, una volta operativo il collegamento diretto centro-centro, la creazione di un “Campus Amministrativo” decentralizzato. Questo campus semplificherebbe l’accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini, con uffici organizzati per tematiche (come lavoro, sanità, cultura) e spazi multifunzionali per eventi e incontri. Potrebbe ospitare anche coworking e incubatori d’impresa, incentivando lo sviluppo di attività locali e creando un ecosistema stimolante per l’imprenditorialità dell’area.

Inoltre, per facilitare l’accesso ai servizi pubblici, questi potrebbero essere resi disponibili tramite app e sportelli digitali diffusi nei quartieri, riducendo la necessità di spostamenti.

# Milano Est: la soluzione definitiva al caro-affitti milanese?

Una studentesca protesta contro il caro-affitti al Politecnico di Milano

Milano Est potrebbe rappresentare una risposta all’emergenza abitativa e al caro-affitti di Milano. Incentivi fiscali e sgravi sugli affitti, oltre a bonus di insediamento per giovani, famiglie e studenti, potrebbero attrarre nuove categorie di residenti. Questa strategia non solo bilancerebbe la pressione abitativa sul centro, ma potrebbe anche favorire la rapida crescita della nuova città.

Per evitare che Milano Est diventi una zona puramente residenziale e “spenta”, si potrebbero introdurre incentivi anche per i locali commerciali, favorendo l’apertura di negozi, ristoranti e spazi culturali che animino l’area. Le piazze centrali, con spazi all’aperto per eventi, mercati rionali e attività culturali, potrebbero essere luoghi d’incontro che favoriscano la socializzazione e il senso di comunità.

La progettazione degli spazi residenziali potrebbe includere giardini comuni e orti urbani condivisi, promuovendo la coltivazione locale e un senso di appartenenza tra i residenti. L’illuminazione pubblica, studiata per garantire sicurezza e vivacità serale, potrebbe integrare installazioni artistiche e soluzioni a basso impatto ambientale, creando un’atmosfera accogliente e distintiva.

Continua la lettura con: La Milano del futuro sarà «decentrata»: area C per turisti e periferie al centro? I quartieri su cui scommettere

MATTEO RESPINTI

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Scalo House, il terzo sequestro in pochi mesi a Milano: sta scoppiando una «Mani Pulite» dei costruttori?

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La reputazione della Milano simbolo di modernità e progresso sta venendo messa a dura prova dalla questione malavita. L’ultima notizia è de 7 novembre: la Guardia di Finanza ha sequestrato l’area di “Scalo House”, un progetto residenziale e di riqualificazione urbana che aveva suscitato grandi aspettative. L’episodio getta nuove ombre sulla gestione urbanistica e sulla trasparenza delle pratiche edilizie milanesi. E soprattutto inizia a serpeggiare la grande preoccupazione: scoppierà una nuova Mani pulite per il mondo delle costruzioni?

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Scalo House, il terzo sequestro in pochi mesi a Milano: sta scoppiando una «Mani Pulite» dei costruttori?

# Il progetto Scalo House: un sogno infranto?

La notizia del sequestro arriva dopo un’indagine su presunti abusi edilizi e irregolarità che coinvolgono funzionari pubblici e privati, facendo emergere una rete di pratiche illecite che minacciano l’immagine di una Milano orientata verso l’innovazione e il futuro.

Scalo House doveva essere uno dei progetti più ambiziosi di riqualificazione urbana nella zona tra via Valtellina e via Lepontina, vicino alla Stazione Centrale. L’area, un tempo degradata e poco valorizzata, era stata scelta per ospitare un nuovo complesso di residenze e appartamenti moderni, destinati a studenti e giovani professionisti. Il progetto, con la sua architettura innovativa e una posizione strategica, aveva tutte le carte in regola per diventare un esempio di edilizia sostenibile e moderna.

La costruzione aveva previsto la demolizione di un magazzino logistico in via Valtellina, al civico 38, per fare spazio a due edifici residenziali di diverse altezze, con un giardino interno e un edificio già esistente, convertito in residenza universitaria convenzionata già abitata.

Le indagini condotte dalla Procura di Milano hanno portato alla luce irregolarità nel processo di autorizzazione dell’edificio, con l’accusa di lottizzazione abusiva e manipolazione delle pratiche urbanistiche. Le modifiche alle cubature degli edifici e la gestione degli oneri di urbanizzazione avrebbero permesso agli sviluppatori di ridurre i costi a discapito della qualità e della sostenibilità delle opere. Secondo gli inquirenti la realizzazione del progetto non avrebbe seguito le procedure previste per la valutazione e l’approvazione delle opere, sollevando dubbi sulla trasparenza e sull’affidabilità del sistema edilizio milanese.

# Il terzo sequestro in pochi mesi a Milano

Le indagini sono ancora in corso, ma l’inchiesta ha già coinvolto alcuni nomi di rilievo, tra cui esponenti pubblici e privati che avrebbero avuto un ruolo centrale nelle pratiche illecite legate al progetto. Tra gli indagati ci sono Giovanni Oggioni, ex direttore dello Sportello Unico Edilizia del Comune di Milano, e Paolo Mazzoleni, ex assessore all’Urbanistica di Torino, entrambi accusati di falso ideologico e lottizzazione abusiva. Altri indagati sono dirigenti e tecnici comunali accusati di favorire operazioni illecite in cambio di benefici personali. Le accuse includono manipolazione dei titoli edilizi e favoreggiamento di operazioni fuori dalla normativa.

Nel corso delle perquisizioni, la Guardia di Finanza ha sequestrato documenti e prove che attestano la manipolazione dei dati catastali e degli oneri di urbanizzazione, riducendo l’impatto delle opere a livello territoriale e dei servizi. Le operazioni sospette si estendono a più cantieri in tutta la città, sollevando dubbi sulla regolarità di numerosi progetti edilizi e sugli interessi economici legati alla riqualificazione delle aree periferiche.

Scalo House rappresenta il terzo sequestro negli ultimi mesi di cantieri in costruzione. I precedenti includono il ‘Giardino Segreto’ in Isola a maggio e le Residenze Lac di via Cancano affacciate sul Parco delle Cave a luglio. Questi episodi sono la testimonianza di un sistema che, nonostante la crescente attenzione sulla qualità e la trasparenza delle opere, continua a nutrirsi di pratiche illecite che mettono a rischio la sostenibilità e l’integrità dei progetti edilizi a Milano.

# Le dichiarazioni di Sala

Il Sindaco di Milano, Beppe Sala, ha commentato la situazione con cautela. Intervenendo a margine della presentazione della veste grafica per le Olimpiadi invernali, ha dichiarato: «Non posso commentare, è evidente che i magistrati e la Guardia di Finanza non avvisano il sindaco prima di compiere determinate azioni. Oggi quello che so, l’ho letto dalle agenzie». Sala ha aggiunto: «Vediamo gli atti e poi non mancherò di dire la mia opinione, ma oggi non sono in grado di dire assolutamente niente».

# Da Mani Pulite agli scandali nelle costruzioni: quali implicazioni per il futuro di Milano?

Milano si è sempre distinta come una città all’avanguardia, ma episodi come quello di Scalo House sollevano interrogativi sulla gestione della sua crescita. La recente richiesta di maggiore autonomia fiscale da parte di Sala, in virtù del contributo economico della città, potrebbe essere compromessa da scandali come questo.

Se Milano vuole continuare a essere un modello di innovazione e sostenibilità, non può permettersi il rischio di essere associata a pratiche illecite che ne minano la reputazione: il pericolo è che l’ondata di interventi giudiziari travolga il settore delle costruzioni, come accaduto con Mani Pulite per la politica. Il futuro della città dipende dalla sua capacità di garantire trasparenza e rispetto delle leggi, senza compromettere l’etica e la giustizia sociale.

Continua la lettura con: La Milano del futuro sarà «decentrata»: area C per turisti e periferie al centro? I quartieri su cui scommettere

MATTEO RESPINTI

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L’interscambio della metro che c’è… ma non si può usare

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Maps - Accessi M1 e M5 Lotto

La rete metropolitana milanese con il completamento della linea M4 è entrata nella top ten europea per la sua estensione, ma la gestione degli interscambi risulta inspiegabile. Non solo per quelli scomodi o inesistenti della linea blu, ma anche per quelli che ci sono. Vediamo perchè.

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L’interscambio della metro che c’è… ma non si può usare

# I cambiamenti alle linee del trasporto pubblico in occasione degli eventi allo Stadio 

Credits: Andrea Cherchi – Stadio San Siro

Ad ogni evento che si svolge al Meazza arriva puntuale la comunicazione da parte di ATM relativa alle modifiche alle linee di superficie e alla chiusura di alcune stazioni metropolitane. In particolare, il tram 16 per un’ora non ferma al capolinea fuori dallo stadio e le stazioni di Segesta e Ippodromo sulla linea M5 vengono chiuse poco prima della fine dell’evento.

La decisione, disposta dalla Questura, è giustificata da motivi di ordine pubblico, per evitare di far salire altre persone in convogli già pieni nelle stazioni successive a quelle del capolinea. Una scelta forse non pienamente condivisibile visto che un’infrastruttura pubblica non dovrebbe modificare il suo funzionamento in conseguenze di iniziative private come una partita o un concerto. Ma c’è di più.

# Quando ci sono partite e concerti l’interscambio della metro “sparisce”

Messaggio ATM Lotto
 

La cosa però forse più inspiegabile è la chiusura del corridoio diretto tra M1 e M5 a Lotto, fatto che obbliga gli utenti ad uscire dai tornelli, salire in strada, rientrare nella stazione dell’altra linea, ripassare dai tornelli e poi scendere in banchina per prendere il treno. Il tutto con la paura di non fare in tempo prima della chiusura delle linee, nonostante il prolungamento degli orari previsto in occasione degli eventi a San Siro.

Maps – Accessi M1 e M5 Lotto

Come si vede dalla cartina, solo una uscita della M5 è adiacente a degli accessi per la M1, quello su via Monte Rosa sullo stesso lato del marciapiede e sul lato opposto della strada, a cui si può aggiungere uno verso via Migliara. Uscendo dalle altre due, ce n’è una quarta ancora più distante e non visibile della mappa: il rischio è di girovagare con il buio prima di trovare l’entrata per il cambio linea. Bisogna tenere conto infatti che molte persone vengono da altri luoghi d’Italia e del mondo e come sistema di orientamento usano le linee metropolitane, perchè rendere gli spostamenti così complicati?

# Il collegamento da incubo tra M1 e M5 a Lotto

Credits pallin86 IG – Corridoio da M1 a M5

Va detto che la connessione diretta tra le linee M1 e M5 non è certo delle migliori, si rischia spesso di finire in un loop senza via di uscita. Partendo dalla M1 è raggiungibile solo da una delle due banchine, se ci si trova in quella opposta bisogna salire nel mezzanino e ridiscendere dall’altro lato, occorre poi percorrere un lungo corridoio fare diversi piani di scale mobili per cambiare linea, facendo però attenzione di salire su quella giusta per non uscire dalla stazione. Un collegamento forse non troppo intuitivo, ma meglio che uscire in strada, e soprattutto con una larghezza sufficiente per gestire un grande afflusso di persone anche in caso di partite e concerti. D’altronde la linea e l’interscambio non sono stati pensati anche per queste occasioni?

Leggi anche: Gli INTERSCAMBI da BRIVIDO nella METRO di Milano

# Gli assurdi interscambi della linea M4

Credits Urbanfile – M4-M1 Stazione San Babila

Chiudiamo in “bellezza” con la linea M4, un disastro se si parla di interscambi. Il più lineare è quello a San Babila con la M1, si passa da una linea all’altra rimanendo nel mezzanino anche se occorre uscire e rientrare dai tornelli, cosa che succede anche a Sant’Ambrogio con la M2 e Sforza Policlinico con la M3.

Valter Repossi – Urbanfile – M4 Sant’Ambrogio

Nel primo caso bisogna uscire all’aperto rimanendo a livello dei tornelli, coperti da una tettoia che in caso di forte vento e pioggia non ripara dalle intemperie, anche se al momento bisogna salire in superficie perchè i lavori non sono finiti.

Cantiere Urbanfile – Roberto Majello – Passaggio via Pantano-università

Nel secondo caso si può solo uscire all’esterno per passare dalla M3 alla M4 e viceversa e camminare per circa 10 minuti e sperare che non piova, altrimenti ci si ritrova impantanati tra foglie e fango, come si vede dalla foto.

Comune di Milano – Nuova uscita M3 Missori

La nuova uscita su via Larga di Missori M3, la sua costruzione dovrebbe concludersi all’inizio del 2025, toglie solo poche decine di metri di cammino all’aperto.

Credits: Urbanfile – Mappa interscambio M3-M4

L’alternativa è cambiare linea da o verso la stazione di Crocetta M3: il percorso è più corto e solo su strada e marciapiede, ma non forza più breve dato che bisogna attendere il verde al semaforo su via Francesco Sforza.

Leggi anche: Il disastro annunciato degli interscambi della M4 (specie se piove) 

FABIO MARCOMIN

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Come ti senti quando alla cassa ti danno i bollini di un altro cliente

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Vabbé, se proprio insiste…

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Continua con: Come ti senti quando vai in bici sulle strade di Milano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Si sta costruendo l’aereo passeggeri che volerà da Milano in Cina in un’ora e mezza

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L’ultimo volo del Concorde risale a più di 20 anni fa: a mettere la parola fine al servizio del jet supersonico sono stati gli elevati costi di gestione e di manutenzione oltre che al disastroso incidente mortale con più di 100 vittime. Da allora pochi progressi nella velocità dei voli commerciali. Ma qualcosa potrebbe cambiare molto a breve. 

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Si sta costruendo l’aereo passeggeri che volerà da Milano in Cina in un’ora e mezza

# I cinesi stanno costruendo il jet passeggeri supersonico a decollo verticale: volerà a 20.000 metri di altezza

luxurylaunches.com – Areo supersonico cinese

La Cina sta sbaragliando il resto del mondo dal punto di vista dell’innovazione tecnologica. La società Space Transportation ha progettato un nuovo prototipo di aereo passeggeri supersonico rivoluzionario. Il jet Yunxing prevede l’utilizzo del sistema di decollo e atterraggio verticale (VTOL), a differenza dei jet classici, funzionando quindi senza la necessità di piste tradizionali. Il jet salirà con razzi propulsori, che si staccano ad alta quota, dopodiché Yunxing raggiungerà la sua velocità di crociera a circa 20.000 metri sopra il livello del mare.

# Volando alla velocità di 5.000 km/h potrebbe fare il giro del mondo in 7 ore 

luxurylaunches.com – Jet supersonico

Il nuovo aereo punta a ridurre drasticamente i tempi di volo: viaggerà a Mach 4 che equivale a poco meno di 5mila km/h, il doppio della velocità del Concorde. Si andrebbe da Pechino a Milano in 1 ore e mezza, da Milano a New York in soli 70 minuti e, teoricamente, si potrebbe fare il giro del mondo in appena 7 ore. Attualmente il prototipo è in fase di test e di recente la società ha comunicato di aver completato con successo un volo di prova.

# La messa è in commercio è programmata per il 2027

luxurylaunches.com – Simulazione volo jet supersonico

Pensato per un mercato di voli esclusivi, con costi superiori ai biglietti business attuali, il debutto commerciale è programmato per il 2027. L’obiettivo è di farlo migliorando anche l’impatto ambientale rispetto agli aerei supersonici del passato. 

Leggi anche: Il FUTURO dei VOLI SUPERSONICI: da Milano a NEW YORK in 4 ore, a LONDRA in 30 minuti

FABIO MARCOMIN

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Ai milanesi piace retrò

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Cooperativa La Liberazione

Uno dei grandi fenomeni della Milano di oggi: i locali di Milano dove si ritorna indietro nel tempo. Si rievoca il passato quando il presente non soddisfa?

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Ai milanesi piace retrò

# Cooperativa La Liberazione: il lato buono del comunismo storico

Credits lukelucchinettif IG – Cooperativa la Liberazione

In zona Dateo troviamo la Cooperativa della Liberazione, dove si viene proiettati nel tempo in cui si idealizzava il comunismo italiano e internazionale. Al suo interno sono infatti esposte quasi tutte immagini riconducibili alla sinistra storica, come il Quarto Stato e Garibaldi, Jacques Brel e Fenoglio. Vengono mescolati elementi di osteria tradizionale con decorazioni intellettuali, come frasi e poesie alle pareti. Presente anche un dehor tra gli alberi all’esterno. Hasta la victoria siempre!

Indirizzo: via Lomellina, 14 

# Il Premiato Forno Cantoni: nella Milano di metà Novecento

https://www.tripadvisor.com

Il Premiato Forno Cantoni, in zona Sempione, è uno storico locale che combina l’atmosfera di un caffè e ristorante con uno stile rétro e dettagli d’epoca. Con arredi unici e particolari, il locale accoglie gli ospiti in un ambiente che evoca la Milano di metà Novecento. Qui è possibile gustare piatti della tradizione italiana rivisitati, come paste e carni alla griglia, accompagnati da opzioni vegetariane e senza glutine. Aperto tutti i giorni fino a tarda serata, è un punto di ritrovo ideale anche per aperitivi o colazioni​. Spettacolare il lato macelleria. 

Indirizzo: via Piero della Francesca 40 (angolo via Castelvetro)

# Risoelatte: un ritorno ai favolosi anni ’60

Credits risoelatte IG – Riso e latte

Sembra di venire catapultati letteralmente in un’atmosfera d’altri tempi. Per essere precisi ai favolosi anni ’60. Lo stile dell’arredamento, degli oggetti e delle stoviglie di RisoeLatte risale infatti a quell’epoca, come quelli presenti nelle case dei nostri nonni. C’è persino un giradischi completo di 45 e 33 giri nel caso del locale in Ticinese o un jukebox in quello a due passi dal Duomo. Anche il bagno è caratterizzato in questo modo, con vestaglia, pattine, schiuma da barba e la pubblicità dei prodotti di quel periodo appese alle pareti.

Indirizzi: via Camperio 6 e viale Gian Galeazzo 8

Leggi anche: Qui si MANGIA come ai tempi della NONNA. Con la COTOLETTA più GRANDE di Milano

# Piperita: ispirato al celebre Piper di Roma con atmosfere anni ’70

piperita IG – Cucina

Piperita è un locale a Milano ispirato al celebre Piper di Roma, noto per il suo arredamento pop e colorato, con elementi originali come una giraffa che “sfonda” il pavimento. Situato vicino alle Cinque Vie, vuole essere un luogo di gioia e condivisione che rievoca le atmosfere anni ’70. Al piano inferiore si trova il ristorante con piatti della tradizione italiana e opzioni per ogni esigenza alimentare, mentre al piano superiore il cocktail bar “The Flight” offre drink e tapas in un’ambientazione unica, ricavata dai resti di un Boeing 747. Piperita organizza eventi serali con cene cantate, spettacoli, jazz e serate disco.

Indirizzo: via S. Sisto 3, angolo via Torino

# Spirit de Milan: la vecchia Milano tra jazz e swing in una vecchia fabbrica

Credits: @d.parisio
Spirit de Milan

Dentro alle ex Cristallerie Livellara alla Bovisa, oggi una vecchia fabbrica, recuperata, riadattata e arricchita con un arredamento vintage, c’è lo Spirit de Milan. Un locale dove si può ballare, cenare e assistere a spettacoli che spaziano dal cabaret alla musica live: jazz, cabaret, canzone milanese, swing. Il venerdì è dedicato alla musica anni ’60, ’70 e ’80, creando un’atmosfera vintage in cui i milanesi possono immergersi nei grandi classici di quegli anni.

Indirizzo: via Bovisasca 59

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# Apollo Club: ispirato alle eleganti Soho Houses e ACE Hotels di Londra, New York e Los Angeles

ravvenalejandro IG – Apollo Club

L’Apollo Club Milano, in zona Navigli, è un locale multifunzionale che integra cocktail bar, ristorante e discoteca. Fondato nel 2016 dal team di Rollover Milano, si ispira alle eleganti Soho Houses e ACE Hotels di Londra, New York e Los Angeles. Si caratterizza per un design e un’ambientazione chic con un tocco vintage che rimanda agli anni ’70 e ’80​, con uno spazio di oltre 1000 mq con diverse aree, tra cui una “Welcome Room” per gli aperitivi, una “Gaming Room” con ping-pong e flipper, un ristorante intimo da venti coperti e una discoteca con eventi di musica live e DJ set durante il weekend.

Indirizzo: via Giosuè Borsi 9/2

Leggi anche: MILANO CAPITALE del BRUNCH: i locali da provare almeno una volta nella vita

# Bar Luce in Fondazione Prada: richiama gli storici caffè milanesi degli anni ’50-’60

Credits didieryhc IG – Bar Luce

Negli spazi del polo museale e ricettivo di Fondazione Prada, zona Scalo Romana, c’è Bar Luce. Il locale è stato progettato dal regista Wes Anderson e prende ispirazione dagli storici caffè milanesi e dagli ambienti degli anni ’50 e ’60. Il design del bar include tavoli in Formica colorati, una decorazione eccentricamente vintage e un’atmosfera che ricorda i set dei film di Anderson, come “The Grand Budapest Hotel”. A rendere ancora più nostalgico il locale ci pensano alcuni elementi, come una decorazione che gioca con colori pastello e finiture dorate e una macchina da pinball a tema “Steve Zissou”. 

Indirizzo: largo Isarco 2

Continua la lettura con: I 7 locali del passato che i milanesi sognano di riportare in vita (con i video dell’epoca)

FABIO MARCOMIN

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Quelli che «dovevamo essere Svizzera»: la maxi provincia più curiosa della Lombardia

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Italia meravigliosa FB - Provincia di Sondrio

Curiosità e record di una provincia che sarebbe dovuta essere parte della Confederazione Elvetica. Ma si sono messi di mezzo gli austriaci. 

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Quelli che «dovevamo essere Svizzera»: la maxi provincia più curiosa della Lombardia

# La dichiarazione d’indipendenza della Valtellina

Di Tschubby – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8247690 – Canton Grigioni

Per secoli la Valtellina è stata la più veloce via di collegamento tra Europa centrale e penisola italiana. Per questo fu oggetto di continue mire espansionistiche da parte dei popoli confinanti. Abitata in età antica da popolazioni celto-liguri e dai camuni, passò sotto l’Impero Romano, poi sotto Lombardi, Franchi, il Ducato di Milano e nel 1512 al dominio del Canton Grigioni in Svizzera. A seguito del Sacro Macello del 1620, in cui ci fu l’insurrezione dei cattolici che portò all’uccisione di 400 protestanti, ci fu la dichiarazione dell’indipendenza della Valtellina dal dominio grigionese. Tornata sotto la Svizzera, nel 1797 Napoleone Bonaparte annesse il territorio alla provincia alla Repubblica Cisalpina, col nome di Dipartimento dell’Adda.

# Gli austriaci la “strapparono” alla Svizzera

Credits: viaggio-in-austria.it

Con il tramonto di Napoleone, anche la Valtellina passò sotto l’Impero Austro Ungarico che durante il Congresso di Vienna, scelse di annetterlo al Regno Lombardo-Veneto, invece di farlo tornare alla Confederazione Elvetica, anche grazie all’incisiva azione della delegazione valtellinese guidata dal deputato Diego Guicciardi (fonte “La delegazione valtellinese al Congresso di Vienna (1814-1815)”). Infine nel 1861 entrò a far parte del Regno d’Italia.

# L’unica provincia italiana tra tre bacini differenti alpini fluviali principali 

Italia meravigliosa FB – Provincia di Sondrio

Quella di Sondrio viene considerata insieme a quella di Brescia una delle due maxi province della Lombardia. La provincia di Sondrio ha una caratteristica unica a livello italiano: il suo territorio si trova infatti tra i tre bacini alpini fluviali principali, manca solo quello del fiume Rodano. Eccoli nel dettaglio:

  • la Val di Lei con il Reno di Lei che manda le sue acque nel Mar del Nord nei pressi di Rotterdam tramite il Reno Posteriore e poi il Reno vero e proprio;
  • l’Adda, che forma la Valtellina e che è fiume principale della provincia, che sfocia nel Mar Adriatico tramite il Po;
  • il torrente Aqua Granda e altri minori che si scaricano nel fiume Inn in Svizzera per poi unirsi al Danubio nell’Austria settentrionale, tramite il lago artificiale Livigno, concludendo la corsa nel Mar Nero nel sud-est della Romania. 

# Le navi battenti bandiera italiana hanno il diritto di navigazione sul Danubio grazie ai suoi fiumi

Di Kimdime – File:Lignedepartagedeseaux.png, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33119514 – Bacini idrografici Europa

La provincia di Sondrio insieme ad altre tre aree d’Italia, come quella di San Candido con la Drava, consentono di far arrivare l‘apporto di acque “italiane” al Danubio a circa lo 0,16% della sua portata complessiva. Questo consente, in base a quanto stabilito nella Convenzione di Belgrado del 1948, alle navi battenti bandiera italiana di avere il diritto di navigazione lungo il fiume.

# Racchiude le più elevate vette lombarde: il punto più alto supera i 4000 metri

Maps – Provincia di Sondrio

Per il suo sviluppo longitudinale e per il fatto di essere la provincia più a nord della Lombardia, racchiude al suo interno le cime più elevate della regione appartenenti alle Alpi Retiche, con il punto più alto segnato dalla Punta Perrucchetti a 4.020 m s.l.m., cima secondaria immediatamente a sud del Pizzo Bernina. La montagna più alta è invece Pizzo Zupò, che con i suoi 3996 m s.l.m. è seconda per altezza del Massiccio del Bernina, la cui vetta si trova in Svizzera.

Leggi anche: Dove osano le aquile: questo è il punto geografico più alto della città metropolitana

# Condivide con Brescia e il Trentino il più grande Parco Nazionale delle Alpi 

ph. Eric Westendarp from Pixabay – Giogo dello Stelvio

Un altro record della provincia riguarda la presenza del Parco Nazionale dello Stelvio: il più esteso delle Alpi con oltre 130mila ettari di terreno, dove è presente il secondo più alto valico transitabile d’Europa che mette in collegamento Bormio con Trafoi. Il parco è condiviso con Brescia e il Trentino Alto Adige, che contribuisce con il 48% della superficie complessiva.

FABIO MARCOMIN

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Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

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Bramieri

Nella sua lunga carriera, di comico e re delle barzellette, hanno trovato spazio anche alcune importanti pellicole drammatiche. Ecco quali e i personaggi che ha interpretato.

Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

# Dal debutto con «Cretinopoli» ai ruoli drammatici

Bramieri

Strano ma vero, nella carriera di Gino Bramieri non c’è stata solo l’opera divertente e comica: abbiamo scovato anche parti drammatiche. L’attore di Brera debuttava, nella sua lunga e straordinaria vita artistica, proprio ottant’anni fa, al Cinema Teatro Augusteo di Milano, in una piccola parte dello spettacolo “Cretinopoli”. Quello fu il primo passo di innumerevoli esperienze artistiche, tra teatro, cinema, radio e televisione, che lo hanno visto sempre nei panni di personaggi comici, “saltellando” tra la commedia e i musicarelli, passando per le inimitabili serate trascorse a divertire il pubblico con le barzellette.

Ma la vita artistica di Bramieri, agli inizi, non fu solo caratterizzata dalla comicità e dalle commedie umoristiche: debuttò sul grande schermo nel 1953 con la divertente pellicola “Siamo tutti milanesi”, ma un anno dopo ecco che lo troviamo nei panni Guidi, personaggio di secondo piano nel drammatico film “Amarti è il mio peccato”, con una trama strappalacrime in cui la protagonista è un’altra attrice meneghina, Luisa Rossi (mancata nel 1984). 

# Il film «Avanzi di galera» 

benitomovieposter.com – Avanzi di galera

Nel 1955 ecco che Bramieri lo troviamo in un’altra storia drammatica: il film è “Avanzi di galera”, del regista modenese Vittorio Cottafavi, che realizza in un unico racconto (tutto ambientato a Torino) una storia divisa in tre, tecnicamente non è una pellicola ad episodi, sembra quasi che il regista voglia, prima o poi, intrecciare le trame tra loro, ma ciò non accadrà.

Questo film narra la dura vita di tre uomini usciti dal carcere torinese “Le Nuove”, con storie tra loro assai diverse: un chirurgo finito in galera per aver fatto morire un paziente durante un’operazione, il bandito che, tornato in libertà, vuole ritrovare il bottino nascosto dopo una rapina e il giovane impiegato finito in carcere (ingiustamente) per il furto di una somma di denaro che in realtà aveva rubato il collega.

# Il ruolo dell’ambiguo e vile personaggio 

credit: wikipedia.org

Ed è proprio in questa terza storia che troviamo Gino Bramieri nell’inedita veste drammatica: il protagonista di questo episodio è Giuseppe Rasi, interpretato da Walter Chiari, un commesso di un’agenzia di viaggi torinese, che viene mandato in galera incolpato di essersi intascato indebitamente dei soldi del negozio in cui lavora. Dopo un lungo periodo in gattabuia, quando torna in libertà trova il rancore della propria famiglia (soprattutto del padre) che lo incolpa di averli disonorati. Giuseppe decide di vendicarsi, tornando nel negozio dove lavorava aggredendo il collega, ovvero colui che aveva rubato quel denaro, facendo poi cadere la colpa su Giuseppe. Ecco, quel collega è interpretato proprio da Gino Bramieri, che (nel film) per poco non viene ucciso strangolato dalla vittima di quel raggiro, salvato solo dall’arrivo in negozio di Giovanna (Antonella Lualdi) l’unica che, dopo la scarcerazione di Giuseppe, dimostra di credere all’innocenza di quest’ultimo.

Qui Bramieri ha la grande dote di incarnare il ruolo dell’ambiguo, quanto vile, personaggio, utilizzando pochissimo la parola, ma con un’espressività mimica assai efficace.

FABIO BUFFA 

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Frank Sinatra, quando “The Voice” ha stregato Milano

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BRUNO ARENA, il fico di Milano

Sandra MONDAINI: uno dei punti fermi della televisione italiana

TINO SCOTTI, il milanese del “Ghe pensi mi”

ORNELLA VANONI, Milano e Settembre

MARIANGELA MELATO, da “ranocchietta” a mito del cinema

MARTA ABBA: la musa di Pirandello

Quelle DIABOLIKE sorelle GIUSSANI

GIANNI MAGNI: il re del cabaret milanese

COCHI e RENATO: una coppia diventata il MARCHIO del CABARET

Giorgio AMBROSOLI: il RIVOLUZIONARIO in GIACCA e CRAVATTA che sfidò anche lo Stato

Peppin MEAZZA: il più grande MITO MILANESE del calcio mondiale

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LILIANA SEGRE, la testimonianza milanese dell’Olocausto

MARIA CALLAS, la Scala e BIKI, quel legame che ha fatto la storia dell’arte

WALTER VALDI, cintura nera di dialetto milanese

LORENZO BANDINI, lo sfortunato campione adottato da Milano

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MICHELE ALBORETO, il “pilota gentiluomo”

BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

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I «quartieri stranieri» di Milano

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Ph. @danymiao IG

Milano è una città che da sempre ha accolto persone di ogni parte d’Italia e nel mondo. Alcune di queste comunità si concentrano in alcune zone e la loro presenza imprime un’identità particolare al luogo. Questi sono i cinque quartieri etnici di Milano.

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I «quartieri stranieri» di Milano

#1 Il «Piccolo Bangladesh»: tra Caiazzo a Piazzale Bacone

Credits: milano.corriere.it

Milano c’è un quadrilatero di strade – racchiuso tra le vie Gaffurio, Benedetto Marcello, Vitruvio e Settembrini, e con il vertice in piazza Caiazzo – che è ormai riconosciuto come “piccolo Bangladesh”.

Entrando in Corso Buenos Aires da Piazzale Loreto, arrivando fino alla traversa di via Petrella vi imbatterete in una zona che è un frammento della Milano borghese dei primi anni del secolo scorso. La caratteristica è la presenza di palazzi in stile liberty che all’inizio degli anni ‘90 hanno iniziato a popolarsi da stranieri provenienti dal Bangladesh. Nel 1997 fu aperto il primo phone shop gestito da un bengalese in via Scarlatti e da quel momento il quartiere ha iniziato a cambiare fino a prendere le sembianze di quello di un Piccolo Bangladesh come chiamato dalla comunità dei bengalesi. Oggi si possono trovare negozi di ogni tipo: alimentari, negozi per comunicare con l’estero, rivenditori di originale bigiotteria e merci a basso costo.

#2 «Chinatown» in via Paolo Sarpi

I primi cinesi arrivarono in questa zona quasi 100 anni fa e iniziarono ad aprire le loro botteghe in via Paolo Sarpi anche se loro preferiscono abitare altrove, infatti gli abitanti del quartiere sono prevalentemente milanesi. La bellezza di Chinatown è vedere come vivano in armonia tantissime attività cinesi insieme ad altrettante botteghe milanesi di tradizione, in una mescolanza di odori e colori. Suggestivi i festeggiamenti del Capodanno Cinese tra gennaio e febbraio di ogni anno. Il quartiere è ormai diventato uno dei più cult e attraenti di Milano. 

Leggi anche: Via Paolo Sarpi e le chicche di Chinatown

#3 La «Nuova Kasbah», a nord-ovest della città

Lungo Viale Monza, tra piazzale Loreto e il comune di Sesto San Giovanni, si trovano numerose culture differenti che si sono amalgamate tra loro. Nella parallela Via Padova, si trovano le cosiddette “case a pigione”, vecchi edifici del ‘900 a più piani con corte interna, porticati e vani bottega, che permettevano di ospitare il maggior numero di famiglie nel minor spazio possibile. Nel corso degli anni, le botteghe sono state via via abbandonate dalla popolazione in gran parte di origine dell’Italia del sud, consentendone così l’utilizzo da parte delle popolazioni straniere che tutt’oggi abitano e lavorano in zona.

#4 L’ «Asmarina», il quartiere eritreo di Milano

quartiere eritreo
West Aires, o Asmarina, a sinistra di Porta Venezia nella foto

La zona compresa tra viale Tunisia, piazza della Repubblica, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires è un caso unico in Italia di quartiere abitato in modo stabile da una popolazione straniera che non sia quella cinese. Tra eritrei, etiopi, somali sono 2.500 i cittadini provenienti dal Corno d’Africa. Non mancano locali, bar e ristoranti della tipica tradizione dell’Africa orientale.

Leggi anche: L’Asmarina di BUENOS AIRES: il quartiere più esotico di Milano

#5 Il «Quartiere Arabo» a San Siro

Gli arabi del quartiere popolare di San Siro hanno ormai superato per presenza gli italiani. In queste vie si sente risuonare più spesso marhaban (saluto in arabo) che buonasera. In via Stratico sorge la scuola araba bilingue Nagib Mahfuz, la cui didattica segue i programmi ministeriali sia dello Stato italiano sia di quello egiziano. I bambini maghrebini di San Siro così possono frequentare le lezioni nella loro lingua d’origine senza uscire dal perimetro del quartiere. Un quartiere che per molti rappresenta un simbolo di degrado ma c’è la speranza o, forse, il sogno, che possa diventare anch’esso un luogo di attrazione capace di valorizzare al meglio le atmosfere arabe in terra milanese. 

Continua la lettura con: Proposte per rilanciare il quadrilatero dell’illegalità

FABIO MARCOMIN

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

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Credits barlam.it - Il Padrino

Noi italiani siamo abituati a essere rappresentanti dall’estero da stereotipi a volte fastidiosi, ma che hanno spesso un principio di verità perché collegati alla storia e agli usi e costumi del nostro Paese o di una parte di esso. Alcuni di questi luoghi comuni non hanno però nulla a che vedere con i milanesi. Vediamo quali sono.

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

#1 Non siamo mafiosi

Credits barlam.it – Il Padrino

Ovunque nel mondo quando ci si identifica come italiani si sa che la prima cosa che passa per la mente di chi incontriamo è: “mafia”. Pensiero spesso accompagnato con un mezzo sorriso, tipo come dire io lo so chi sei anche se non lo ammetterai mai. Se la cosa si fa esplicita può essere un boomerang provare a dire non solo che non siamo mafiosi, ma che di mafiosi in carne e ossa non ne abbiamo mai visto. La risposta è ancora lo stesso sorriso, come dire “prima regola del mafioso è negare la mafia”. Che ci piaccia o meno la mafia è il “prodotto” italiano più celebre al mondo anche grazie alla trilogia del Padrino. Mafia che significa non solo criminalità organizzata ma un certo tipo di mentalità ancora piuttosto diffuso sul territorio. Anche se gli stranieri ci ritengono tutti mafiosi, non si ha ancora notizia di un milanese ai vertici di Cosa Nostra. 

#2 Non siamo chiassosi (e non facciamo i gesti tipici con cui ci identificano gli stranieri)

L’italiano viene dipinto spesso per essere chiassoso, avvezzo a parlare sempre a voce alta anche in contesti in cui sarebbe richiesto un religioso silenzio. Se questo stereotipo trova conferma in chi vive o proviene dalle latitudini più a sud del nostro Paese, non ha invece niente a che fare con il modo di comportarsi del milanese. Non solo. “Ah, Italia!” e subito parte il solito gesto con le due mani con le dita unite come a inzupparle in una tazza di latte. Anche i gesti tipici che gli stranieri usano per scimmiottare gli italiani è difficile vederli messi in scena da chi è di Milano. .

#3 Non siamo scansafatiche

Credits meeting Hub – Incontro di lavoro

L’italiano ha la fama di pigro. Altro luogo comune duro a morire. E pensare che invece il milanese è l’emblema del lavoratore indefesso, al limite del patologico, una sorta di Stachanov dei tempi moderni. Gli scansafatiche si trovano altrove, di certo non a Milano e quelli che non hanno voglia di lavorare non fanno molta strada. Anzi, in qualunque classifica internazionale i milanesi svettano tra quelli che trascorrono più tempo al lavoro. 

#4 Non siamo gente che parla parla… ma poi non fa

L’italiano viene solitamente rappresentato come qualcuno che fa le cose in modo approssimativo, che parla parla ma poi combina ben poco. Tutto il contrario delle caratteristiche tipiche di chi è a Milano: se c’è un lavoro da portare a termine o un orario da rispettare il milanese si fa in quattro per rispettare gli accordi. Lasciare le cose metà o farle in maniera approssimativa non rientra nel DNA di chi è di Milano.

#5 La stretta di mano a Milano vale

credits: biancolavoro.it

Altro luogo comune sull’italiano è quello di non rispettare le promesse. La stretta di mano del milanese vale oro, anche più di un contratto scritto. Ci tiene a mantenere la parola data a costo di rimetterci in prima persona e pur di non perdere la faccia. In altre parti del Paese lo stereotipo dell’italiano “che frega” può anche trovare luogo, ma a Milano fa poca strada. 

#6 Non suoniamo il mandolino, né sappiamo fare la pizza

Credits faremusic.it – pizza-e-mandolin

Pizza e mandolino è un’accoppiata di stereotipi che, insieme alla pasta, sono spesso utilizzati per rappresentare il nostro Stivale. Possono andare bene a Napoli, dove sia la pizza che il mandolino sono nati, ma non a Milano. Molta sorpresa accoglie il milanese all’estero quando scoprono che non sappiamo fare la pizza né suonare il mandolino. 

#7 Ci facciamo riconoscere (ma al contrario di quello che si aspettano)

Il milanese ama fare bella figura. E ama farsi riconoscere per la sua sobrietà, per la sua competenza e la sua schiettezza. Al contrario di come gli italiani in generale vengono individuati, come casinari, caotici, sempre sopra le righe. 

Continua a leggere con: Quando i MILANESI hanno dato il MEGLIO di SÉ

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Quando a Milano il mare c’era davvero

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credit: chometemporary.it

Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però un tempo avevamo anche quello!”.

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Quando a Milano il mare c’era davvero

Milano per tantissimi è una città perfetta, o quasi. L’unica cosa che le viene rimproverata è quella di non avere il mare, ma non è sempre stato così. In origine, infatti, quando ancora i milanesi non esistevano, il mare faceva da padrone. Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però avevamo anche quello!”.

# Un cittadino inaspettato: il mare

credit: chometemporary.it

Circa 600 mila anni fa, quando ancora il Bosco Verticale non era neppure una vaga idea e il Manzoni stava nell’iperuranio a concepire i Promessi Sposi, a Milano c’era un cittadino inaspettato: il mare. Poi piano piano capì che il suo posto non era questo, che era tempo di lasciare spazio ad un altra super cittadina ancora presente: la pianura padana. All’arrivo della pianura padana le cose cambiarono radicalmente, ma il mare prima di andarsene aveva lasciato dei segni per non farsi dimenticare. E infatti proprio durante i lavori in viale Byron sono stati trovati dei resti di conchiglie e gusci che testimoniano ancora oggi la presenza del mare a Milano.

# I primi a mettere piede a Milano? I liguri, ma non lasciarono alcuna focaccia

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Quindi il mare milanese è esistito eccome, ma dopo l’arrivo della pianura padana, come si è creata la nostra città? Tutto è iniziato con un via vai di culture e popoli. I primi ad arrivare, 4500 anni fa, furono i liguri. Questo popolo preistorico si stanziò in pieno centro città, nella zona di Missori, e così come il mare lasciarono delle tracce del loro passaggio: non aspettatevi però la focaccia o il pesto, lasciarono frecce e seghetti in pietra. Nonostante i liguri misero per primi piede nella culla della città, non ne furono i fondatori.

# Belloveso e la scrofa semilanuta: la leggendaria fondazione di Milano

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Dopo i liguri arrivarono gli insubri, che iniziarono a costruire i primi agglomerati di capanne, simili ad un villaggio organizzato, ma poi arrivarono gli etruschi e gli insubri furono costretti a levare le tende… o meglio le capanne. Anche gli etruschi però rimasero poco in pianura padana poiché vennero battuti dai Galli a Melpum (l’attuale Melzo). Furono proprio i Galli, secondo Tito Livio, a fondare la nostra città. A dirla tutta il fondatore fu Belloveso, il capo della tribù dei Biturgi. Andrea Alciato ci ha raccontato nel Rerum Patriae come leggendariamente avvenne la fondazione di Milano, grazie alla scrofa semilanuta: Belloveso arrivato in pianura padana decise di voler fondare una città, ma non sapeva né come chiamarla né dove gettarne le fondamenta. Così, come erano soliti fare gli antichi, il principe gallo consultò gli Dei che gli risposero di fondare la sua città laddove avesse trovato una scrofa ricoperta di lana.

credit: milanopocket.it

Indubbiamente nella storia di Belloveso si fondono realtà ed elementi leggendari, ma effettivamente un’origine consigliata dagli Dei rende il tutto più intrigante. La scrofa semilanuta rimase a lungo il simbolo di Milano, finché i Visconti non lo sostituirono con il celebre biscione. Ancora oggi, però, continua ad affascinare chi apprezza la leggenda di Belloveso e si può osservarla in piazza dei Mercanti, sempre se non si preferisce credere alla storia nuda e cruda, per la quale i fondatori di Milano furono gli insubri con le loro capanne (che considerando le origini marittime della zona, potremmo quasi chiamarli bungalow).

Continua la lettura con: Il MARE a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i GHIACCIAI si sciogliessero

ROSITA GIULIANO

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La città più piccola d’Italia

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Credits: @benjamin.kienig136 Glorenza

Qual è la città più piccola d’Italia? In un Paese che fa la collezione di borghi molto piccoli, non sembra strano trovare paesi dalle dimensioni ridotte. Ma qual è la città più piccola?

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La città più piccola d’Italia

# La “città” di 913 abitanti

@little_sunflower_genoa
Glorenza

La città più piccola d’Italia è Glorenza e si trova in Alto Adige, in Alta Val Venosta, a pochissimi chilometri dal confine svizzero e non lontana anche dal confine con l’Austria. Nelle vicinanze del paese nasce il fiume Adige che inizia a scorrere proprio nel paese. Eppure chiamare Glorenza “paese” o “borgo” risulta sbagliato. Con 13 chilometri quadrati di area e solo 913 abitanti, Glorenza è il più piccolo comune dell’Alto Adige a definirsi “città”. Non solo: è anche la più piccola città italiana in assoluto.

# Perché si considera “città”?

Credits 87lijuck IG – Glorenza

La domanda sorge spontanea: come può un borgo così piccolo fregiarsi del titolo di città? La cittadella ebbe un ruolo particolarmente importante nel Medio Evo come fortezza e come mercato, e così già nel 1300 si fregiò del titolo di “città”. Titolo mai tolto anche perché, forse per la sua importanza storica, gli abitanti sono molto orgogliosi di questa denominazione che trasmette un senso di grandezza per un nome che rimanda a un passato glorioso. Per risaltare le sue piccole dimensioni, a Glorenza c’è un detto tra gli abitanti: “La nostra città è così piccola che dobbiamo andare a messa fuori dalle mura”.

# Le mura che difendono la sua medievalità

@roberta.lucchesi
Glorenza

Glorenza fu circondata da imponenti mura, ancora oggi ben visibili e che difendono la città. Non si parla più di una difesa militare, ma di mura che difendono lo spirito medievale di Glorenza, città i cui edifici sono ancora intoccati e luogo che mantiene la sua storicità. Glorenza, o Glurns in tedesco, è una città ricca di posti da visitare.

Qui c’è ancora la piccola chiesa originale, case signorili (come la Casa del Balivo, una bella residenza signorile con degli smerli, la Casa Frölich con bellissimi affreschi all’interno e la Casa Gebhard e la Casa Frölich con bellissimi affreschi) e alcuni eventi fieristici.

Continua la lettura con: Il BORGO più BELLO d’Italia si trova a UN’ORA da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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