In origine c’erano la chiesa di San Filippo Neri e il convento delle Schiave di Maria. Furono abbattuti per lasciare posto a un’opera sontuosa di puro stile fascista, che fu inaugurata nel 1940 quando già imperversava quella guerra che avrebbe segnato la fine del fascismo. Foto cover: @gianfrancocorti IG
«Sulla Natura si forma il Diritto, non sull’Opinione»: le tre frasi latine del Palazzo della Giustizia
Nacque come tempio della Giustizia e sulla facciata campeggiano tre frasi che suonano imponenti:
# La scienza degli affari divini e umani
Al sommo dell’Avancorpo di sinistra:
“Iurisprudentia est divinarum atque humanarum / rerum notitia iusti atque iniusti scientia” (La Giurisprudenza è la scienza degli affari divini e umani, dei fatti giusti e ingiusti)
# I tre precetti del Diritto
Al sommo dell’Ingresso principale:
“IUSTITIA / Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere / alterum non laedere, suum cuique tribuere” (GIUSTIZIA / I precetti del diritto sono questi: vivere onestamente / non ledere l’Altro, attribuire a ciascuno il suo)
# In nome della Natura
Al sommo dell’Avancorpo di destra:
“Sumus ad iustitiam nati neque opinione / sed natura constitutum est ius” (Siamo chiamati alla giustizia fin da quando siamo nati e sulla natura si fonda il diritto, non sull’opinione)
Tutti i mosaici e le opere realizzate al suo interno sono state anch’esse realizzate appositamente su ispirazione del regime fascista.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Silenzio, si fa freddo. Ma non tutto il male viene per nuocere. Ci sono, infatti, località in Italia stupende soprattutto in Autunno. Foto cover: @ig_langheroeromonferrato IG
Il Trentino Alto-Adige unisce i colori infuocati dei boschi che circondano le Alpi e le Dolomiti, a vigneti, esperienze food, magnifici castelli, malghe e masi. In caso di maltempo si può scegliere di farsi coccolare nei bagni termali e deliziarsi con i prodotti locali.
#2 La poesia del Lago di Como
Nel nord Italia si trova la zona dei laghi per eccellenza, dove si trovano il lago di Como, di Garda, Maggiore, Iseo, d’Orta, e di Varese. In autunno sono mete ideali per gite in barca, passeggiate in riva al lago, panorami che cambiano colore giorno dopo giorno e per visitare i borghi e le isole più suggestive.
Le colline delle Langhe e del Monferrato sono ricche di vigne e anche per questo costituiscono una delle mete migliori per ammirare colori autunnali e viste mozzafiato. Da Alba, città famosa per funghi e tartufi, a La Morra, da cui si gode di un panorama da cartolina, Neive, Grenzane Cavour, Verduno, Barbaresco, patria di vini iconici come il Barolo, sono numerosi i borghi da visitare per una gita fuori porta.
#4 Sulla strada del Prosecco, tra Valdobbiadene e Conegliano
Per una vacanza all’insegna del vino e degli splendidi paesaggi si può optare per un tour lungo i 32 km della Strada del Prosecco, vigneti tra curve e muretti a secco tra le città di Valdobbiadene e Conegliano. In questi luoghi meravigliosi si può godere delle visite in vigna, musei e ristorantini tipici.
#5 Il Chianti in Toscana, per gli amanti del vino
In autunno una delle regioni ideali da visitare è La Toscana e in particolare la zona del Chianti, vocata alla viticoltura e al gusto. Sono molti i borghi in cui si tengono sagre dedicate a funghi, castagne, olive e buon vino.
#6 Tra i pittoreschi villaggi della Costiera Amalfitana
La Costiera Amalfitana, tra Sorrento e Salerno, è capace di stupire anche in autunno grazie a suoi pittoreschi villaggi. Cetara, Amalfi, Ravello, Positano e Vietri sul Mare sono perle di rara bellezza che sono più facili da visitare a ottobre o novembre con sole più tiepido e temperature miti.
#7 Le Foreste Casentinesi, patrimonio mondiale Unesco
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si trova sull’Appennino tosco-romagnolo ed è stato istituito nel 1993, dal 2017 è inserita nell’elenco dei siti Patrimonio nell’Unesco. Offre ai visitatori un’esperienza panica unica, attraverso i suoni e i profumi della natura circostante. Tra ottobre e le prime di novembre è la meta ideale, per un’esperienza rilassante a contatto con la natura.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
C’è un vario repertorio di frasi che i NON milanesi usano quando parlano con chi vive a Milano, molte delle quali sono scontate o inopportune. Riscopriamo la top 10 delle frasi che innervosiscono di più i milanesi di nascita o per scelta.
10 cose che chi vive a Milano non vuole sentirsi dire
#1 “Bella Milano eh, ma non c’è il mare”
La più odiosa in assoluto. Anche a Londra non c’è il mare, e neanche a Parigi, Berlino o in un milione di altre città. E poi, chi ha mai detto che la bellezza di una città debba dipendere dalla presenza del mare? Siamo esseri umani o delle foche?
#2 “A Milano non c’è mai il sole”
Sfatiamo il mito: i milanesi non sono discendenti del conte Dracula, il sole lo vedono eccome. Nelle giornate di sole Milano è ancora più bella e i tramonti che si scorgono fra i palazzi possono impressionare anche chi è abituato a orizzonti sconfinati.
#3 “I milanesi sono tutti arrabbiati”
Ricordiamoci che siamo in una metropoli, basta andare a vedere le facce dei parigini, dei berlinesi o dei londinesi in metropolitana la mattina per capire che in realtà si tratta di un’espressione che accomuna chi vive nei centri del mondo. “E poi”, come scrive il blog conunviaggiosullatesta, “il bello di Roma, invece, è che appena scendi dal treno arriva Pollyanna ad abbracciarti e a dirti “benvenuto, sei nella città dei sorrisi?”.
#4 “Voi milanesi avete tutte le vocali aperte”
Aperte? Chiuse? A meno che tu non sia un professore di dizione direi che questo è l’ultimo dei problemi di cui preoccuparsi. Anche perchè poi, non è che nel resto d’Italia si parli un italiano da accademia della Crusca. Ps. Si dice cotolEEEtta, possibilmente tirando bene fuori la lingua.
#5 “Non si dice brioche, si dice cornetto”
A Milano si mangia la brioche. Fine.
#6 “Milano è sempre super trafficata”
Sei mai stato sul Grande Raccordo Anulare? O imbottigliato nei vicoli di Napoli? O sulla sopraelevata di Genova? In una grande città c’è il traffico, ci avete mai fatto caso?
#7 “I milanesi sono sempre di corsa”
A Milano vige un rigoso rispetto dell’orario, se organizzi una riunione alle 15 inizia davvero alle 15, non alle 16. Non è solo questione di rispetto ma anche di intelligenza: prima inizi e prima finisci no?
#8 “A Milano c’è sempre la nebbia”
Un detto che poteva avere valore 50 anni fa quando di nebbia se ne vedeva davvero tanta, oggi la nebbiolina di Milano non è niente a confronto di ciò che si trova nelle campagne circostanti. E se proprio lo vuoi sapere, ci dispiace perfino non averne di più.
#9 “Bella Milano, sono stato in Duomo”
E il resto della città è un ologramma fantascientifico? Prendi una guida turistica e lasciati trasportare da tutta la storia e la cultura, scoprendo che c’è vita anche al di là di Piazza Duomo.
#10 “Ma sei di Milano Milano?”
Come toccare nel profondo l’orgoglio del milanese? Con questa domanda. Ma perché non si dice Roma-Roma o Torino-Torino? La verità è che sia che abiti in centro sia che abiti nell’hinterland la risposta sarà sempre sì, perché Milano è un fattore di mentalità più che un riferimento geografico.
10 milioni di abitanti. La Lombardia è la regione italiana con la popolazione più grande, quasi il doppio rispetto alla seconda. Il Veneto ha poco meno di 5 milioni. La metà delle regioni italiane hanno meno di due milioni di abitanti.
La domanda è: per godere dei benefici dell’autonomia, dati dalla maggiore vicinanza al territorio degli organi decisionali, ha senso avere una regione con 10 milioni di abitanti che, di fatto, rappresenta un doppione dello Stato? E, soprattutto, ha senso che una città come Milano che da sola versa allo Stato il 10% delle imposte nazionali, sia schiacciata da un doppio gigantesco apparato, centralista e inefficiente?
Stato italiano e Regione Lombardia: i due carrozzoni che schiacciano Milano
# Lombardia e Svizzera: stessi abitanti, modelli opposti
La Lombardia con 10 milioni di persone, con quasi il doppio di abitanti delle altre due regioni più popolate, Lazio e Campania, è di fatto uno stato centralista in uno stato centralista. Milano che, come Comune non può decidere quasi nulla di strutturale sul suo territorio, si trova con una doppia sovrastruttura sopra la testa: Regione Lombardia e lo Stato. Due apparati burocraticiche non lasciano alcuna forma di autonomia alla base e che raddoppiano i motivi di inefficienza.
I principi dell’autonomia sono chiari: tanto più vicino è il governo ai cittadini tanto più è capace nel rispondere alle loro specifiche esigenze, con tempestività e trasparenza. Questo tipo di efficienza trova la sua massima espressione nella Svizzera: stato confinante con la Lombardia, che con meno di nove milioni di abitanti assomiglia molto alla Lombardia tranne che in una cosa fondamentale. Mentre la Lombardia accentra tutti i poteri al governo regionale, la Svizzera è federata in 26 cantoni dotati di forte autonomia.
10 milioni di abitanti gestiti in modo uniforme, senza autonomia ai singoli territori, significa centralismo, quella modalità di amministrazione che lo stesso governo lombardo denuncia come inefficiente. E pensare che lo stesso articolo 5 della Costituzione prescrive che la Repubblica “attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”.
Regione Lombardia pretende più autonomia dallo Stato: ma che cosa può cambiare tra avere un potere gestito su 60 milioni di persone o su 10 milioni? La sostanza non cambia.
# La soluzione più efficiente? Regione Lombardia con 6 milioni e Milano Città Regione con 4 milioni di abitanti
Per poter godere dei vantaggi per i cittadini dati dall’autonomia, la soluzione è semplice: si deve dividere la Lombardia in due. Una sarebbe la Regione di Milano, che comprenderebbe i 4 milioni di abitanti dell’area urbana della Città Metropolitana e di Monza Brianza. La restante sarebbe la Lombardiacon gli altri 6 milioni di abitanti di aree non metropolitane.
Non sarebbe solo una questione di numeri, ma anche di omogeneità territoriale: mentre l’area milanese è un conglomerato metropolitano in continuità fisica ad alta densità abitativa, le altre zone della Regione Lombardia sono più isolate e ridotte e necessitano di attenzioni differenziate, dalla sanità ai trasporti, dalle politiche abitative alla lotta contro l’inquinamento, problemi che hanno caratteristiche diverse dentro e fuori l’area di Milano.
Vediamo un esempio di città amministrata in autonomia dalla regione a cui geograficamente appartiene.
# Berlino e Brandeburgo: città stato circondata da uno stato regione
Si tratta di replicare un modello già esistente ad esempio in Germania dove lo stato federale del Brandeburgo circonda fisicamente la capitale Berlino, ma non la comprende, perché come città-stato ha piena autonomia, alla pari di tutti gli altri Laender tedeschi. La popolazione di Berlino è di circa 5 milioni di persone su una superficie di 2.852 kmq, l’area milanese compresa Monza Brianza assomma 4,2 milioni di abitanti su 2.000 kmq quindi la situazione è perfettamente paragonabile.
La regione metropolitana di Berlino-Brandeburgo comprende la città stato, Berlino, e la cintura metropolitana, appartenente al Land del Brandeburgo: la città extracircondariale di Potsdam, e le parti suburbane dei circondari Barnim, Dahme-Spreewald, Havelland, Märkisch-Oderland, Oberhavel, Oder-Spree, Potsdam-Mittelmark e Teltow-Fläming. Questo potrebbe essere utile nel coordinamento tra i due nuovi enti regionali: Milano e la Lombardia.
# I principali vantaggi se Milano diventasse una Città Regione
Il male ha lasciato il segno nel cuore dei milanesi. Abbiamo chiesto ai cittadini quali fossero i fatti di cronaca che più li avessero scossi, ecco i 7 fatti principali.
I 7 fatti di cronaca che hanno scosso di più i milanesi: da Piazza Fontana a Kabodo
# 1 L’attentato di Piazza Fontana (1969): la ferita del terrorismo
12 dicembre 1969. Nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, esplode una bomba. Muoiono sul colpo 17 persone mentre 88 sono i feriti. L’attentato segna l’inizio di una lunga stagione di terrorismo in Italia. i primi sospettati sono gli anarchici, ma gli autori risultano, poi, estremisti di destra guidati dai servizi segreti deviati.
Il bilancio della strage, il processo e le indagini (tra apparente incompetenza e manipolazione) turbano profondamente l’opinione pubblica e danno inizio a un periodo di profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni e della giustizia.
#2 Pinelli e Calabresi (anni ’70): omicidio e vendetta, gli Anni di Piombo a Milano
15 dicembre 1969.Giuseppe Pinelli, anarchico sospettato di connessioni con il terrorismo, muore dopo una caduta dalla finestra della questura di Milano, mentre era sotto interrogatorio. La sua morte, avvenuta in circostanze controverse, riaccende le tensioni politiche dell’epoca.
17 maggio 1972. Il commissario Luigi Calabresi, ingiustamente sospettato di aver ucciso Pinelli e oggetto per questo sospetto di una violenta campagna di diffamazione, viene assassinato alle spalle.
I due omicidi intensificarono il clima di violenza e instabilità che negli anni di piombo già si respirava a Milano.
#3 L’Omicidio di Mary D’Amelio (1987): il mistero brutale della Bovisa
8 novembre 1987.Mary D’Amelio, studentessa diciassettenne, viene brutalmente aggredita e uccisa a sassate vicino alla fermata del treno di Bovisa. Il corpo è scoperto dal padre che lo trova in una zona deserta. L’assassino, identificato come Roberto Pirovano, è un uomo disturbato con ritardo mentale.
Dopo due anni di processo, Pirovano è dichiarato non imputabile per infermità mentale e internato in un ospedale psichiatrico. Mary D’Amelio viene ricordata attraverso solo una targa nel suo quartiere, oggi imbrattata.
#4 Strage di Via Palestro (1993): la mafia colpisce Milano
27 luglio 1993. Milano è scossa da una serie di esplosioni violente in Via Palestro. Muoiono 5 persone, 20 rimangono ferite. L’attacco è opera della mafia siciliana, che colpisce un’area centrale e affollata della città proprio per dimostrare la capacità di seminare il terrore anche nel cuore del nord.
L’evento fu un segnale inquietante della crescente penetrazione della mafia nella vita urbana milanese e portò a all’intensificazione delle misure di sicurezza.
#5 Il Disastro di Linate (2001): il tracollo della Sicurezza Aerea italiana
8 ottobre 2001. L’aeroporto di Linate è teatro della più grave tragedia aeroportuale d’Italia. Un aereo McDonnell Douglas MD-87, in decollo, e un Cessna 680, in atterraggio, si scontrano sulla pista, a causa della nebbia. È un disastro: muoiono 118 persone.
L’inchiesta sui fatti rivelò una serie di errori umani evitabili, tra cui la mala gestione della cattiva visibilità e difetti nei sistemi di sicurezza. A partire da questo triste fatto iniziò una revisione radicale delle procedure aeroportuali di scala nazionale.
#6 Un aereo contro il Pirellone (2002): Milano rivive l’incubo dell’11 Settembre
18 aprile 2002. Un aereo contro un grattacielo: per alcune ore Milano rivive gli spettri dell’11 Settembre americano.
Un aereo da turismo Rockwell Commander 112TC, pilotato da Luigi Fasulo, si schianta contro il 26º piano del Grattacielo Pirelli. L’incidente causa la morte del pilota e di due impiegati della Regione Lombardia e ferisce 70 persone.
L’inchiesta portò alla luce l’esatta dinamica. Dopo il decollo da Locarno e un volo apparentemente regolare, Fasulo avrebbe affrontato problemi tecnici con il carrello e confusione nelle comunicazioni, che portarono a una deviazione fatale verso l’edificio. L’inchiesta concluse che l’errore umano e la difficoltà nel gestire la situazione furono le cause principali dell’incidente. Un memoriale è stato dedicato alle vittime al piano dell’incidente.
#7 Il piccone di Kabobo (2013): Milano preda del terrore
11 maggio 2013. Adam Kabobo, noto come il “killer del piccone”, armato di un piccone, semina il terrore sulla strade di Milano, uccidendo tre persone a caso nel quartiere Niguarda: Alessandro Carolè, Ermanno Masini e Daniele Carella.
Dopo una serie di aggressioni e tentati omicidi, Kabobo è stato arrestato e condannato a 20 anni di reclusione nel 2016.
# Un parco nascosto sulle rive del Naviglio Pavese
Siamo in zona Navigli. All’interno di un lungo passaggio tra il civico 26 di Corso San Gottardo e il civico 29 di via Cardinal Ascanio Sforza affacciato sul Naviglio Pavese c’è un giardino condominiale chiamato Parco di Corso San Gottardo. Uno degli interventi pensato per ricucire il vecchio tessuto urbano con quello nuovo invece che proseguire con la speculazione edilizia messa in atto dopo la Seconda Guerra Mondiale che ha distrutto il vecchio quartiere presente.
# Tra strutture tubolari e ruderi
Camminando in questo giardino si trova un perimetro murario alto qualche decina di centimetri, che sembra seguire le linee di una vecchia abitazione o forse pensato con questo disegno, ricoperto da pietra e che funge da lunga panchina dove sedersi. Ci sono anche alcuni ruderi a testimonianza di una parte di quartiere che non esiste più.
A questo si aggiungono strutture moderne in ferro, tunneltubolari e una sorta di gazebo circolare pensati probabilmente per essere ricoperti da rampicanti ma alquanto spoglie, il tutto inserito dentro un complesso residenziale con vetrine di uffici e negozi al livello del parco.
# Un giardino con un buco
Proseguendo nella camminata, in direzione del Naviglio Pavese, si scopre forse l’elemento più curioso di questo parco: un buco circondato da rampicanti che si apre su un piccolo giardinetto soprastante.
A livello strada c’è un’aiuola con un albero che punta verso il cielo e esce oltre l’apertura.
Al primo piano un giardino pensile che solo chi abita negli appartamenti può vedere dall’alto, quindi da un punto di vista opposto, e accedervi.
Un banco di prova per questa tecnologia all’avanguardia, in grado di produrre molta più energia dei pannelli solari, implementabile anche in città. Scopriamo come funziona il sistema, le sue caratteristiche e i vantaggi rispetto alle classiche turbine eoliche.
Il 4 settembre BMW Group ha annunciato l’installazione del primo sistema di energia eolica “motionless” del Regno Unito presso lo stabilimento di produzione MINI di Oxford. Lo stabilimento di Oxford fungerà da banco di prova per questa tecnologiaall’avanguardia, valutando il suo potenziale per migliorare l’efficienza energetica nelle sedi del BMW Group in tutto il mondo e negli edifici commerciali del Regno Unito.
# Come è fatto il sistema e come funziona
Il dispositivo è una sorta di torretta alta 3 metri, accreditata di 5 kW di potenza nominale che equivale a circa 16 pannelli solari, con profili verticali simili a quelli delle ali, capaci di che creare un effetto vuoto attirando l’aria dietro un’elica interna per generare elettricità pulita. L’unità di energia eolica viene installata sul bordo di un edificio, orientata verso il vento prevalente. La tecnologia è stata brevettata nel 2015 da Carsten Westergaard e sviluppata nel 2022 da Aeromine Technologies.
# I vantaggi di questa soluzione: meno rumore e vibrazioni, nessun disturbo all’ambiente circostante
Rispetto alle turbine eoliche tradizionali questo dispositivo non ha parti mobili visibili e riduce al minimo il rumore e le vibrazioni, garantendo l’assenza di disturbi agli edifici o all’ambiente circostante e con un impatto minimo sulla fauna selvatica. Inoltre, l’unità è costruita con materiali altamente durevoli e riciclabili, contribuendo a sostenere l’impegno del BMW Group a mettere la sostenibilità al centro della sua direzione strategica. I sistemi installati dalla società Aeromine Technologies consistono generalmente in 20-40 unità, esposte lungo i lati più ventosi degli edifici, e funzionano senza problemi accanto agli impianti solari, massimizzando la produzione di energia rinnovabile dai tetti.
Un sistema così compatto non ha bisogno di spazi ampi, solitamente terreni agricoli pianeggianti, al contrario è pensato per essere posizionato sui tetti degli edifici: si vedrà anche a Milano?
Le 7 cose più insopportabili dei ristoranti milanesi
#1 Le catene e i ristoranti che aprono più sedi
Sarà sicuramente un mio limite, ma quando sento e vedo che un ristorante apre la seconda sede, la terza e così via all’infinito, io proprio non lo sopporto. Anche perchè spesso vale la regola: la riduzione della qualità è proporzionale al numero di nuove aperture.
#2 I menù degustazione
Sono comodi per carità perché concentrano le pietanze più rappresentative del locale. Ma assaggino iniziale, primo e dolce bevande escluse, proprio non mi va.
#3 La fila fuori
Capita spesso specie nei locali che hanno aperto dopo un tam-tam social. La curiosità è tanta ma, una volta sul posto, troppa gente, troppa fila, troppo caos.
#4 La ripetitività nelle preparazioni
Qualche esempio? Burrata sopra qualunque cosa. La pietanza servita “su un letto di…”. La chips di pane, formaggio, patate dolci. Il polpo scottato. La colatura di alici.
#5 Iper esterofilia
Qualunque nazione del mondo è rappresentata a tavola a Milano. Una cucina etnica molto variegata e in qualche caso di alta qualità. La sensazione è che però sia più facile trovare un ristorante di sushi che una buona trattoria milanese autentica.
#6 Il posto di cui tutti parlano
Spesso la fama di un locale è preceduta da una pubblicità che dura settimane, ulteriormente alimentata dai social. Nel concreto si può restare delusi da posti belli con cibo discutibile.
#7 Le finte osterie
Capita di imbattersi in osterie che di osteria non hanno nulla. Locali acchiappa turisti con menù poco accattivanti, qualità non eccelsa e prezzi da capogiro. Quando l’abito non fa il monaco.
Un viaggio emotivo, culturale e storico, uno dei progetti più ambiziosi e affascinanti nel panorama dell’escursionismo italiano. Dalle isole alle Alpi attraversando tutte le regioni italiane. Scopriamo come è nata l’idea e come si sviluppa il percorso.
Il sentiero che unisce tutte le regioni: in Italia uno dei cammini più lunghi del mondo
# Uno dei progetti più ambiziosi e affascinanti nel panorama dell’escursionismo italiano
La genesi del progetto risale agli inizi degli anni ’80, precisamente nel 1983. In quell’anno il percorso dell’odierno Sentiero Italia fu proposto da un gruppo di gruppo di giornalisti e scrittori poi riunitisi nell’Associazione Sentiero Italia. Fu solo però nel 1995 che, con la collaborazione del CAI, avvenne il lancio dell’evento CamminaItalia aperto a tutti e guidato da Teresio Valsesia, Riccardo Carnovalini e Giancarlo Corbellini. Si tratta ancora oggi di uno dei progetti più ambiziosi e affascinanti nel panorama dell’escursionismo italiano.
# Tutte le 20 regioni attraversate lungo 8000 km, dalle Alpi alle isole, parchi nazionali e siti Unesco
Trascurato per decenni, nel 2018 il Club Alpino Italiano annuncia la sua rinascita in accordo con l’Associazione Sentiero Italia, per recuperare e rilanciare il tracciato rinominandolo “Sentiero Italia CAI”. Un percorso di trekking, definito come il più lungo del mondo, che si snoda per 7960 km lungo tutta la Penisola e che arriva ad un’altitudine massima di 3.102 m s.l.m. Attraversa tutte le 20 regioni italiane, toccando 360 comuni e tutte le principali catene montuose, passando per 16 Parchi Nazionali, 60 tra Parchi e Riserve Regionali, numerosi siti di Rete Natura 2000, Riserve Biosfera MAB dell’UNESCO, arrivando fino sulle isole. Si toccano valli, coste, pianure, piccoli borghi nascosti e città d’arte.
# Un totale di oltre 500 tappe e 8 mesi di un viaggio emotivo, culturale e storico
Un cammino reso possibile grazie al supporto delle numerose sezioni del Club Alpino Italiano, ognuna che si occupa delle singole 527 tappe, in un viaggio che è anche emotivo, culturale e storico. Oltre ad apprezzare la diversità e la bellezza del territorio italiano, scoprendo luoghi mozzafiato, ci si immerge infatti nelle tradizioni, nella storia e nella gastronomia delle comunità. Si parte dalla località di Santa Teresa di Gallura, dalla Sicilia si sale lungo tutta la dorsale appenninica e il versante meridionale delle Alpi e si arriva a Muggia, in provincia di Trieste, dopo 8 mesi. Sono diversi i lunghi tratti di itinerari preesistenti inseriti al suo interno, tra cui la Grande Traversata delle Alpi, l’Alta Via dei Monti Liguri e la Grande Escursione Appenninica,.
Esistono gli universi, le rette, i destini, ma, a volte, esistono anche quartieri che si potrebbero definire paralleli, convivono assieme pur essendo diversi come solo Bovisa e Derganopossono essere.
Bovisa e Dergano: la grande rivalità di due quartieri allo specchio
# Un’identità da contrade con campi e fossati come confini
Nel passato avevano una ben definita identità: erano borghi autonomi con una precisa fisionomia che campi e fossati dividevano creando netti confini. Con il tempo queste peculiarità sono andate via via sfumando anche a causa di accorpamenti amministrativi pensati in maniera un po’ frettolosa e maldestra: passeggiando per i quartieri, che oggi sono accorpati dentro a una stessa zona, riaffiorano comunque in maniera marcata le differenze.
Senza scomodare il romanzo ambientato nella Via Pal dell’antica Budapest, abitare alla Bovisa o a Dergano, se eri un ragazzino ti differenziava: il senso di appartenenza era sentito, soprattutto se ci si trovava in territori “neutri” come poteva esserlo una scuola media di confine. Si rinfacciava agli “altri” di abitare nel quartiere più pericoloso e malfamato. D’altronde, in Italia, lo spirito delle contrade è da sempre presente, un tratto distintivo del nostro immenso patrimonio culturale e i quartieri altro non sono che delle moderne contrade. Ma che cosa li distingue ancora oggi?
# Lo Spirito della Bovisa, tra locomotive e neorealismo
La Bovisa si sviluppa lungo i binari della ferrovia quasi aggrappandovisi e possiede una forte vocazione industriale sviluppatasi nel tempo. Tempo spesso scandito dai treni e dal fischio delle locomotive, udibile da lontano.
Il grandissimo Tessa ne citava i fumi malsani delle sue ciminiere raccontando del ritorno dalle sue vacanze ne La bella Milano, libro di struggente intensità della Milano che fu.
Lo snodo ferroviario della Bovisa, (con la sua orrenda stazione, nota per una scomodissima scalinata e costruita sulle macerie di quella vecchia e caratteristica) è decisamente più importante di quanto si pensi, trattandosi di uno scalo di smistamento gigantesco.
Quartiere celebrato e citato nel cinema (Rocco e i suoi fratelli), oltre che nel notissimo film di Visconti (Inferno), il primo lungometraggio italiano, nella letteratura (Il malinconico ragazzo della Bovisa di Ermanno Olmi), nella pittura (ovvio il riferimento nel Gasometro… di Sironi), nella musica da Van de Sfross (40 pass) a Danzi.
Fortemente politicizzato, dallo storico circolo anarchico della Ghisolfa, allo Schigera, locale molto attivo e piuttosto schierato a sinistra. Un “District” oramai noto a livello internazionale, entrato a pieno titolo nel circuito del design, somigliante ad uno Stadt Viertel trendy ed emergente di Berlino Est per il suo dinamismo e per la sua vitalità. Popolato da tantissimi giovani e studenti, designer e creativi, tra i quali ora si notano tanti cinesi grazie alle nuove facoltà e start-up nate nelle hall interne dei vecchi stabilimenti industriali.
Tanti sono i locali dove passare una piacevole serata, tra questi come non citare lo Spirit de Milan, che dentro una vecchia fabbrica, tra atmosfere retrò, popolari e post nucleari, offre una vastissima proposta musicale.
# Dergano “alla Ribalta”, un borgo discreto dal sapore contadino
Dergano resta fortemente legato alle sue botteghe artigianali, quartiere solidale da sempre (si ricordino le varie associazioni di volontariato già citate in un nostro articolo), ospita una comunità decisamente orientata più sul sociale che sul politico. Un quartiere più discreto e meno conosciuto di quanto non sia la Bovisa.
La sua piazza rimane decisamente il punto di riferimento principale nonostante siano diversi i locali e i punti di ritrovo, tra i quali l’innovativo birrificio La Ribalta, con la sua vasta proposta di birre artigianali, aperto fino a tarda notte. Il quartiere è stato inoltre protagonista di un progetto di urbanistica tattica, che pare sia stato accettato di buon grado dai derganesi.
Le differenze, molto marcate tra le due realtà, emergevano anche tra i campanili, intesi proprio come Chiese: la parrocchia di Via Varè concentrata sulla attività oratoriale e quella di Dergano con chiara matrice conservatrice, quasi reazionaria.
Il 21 settembre si festeggiano i 100 anni di storia di un’infrastruttura pioneristica, che ha segnato in modo indelebile il settore della mobilità su gomma. Scopriamo i suoi primati italiani e internazionali.
Il primo secolo della Milano – Varese: i record della «prima autostrada del mondo»
# La prima autostrada del mondo
Un’opera pionieristica immaginata dall’ingegner Piero Puricelli, conte di Lomnago, laureato al Politecnico di Zurigo e fondatore della Società Anonima Autostrade. L’autostrada A8, conosciuta oggi come Autostrada dei Laghi insieme all’A9 e alla A8/A26, fu la prima autostrada del mondo. Un record certificato nel “V Congresso Mondiale della Strada” tenutosi a Milano nel 1926, quando si stabilì che la Milano-Varese, nonostante fosse stata preceduta sia come progettazione che come apertura al traffico da altre autostrade a New York e Berlino, poteva essere definita concettualmente la prima al mondo perché pensata per unire due o più destinazioni nella maniera più rapida possibile secondo il concetto moderno di autostrada.
# Una “via per sole automobili”, con pedaggio
Puricelli concepì infatti l’idea dell’autostrada come “via per sole automobili” cioè riservata al traffico veloce, quindi niente carri, carrozze, biciclette o pedoni, e col pagamento di un pedaggio per coprire le spese di costruzione e di gestione. Il tutto in contesto storico in cui i veicoli a motore in circolazione erano davvero pochi. Il primo tratto della Milano-Varese fu inaugurato a Lainate il 21 settembre del 1924 con il nastro inaugurale tagliato da una Lancia Trikappa di casa Savoia con a bordo Re Vittorio Emanuele III, accompagnato da Puricelli.
# La prima autostrada a pagamento realizzata in Italia
Fu anche la prima autostrada d’Italia a pagamento. Non esistevano dei caselli veri e propri, ma si era obbligati a pagare il pedaggio nell’area di servizio, rifornimento e sosta. Lungo il tragitto vennero costruiti 17 caselli e 100 km di nuove strade di raccordo.
# L’unica a 5 corsie
L’autostrada A8 è anche quella con il maggior numero di corsie del nostro Paese. Il 25 settembre 2023 è diventata infatti l’unica ad averne cinque, partendo dalla sola corsia del 1924, nel tratto di 4,4 km compreso tra Lainate e l’interconnessione con l’A9, la Lainate – Como – Chiasso, grazie all’allargamento della carreggiata di 10 metri.
La più grande, la più romana, la più medievale, la primatista europea, quella senza nome e il viale più piazza del mondo. A Milano una piazza non è mai una semplice piazza.
#1 Piazza Gino Valle: la piazza più grande della città
Inaugurata il 14 giugno 2014 piazza Gino Valle è stata intitolata all’architetto che ne ha curato il progetto. Estesa per 27.000 mq sopravanza di poco, quella all’Arco della Pace. Nella piazza è stato collocato il bassorilievo di Emilio Isgrò «Grande Cancellatura per Giovanni Testori», realizzato e donato al Comune appositamente per la nuova piazza. Ai lati ci sono casa Milan e oltre la circonvallazione la montagnetta a spirale.
#2 Piazza Sant’Alessandro, la più romana di Milano
Indubbiamente la piazza più romana della città. Difficile non meravigliarsi di non trovarsi a Roma in questo gioiello incastrata tra Piazza Missori e Via Torino, a cui si arriva in un labirinto di vicoletti. Il nome della piazza è dovuto alla chiesa barocca omonima, tra le più belle di Milano. Poco lontano da qui un pezzo dell’Università Statale, culla della cultura umanistica.
#3 Piazza Città di Lombardia, la piazza coperta più grande d’Europa
Piazza Città di Lombardia, sottostante la sede della Regione, è la piazza coperta più grande d’Europa e ospita tra le diverse attività un ufficio postale, una scuola materna, un auditorium, diversi ristoranti e caffetterie. Sotto il suo tetto tra i vari eventi e manifestazioni sportive organizzate, anche la pista di pattinaggio coperta più grande d’Europa su una superficie di quasi 4.000 metri quadrati.
#4 Piazza Gae Aulenti: la piazza circolare, sopraelevata e bagnata dall’acqua
Sopraelevata a 6 metri dal livello del suolo, Piazza Gae Aulenti inaugurata nel 2012 con i suoi cento metri di diametro, è una piazza circolare che si trova nel Centro Direzionale della città, nel Municipio 9. Tra le curiosità ci sono i 3 buchi attraverso i quali guardare il livello sottostante oppure da sotto osservare i grattacieli da un’insolita prospettiva e la fontana al suo interno che permette di camminare tra le acque.
#5 La piazza senza nome, che unisce la Biblioteca degli Alberi e Piazza Gae Aulenti
Potrebbe essere la più grande piazza di Milano, scalzando Piazza Gino Valle, se solo si trovasse un nome per identificare tutta l’area che da Piazza Gae Aulenti include la Biblioteca degli Alberi fino a Via Sassetti. Noi avevamo lanciato le nostre proposte, speriamo che presto venga trovato un nome iconico che risalti il profilo internazionale della “city” milanese.
#6 Piazza dei Mercanti, la piazza medievale di Milano
Più antica del Duomo stesso, prima di essere edificata c’era solo un prato, Piazza dei Mercanti è stato il primo luogo di scambio commerciale della città, dove discutere anche di politica, cultura e economia. Nella Loggia dei Mercanti invece, uno degli edifici che danno sulla piazza è nata la leggenda secondo cui i mercanti comunicavano, da un capo all’altro dell’edificio, sfruttando gli effetti sonori generati proprio dalle geometrie degli archi del soffitto con le volte e a vela.
#7 Viale delle Rimembranze, il viale a forma di piazza
È forse il viale più piazza del mondo: viale delle Rimembranze di Lambrate. Una piazza perfettamente circolare che prende il nome di viale. In origine infatti era un viale, lungo il suo asse venne sfruttato un rondò realizzato quale capolinea dei tram.
Di stranezze da queste parti se ne vedono da parecchio tempo, considerando che è la città dove le novità arrivano per prime in Italia e spesso anche nel resto d’Europa e del mondo, rendendo Milano punto di riferimento globale per svariati e numerosi settori. Anche nei piccoli gesti quotidiani, peraltro, ci sono abitudini insolite a cui il milanese non rinuncia, facendone un gesto distintivo della propria milanesità.
Possiamo fare a meno di tutto, ma non toglieteci il PC. Sai mai che ci sarà una call a distanza, un documento importante da inviare o comunque qualcosa che presupponga l’utilizzo del pc. E anche se ormai da anni gli smartphone adempiono in pieno al ruolo di sostituti per comunicazioni telematiche, al PC non si rinuncia.
#2 Premere ripetutamente il tasto ascensore
“Lobbuono, chiama l’ascensore” dice il commissario. L’appuntato si avvicina alla porta e urla:”Ascensoreeee!” “Ma no, col bottone, cretino!” Lobbuono non si scompone e posiziona le labbra vicino al tasto di chiamata, urlando: ”Ascensoreeee!” Le barzellette anni’80 sui carabinieri hanno ormai un sapore vintage, ma ricordano con simpatia un’usanza (non vocale) motivata dall’ansia di muoversi che avevano molti, fra cui l’ingenuo appuntato Lobbuono. Al milanese non serve ricordare che basta premere il tasto di chiamata una volta. Mosso da un’irrinunciabile fretta, lo schiaccerà istintivamente più e più volte. Secondo una leggenda metropolitana serve a farlo arrivare prima.
#3 Mostrare sempre fretta
È innato, inevitabile, assolutamente insito nella milanesità. Chi è di Milano ha fretta, non ha mai tempo da perdere, c’è sempre qualcosa da dover vedere o fare nel tempo che si ha a disposizione. L’eclettismo milanese è uno dei nostri grandi pregi, ma c’è un prezzo da pagare per tutto ciò. Bisogna muoversi più velocemente.
#4 Agli eventi arrivare in ritardo e andarsene in anticipo
D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Difficilmente un milanese medio uscirà per recarsi in un posto solo, in genere non sono mai meno di tre. Aperitivo (veloce) con i colleghi fuori dall’ufficio, secondo drink (o evento imperdibile di moda, design, art) dal quale usciremo prima perché poi c’è la cena ed eventualmente anche il dopocena. Soprattutto nei weekend.
#5 Parcheggi creativi
“Non c’è mai parcheggio ed è sempre peggio / Settimana della moda / vita mondana in coda. In auto a noleggio” cantavano gli Articolo 31 nel loro pezzo “Milano Milano” del 2002. All’epoca, dissero esattamente quello che tutti sanno ma non hanno mai scritto, o meglio registrato su nastro: qui il parcheggio non è che sia difficile da trovare, semplicemente non esiste. Costringendo i milanesi a inventarsi forme di parcheggio che probabilmente non si vedono da nessun’altra parte. Per la gioia della Polizia Locale, ovviamente.
#6 Biciclette sui marciapiedi
Abitudine abbastanza fastidiosa, che ormai si estende anche ai monopattini. Per i pedoni non c’è niente di peggio che vedersi sverniciare da una persona a un centimetro di distanza. Ultimamente poi sta andando di moda anche il pretendere che questo sia possibile, con inevitabili liti. La redazione per una volta mi concederà il verbo poco elegante: se vai in bici sul marciapiede non puoi certo incazzarti chiedendo permesso e suonando il campanello. Il giorno che trovi la testa calda e di questi tempi ce n’è più di una) di certo non te la cavi con un insulto. Val davvero la pena rischiare? Quindi, cerchiamo di comportarci tutti come si deve. Bici in strada o sulle ciclabili, pedoni sui marciapiedi. Grazie.
#7 Fare arrivare tutto a casa
Amazon ha moltiplicato i suoi guadagni di svariati punti percentuali già prima che il Covid entrasse nelle nostre vite. Figurarsi ora. Anche se bisogna ammettere che a Milano la moda, per certi versi contestabile, diordinare compulsivamente prodotti online e farseli recapitare a casa è bella che affermata da tempo. Anche in questo, abbiamo fatto scuola in Italia.
E voi, milanesi e non che ci leggete, diteci: quali sono le vostre abitudini preferite?
La stagione autunnale, con temperature più miti rispetto all’estate, è l’ideale per fare lunghe camminate, tra natura incontaminata e paesaggi mozzafiato. Vediamo i percorsi più suggestivi: siete pronti per mettervi in marcia?
#1 Il cammino di Bardolino, 100 km di sentieri dalle colline fino al lago di Garda (Veneto)
Il cammino di Bardolino è un sentiero complessivo di 100 km di itinerari ciclopedonali che dalle colline scende fino al lago di Garda attraversando borghi, vigneti e colline baciate dal sole. I percorsi si snodano nella provincia di Verona con 18 differenti percorsi ed itinerari di lunghezza variabile tra i 3 e i 20 km.
#2 Il cammino di Oropa, tra i più belli del Piemonte
Il cammino di Oropa è un itinerario che sale fino alle alpi Biellesi, uno dei cammini più belli del Piemonte. Il percorso, che parte da Santhià in provincia di Vercelli e si conclude presso il Santuario di Oropa, è suddiviso in quattro tappe di lunghezza che varia dai 14 ai 16 km.
#3 Via degli Abati, tra Lombardia, Toscana e Emilia Romagna
La via degli Abati è un cammino religioso tra Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna. Unisce Pavia a Pontremoli e percorre le orme degli Abati di San Colombano, dalla Pianura Padana, attraversando l’Appennino piacentino e parmense, fino in Lunigiana. La durata è di circa 8 giorni e si percorrono strade sterrate, sentieri nei boschi ed antichi tratturi.
#4 Il Cammino di Borghi Silenti, per scoprire il lato meno conosciuto dell’Umbria
Il Cammino dei Borghi Silenti si snoda in Umbria sul versante nord dei Monti Amerini. Suddiviso in quattro tappe su strade sterrate, sentieri di montagna e vie secondarie si percorre in 4 giorni. Passando per borghi medievali e natura incontaminata scoprirete il lato meno conosciuto della regione.
#5 La Magna Via Francigena che conduce fino alla Valle dei Templi (Sicilia)
La Magna Via Francigena è un percorso che collega da secoli il nord con il sud della Sicilia. La partenza del cammino è da Palermo, durante il tragitto si incrocia la via di transumanza verso le Madonie nel territorio di Corleone e Castronovo di Sicilia, e l’arrivoad Agrigento nella splendida Valle dei Templi, la più maestosa testimonianza della Magna Grecia
#6 Sentiero degli Dei, uno dei sentieri vista mare più belli d’Italia (Campania)
In Campania c’è uno dei sentieri vista mare più belli d’Italia:il Sentiero degli Dei. Attraversa i Monti Lattari collegando Agerola a Nocelle, una frazione di Positano sul Monte Pertuso, per 7,8 km. Durante le 4 ore di cammino potrete ammirare i panorami mozzafiato sulla Costiera Amalfitana.
#7 Cammino Basiliano, 1560km tra boschi fatati, borghi antichi e natura contaminata (Calabria e Basilicata)
Il Cammino Basiliano è un percorso lungo 1560 km, suddiviso in 83 tappe, che attraversa le aree del Pollino, Sila, Serre, Aspromonte e conduce dalla Basilicata al sud della Calabria. Scoprirete l’angolo meno conosciuto della Calabria attraverso boschi fatati, borghi sospesi nel tempo e natura incontaminata.
Rientrare è dura. Traffico, parcheggi, stress. Ma c’è una via di uscita. Lavorare a Milano, stando al mare su una spiaggia del Sud. Ma dove si potrebbe fare? Foto cover: @catetak IG
Il South Working, lavorare a Milano stando al mare del Sud: i tre luoghi top per i milanesi
# South Working: il progetto pilota da Milano a Palermo
Un progetto pilota lanciato nell’estate del 2020 da venti professionisti trentenni ha coinvolto i comuni di Milano e Palermo, e rispettive aziende e dipendenti. Obiettivo: dare la possibilità per dipendenti di aziende con sede al nord di lavorare al sud in smart working per alcuni periodi. L’intenzione è di mitigare le disparità di lavoro tra le due parti d’Italia e prospettare un modo alternativo per concepire il lavoro nel nostro Paese, incrementando la qualità della vita di chi lavora. Test a parte, è indubbio che oggi sempre più persone riescano a svincolarsi dalla prigione del luogo, potendo lavorare, almeno in parte, a distanza. Riprendendo l’idea del South Working, quali potrebbero essere i luoghi da sogni per lavorare a Milano… restando al mare? Lo abbiamo chiesto ai milanesi. Questi i tre luoghi preferiti.
# Palermo (Mondello)
Ovvio partire con la città che ha dato il via al progetto del South Working. Palermo e, soprattutto, la sua spiaggia di Mondello, rappresentano un richiamo irresistibile per chi si può permettere di lavorare a distanza con Milano. Tra i vantaggi, oltre il litorale incantevole, il cibo, il clima, i costi e le atmosfere magiche della Sicilia c’è anche la posizione strategica. Con un aeroporto molto ben collegato con Milano.
# Alghero
Discorso simile a quello di Palermo. Si cambia isola, ma il fascino rimane. Non è un mistero che per i milanesi la Sardegna rappresenti un’attrazione fatale. Anche se per le vacanze molti mirano a luoghi più glam, come la Costa Smeralda, o più selvatici, come le coste del Sud, per lavorare durante l’anno la località preferita sembra essere Alghero. Per motivi analoghi a quelli di Palermo: è una città viva tutto l’anno, buoni servizi, costi contenuti, clima fantastico e anche in questo caso con un aeroporto ben collegato a Milano. Poco più di un’ora di volo e siamo sulla M4 in direzione San Babila.
# Salento
Dicono che d’estate sia un po’ in crisi. Tipico dei luoghi che hanno raggiunto il picco del successo: prezzi che si impennano e affollamento eccessivo hanno tenuto lontano molti milanesi dalle sue spiagge la scorsa estate. Motivi che però scemano negli altri mesi, quando il tanto amato Salento torna più che abbordabile, con prezzi che tornano convenienti e con le spiagge che assomigliano a quelle deserte dei mari del Sud. E rispetto ad Alghero e Palermo, il Salento ha un grande vantaggio: il collegamento con Milano anche in treno.
Quali sono le catene di supermercati più economiche in Italia? Lo rivela Altroconsumo nella sua ultima indagine. Nello studio anche i punti vendita meno cari in città e nell’hinterland, con diverse sorprese.
Supermercati, iper e discount con i prezzi più bassi di Milano: la nuova classifica
# Analizzati 1.140 punti vendita in 65 città nell’ultima indagine di Altroconsumo
Nell’ultima indagine sui supermercati di Altroconsumo sono stati rilevati i prezzi di tutti i prodotti presenti a scaffale di 126 categorie, in 1.140 punti vendita di 65 città, tra il 4 e il 31 marzo 2024. Con i prezzi elaborati è stato creato un indice che misura la competitività di una catena nella città in cui si trova, in base ai prodotti acquistati, e realizzato quattro classifiche: una per la spesa mista, una per la spesa con i soli prodotti più economici sullo scaffale, una per la spesa con i soli prodotti di marca, una per la spesa del marchio del distributore. Nell’analisi sono stati inclusi iper e super presenti in almeno cinque regioni, con almeno nove punti vendita visitati, per i discount inserite le insegne di cui sono stati visitati almeno 25 punti vendita su tutto il territorio nazionale.
# Le quattro classifiche: Esselunga seconda nella spesa con prodotti di marca, settima nella spesa mista, ottava per quella economica
In nessuna delle quattro classifiche Esselunga si posiziona al vertice a livello nazionale. In quella per la spesa mista occupa la settima posizione, dietro a Eurospar, Coop, Conad superstore, Pam, Conad e Family Superstore in vetta con 100 punti. In quella per la spesa più economica è in ottava posizione con Esselunga Supestore, dietro a molti delle catene di discount più conosciute, tra cui Penny Market, MD, Aldi, Eurospin e Lidl, prima. Sul podio con due insegne, Esselunga ed Esselunga Superstore rispettivamente in seconda e terza posizione, nella classifica per la spesa con prodotti di marca. I prezzi medi registrati sono di appena l’1% più alti rispetto alla catena al primo posto, Bennet. Infine, nella classifica per la spesa con prodotti commerciali, la prima insegna del supermercato milanese si trova al decimo posto, con Esselunga Superstore. A precederla Carrefour Market, Eurospar, Pam, Conad superstore, Conad, Spazio Conad, Famila superstore, Interspar e Carrefour.
E a Milano, quali sono i punti vendita più economici?
# Esselunga scalzata dalla vetta a Milano
Facendo il focus su Milano emerge una grossa sorpresa: non è più di Esselunga il negozio più economico. A guidare la graduatoria degli iper e dei super più competitivi per una spesa con prodotti di marca è il punto vendita Tigros di via Giambellino 31, allargando l’orizzonte nella Città Metropolitana di Milano è l’Iperal in viale Fulvio Testi a Cinisello Balsamo il meno caro. La new entry al secondo posto in città è comunque dello storico supermercato milanese, il superstore all’interno del Merlata Bloom.
# “Crollo” per il negozio di via Losanna, per anni il più economico in città
Dopo anni di dominio “crolla” il classifica l’Esselunga di via Losanna, al dodicesimo posto a Milano e addirittura al quindicesimo considerando la Città Metropolitana. Prima di lei troviamo: i Tigros di via Cagliero e via Novara, l’Esselunga di via Palizzi, un altro Tigros in via Baldinucci, il Conad di corso Lodi, l’Esselunga Superstore di via Pellegrino Rossi, l’Iperal di viale Monza, e l’Esselunga di via Adriano.
# Carrefour di viale Monza il più caro di Milano, l’Ipercoop di Vignate quello di tutta la Città Metropolitana
In coda alla classifica ci sono tre Carrefour Market, quello di via Soderini, di via Farini e di viale Monza. Il più caro dell’hinterland è invece l’Ipercoop Acquario di Vignate.
L’anomala attività solare degli ultimi mesi: «Purtroppo è solo questione di tempo prima che accadano eventi importanti che nessuno di noi potrà ignorare». Pubblichiamo la traduzione di alcuni estratti dell’ultimo articolo di Michael Snyder.
Il sole sta facendo qualcosa che «non dovrebbe fare»: grossi guai in arrivo?
La gigantesca palla di fuoco attorno alla quale ruota il nostro pianeta è stata molto più attiva di quanto gli scienziati avessero inizialmente previsto quest’anno, e ciò potrebbe avere implicazioni molto serie per tutti noi nei mesi a venire. Le fluttuazioni dell’attività solare influenzano il nostro clima più di qualsiasi altra cosa, e tendiamo anche a vedere più terremoti quando l’attività solare è a livelli elevati. Si suppone che l’attuale ciclo solare raggiunga un picco a un certo punto durante i prossimi 12 mesi, ma finora non ci sono segnali che l’attività solare stia rallentando. Infatti, il numero medio di macchie solari che abbiamo visto il mese scorso è stato il più alto che abbiamo visto dal 2001.
Il numero medio di macchie solari ha raggiunto quota 215,5 ad agosto, secondo il Solar Influences Data Analysis Center presso il Royal Observatory in Belgio. È il numero più alto da settembre-dicembre 2001.
Questo non doveva succedere.
# Le previsioni mancate degli scienziati
Gli scienziati avevano previsto che nel mese di agosto avremmo visto circa la metà delle macchie solari, il che indica che il massimo solare è imminente e potrebbe essere più attivo del previsto, provocando forse intense esplosioni solari ed espulsioni di massa coronale. Negli ultimi due mesi il numero delle macchie solari è aumentato a un ritmo esponenziale .Speriamo che qui ci sia una tregua a settembre. Perché se non accadesse, potremmo assistere a tempeste geomagnetiche più violente come quelle avvenute a maggio. Nel maggio 2024, la Terra ha sperimentato la sua tempesta geomagnetica più forte in oltre 20 anni, con aurore visibili molto più a sud del solito. Se un’altra grande macchia solare dovesse apparire intorno al periodo dell’equinozio di settembre, potrebbe portare a un evento simile o persino più forte.
Quando si verifica una tempesta geomagnetica di grandi dimensioni, le nostre vite possono subire sconvolgimenti in innumerevoli modi.
# Gli effetti delle tempeste geomagnetiche sulla nostra vita
Il nostro pianeta sta diventando sempre più instabile e questo dovrebbe allarmarci profondamente tutti. Nel frattempo, anche i cieli sopra le nostre teste stanno diventando sempre più attivi. (…) Un asteroide delle dimensioni di circa due campi da football è destinato a fare un avvicinamento ravvicinato alla Terra questo mese. Secondo il New York Post, l’asteroide largo 720 piedi denominato 2024 ON, passerà a circa 620.000 miglia dal nostro pianeta il 15 settembre. Sebbene questa distanza possa sembrare enorme, è notevolmente vicina in termini astronomici, equivalente a solo 2,6 volte la distanza tra il nostro pianeta e la Luna. Tuttavia, non rappresenta una minaccia per la Terra. La buona notizia è che questa gigantesca roccia spaziale sicuramente ci mancherà.
Stanno accadendo così tante cose nei cieli sopra le nostre teste, ma la maggior parte della popolazione non ci fa caso. Purtroppo è solo questione di tempo prima che accadano eventi importanti che nessuno di noi potrà ignorare.
#1 Casa El Carnicero. Quattro piani in stile liberty
In viale Bianca Maria é l’ultimo nato nella famiglia di El Carnicero.Quattro piani ad alto tasso di instagrammabilità tra la cantina con saletta privata, mattoni a vista, lampade di design e una terrazza aperta nella bella stagione. Il tutto condito da pietanze a base di carne di altissima qualità.
#2 Sogni. Un nome una garanzia
Non poteva che chiamarsi così questo locale in via San Calocero nel quartiere di Porta Genova. Un locale di 500 mq tra bar, ristorante con social table, una veranda con svariate piante e la gallery dedicata a chi desidera un ambiente più intimo e raccolto. Cucina italiana a base di pesce e drink list di tutto rispetto.
#3 Officina Milano. La location d’altri tempi
In via Giovenale 7 zona Navigli, una location suggestiva dove fare un tuffo nel passato tra arredi vintage, divani in pelle dove godersi una serata relax o fare uno sfizioso brunch domenicale. Signature cocktails di alto livello da sorseggiare al tramonto o dopo cena.
#4 Tripstillery. La microdistilleria in Porta Nuova
Nella zona più avveniristica della città, Tripstillery è una microdistilleria specializzata in drink di eccellenza che spaziano da amari e gin prodotti in loco ad accurata selezione di vini e birre artigianali. La chicca? La possibilità di realizzare un proprio drink personalizzato accompagnato da gustosi piatti da condividere. In piazza Alvar Aalto.
#5 Roppongi. L’izakaya che ricrea i vicoli di Tokyo a Milano
Una vera e propria esperienza quella da Roppongi perché qui, al di là delle pietanze autenticamente giapponesi, sembra di essere in mezzo ai vicoli di Tokyo, stretti, affollati e pieni di profumi. Maniacale l’attenzione al dettaglio tra lanterne, insegne stradali e sticker. Piatti giapponesi da condividere e mille foto da scattare.
#6 Penelope a casa. La casa dei vip in via Ripamonti
Frequentatissimo dai vip tipo Argentero, Stefano di Martino o sportivi come Leclerc e Maldini, il locale stupisce per gli elementi effetto wow come i lampadari in cristallo, i pavimenti a scacchi, soffitti a specchio, divanetti e alberelli zeppi di lucine. Iconico il drink di benvenuto: bollicine sovrastare da una spuma di zucchero filato. Click.
#7 Terrazza Palestro. Il rooftop affacciato sul Parco Montanelli
In via Palestro al quarto piano del Centro Svizzero di Milano, una terrazza panoramica che ospita un cocktail bar e un ristorante ideale per una serata romantica, un pranzo di lavoro o un aperitivo. La vera chicca si rivela al tramonto quando è impossibile sottrarsi a una foto con le cime degli alberi del parco incorniciate dallo skyline milanese.
#8 A’Riccione terrazza 12. Il centro di Milano visto dall’alto
In via Durini, al nono e decimo piano del Brian & Barry Building. Una location molto conosciuta specialmente per i selfi al tramonto. Milano e il suo centro visti dall’alto sono un imperdibile spettacolo. E se ancora non basta, è sufficiente accedere al ristorante panoramico per godere di una cena gourmet a base di pesce.
#9 El&n London. Un mondo Rosa in Piazza Liberty
Coloratissimo, sbarca a Milano da Londra con 2 insegne in piazza Liberty e in Gae Aulenti. Una sorta di paese delle meraviglie con fiori, divani in velluto, scritte al neon e un tripudio di tinte rosa. Un viaggio onirico che vale la pena di fotografare.
Una location proiettata nel futuro tra luci soffuse, statue e proiezioni di immagini che rimandano al fumettistico mondo dei manga. Un cocktail bar originale con altrettanto originali e inusuali cocktails fatti di ricerca, sperimentazione e innovazione.
Le piste ciclabili sono una delle principali fonti di discussione a Milano. Non solo: sono al centro anche del nuovo Codice della Strada che intende abolire le ciclabili solo “pitturate”. Ma sono davvero peggiori di quelle con i cordoli?
Il derby delle CICLABILI: meglio i CORDOLI o le STRISCE pitturate?
# Due modi per delimitare le piste ciclabili
Due sono i modi più utilizzati per segnare la via della pista ciclabile, oltre ad una segnaletica verticale obbligatoria: i cordoli o le semplici strisce pitturate su strada, ma ad entrambi si trova una critica. Se i primi sono troppo invadenti e rischiano di essere presi dentro mettendo a rischio la sicurezza del ciclista, le seconde sono troppo poco visibili e quindi potrebbe capitare che gli automobilisti non si accorgano della pista ciclabile e la percorrono.
# Le strisce per terra no perché…
Sono proprio queste le critiche avanzate per le piste ciclabili milanesi. L’anno scorso i presidenti provinciali dell’Aci si erano espressi a proposito della “nuova” pista ciclabile di Porta Venezia definendola pericolosa e poco funzionale, dato che toglieva spazio alle auto. Si trattava di una pista ciclabile segnata solamente con delle strisce pitturate per terra che provocava la riduzione delle corsie per il traffico, una diminuzione dei parcheggi, una corsia dedicata al carico e scarico presente solo a tratti e parcheggi per disabili in seconda fila. In poche parole, si è creata una pista ciclabile poco sicura e si è andato a peggiorare tutto il resto.
# Cartelli e cordoli killer
Ma è subito arrivata un’altra polemica. Perché se la soluzione al rendere la pista ciclabile più visibile è quella di creare dei cordoli che la delimitano, d’altro canto c’è chi lamenta che questi siano pericolosi. Andrea Sacchi parla di una sorta di “cartello killer” dopo la svolta a destra da Piazza Oberdan e si chiede chi possa essere il primo a scontrarsi contro questo delimitatore: un ciclista, uno in monopattino o un auto?
# Prima di criticare bisogna usare la terminologia corretta
E mentre il derby tra cordoli o strisce pitturate per terra è iniziato, c’è chi si attacca al giusto uso delle parole. Una corsia ciclabile, per definizione, è infatti segnalata con la sola segnaletica orizzontale. La pista ciclabile, invece, è un tratto di carreggiata separata dalla sezione carrabile da separazioni fisiche: cordoli, transenne, pali ecc. C’è chi quindi è contro le corsie ciclabili e chi contro le piste ciclabili.
Un attaccamento ai termini poco utile, ci sarebbe piuttosto da capire effettivamente quale sia il metodo di segnalazione più efficace, magari adattandolo allo spazio e al contesto.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A tutti è sicuramente capitato di entrare in un negozio vintage e imbattersi in Piumini Moncler o Timberland vissute o stivali Durango, ma ci si è mai chiesti di quale moda hanno fatto parte?! Qualcuno si starà anche domandando perché i venditori di chioschetti ambulanti indossassero piumini sgargianti o calzature texane, ma nulla è ciò che sembra. Non si sta parlando degli ambulanti e tutto il resto ce lo spiega Gianluca Mura, meglio conosciuto come Lone Wolf.
La miglior risposta è la prima strofa della canzone L’ultimo dei Paninari di Ando Bass: “Sono un paninaro vengo da un’altra era. Quando non c’era facebook e l’amicizia era sincera. Eravamo razza urbana, una sorta di eroi, con le cinture El Charro sembravamo cowboy […]”.
Niente salamelle e hot dog (al massimo hamburger). Si tratta di una (sub)cultura giovanile nata nel 1980 a Milano e diffusasi poi in tutta Italia. Una moda autoctona, che volgendo uno sguardo al mondo dei Mods&Rockers e un altro a quello texano, ha fatto tendenza tra i ragazzi di scuole medie e superiori. In relazione alla ripresa economica di quegli anni, il “movimento” paninaro rifiuta gli aspetti angoscianti dell’esistenza e cerca di godersi la vita, con spensieratezza artefatta. L’habitus diviene animus e l’immagine si fa stendardo cangiante di un modo di vivere e pensare, all’insegna del consumismo, della vanità e del gusto per gli eccessi. D’obbligo la griffe e la sua autenticità per distinguersi: “il tarocco è anti-panozzo”.
# La divisa
Partiamo dall’origine del nome. Niente a che vedere con l’apertura del Burghy nel 1981, in Piazza San Babila (successiva mecca del fenomeno). È “Al Panino” di Piazza Liberty che si vedono i primi raduni di quei giovani abbronzati. Si dice che un giornalista del Corriere della Sera li battezzò in tal modo, prendendo spunto dal loro food preferito.
Un rigido codice modaiolo e un costoso guardaroba. I must have per la stagione invernale sono: cintura El Charro; bomber Moncler tra cui i primi verdi-oliva provenienti dalle basi militari di Livorno; giubbotti Levi’s col pelo; felpe Best Company; calzature Timberland; stivali Durango; jeans Levi’s (sopra le caviglie per mostrare le calze Burlington) e così via, verso l’ottimismo dei colori accesi e l’esagerazione degli accostamenti. Per la versione estiva: polo Lacoste; t-shirt Mistral; Converse All Star, Vans (senza lacci) o Nike Baffo Azzurro da Ritorno al futuro. Tra gli accessori: orologi Swatch; gli immancabili zaini Invicta; Ray Ban alla Top Gun e profumo Drakkar Noir. Una moda abbastanza unisex che per le donne aggiunge un fiocco Naj Oleari tra i capelli cotonati, toppe, borsa bauletto e profumo Chanel.
# Il gergo
Con l’affermarsi della moda, la nascita di gruppi e comitive. A ognuno la propria “base” con bar “Cattivello” e territorio di quartiere, ma senza oltrepassare la zona di confine delle Colonne di San Lorenzo. Vige una rigida gerarchia, il Gino di legno è il novellino, poi si diventa Gino, in seguito Missile e infine Paninaro semplice. Il capo è il ragazzo più disinvolto (e danaroso) ovvero il Gallo, questo può diventare Gran Gallo e raggiungere il top come Gran Gallo di Dio. Anche le ragazze sono “compagne galliche”, per loro vige lo stesso ordine e sono chiamate Preppy. La vita del Paninaro è la compagnia ed essendo un ribelle per definizione, come tutte le altre subculture, ha un rapporto conflittuale con il genitore. Quest’ultimo viene definito sapiens mentre arterio o matusa indica l’età matura.
Già a partire dai ruoli, si può intuire l’utilizzo di un linguaggio personalizzato. Espressioni gergali ormai d’uso comune e diffusione nazionale: sono fuori come un citofono, Faccio il week a Curma; maccheronici inglesismi Very original o Il mio boy; le triviali Andare in tilt o in para, Arpionare o Al Brucio-schizzare ecc. Il saluto gallico poteva essere Ave o Sereno (perché il paninaro è sempre spensierato) oppure Iao; Wild Boys esprime felicità.
# Una moda internazionale
A questo punto l’identikit del Paninaro dovrebbe essere più chiaro, ma la storia non finisce qui. In breve tempo, i paninari diventano fenomeno di costume acquistando una notorietà anche internazionale. Il merito è delle riviste e fumetti dedicati, tra cui Il Paninaro, che raggiunge una tiratura di 100.000 copie; delle parodie del comico Enzo Braschi a Drive In e dei Pet Shop Boys. Il gruppo britannico, a seguito di una visita nel centro di Milano e dopo aver ricevuto qualche critica (in realtà insulti), per aver indossato la mise paninara durante un concerto, nel 1986 incide il singolo Paninaro e porta la moda oltre confine. I paninari non amano la musica italiana, infatti l’inno era Wild Boys dei Duran Duran.
Nello stesso anno il movimento arriva anche nelle sale cinematografiche con una pellicola tratta dal libro Sposerò Simon Le Bon, della sedicenne milanese Clizia Gurrado. Italian Fast Food è stato un altro film italiano ispiratosi a questi giovani mentre i più recenti del 2010-11, direttamente dal web: “Il Ritorno dei Paninari” e il suo sequel, fanno intuire che il fenomeno è stato mantenuto o riportato in vita.
Per coloro che hanno “solo” seguito una moda paninara, la conclusione è stata nel 1989; per “chi invece è Paninaro di spirito, lo è per sempre”, ci dice Mura. Così dalle quattro principali compagnie del passato: Armiere, Nazareno, Manfredi e Paolino, con l’aiuto dei social network (sebbene criticati), si (ri)avvia la generazione dei Paninari 2.0 (e non degli ex-paninari). Paninari La Company, Bircide La Company, Paninari Uno Stile di Vita e Paninari SuperGruppo, sono le nuove identità; organizzano raduni nostalgici e creano anche progetti.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.