Tempo di vacanze e di confronti per il milanese fuori città. Guardandosi attorno, che cosa distingue chi vive a Milano dagli altri italiani? Abbiamo posto questa domanda. Queste le principali risposte.
Che cosa DISTINGUE chi VIVE a MILANO dagli altri italiani
#1 La mentalità aperta
it.freepik.com
Tra le cose che più distinguono chi vive a Milano dagli altri italiani c’è la mentalità aperta. Più europea che italiana, abbraccia la multiculturalità e porta con sé il desiderio di provare sempre nuove esperienze nella vita e nel lavoro. L’apertura mentale la si riscontra anche in vacanza: negli angoli più sperduti del pianeta si trova sempre qualcuno proveniente da Milano.
#2 La puntualità
milanomeravigliosa.it
La puntualità è un altro elemento che differenzia i milanesi, autoctoni o acquisiti, dal resto del Paese. Essere puntuali a un appuntamento è una questione di rispetto verso il prossimo e trasmette valore al tempo di ciascuno. Perché a Milano si impara che il tempo è dané.
#3 La laboriosità
unadonna.it – Lavoro al mare
La voglia di lavorare, l’instancabilità, dando sempre il 100% nella propria professione e mettendosi al servizio della comunità. Pochi giorni e ci si dà da fare anche in vacanza. Non si riesce a farne a meno.
#4 La velocità
Se vi guardate attorno in un bar della Liguria o della Sardegna troverete espressioni spazientite, innervosite per l’attesa. Sono sicuramente abituati ai ritmi milanesi.
#5 La voglia di autodeterminarsi
Milano è al centro. Sempre. Chi vive a Milano quando si trova fuori cerca in ogni modo di paragonare la sua città con il luogo in cui si trova. E di sottolineare le differenze con orgoglio.
#6 La discrezione
In un’Italia dove spesso ci si fa riconoscere per il tono della voce e per la tendenza ad esagerare sempre, chi è di Milano tende invece alla sobrietà. Tra le urla non ci sono le sue.
#7 Lo stile
Giorgio Armani
In spiaggia, in montagna, tra i monumenti, non importa dove ma chi è di Milano deve sfoggiare stile e raffinatezza. E’ più forte di lui o di lei.
#8 Ha un cuore grande
Bottega della solidarietà
Una caratteristica dei milanesi riconosciuta da tutti è quella di avere un grande cuore, di essere accoglienti con chi ha bisogno ed è in difficoltà facendolo sentire a proprio agio, sempre a patto che voglia anche impegnarsi in prima persona per migliorare la propria condizione.
I milanesi sanno che è controproducente oltre che essere una perdita di tempo interferire con la vita degli altri e giudicare. Per questo motivo vivono e lasciano vivere, cercando di godere al meglio la propria vita senza disturbare quella altrui.
#10 Il senso delle regole
A sinistra sulle scale mobili
Tra le caratteristiche che più distingue il milanese dal resto degli italiani troviamo un innato senso delle regole. È indubbio che il senso civico e il rispetto di regole scritte e non scritte sia più vivo tra chi vive a Milano rispetto a chi vive altrove nel nostro Paese. Basta vedere chi rimane sul lato destro delle scale mobili e chi invece si piazza su quello sinistro per capire chi è milanese. E il senso delle regole accompagna chi è di Milano ovunque si trovi nel mondo. Cosa che non accade sempre per altri popoli, vero amici svizzeri?
Alberobello è conosciuta in tutto il mondo per i suoi caratteristici trulli, modello costruttivo di architettura spontanea, dal 1996 sono Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO. Non lontano dalla Valle d’Itria e dalle colline della Murgia, nel sud della Puglia, questo paesino di poco meno di 11.000 abitanti lascia tutti a bocca aperta con la sua distesa di abitazioni dai tetti a cono sovrastati da pinnacoli.
Scopriamo 7 cose che si possono trovare solo qui.
ALBEROBELLO, la città dei trulli: le 7 ATTRAZIONI UNICHE al MONDO
#1 Casa D’Amore, la prima costruzione permanente del paese
@giulia_buenaonda IG – Casa d’Amore
Casa D’Amore è la prima costruzione permanente del paese, il primo edificio realizzato con l’utilizzo della malta e terminato in un anno particolare: il 1797. In quella data infatti ad Alberobello, all’epoca un villaggio di soli trulli, venne conferito il titolo di “città regia” dal re Ferdinando IV di Borbone.
#2 Il Rione Aia Piccola, il nucleo abitativo più autentico
@chiariapil IG – Riona Aia Piccola
Il Rione Aia Piccola rappresenta il nucleo abitativo più autentico di Alberobello, ideale per una passeggiata fuori dal tempo con piazzette, vicoli ciechi e trulli di varia foggia e dimensioni che creano qui scorci davvero unici. Ci sono circa 400 trulli e nessun negozietto di souvenir. Il nome aiapiccola deriva dalla presenza di una piccola aia, in contrapposizione ad una grande nella vicina piazza delle Erbe, e richiama l’antica usanza dei contadini di battere pubblicamente il grano.
#3 La leggenda del “Trullo Siamese”
@primadeltramonto IG – Trullo siamese
Una delle strutture più originali è sicuramento il trullo doppio, conosciuto come “Trullo Siamese”, con due ingressi, uno per ogni trullo, affacciati su due strade differenti. L’originalità di questo trullo sta soprattutto nel fatto che le stanze erano precedentemente comunicanti attraverso una porta. Dietro questo particolare abitazione si cela una leggenda, che simboleggia la storia di amore e odio che travolse due fratelli nel lontano 1400, a causa di una donna promessa sposa del fratello maggiore che si invaghì di quello minore.
#4 S. Antonio da Padova, l’unica chiesa trullo nel mondo
@jacopo_18 IG – Chiesa S. Antonio da Padova Alberobello
Un’altra attrazione da non perdere è la chiesa di S. Antonio da Padova, la cui particolarità è il fatto di essere l’unica chiesa nel mondo fatta a trullo. Relativamente recente rispetto ai trulli, è stata inaugurata nel 1927 e si raggiunge passeggiando in salita fra i trulli del Rione Monti.
#5 Rione Monti, il fashion district di Alberobello
Il Rione Monti, la zona di trulli più estesa con circa 1000 esemplari, è il più conosciuto di Alberobello. Formato da caratteristiche stradine parallele, tutte in salita e che portano sulla cima del “monte”, dove si trova la chiesa a trullo, è la zona dello “shopping” locale dove si possono acquistare i souvenir del paese. Qui infatti si trovano laboratori estemporanei che mostrano come si lavora la pietra per realizzare i trulletti o il ricamo dei canovacci tradizionali.
#6 Il belvedere con lo skyline di trulli
@Samueles -pixabay – Skyline trulli
Dal belvedere adiacente alla chiesetta di Santa Lucia, in Piazza San Girolamo II D’Acquaviva D’Aragona, è possibile ammirare uno skyline unico nel suo genere: centinaia di coni con i pinnacoli dei trulli che svettano tra le viuzze.
#7 Il “Re dei Trulli”
@algon_algone IG – Trullo Sovrano
Il Trullo Sovrano è il re dei trulli, il più grande nucleo abitativo realizzato ad Alberobello. Tra i primi ad essere costruito con la malta, presenta due piani divisi da una scala in muratura invece che in legno come i più comuni trulli con soppalco. La parte originale è l’ala sinistra, costruita agli inizi del 1600, la parte restante è stata realizzata nella prima metà del 1700 per conto della famiglia benestante del sacerdote Cataldo Perta che la utilizzò come dimora. Oggi è una casa museo dove si può scoprire come si svolgeva la vita di una volta nel paese.
Lo sapevi che per quanto riguarda l’industrializzazione dell’Alto Milanese, Legnano era già avanti di 50 anni? Per questo è anche chiamata la “Manchester italiana”. Questi i 7 motivi che valgono una visita ai confini della città metropolitana.
LEGNANO: la “Manchester italiana” a mezz’ora da Milano
#1 La “Manchester italiana”: ha anticipato i tempi di mezzo secolo l’industrializzazione del Paese
credits: ivanstesso IG
Tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento Legnano, come tutto l’Alto Milanese, era già in anticipo di 50 anni per quanto riguarda l’industrializzazione del Paese. Sfruttando il corso d’acqua dell’Olona, furono costruiti macchinari per filare e nacquero i primi cotonifici di Krumm e di Costanzo Cantoni. Per questo motivo che Legnano prende il nome de “la vera Manchester italiana” ed è interessante come parte delle industrie, risalenti a quel periodo, siano ancora ben visibili nella città.
#2 La Ciminiera e il Campanile: le due cime di Legnano
Legnano – Credits: E-distribuzione
I due punti alti della città sono testimoni della storia legnanese. In stile rinascimentale, c’è la Basilica di San Magno, che sorge nella piazza omonima. Fu costruita agli inizi del ‘500 e si ritiene che il progetto iniziale sia del grande Donato Bramante. La cima a cui facciamo riferimento è il suo campanile, che è stato però inserito successivamente, intorno al ‘700.
Dalla particolare altezza c’è anche la ciminiera, situata nel complesso di 41 mila metri quadri dell’ex Manifatturiera di Legnano. La ciminiera è stata dichiarata come bene da tutelare dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Milano, in quanto esempio compiuto di quella che fu l’architettura della produzione in Lombardia.
#3 Il castello di San Giorgio
credits: ivanstesso IG
Si tratta del castello Visconteo di Legnano, risalente al XIII secolo, conosciuto anche come Castello di San Giorgio. Circondato da un parco e purtroppo parzialmente diroccato, il castello rappresenta comunque parte della storia di Legnano.
#4 Il lilla del calcio italiano
credits: acleganano IG
Gli appassionati di calcio sicuramente conosceranno la società calcistica A.C. Legnano e la sua storia un po’ turbolenta. Partita come una delle prime società a giocare in massima serie, negli anni, retrocede in serie B, fino ad arrivare all’espulsione dai campionati e a giocare, ad oggi, nella serie D. Ma non bisogna dimenticare che nella squadra hanno giocato anche grandi campioni come Gigi Riva e che, per il suo colore lilla, rimane un unicum nel calcio italiano.
#5 L’unica città, insieme a Roma, ad essere citata nell’inno d’Italia
credits: storia_sale_e_limone IG
“Dovunque è Legnano, Ogn’uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano”questi sono i versi dell’Inno di Mameli in cui la città viene nominata. Legnano viene infatti ricordata, perché fu sede della grande battaglia che si concluse con la vittoria dei lombardi contro Federico I Barbarossa nel 1176.
#6 I legnanesi: un’icona di Milano
credits: i_legnanesi_official IG
Chi non conosce la famosa compagnia teatrale nata nella città di Legnano nel secondo dopoguerra? I legnanesi sono tra i più grandi comici della zona che propongono commedie satiriche della tipica corte lombarda in dialetto legnanese.
#7 La casseoula è nata qua
credits: bruttocheffo IG
Un piatto non particolarmente leggero della tradizione legnanese è la casseoula, con il suo misto di verze, carote, sedano, cipolle , costine, cotenne e molta carne di maiale. Indubbiamente questo piatto è entrato nei pranzi domenicali di quasi tutta la popolazione lombarda.
Secondo l’ultimo report del Gruppo Tecnocasa il capoluogo lombardo continua a rimanere in testa per crescita dei valori immobiliari e dei canoni di locazione. Ci sono però alcune zone che rimangono ancora abbordabili. Scopriamo quali sono insieme a quelle meno accessibili.
AFFITTI a Milano: i CANONI per QUARTIERE e la ZONA più ECONOMICA
# Milano prima in Italia per crescita del valore degli immobili e del prezzo degli affitti
Variazioni prezzi quartieri Milano
Secondo l’ultimo report del Gruppo Tecnocasa il capoluogo lombardo continua a rimanere in testa per crescita dei valori immobiliari, +3,6% il dato atteso per il 2022, con un trend destinato a salire ulteriormente in prospettiva delle Olimpiadi 2026 come già successo nel periodo pre e post-Expo 2015. Le aree che hanno registrato il maggior rialzo sono quelle di Bovisa-Sempione con +6,4%, Città Studi-Indipendenza con +5,8% e il centro con + 5.6%.
Andamento canoni locazioni Tecnocasa
L’aumento riguarda di conseguenza anche il prezzo degli affitti con sempre più zone inaccessibili anche se rimangono ancora alcuni quadranti abbordabili. Vediamo la situazione aggiornata.
# Il quartiere più caro della città è Moscova-Garibaldi: per un bilocale si spende in media 2.500 euro
fuorisalone.it – Corso Garibaldi Fuorisalone
In base all’analisi di Tecnocasa il quartiere più caro è Moscova-Garibaldi dove per un bilocale servono in media 2.500 euro e per un trilocale 4.500 euro, a seguire San Babila-Brera-Palestro dove bisogna metter in conto rispettivamente 2.100 e 4.200. Un gradino più sotto troviamo Porta Nuova con 2000 euro per un bilocale e 3.600 euro per un trilocale e a breve distanza la zona del Sempione dove servono 2.000 euro per un bilocale e 3.000 per un trilocale.
Tra i 1.500 e i 1.100 euro per un bilocale troviamo i quartieri di Citylife, Cadorna-Magenta, Vercelli-Pagano, Ticinese, Dateo-22 marzo e Cadore.
# La zona più economica è Ponte Lambro dove bastano 500 euro per un bilocale
La zona invece al momento più economica è quella di Ponte Lambro, periferia est della città, dove il canone medio mensile per un bilocale è di 500 euro. Tra le zone dove gli affitti non raggiungono gli 800 euro ci sono: Villa Pizzone-Quartoggiaro e Varesina con 650 euro, Baggio-Muggiano-Quinto, Padova-Trotter, Ortica, Primaticcio-Forze Armate, Missaglia-Gratosoglio e Quartiere Torretta con una media di 700 euro e infine Cimiano-Crescenzago che si ferma a 750 euro. Nessuna di questa zone supera i 900 di canone di locazione nemmeno per un trilocale.
Fare esperienze insolite non significa per forza fare sport estremi, procurarsi adrenalina rischiando la vita non è l’unica attività magica che si può fare in Italia. Ecco tre esperienze particolari da fare nella penisola.
Dall’igloo alle case e ai palloni volanti: 3 ESPERIENZE INSOLITE da vivere in Italia
# 1 Un giro in mongolfiera
Al posto di saltare da un dirupo legati ad un elastico o lanciarsi da un aereo con un paracadute, se si apprezza l’aria sul volto e un panorama mozzafiato visto dall’alto, un’ottima alternativa a lanciarsi nel vuoto è una gita in mongolfiera. Grossi palloni aerostatici dai colori più sgargianti solcano il cielo da almeno due secoli, prima per esplorare l’atmosfera e la terra dall’alto, poi per dilettare chi poteva permettersi di fare un giro in tranquillità, godendo di aria pura e vedere grandi città in miniatura e dei colori delle distese campagnole. In Italia si può fare, in Umbria, a Bevagna, ci sono le mongolfiere più grandi del Paese, che possono portare fino a 18 passeggeri, facendo fare un giro tra le nuvole a chi lo desiderasse. Per contatti: www.balloonadventures.it/it/giro-in-mongolfiera-presso-assisi-umbria/
Se il desiderio è quello di passare una notte completamente immersi dalla natura, ma senza essere attaccati da insetti fastidiosi e doversi montare una tenda con istruzioni complicate e difficili da leggere, l’alternativa si trova vicino a Pescara. In Abruzzo si trova il Cerchio Del Desiderio Glamping Retreat dove si può dormire in un igloo non fatto di ghiaccio, bensì di plastica trasparente, che permette al curioso, non troppo avventuriero, di dormire in tutta comodità in mezzo alla natura, anche rilassandosi comodamente dentro una jacuzzi, guardando le meraviglie che la terra offre sotto un cielo di stelle. Contatti: cerchiodeldesiderio.com
La casa sull’albero più bella d’Italia si trova in Lazio, nel viterbese, ad Arlena di Castro, presso l’agriturismo La Piantata.
La Suite Bleue è stata progettata da due architetti francesi ed è dotata di ogni comfort per permettere un soggiorno tanto naturale quanto di lusso. La casa infatti si estende su 44 metri quadri immersi in 12 ettari di campi di lavanda in cui il padrone è il profumo intenso del cosiddetto “oro viola”. La casa, che si trova a ben 8 metri da terra, si arrampica su una solida base costituita da una secolare quercia.
In qualsiasi tree house del mondo si può dormire su un albero ma qui si ha in più la fortuna di soggiornare tra profumati campi di lavanda e su una quercia secolare che, dicono, riserva antiche storie da raccontare. Per contatti: www.lapiantata.it/
Temporali di fine estate, temperature che iniziano a scendere, tramonti che arrivano sempre prima. L’autunno si avvicina e la tintarella si prepara a farci ciao ciao. Ma per i più appassionati c’è un posto dove andare per il rush finale.
SOTTOMARINA: la località dove ci si abbronza più rapidamente
Non sono obbligatoriamente necessarie ore e ore di attesa sotto il sole per prendere melanina e abbronzarsi meglio. C’è un posto dove ci si abbronza molto più velocemente del solito. Ed è solo a 3 ore da Milano. E’ stato svelato il trucco per abbronzarsi velocemente.
# Quarzo e minerali nella sabbia favoriscono una abbronzatura più veloce
@sonia_stocco_ Spiaggia Sottomarina
Gli effetti del sole sul corpo cambiano in base a dove lo si prende. Esporsi ai raggi solari in barca è diverso da prenderli in montagna o in città. L’ambiente in cui ci si trova riflette infatti i raggi in modo diverso e per questo ci sono luoghi dove ci si abbronza di più o dove l’esposizione al sole fa bene alla salute, mentre in altri no. A circa 3 ore da Milano, in una frazione di Chioggia, in provincia di Venezia, la particolare composizione della spiaggia permette di abbronzarsi più velocemente.
Siamo a Sottomarina, paese anticamente chiamato Chioggia minore, un antico borgo dalle case colorate e stabilimenti balneari pronti ad ospitare turisti. Qui la sabbia è composta da rocce dolomitiche di quarzo, minerali ferrosi ed elementi micacei che rendono l’azione del sole più impattante. Prendere il sole nelle spiagge di Sottomarina fa sì che l’abbronzatura sia più veloce e intensa, ma anche più duratura.
# Non solo prendere il sole: cosa fare a Chioggia e Sottomarina
@jessicatravelover Chioggia
Lo iodio, il quarzo e tutti i minerali della sabbia di Sottomarina, uniti ad una continua brezza di mare, fanno sì che ci si possa abbronzare più velocemente e soffrendo meno il caldo. Ma Sottomarina non è solo tintarella e acqua salata. Per girare tra Chioggia e Sottomarina l’ideale è muoversi in bicicletta, di cui il comune è pieno.
Chioggia è definita la “piccola Venezia”, molto simile a quella reale, i suoi palazzi e le sue case colorate che si stagliano contro l’azzurro del cielo rendono il paese una piacevole scoperta. Ma Chioggia nasconde anche qualche mistero esoterico: qui ad esempio ci sono una casa delle streghe e una statua senza testa. La sua frazione di Sottomarina poi è ideale per godersi la spiaggia e il mare, anche con una passeggiata a cavallo, e mangiare cicchetti accompagnati da uno spritz. Il tutto magari mentre ci si abbronza!
Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay - Arco della Pace
Ogni milanese, nato e vissuto in città, acquisito o solo di passaggio, ha a Milano un luogo del cuore. Questi sono quelli degli autori di milanocittastato.it. Scopriamo quali sono e perché.
MILANO: i LUOGHI del CUORE della redazione
# Arco della pace
@dimitrisvetsikas1969-pixabay – Arco della Pace
L’Arco della Pace. Ampi spazi, prospettive, una geometria perfetta. Il lungo e largo viale che attraverso l’ovale della piazza si congiunge con il parco del Castello. Ci si sente come in una città del centro-nord d’Europa.
(Andrea Zoppolato)
# Bosco Verticale
@maxterragni-pizabay – Bosco Verticale
Il Bosco Verticale. Il mio luogo del cuore perché è come fosse una giungla di palazzi, dà l’idea di una Milano futuristica.
(Ottavia Beccu)
# Piazza Lima
@Andrea Cherchi – Piazza Lima
Piazza Lima. Incrocio di strade, confine tra diverse anime di Milano.
(Alessandro Vidali)
# Premiato Forno Cantoni
@premiatofornocantoni iG – Premiato Forno Cantoni
Il Premiato Forno Cantoni. Di fianco all’ospedale Buzzi è il mio luogo del cuore perché ci ho passato gli anni della mia adolescenza.
(Alice Colapietra)
# Montagnetta di San Siro
Monte Stella – Andrea Cherchi
La Montagnetta di San Siro. Perché ho partecipato alla piantumazione degli alberelli che si sono trasformati in un bosco, era ciò che si guardava dalla mia periferia ed è dove ho fumato la prima canna.
(Laura Lionti)
# La Collina dei ciliegi
@Andrea Cherchi – Collina dei Ciliegi
La Collina dei Ciliegi. Si percorreva per andare dall’università in centro, in primavera è bellissima.
(Sara Ferri)
# Piazzetta Difesa per le donne
@gwmase IG – Piazzetta Difesa per le donne
Il mio luogo del cuore è la Piazzetta Difesa per le donne in Bicocca davanti all’edificio con tavolini, fiori e dove si passano le ore a studiare e a prendere il sole.
(Beatrice Barazzetti)
# Porta Romana
@Andrea Cherchi – Murale Porta Romana
Porta Romana. Il quartiere dove c’è gente simpatica, dove l’idea di comunità è molto forte e si respira ancora l’atmosfera della Milano di un tempo.
(Fabio Marcomin)
# Via Molino delle Armi
@andreaiula IG – Via Molino delle Armi – Parco delle Basiliche
Via Molino delle Armi. Il mio luogo del cuore perché quando da ragazzo venivo a Milano col bus dell’associazione culturale di Parma per andare a vedere la lirica (Scala) o la prosa (Piccolo), mi ritagliavo il mio aperitivo al bar tabaccheria, sognando un giorno di vivere a Milano…
(Lorenzo Zucchi)
Immaginatevi un paese dove i gatti girano tranquilli per le strade, liberi e spensierati, dove guardi un cartello e stranamente c’è raffigurato un gatto. L’animale poi compare anche su case, insegne e numeri civici. Un vero e proprio Paese dei Gatti, ma dov’è?
BROLO: il PAESE dei GATTI a un’ora da Milano
# Brolo
Credits: @cristinatogna Brolo
Brolo si trova in Piemonte, più precisamente si affaccia sul Lago d’Orta ed è in provincia di Verbania. Si tratta di una frazione del comune di Nonio e non conta molte anime, solo 357 cittadini. È facile da raggiungere e da Milano dista solamente un’ora e mezza circa.
# Una storia tramandata da oltre 300 anni
Credits: @percorsidartefuneraria Brolo
Ma perché viene chiamato il paese dei gatti? Per risalire all’origine di questo nome bisogna tornare un po’ indietro, ad una leggenda, o meglio ad una storia, tramandata negli anni dagli abitanti di Brolo. Il 10 ottobre 1756, quando Brolo apparteneva ancora a Nonio, la comunità chiese la separazione dal comune. Il motivo? Nessuna particolare ostilità con gli abitanti di Nonio, si trovava solamente scomodo recarsi sempre a Nonio per assistere a tutte le funzioni ecclesiastiche. Per raggiungere Nonio da Brolo bisognava infatti attraversare un fiume e quindi la Parrocchia di San Biagio di Nonio decise di affidare a Brolo una Parrocchia autonoma e la chiesa di Sant’Antonio d’Abate, alla condizione che sarebbero stati i cittadini a gestirla e che avrebbero dovuto ripagare tutti i debiti al comune.
Ma nessun abitante di Nonio credeva in questa folle impresa di Brolo e quindi iniziò a diffondersi questo detto “Quand al vien parrocchia Brol, al ratta metrà su ul friol” che in italiano significa “quando a Brolo ci sarà la parrocchia il topo si metterà il mantello”.
# L’inizio del paese dei gatti
Credits: @silviaprestigio Brolo
Tra stupore e incredulità, i cittadini di Brolo riuscirono a portare a termine la loro impresa: come dei gatti avevano scacciato i topi. Il 27 aprile 1767 il motto divenne “È stata fatta la parrocchia a Brolo ed il ratto ha messo il mantello” ed è proprio da qui che iniziò la tradizione di chiamare Brolo il paese dei gatti, dove i gatti sono gli abitanti del paesino.
Credits: @vale25f Brolo
Ma la bravura degli abitanti di Brolo non finisce qui. I cittadini capiscono che devono dare un’identità al paese e allora, molto semplicemente, Brolo diventa il paese dei gatti. Così, adesso, se ci si reca a Brolo si troveranno cartelli raffiguranti i gatti, disegni dell’animale sulle mattonelle dei numeri civici, dipinti sui tetti delle case e anche un monumento a forma di gatto su un’aiuola terrazzata.
# Gatti ovunque
Credits: @percorsidartefuneraria Brolo
Ovviamente per le vie del paese non mancano gatti veri e propri, liberi di girare per Brolo e accuditi dagli abitanti della frazione. Non mancano poi la cosiddetta Strescia dal Gat, una stradina pedonale dedicata interamente ai gatti, e le numerosi insegne e “panettoni” in cemento riportanti raffigurazioni feline.
Il momento di un articolo più profondo del solito, quantomeno nelle intenzioni. Alzi la mano chi non si è mai sentito dire almeno una volta la frase “se avessi 24 ore di vita, cosa faresti?” Risposta alquanto ardua, considerando che spesso non ci basta una vita per portare a termine neanche la metà di quanto ci siamo prefissati, figurarsi un ultimo rapidissimo giorno. Allora ho pensato di costruire un muro immaginario ed elencare un quintetto di tematiche su cui esprimersi ponendovi questa domanda: quali sono (o a chi dedichereste) le ultime frasi che vorreste lasciare scritte prima di passare a miglior vita? Proviamo a immaginarlo assieme.
Il muro delle nostre ULTIME PAROLE
# Ciò che ci ha reso felice
Forse il primo punto sarebbe proprio quello più difficile: a volte neppure in punto di morte le persone riescono a confessare davvero tutto il bene che vorrebbero mostrare ad amici, familiari, compagni di una vita etc. etc. Personalmente mi concentrerei non tanto sull’amore relazionale (che dal mio punto di vista si dimostra più a fatti che a parole) quanto su quello che ci ha fatto vivere serenamente. La nascita di un figlio, la gioia per aver vinto un premio o una promozione tanto attesa, ma anche tante piccole cose più semplici che possono far parte della vita di un essere umano. Per quanto mi riguarda ciò che mi ha reso felice più di tutto posso dirvelo anche subito, dato che sta accadendo proprio in questi giorni: volare con un piccolo Cessna 152 nei cieli della Florida costeggiando Miami Beach. Ecco: questo, attualmente, è il significato più alto che posso dare al termine “felicità”.
# I nostri grandi rimpianti
Non aver capito in tempo qual era la mia strada. Punto. E non è che uno si possa dare troppe colpe per questo, ci sono persone che non lo capiscono dopo una vita intera, quindi posso ritenermi fortunato. I vostri quali sono, invece? Sono più legati alle relazioni, a rapporti familiari o a occasioni mancate in termini di luoghi e/o situazioni che avreste volute vivere? Spesso, ponendo questa domanda un amore perduto vince su tutto. E se aveste qualche dubbio in proposito, vi consiglio di ascoltare “Ultimo Amore” di Vinicio Capossela. Là troverete tutte le risposte.
# I segreti che non abbiamo mai confessato
Sul muro delle ultime parole si potrebbero scrivere i segreti che mai e poi mai avremmo pensato di svelare. Perché no, anche qualcosa di noir tipo: “ho assistito a un omicidio ma per vergogna ed omertà non ho mai detto nulla” o “so chi ha ucciso tal dei tali” e via dicendo. Magari anche piccole o grandi scorrettezze che abbiamo compiuto nella nostra vita, come ad esempio tradimenti, inganni sul lavoro o grandissime bugie che possono aver danneggiato qualcuno al posto nostro. Ma anche cose molto più semplici, d’altronde si sa: chi non ha mai rubato almeno e dico almeno un pacchetto di gomme da masticare da bambino? Oddio, forse non sarebbe proprio una frase tanto importante da essere scritta prima di morire, ma tant’è. Per piccolo o grande che sia, un segreto è pur sempre un segreto!
# La vita che pensavamo di dover vivere
Un modo un po’ più elegante di descrivere i nostri rimpianti professionali e non solo, con la differenza che qui ci si potrebbe sfogare davvero senza inibizioni: mi sarebbe piaciuto fare il calciatore, il pornoattore, il pilota di formula 1. L’etoile del teatro alla Scala, la supermodella, la cantante pop più famosa al mondo. Il Presidente della Repubblica, il narcotrafficante, il fotografo più bravo al mondo, e chi più ne ha più ne metta. Sarebbe insomma l’occasione giusta per confessare che forse avremmo sempre voluto fare altro rispetto a ciò che ci ha dato da mangiare, seguire una strada meno comoda e più rischiosa (giusta o sbagliata che fosse), che probabilmente non abbiamo avuto il coraggio di seguire e che forse, chissà, ci avrebbe reso davvero appagati.
# La vita che abbiamo vissuto
Dopo tanto girovagare e numerose esperienze di lavoro e di vita, proprio mentre la maggior parte dei miei amici stanno mettendo su famiglia e comprando casa, spero un giorno di poter scrivere sul muro delle ultime parole che ”la mia vita è stata un’avventura, che mi ha permesso di girare il mondo, crescere come uomo e come persona, diventare un pilota di linea e uno scrittore famoso”. Ambizioso eh? Certo che sì. Ma tanto, prima di arrivare alla fine dei miei giorni (mi auguro) di tempo me ne resta molto, quindi perché non sperarci.
E voi invece? State vivendo la vita che pensavate di dover vivere? E come lo scrivereste, con le vostre ultime parole? Forza, non siate scaramantici!
Noi milanesi amiamo dividerci. Milan e Inter, destra e sinistra, ciclabili o monopattini. Su ogni questione ci si pone da una parte o dall’altra, Milano è l’arena di un derby quotidiano. Ma il derby a Milano è meno sanguigno di quello di altre città come Roma o Genova, più che uno scontro tra nemici da combattere è una sfida da cortile tra cugini che sotto sotto si stimano, si piacciono, possono litigare ferocemente ma subito dopo vanno a prendere un aperitivo assieme. La divisione di Milano è un gioco delle parti, anche perché quando le cose si fanno importanti i milanesi tornano uniti e si mostrano per quello che forse manca al resto d’Italia: una comunità. Questo lo si è capito con Expo. Il giorno dopo l’inaugurazione.
Già, perché il derby di Expo è durato anni ed è arrivato all’apice proprio il giorno dell’inaugurazione: il primo maggio del 2015. Questo il giorno in cui si apre la grande esposizione internazionale sul sito ai confini di Milano, il giorno in cui la frattura tra fans e nemici della manifestazione prende le sembianze di una guerra civile. Il primo maggio 2015 è come se a Milano fosse esplosa una bomba atomica. Ma prima di rivivere quel giorno, facciamo qualche passo indietro.
Il derby di Expo è durato anni, fin dalla sua assegnazione. Appena stabilito che sarebbe stata Milano a ospitare la grande manifestazione internazionale, i milanesi hanno fatto quello che fanno sempre: si sono divisi. Tra chi ha accolto la manifestazione in modo entusiastico e chi, invece, si è posto contro, a muso duro. Così Milano è diventata il teatro del derby tra pro Expo, o Expottimisti, e No Expo.
Perché no Expo? Per i possibili sprechi, per la cementificazione, per gli intrallazzi, per il piacere di essere contro, perché i milanesi sono così, amano i derby. Per anni la sfida è rimasta a livello di bar, di giornali, debordando solo nelle scritte sui muri o in isolati episodi vandalici. Ma tutto è rimasto comunque nella consuetudine di un derby, con discussioni, litigate che si concludono con un brindisi fuori da un locale. Così è andato avanti nei mesi, per anni, fino al primo maggio del 2015. Perché quel giorno si è passato il limite dei derby milanesi.
Una bomba atomica. Questa volta non c’entrano i russi e gli americani, sono stati i milanesi a fare tutto da soli. O quasi. Quasi perché non erano solo loro.
Il primo maggio 2015 è il giorno dell’inaugurazione di Expo. L’èlite, la classe dirigente, quella che viene definita “la Milano della prima della Scala” inaugura ai confini di Milano la grande esposizione, in modo un po’ ipocrita e bauscia, con la fanfare, facendo finta che tutto vada bene, coprendo con installazioni mimetiche i numerosi padiglioni ancora da completare e, soprattutto, fingendo di non vedere quello che sta succedendo in città. A guardarla dall’inaugurazione di Rho sembra che Milano sia compatta e felice per la grande esposizione. Ma non è così. Il primo maggio è il giorno in cui il derby da sottotraccia è entrato sul campo. Il campo non è San Siro, ma il centro di Milano. E invece che con un pallone si gioca con il fuoco.
Il fischio d’inizio è alla Darsena. In contemporanea con l’inaugurazione dell’esposizione scende in campo l’altra squadra di Milano: i no Expo. Non solo milanesi, molti giocatori arrivano da fuori, molti sono stranieri come si usa anche nel calcio. Pochi metri percorsi e si capisce subito che questa non sarà un derby come un altro. Basta vedere chi partecipa, una squadra in divisa nera con i volti coperti e tra le mani qualcosa che mette i brividi. Pietre, bastoni, bottigliette con liquido incendiario.
Pochi minuti e si scatena una violenza senza precedenti. Nella squadra in campo i fuoriclasse non sono Icardi o Ibra, sono i black block, i guerriglieri anarchici che in quegli anni mettono a fuoco ogni città in cui sia di scena un evento di taglio politico. La loro lotta è contro multinazionali, globalisti, sistema e chi più ne ha più ne metta. Pochi minuti e Milano diventa palcoscenico dello stesso teatro di Genova 2001, quello del G7, degli assalti delle zone rosse, del ragazzo rimasto ucciso negli scontri con la polizia.
I guerriglieri percorrono via De Amicis, poi via Carducci, strade segnate dagli scontri degli anni di piombo, e distruggono tutto quello che incontrano e che simboleggiano ciò che sta dietro Expo: banche, negozi di multinazionali, imbrattano i muri e le vetrine, fanno esplodere bombe carta, qualche molotov, rovesciano le auto che vengono incendiate. Sembra l’apocalisse, lontani anni luce dalla fanfare del sito Expo.
La situazione degenera in via Vincenzo Monti dove i guerriglieri formano delle barricate per separarsi dalle forze di polizie con cui inizia un conflitto che dura ore. I milanesi seguono con il cuore in gola. Dalle finestre ma soprattutto da internet dove possono vivere in streaming quello scempio, con immagini che sembrano da fine del mondo. O, almeno, di una città.
Ma i guerriglieri non sanno che i derby di Milano devono rispettare alcune regole inderogabili: devono avere stile, devono essere sobri, misurati, se oltrepassano il limite il gioco finisce e i milanesi si ricompattano. Così è accaduto il giorno dopo l’inaugurazione di Expo. Mesi, anni di divisione vengono seppelliti sotto le rovine dei disordini del giorno prima.
I milanesi che percorrono le strade del centro non credono ai loro occhi. Vedere la città sfigurata è troppo forte per qualunque divisione.
E’ in quel momento che milanisti e interisti, destra e sinistra, Sì Expo e No Expo si svestono dei loro colori per indossare tutti assieme la maglia di Milano.
Fin dalle prime ore della mattina successiva da Piazza Cadorna si aggrega una marea umana, tutta Milano accorre in modo spontaneo. Ma la caratteristica del milanese non è solo di arrivare per dare il suo sostegno, per fischiare o battere le mani. Il milanese se c’è da fare, si rimbocca le maniche, si arma di secchio e pennello e si mette all’opera per ridare alla sua città la bellezza tradita.
The day after Expo a Milano è questa immagine: milanesi di ogni età che davanti a ogni muro, a ogni parete, in ogni angolo di marciapiede si danno da fare per cancellare le scritte, riparare i vetri rotti, ripulire le strade. Decine di migliaia di persone che, senza aspettare direttive superiori, cercano di dare una mano dimostrando a chi non lo sa che ogni derby ha un fischio di inizio ma anche un fischio finale. E che dopo la partita ci si ritrova tutti insieme a bere un aperitivo o a ripulire una strada devastata da chi non ha capito che i milanesi possono dividersi su tutto ma su Milano non si sgarra: la amiamo tutti e non permettiamo a nessuno di rovinarla.
Un’isola celebrata da un famoso romanzo, accessibile solo pochi giorni all’anno. Scopriamo la sua storia e come e quando poterla visitare.
MONTECRISTO, l’isola più ROMANZESCA d’Italia
# Un santuario della natura consacrato alla celebrità mondiale dal romanzo “Il conte di Montecristo” di Alessandro Dumas
ph. Paolo Comai-unsplash – Isola di Montecristo
L’Isola di Montecristo è un vero e proprio santuario della natura, nonché una delle isole più importanti per la tutela della biodiversità dell’Arcipelago Toscano e del Mar Tirreno, consacrato alla celebrità mondiale dal romanzo “Il conte di Montecristo” di Alessandro Dumas.
Riconosciuta come Riserva Naturale Statale con D.M. del 4 marzo 1971 e Riserva Naturale Biogenetica diplomata dal Consiglio d’Europa nel 1988 di oltre 1.000 ettari, l’Isola di Montecristo è inserita nel perimetro sia del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, sia della Riserva della Biosfera “Isole di Toscana” nell’ambito del Programma MAB dell’UNESCO e nel Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini Pelagos.
# La conformazione dell’isola e gli edifici storici ancora presenti
@_aline81_ IG – Monastero di San Mamiliano
L’isola, che si è originata dal sollevamento di un plutone sottomarino, è interamente montuosa con diverse sporgenze rocciose a picco sul mare. La sommità, denominata “Monte della Fortezza”, è di 645 m. Le specie animali e vegetaliun tempo diffuse in tutto il Mar Mediterraneo sono presenti tuttora a Montecristo grazie alle condizioni che ne hanno impedito il popolamento da parte degli umani.
Non è presente però solo la natura. Tra gli edifici storici che si possono visitare, parzialmente conservati o solo come resti, ci sono: il Monastero di Mamiliano realizzato nel V secolo dai monaci eremiti, i ruderi della Fortezza di Montecristo e una palazzina in perfette condizioni con tanto di parco, divenuta in seguito la Villa Reale, fatta costruire nella seconda metà dell’800 dal Lord inglese George Watson Taylor.
# Le visite sono contingentate per preservare il suo fragile equilibrio
@_aline81_ IG – Isola di Montecristo dall’alto
Un luogo così straordinario e fragile dal punto di vista ambientale richiede una fruizione contingentata, saranno 23 in totale le visite possibili nel 2022 con la prima il 19 marzo e l’ultima il 25 settembre, per 75 persone ogni data. Il costo dell’escursione è di euro 130 € a persona, comprensivo di trasporto marittimo a/r e del servizio guida, e va prenotato e pagato in anticipo. Il rispetto delle regole di comportamento e le modalità organizzative sono in capo all’Ente Parco, in accordo con il Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Follonica.
Quest’anno Ferragosto cade di lunedì. Ideale per fare una gita di un giorno o che prenda tutto il ponte. Se si vogliono idee per gite fuori porta, qui le località del giorno. Queste invece le proposte per chi non vuole lasciare Milano neppure a Ferragosto.
Tutta mia la città: le 7+1 cose più fighe da fare a Milano nel ponte di FERRAGOSTO
#1 Rivivere atmosfere delle origini di Milano con la più grande orchestra di arpe celtiche
Il Castello Sforzesco è uno dei riferimenti dell’estate di Milano con oltre 50 eventi. Sabato 13 agosto è di scena Songs for Gaia, spettacolo di taglio ecologico con la Celtic Harp Orchestra, la più grande orchestra di arpe sul panorama nazionale italiano e internazionale.
#2 Sentirsi giudici di X Factor con la sfida degli studenti aspiranti musicisti
Il 15 agosto al Cortile delle Armi del Castello Sforzesco si esibiscono gli 11 finalisti del concorso Campusband Musica & Matematica. Ad affrontare le forche caudine del sofisticato pubblico di Milano ci sono 4 band, 4 cantautori e 3 interpreti.
#3 Sorseggiare un aperitivo nel chiostro rinascimentale
Ogni sera, dalle 18 alle 22, nel Chiostro rinascimentale della Basilica di Sant’Eustorgio si può gustare l’aperitivo (ingresso con consumazione di 10 euro) visitando la mostra “Elliot Erwitt: 100 fotografie”.
#4 Ballare lo swing allo Spirit
@d.parisio Spirit de Milan
Ormai una vera e propria colonna sonora di Milano: le serate swing dello Spirit de Milan alla Bovisa. Sabato 13 agosto c’è l’imperdibile “Holy swing night”, che esegue i classici della tradizione jazzistica americana ed italiana dei tempi dello Swing degli anni ’30 e ‘40.
#5 Vivere una giornata da re nella piccola Versailles lombarda
@alemiet IG
Villa Arconati, la “piccola Versailles lombarda”, spalanca le porte ai visitatori a Ferragosto in un luogo incantato dove il tempo sembra essersi fermato al periodo d’oro del Settecento. Dalle 11 alle 19 il pubblico ha la possibilità di vivere una giornata come gli antichi padroni di casa: si può passeggiare nel magnifico giardino, lasciarsi affascinare dalle storie narrate nel Palazzo, viaggiare nel tempo con la mostra di arte contemporanea di Angela Lyn “On the edge of time”.
#6 Tuffarsi nell’ignoto alla 23ima Triennale
Unknown Unknowns. Il titolo della 23ª Esposizione Internazionale della Triennale. An Introduction to Mysteries affronta il tema dell’ignoto, interrogandosi sui suoi misteri. L’Esposizione è una grande opera corale che riunisce progetti di 400 artisti, designer, architetti, provenienti da più di 40 paesi. Lunedì 15 agosto apertura dalle 11 alle 20.
#7 Percepire il corpo alla Fondazione Prada
fondazioneprada.org
A Ferragosto, alla Fondazione Prada, è di scena la mostra ‘Useless Bodies?‘ del duo Elmgreen & Dragset. Il tema è la percezione del corpo: le installazioni spingono il visitatore a interrogarsi sul ruolo del corpo nel passato e nel presente, sulla disumanizzazione degli ambienti contemporanei, sull’imperfezione e l’ossessione per la bellezza. Si può anche interagire con le opere. A Ferragosto apertura dalle 10 alle 19. Ma non c’è solo questo alla Fondazione Prada.
All’Osservatorio della Fondazione è di scena ‘Role Play’. Attraverso foto e video, 11 artisti internazionali esplorano l’idea di identità alternativa, in bilico tra sé autentico e fasullo, mettendo in discussione le metafore di genere, gli stereotipi, il senso del luogo. Che questa fuga dal reale inventando nuovi mondi sia diventata davvero l’unico modo per poter esprimere sé stessi? Apertura a Ferragosto dalle 14 alle 19.
#7+1 Percorrere la grande classica: la ciclovia Villloresi
Ph. inognidove
Per finire un grande classico. La ciclovia del Villoresi è tra le più lunghe piste ciclabili della Lombardia, con i suoi 100 chilometri, completamente pianeggianti: dalla diga del Panperduto al fiume Adda, in località Groppello di Cassano d’Adda. In pratica il percorso dello stesso canale Villoresi, opera idraulica conclusa nel 1890. Si può percorrerla tutta in più giorni, o anche solo a tratti, deviando verso le bellezze storiche e artistiche che si incontrano lungo il tracciato, tra ville, palazzi e chiese.
La ciclovia parte da dove nasce il canale, dalla diga del Panperduto, nel comune di Somma Lombardo. Pedalando a filo d’acqua si arriva alla centrale idroelettrica dell’800 di Vizzola Ticino. Da qui si possono scegliere due tracciati: uno (il più facile) lungo il Naviglio Grande e l’altro, tra la vegetazione, lungo la sterrata che segue il Villoresi.
La ciclovia prosegue nel verde della vegetazione che costeggia il canale, nel parco delle Groane. A Monza la ciclabile permette ai visitatori di restare fuori dal traffico oltrepassando il fiume Lambro e immergendosi in un parco. A Carugate riprende uno sterrato che costeggia il Villoresi. Ancora poche pedalate e si arriva a Gropello dove le acque del Villoresi finiscono nella Martesana per poi raggiungere l’Adda.
La storia del Negroni Sbagliato inizia ad assomigliare a quella di Alberto da Giussano ed assume i contorni della leggenda. Esquire svelauna scoperta clamorosa.
La VERA STORIA dello SBAGLIATO: il re dell’aperitivo milanese non è nato per errore
# In un contesto mitico, nasce una leggenda
ph. Pinterest
A quasi mezzo secolo dalla sua nascita, il Negroni Sbagliato è uno dei cocktail più richiesti, apprezzati e “tradotti” nel mondo.
Nato nel mitico Bar Basso di Milano negli anni ‘70, preludio dei mitici anni ‘80 di Milano, il cocktail è la versione più fresca e meno alcolica del famoso fratello, il Negroni. Gli ingredienti del Negroni “classico” sono il milanesissimo Campari rosso, con l’aggiunta bittersweet del Vermouth rosso e l’arroganza e il carattere del gin. Ghiaccio, una fettina d’arancia e il cocktail è pronto.
Lo “Sbagliato” è tale perché, al posto del gin, c’è un prosecchino. Ma siamo sicuri che sia proprio uno sbaglio? Per capirlo andiamo sulla scena del delitto: il bar Basso.
In via Plinio al 39, ogni sera che si rispetti, clienti abituali o di passaggio si fermano al Bar Basso per un drink e un po’ di relax. Conduce il bar Mirko Stocchetto per cui il Negroni è una proposta imprescindibile.
Ed è qui che la storia del Negroni Sbagliato si divide. La leggenda racconta che, per sbaglio, Mirko abbia confuso la bottiglia del gin con quella del prosecco, ma si sia accorto dell’errore solo dopo aver servito un cliente abituale. Per rimediare alla “gaffe”, serve il cocktail dicendo: «ti ho fatto una versione più leggera e fresca».
Piace così tanto che il cliente chiede a Stocchetto il nome di questa versione e il barman, preso in contopiede, lo battezza “Sbagliato”.
# Il cocktail milanese che si può trovare dappertutto
ph. Inside The Rustik Kitchen
Quasi all’istante il nuovo mix inizia a fare il giro del mondo, soprattutto grazie alla codifica della semplice lista di ingredienti. Anche i milanesi in viaggio iniziano a richiederlo all’estero e, prima che la lingua italiana diventasse di moda e il cocktail venisse conosciuto come “Sbagliato” in tutto il mondo, è stato “tradotto” in molte lingue. A quasi 50 anni dalla sua prima apparizione, è venuto il momento della verità ed è stato chiesto a Mirko Stocchetto di raccontare cosa è realmente successo quel giorno.
# La verità? Lo Sbagliato è la versione al femminile del Negroni
ph. Michael Shivili da Pixabay
La verità è che lo “Sbagliato” arriva per una serie di ragioni, fuorché l’errore.
Mirko Stocchetto e il padre si ritrovano negli anni ‘70 a pensare di intercettare un pubblico più vasto, soprattutto quello femminile. Grazie ai movimenti di emancipazione culturale, anche le donne iniziano a frequentare i locali ma chiedendo drink e cocktail con sapori nuovi. I barman del Bar Basso, quindi, si impegnano ad impreziosire l’offerta con varianti più delicate.
Ecco che il prosecco prende il posto del gin nel Negroni, ed è così che nasce uno “Sbagliato”.
La storia dello Sbagliato non è quindi quella del brutto anatroccolo, ma una solida scelta di gusto e di marketing. I due Negroni raccontano la loro storia da decenni, senza nessuna pretesa, a parte ispirare allegria e intrattenimento.
Stasera, quando è ora, brinderemo insieme? Cin cin a tutti
Marzo 2011. In un ristorante con veranda di una traversa di corso Vercelli c’è aria di festa. E’ presente lo stato maggiore del centro destra di Milano. Mancano ancora due mesi alle elezioni amministrative ma sembra che la vittoria sia già dietro alle spalle. Il clima è da sboroni, l’unica incertezza è se si vincerà al primo turno o se bisognerà attendere il secondo. Anche se la convinzione generale è che ne basterà uno solo.
Per il resto si discute sui nomi dei futuri assessori con la lega che spadroneggia, ne pretende molti di più rispetto al solo Morelli della giunta uscente. A chi prova a chiedere lumi sulla strategia elettorale o a esprimere dubbi, viene fulminato come cornacchia del malaugurio. Milano è da sempre una città di destra e la candidatura come avversario di quel comunista di Pisapia sembra l’ennesima scelta suicida di una sinistra che a Milano non ne azzecca una e che pare destinata a vedere palazzo Marino con il binocolo almeno per un quarto di secolo. La Moratti vincerà, nessun dubbio. Ma sarà al primo o al secondo turno?
E, in effetti, sembra il candidato migliore per riportare Letizia Moratti a Palazzo Marino in carrozza. Alle primarie Pisapia ha sconfitto l’archistar Boeri che qualche breccia tra i moderati milanesi l’avrebbe aperta di sicuro. E invece è passato l’uomo più di sinistra della borghesia milanese, l’avvocato con slanci giovanili nell’estremismo del pugno chiuso, entrato in Democrazia Proletaria è finito in Parlamento tra le file di Rifondazione Comunista, posizionandosi sempre a sinistra che più a sinistra non si può. In una città moderata, considerata di destra, avrebbe avuto più chance la reincarnazione di Stalin. Questo si pensava ovunque, in particolare nel locale di corso Vercelli dove già si brindava al successo, al primo o, alla peggio, al secondo turno.
Ma lo stato maggiore del centro destra tra i brindisi non si era accorto di un convitato sgradito ma sempre presente nelle grandi occasioni. Quando pare non ci sia più nulla tra noi e il traguardo finale ecco che spunta la punta del suo piede, quanto basta per farci lo sgambetto che ci porta faccia a terra, sostituendo il sapore del brindisi con quello della polvere. L’ospite non gradito presente quella sera di marzo tra le file del centro destra è l’autosabotaggio.
Per la psicologia umanistica la vita delle persone è governata dall’autosabotaggio: dentro ogni soggetto c’è una componente autodistruttiva che, se non compresa e governata, porta il soggetto a sgambettarsi da solo, finendo con la faccia nella polvere.
A marzo la situazione era dunque questa. Il sindaco uscente, Letizia Moratti, quotata al 70% nei sondaggi, con un budget record a disposizione, in una città che da sempre aveva premiato il candidato più a destra. Di fronte Giuliano Pisapia, un candidato noto a pochi, con posizioni estreme se non marginali, con poche risorse a disposizione, una capacità comunicativa scialba e una voce che i detrattori definivano da Paperino.
La situazione era quella degli indiani che attaccano con gli archi e le frecce l’esercito americano o di una squadra di provincia del Sud proveniente dalla serie C che sfida la regina della Champions. Ma la storia è fatta anche del generale Custer sconfitto dai Cheyenne o del Milan battuto dalla Cavese. La storia è fatta di autosabotaggio.
In quella primavera, Letizia Moratti può contare anche sull’autosabotaggio nazionale con un Berlusconi in stato di disgrazia che, invece di nascondersi, cerca un rilancio proprio abbinandosi alla partita che crede più sicura, quella per il sindaco di Milano. Ma questo è niente rispetto a ciò che accade durante la campagna in città. Innanzitutto i mezzi.
Stretta nella sua torre d’avorio con guardie del corpo che la separano dai cittadini anche quando passeggia in Galleria, Letizia Moratti è rimasta ferma alle elezioni del 2006, senza accorgersi che il mondo del 2011 è completamente diverso a quello di cinque anni prima. Soprattutto non si è accorta dell’astro splendente nel mondo della comunicazione: Facebook, la cui potenza virale a quel tempo è perfino superiore rispetto a oggi, calmierato da algoritmi e controlli.
Su Facebook Letizia Moratti e i suoi si schierano come i soldati italiani nella campagna di Albania, con le scarpe di cartone e le armi di vent’anni prima. Non solo: forniscono ottimi spunti e contenuti virali per essere rilanciati dagli avversari. Come quello del fantomatico paese di Sucate dove, secondo la Moratti caduta in un tranello, ci sarebbe potuta essere una nuova moschea, oppure l’incidente della casa del figlio: quello che doveva essere poco più di uno scantinato, grazie all’intervento la giunta Moratti era stato riconvertito in una mega struttura tipo il palazzo di Ceausescu, subito soprannominato dagli avversari “la casa di Batman”. Ma questi sono incidenti tipici da campagna elettorale, che potevano essere riassorbiti.
Invece la mamma di Batman si fa trascinare da altri errori come quello di affidare la comunicazione a Red Ronnie. Attenzione, qui non parliamo del Red Ronnie di oggi che, forse traendo lezione da quella disavventura, è diventato un esperto nell’uso dei social network. All’epoca Red Ronnie era ancora quello del Roxy Bar, assomigliava a uno degli ospiti dei programmi nostalgia di Carlo Conti e si aggirava armato di telecamera gigante cercando di trasformare Letizia Moratti nella protagonista del Truman show.
La donna celebre per la distanza con cui si teneva dalla “gente comune” non è certo il soggetto ideale da immortalare in tempo reale. Il risultato è un disastro. Forse anche per la frustrazione di sentirsi tagliato fuori dai tempi, Red Ronnie comunica finalmente qualcosa che fa il botto. Il problema è che il botto gli esplode in casa: scrive infatti su Facebook che alcuni concerti sono stati annullati a causa del nuovo vento che sta soffiando a Milano. Il vento di Pisapia.
L’uscita di Red Ronnie si trasforma nello slogan trionfale della campagna del 2011. il meme “tutta colpa di Pisapia” si è diffonde su Facebook come uno tsunami, con gli utenti che fanno a gara ad abbinare Pisapia a qualunque possibile sciagura attuale o futura.
L’apoteosi la si raggiunge con il video “il favoloso mondo di Pisapie”, realizzato da “il terzo segreto di satira”, in cui si vede il protagonista al seggio che al momento di votare Pisapia gli arrivano le immagini di come Milano sarebbe diventata con il nuovo sindaco.
La vede trasformata in una città cupa, da occupazione sovietica, con migliaia di migranti che sbarcano sul Naviglio, governata dai terroristi di Al Quaeda e con autobus che passano una volta ogni tre o quattro giorni.
Ma l’autosabotaggio è ormai la forza motrice della macchina elettorale di Letizia Moratti: la sua grande occasione per rifarsi è nel confronto televisivo con l’avversario. Ma anche qui arriva lo sgambetto dell’autosabotaggio che la fa scivolare in una caduta di gusto quando attribuisce all’avvocato un passato da terrorista e da ladro di furgoni.
Altra accusa che scatena un effetto boomerang su Facebook che porta Pisapia a sfiorare lui sì la vittoria al primo turno con oltre il 48% dei voti fino al quasi plebiscito del secondo turno.
La vittoria di Pisapia sembrava una vera e propria rivoluzione milanese. La rivoluzione arancione, colore scelto che ricordava altre insurrezioni popolari dell’epoca, che avrebbe dato una nuova libertà a Milano. A celebrare il suo trionfo quasi tutta Milano, perfino chi non lo aveva votato, si ritrovò in piazza Duomo, in una serata magnifica costellata da un doppio arcobaleno nel cielo.
La folla, l’energia, gli arcobaleni nel cielo. Sembrava una serata da paradiso, l’inizio di una nuova formidabile stagione per Milano finalmente libera dai giochini di palazzo e dai lacciuoli della politica nazionale.
Ma dove c’è entusiasmo e dove si aprono le più grandi opportunità non può mancare lui. Come il demonio nell’Avvocato del Diavolo, cambia lineamenti, sembianze, modi di presentarsi, ma in quei momenti lui non manca mai a riprendersi il ruolo di protagonista. Così, nella piazza gremita di una Milano arancione che celebra i sogni di rinnovamento gli occhi scintillanti e i sorrisi di festa si incrinano quando sul palco appare un euforico Nichi Vendola che molti milanesi si chiedono che cosa c’entri. Il politico pugliese sposta tutto il piano su un altro livello, dichiarando pomposo che «Abbiamo espugnato la capitale del Nord» e che «Il prossimo obiettivo è liberare Palazzo Chigi!».
Milano espugnata, Palazzo Chigi. L’annuncio è chiaro: mettete via bandiere arancioni e altri orpelli da campagna elettorale. A Milano comanda sempre lei, la politica nazionale. E le sue sorti si continueranno a decidere a Roma.
Forse qualcuno se ne è accorto anche quella sera di festa. Guardando bene dietro i lineamenti di Nichi Vendola forse lo ha intravisto, il vero trionfatore di quelle elezioni: l’autosabotaggio.Già proiettato a rompere le uova nel paniere. Anche in una magnifica serata di fine maggio colorata da due arcobaleni nel cielo.
Vediamo quali sono e perché il milanese non ci abiterebbe in base a un sondaggio tra i cittadini.
I 7 POSTI dove NESSUN MILANESE vorrebbe mai andare a VIVERE
#7 Rovigo, “l’unica che supera l’umidità e le zanzare di Milano”
polesine24.it – Rovigo nelle nebbia
Rovigo per molti risulta il luogo più triste di tutto il nord Italia: “non c’è niente da vedere e niente da fare”. Inoltre è l’unico posto al mondo che d’inverno ha più nebbia di Milano e d’estate più zanzare e per questo è soprannominato la Mesopotamia d’Italia.
Il motivo principale per cui un milanese non andrebbe a vivere a Campobasso è che, nonostante si racconti che la città abbia origini longobarde, in realtà nessuno c’è mai stato. Un capoluogo ignoto di una regione che “non esiste”. In più è luogo di Sud con un clima da Nord. Ma senza averne i vantaggi.
#5 Gela, “isolati su un’isola”
farodiroma.it – Gela
Gela è considerata la città peggiore in cui vivere in Sicilia, tra i luoghi più esposti al rischio tumori in Italia, è la Cenerentola di una regione altrimenti bellissima. Mal collegata alle città più importanti come Catania, ha poco da offrire se non l’orrendo impatto visivo delle ciminiere del petrolchimico. Isolati su un’isola lontana da tutto è un vero e proprio incubo per ogni milanese.
#4 Novi Ligure, “nè nuova nè ligure”
tripadvisor – Novi Ligure
Novi Liguresembra qualcosa di non compiuto, nonostante il nome possa ricondurlo alla Liguria, in realtà è una terra di mezzo. Malgrado il nome non ha niente di nuovo e non è neppure in ligure ma sbattuta su una piana che sembra una terra di nessuno rifiutata da Piemonte e Lombardia. Una no man’s land nota in tutta Italia per quel fattaccio lì.
#3 Potenza, “come essere in periferia a Milano ma senza la metro”
basilicatanelcuore.it
Il capoluogo lucano è senza speranza. Servito malissimo e costruito ancora peggio sembra ormai irrecuperabile. Vivere a Potenza è un po’ come abitare nella periferia di Milano senza però avere il vantaggio di essere a portata di metro.
#2 Napoli, “troppo permalosa e borbonica”
fotocommunity.it
Un milanese faticherebbe ad ambientarsi a Napoli perché: primo è troppo permalosa, non accetta la minima critica al contrario di Milano e dei milanesi capaci di incassare giudizi negativi e anzi di fare autocritica senza menarsela troppo. Secondo perché è troppo borbonica, inefficiente, lenta e sprecona, tutto il contrario del modo di fare milanese.
#1 Torino, “solo una Milano più sfigata”
Credits Wendy Dekker-unsplash – Torino
Torino, perdendo i pezzi decennio dopo decennio e sublimando ogni perdita nell’invidia, è ormai diventata la sorella più piccola e sfigata di Milano. Tetra, cupa e poi troppo sabauda. Una città eternamente insoddisfatta, una metropoli incompiuta che ricorda tutto ciò che il milanese non ama della sua città.
Nelle campagne toscane, a circa 30 km da Siena, sorge una vera e propria cattedrale nel deserto. Un luogo unico e raro, magico e spettacolare. Si tratta dell’Abbazia di San Galgano, una cattedrale a cielo aperto protagonista di molte leggende. Che trame nasconde questo luogo incantato?
La CATTEDRALE delle LEGGENDE: a cielo aperto e con la spada nella roccia
# Natura e architettura si incontrano nella splendida abbazia a cielo aperto
antoniojressencial IG
L’Abbazia di San Galgano è una vera perla nascosta in mezzo al verde della campagna toscana. L’aspetto diroccato e l’architettura gotica si fondono insieme, regalando a ciò che resta dell’edificio un aspetto suggestivo e magico.
Questo luogo incantato attira curiosi visitatori da tutto il mondo, anche se oggi dell’imponente complesso monastico restano solo le maestose mura, le lunghe navate e alcune stanze, come il refettorio.
Priva del tetto e delle finestre, l’Abbazia è un meraviglioso esempio di cattedrale a cielo aperto, dove natura e architettura si abbracciano in un’armonia da sogno. La connessione con la natura e con il cosmo si amplifica ulteriormente nelle visite notturne, specialmente d’estate, quando il cielo limpido e pieno di stelle fa da tetto alla cattedrale.
# Peste e carestie provocano l’abbandono dell’Abbazia
credits: fabri_fabri68 IG
La costruzione dell’Abbazia di San Galgano risale al Duecento per mano dei monaci cistercensi. Questi, dopo averla abitata per circa un secolo, si videro progressivamente costretti ad abbandonarla, a causa delle epidemie di peste e delle carestie che afflissero la zona per diverso tempo.
La cattedrale cadde così in uno stato totale di abbandono, sembra addirittura che il tetto venne venduto per ricavarne del piombo. Ma oggi, è proprio l’assenza del tetto il valore aggiunto dell’abbazia, una caratteristica unica che l’ha resa particolarmente celebre, rendendola spesso location di concerti, spettacoli e produzioni cinematografiche.
# Tra re Artù e San Galgano: il ritrovamento di una spada nella roccia alimenta le leggende popolari
credits: vintagediverwatch IG
Nel corso del tempo la cattedrale si è arricchita di storie e leggende, alimentate per lo più dal ritrovamento di una spada incastonata in una roccia. L’immagine richiama immediatamente la storia di re Artù e dei suoi cavalieri, protagonisti di storie e romanzi medievali, ma la realtà è un po’ diversa.
Le leggende narrano che la spada sia stata conficcata nella pietra da San Galgano in segno di rinuncia alle armi e dell’inizio di una nuova vita spirituale e religiosa. Alcuni studi sembrano confermare questo racconto: analizzando infatti il materiale della spada sembra proprio che questa sia fatta di un metallo usato nel dodicesimo secolo per la costruzione delle armi.
Oggi è possibile ammirarla nell’Eremo di Montesiepi e richiama diversi turisti che spesso confondono la storia di re Artù con quella di San Galgano, tanto che qualche anno fa qualcuno provò addirittura ad estrarla. Come potete immaginare la spada non è magicamente uscita proclamando re lo sprovveduto visitatore, ma anzi si è rotta. Per questo, come si può leggere sul sito dell’eremo, “da allora una teca cerca di proteggere la spada dall’infinita umana stupidità”.
Lo sapevi che questa valle sembra una cartolina raffigurante il selvaggio Canada? È l’incontro tra il granito del Plutone del Masino e le serpentiniti della Valmalenco che colora di rossastro le pareti rocciose della valle: da qui il nome Preda Rossa.
PREDA ROSSA, il piccolo Canada a due passi da Milano
# La Valle di Preda Rossa, il “piccolo Canada” della Lombardia
valmasino.info
L’incontro del granito del Plutone del Masino con le serpentiniti della Valmalenco tinge di un colore rossastro le pareti rocciose della valle: da qui il nome Preda Rossa. In mezzo scorre il fiume Duino che si snoda tra le piane alla base delle vette.
Il tutto ha come sfondo il ghiacciaio perenne di Preda Rossa, sulla vetta del Monte Disgrazia. Un paesaggio mozzafiato che sembra uscito da Narnia o da una cartolina raffigurante il selvaggio Canada.
# Un’avventura d’altri tempi
valmasino.info
Per gli amanti del trekking e dell’avventura sono disponibili più percorsi e sentieri da affrontare, da diversi livelli di difficoltà. Il primo percorso disponibile è quello meno impegnativo e adatto anche ai più piccoli. Si tratta di una breve camminata per un sentiero pianeggiante, che sfocia nella prima piana, luogo perfetto per un pic-nic, godersi l’aria pulita e il paesaggio.
# Il Monte Disgrazia: ma il nome non è come sembra
IG @insta.valmalenco
Le cose iniziano a complicarsi se si vuole affrontare un itinerario in salita per raggiungere la Piana Superiore, affiancando il torrente e attraversando i boschi di larici. Solo per i più esperti e temerari è destinato il percorso aperto solo nelle stagioni più calde per raggiungere il Rifugio Ponti, a quota 2559 metri, sul Monte Disgrazia.
Importante è non lasciarsi scoraggiare dal nome del monte, che al contrario di come si crede deriva dal dialetto “desgiascià” e significa “sghiacciare” e quindi nulla ha a che fare con le disgrazie.
# Into the Wild
IG @1_2_trek
La riconnessione con la Natura nel suo stato genuino (ma sicuro) è automatica anche per la persona più cittadina e meno avventurosa.
La cartolina di questo Canada in miniatura nel territorio lombardo si chiude in bellezza con le mandrie di cavalli selvaggi che si aggirano per la valle, in tutto il loro splendore di creature libere.
The Londonist, iconica rivista di Londra, celebra Milano. Quest’estate risulta in cima alle preferenze tra le città consigliate dove trascorrere un week end. Questi gli stralci dell’articolo dedicato a Milano.
“Così mi sono innamorata di Milano”: il colpo di fulmine dei LONDINESI
“Milano potrebbe non essere il primo posto che viene in mente per una fuga romantica o una fuga dalla città. E onestamente, è facile non perdere la testa per la città: non ha la bellezza accogliente di Bologna o il caos irresistibile e tentacolare di Roma. Le mie prime visite sono state deludenti: ho trascorso troppo tempo nel quartiere degli affari e l’ho lasciata pensando a Milano come a una Canary Wharf con una pizza migliore. Ci è voluto un caro amico che vi si è trasferito qualche anno fa per farmi innamorare di lei, dandomi la consapevolezza che, proprio come Londra, vale la pena cercare i quartieri con un’alta concentrazione di bei momenti da offrire, piuttosto che cercando di conquistare l’intera città in un fine settimana.”
Questo l’itinerario suggerito per un colpo di fulmine per Milano.
#1 I Navigli
Credits Andrea Cherchi – Navigli al tramonto
“Il quartiere dei Navigli è costituito dal lungo tratto di due canali, il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese, residuo dell’epoca in cui la città era un’immensa rete di corsi d’acqua. Questi sono gli unici rimasti, e grazie ad alcuni finanziamenti di riqualificazione nell’ultimo decennio, sono entrambi fiancheggiati da bar, trattorie, caffè e molti tavoli all’aperto.
Il nostro consiglio? Colazione in uno dei piccoli bar-caffetterie lungo il canale, pranzo da I Capatosta (piccola pizzeria napoletana sempre strapiena) o dal Signorvino (pasta, taglieri di salumi, enorme cantina). Trascorrere il tempo vagando lungo i Navigli, la Darsena – l’area in cui si incontrano i due canali – e le sue strade laterali.”
#2 Centro: sul tetto del Duomo e girando sul toro
“Dai Navigli, il centro storico è facilmente raggiungibile a piedi, dove puoi ammirare il Duomo dall’esterno o, se ti senti più coinvolto, fare un tour (che dovrai prenotare in anticipo, magari con settimane di anticipo). Sono scettica sui tour della chiesa, ma salire sul vasto tetto della cattedrale, con tutte le sue merlature e le punte rinascimentali, è in realtà una piccola fonte di meraviglia.
“Salterei Palazzo Reale per il più sorprendente Museo del Novecento della porta accanto, e la sua vasta, spesso sorprendente, collezione di arte italiana del 20° secolo, che riflette il febbrile dinamismo culturale di Milano”.
“Da lì, si può entrare nella Galleria Vittorio Emanuele II, un porticato di negozi solo leggermente meno grandioso e appariscente del Duomo. Non la suggeriamo per comprare (a meno che non ti piaccia lo stile nonna-chic conservatore ai prezzi dell’erede Ferrero), ma solo per fare una passeggiata, dare un’occhiata ai soffitti a volta e aspettare il tuo turno davanti a un mosaico sul pavimento di un grande toro, dove girerai tre volte con il tallone sull’inguine per avere buona fortuna o sesso fantastico per tre anni, a seconda di cosa chiedi”
#3 L’aperitivo: consente di evitare la sbornia
@valeriananni IG – Aperitivo Navigli
Un classico aperitivo. Ma dove farlo?
“Non ho mai avuto i postumi di una sbornia a Milano. Questo grazie alla cultura dell’aperitivo e delle pizzerie aperte fino a tarda notte, che rendono facile rispettare le regole cardinali: inizia a mangiare quando inizi a bere, non smettere di mangiare finché non smetti di bere. Spargi la tua serata con carboidrati e piatti di salumi e pitstop per tiramisù.”
Luoghi consigliati? “Puoi scegliere le Fonderie Milanesi nella zona ticinese o la Santeria vicino alla Bocconi. Altrimenti puoi girovagare per i Navigli finché non vedi un buffet che ti chiama”
“Oppure puoi abbandonare del tutto i Navigli, per Largo Isarco, il quartiere a sud della città dove si trova la Fondazione Prada, un complesso artistico e creativo con una missione alta, tra tante commissioni multidisciplinari, residenze e ‘stimoli culturali’ . (…) E poi c’è l’ulteriore attrattiva di Bar Luce, il progetto molto meta passionale di Wes Anderson che ‘ricrea l’atmosfera di un tipico caffè milanese’ essendo, in realtà, un caffè milanese”
#4 La Milano di notte: c’è anche quello definito da Warhol come “il miglior club d’Europa”
Plastic Milano. Credits: @enzomiccio (INTSG)
“Il Deus Cafe di Isola è un avamposto del marchio motociclistico Deus Ex Machina. Un grande cortile appartato per le sere d’estate, spuntini fino alle ore piccole, un negroni delle dimensioni di un piccolo pony e un miscuglio rumoroso e piacevolmente caotico di generi musicali. L’ingresso non è evidente dalla strada, ma cerca un piccolo vicolo dall’aspetto residenziale fuori Via Genova Thaon di Revel.
Iter, nascosto in una strada laterale vicino al Naviglio Grande, fa buoni cocktail, buon caffè e ha un brusio costante dalle 8:00 all’01:30. Il Club Plastic nel sud della città, vicino alla stazione di Corvetto, è aperto dalle 23:00 alle 5:00 nei fine settimana: un iconico spazio per spettacoli da discoteca queer da decenni, è ancora un grande magnete per i DJ, con una scena a tarda notte intrisa di fetishwear che Andy Warhol una volta ha descritto come il miglior club d’Europa. E Blitz – in via Cenisio ai margini di Chinatown – serve la cena fino all’1:30″.
#5 Rovine e chiese antiche
Colonne di San Lorenzo
Come molte città italiane, Milano è meravigliosamente disinvolta riguardo alle sue antiche rovine, con le torreggianti Colonne di San Lorenzo imponenti con nonchalance. (…) Se non siete tutti fuori dal Duomo, la vicina Basilica di Sant’Eustorgio è una chiesa funzionante con una politica delle porte aperte che rende facile esplorare sia la sontuosa cappella che i grandi giardini, spesso usati come spazio espositivo — senza sentirsi un intruso pagano”
#6 Grattacieli, alberi e musei
“Dalle Colonne, è una breve passeggiata verso nord fino a Porta Nuova, al Bosco Verticale. Le due torri – di18 e 26 piani – hanno circa 950 alberi e piante integrate nella facciata, in grado di convertire circa 20.000 kg di carbonio all’anno. Inaugurato nel 2014, il progetto dell’architetto Stefano Boeri è stato il primo di questa dimensione o ambizione in Europa – e anche senza il contesto, la severità minimalista dell’edificio sottostante e la vegetazione che vi si arrampica gli conferisce un mix meravigliosamente strano di vita verdeggiante, intenzionale e distopico futuro, con alberi che riconquistano il cemento.
Se ti senti a corto di tempo per i musei, nella vicinanze c’è la collezione del Museo della Permanente di arte italiana del XIX e XXI secolo e il Museo delle Illusioni, dedicato alle illusioni ottiche: stanze a sfioro, tunnel a vortice e installazioni che pasticciare con il tuo senso di distanza.
#7 Cenare a Milano
Credits ristorantegiardinodivenere IG – Ristorante Giardino di Venere
“Posso personalmente garantire il grande valore e la bellezza de L’altro Luca & Andrea, Il Brutto Anatroccolo in Via Evangelista Torricelli e l’Osteria Del Binari (se fa abbastanza caldo, prenota per il giardino – tutto pergola, viti e lume di candela sparse) – il tutto a circa 10 minuti dai Navigli.
Se stai cercando di buttare soldi per le occasioni speciali per cena, c’è Torre, il ristorante della Fondazione Prada: offre viste sulla città, una terrazza per le serate calde e un menu con il tipo di prezzi a livello dell’arredamento di alto design. Per un posto più rilassato, lo street food della Macelleria Popolare è un’occasione per dare un’occhiata alla versione milanese del cibo popolare: aspettati un sacco di trippa, cuore e frattaglie assortite, con alcune opzioni meno intense (polpette, taglieri di salumi), per i rifiuti di frattaglie.
Toveremmo difficile rinunciare alla bellezza più tradizionale e meno di alto livello di una delle osterie lungo le vie laterali dei Navigli — Osteria Conchetta (tra le grandi attrazioni, le fiammeggianti penne di vodka, incendiate e servite da un enorme ruota di grana padano, o la loro cotoletta a orecchio di elefante, non lontana dalla cotoletta alla milanese ma martellata più sottile ed enorme), o la chiassosa Damm’atrà a lume di candela.”
Forse non sapevate che il lago di Bolsena è il lago vulcanico più grande non solo d’Italia ma anche di tutta l’Europa. Scopriamone le sue caratteristiche particolari.
In Italia c’è il lago VULCANICO più grande d’EUROPA
# E’ il lago vulcanico più grande d’Europa con uno sviluppo costiero di 43 km
credit: vivituscia.it
Il lago di Bolsena è nell’Italia centrale, nella provincia di Viterbo. Le sue origini risalgono a 300.000 anni fa, per lo sprofondamento di alcuni vulcani collassati dalla cima dei monti Volsini. Questo ha portato alla formazione del lago vulcanico più grande d’Europa, 13 km x 11 km per una profondità massima di 151 metri. A corolla delle sue chete acque ci sono diversi paesini come Bolsena, Marta, Capodimonte oppure Montefiascone, per uno sviluppo costiero di 43 km.
# Un lago pieno di sorprese: dalle “lagheggiate” alle sirene
credit: centrometeoitaliano.it
Il clima è temperato ma d’inverno possono crearsi le famose “lagheggiate”: termine per descrivere le meravigliose sculture di ghiaccio forgiate dall’incontro dell’acqua con il vento di tramontana.
Le coste e gli alberi si cristallizzano in un paesaggio lunare. Per la sua particolare conformazione, il lago di Bolsena ha sempre alimentato diverse leggende. Avvistamenti di sirene, suoni di campanelle, colorazioni anomale.
In verità, se è vero che succedendo strane cose a filo d’acqua, è perché sono presenti sostanze dal sottosuolo vulcanico come la fuoriuscita di gas o bagliori, causati dal magnetismo tellurico.
Questo non significa che non sia balneabile anzi, è stato certificato spesso come fra i laghi più puliti.
# Oltre i dati geografici, le mie impressioni sul lago di Bolsena
credit: anticopresente.it
Due piccole isole si trovano nelle sue acque: la Bisentina e la Martana, ma non sono visitabili perché private. Però questo lago l’ho visitato personalmente di recente, così provo a darvi le mie impressioni, al di là dei dati geografici.
La prima cosa che balza all’occhio è un senso di ordine e pulizia. L’ambiente circostante ben curato, fatto di ville e di hotel che rimandano ad un’epoca lontana, forse un po’ retrò ma elegante. Sarà che i laghi non attirano la massa come il mare, ma l’atmosfera è tranquilla e rilassante.
Le sue rive sono strette e a ridosso del centro abitato però vi sono dei prati sui quali ci si può sdraiare a guardare l’acquache ispira una calma, direi ipnotica.
In rete parlano un gran bene del lago di Bolsena e tutto sommato hanno ragione.
Certo dovete essere consapevoli di non trovare la movida né gli spazi per banchettare sulla spiaggia. Credo che la sua collocazione geografica sia perfetta per trascorrervi un breve momento di vacanza mentre transitate da una regione all’altra.
La vicina Umbria ruba il palcoscenico al Lazio ed il lago di Bolsena sembra esser messo lì, fra le due, a far da paciere, creando una zona di tregua per i turisti.
Oggi siamo a Lomello, in provincia di Pavia. Lo sapevi che secondo un’antica leggenda il diavolo si mise contro la regina dei Longobardi Teodolinda e il suo matrimonio nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello? Il giorno prima delle nozze, infatti, il diavolo scatenò un tremendo temporale che distrusse completamente l’edificio religioso. Riviviamo la sua storia.
LOMELLO, per rivivere il matrimonio di Teodolinda nella chiesa costruita dal diavolo
# La leggenda del matrimonio di Teodolinda osteggiato dal diavolo
Credits museoduomodimonza.it – Matrimonio Teodolinda e Agilulfo
“Questo matrimonio non s’ha da fare”. Prima di Don Rodrigo fu il Diavolo a manifestare questa intenzione. Il matrimonio che non era da fare era quello di Teodolinda, regina dei Longobardi, pronta a sposarsi nel 590 d.c. in seconde nozze con il suo futuro marito Agilulfo, Duca di Torino, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello.
Si narra che il demonio, contrario al matrimonio per il fatto che i Longobardi erano ariani e Teodolinda cattolica, il giorno precedente alla celebrazioni nuziali fece scatenare un tremendo temporaleche distrusse completamente l’edificio religioso.
A quel punto Teodolinda, appena apprese della notizia, si raccolse in preghiera per supplicare Dio di aiutarla. In una sola notte il diavolo fu obbligato a costruire una nuova chiesa per consentire il corretto svolgimento delle nozze.
# La Basilica di Santa Maria Maggiore dalla struttura strampalata, ricostruita da Belzebù
Credits attangelox IG - Basilica di Santa Maria Maggiore Lomello
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Credits attangelox IG - Basilica di Santa Maria Maggiore Lomello 3
Credits attangelox IG - Basilica di Santa Maria Maggiore Lomello 2
Credits attangelox IG - Basilica di Santa Maria Maggiore Lomello 1
Credits attangelox IG - Basilica di Santa Maria Maggiore Lomello
Il demonio, come richiesto, riuscì a costruire una seconda basilica in sole 24 ore ma il risultato non fu dei migliori dato il scarso tempo a disposizione e nonostante avesse chiamato all’opera le migliori maestranze. La Basilica di Santa Maria Maggiore, posizionata su una delle collinette più alte di Lomello, si mostra infatti come un edificio strano e raffazzonato.
Si compone di un battistero esterno a pianta ottagonale e di un campanile visibile da ogni punto del paese, ma la struttura della chiesa è alquanto strampalata: i mattoni che compongono la parte anteriore della chiesa sono disposti in parte normalmente, in parte a lisca di pesce, altri ancora sembrano messi per tappare i buchi strutturali, le navate sono asimmetriche, le arcate disuguali e i grandi archi trasversali non paralleli tra di loro. Insomma un vero disastro, che fa pensare proprio ci sia lo zampino del diavolo.