Tempo di sagre. Il mese di settembre offre come sempre un ricco calendari di eventi dedicati a scoprire i sapori locali, prodotti, piatti e vini tipici, nei borghi e nelle vallate nei dintorni di Milano. Ecco quali sono i più caratteristici, dal più vicino al più lontano dalla nostra città.
Le sagre di settembre a due passi da Milano: dalla più vicina alla più lontana
# La Sagra del Gorgonzola (Milano): 14 e 15 settembre
Tra le più caratteristiche e tipiche dell’hinterland milanese, ci si può arrivare anche grazie all’omonima fermata della metropolitana verde, è la Sagra del Gorgonzola. Il programma della manifestazione del celebre formaggio erborinato, prevista nel weekend del 14-15 settembre, prevede numerosi stand che offrono piatti a base di zola, tra cui risotti, gnocchi, hamburger e pizze, show cooking con chef locali, laboratori per bambini e nella serata del 13 è prevista la candidatura di Gorgonzola a Città del Formaggio 2025 a cura dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi.
A 20 km dal centro di Milano.
# Aspettando la Sagra a Oreno di Vimercate (Monza Brianza): 13-15 settembre
Dal 13 al 15 settembre si tiene Aspettando la Sagra, che anticipa la famosa Sagra della Patata di Oreno, nella frazione di Oreno nel Comune di Vimercate. Previsti stand gastronomici, bancarelle e intrattenimento.
A 25 km dal centro di Milano.
# La Sagra del Fungo Porcino a Motta Visconti (Milano): 21-23 settembre
A Motta Visconti c’è la Sagra del Fungo Porcino. Il borgo si anima nelle giornate dal 21 al 23 settembre con degustazioni e una cena all’aperto dedicata ai funghi porcini.
A 30 km dal centro di Milano.
# La Festa dell’Uva a San Colombano al Lambro (Milano): 22 settembre
Nell’exclave di Milano, dove si produce l’unico vino DOC della Città Metropolitana, si tiene “La Festa dell’Uva”. Il 22 settembre a San Colombano al Lambro va in scena una storica celebrazione che unisce degustazioni di vino e carri allegorici.
A circa 60 km da Milano.
# Franciacorta in Cantina (Brescia): 13-15 settembre
Per gli amanti del vino, in particolare delle bollicine, dal 13 al 15 settembre c’è Franciacorta in Cantina. Un evento per esplorare le cantine della Franciacorta e scoprire i suoi prestigiosi vini.
A 80 km da Milano.
# Morbegno in Cantina (Sondrio): 28-29 settembre
Spostiamoci verso le montagne. Chiude il mese il 28 e 29 settembreMorbegno in Cantina. La fiera offre la possibilità di degustare i vini valtellinesi e i prodotti tipici nelle suggestive antiche cantine del borgo. Per i ritardatari le altre date sono il 5, 6, e il 12 e 13 ottobre
A circa 120 km dal centro di Milano.
# La Sagra del Bitto in Val Gerola (Sondrio): 14-15 settembre
In Val Gerolail 14 e il 15 settembre c’è la Sagra del Bitto, il re dei formaggi lombardi, accompagnato dalla altrettanto tipica polenta taragna.
A circa 125 km dal centro di Milano.
# La Sagra dei Crotti di Chiavenna (Sondrio): 14-15 settembre
Il borgo di Chiavenna, sempre in provincia di Sondrio, celebra le note cantine naturali durante la Sagra dei Crotti il 14 e 15 settembre, dopo il primo weekend del 7 e 8. Utilizzate storicamente per la stagionatura di salumi e formaggi, grazie al loro clima fresco e costante, si possono visitare e degustare i piatti tipici quali pizzoccheri, bresaola e torta fioretto.
La rivista Time Out ha fatto una selezione con le piccole cittadine o paesini più belli da visitare nel mondo. Tra questi ce n’è anche uno italiano. Scopriamo quale è insieme alla classifica completa.
I «piccoli borghi più belli del mondo» secondo Time Out: uno è in Italia
# Nella classifica dei paesini più belli del mondo c’è anche Alberobello
Dopo che la classifica “40 coolest neighbourhoods in the world” aveva premiato il quartiere Isola di Milano, mettendolo in dodicesima posizione, la rivista Time Out ha inserito una località italiana anche nella graduatoria dei piccoli paesi più belli del mondo.
Tra i 16 paesi considerati tra i più belli troviamo al quinto posto Alberobello, la perla pugliese Patrimonio dell’Unesco, famosa per i suoi adorabili trulli, le tipiche case rotonde fatte di pietra calcarea con tetti conici in pietra.
Il Rione Monti, la zona di trulli più estesa con circa 1000 esemplari, è il più conosciuto di Alberobello. Formato da caratteristiche stradine parallele, tutte in salita e che portano sulla cima del “monte”, dove si trova la chiesa a trullo, è la zona dello “shopping” locale dove si possono acquistare i souvenir del paese.
Una delle strutture più originali è sicuramento il trullo doppio, conosciuto come “Trullo Siamese”. C’è poi la chiesa di S. Antonio da Padova, l’unica chiesa nel mondo fatta a trullo. Infine il Trullo Sovrano, considerato il re dei trulli in quanto il più grande nucleo abitativo realizzato e tra i primi ad essere costruito con la malta, oggi casa museo.
# La classifica completa: la più bella in assoluto è una cittadina fiabesca in Germania
Il Vecchio Continente è quello con il maggior numero di paesini presenti in classifica, a cominciare dal primo classificato: Rothenburg ob der Tauber nella Baviera settentrionale.
Una cittadina fiabesca, posta su un colle che domina il fiume Tauber con un’architettura medievale, un castello, graziose case in legno con fioriere colorate alle finestre e strade acciottolate. A completare il podio la città di Wae Rebo sull’isola di Flores in Indonesia, famosa per le tradizionali case Mbaru Niang a forma di cono, e Sidi Bou Said in Tunisia, che ricorda le architetture di Santorini e Mykonos.
Al quarto posto c’è Carmel-by-the-Sea, nella pittoresca penisola di Monterey in California, al sesto dopo Alberobello ecco la cittadina di Esperance in Australia, poi Ogimachi in Giappone. A chiudere al top ten Grindelwald nelle nelle Alpi Bernesi della Svizzera, Kralendijk nell’isola tropicale di Bonaire, sotto la municipalità dei Paesi Bassi, Stepantsminda o Kazbegi in Georgia. Le ultime sei nella classifica sono: Guatapé in Colombia, Ilulissat in Groenlandia, Banff in Canada, Sapa in Vietnam, Klaksvik nelle Isole Faroe e Ghandruk in Nepal.
Secondo l’ultimo report del Gruppo Tecnocasa Milano continua a rimanere in testa per i valori degli affitti in Italia. Alcune zone rimangono ancora abbordabili. Scopriamo quali sono insieme a quelle meno accessibili con le ultime rilevazioni aggiornate di wikicasa.it.
Affitti a Milano (Estate 2024): i canoni per quartiere e la zona meno cara
# Un monolocale costa in media 800 euro, un bilocale 1.100 euro
In base all’ultimo report del Gruppo Tecnocasa Milano si conferma quella con i canoni di locazione mensili più elevati: si va da una media di 800 euro per un monolocale a 1480 euro per un trilocale. Un bilocale si trova invece a 1.100 euro.
Milano non è invece in testa per quanto riguarda le percentuali di rialzo, dove si posiziona dietro ad esempio a Firenze, Roma e Napoli. Lo studio mette a confronto i due semestri del 2023.
# Gli affitti più cari sono nel super centro: si superano i 3.000 euro al mese
Aiutandoci con le quotazioni mensili pubblicate su Wikicasa.it,, portale di riferimento per le agenzie immobiliari italiane, si possono avere gli ultimi dati aggiornati per quanto riguarda i canoni medi mensili nei singoli mesi. Il podio del mese di agosto2024 è composto ancora dall’area che include “Duomo, Cadorna, Cordusio, Castello Sforzesco, Parco Sempione”, al primo posto con un prezzo al mq di 60,21 euro: per un bilocale di 50 mq significa oltre 3.000 euro al mq di affitto.
Segue la zona di “Montenapoleone, Quadrilatero della Moda” con 2.839 euro al mese e “Porta Nuova, Moscova, Garibaldi, Repubblica, Turati” con 2.100 euro al mese.
# Gli altri quartieri sopra i 1.500 euro
Zona
Affitto €/m2
Costo mensile
Cattolica, Sant Ambrogio, Magenta, Brera
37,01
1.851 €
Centrale, Bacone, Benedetto Marcello
36,05
1.803 €
Guastalla, Crocetta, Tribunale, Policlinico
35,35
1.768 €
Porta Venezia, Palestro, Monforte, Corridoni
33,4
1.670 €
Bocconi, Bligny, Tibaldi
32,72
1.636 €
Sarpi, Canonica, Arco della Pace, Arena, Sempione
32,55
1.628 €
Corso Genova, Ticinese, Conchetta
31,14
1.557 €
Porta Romana, Sabotino, Muratori, Cadore, Montenero, Cinque Giornate
30,56
1.528 €
Tortona, Solari, Savona
30,42
1.521 €
Monte Rosa, Amendola
30,14
1.507 €
Sono dieci invece le zone sopra i 1.500 euro fino ai 2.000 al mese: dai 1.851 di “Cattolica, Sant’ Ambrogio, Magenta, Brera” ai 1.507 euro di “Monte Rosa, Amendola”.
# La zona più economica: Quarto Oggiaro dove bastano meno di 700 euro per un bilocale
Per trovare le zone più economiche bisogna spostarsi in periferia. Nell’area a nord che comprende Gratosoglio e Ronchetto delle Rane la media per un affitto di un bilocale di 50 mq è di 870 euro, a sud nel quadrante dove si trova Quintosole e Parco delle Abbazie si spende 847 euro al mese. Gli appartamenti meno cari in assoluto sono nei quartieri di Quarto Oggiaro ed Euromilano: servono infatti in media 674 euro mensili.
#1 Il Borgo Teresiano, uno dei quartieri più ricchi di storia e suggestivi di Trieste
A Trieste il Borgo Teresiano è tra i più suggestivi quartieri della città, grazie al Canal Grande che scorre tra le sue vie in modo perpendicolare al lungomare, e al tempo stesso uno dei quartieri più antichi e ricchi di storia del centro per via dei suoi palazzi ottocenteschi. Tra i più famosi ci sono il Palazzo della Borsa Vecchia, il Palazzo del Tergesteo e il prestigioso Teatro Verdi.
#2 Isola, l’unione tra lo stile moderno dei grattacieli e il fascino della Milano di una volta
Il simbolo più iconico del quartiere Isola è l’edificio conosciuto come Bosco Verticale progettato da Stefano Boeri e votato come il più bello al mondo. Già il nome Isola lo identifica come un quartiere a sé stante nella metropoli meneghina, e in effetti un tempo era separato dai binari, dove strade, piazze edifici di origine industriale, trasmettono il fascino di una zona tra le più singolari e ricercate di Milano. Un’isola urbana piena di stile moderno e fascino milanese in perfetto equilibrio di stili architettonici e di spazi pubblici come la BAM, i negozi e i locali di Via Pastrengo e la street art di Via Carmagnola e Angelo della Pergola, e i grattacieli delle nuova Milano.
#3 Crocetta, l’affascinate quartiere residenziale a due passi del centro storico di Torino
La Crocetta di Torino è un piccolo e affascinante quartiere a pochi passi dal centro. Ville di lusso, eleganti palazzi liberty, viali alberati, spazi pedonali ne fanno una delle zone più ricercate e prestigiose della città, anche grazie al presenza del Politecnico e della chiesa settecentesca della Beata Vergine delle Grazie, il cui simbolo dà il nome al quartiere.
#4 Il borgo marinaro di Boccadasse a Genova
Non ci sono solo le cinque terre a lasciare a bocca aperta i visitatori della Liguria. All’interno del quartiere Albaro nella parte orientale del lungomare di Genova, si apre alla vista il borgo marinaro di Boccadasse. Bagnato dalle onde della piccola baia è un villaggio avvolto in un’atmosfera magica, romantica e ferma nel tempo, in un lembo di terra dove case colorate ammassate l’una sull’altra, scale di pietra, reti di pescatori e locali sul mare. A poche pedalate dal centro città.
#5 Il quartiere Santo Stefano di Bologna è un connubio tra cultura e natura
In realtà più che un quartiere è una vasta zona nata dalla fusione di altre aree delle città dal centro fino ai rinomati Colli. La sotto zona più conosciuta ed elegante è quella all’interno della cinta muraria che include Piazza Santo Stefano, che dà il nome al quartiere. La vitalità culturale e il verde sono i suoi elementi caratterizzanti: sede di numerosi eventi culturali e musicali, mercatini vintage, chiese antiche e soprattutto parchi cittadini come parco Lunetta Gamberini, i giardini di Villa Ghigi e i Giardini Margherita.
#6 Borgo San Frediano, un mix di rinascimentale e moderno sulla riva sinistra dell’Arno a Firenze
A Firenze c’è un elegante quartiere sulla riva sinistra dell’Arno dove l’atmosfera rinascimentale e l’anima più moderna della città si incontrano, è Borgo San Frediano. Accedendo dalla grande porta di San Frediano, ci si può perdere tra i suoi suggestivi vicoli e le vecchie botteghe artigiane, oppure fermarsi tra i numerosi e moderni locali, come caffè e ristoranti, che sono sorti negli ultimi anni.
#7 Rione Monti, uno dei quartieri più autentici della capitale
Difficile scegliere un quartiere iconico di Roma, Rione Monti è certamente uno di questi. Incastonato tra i Fori Imperiali e il quartiere Esquilino, si contraddistingue per i vicoli con scorci panoramici sulle meraviglie di Roma, saliscendi di strade fatte di sanpietrini e punti di ritrovo meravigliosi come la piazzetta di Madonna dei Monti con al centro la Fontana dei Catecumeni. Rimane tra i quartieri più autentici della capitale dove convivono insieme gallerie d’arte, vinerie, monumenti storici, tradizioni popolari e vita notturna.
#8 Bari Vecchia, il borgo antico della capitale del sud
Lo storico centro città di Bari Vecchia è un dedalo di vicoli stretti e acciottolati che serpeggiano tra splendidi edifici antichi, piazzette e chiese. Qui la capitale del sud assomiglia a un borgo antico, dove si respira l’aria autentica delle tradizioni di una volta che alla sera si mescola al vociare della gente per strada e alla vita dei locali e dei ristoranti tipici.
#9 Posillipo, il quartiere esclusivo di Napoli con affaccio sul Golfo
Posillipo è uno dei quartieri più esclusivi e belli del capoluogo campano, con affaccio sullo spettacolare Golfo e l’incredibile scorcio sulla splendida Villa Imperiale di epoca romana con parco archeologico. È un’elegante zona residenziale affacciata sul mare da una penisola collinare di natura lussureggiante con scogliere a picco, piccole isole, calette, ville e palazzi pittoreschi.
#10 La Kalsa, il quartiere arabo di Palermo
La Kalsa è una zona tra le più storiche e vitali di Palermo. La sua origine araba è rimasta nei suoi vicoli stretti, negli eleganti edifici antichi e nelle piazze adornate da alte palme. Tra i suoi tesori troviamo il Giardino dei Giusti e la Chiesa Santa Maria dello Spasimo. Ai margini del quartiere si trova Piazza Pretoria uno dei luoghi più spettacolari e simbolici di Palermo.
Parte dal nord e taglia il tessuto urbano come una lama che scende verticale. Una lancetta di mezzogiorno che punta verso il centro dell’orologio.
È il tracciato del tram 1, che vede le storiche Carrelli color crema e giallomilano sferragliare dal capolinea di via Martiri Oscuri, a Greco, fino alla stazione ferroviaria di Certosa. E passando dal centro-centro, sfiorando poi il parco Sempione, salutando l’Arco della Pace e sfrecciando tra i platani di viale Certosa, arrivano a scrutare lo skylinealpino dal ponte di via Palizzi, prima di riposarsi a Roserio.
Tram 1, la storica “Carrelli” che attraversa il cuore di Milano
# La nuova anima di NoLo e la Hollywood di Milano
Si parte dal quartiere un tempo chiamato Greco (oggi NoLo, acronimo di Nord Loreto), che poi l’urbanizzazione e l’evoluzione sociale hanno inglobato nelle dinamiche delle periferie milanesi, per poi rinascere a vita nuova, con un’anima rinnovata e vitale. Proprio a pochi passi dal capolinea, in via Oxilia, c’è la sede di Radio NoLo, la web radio di quartiere, mentre poco più in là, in via Aporti, troviamo i tunnel sotto la Stazione Centrale, che durante la settimana del design si popolano di eventi, mostre e installazioni.
Sempre in zona, in via Venini, c’era quella che era chiamata la “Hollywood di Milano”: in molti magazzini ferroviari venivano stoccati gli arrivi settimanali di materiale cinematografico, le “pizze” in gergo tecnico, che poi venivano distribuite nei cinema della città. Ancora oggi in zona sono sopravvissute non certo le pizze, ma alcune società di distribuzione cinematografica.
# Nel cuore di Milano
Affondando la lama verso il centro, in zona Stazione Centrale è da visitare il Binario 21, ovvero il Memoriale della Shoa, che mostra il luogo da cui partivano i vagoni della vergogna verso i campi di concentramento. Scivolando ancora in giù, in zona viale Tunisia, c’è l’ex quartiere eritreo, oggi luogo multietnico, noto per i ristoranti di tutte o quasi le cucine del mondo.
Poi, i Giardini Pubblici, in cui si può visitare il Museo di storia naturale ma che fino al 1991 erano sede dello zoo municipale di cui praticamente non rimane più traccia. Più avanti, in via Turati, si trova il Museo della Permanente, poco conosciuto nonostante sia la sede storica dell’arte milanese, promotrice di manifestazioni e premi, tra i quali il noto Premio Bagutta.
Il tour turistico finisce davanti al Comune di Milano, il cinquecentesco Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale da un secolo e mezzo. Proprio di fronte alla Scala, è da oltre due secoli uno dei teatri lirici più prestigiosi al mondo, che il tram della linea 1 tutti i giorni, passando, saluta.
# A Roserio il tram “tocca il cielo”
Ehi guarda c’è un tram che vola… Non è un fake, alla periferia occidentale di Milano c’è un tram che dalla terra vuole levarsi in volo. È sempre la nostra Carrelli della linea 1: nonostante il peso non sia proprio da ballerina, si avvicina al cielo, al sole, alle nuvole.
Dal capolinea di Roserio le vetture iniziano il loro percorso, in corrispondenza del grande polo ospedaliero universitario Luigi Sacco, una delle realtà milanesi più conosciute a livello nazionale e centro di riferimento per le patologie infettive, emergenze epidemiologiche e malattie cardiache. Il capolinea è la rampa di lancio per permettere alle Carrelli di salire sul cavalcavia Giovanni Battista Grassi, guardare dall’alto in basso le auto dell’intricatissimo svincolo autostradale sottostante, vedere lo skyline alpino, la Grigna, il Resegone e il Monte Rosa in primo piano. E qui, toccare quasi il cielo.
# Ultima tappa, la Scala
Poi si scende, sfiorando la stazione ferroviaria di Certosa e rotola per tutto viale Espinasse, lungo, popoloso e popolare, fino ad immettersi in quel viale Certosa che inizia un chilometro prima, dal complesso monastico di Santa Maria Assunta. Nota a tutti come Certosa di Garegnano, è uno dei grandi monumenti della storia dell’arte ambrosiana. Fondata nel 1349 dal signore della città Giovanni Visconti, ebbe l’onore di ospitare e di essere frequentata regolarmente da Francesco Petrarca.
Da piazza Firenze “l’uno” continua il percorso, punta dritto verso il centro, sferraglia lungo quel corso Sempione così ampio ed elegante, che sfocia nel parco omonimo. La Carrelli lo lambisce, arriva in piazzale Cadorna dove incontra l’Ago e Filo, opera maestosa inaugurata nel 2000. La scultura alta 18 metri, fu richiesta da Gae Aulenti e realizzata dallo svedese Claes Oldenburg con i colori rosso, verde e giallo, come le tre linee metropolitane esistenti all’epoca.
Prima di arrivare nel salotto buono di piazza della Scala, il tram ha il tempo di salutare metaforicamente il civico 61 di Foro Buonaparte. Sede della (ex) municipalizzata, che dirige e pianifica quotidianamente le sue scorribande cittadine.
Milano può essere uno spettacolo se si alzano gli occhi al cielo. Non solo per i grattacieli. Questi alcuni degli attici più appariscenti che svettano sulle strade della città.
Difficile non notarlo. Sulla destra dell’Arco della Pace arrivando dal Sempione. Vista sul Parco oltre che sull’Arco e lo Skyline di Porta Nuova. Non solo: puntando verso Nord facile immaginare la vista delle montagne nelle giornate di sereno.
# Attico Piazza Castello
Altro attico notato praticamente da tutti i milanesi. Uscendo dal Castello lo si vede sulla sinistra facendo angolo con Beltrami. Vista che si apre sul Castello, sul Parco e i grattacieli di Citylife.
# Attico via Palermo
A Brera, dietro a Garibaldi, su via Palermo, la strada un tempo celebre per La Pelota. Lo si nota per le piante lussureggiante e colorate. Punta verso Sud con vista Duomo.
# Attico Largo Treves
A pochi metri un altro attico che si fa notare alla grande a Brera. Impossibile non vederlo percorrendo il primo tratto di via Solferino. Prende l’ultimo piano di un palazzo storico, accanto al grattacielo che sta venendo ristrutturato nella stessa piazza. Si dice che appartenga a una nota cantante.
# Attico Piazza San Babila
Noto come l’attico di Gucci ha cambiato proprietà di recente. Si dice che sia stato insieme a quello di Versace l’acquisto di appartamento più caro della storia di Milano. Si vede praticamente tutto: Duomo, montagne, Porta Nuova, Citylife.
# Attico CityLife
E’ lui o non è lui? E’ quello di proprietà dei Ferragnez? Di sicuro è quello che svetta per altezza e posizione tra gli attici più belli di CityLife. Non proviamo neanche a immaginare il prezzo.
# Attico Corso Sempione
Un attico che si nota percorrendo Corso Sempione da Piazza Firenze sulla destra. Vista a 360 gradi, da un lato Citylife, da cui dista poche centinaia di metri, dall’altro Porta Nuova, montagne e centro di Milano, Duomo compreso.
# Attico Corso Vercelli
Altro attico iconico. Su Corso Vercelli in prossimità dell’incrocio con Cherubini, è un autentico spettacolo anche solo visto dalla strada. Anche da qui si può immaginare una vista a 360 gradi su tutta Milano.
Fu così grande l’emozione che prese la duchessa Barbara Litta al cospetto di Napoleone Bonaparte in visita nel suo salotto da scoppiare a piangere. Una di queste lacrime, caduta sul pavimento del Salotto Rosso, fu celebrata con una perla incastonata in un mosaico a forma di fiore.
La «lacrima» di Palazzo Litta, gioiello inaccessibile al pubblico
E’ questa una delle curiosità del bellissimo palazzo Arese Litta in corso Magenta 24. Fu costruito a partire dal 1642 da Francesco Maria Richini per il conte Bartolomeo Arese.
Tra le altre meraviglie del palazzo, tra i più belli della città, ci sono lo Scalone d’Onore a tre rampe “a forbice” e le vetrate originali con lo stemma di famiglia, scampate ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Oltre al Salotto Rosso, altre stanze degne di nota sono la Sala degli Specchi e la Sala della Duchessa con mobili, affreschi e dipinti originali di Martin Knoller e di Giuseppe e Agostino Gerli. Nel piccolo salotto della Duchessa è presente anche una porta nascosta tra le pareti che serviva alla servitù o a ospiti che desiderassero dileguarsi senza farsi troppo notare. Nello stesso salotto c’è anche una piccola apertura nel pavimento che consentiva di ascoltare quello che dicevano gli ospiti della duchessa.
Oggi il Palazzo è sede della Sede Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, del Polo Museale Regionale della Lombardia e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano e, purtroppo, non è aperto al pubblico, salvo casi eccezionali.
Fino al millesettecento inoltrato a Milano non esistevano le vie, almeno non come le intendiamo noi. Se qualcuno vi avesse chiesto una destinazione voi gli avreste risposto qualcosa tipo “la prima strada a dritta, dopo la chiesa X o la croce Y o la porta Z, l’ultima casa grande a sinistra” (cit. I Promessi Sposi). Milano era un po’ come la Tokyo di oggi, insomma. Invece di strade con il nome, c’erano punti di riferimento con cui orientarsi.
Facile immaginare che una situazione così approssimativa non doveva andare a genio agli austriaci che decisero di mettere ordine a questa confusione.
# Il compito di dare un nome alle strade viene dato a… Ferdinando Cusani
Nel 1786 il conte Wilzeck, ministro imperiale del governo della Lombardia, ordinò a un marchese milanese, che aveva la carica di “giudice delle strade”, di battezzarle ufficialmente.
Il marchese iniziò la sua opera dalla Contrada dei Baggi che si snodava nei dintorni del Castello. Come primo nome da dare a una via scelse il suo: Ferdinando Cusani. Procedette quindi battezzando tutte le contrade di Milano affiggendo sulle cantonate delle cartelle su cui fece dipingere in nero il loro nome. Cartelle che furono poi sostituite da targhe in marmo.
# I numeri teresiani come numeri civici
Sempre Cusani attribuì anche i numeri civici alle case, ma utilizzò il sistema asburgico, che è ancora in vigore a Venezia. Partendo dal centro ordinò con numeri crescenti tutte le case procedendo in senso circolare antiorario. Il numero “uno” toccò al Palazzo Arciducale, il “due” all’Arcivescovado, il “tredici” al Palazzo di Giustizia e così via. L’ultima casa raggiunta con questa numerazione ebbe il 5314. Solo con l’unità d’Italia si passò alla numerazione per vie e venne adottato il sistema di numerare con i dispari le case a sinistra e con i pari quelle di destra.
A Milano esiste ancora una cartella viaria dei tempi di Maria Teresa d’Austria: si trova in via san Maurilio al numero 18 e reca la scritta “CONTRADA DI SANT’AMBROGIO ALLA BALLA”. Le balle erano gli involucri caricati sulle spalle dai facchini che in questa zona si radunavano.
«Milano dà a Roma 20 miliardi ma ne riceve indietro solo 0,5»: Sala si allinea con Milano Città Stato?
# 20 miliardi allo Stato e poi Milano è costretta a tagliare i servizi
«Da Milano arrivano a Roma 20 miliardi di euro l’anno solo da tasse sul reddito, e ne riceviamo 500 milioni» lo ha affermato il sindaco Giuseppe Sala, alla presentazione del libro “Un patto per il futuro. Dalla sopravvivenza alla convivenza”, Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale. Il sindaco torna su un tema caro a Milano Città Stato: è corretto che la città che versa allo Stato 20 miliardi di euro ne riceva indietro appena 500 milioni? E che, soprattutto, per l’inadeguatezza della cifra sia costretta a caricare di tasse e gabelle i cittadini per poter mantenere un minimo standard nei servizi?
# In realtà la cifra da Milano allo Stato è il doppio: 40 miliardi
L’OCSE calcola in 312 miliardi il PIL prodotto nell’area metropolitana, di cui circa 80 miliardi nel Comune di Milano. Applicando il tasso di pressione fiscale reale in Italia, significa che Milano versa oltre 40 miliardi allo stato italiano, considerando solo il Comune. Cifra che arriva a 156 miliardi di tasse pagate allo stato, se si calcola l’area metropolitana di Milano, come viene definita dall’ OCSE.
# Se Milano potesse fare come la città stato di Madrid
Se Milano potesse trattenere il 50% delle imposte generate sul territorio come accade per Madrid (città stato), significa che potrebbe avere un budget superiore di 10 miliardi ogni anno. Invece di doversi indebitare o andare a chiedere soldi a Roma, Milano potrebbe avere risorse straordinarie che potrebbe utilizzare per incentivare ancora di più lo sviluppo del territorio. Anche senza arrivare all’estremo di Madrid, diventando una regione a statuto ordinario Milano potrebbe disporre di molte più risorse che sarebbero più coerenti rispetto a quello che produce.
# I vantaggi a diventare una città stato
Oltre ai vantaggi di budget vediamone altri che si potrebbero ottenere se Milano acquisisse lo status di regione.
– Gestione sanità locale. Milano potrebbe gestire la sanità in autonomia. All’interno della regione che raggiunge gli standard più elevati pensiamo che modello straordinario rappresenterebbe il sistema sanitario milanese. Un’eccellenza mondiale – Rappresentanza nel senato delle regioni. Se il referendum dovesse ratificare la riforma costituzionale, Milano potrebbe disporre di suoi rappresentanti nel nuovo senato delle regioni. – Possibilità di trattare direttamente con il governo. Con lo status di regione, Milano non avrebbe più organi intermedi tra sé e il governo di Roma. Questo significa che potrebbe contrattare direttamente l’eventuale estensione dell’autonomia o l’attribuzione di leggi speciali. – Possibilità di chiedere lo statuto speciale. In Italia ci sono regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, con un’autonomia più estesa e una disciplina applicata ad hoc. Come previsto dall’articolo 116 terzo comma della legge di riforma delle regioni del 2001, con lo status di regione Milano potrebbe chiedere l’estensione allo statuto speciale, in modo coerente con le esigenze del territorio. – Possibilità di confrontarsi alla pari con le altre città stato (o città regione) d’Europa. Le regioni hanno la possibilità di avere propri rappresentarsi e di gestire la comunicazione in modo autonomo a livello internazionale. Milano potrebbe agire a livello internazionale in autonomia e si potrebbe confrontarsi con tutte le città che hanno lo stesso status, come Madrid, Berlino, Londra, Parigi, Bruxelles, Vienna o San Pietroburgo. – Possibilità di sperimentare politiche utili per il paese. Ottenere l’autonomia è la premessa per poter sperimentare sul territorio azioni politiche, economiche e sociali che, in caso di successo, potrebbero essere estese al resto del paese. In questo senso Milano Città Stato potrebbe costituire il laboratorio per riformare l’Italia.
Questi sono solo alcuni dei vantaggi che sono previsti dall’attuale ordinamento. Se si prendono a riferimento altri modelli, si può perfino immaginare che Milano possa dotarsi di una sua costituzione (come Berlino), possa trattenere sul territorio il 50% delle tasse generate e possa trattare con il governo le competenze da gestire direttamente (come Madrid) fino ad arrivare ad un suo autonomo sistema di istruzione, giudiziario o perfino monetario come succede ad Hong Kong.
Un passo avanti e due indietro. Sembra questo il destino del prolungamento della linea M5 verso Monza. Ecco cosa sta fermando il progetto e quando potrebbero partire i cantieri.
La metro a Monza resta un miraggio: perché tutto è bloccato?
# Il nodo extra costi quando tutto sembrava essere in discesa
Tutto sembrava ormai andare per il verso giusto per la realizzazione del prolungamento della M5 verso Monza. Il 30 novembre 2023 era stato pubblicato l‘avvio del procedimentodegli espropri dei terreni lungo il tracciato, il 21 giugno 2024l’annuncio dell’esito favorevole al PAUR, il Provvedimento Autorizzatorio Unico, da parte della Conferenza dei Servizi radunata presso la sede di Regione Lombardia.
Alla fine di agosto 2024 la doccia fredda: Palazzo Marino ha inviato una lettera al Ministero delle Infrastrutture comunicando l’incremento del costo del progetto di circa il 35-40%, pari a 400 milioni di euro, da aggiungere a quelli già stanziati di 1 miliardo e 300 milioni.
# Lo stupore dell’Associazione Hq Monza per la richiesta di un importo così elevato e della proroga di due anni per l’assunzione dell’obbligazione giuridicamente vincolante in carico a Palazzo Marino
L’Associazione Hq Monza, attiva dagli albori del progetto nel proporre soluzioni e nel sollecitare la politica a realizzarlo quanto prima, ha commentato così a stretto giro come riportato da “Il Cittadino Monza Brianza”: “C’era da aspettarsi un passo del genere, viste le lungaggini che hanno fatto slittare il progetto di anno in anno e considerati i forti aumenti dei materiali delle costruzioni. Il ministro Salvini ha più volte assicurato la disponibilità a integrare i fondi, ma ora sorprende la richiesta di un importo così elevato, tenuto conto delle valutazioni ufficiose (più o meno la metà) circolate negli enti pubblici e tra i tecnici coinvolti.” L’assessore alle Infrastrutture della Lombardia, Claudia Maria Terzi,ha infatti spiegato come dal Comune di Milano non siano ancora arrivati i dati richiesti in base ai quali si chiedono altre risorse aggiuntive.
L’associazione si dice inoltre stupita della richiesta di proroga di altri due anni del termine ultimo per l’assunzione dell’obbligazione giuridicamente vincolante, già slittata dal 2022 al dicembre 2024 e che quindi ora dovrebbe slittare a dicembre 2026: “Una richiesta che non ha giustificazioni, considerato che il progetto definitivo è pronto, approvato e verificato da Regione Lombardia e che MM Spa dovrebbe essere già al lavoro da mesi sulla preparazione della gara d’appalto. Tutto si può predisporre entro dicembre in attesa dei fondi supplementari necessari, altri 24 mesi di tempo francamente non si capisce a cosa servano”.
# Più ottimista il Sindaco di Monza
A riguardo si è espresso in modo più ottimistico il Sindaco di Monza, Paolo Pilotto, che in occasione del Gran Premio ho espresso il suo parere: “La richiesta di più tempo mi sembra una scelta prudenziale, ma non è detto che servano davvero. In ogni caso sulla questione metropolitana sono in stretto contatto con i sindaci di Sesto San Giovanni e Cinisello. Faremo fronte comune e se è il caso chiederemo un incontro al ministro Salvini”.
Ma come si svilupperà il tracciato? Rivediamo il progetto nel dettaglio.
# La linea M5 mira a raddoppiare il suo tracciato con ulteriori 13km e 11 fermate
Un tracciato di 13 km e 11 nuove fermate. Questo è il prolungamento previsto per la linea M5 oltre Bignami, raddoppiando l’estensione attuale di 12,9 km, a servizio dei comuni di Cinisello Balsamo e Monza. Usciti dai confini del Comune di Milano il percorso prosegue con 4 fermate a Cinisello Balsamo (Testi-Gorky, Rondinella-Crocetta, Lincoln e Bettola con il futuro interscambio con la M1), e 7 a Monza (Campania, Marsala, Monza Fs, Monza Centro Trento Trieste, Villa Reale, Ospedale San Gerardo, Polo Istituzionale). Previsto anche un deposito a raso di 180mila mq nel quartiere di San Rocco-Casignolo
# Cosa succede ora
Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha confermato la disponibilità a trovare le risorse necessarie a realizzare il prolungamento della linea M5 anche se al momento non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Da risolvere ancora il nodo di Bettola, dove è previsto l’interscambio con linea M1 che allunga il suo percorso da Sesto San Giovanni: bisogna trovare la nuova azienda per proseguire il cantiere, si attende il bando, dato che è già avvenuta l’assegnazione delle risorse per coprire gli extracosti per l’estensione della linea rossa. Per quanto riguarda il possibile cronoprogrammadella M5 si può dare ormai come scontata l’impossibilità di pubblicare il bando di gara entro la fine del 2024, che se andrà bene avverrà nel 2025. Ilcantiere potrebbe partire tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.
La durata dei lavori è stimata in 7 anni, necessari tra i 1.400 e i 1.700 giorni per la realizzazione di ogni stazione, pertanto l’inaugurazione dovrebbe avvenire tra il 2032 e il 2033, sempre che la proroga di due anni richiesta dal Comune di Milano non posticipi ulteriormente la costruzione dell’opera.
Una domanda che ci siamo fatti tutti. Almeno a chi è capitato di andare a prendere qualcuno in stazione.
Perché in Centrale è così complicato andare a prendere qualcuno?
L’ultimo a farsi questa domanda è Stefano Mariotti che così scrive sul suo profilo Facebook: «Continuo a non capire perché se vai a prendere qualcuno in Stazione Centrale non solo non puoi accedere ai binari ma non c’è neanche un tabellone con l’aggiornamento degli arrivi, solo le partenze».
Una stazione inospitale non solo con chi è interessato a chi arriva ma anche con chi è in transito: trovare una panchina o un luogo per attendere la coincidenza è una caccia al tesoro. Quale può essere la ragione di questo trattamento così scomodo? Queste sono le tre possibili risposte.
#1 Non vogliono che si vada a prendere nessuno
A Milano bisogna imparare fin da subito che bisogna farcela da soli. Ogni aiuto è superfluo. E poi chi arriva deve capire subito la legge di Milano: a Milano si deve pagare (taxi, metro etc).
#2 La stazione è ormai diventata un centro commerciale
Negozi, ristoranti, il treno è un dettaglio, come sottolinea Giorgia Terni: «Questa stazione, come è concepita oggi, non fa un servizio agli utenti ma solo ai negozianti, insomma gente vi vogliono spillare soldi, poi una volta presso i binari , portatevi un seggiolino, panchine neanche se piangi…».
#3 Trasmette lo spirito dei tempi
Come scrive Jole Milanesi: «Ne hanno fatto un posto ostile di attese in piedi di mancanza di gioia e tristezza nei saluti. Inumano».
# Nota: il tabellone con gli arrivi è al piano terra
I monitor con gli arrivi sono al piano terra... effettivamente un po’ scomodo.
Il cantiere in carico al Comune di Milano è partito. Finanziato con i fondi del PNRR trasformerà corso Buenos Aires in un boulevard verde e più accessibile a pedoni e ciclisti. Il progetto nel dettaglio e quando dovrebbe essere completato.
Via ai lavori in Buenos Aires: come diventerà alla fine (rendering)
# A luglio partiti i cantieri a scomputo oneri nel tratto davanti alle Corte Segrete di Baires
Urbanfile - Cantiere riqualificazione Buenos Aires
1 of 4
Dopo la realizzazione delle piste ciclabili, con i tanti discussi cordoli in cemento a delimitarle dai flussi veicolari, a luglio di quest’anno era stato avviato il primo cantiere per la trasformazione di corso Buenos Aires in un boulevard verde. La tratta in questione è quella nel tratto dispari da via Enrico Petrella arriva sino a via Giovanni Battista Pergolesi, dove nel maggio 2021 era stati eseguiti i primi test per valutare lo spazio occupato dai marciapiedi allargati e dalle piante in vaso. L’intervento viene eseguito con gli oneri di urbanizzazione previsti dalla riqualificazione del vecchio complesso delle Corti di Baires.
# Il 10 settembre avviati anche i lavori in carico al Comune di Milano per completare la rivoluzione del corso
Comune di Milano - Corso Buenos Aires rendering trasformazione
1 of 4
Il 10 settembre è stato dato avvio anche al cantiere in carico al Comune di Milano, finanziato con 1,5 milioni di euro tramite fondi del PNRR, sulla restante parte del corso da piazza Oberdan a via Scarlatti.
Comune di Milano - Corso Buenos Aires rendering trasformazione
1 of 2
Il progettocomplessivo cambierà il volto di 1,3 km di strada, da piazza Oberdan a via Pergolesi, e prevede nel dettaglio:
il miglioramento degli spazi pedonali;
l’allargamento dei marciapiedi, da realizzare in pietra nel tratto di strada già sottratto a veicoli a motori, a pedali e altri mezzi di micromobilità;
panchine e rastrelliere per le bici;
l’eliminazione delle barriere architettoniche;
la posa di segnali tattili per non vedenti e ipovedenti;
la realizzazione di aiuole verdi e vasche per alberi e arbusti, più ampie nei pressi di piazza Oberdan e più ridotte nel tratto verso piazzale Loreto, con messa a dimora di alberi alti fino a 5 metri dove possibile;
il consolidamento dell’itinerario ciclabile esistente con la colorazione rossa e i cordoli definitivi in pietra.
# La durata dei lavori e gli altri interventi previsti solo nel tratto piazza Oberdan-via Scarlatti
La durata prevista di questo ultimo cantiere è di circa 20 mesi e si procederà per brevi tratti con i ciclisti che dovranno utilizzare la viabilità ordinaria nel tratto interessato dal cantiere. L’intervento comprende anche la riqualificazione dell’itinerario ciclabile esistente oltre alla realizzazione di una pista ciclabile in sede protetta da piazza Oberdan a via Scarlatti/Ponchielli.
Guidare una moto è sinonimo di avventura e di libertà. Ma tutti i motociclisti sanno quanto sia importante avere a disposizione una polizza moto adeguata. Proteggersi da eventuali imprevisti sulla strada è fondamentale per godersi ogni viaggio in piena serenità. Ma come funziona una polizza di assicurazione per le moto? E quali sono le coperture essenziali da considerare per ottenere la massima sicurezza?
Polizza moto: come funziona e quali sono le coperture essenziali
# Che cos’è una polizza moto
La polizza moto è un contratto assicurativo che protegge il motociclista da vari rischi associati alla guida. Questa tipologia di assicurazione copre diverse situazioni che potrebbero causare danni al veicolo, al conducente o a terzi. Comprendere come funziona può aiutare a scegliere la copertura più adatta alle esigenze personali.
# Come funziona l’assicurazione
Il funzionamento di una polizza moto è piuttosto semplice. Nel momento in cui si stipula una polizza, si paga un premio assicurativo in cambio di una copertura finanziaria contro specifici rischi. In caso di incidenti o di altri eventi coperti, l’assicurazione interviene per coprire i costi, riducendo l’impatto economico sul motociclista.
# Le coperture essenziali
La responsabilità civile, quella che viene indicata con la sigla RC, è obbligatoria per legge e copre i danni causati a terzi in caso di incidente. Questa copertura è fondamentale, perché protegge il motociclista dalle richieste di risarcimento che potrebbero derivare da danni a persone, a veicoli o a proprietà.
È a disposizione anche la copertura furto e incendio, che offre protezione in queste situazioni. Considerando il valore della moto e il rischio di questi eventi, anche questa è una garanzia importante per non trovarsi a dover affrontare delle spese ingenti di tasca propria.
L’assistenza stradale fornisce supporto immediato in caso di incidente o di guasto. Questa copertura comprende vari servizi, come il traino del veicolo, l’invio di un meccanico sul posto e altre forme di assistenza che possono rivelarsi fondamentali durante un viaggio.
La copertura degli infortuni al conducente protegge chi guida la moto in caso di infortunio durante l’uso del mezzo. Si tratta di una copertura che può comprendere il risarcimento per invalidità permanente, il rimborso delle spese mediche e altre forme di sostegno finanziario in caso di incidenti gravi.
Un’altra copertura molto completa e utile è rappresentata dalla Kasko, che protegge il motociclista dai danni al proprio veicolo, indipendentemente dalle responsabilità. È una tipologia di assicurazione utile per chi vuole la massima sicurezza, sapendo che ogni danno sarà coperto dall’assicurazione.
# Come scegliere la polizza moto giusta e risparmiare
Prima di tutto, bisogna riflettere sulle esigenze specifiche, facendo un elenco delle coperture che si ritengono indispensabili. Se si utilizza la moto solo per brevi spostamenti in città, potrebbe essere sufficiente una copertura di base. Se, invece, si percorrono lunghe distanze o si utilizza la moto di frequente, si dovrebbe considerare una polizza più completa.
Per risparmiare sulla polizza moto, è importante conoscere le opzioni messe a disposizione dal fornitore dell’assicurazione. Molte compagnie assicurative offrono sconti per chi paga il premio in un’unica soluzione. L’installazione di localizzatori GPS o di dispositivi antifurto può ridurre i rischi e, di conseguenza, abbassare il premio assicurativo.
Se si ha la possibilità di parcheggiare la moto in un garage o in un luogo protetto, è opportuno comunicarlo all’assicuratore. Parcheggiare in luoghi sicuri, infatti, riduce il rischio di furti e azioni vandaliche, influendo positivamente sul costo della polizza.
Inoltre, anche un record di guida responsabile e un’esperienza senza incidenti sono dei fattori che potrebbero portare ad una riduzione del premio assicurativo. Alcune compagnie che si occupano di polizze moto, infatti, propongono sconti per i motociclisti che dimostrano di essere dei guidatori sicuri.
Molte compagnie permettono di sospendere la polizza moto durante i mesi invernali, quando il mezzo di trasporto viene utilizzato meno di frequente. Così si può risparmiare sui costi assicurativi in questo periodo dell’anno.
Il calendario milanese inizia a settembre. Il vero choc è tornare al ritmo milanese che è supersonico rispetto a qualunque altra parte del mondo. Queste sono le dieci tappe per ritornare competitivi.
Dalla spiaggia ai grattacieli: 10 cose da fare per riprendere il ritmo milanese
#1 Le corse al Sempione
#2 Usare almeno tre servizi di sharing diversi in un giorno
#3 Guardare almeno tre puntate di fila di una serie tv
Nel 2011, quando la situazione era ben diversa da oggi, l’esperto di pianificazione dei trasporti Giorgio Stagni pubblicava sul suo web un articolo dal titolo inequivocabile: Il trasporto urbano di Milano: verso la disfatta. Per fortuna la tanto temuta disfatta non è avvenuta. Tuttavia, alcune delle criticità sottolineate da Stagni sono ancora presenti, e non sono gli unici punti deboli del sistema dei trasporti pubblici milanesi.
Tram, Metro, Passante: 7 punti deboli dei trasporti pubblici di Milano
#1 I tram: tra i più lenti d’Europa
Assieme alla Madonnina e al Duomo, il tram è il simbolo di Milano. La rete tranviaria milanese ha ottime potenzialità, ed è una delle più estese in Europa. Le linee sono 17, erano 18 contando la sospesa tranvia interurbana Milano-Limbiate e potrebbe salire a 19 se venisse riqualificata insieme alla futura metrotranvia Milano-Seregno in cantiere da alcuni mesi. Sopra trovate una mappa della rete tranviaria, anche se non del tutto aggiornata. Già qui sorge il primo interrogativo: perché non affiggere queste mappe su tutti i tram, come fa persino la tanto bistrattata ATAC a Roma?
Veniamo ora ai problemi. Anzi, al problema: i tram di Milano sono tra i più lenti d’Europa. La velocità commerciale media si attesta sui 13 km/h, contro una media Europea di circa 22,6 km/h. Una performance pessima: cerchiamo di capire alcuni motivi.
# Il preferenziamento semaforico
Sui giornali milanesi ogni tanto si sente dire che il comune di Milano sta implementando un sistema di preferenziamento semaforico per i tram. Si tratta di sensori che fanno scattare automaticamente il verde quando il tram si avvicina a un semaforo, evitando quindi attese agli incroci. Purtroppo, però, la litania va avanti da anni senza risultati concreti. La situazione più incredibile è quella delle metrotranvie, come il 15 (Rozzano-Duomo), il 4 (Cairoli-Niguarda, da alcuni soprannominato beffardamente Velociraptor), il 7 (P.le Lagosta-Anassagora) o il 31 (Cinisello Balsamo- P.le Lagosta). Queste linee viaggiano quasi interamente su sede riservata, ed erano state pensate dalla giunta di Formentini come metropolitane leggere: peccato che, mancando i semafori asserviti, in realtà viaggino alla stessa velocità di un normale tram e siano costretti a lunghe soste agli incroci. Eppure bastava così poco! I precedenti assessori alla mobilità Pierfrancesco Maran e Marco Granelli avevano parlato più volte del progetto “linee T”: cioè istituire alcune linee tranviarie di forza, tra cui ad esempio il 9, con i semafori asserviti. Riuscirà finalmente il nuovo Assessore Arianna Censi a centrare l’obiettivo?
# Il divieto di accodamento e di svolta a sinistra
Tra il 2008 e il 2009 ci furono diversi incidenti tranviari. Di fronte alle polemiche, il direttore generale di ATM Elio Catania introdusse il cosiddetto divieto di accodamento: i tram devono quindi mantenere una sostanziosa distanza di sicurezza tra di loro, anche se uno dei due veicoli è fermo. Una norma che esiste solo a Milano e produce risultati paradossali: come vedete nella foto, se due tram arrivano sulla stessa banchina, che sarebbe sufficientemente lunga per entrambi, il secondo non può accostarsi al primo e aprire le porte. Il risultato è che un passeggero del secondo tram che vuole scendere e saltare “al volo” sul tram che si trova davanti non può farlo: così il vantaggio degli interscambi si perde! Inoltre, in caso di fermata posta prima di un semaforo, il secondo tram sarà costretto ad aspettare un ciclo semaforico in più, perdendo tempo prezioso.
Inoltre, i tram non possono svoltare a sinistra. Ad esempio, il tram 10 per svoltare da porta Genova a via Vigevano è costretto a compiere un anello per poi arrivare “dritto”. Un controsenso che allunga i tempi di percorrenza.
# Troppe fermate
Il sistema tranviario di Milano è molto capillare. Forse anche troppo: in Via Vigevano ci sono due fermate a pochissima distanza fra di loro, la già citata linea 15 ha ben 32 fermate, di cui 10 solo a Rozzano. Se il tram deve fermarsi ogni secondo, come fa ad essere una specie di sostituto della metro (light rail)?
# Le sedi riservate
Purtroppo, molte linee milanesi hanno ampi tratti in sede promiscua. Emblematico è il caso del 9, che da Porta Genova a Porta Romana è costretto a viaggiare in mezzo al traffico come un normale autobus. Creare nuove corsie preferenziali ben protette da cordoli dovrebbe essere tra le priorità dell’Assessore alla mobilità, assieme ai problemi prima citati.
# Gli scambi
Come in tante altre città, a Milano gli scambi tranviari (cioè quelli che permettono a un tram di instradarsi sulle rotaie giuste) sono elettronici. Tuttavia, i guasti sono molto frequenti, e il macchinista è costretto a scendere dal tram, spesso in mezzo alla strada, per azionare lo scambio manualmente. Ahimè, gli stranieri che vedono la scena spesso ridacchiano. Tredici anni fa i tranvieri avevano realizzato un video-denuncia, ma queste scene si vedono ancora.
#2 L’inaccessibilità dei binari
Passiamo ora a questioni più generali. Ai tempi di Expo, l’avvocato Simone Gambirasio aveva lanciato una campagna contro le barriere architettoniche per i disabili sui mezzi pubblici. Molti interventi sono stati fatti, come l’installazione di ascensori nelle stazioni di superficie della M2 e nuove banchine per diverse linee di tram come per la linea 9 e quelle che corrono lungo Corso XII Marzo e Corso di Porta Vittoria. Altri interventi sono in programma, ma i problemi rimangono. Molte fermate, tra cui ad esempio le già citate di Via Vigevano, non hanno una banchina: il tram scarica direttamente in mezzo alla strada. Oltre ad essere un pericolo per chi aspetta fra le auto, queste fermate sono totalmente inaccessibili ai disabili. Il piano del Comune per costruire banchine a regola d’arte sta procedendo ma occorre andare più veloce. Inoltre, i tram serie 4900 (Jumbo-Tram), 4600-4700 (quelli che vedete sul 2 e sul 19) e le mitiche Ventotto hanno i gradini all’ingresso e sono off-limits per disabili e anziani. Le prime due serie hanno effettuato un revamping (ristrutturazione) che prevede la pedana per disabili, ma spesso non funzionano o addirittura mancano nell’alloggiamento predisposto. Le Ventotto non si toccano (guai!), ma alcune di queste vetture sono state vendute a San Francisco, e lì le fermate sono state attrezzate appositamente.
Guardate la foto:
#3 I ritardi del passante
Milano ha il miglior sistema di ferrovie suburbane d’Italia. Le linee S sono 12 e collegano tutto l’hinterland di Milano, fino alla Svizzera. Il sistema di numerazione delle linee, decisamente facili da riconoscere, è una best practice che tanti ci invidiano.
Tuttavia, il milanese medio conosce solo le linee del “Passante”, cioè quelle che passano sottoterra fra Milano Lancetti e Porta Vittoria, e spesso non sa che il biglietto (nell’area urbana) è quello della metro. Tuttavia, le linee S non sono solo il passante. Poniamo che si debba andare dallo IULM a Corso Lodi. Invece che prendere la verde e cambiare a Centrale, la cosa più semplice è prendere la S9, e in una fermata sei arrivato/a. Peccato che passi ogni 30 minuti. Inoltre, è una delle linee meno puntuali della Lombardia, ed è per lo più esercitata con le vecchissime carrozze Piano Ribassato degli anni ’60-’70.
#4 La circolare bucata
La cosiddetta “cintura ferroviaria” di Milano è al centro del progetto della “Circle Line”, che per gli utenti sarebbe una specie di “secondo Passante” (anche se non sotterraneo) e con treni ogni 5 minuti garantirebbe una frequenza quasi metropolitana. Per ottenere qualche risultato già oggi, basterebbe potenziare S9, ma urge un rinnovamento dell’infrastruttura, di competenza di Rete Ferroviaria Italiana. Il problema è che la Circle Line non sarebbe circolare: tra San Cristoforo e Certosa c’è un buco. Urge collegare le due stazioni per “chiudere l’anello ferroviario” (a Roma hanno un problema analogo): si può costruire una metro, una nuova linea ferroviaria, un tram veloce.
#5 La metropolitana: orari, frequenza e macchinette sotto gli standard europei
Qui non diremo nulla di trascendentale. La metropolitana è una delle eccellenze della città, ma è vergognoso che chiuda alle 00:30 anche nei weekend. Non chiediamo che funzioni h24 ogni giorno, ma almeno prolungare il servizio fino all’1:30 o alle 2 il sabato non sembra una richiesta fuori dal mondo, così come succede in caso di concerti o eventi sportivi. Inoltre, nelle fasce di morbida, specie dalle 21 in poi, le attese sono eccessive. Si arriva anche a 7-8 minuti nel tratto centrale della M2: siamo lontani dagli standard europei. Inoltre, sarebbe opportuno che su tutti i convogli (anche quegli vecchi) ci siano gli altoparlanti che annunciano le fermate, e che gli schermi che indicano i tempi di attesa siano posti anche al piano mezzanino (quello dove ci sono i tornelli) e, soprattutto, nelle fermate di superficie extraurbane. Inoltre, come sottolineato da Andrea Giuricin, le macchinette per fare i biglietti sono disastrose. Il software è vecchio e lento, spesso sono guaste e non accettano la carta di credito e hanno l’assurdo resto massimo di 9,95 euro! Le nuove macchinette aggiunte di recente hanno migliorato leggermente il servizio ma gli standard europei sono ancora lontani.
#6 L’hinterland sconnesso: ci vuole una visione da Città Metropolitana
È fondamentale che la pianificazione dei trasporti sia fatta pensando non solo al Comune di Milano, ma anche all’hinterland. Con le nuove tratte extraurbane di M5 e M1 e la rivisitazione del sistema tariffario, il cambiamento sta iniziando, ma serve una gestione coesa: è sotto gli occhi di tutti che le ultime tratte interurbane della metro, Famagosta-Assago e Sesto Primo Maggio-Monza Bettola hanno avuto tempi di realizzazione biblici (e la seconda dopo 12 anni di cantiere è al momento ferma al palo). Per non parlare poi delle tranvie interurbane: la Milano-Limbiate è stata sospesa, a causa du un’infrastruttura da terzo mondo, la Milano-Desio-Seregno sarà pronta non prima del 2025. In generale, una città internazionale come Milano non può permettersi di avere un trasporto che funziona bene solo in centro.
#7 Gare pubbliche: le normative europee vanno rispettate
Per quanto ATM sia un’ottima azienda, le norme europee prevedono gare pubbliche periodiche per la gestione del TPL. Dopo vari scontri, il Comune ha derogato alle regole prorogando fino al 2020 e poi al 31 dicembre 2023 il contratto con ATM: ma una città europea non può non rispettare le normative comunitarie, e quindi, per quanto bene possiamo volere ad ATM, la gara va fatta. Come sappiamo, ad essa parteciperebbero tanti gestori, pubblici e privati, e con ogni probabilità vincerebbe ATM. Tuttavia, sapere che esistono le gare e c’è il rischio di perdere la gestione del servizio sarebbe uno stimolo incredibile per ATM ad operare ancora meglio di oggi.
# Conclusioni
Il trasporto pubblico milanese è certamente un’eccellenza. Tuttavia, i difetti non mancano, e Milano risulta una delle città più motorizzate d’Europa. Tram più veloci, metropolitane anche di notte, accessibilità per i disabili, la Circle Line, una visione da città metropolitana e lo stimolo continuo delle gare potrebbero portare Milano in vetta alla famosa classifica di Mc Kinsey. E noi, da buoni visionari, lo desideriamo.
Si fa presto a definirsi milanesi, ma quali sono le frasi o le parole che ne identificano meglio la mentalità? Ecco le risposte dei milanesi al nostro sondaggio. Foto cover: @milanographies IG
#1 “Milano è la casa di tutti!” – Alessandra Carminati
Milano accoglie tutti. Dagli studenti attesi dal loro percorso universitario, a chi sta iniziando una carriera lavorativa, fino a chi è in difficoltà economica e ha bisogno di un posto dove dormire e di un pasto.
#2 “Operativa, ordinata, concreta e competente” – Giovanni Birilibù Barbieri
In poche parole sempre sul pezzo. Quello che contraddistingue Milano è il pragmatismo, l’ordine inteso come tutte le cose al posto giusto, la competenza invece della cialtroneria.
#3 “Se sta mai cui man in man…..” – Tiziana Viganotti
A Milano si è sempre impegnati a fare qualcosa, anche se ne non si lavora. Si può essere attivi in un’associazione di volontariato oppure in un corso di decoupage, studiando all’università o persino aiutare a tenere pulita la città raccogliendo i rifiuti lasciati a terra da qualche incivile.
#4 “Chi gira il cu’ a Milan gira il cu’ al pan” – Cristian Lippolis
Milano, pur tra le sue mille problematiche, continua a confermarsi come la città delle opportunità lavorative. Per questo motivo è ancora valido il “Chi gira il cu’ a Milan gira il cu’ al pan”, chi volta le spalle a Milano volta le spalle al pane, dato che nelle altre realtà italiane è più complicato trovare un impiego e realizzarsi in una carriera soddisfacente.
#5 “Se non lo trovi a Milano, non esiste!” – Paola Pozzati
La nostra città continua ad essere all’avanguardia in tanti settori, dalla tecnologia alla moda, dal food all’intrattenimento, e spesso il debutto di un brand o di un locale italiano o straniero avviene prima qui che in altre località dello Stivale.
#6 “Smart” – La Michy
Intesa come intelligente, furba nel senso positivo del termine. Una mentalità che si può vedere nel mondo del lavoro come nel quotidiano, dalle app per fare qualsiasi cosa, allo stile di vita.
#7 “Veloce” – Jessica Tansini
Una mentalità che si manifesta appena si esce di casa, confusa come fretta, in realtà è velocità per raggiungere il posto di lavoro, prendere la metropolitana o in generale eseguire un determinato compito.
#8 “Performance” – Barbara Caputo
La velocità fa sempre rima con performance, perché senza risultati è solo tempo buttato.
#9 “Unica vera metropoli d’Italia” – Giovanni Iovine
Frase forse un po’ troppo abusata ma forse quella che meglio identifica la nostra città. Si può considerare l’unica vera metropoli per la sua apertura mentale, per le relazioni che si formano tra chi ci vive e lavoro, per gli eventi che la caratterizzano, dalle fashion week al Salone del Mobile, e per il modo di vivere in generale.
#10 “Spirito di indipendenza” – Marco Sambruna
Mai come a Milano è viva la voglia di autodeterminazione e autorealizzazione, di farcela da soli, di essere indipendenti. Per indole personale o perchè è la città che stimola ad andare in quella direzione, sono pochi i milanesi senza spirito di indipendenza.
Maurizio Costanzo spaventatissimo corre in direzione Stazione Centrale. L’immagine simbolo della giornata più straniante degli ultimi decenni a Milano.
Il sequel milanese delle Torri Gemelle
E’ il 18 aprile 2002. Ore 17.45. Guido una vecchia Ford Escort cabriolet in viale Stelvio. Sto rientrando da un appuntamento di lavoro. Ho aperto il tettuccio per godermi la magnifica giornata di sole e di cielo sereno. Un gran botto.
Colpi di clacson. Frenate. La gente a piedi che guarda verso il cielo. Una nuvola di foglietti bianchi scende dal cielo. Ma che sta succedendo?
Svolto a destra in Sammartini, la strada che costeggia la stazione, arrivo in piazza Quattro Novembre. Sto andando contro la corrente di persone che corrono. Appare anche Maurizio Costanzo. Spaventatissimo. Mi sfreccia accanto, in direzione contraria. Lascio l’auto.
Mi incammino verso il Pirellone. Tutti hanno il naso all’in su. Un grosso squarcio agli ultimi piani, esce del fumo. Ma è abbassando gli occhi che sembra consumarsi il dramma. La gente esce di fretta, anche se con compostezza, e incrocia pompieri e personale medico che corrono in direzione contraria. Entrano nel grattacielo.
Vengo gelato dai brividi. Tutti noi guardiamo dalla strada il Pirellone ma negli occhi abbiamo un’altra scena. “C’è il fuoco!”. “E’ esplosa una bomba!”. “Sta per crollare!”. Si rincorrono le versioni più disparate. Finché arriva la conferma più temuta: “Non è una bomba: è stato un aereo!”. Lo squarcio nero è un aereo che si è schiantato sul Pirellone. Fissando il grattacielo sembra di vederlo oscillare, la gente che scappa, i pompieri che entrano, addirittura in cielo si vede un altro aereo, con gli occhi spalancati dall’angoscia ci sembra di rivivere lo stesso film di sei mesi prima. Ma questa volta dal vivo.
11 settembre 2001. Ognuno di noi sa esattamente dove si trovava e che cosa stava facendo quel giorno. Io ero in via Bergamo, durante la pausa pranzo nell’ufficio della agenzia che avevo fondato con tre amici. Anche allora era una magnifica giornata di sole a Milano. Un collaboratore mi venne incontro dalla sua stanza. “Hai visto che sta succedendo? E’ caduto un grattacielo a New York! Sì, colpito da un aereo!”.
Ho ancora impressa quella sensazione. Stava accadendo qualcosa che suonava estranea, assurda. Era talmente al di là di quello che il senso di realtà della logica potesse contemplare che non provai alcuna emozione. Come se mi stesse raccontando un film. Un altro collaboratore mi dice che il film è un’escalation, cheun altro aereo ha colpito l’altra torre.
Quella sensazione strana mi faceva girare la testa, di istinto me ne sono andato dall’ufficio per tornare a casa, dietro l’angolo, in via Cadore. Giusto in tempo per assistere in diretta alla televisione il crollo della seconda torre. Sconvolgente. Ma sembrava ancora tutto così assurdo che, nonostante il dramma razionale che stavo vivendo, a livello di emozioni ero una pietra. Non sentivo nulla. E la stranezza era che non poteva essere per il filtro della televisione: pochi mesi prima, sempre dalla tv, avevo seguito gli incidenti del G8 con il cuore in gola, lacerato dall’emozione. Forse è questo che ricordo di più dell’11 settembre 2001: lo shock mentale nell’assoluta insensibilità emotiva.
Una dissociazione che riprovai il 18 aprile 2002 sotto il Pirellone. Questa volta era la memoria che mi trasmette le emozioni. Come se fossero state congelate per sei mesi, le emozioni represse dell’11 settembre mi stavano scoppiando in corpo, guardando pompieri e medici che entravano nel grattacielo e che la memoria li dava per spacciati. Non solo. A tutti i milanesi sembrava di vivere non un film ma una serie apocalittica. Sì perché, l’11 settembre Milano lo aveva già rivissuto: l‘8 ottobre 2001 a Linate, con il più grande disastro aereo della storia della città. 118 vittime. Meno di un mese dopo le Torri Gemelle.
Qualche mese e l’incubo si era di nuovo materializzato. Anche perché il dramma era reale: un uomo disperato, Luigi Fasulo, aveva deciso di farla finita emulando i terroristi di Al Quaeda. Con il suo piccolo Rockwell Commander, partito da Lugano, aveva deviato la rotta per Linate puntando sul Pirellone. Alle 17.45 il piccolo aereo da turismo si è schiantato al ventiseiesimo piano, portandosi via, insieme al pilota, anche Anna Maria Rapetti e Alessandra Santonocito, due dipendenti della Regione Lombardia.
Dopo le Torri Gemelle e la tragedia di Linate, forse quel 18 aprile del 2002 lo sceneggiatore aveva deciso che era venuto il momento di mettere la parola fine a quella catena di eventi così angosciosamente legati uno all’altro. Il sequel milanese dell’11 settembre dopo il dramma ha infatti un lieto fine: il Pirellone rimane in piedi, i sanitari e i pompieri non vengono sepolti da nessun crollo ma escono sani e salvi dopo aver soccorso i 60 feriti, non c’è nessun attacco terroristico, nessuna guerra da dichiarare. E i milanesi quella stessa sera possono andare a letto scacciando ogni trauma con un profondo sospiro di sollievo.
Se si digita su Google “I milanesi sono…” appaiono ai primi cinque posti queste ricerche che esprimono come i cittadini di Milano vengono più frequentemente definiti. Vediamo queste cinque scelte che presentano diverse sorprese. E vediamo infine quali sono le definizioni più comuni nelle ricerche per gli abitanti di altre città italiane. Come vedremo sono definiti ognuno in modo diverso.
Come sono i milanesi? Le 5 risposte più popolari in Italia
# Quinto posto: i milanesi sono CHIUSI
Forse perchè Milano sembra una città fredda, forse una questione di carattere ereditato dalla dominazione Asburga o Longobarda, o forse collegato alla chiusura del lockdown per Covid, forse tutto questo spiega perchè al quinto posto nelle ricerche su Google i milanesi risultano “chiusi”.
# Quarto posto: i milanesi sono RICCHI
Magari…
# Terzo posto: i milanesi sono SIMPATICI
Può sembrare una sorpresa. Tra le molti virtù dei milanesi non spicca per fama certo quella di essere dei simpaticoni. Eppure le ricerche di Google mettono questo al terzo posto per definire i nostri concittadini. Ma prima di montarci la testa vediamo le altre due posizioni.
# Secondo posto: i milanesi sono ARROGANTI
Eccoci qua. E’ il dark side del bauscia, l’arroganza della capitale morale o della Milano da bere, l’immagine da milanesi imbruttiti che forse in realtà appartiene più a chi non è di Milano ma fa credere di esserlo. Comunque sì, forse un po’ ce la tiriamo. Anche perchè la concorrenza non è questo granché.
# Primo posto: i milanesi sono ANTIPATICI
Google non mente. Così ci vedono nel resto d’Italia. Questa è la definizione che appare di più nelle ricerche. Però considerando che al terzo posto c’è “simpatici”, forse nel modo di vedere i milanesi l’Italia è spaccata in due. Per concludere vediamo al primo posto cosa appare nelle ricerche per definire abitanti di altre città.
# Gli altri sono… (per Google)
I torinesi sono… freddi (secondo: antipatici, terzo: falsi e cortesi)
I bergamaschi sono… ignoranti (secondo: freddi, terzo: muratori)
I genovesi sono… tirchi (secondo: antipatici, terzo: chiusi)
I fiorentini sono… maleducati (secondo: simpatici, terzo: antipatici)
I romani sono… cafoni (secondo: arroganti, terzo: simpatici)
I napoletani sono… gelosi (secondo: simpatici, terzo: belli)
18 chilometri. Come la distanza da Milano a Paullo. E’ la lunghezza dei binari del tram abbandonati sulle strade di Milano. Abbandonati nel senso che partono dal nulla e arrivano al nulla, non possono più essere percorsi dai tram e restano come delle aperte ferite sulle strade della città. A volte coperti malamente dal catrame, altre volte in bella vista in mezzo al pavè per poi svanire nel nulla.
Il mistero dei binari dimenticati sulle strade di Milano
# Brutti e pericolosi: simbolo di una città che ha scarsa cura dell’arredo urbano e si preoccupa poco della sicurezza di ciclisti e motociclisti
1 of 4
Il tema della rimozione dei binari ha attraversato ogni giunta negli ultimi decenni, ma nonostante tutto persistono sulle strade chilometri, per l’esattezza 18,2, di binari malmessi che sbucano tra asfalto e pavé. Oggi hanno l’unica funzione di ricordarci del passaggio di una linea del tram in passato, oltre a mettere in rischio l’incolumità di ciclisti e motociclisti visto che col tempo si deteriorano e si creano buche in corrispondenza dell’asfalto. Quale strade necessitano un intervento urgente?
# I punti più critici lungo gli oltre 18 km di binari inutili e inutilizzati
Da via Castelfidardo a via Palestro, a Milano ci sono 18,2 chilometri di binari dei tram in disuso da svariati decenni. Ecco i punti più critici:
le vie Carroccio, Lesmi, Ausonio e Cesare da Sesto, San Vittore, Olivetani e Gian Battista Vico dove passava il vecchio 33 che andava da piazza Tripoli a Cairoli
via Cesare Battisti, via San Giovanni sul Muro, viale Pasubio, via delle Forze Armate dal deposito Atm fino a Gambara dove passava il vecchio 18 diretto a Baggio
via Cadamosto, un tratto di via Ponzio, di via Paracelso e alcuni monconi tra via Petrella, Mercadante e Gaffurio
via Castelfidardo, via dell’Orso, via Palestro e corso di Porta Romana nel tratto che va da Crocetta a piazza Medaglie d’Oro, dove c’era il vecchio itinerario del 13
L’unico intervento degno di nota è stato quello effettuato tra il 2015 e il 2016 in Ripa di Porta Ticinese, dove insieme alla sostituzione dell’asfalto con il pavè sono stati rimossi 1,5 km di binari in cambio di masselli e binderi, in particolare cordoli in granito.
Nonostante una mozione ad Aprile 2019 della stessa maggioranza nel Consiglio Comunale di Milano, in cui si chiedeva di iniziare il piano di rimozione dei binari in disuso partendo da quelli che i nove municipi hanno indicato come più pericolosi, ad oggi non ci sono stati interventi di rilievo.
Milanofobia: le 10 cose più spaventose che possono capitare a Milano
#10 Percorrere la tangenziale
La tangenziale è una delle tipiche fobie di Milano. Una delle strade con il più alto numero di incidenti in Italia, forse del mondo. Nell’ora di punta è uno stress senza fine, di notte è pericolosa sia per chi va troppo veloce che per chi va troppo piano. Spaventosi gli svincoli a nord est. In passato c’era perfino una uscita… a sinistra!
#9 Perdersi al Monumentale
Milano ha il gusto del macabro. Le grandi città del mondo di solito nel loro cuore hanno un grande parco, Milano ha un cimitero. Monumentale, per di più, un inno al sacro e alla vanità profana. All’interno ci sono diversi scorci da paura, forse il più agghiacciante un giardino segreto: al suo interno ci si ritrova in un porticato che sembra il chiostro di un convento. Sul prato ci sono delle statue distese, che sembrano in attesa di riprendere vita, due carri funebri d’epoca e un gatto nero di nome Lucy che ne ha fatto il suo regno.
#8 Aspettare la metro nei giorni festivi
Uno dei peggiori incubi per il milanesi: prendere la metropolitana di domenica, si scende sulle scale mobili deserte, si accede ai binari e si guarda in alto, il cuore in gola, il sudore si fa freddo, sul pannello elettronico un doppio numero.
#7 L’amministrazione pubblica
Il mio primo attacco di panico l’ho avuto alla motorizzazione civile di via Cilea. E’ ormai chiaro che la burocrazia italiana è nata con il fine di umiliare il cittadino. Fare la fila per un’ora per sentirsi dire di andare da un’altra parte. Cartelli attaccati con lo scotch. C’è gente che lecca i francobolli.
#2 Camminare da soli di notte oltre la circonvalla
Tra gli itinerari suggeriti: Quarto Oggiaro, Rogoredo, Corvetto e il “triangolo delle Bermude di Milano”: quartiere Adriano, viale Padova e viale Monza