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Corso Buenos Aires sarà PEDONALE nei week end?

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Un’idea ricorrente, che spesso fa capolino dalle dichiarazione dei vari amministratori. Corso Buenos Aires pedonale è un’arma a doppio taglio della politica: tiene banco nella cronaca e divide l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari.

Corso Buenos Aires sarà PEDONALE nei week end?

# Una sottovalutata 5th Avenue

Ph. Tima Miroshnichenko da Pexels

Corso Buenos Aires è la via per eccellenza a Milano. Una delle passeggiate commerciali più lunghe d’Europa, visitata da decine di migliaia di turisti e shoppers ogni giorno, è l’equivalente meneghino della Fifth Avenue di New York.
Come la Fifth Ave. è anche una via di transito del traffico veicolare, con una posizione privilegiata che dall’ingresso Nord a Milano, porta praticamente fino in Duomo.
Chi l’ha realizzata secoli fa, ha fatto un ottimo lavoro. Un gioiellino che andrebbe oggi valorizzato: per renderlo ancor più un’attrazione si rilancia l’idea di renderlo pedonale. Potrebbe essere l’idea vincente?

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# Il Municipio 3 ci sta pensando

Ph. @lucapi79 IG

Nel piano triennale delle opere pubbliche del Municipio 3, una delle priorità è quella di avviare uno studio di fattibilità per utilizzare dissuasori mobili in corrispondenza degli incroci con Corso Buenos Aires, cioè i pilomat, barriere retrattili da issare all’occorrenza.
L’idea è quella di isolare i 1.600 metri del rettilineo, per rendere la zona accessibile ai pedoni e alla mobilità dolce. Buenos Aires diventerebbe così la regina delle vie dello shopping milanese?
I dissuasori mobili potrebbero far scattare i blocchi del traffico a fasi alterne, magari durante i fine settimana, o in occasione di eventi particolari. Inizialmente quindi, la chiusura al traffico potrebbe essere intermittente.

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# La Presidente di Municipio

Ph. @mauri_cash IG

Caterina Antola ha dichiarato che «si potrebbero fare delle prove». «La pedonalizzazione di corso Buenos Aires» secondo la Presidente del Municipio  innanzitutto, «va fatta per fasi perché deve essere intanto realizzato uno studio di fattibilità e tenere in considerazione che ciò che abbiamo sempre chiesto era di chiudere in maniera alternata».
Le tempistiche? Non vi è nulla di deciso, l’impegno durerà fino alla fine dell’incarico. L’attuale amministrazione sembra volerci lavorare nell’arco di tutti i 5 anni di mandato e, magari, lasciare lo studio alla futura amministrazione.
Da Palazzo Marino la proposta di Caterina Antola, raccoglie il consenso della Assessora Elena Grandi, alla quale piacerebbe molto il corso pedonalizzato, in quanto ha «un potenziale enorme ed è una delle direttrici destinate a diventare almeno Ztl».

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# La sedimentazione della proposta

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Tante le proposte arrivate fino ad oggi, tanto che si sono “sedimentate” e, ogni volta che l’argomento viene ripreso, questo fondo agitato finisce solo per intorpidire le acque.
Buone idee hanno bisogno di essere espresse con il dialogo, per gli oltre 150.000 milanesi che abitano nella zona e che vorrebbero ridotti al minimo i possibili disagi.
Nella Fifth Avenue meneghina “abitano” anche 350 commercianti, da sempre contrari alla chiusura al traffico, che non hanno tardato a fare arrivare la loro risposta a questa nuova azione di agitazione delle acque definendola “lunare”.
Secondo Ascobaires, chiudere al traffico senza la concomitanza di eventi importanti “non serve a niente”.

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# I progetti del Comune: i pilomat

Corso Buenos Aires, nei progetti di questa amministrazione, deve diventare un boulevard. Nel 2019 si è pensato a 240 alberi posati nei vasi da Porta Venezia a Via Padova. Vasi e fioriere sono state abbandonate per tracciare in fretta una ciclabile all’indomani delle riaperture del lockdown. Ora l’idea è quella di tenere la ciclabile, ma farla meglio e togliere le aree di sosta lungo il corso.
Ora è il momento dello studio di fattibilità e dello studio viabilistico, che verrà verosimilmente consegnato alla fine dell’attuale mandato amministrativo.
La Presidente Caterina Ascona, Ascobaires e i residenti di Buenos Aires dovrebbero al più presto trovare la soluzione insieme, per valorizzare lo streetlife e il business di questa importantissima arteria di Milano

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LAURA LIONTI

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I NIDI GIGANTI sui palazzi di MILANO: cosa sono e dove ammirarli?

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credits: IG @tadashi.kawamata

In questi giorni le passeggiate dei milanesi potrebbero essere state interrotte dalla visione di enormi nidi appesi ai palazzi. No, Milano non sta venendo colonizzata da gigantesche rondini, queste imponenti costruzioni sono frutto della mente estrosa dell’artista Kawamata e regalano un’anticipazione della rassegna ospitata dalla galleria Building che aprirà il 31 marzo.

I NIDI GIGANTI sui palazzi di MILANO: cosa sono e dove ammirarli?

# I palazzi di Milano si trasformano in nidi

credits: IG @building.gallery

Delle costruzioni dalla forma insolita stanno popolando le facciate di alcuni palazzi milanesi, ma non sono semplici installazioni. Questi curiosi artefatti sono l’anticipazione del tema principe della mostra organizzata dalla galleria Building: “Nests”, letteralmente “nidi”. A cura di Antonella Soldaini, dal 31 marzo al 23 luglio Milano sarà protagonista dell’esposizione delle opere dell’artista giapponese Tadashi Kawamata, che per regalare assaggio della sua iniziativa, ha costruito a pochi giorni dall’inaugurazione dei giganteschi nidi fatti con assi di legno.

I primi nidi sono apparsi in via Monte della Pietà, sede della galleria, ma il piano è in espansione. Si tratterà di quattro interventi che si svolgeranno sia negli spazi interni e sulla facciata di Building, che in quelli esterni di altri edifici posti nelle sue vicinanze: Grand Hotel et de Milan, Centro Congressi Fondazione Cariplo e Cortile della Magnolia, Palazzo di Brera.

# Aldilà della mera architettura

credits: IG @building.gallery

La scelta del contesto urbano non è fatta a caso. Gli interventi dell’artista nascono da una riflessione sull’interazione che le sue opere hanno con il contesto sociale e le relazioni umane. L’intento è quello di coinvolgere, non solo un singolo edificio, ma di inglobare varie porzioni del tessuto urbano della città. Come per ogni decisione, anche la scelta degli edifici ospitanti i nidi è frutto di un’accurata analisi. Infatti, sono architetture che, nell’ambito della storia di Milano, racchiudono un particolare valore civile e culturale e che attraverso le installazioni dell’artista saranno sottoposte a un delicato e nello stesso tempo spettacolare processo di trasformazione. Ma la vera questione a stuzzicare le fantasie dei milanesi riguarda la scelta del soggetto.

# Perché proprio dei nidi?

credits: IG @building.gallery

Soggetto conosciuto grazie alle poesie di Pascoli, il nido rimanda alla necessità universale di costruire un luogo e trovare riparo e analogicamente al tema della famiglia e della protezione. Ma è questo il significato attribuito da Kawamata?

L’artista giapponese iniziò ad indagare la forma del nido dal 1998 ed è così che le sue costruzioni lignee passarono da dall’essere astratte ad avvicinarsi sempre più alla costruzione animale. Il nido diventa così il filo conduttore di tutti i suoi interventi e un soggetto dal forte carattere simbolico per Kawamata.

Un elemento architettonico primordiale e primitivo, la cui semplice forma, ottenuta con un materiale naturale come il legno, ha ancora più valore se messa a confronto con le ben più complesse costruzioni su cui è posta, risultato di stratificazioni sociali e culturali” hanno concluso dalla galleria. E il fascino e il significato delle opere risiedono proprio in questo contrasto, tra un’architettura animale all’apparenza intricata, ma semplice e spontanea, e le complesse costruzioni artificiali.

“Appropriandosi via via degli spazi interni ed esterni degli edifici – come facciate, balconi, tetti – tramite una serie di costruzioni ottenute con l’intreccio di assi di legno che vanno a formare un’inestricabile griglia, apparentemente leggera ma dalla solida struttura, Kawamata solleciterà una diversa lettura e interpretazione del loro aspetto e significato“, hanno chiarito da Building.

# Milano da un nuova prospettiva

credits: IG @tadashi.kawamata

Insomma, questa prima anticipazione ha sicuramente solleticato la curiosità di tutti. Ma ormai l’apertura è alle porte e non resta che attendere la fine del mese per far visita alla mostra Nests in Milan. L’occasione giusta per scoprire cosa si nasconde realmente dietro questi curiosi nidi e vedere la nostra città da una nuova prospettiva.

Continua la Lettura con: Inaugurato il “MUSEO del FUTURO”: e non poteva che essere fatto in questo luogo

SARA FERRI

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PORTA TOKYO: in questa FERMATA della METRO si arriva in Giappone

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Credits fumettologica.it - Kaju n8 corridoio

Un’installazione di fumetti manga ha trasformato una fermata della metropolitana di Milano in un avamposto del Giappone. Ecco di cosa si tratta e in quale stazione si trova.

PORTA TOKYO: in questa FERMATA della METRO si arriva in Giappone

# I fumetti Manga invadono la metro di Porta Genova

Credits fumettologica.it – Kaju n8

Dal 23 marzo la stazione di Porta Genova è diventata un avamposto del Giappone. Per due settimane, i milanesi che scenderanno nel mezzanino e prenderanno la linea M2 saranno circondati dai fumetti Manga: all’uscita dai treni, sui tornelli e sulle colonne dei corridoi. L’installazione realizzata all’interno della fermata non è altro che la promozione del fumetto Kaiju No. 8, che debutterà in Italia distribuito dalla casa editrice Star Comics, di cui è possibile leggere le prime 14 tavole lungo il corridoio. Il lancio spettacolare di questo nuovo fumetto nasce da una tradizione giapponese consolidata, quella di tappezzare i vagoni della metro di Tokyo con i Manga, e conferma come anche nel nostro Paese questo genere sia diventato ormai un fenomeno di massa.  

Leggi anche: Sapessi come è strano passeggiare tra le BOTTEGHE di TOKYO… a MILANO

# Da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa

Sono già state vendute 5 milioni di copie di Kaiju No. 8 in Giappone, un milione per ognuno dei volumi che compongono la serie. I protagonisti di questo Manga scritto e disegnato da Naoya Matsumoto e in Giappone sono i Kaju, i mostri alieni già noti nel folklore giapponese grazie alla loro apparizione nella saga di Godzilla. Il fenomeno dei Manga giapponesi in Italia ha toccato il suo apice a settembre del 2021 quando per la prima volta nella storia dell’editoria italiana il volume One Piece, che nel mondo ha superato i 500 milioni di copie, era risultato il fumetto più venduto della settimana. Un riscontro che si nota ormai in molte librerie dove gli spazi dedicati a questo genere trovano sempre più spazio, da angoli nascosti si è passati a intere aree dedicate. 

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FABIO MARCOMIN

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La caduta degli dèi

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Tutte le grandi rivoluzioni e trasformazioni della storia sono avvenute in una situazione di debolezza del potere. 

La fine dell’impero romano è stata preceduta da un serie figure imperiali molto modeste, la rivoluzione francese o quella bolscevica sono avvenute in un clima politico di decadenza con governanti fragili e incapaci. Anche la classe politica nell’occidente odierno, superato il conflitto della guerra fredda, appare un susseguirsi di personaggi che sembrano più orientati a campare giorno per giorno che a trainare la crescita e lo sviluppo.

Tutta la società contemporanea sembra portare avanti giorno per giorno le proprie attività senza avere un progetto o una visione nel lungo termine.
Per avere un progetto a lungo termine devi avere una visione, un’idea del mondo. Senza una visione alta, è inevitabile che il governante venga trascinato verso il basso da forze di breve termine e di scarsa gittata. Non solo.

Senza un progetto politico, finisce inevitabilmente che chi governa porta ad assecondare forze economiche che invece la classe politica dovrebbe supervisionare per orientarle all’attuazione al progetto e al benessere dei cittadini.

Nel racconto mitologico la caduta degli dèi precede la distruzione della civiltà umana in un’apocalisse che conduce alla rigenerazione di un nuovo mondo.
Tra pandemia, siccità, guerra, boom dei prezzi delle materie prime, collasso climatico ed energetico, l’apocalisse sembra già in atto. Per uscire da questa crisi epocale forse l’ultimo passaggio che manca è la definitiva caduta degli dèi.

Continua la lettura con: Tutti i pensieri del giorno 

MILANO CITTA’ STATO 

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Fare colazione DENTRO AL TEATRO: si può fare a un’ora da Milano

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Credits:@caffeteatrogrande IG

Al Caffè del Teatro è possibile vivere un’esperienza al limite del viaggio nel tempo, gustando bevande calde o fredde, seduti ai tavolini del foyer come gli aristocratici di un tempo. Sono però richiesti abbigliamento consono e comportamenti adeguati

Fare colazione DENTRO AL TEATRO: si può fare a un’ora da Milano

# Il caffè culturale

Credits: @annabee_oggicosi IG

I momenti più ricercati della giornata, sono quelli in cui possiamo goderci un gesto affettuoso, riservarci del tempo per noi stessi. Cosa c’è di meglio che coccolarsi in un ambiente esclusivo, tra affreschi di fine ‘700, immersi in un’atmosfera piena di arte, storia e cultura?
Si può fare a Brescia, nel foyer del Teatro Grande, allestito a caffetteria e bar con lo stile degli antichi caffè culturali che tanto hanno spopolato nelle città italiane, a cavallo tra il ‘700 e l’800.
Aperto il sabato e la domenica, il Caffè del Teatro è la scusa perfetta per programmare una visita a Brescia, un giro culturale che poi porta al Teatro Grande. Questo diventa così il luogo ideale per una colazione a base di relax e dolciumi, una pausa durante gli impegni del fine settimana o un aperitivo al volo, prima di tornare a Milano.

Leggi anche: Il più antico TEATRO coperto del MONDO

# Affreschi e wi-fi

Credits: @caffeteatrogrande IG

Sono tre le aree che il Teatro Grande di Brescia mette a disposizione della caffetteria, per rendere l’esperienza ancora più unica ed esclusiva. Oltre al Foyer del teatro, ci si può accomodare anche alla Saletta del Teosa e nella Saletta Butterfly.
Al foyer, che qui chiamano Ridotto, si accede da un portale del ‘600, testimonianza del primo teatro cittadino su cui è stato poi edificato il Grande. Qui si possono ammirare gli affreschi di Gaetano Cresseri e Luigi Campini, la Tragedia, la Commedia, la Danza e la Musica.
La curiosità porterà gli avventori ad addentrarsi nella Saletta Butterfly, inaugurata in occasione del debutto della Madame Butterfly di Puccini, che in questo teatro ha perfezionato la sua opera fino a portarla al successo. In questa saletta è anche esposta una lettera del Puccini, contenente alcune indicazioni per la messa in scena dell’opera, oltre che la locandina originale del 1904.
Tutto il teatro è coperto dal wi-fi, a disposizione degli ospiti per scoprire la storia di questo luogo straordinario.

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# Il trasformismo teatrale dell’edificio

Credits: @teatrogrande IG

Questo magnifico luogo, che oggi ammiriamo sorseggiando un caffè o una spremuta, ha cambiato modo di accoglienza nei secoli.
L’edificio sorge sul luogo che la Serenissima donò nel 1664 alla Compagnia degli Erranti e dove vi hanno istituito la loro accademia.
Diventa un teatro grazie a una trasformazione spettacolare. Succede tra il 1664 e il 1710, quando, all’esterno del palazzo, fa la sua comparsa il portico degli architetti Vigliani e Turbini. La vera conversione riguarda la sala della cavallerizza che diviene palcoscenico e platea. Oggi si presenta con la caratteristica forma a ferro di cavallo, progettata dal milanese Luigi Canonica, inaugurata dopo la ristrutturazione nel 1810.
Quello che ora è il Ridotto, allestito a caffetteria, è stata un tempo una sala che l’Accademia usava come “Reggenza”.

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# I social media come finestra su questo mondo

Credits: @caffeteatrogrande IG

Oggi la caffetteria, detta anche Buvette del Teatro (da Buffet), accoglie dopo obbligatoria prenotazione, che si può effettuare telefonicamente al numero 030/2979311.
Si può visitare la loro pagina Facebook o Instagram, sia per una visita virtuale che farsi riservare un tavolo.

Questo teatro non ha ancora finito di riservare sorprese o regalare storia. Che sia dal palcoscenico o dalla sua caffetteria, il Teatro Grande di Brescia apre le sue porte e il suo sipario, diventando un accogliente e vivace caffè culturale, dove le idee concrete possono andare a braccetto con la finzione scenica.
Come miscelare realtà e fantasia? Oppure: quale preferite tra le due?
Qualunque sia la vostra scelta, ricordate che il Caffè del Teatro richiede l’etichetta: buone maniere, abbigliamento consono  e non chiedete lo spritz, ma il Pirlo

Fonte: Daniele cc. Instagram

Continua la lettura con: Il TEATRO FOSSATI di corso Garibaldi: dalle stelle alle stalle. Cosa è diventato oggi?

LAURA LIONTI

Copyright milanocittastato.it

 

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ANALFABETA FUNZIONALE: come si traduce in milanese?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

Continua con: Tutte le parole tradotte in milanese pubblicate finora

A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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Andrea CUOMO: “auspico che l’Italia si MILANESIZZI”

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Andrea Cuomo

Andrea Cuomo. Giornalista, caposervizio presso Il Giornale, ma soprattutto autore di Milano vista da un ROMANO: bastano 3 minuti e mezzo per apprezzarla, una delle testimonianze che ha fatto più scalpore su milanocittastato.it

Andrea CUOMO: “la mia Milano è un punto di RIFERIMENTO per l’ITALIA intera”

Andrea Cuomo

La cosa che ami di più di Milano?

La scoperta della sua bellezza sempre nascosta, mai sfacciata.

Quella che invece ti piace di meno?

La sorprendente tendenza dei suoi abitanti, soprattutto di sesso femminile, a “paccarti” con disinvoltura e in continuazione.

Il tuo locale preferito?

Gong.

Credits: @gongmilano
gong milano

Il tuo passatempo preferito a Milano?

Guardare le persone vestite in modo bizzarro sui tram durante le settimane della moda e del salone.

La canzone su Milano a cui sei più legato?

Luci a San Siro.

Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?

L’abbazia di Chiaravalle. E Sesto San Giovanni.

borghi di milano

La cosa più bella che ti è capitata a Milano?

Ripartire da zero e rifarmi un’intera vita in meno di un anno.

La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?

Rovereto. La mia prima fermata.

La cosa più curiosa che hai visto a Milano?

Milanisti e interisti che fraternizzano. Per me, che sono di Roma dove il derby è una guerra per bande, tuttora inspiegabile.

Il quartiere che ami di più?

La Bovisa.

Credits: @bovisa.daily
Bovisa

Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?

Rendere meno pericolose le strade con i lastroni e i binari del tram. Per me che sono un vespista sono un continuo attentato.

Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?

Milano in qualche modo è già una città-Stato, quindi troverei giusto formalizzare questo status.

Credits: @Semplicemente Milano di Andrea Cherchi (FB)

Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?

Parigi.

credit: luoghidiinteresse.it

Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?

Lavorerei sulle periferie.

Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?

Che continui a essere un punto di riferimento per l’Italia intera imparando però a dialogare con il resto del Paese senza fare campionato a sé. Se vogliamo che l’Italia si milanesizzi (cosa auspicabile) anche la città deve non cannibalizzare il resto del Paese.

Andrea Cuomo

Continua la lettura con: Tutti i personaggi di #milanomia già pubblicati

MILANO CITTÀ STATO

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

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L’impressionante GRATTACIELO fatto di PIXELS

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Credits: themindcircle.com pixel tower

Iscritto di diritto alla competizione dei grattacieli più strani al mondo. La gara tra gli architetti più celebri al mondo non finisce mai: è nata anche una torre pixel. Ecco dove.

L’impressionante GRATTACIELO fatto di PIXELS

# Il King Power Mahanakhon: una spirale di pixel

Credits: themindcircle.com
pixel tower

Si trova in Thailandia, nella sua capitale Bangkok, ed è sempre stata nota come MahaNakhon, oggi chiamato King Power Mahanakhon. Inaugurata nel dicembre 2016, la torre è alta 314 metri e, dopo aver superato l’altra torre thailandese di oltre 300 metri di altezza, la Baiyoke Tower II, l’edificio vanta il primato di essere il più alto di tutta la Nazione, per immaginarsi quanto sia alto si pensi che supera anche la Torre Eiffel.

La torre si trova nel quartiere centrale degli affari Silom/Sathon a Bangkok e la sua particolarità è quello che sembra un edificio tutto pixellato. Il King Power Mahanakhon è infatti un prisma dalla superficie irregolare, la cui sezione centrale e estremità superiore sembrano formate da pixel, per questo il grattacielo che domina lo skyline di Bangkok a volte viene chiamato anche Pixel Tower. Una torre quadrata con facciata in vetro e una spirale a superficie cubica tagliata sul lato dell’edificio.

# Supermercati, ristoranti, appartamenti e punti panoramici

Credits: tripadvisor.it
skywalk

Ma la particolarità del grattacielo non si esaurisce qui. Il grattacielo è un edificio multifunzionale di 77 piani, all’interno del quale si può fare e trovare ogni cosa. Nei primi 4 piani c’è un Duty Free, uno di quei negozi che non applica tutte le imposte locali o statali sulle merci in vendita, all’interno del quale si può trovare qualsiasi cosa: dalle marche internazionali a prodotti tipici thailandesi e souvenir. Ovviamente all’interno dell’edificio non mancano le residenze: sono 209 gli appartamenti extra-lusso nella Pixel Tower, locali che vanno da un minimo di 125 metri quadrati ad un massimo di 844 cadauno.

In un grattacielo di questo tipo non poteva mancare un ristorante con vista panoramica, ma l’attrazione per eccellenza della torre è la SkyWalk. Arrivando al 78esimo piano con un ascensore panoramica, si può mettere piede sul punto di osservazione più alto della Thailandia: un pavimento in vetro, sopra il cielo, sotto l’intera città.

Continua la lettura con: Un GRATTACIELO ricoperto di FIORI, vedrà mai la luce?

BEATRICE BARAZZETTI

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Le REGOLE assurde per viaggiare in COREA del NORD

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Viaggiare è qualcosa che hai dentro, o ti piace o no. Di questi tempi, però, trovare qualcuno che non abbia voglia di fare la valigia e scappare lontano sembra impossibile. Il bello di progettare una vacanza è il viaggiare con l’immaginazione, prima ancora di prenotare qualcosa: si pensa di voler scoprire culture, scovare posti inimmaginabili, andare dall’altra parte del mondo. Ma come sarebbe se il viaggio diventasse un’esperienza di puro terrore?

Le REGOLE assurde per viaggiare in COREA del NORD

No non si sta parlando di andare in qualche parco di divertimenti, in una qualsiasi attrazione horror, e neppure di qualche avventura un po’ pericolosa, ma piuttosto di come sarebbe un viaggio nello stato più totalitario della nostra epoca. La Nord Corea. Ecco qua tutte le assurdità che bisogna sapere prima di pensare di fare un’esperienza nella Corea del Nord, senza avere troppa paura.

# La progettazione del viaggio: informazioni quasi inaccessibili (fino al 2013 solo per la capitale)

Credits: asianew.it
Pyongyang

Partiamo col dire che trovare informazioni sulla Nord Corea è pressoché impossibile. Non ci sono voli diretti nello Stato, né dall’Italia né da quasi nessun altro Paese del mondo. La cosa più comoda da fare è andare in Cina e cercare un volo da lì, meglio se in un viaggio di gruppo. Se si citano poi le mete che si possono visitare, anche queste sono ben difficili da pensare. Fino al 2013 l’unica città “turistica” della Corea del Nord era la capitale Pyongyang, col tempo si sono conosciute poi altre zone, precisamente quelle a sud del Paese, al confine con l’altra Corea, e qualche area più a nord.

# L’arrivo: consegna del passaporto 

Una volta che si riesce ad avere accesso allo Stato, passato il confine, si viene perquisiti e spogliati dei propri oggetti (telefono, pc) e della propria identità, metaforicamente ma anche letteralmente, infatti ti viene tolto persino il passaporto. Tutti questi beni vengono riconsegnati alla fine della permanenza nel Paese. In poche parole, una volta arrivati in Corea del Nord, ci si trova completamente soli e tagliati fuori dal mondo. Qui, ricordiamo, non c’è alcuna connessione.

# In giro per la Corea del Nord mai da soli

Credits: north-korea-travel.com
Ryugyong hotel

Parte la visita per la città. Qui i turisti sono costantemente accompagnati da una guida, presente a tutte le ore, che li porta a visitare la città e controlla che non entrino in contatto con gli abitanti locali. Oltre alla guida, si è solitamente affiancati da un fotografo, mandato direttamente dal dipartimento della propaganda per verificare che le foto fatte siano idonee, altrimenti si assicura che vengano cancellate. È assolutamente vietato fotografare qualsiasi cosa faccia pensare alla Nord Corea come uno Stato povero! Se si gira per la città poi le strade sono quasi vuote. In ogni angolo si trovano immagini e statue dei grandi leader, davanti ai quali i visitatori devono assolutamente inginocchiarsi.

# La sensazione di essere osservati

Credits: vice.com
Turista in Corea del Nord

In Corea del Nord si avrà per forza la sensazione di essere osservati, come se qualcuno ti stesse seguendo per tutto il tuo soggiorno (qualcuno oltre alla guida e al fotografo che già lo fanno). Non sarà solo una sensazione, sarà proprio così. Tra i fatti assurdi accaduti ai turisti in Nord Corea si è sentito di chi stava guardando la televisione e magicamente il canale è cambiato o di chi si è trovato impossibilitato di uscire dal proprio hotel per qualche strana ragione. E poi c’è quella strana gentilezza che si percepisce nei tuoi confronti: abitanti che sorridono ai turisti e inespressivi di fronte a qualsiasi altra cosa, guide turistiche che vietano categoricamente di fare qualcosa, ma sempre con il sorriso e con quell’atteggiamento di chi ti sta facendo un complimento e non di chi ti sta comandando.

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BEATRICE BARAZZETTI

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Il VIGNETO più BASSO del mondo e quello più ALTO d’Europa sono in veneto

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Venizza vigne Venezia
venissa.it

Una famiglia di viticoltori abbina a coltivazioni di viti in luoghi classici a sperimentazioni in luoghi estremi dove non si pensava si potessero far crescere delle viti, figuriamoci produrre del vino.

Il VIGNETO più BASSO del mondo e quello più ALTO d’Europa sono in veneto

# Una famiglia dedita alla viticultura da secoli

Credits: Alberto Caliman on Unsplash

Grazie ad un censimento della Repubblica di Venezia datato 1542, la famiglia Bisol può vantare una storia viti-vinicola di quasi 500 anni. Già a cavallo tra ‘800 e ‘900 Eliseo Bisol iniziò a differenziarsi e a puntare sulla produzione di vini pregiati, missione mantenuta anche dalle successive generazioni.

Oggi l’azienda è un affare di famiglia che coinvolge più generazioni con una stimolante commistione tra tradizione e innovazione.

Leggi anche: MILANO capitale del VINO: l’amore per il vino e le migliori enoteche della città

# Venissa, il vitigno sulla laguna, il più “basso” del mondo

Venizza vigne Venezia
venissa.it

Nei primi anni 2000, durante una visita all’isola di Torcello, a Venezia, Alberto Bisol notò alcune vigne in un piccolo giardino. Dopo alcune ricerche storiche scoprì che la Serenissima produceva vino in laguna già 1.000 anni fa, utilizzando le piazze, i cosiddetti “campi” per coltivare, vista la scarsità di terraferma utilizzabile. Solo nel 1966, a seguito di un’acqua alta eccezionale, l’Acqua Granda, di quasi 2 metri, combinata a condizioni meteorologiche avverse, i veneziani furono costretti ad abbandonare la coltivazione della vite perdendone gradualmente memoria.

Grazie all’intuizione di Alberto Bisol, furono recuperate le ultime 88 piante di Dorona di Venezia, un vitigno autoctono che, naturalmente nel corso di secoli, si è abituata alle caratteristiche dell’ambiente salino della laguna. L’esperienza della famiglia fece il resto, riuscendo a ricavare frutti utilizzabili per la produzione di vino sfruttando anche i metodi sviluppati dai veneziani in centinaia di anni.

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# Vigna Major, il vitigno a Cortina d’Ampezzo a 1.350 metri

Vigna1350
Credits: ososhelter@IG

Alberto Bisol, sempre alla ricerca di nuove sfide, ha riflettuto sull’impatto di una delle variabili che più possono influenzare il mondo della viticultura, ovvero il riscaldamento globale e i relativi cambiamenti climatici. Così, un po’ di anni fa, ha deciso di approfondire la conoscenza di un luogo mediamente più freddo e inospitale rispetto alle colline trevigiane in cui la propria famiglia ha fondato la propria fortuna. Mantenendo l’amore per la propria regione, il Veneto, ha avviato una nuova attività a Cortina d’Ampezzo, ai piedi delle Dolomiti.

Anche in questa esperienza Bisol ha sfruttato e rivalutato le esperienze di coltivatori ed enologi locali per rendere produttive ed economicamente sostenibili le attività vitivinicole, avviando la coltivazione di 1.380 viti, basse, quasi rachitiche, con piccole bacche verdi raggruppate in piccoli grappoli, ad un’altitudine di 1.350 metri sul livello del mare.

Come in laguna, anche in questo caso, la sfida è difficile, ma la storia e l’innovazione riusciranno a produrre un ottimo vino.

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ALESSANDRO VIDALI

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Le 10 OPERE d’arte IMPERDIBILI a MILANO

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credits: pixabay

Picasso diceva “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni” e come farebbe Milano senza le sue opere d’arte? Da Leonardo a Caravaggio e Raffaello, sono milioni i dipinti, le architetture e sculture che si possono ammirare passeggiando fra le vie e i musei milanesi. Per vederle tutte servirebbe una vita intera, ma alcune sono d’obbligo. Ecco una lista delle 10 opere d’arte imperdibili di Milano.

Le 10 OPERE d’arte IMPERDIBILI a MILANO

#1 Il Bacio – Francesco Hayez

credits: pixabay

Simbolo del Romanticismo e divenuta un’icona sentimentale nella cultura mediatica, è impossibile recarsi a Milano senza passare dalla Pinacoteca di Brera per ammirare Il Bacio di Hayez.  Il vero nome del dipinto è “Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV” e fu commissionato dal conte Alfonso Maria Visconti desideroso di un dipinto simbolo di patriottismo. Si, non si direbbe, ma dietro ad una scena apparentemente intima tra due innamorati medioevali, in realtà il quadro racchiude un messaggio politico di ribellione verso l’occupazione straniera in Italia.

Francesco Hayez, considerato il più importante esponente del Romanticismo italiano, declinò questa corrente nella sua opera opera rappresentando l’amore nazionalista e l’odio verso lo straniero, che nelle zone dell’attuale Lombardia, era rappresentato dalla dominazione austriaca. Ora, con occhi più esperti, possiamo notare i dettagli che racchiudono questo significato più profondo. Un pugnale nascosto dal mantello, il piede sul primo gradino della scala e alle spalle on ombra sospetta, che per alcuni storici rappresenta una spia austriaca che sorveglia i due amanti. E infine il bacio di un giovane patriota pronto alla partenza, e al probabile addio, prima di andare a combattere.

L’opera ebbe fin da subito moltissimo successo e divenne simbolo del Romanticismo italiano e Hayez ne dipinse altre 3 copie, ma l’originale è conservata nella Pinacoteca di Brera dopo la donazione del conte nel 1886.

#2 L’ultima Cena – Leonardo Da Vinci

credits: IG @desireedonadio

Uno dei capolavori indiscussi della storia dell’altre è sicuramente il Cenacolo di Leonardo. Chiunque ormai conosce la storia dell’Ultima Cena più famosa al mondo, ma forse alcuni dettagli della sua possono essere passati inosservati. Leonardo Da Vinci venne scelto da Ludovico il Moro per dipingere la parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie. Leonardo non seguì la tradizionale rappresentazione dell’Ultima Cena, decise di rappresentare il momento nel quale Gesù ha appena annunciato il suo tradimento. Dal dipinto traspare l’interesse per la psicologia dei personaggi e la volontà di andare oltre ad una precisa interpretazione iconografica. Il Maestro si concentrò sul tentativo di rappresentare la sorpresa degli apostoli espressa da posture, gesti e espressioni del viso. Inoltre la cena è rappresentata volutamente in modo anacronistico nel XV secolo, come si può notare dai dettagli della tovaglia.

L’opera realizzata tra il 1495 e il 1498 fu una vera propria impresa per il pittore fiorentino che, viste le dimensioni enormi e il poco tempo a disposizione, decise di utilizzare una tecnica sperimentale che, a sua insaputa, rese l’opera succube del tempo. Leonardo impiegò una tecnica definita “a secco” con pigmenti stesi su uno strato preparatorio di colore bianco per livellare e lisciare la parete. Proprio a causa del procedimento utilizzato, il colore si seccò molto presto e, complice l’umidità del refettorio che ospitava anche la cucina, l’affresco cominciò a deteriorarsi e a richiedere interventi di restauro già pochi anni dopo la sua realizzazione.

Se oggi possiamo ammirare il Cenacolo Vinciano è grazie al restauro del 1977, mentre coloro che intervennero prima di allora non fecero altro che aggravare la situazione. Ad oggi è in atto un progetto di restauro ambientale per l’igienizzazione del microclima dell’Ultima Cena. Ma anche se il dipinto che vediamo oggi è solo un pallido ricordo del capolavoro che ammirarono i contemporanei di Leonardo, il Cenacolo rimane una delle somme opere del Genio e nel 2019 è stato visitato da 445 728 persone, risultando essere il quindicesimo museo più visitato in Italia.

#3 Pietà Rondanini – Michelangelo

credits: IG @belcaro54

Un’opera tormentata, simbolo dell’unità tra madre e figlio: la Pietà Rondanini di Michelangelo è una delle opere più suggestive che si trovano a Milano. L’artista iniziò a scolpire l’opera nel 1552 per il proprio monumento funebre, ma la sua lavorazione venne protratta nel tempo a più riprese fino alla vigilia della sua morte nel 1564. Per Michelangelo fu un viaggio tormentato, la prima versione dell’opera non venne mai realizzata a causa della rottura del marmo che stava lavorando. Il blocco incompiuto venne poi ripreso successivamente, ma cambiando completamente la sua concezione. Ma anche se non venne terminato, il gruppo scultoreo con Gesù e Maria rende perfettamente l’unione massima tra madre e figlio. Il tema poetico lo si può riconoscere dai due corpi che si fondono l’unico con l’altro, il corpo del Messia morto è aderente a quello della madre che, invece di sostenerlo, si china verso di esso così tanto da fondersi in un’unica entità.

Il nome che rende l’opera riconoscibile deriva dal Palazzo Rondanini di Roma, che conservò l’opera nel suo cortile fino a pochi decenni fa, mentre ora si trova nel Casello Sforzesco di Milano. Un’opera che porta le tracce del conflitto serrato ed appassionato di Michelangelo con la materia, sempre scontento del risultato che probabilmente aveva già raggiunto.

#4 La prospettiva di Bramante di San Satiro

credits: @brittnygf IG

Potremmo chiamarlo il maestro primordiale del problem solving: con la sua visione fuori dagli schemi, Bramante regala a Milano una chiesa unica. Infatti, la chiesa medioevale di Santa Maria a San Satiro, tra le sue navate e le ricche decorazioni, nasconde un segreto visibile solo agli occhi attenti.

Al momento della costruzione della chiesa, la diocesi non ebbe i permessi necessari. Lo spazio era ridotto, anzi annullato per la presenza di una strada che impediva lo sviluppo in lunghezza dell’apside. Ed è proprio dall’abilità di superare questo problema pratico che si vede il genio di uno dei più grandi architetti italiani di sempre. Bramante accettò la sfida e riportò in scala le stesse misure che aveva previsto per l’opera originale realizzando un abside che aveva pensato di 9 metri e 70 in soli 97 cm. Un’illusione perfetta, perché, quando si entra nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro, pare che lo spazio dietro all’altare ospiti un grande abside regolare attorniato da colonne e decorazioni. Invece è tutto un inganno, frutto di una mente geniale che da un ostacolo creò un capolavoro a pochi passi dal Duomo.

#5 Il Cristo Morto – Mantegna

credits: IG @arteaitempideisocialnetwork

Un’altra opera dove la prospettiva gioca un ruolo fondamentale e capolavoro rinascimentale di indiscutibile rilevanza è il Cristo Morto di Mantegna. Ospitato alla Pinacoteca di Brera, il dipinto datato intorno al 1475 venne realizzato dall’artista per la propria devozione e ritrovato solamente al momento della sua morte. L’opera raffigura il corpo inerme di Cristo che giace su una lastra di fredda pietra coperta da un lenzuolo. Accanto al giaciglio vi sono i dolenti che piangono e vegliano il corpo, probabilmente si tratta di Maria, San Giovanni e la Maddalena. Le forme e volumi della pelle, il tessuto aderente al corpo che pare bagnato e la forza espressiva dei volti. Sono la maestria nella resa dei dettagli e l’invenzione prospettica di grande effetto a sottolineare il dramma della scena. Tutto ciò rende quest’opera di un pathos straordinario, che coinvolge chiunque la osservi in una morte descritta senza alcuna idealizzazione.

#6 La Canestra di Frutta – Caravaggio

credits: IG @lafpda

La Canestra di Caravaggio è un dipinto iconico di uno dei sommi artisti italiani e simbolo della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Vimini intrecciato, grappoli di uva bianca e nera che sporgono dai lati circondati da frutta di ogni stagione e foglie bucate da insetti con rametti secchi. La Canestra, dipinta con estremo realismo, è considerato dagli storici il primo esempio del genere artistico detto Natura morta. L’opera di Caravaggio contribuì a superare la concezione rinascimentale che riservava alla figura umana la dignità di un soggetto elevato, mentre l’artista celebra l’imperfezione della natura, elevando un elemento che prima era solo di contorno. Un’immagine all’apparenza semplice che però racchiude in sé un’allegoria sulla precarietà dell’esistenza umana ricordando come la vita sia in realtà imperfetta ed effimera.

Caravaggio dipinse la Canestra tra il tra il 1594 e il 1598 all’età di circa 23 anni quando venne commissionato dal cardinale Borromeo. Oggi, dopo la sua donazione, si può ammirare l’opera simbolo del memento mori alla Pinacoteca Ambrosiana per cercare di non dimenticare mai l’inesorabile scorrere del tempo.

#7 Il Quarto Stato – Giuseppe Pellizza da Volpedo

credits: IG @1000quadri

Di origini più recenti, ma sempre dal carattere rivoluzionario, al Museo del Novecento possiamo trovare l’opera intitolata Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Un corteo di lavoratori è in cammino, una folla compatta, che avanza in maniera decisa verso il fronte del quadro. Il nome deriva da un termine utilizzato durante la rivoluzione industriale ottocentesca per indicare lo strato più basso della società, il quarto stato.

In primo piano guidano il corteo un uomo anziano, un giovane e una donna con in braccio il suo bambino. Questi tre personaggi rappresentano le componenti della classe sociale più umile dell’epoca e sono i protagonisti dell’opera che rappresenta le rivendicazioni dei lavoratori di fino Ottocento. Questi uomini escono dall’oscurità dell’ignoranza per conquistare un proprio posto al sole, i propri diritti. L’artista fu a fianco di questi manifestanti e con la loro rappresentazione compì un gesto simbolico di speranza rivoluzionaria. Purtroppo, l’opera venne ignorata e rifiutata dalla critica e Giuseppe Pellizza da Volpedo si suicidò ignaro del successo che il suo capolavoro avrà nel secolo a venire.

#8 Lo Sposalizio della Vergine – Raffaello

credits: IG @artemondo

Addentrandosi tra le varie sale della Pinacoteca di Brera, è impossibile non soffermarsi ad ammirare una delle prime opere di Raffaello: Lo Sposalizio della Vergine. La scena, tratta dai vangeli ipocrifi, vede protagonista i due sposi, la giovane Maria e San Giuseppe, e il Sommo Sacerdote che sta celebrando la loro unione attorniato da altre figure con vesti cinquecentesche. Ma cosa tiene in mano Giuseppe? Secondo quanto riportato nelle scritture, quando la Vergine divenne grande abbastanza da potersi sposare, venne dato a tutti i suoi pretendenti un ramo secco. Secondo la storia, soltanto il ramo del suo futuro sposo sarebbe fiorito, mentre tutti gli altri no. E se ci si avvicina abbastanza si può notare come sul bastone di Giuseppe siano sbocciati tre fiorellini.

Oltre alla scena in primo piano, anche lo sfondo non è di minore importanza. Ambientato a Gerusalemme, al centro si erge un tempio classico a pianta centrale. Il peristilio è composto da colonne che reggono archi a tutto sesto e l’ingresso frontale dell’edificio si apre sull’infinito. È proprio nelle architetture e nell’amore per i rapporti geometrici ordinati che per Raffaello si manifesta la bellezza ideale che desidera ricordare la struttura universale armonica e la perfezione divina. Lo Sposalizio della Vergine venne dipinto da Raffaello a soli 21 ed è una pala d’altare che originariamente destinata la cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello.

#9 La Cena in Emmaus – Caravaggio

credits: IG @pinacotecadibrera

Il carattere espressivo e rivoluzionario di Caravaggio lo si può ritrovare in una sala della Pinacoteca di Brera nel dipinto La Cena di Emmaus del 1504. Il pittore interpreta un episodio del Vangelo dove Cleopla e un altro apostolo incontrano un viandante e lo invitano a cenare con loro presso una locanda. Quando l’uomo spezza il pane i due si accorgono che si tratta di Cristo risorto e la scena ritrae proprio questo momento di serendipity.

Il naturalismo e la plasticità, caratteristiche dominanti delle opere di Caravaggio, si vedono nella riproduzione realistica del cibo poggiato a tavola. E se si osserva attentamente, il cesto che raccoglie la frutta ricorda per la cura esecutiva la celebre Canestra vista precedentemente. Altra conseguenza del realismo di Caravaggio è la scelta di rappresentare personaggi di chiara appartenenza alle classi più umili. Inoltre, a rendere ancor più veritiera la scena sono i giochi di luce e ombra. Le figure vengono evidenziate dall’illuminazione teatrale che sottolinea i volumi dei corpi che escono dal buio della scena.

#10 Il Codice Atlantico – Leonardo Da Vinci

credits: IG @museodavinci

E per concludere questa panoramica sulle opere imperdibili di Milano, è d’obbligo citare il Codice Atlantico: la più grande e importante raccolta di disegni di Leonardo da Vinci al mondo. Conservato nella Biblioteca Ambrosiana dal 1637, si tratta di un ampio volume rilegato costituito da 1.119 fogli risalenti a un periodo che va dal 1478 al 1519. Comprende: schizzi, disegni preparatori per dipinti, ricerca in matematica, ottica e astronomia, ricette e meditazioni filosofiche, ma anche progetti curiosi di macchine da guerra, pompe idrauliche e paracadute. Oltre 45 anni di appunti che ripercorrono i passi delle scoperte rivoluzionarie di Leonardo.

Ma forse non tutti sanno che fra le sue pagine si annida un mistero. Dopo il restauro del Codice Atlantico, si scopre che vi sono 1750 disegni, tutti eseguiti personalmente da Leonardo da Vinci, ma in realtà, i disegni erano 1751. Per questo si iniziò a sospettare che durante le restaurazioni venne rimosso un disegno del formato di 21 x 16 cm. Infatti, attraverso tecniche spettroscopiche, osservando con attenzione, emerse che sotto la superficie del foglio rimosso, vi fossero micro-tracce di un collante di origine vegetale, utilizzato per incollare il disegno stesso. La superficie della colla e la sua distribuzione sul foglio fecero quindi pensare che in quel punto vi fosse un altro disegno. Nel 2011 il foglio originale sarebbe stato ritrovato e da questo episodio probabilmente nasce “il mistero 13-51-71”. Leonardo ci ha lasciato un segnale attraverso i numeri?

Continua la Lettura con: Le 10 CITTÀ EUROPEE TOP per OFFERTA CULTURALE: Milano c’è

SARA FERRI

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Come si dice AFFARISTA a Milano?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

Continua con: Tutte le parole tradotte in milanese pubblicate finora

A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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La fermata del giorno: le 7 cose più INTERESSANTI vicino a PORTA VENEZIA (M1)

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Credits: @eustacestephen IG

Ogni sabato appuntamento con la Fermata del giorno per scoprire Milano con la metro. Si inizia con Porta Venezia, una delle stazioni più iconiche di Milano. Queste le cose più interessanti nei pressi della fermata. 

La fermata del giorno: le 7 cose più INTERESSANTI vicino a PORTA VENEZIA (M1)

https://www.instagram.com/p/CXguNyIMRzq/?utm_medium=copy_link

# Il quartiere rainbow

https://blog.urbanfile.org/

Quartiere LGBTQ+ friendly per eccellenza della città di Milano, vicinissimo alla fermata della metro c’è Via Lecco. Durante la pride week questo quartiere diventa la Pride Square per eccellenza, ma anche nella più monotona quotidianità è capace di garantire una serata unica a chiunque deciderà di andarci a passare la serata.

# LA STRADA: Corso Buenos Aires, la Fifth Avenue di Milano

Anche se sicuramente in dimensioni ridotte, Corso Buenos Aires è possibile paragonarlo alla Fifth Avenue di New York City, in quanto perfettamente adatta per lo shopping, lungo 1600 metri con più di 350 negozi di ogni tipo.

# Archistar in Porta Venezia

Casa Galimberti – davidcoloma.ph IG, https://www.instagram.com/p/CHnFFvWge2w/?utm_medium=copy_link

Se invece di passeggiare per la zona con il naso attaccato alle vetrine dei negozi si preferisce camminare con il naso all’insù, in Porta Venezia ci sono degli edifici – come Casa Galimberti e Casa Guazzoni – esempi di architettura liberty che vi faranno innamorare della zona.

Dettaglio di Casa Guazzoni – PH MSacerdoti

# IL BAR: l’eleganza del San Pietro Cafè

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A pochissimi metri dalla Porta, c’è il San Pietro Cafe. Un bistrot enoteca dall’ambiente molto raffinato ed elegante, immerso nel verde.

 

# Il RISTORANTE: Bjork, un’esperienza di cucina scandinava

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In via Panfilo Castaldi, ha aperto il primo bistrot gastronomico svedese, che propone un menù ispirato alla tradizione scandinava. Colazioni, pranzi, aperitivi, cene e degustazioni capaci di farti dimenticare che sei nel paese patria della pizza e del maritozzo.

 

# L’ingresso al QUADRILATERO DEL SILENZIO

Via Mozart - villa necchi
Via Mozart – villa necchi

Raggiungibile da Corso Venezia, si può facilmente accedere al Quadrilatero del Silenzio, un quartiere in cui regnano bellissimi palazzi liberty, ville e giardini regali, ma soprattutto un’atmosfera di calma surreale. Ogni angolo di questo quartiere nasconde gioielli preziosi da ammirare.

# Palazzo Reale e i Giardini di Porta Venezia: l’oasi in pieno centro

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La zona offre anche diverse aree verdi, come i famosi giardini di Porta Venezia. Ma tra una vietta e l’altra di questa zona, quasi nascosto alla vista del milanese distratto, c’è un’oasi di pace il cui accesso è vietato agli adulti, a meno che non siano gli accompagnatori dei bambini, destinatari di questo bellissimo parco. Protagonisti sono una ricchissima flora e fauna, un laghetto e le risate dei più piccoli.

Continua a leggere con: OLIMPIADI a MILANO: le 7 opere da MEDAGLIA d’ORO

ALICE COLAPIETRA

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La TOP 10 dei DENTISTI di MILANO

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In una città come Milano o si conosce un professionista di fiducia o tanto vale tirare a sorte da quante sono le possibilità di scelta. Ma se invece ci affidassimo ad un amico che di ricerche è un esperto? Pronta per l’evenienza, ecco una top list dei dentisti stellati di Milano realizzata esclusivamente in base alle recensioni pubblicate su Google cercando “i migliori dentisti a Milano”.

La TOP 10 dei DENTISTI di MILANO 

credits: pixabay

#10 Studio Odontoiatrico Motta Jones Rossi & Associati

Stelle 4,8 (24 recensioni) Via San Nicolao, 10, 20123 Milano MI 02 7201 7204

“Da anni paziente dello studio dentistico con il Dr Moriguchi lo ritengo riferimento molto importante per la salute dentale in Milano. Struttura accogliente, pulita e con personale assolutamente disponibile, simpatico e preparato. Lo consiglio vivamente a tutti coloro siano alla ricerca di competenza ed empatia nel trattamento medico.” Pierfrancesco R.

#9 BDD Studio Dentistico

Stelle 4,8 (29 recensioni) Alzaia Naviglio Grande, 38, 20144 Milano MI02 5810 5229

“Sono paziente dello studio da diversi anni e non lo cambierei! Sono tutti professionali e gentili. In particolare consiglio la dottoressa Clerici, che fa una pulizia dei denti accurata e delicata, e il dottor Delle Donne, che mi ha estratto i denti del giudizio.” Andreè B. 

#8 Studio Dentistico Dott. Depetro

Stelle 4,8 (31 recensioni) Via Alfonso Capecelatro, 10, 20148 Milano MI 02 4943 4892

“Da fobica della detartrasi posso dire che la pulizia dei denti effettuata qui oggi mi ha cambiato la vita: igienista veloce e delicata, niente dolore, bello studio, personale gentile e prezzo ottimo. Insomma, d’ora in poi la farò sempre qui. Grazie!” Elena B.

#7 Studio Dentistico Dott.Gabriele Castelnuovo

Stelle 4,8 (123 recensioni) Via Alessandro Manzoni, 33, 21047 Saronno V 02 962 6700

“Sono ormai diversi anni che sia io che mio marito ci rivolgiamo al Dott. Castelnuovo apprezzandone la professionalità e disponibilità. Anche le collaboratrici sono gentili e professionali. I preventivi di cura sono chiari e dettagliati. Recentemente, in fase di pandemia, ho avuto modo di apprezzare la serietà con cui lo staff ha attivato i protocolli per accedere allo studio, facendomi sentire tutelata e sicura. Grazie a tutti.” Tiziana S.

#6 Studio San Gottardo

Stelle 4,9 (105 recensioni) Corso S. Gottardo, 42, 20136 Milano MI 02 832 3344

“Sicuramente uno dei colleghi più bravi e puntigliosi che conosco. Molto preparato soprattutto nelle grandi riabilitazioni implantari. Uno studio di riferimento nel centro di Milano. Staff competente ed all’avanguardia.
Consigliatissimo!” Gabriele G.

ph. Gerd Altmann (pixabay)

#5 Dental Studio Invernizzi

Stelle 5,0 (24 recensioni) Via Gaetano Donizetti, 26, 20122 Milano MI 02 7600 5778

“Professionali, precisi, preparati! Lo studio è accogliente e piacevole così come il personale. Svolgono interventi chirurgici di alto livello e con risultati eccellenti. Ho fatto diversi lavori e sono rimasta molto soddisfatta. Ho portato tutta la mia famiglia e sia mio figlio che mia madre sono stati seguiti con estrema cura. Grazie! Lo consiglio” Michela C.

#4 Studio Bracchetti

Stelle 5,0 (31 recensioni) Via Durini, 27, 20122 Milano MI 02 7602 3438

“Sono semplicemente straordinari, in tutti i sensi. Perfetta la location (Milano centralissimo) elegante, super confortevole, persone super gentili, medici tecnicamente insuperabili, un piacere andare dal dentista” Carlo B.

#3 Dentista per Bambini | Studio Dentistico DePa&Partners

Stelle 5,0 (35 recensioni) Via Brembo, 27, 20129 Milano MI 02 551 0597

Studio dentistico serio e professionale; sanno approcciarsi nel modo giusto nei confronti dei più piccoli. Attenti ad offrire sempre soluzioni personalizzate con strumenti all’avanguardia. Ottimo rapporto personale pronto a venire incontro alle esigenze delle famiglie. Consigliatissimo!” Giuseppe V.

#2 Studio Dentistico Di Donato

Stelle: 5,0 (39 recensioni) · Dentista Via Carlo Farini, 55, 20159 Milano MI 02 683616

Ho scelto questo studio dentistico guardando le recensioni e devo dire che mi sono trovata bene fin da subito. Locali accoglienti e puliti, personale cordiale, disponibile e molto competente. Ho fatto da loro sia pulizie che interventi, mi hanno seguita molto nel pre e post operazione ed è andato sempre tutto per il meglio. Super consigliato” Agnese N.

#1 DENS | Studio Dentistico Milano 5 Giornate

Stelle: 5,0 (87 recensioni) Via Fontana, 25, 20122 Milano MI 02 4070 3670

“Studio dentistico molto curato ed accogliente. Esperienza estremamente positiva grazie alla grande professionalità e disponibilità del dott. De Blasi e di tutto lo staff. Ho già fissato la prossima visita e coinvolto il resto della mia famiglia. Consigliatissimo!” Stefano G.

Continua la Lettura con: I 10 MIGLIORI POSTI per LAVORARE da REMOTO a Milano secondo Domus

SARA FERRI

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10 POSTI di Milano dove NON SEMBRA di essere a Milano

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Credits francesco ungaro-unsplash - Diamantone Porta Nuova

Se si venisse catapultati in questi luoghi senza sapere di essere a Milano si potrebbe credere sul serio di trovarsi altrove. Ecco i posti dove si può provare questa sensazione.

10 POSTI di Milano dove NON SEMBRA di essere a Milano

#1 Piazza Sant’Alessandro, un angolo di Roma a Milano

Credits: co.pinterest.com – Piazza Sant’Alessandro

Piazza Sant’Alessandro è un angolo di Roma in città, un gioiello incastrato tra Piazza Missori e Via Torino, a cui si arriva in un labirinto di vicoletti. Il nome della piazza è dovuto alla chiesa barocca omonima, tra le più belle di Milano. Poco lontano da qui un pezzo dell’Università Statale, culla della cultura umanistica.

Leggi anche: Le 7 PIAZZE più SORPRENDENTI di Milano

#2 Il villaggio operaio di via Lincoln, la Notting Hill o la Burano milanese

Credits: @solynou IG

Il villaggio operaio di via Abramo Lincoln, un quartiere di case progettate e pensate nell’Ottocento da una cooperativa edilizia per gli operai e ferrovieri della fu stazione di Porta Tosa. La caratteristica di questo quartiere sono le variopinte villette colorate, da cui il soprannome di quartiere arcobaleno, che richiamano le atmosfere inglesi di Notting Hill o quelle di Burano, l’isola veneziana.  

Leggi anche: Sette cose che non sai sul QUARTIERE ARCOBALENO di Milano

#3 Citylife e Porta Nuova, dove Milano sembra New York

City Life e Porta Nuova

Passeggiando tra il verde del nuovo parco dove un tempo sorgeva la vecchia fiera milanese o nei vialetti della Biblioteca degli Alberti si ha l’impressione di essere a New York. I grattacieli che arrivano a superare anche i 200 metri d’altezza a Citylife e a Porta Nuova sovrastando tutto il resto danno l’idea di trovarsi in un piccolo Central Park.

#4 Parco delle Cave, la campagna in città

Parco delle Cave
Credits: instagram @moni.bigh

Nel Parco delle Cave, tra i più grandi di Milano, sembra di essere in aperta campagna. Al suo interno sono presenti 3 “grandi laghi”, alcuni dove si può praticare la pesca sportiva, e sono custodite due antiche cascine, Cascina Linterno e Cascina Caldera. Una vera oasi naturale in città ricca di vegetazione autoctona e di fauna quali anfibi, rettili, uccelli, conigli ed addirittura volpi.

Leggi anche: Dove MILANO è ancora CAMPAGNA

#5 Baggio, un piccolo borgo fuori dal tempo

Credits Andrea Cherchi – Chiesa di Baggio

Nella periferia ovest della città si trova forse il borgo, oggi quartiere, meglio conservato di Milano: Baggio. Entrandovi sembra di venire catapultati in un’altra epoca. Di grande rilevanza è la millenaria Cascina Linterno, costruita intorno al 1154, che deve gran parte della sua fama a Petrarca. Baggio è famoso per il detto milanese ‘Va a Bagg a sunà l’orghen’ che si riferisce alla presenza dell’”organo più celebre di Milano”, dipinto nella chiesa vecchia di Sant’Apollinare, dato che la chiesa non aveva potuto permettersene uno vero per mancanza di fondi. 

#6 A Brera sembra di essere a Parigi

brera
La statua di Napoleone Bonaparte al centro del cortile d’onore del Palazzo di Brera

A Brera il traffico lungo il perimetro di questo quartiere scompare e lasciando spazio a luoghi romantici di sera e pieni di fascino durante il giorno. Qui si respira un’atmosfera parigina, con case antiche ed eleganti, locali e negozi che si possono trovare solo tra le vie acciottolate di questo splendido quartiere. 

#7 Villa Invernizzi e i suoi fenicotteri rosa del Sudamerica

foto di andrea cherchi (c)
Fenicotteri a Villa Invernizzi – foto di andrea cherchi (c)

In Porta Venezia, attraverso i cancelli di villa Invernizzi, si può vedere una famiglia di dodici esemplari di fenicotteri rosa. Importati qui dal Sudamerica negli anni ’70 da Romeo Invernizzi proprietario dell’omonima fabbrica, vivono all’interno della villa accuditi da 70 ricercatori regalando ai passanti “un’atmosfera tropicale.”

Leggi anche: 7 cose che forse non sapete dei FENICOTTERI di Villa Invernizzi, una delle meraviglie più sorprendenti di Milano

#8 Sui Navigli come a Copenaghen

Credits: milanopocket.it – Naviglio Grande

Il fascino dei Navigli milanesi è conosciuto in tutto il mondo. A ben vedere però, camminando nelle vie che fiancheggiano i canali e osservando le case colorate che vi affacciano sembra di essere stati catapultati altrove, a Copenaghen o ad Amsterdam

#9 La “casa olandese” di via Poerio

porta venezia
Casa 770

La casa “olandese”, al numero 35 di via Carlo Poerio, soprannominata così per le linee architettoniche che richiamano le abitazioni dei Paesi Bassi. Non è questa però l’unica particolarità di quest’abitazione. Si tratta infatti di una dei dodici esemplari presenti in tutto il mondo che riproducono la “casa 770” edificio dell’Eastern Parkway di Brooklyn in America. Quella milanese è l’unica in Europa, punto di riferimento per la comunità ebraica.

#10 Le ville Tudor, la Baviera a Milano

Credits: @pari.silvia IG – Ville Tudor

Nel quartiere di via Giambologna, nel sud della città, si trovano due ville con le facciate a grate di legno e i tetti spioventi con uno stile che ricorda il medioevo del nord Europa, quello delle favole di Hansel e Gretel. Sono state edificate intorno al 1920, a quanto pare da un coppia tedesca che ha deciso di ricreare le abitazioni tipiche della Baviera a Milano.

Leggi anche: Il MISTERO sulle VILLE TUDOR in zona Navigli: sono INGLESI o TEDESCHE? 

Continua la lettura con: I LUOGHI della nostra INFANZIA a Milano (che non esistono più)

FABIO MARCOMIN

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Il paesino con la DOPPIA NAZIONALITÀ

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Due nazioni, o meglio: 4 regioni di due nazioni diverse, condividono un unico territorio e un’unica popolazione. Vediamo dove si trova e fino a che punto può spingersi la “ragion di stato”.

Il paesino con la DOPPIA NAZIONALITÀ

# Exclave o enclave?

Credits: @andreaskraneis IG

Un lembo di terra svizzera, di 680 metri, si insinua in territorio svizzero, generando a Büsingen am Hochrhein le condizioni uniche, che fanno di questo paesino di 1.500 abitanti, un’enclave tedesca in Svizzera… o un’exclave elvetica in Germania.

Büsingen si trova sulle rive del fiume Reno. Burocraticamente appartiene al Lander Baden-Württemberg, quindi Germania. I confini di ben tre cantoni svizzeri si allungano fino al Reno, proprio in quel punto, quindi Büsingen confina anche con i cantoni Zurico, Turgovia e Sciaffusa.

Gli “interessi di stato” che si manifestano in questi poco più di 7 Km², rendono Büsingen una cittadina di confine molto particolare. In effetti il caso andrebbe studiato, nel tentativo di cancellare i torti e gli orrori che la storia ha commesso, e dare finalmente ascolto al desiderio della popolazione.

Leggi anche: 7 CITTÀ che potrebbero fare da EXCLAVE alla città metropolitana di Milano 

# Matrimonio tedesco, funerale svizzero

Credits: @mrcraftsandbeer IG

La quotidianità a Büsingen è una faccenda complicata. I suoi cittadini sono vincolati alle leggi della Germania ma, per una serie di vicissitudini storiche,  il territorio si trova sottoposto al diritto economico svizzero.
Il diritto svizzero si applica all’agricoltura, ai reati di droga, per la celebrazione dei funerali e in materia di ristorazione.
La giurispridenza tedesca, di contro, si applica ai matrimoni, alla costruzione edile, ai reati di furto e riciclaggio.

Per la burocrazia la valuta ufficiale è l’Euro, ma in realtà a Büsingen circolano i Franchi svizzeri. Il doppio standard crea problemi alla qualità della vita dei cittadini: il costo della vita è paragonabile a quello svizzero, mentre gli stipendi, le fluttuazioni valutarie e le imposizioni fiscali, sono del tutto paragonabili a quelli della zona Euro.  Il dubbio inizia a farsi davvero amletico, non trovate?

Leggi anche: Le TRADIZIONI più STRANE del mondo

# Il doppio codice postale e la targa automobilistica speciale

Credits: @edumolinanfossi IG

Eppure a prima vista nulla sembra distinguere questo villaggio dal resto degli insediamenti circostanti. Sembra di stare in uno qualunque dei paesini svizzeri del canton Zurigo, o Sciaffusa. Entrando in paese però, alcuni dettagli mettono subito in guardia che non ci troviamo in un posto come gli altri.
D-78266 e CH-8238 campeggiano in cima all’ufficio postale, che porta le insegne della Deutsche Post, ci dicono che a Büsingen ci sono due codici di avviamento postale, uno per nazione. Meno male che i tre Cantoni svizzeri si sono accontentati di essere rappresentati dal solo 8238, altrimenti chissà che mal di testa per il postino.

Una linea tratteggiata su un terrazzo, delinea il confine tra le due nazioni e, soprattutto, vistose insegne gialle all’interno del territorio comunale, avvisano veicoli e pedoni che si sta per sconfinare, da o verso l’Unione Europea.
A proposito di auto: i cittadini di Büsingen hanno una targa tutta speciale, “BÜS-A”, che avvisa gli agenti di confine che un cittadino tedesco si sta recando in Germania a far la spesa.

Leggi anche: Un CONTADINO sposta il CONFINE con la FRANCIA, ora il BELGIO è più GRANDE

# Rapimento e riscatto

Credits: @benjamin.koenig136 IG

La situazione che vige a Büsingen am Hochrhein, è figlia della complicata storia dell’Europa di epoca prussiana e austrica, complicata da un rapimento e riscatto.
Nel 1695 Eberhard Im Thurn, feudatario di Sciaffusa, fu rapito durante un conflitto con l’Austria Anteriore. Con la sua cattura e la perdita di libertà, perse anche i diritti di regnare sul “proprio” territorio.
Il riscatto chiesto per liberare Eberhard, fu ingente, ma a colpi di decine di migliaia di fiorini, la Sciaffusa riacquistò in seguito i diritti sui territori. Tranne Büsingen, che l’Austria tenne per sé a imperitura memoria “per il fastidio recato“.

Le vicissitudini storiche delle guerre in Europa, che hanno decretato la scomparsa della Prussia e il ridimensionamento dell’Impero Austriaco, hanno lasciato intatto il confine tracciato “per fastidio”, che si trascina come tale fino ad oggi.

Leggi anche: Se Milano diventa una città regione, il capoluogo della Lombardia sarà BERGAMO

# Ma cosa vogliono i cittadini di Büsingen?

Credits: bazgadmin.ch – Murale sul Municipio di Büsingen

Nel 1918 i cittadini hanno dichiarato, con un referendum, la volontà di aderire alla Svizzera.
Numerosi colloqui diplomatici internazionali, hanno fallito questo obiettivo e si sono interrotti nel 1956. L’unico topolino che è riuscito a partorire questa montagna diplomatica, è un accordo entrato in vigore nel 1967, una specie di sgorbietto che trasforma Büsingen in un’enclave tedesca della Sciaffusa e, contemporaneamente, in un’exclave cantonale del Baden-Württemberg.

Riuscite ad immaginare cosa può essere stata la vita da queste parti, durante la pandemia, quando i confini tra gli stati erano chiusi ed ogni nazione ha adottato le proprie regole nel tentativo di contrastare un virus respiratorio?
Immaginate l’odissea di cittadini tedeschi, che non possono recarsi dalla Germania alla Germania per fare la spesa, perché dal 1695 nessuno ha mai messo a posto quel confine con un vero trattato di buon senso internazionale?
Nel 2020 Büsingen am Hochrhein si è trovata in una situazione che rasenta il ridicolo. Solo l’intervento del Sindaco, insieme alle proteste dei cittadini, hanno potuto mettere fine al paradosso. Ma con regole ancora più ridicole, come quella che ha imposto ai cittadini di Büsingen di attraversare le proprie strade “a turno”.

Nel 2022 è arrivato il momento di analizzare con onestà queste situazioni estreme, quelle che stanno seriamente portando alla luce tutti i paradossi della burocrazia, per dare finalmente ascolto ai cittadini ed accontentare la loro volontà

Continua la lettura con: Le più importanti promesse ancora da realizzare a Milano: prima l’AUTONOMIA DELLA LOMBARDIA

LAURA LIONTI

Copyright milanocittastato.it

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Le PIRAMIDI di AMSTERDAM: d’ispirazione per Milano oppure oscenità urbana?

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Credits: @Architecture Hub (FB) De Piramides

Piramidi, grandi costruzioni egizie testimoni dell’architettura antica. Forme e figure così simboliche da essere diventate un must anche nelle costruzioni moderne. È diventata famosa la piramide di vetro del Louvre, l’hotel a piramide a Dubai o quello della sventura in Corea del Nord. Non tutti conoscono però, forse, le piramidi di Amsterdam. Architetture monumentali che si stagliano in un quartiere della città. Impossibile dire che non si notino, ma allo stesso tempo potrebbero essere di discutibile gusto, come potrebbero essere definite? Una fonte d’ispirazione per archistar o oscenità urbana?

Le PIRAMIDI di AMSTERDAM: d’ispirazione per Milano oppure oscenità urbana?

# Un complesso residenziale monumentale

Credits: @very_well.nl
De Piramides

Progettate da Sjoerd Soeters, il complesso De Piramides si trova nel West District della capitale olandese, direttamente opposto all’ex Mercato Centrale oggi Food Center Amsterdam. Completato nel 2007 e iniziato 4 anni prima, De Piramides è un complesso di due piramidi uguali, ciascuna di 55 metri, che contiene 82 appartamenti, le piramidi sono infatti edifici residenziali.

Credits: @esdevee
De Piramides

Entrambe sono strutture di 11 piani, con un dodicesimo piano che consiste in una torre divisa in due, oltre ad ospitare appartamenti, al piano terra si trovano un asilo nido e una galleria. Ai lati degli edifici, poi, ogni appartamento dispone di una terrazza, più si sale verso l’ultimo piano più le terrazze regalano viste panoramiche, e dietro le piramidi c’è uno spazio comune e posti auto.

# Un omaggio alla tradizione olandese

Credits: @pohod_na_vetrenjace
De Piramides

Ora la domanda rimane la stessa, questi edifici sono esempi di architettura contemporanea ben riuscita oppure oscenità? Con la premessa che l’arte e l’architettura possono essere molto soggettive, le Piramidi di Amsterdam vogliono essere un omaggio all’antichità ma anche alle particolarità architettoniche della città. De Piramides sull’isola di Marcanti ad Amsterdam non si riferiscono infatti solo alle meraviglie egiziane del mondo, ma anche ai frontoni a gradini della capitale olandese e al triangolare dell’isola di Marcanti.

Credits: @govisagod512
De Piramides

Il complesso De Piramides non si può dire non sia impattante: tra un insieme di case pressoché simili svettano queste due piramidi monumentali. Se questo era parte dell’intento dell’architettura allora missione compiuta. Ad ogni modo valutare un’architettura senza sapere il perché è stata costruita e perché in quel modo non è facile, quindi il giudizio spetta all’osservatore in base a quello che le Piramidi gli comunicano quando le vede. Quindi De Piramides possono essere d’ispirazione anche per Milano o rappresentano una oscenità urbana da escludere alle nostre latitudini? Alla soggettività e sensibilità di ognuno l’ardua sentenza. 

Continua la lettura con: Le CASE CUBICHE: baracconata o d’ispirazione anche per Milano?

BEATRICE BARAZZETTI

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Quando se l’ITALIA giocava a SAN SIRO non si vedeva in TV a Milano

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Brucia ancora l’eliminazione dai mondiali dell’Italia a opera della Macedonia del Nord. Quando il presente non soddisfa si rievoca il passato, torniamo dunque a quei tempi in cui per vedere l’Italia si doveva per forza andare allo stadio quando giocava a Milano. 

Quando se l’ITALIA giocava a SAN SIRO non si vedeva in TV a Milano

# Gli albori del calcio in TV: Juventus – Milano 1-7

E’ doveroso ricordare la prima partita trasmessa da una televisione in Italia: era il 5 febbraio 1950 e Juventus-Milan finì con un sonoro 1-7. Trasmessa sul primo canale della RAI, allora non ancora RAI1, fu commentata da Carlo Bacarelli. Si trattò di un vero esperimento, infatti venne filmata in presa diretta grazie alle telecamere dei Vigili del Fuoco e trasmessa in differita solo nella zona di Torino per i pochi fortunati possessori di un apparecchio televisivo.

# La prima partita trasmessa della nazionale: Italia – Egitto

L’11 Ottobre 1953 vide la nascita una trasmissione storica, “La domenica sportiva”. Il calcio stava muovendo i primi passi attraverso un media nuovo e diverso dalla radio cui ci si affidava maggiormente all’epoca. Il 3 Gennaio 1954, per le qualificazioni al Mondiale di Svizzera ’54, l’Italia affrontò l’Egitto. In quell’occasione la partita venne trasmessa in differita in 3 spezzoni, addirittura con 3 cronisti diversi.

# Il primo anticipo televisivo: Monza – Verona

Dopo questi primi esperimenti, sia RAI che Lega Calcio iniziarono a rendersi conto che l’interesse attorno al calcio stava crescendo, testimoniato dagli assembramenti nei bar dei paesi, fra i pochi possessori di un televisore all’epoca. Fu così che per la stagione 1955-1956 Rai e Lega siglarono un accordo che prevedeva la trasmissione di una partita a rotazione fra Serie A, B e C al sabato. Si trattava dei primi anticipi della storia del calcio italiano, la cui prova generale fu un Simmenthal Monza-Verona di Serie B.

Dal 1960 venne trasmessa in televisione la telecronaca differita di un tempo di una partita di Serie A la domenica alle ore 19:00, senza il pagamento di diritti televisivi o senza che questo generasse transizioni finanziarie di tipo commerciale. Con l’istituzione di Novantesimo Minuto nel 1970, la RAI permise la diffusione delle immagini delle partite a tutta la popolazione italiana, aumentando sempre più l’interesse per uno sport che diventerà seguitissimo.

Leggi anche: Quando c’era MTV ITALIA (quella vera)

# Per i bilanci contava molto di più il botteghino

San Siro negli anni 60 – Fotografia di Sergio Borsotti

Per alcuni decenni, gli introiti da botteghino furono preponderanti nei bilanci delle società e la Lega faticava ad accettare di vederli a rischio per far trasmettere le partite in diretta. Anche lo storico programma radiofonico “Tutto il calcio minuti per minuto” mandava in onda inizialmente solo i secondi tempi.

La RAI stessa, prima degli anni ’80, non aveva intuito le potenzialità economiche dello sfruttamento commerciale della televisione, tanto che fino al 1977 concentrò le attività commerciali nel famosissimo Carosello.

# Nazionale e partite di coppa non trasmesse nella città ospitante

Quindi, per un accordo con la lega calcio, la RAI, nel caso di dirette televisive di partite del campionato italiano, mandava in onda le partite sul territorio nazionale con l’esclusione della provincia della squadra di casa, proprio per non ridurre l’affluenza allo stadio. Stessa sorte toccò anche alle partite interne delle squadre italiane nelle coppe europee. Questa consuetudine è durata fino ai primi anni ’90.

In questa logica rientrò anche la Nazionale Italiana le cui partite, se giocate in grandi città come Milano e Roma, non venivano trasmesse sul territorio limitrofo, mentre erano trasmesse senza limitazioni nei casi in cui si giocasse in città con stadi di capienza minore e quindi più facilmente riempibili dagli spettatori.

L’ultima volta accadde con le partite di qualificazione dell’Italia agli europei del 1984. In seguito, si concordò che l’Italia sarebbe stata trasmessa in diretta anche nella città dove si giocava.

Leggi anche: La prima SQUADRA DI CALCIO di Milano era BIANCONERA

# Gli anni ’80 e i diritti TV

L’indebitamento complessivo delle società professionistiche crebbe nel corso degli anni Settanta, passando da 18 a 86 miliardi di lire tra il 1972 e il 1980, costringendo la Lega a trovare nuovi fonti di introiti e iniziando l’era dei diritti TV, sulla falsa riga di quanto già succedeva nel Regno Unito e negli Stati Uniti per altri sport.

Continua la lettura con: MILAN e INTER scappano da Milano? Le ‘3 S’ alternative a SAN SIRO

ALESSANDRO VIDALI

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IL CINETURISMO: un trend da Oscar

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credits: insidemarketing.it

Dopo due anni di pandemia, la ripresa della stagione turistica non potrà mai essere la stessa. Tra i tanti cambiamenti intervenuti in un biennio passato prevalentemente nell’isolamento delle mura domestiche, c’è da annotare sicuramente l’accresciuta importanza dell’intrattenimento televisivo on demand, in particolare quello delle serie TV. E per ritrovare e rivivere i luoghi di un film o uno sceneggiato che abbiamo particolarmente amato, non c’è niente di meglio che andare a visitarli direttamente sul posto.

Personalmente subisco particolarmente questo fascino, e nel libro Bandiere per Tutti si narra di quando visitai un centro commerciale a Jakarta, Indonesia, per pranzare nel ristorante della fenomenale pellicola horror The Raid 2. Considerando che siamo prossimi all’assegnazione dei premi Oscar, andiamo allora a scegliere 7 pellicole tra quelle candidate alle statuette, per analizzare e dettagliare il fenomeno del cineturismo, dal trend assolutamente crescente.

IL CINETURISMO: un trend da Oscar

#1 King Richard

King Richard, credits: movieposter_en

Se siete fan delle sorelle Williams, eterni astri del tennis statunitense, oppure se amate Will Smith, il grandissimo attore di Men in Black, potrete trovare in questa pellicola (non eccezionale, a dire il vero) la vostra ispirazione del momento. Largamente ispirato al fenomeno del biopic, il film narra il ruolo fondamentale di Richard Williams nel portare al successo planetario le figlie, attraverso gli inizi difficili di ogni storia hollywoodiana.

La maggior parte delle riprese si svolge a Compton, città della Los Angeles metropolitana, nelle classiche stradine di villette basse, mentre i vari terreni sportivi che si vedono nel film sono quelli di Irvine (un campetto di basket di periferia per bulli), Burbank (il primo torneo di tennis vinto) e Claremont (i primi allenamenti professionistici). Tutte località della contea di Los Angeles o nel caso di Irvine, appena fuori dai limiti della città metropolitana, che si potranno aggiungere a tutte le attrazioni che la città degli angeli può offrire, tra cui lo straordinario LACMA (Los Angeles County Museum of Art).

#2 Il potere del cane (The power of the dog)

il potere del cane , credits: mymovies.it

Pellicola da consigliare certamente a tutti gli appassionati di western, questo dramma a tinte fosche (pure troppo, forse) ha ben quattro attori candidati per i rispettivi ruoli di protagonisti o non protagonisti (tra cui Kirsten Dunst). Tratta fedelmente da un romanzo dello scrittore statunitense Savage, narra tra le righe la difficoltà di vivere l’omosessualità nel 1925 (e anche nel 1967, anno di uscita del libro).

Nonostante la trama sia (anche nella pellicola) formalmente ambientata in Montana, USA, i luoghi delle riprese vengono dalla terra della regista, la rediviva Jane Campion di Lezioni di Piano. È quindi la Nuova Zelanda il posto da raggiungere per ritrovare la narrativa del film, nelle valli interne dell’Otago (teatro di più riprese sull’incedibile statale che attraversa formazioni rocciose), dove il ranch della famiglia fu ricostruito direttamente come quinta in una zona senza segni di presenza umana. Altre location del film sono la cittadina dal nucleo conservato di Oamaru e la splendida stazione ferroviaria di Dunedin, che si possono facilmente abbinare nel giro turistico dell’isola del sud neozelandese alla favolosa località lacustre e montana di Queenstown.

#3 È stata la mano di Dio

è stata la mano di Dio, credits: comingsoon.it

Tra le pellicole selezionate per l’Oscar di miglior film internazionale che premia le pellicole girate in una lingua diversa dall’inglese, in questa edizione del 2022 campeggia anche il nuovo film di Sorrentino, uscito in esclusiva per Netflix. La storia è totalmente autobiografica, rendendo la pellicola poco interessante dal punto di vista narrativo, mentre molto bella è la resa scenica dei posti narrati tra Napoli e dintorni nei mitici anni dell’arrivo di Maradona e del primo storico scudetto nel campionato di calcio per la squadra della città partenopea.

Conosciamo le meraviglie dell’Italia e la fotografia eccezionale della pellicola selezionate per noi. Già in partenza si apre una sorta di Grand Tour delle attrazioni principali: dalla Piazza Plebiscito alla Galleria Umberto I della vecchia capitale del Regno delle Due Sicilie fino alla balconata delle ferie estive del regista ragazzo sulla Costiera dalla località poco nota ma meritevole di Vico Equense. Altre scene che definiremmo quasi quinte teatrali portano alla ribalta le rovine romantiche di Cuma ai Campi Flegrei e la notissima piazzetta centrale dell’isola di Capri, quasi irriconoscibile in regime di assenza di turisti. Se siete venuti fino a qua sulle tracce del regista, non dimenticate di visitare il Vomero, quartiere collinare di Napoli dove Sorrentino ha realmente vissuto prima di prendere il treno per Cinecittà.

#4 Drive My Car

Drive my car, credits: multiastra.it

In questo caso parliamo di un film che risulta candidato sia come miglior film internazionale che come miglior film di lingua inglese, dovuto al fatto che parte dei dialoghi sono in questa lingua nelle prove di un gruppo di attori teatrali giapponesi, coreani, cinesi e filippini. La storia è tratta nientemeno che da un racconto del grande Murakami, e narra (tra le altre trame accessorie del film) del rapporto profondo che si instaura tra una giovane autista e un uomo di mezza età segnato dagli eventi della vita, in una pellicola interessante che dura un po’ troppo per l’attenzione di un pubblico medio.

Già dal titolo si intuisce quanto ci sia di road movie in questa storia molto particolare, all’ombra dell’iconica vecchia Saab 900 rossa. C’è quel Giappone che non ci aspettiamo, ma a cui potremmo facilmente rendere omaggio innamorandoci di questa storia, dalla periferia di vita quotidiana di Tokyo alle strade innevate dell’isola settentrionale di Hokkaido, raggiungibile via traghetto (a sua volta presente in una scena pivotale del film). Ma il cuore delle vicende è la città di Hiroshima, raffigurata dai suoi bar di hotel, dal suo centro culturale, dai suoi parcheggi sotterranei, dal suo inceneritore con vista panoramica e soprattutto dallo splendido Akinadao Bridge che conduce a un’isoletta dei dintorni dalle strade costiere sinuose. Combinate la visita con quella di Nagasaki a perenne memoria di quello che non vogliamo vedere mai più, fermandovi anche a mangiare i famosi ramen di Fukuoka.

#5 Licorice Pizza

Licorice Piazza, credits: comingsoon.it

Torniamo su schermi prettamente di casa per gli Academy Awards, dato che l’ultimo film di Paul Thomas Anderson (il regista di Magnolia, da non confondersi con il Wes Anderson di Grand Budapest Hotel) è stato girato interamente nelle località della San Fernando Valley, un’iconica valle urbanizzata nella contea di Los Angeles definita dalle montagne delle Transverse Ranges che la circondano, dove il regista è nato. Licorice Pizza è la storia del cammino difficile di un amore giovanile ambientato nei favolosi Settanta, ostacolato da differenze anagrafiche che non contano mai veramente nulla. Il fascino della pellicola (riuscita) e delle sue locations darà sicuramente luogo a fenomeni di cineturismo specifico.

Il film ruota attorno ad ambientazioni ricorrenti, tra cui la scuola media di Tarzana con il suo porticato coperto teatro delle vicende della high school del film, il teatro di North Hollywood dove i protagonisti si abbracciano sullo sfondo oppure l’ufficio postale di Encino della campagna elettorale e il ristorante (italiano, in realtà) degli incontri con personaggi oltre le righe interpretati nientemeno che da Sean Penn, Tom Waits e Bradley Cooper. E se il cuore delle riprese è in quell’isolato di Chatsworth dove fianco a fianco convivono i flipper e i materassi ad acqua, la discesa del camion rimasto senza benzina attraverso splendide strade collinari potrebbe sembrare proprio quella di Mulholland Drive, pochi chilometri più a sud, film epocale di Lynch che tra i primi inaugurò il filone del cineturismo.

#6 Belfast

Belfast, credits comingsoon.it

La seconda giovinezza di Kenneth Branagh, autore teatrale e cinematografico formatosi agli esordi con versioni cinematografiche dei capolavori di Shakespeare, passa anche dalle nomination per miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale per il suo Belfast, storia in parte autobiografica dalla sicura presa sul pubblico. Girato quasi interamente in un bianco e nero pregnante, il film ci porta a vivere la fase storica nota come The Troubles, ossia i disordini tra protestanti e cattolici che hanno avuto luogo tra la fine dei Sessanta e la fine dei Novanta del secolo scorso in Irlanda del Nord, quelli che sarebbe opportuno studiare a scuola, magari al posto degli uomini primitivi.

La quasi totalità della pellicola, escluso un volo d’uccello iniziale (a colori) sugli impianti portuali di Belfast, da dove partì la sfortunata avventura del Titanic, è stata girata in un set ricostruito all’estrema periferia di Londra, molto verosimile. Sono stati utilizzati anche i locali della vicina scuola abbandonata di Farnborough, Grove Park nella finzione, teatro dell’amore impossibile tra un bambino di famiglia protestante e una bambina di famiglia cattolica. Se andate a Belfast, però, vedrete interi quartieri dove tuttora si respira l’atmosfera di divisione tra le due comunità religiose, da Shankill Road a Sandy Row, con le tipiche case basse, i murales dell’orgoglio dell’odio e le barricate del film nel frattempo divenute muri divisori.

#7 La persona peggiore del mondo (The worst person in the world)

la persona peggiore del mondo, credits: mymovies.it

Chiudiamo questa nostra rassegna con la pellicola che più ci ha impressionati, anche dal punto di vista del suo potenziale cineturistico. Tra i film candidati nella categoria internazionale compare anche questo capitolo finale della Trilogia di Oslo del regista danese residente in Norvegia Joachim Trier (anche qui, nessun rapporto con il più noto Lars Von Trier di Melancholia), che narra in maniera esemplare il fallimento di una generazione rimasta preda di domande a cui non ha voluto mai dare risposta.

La capitale norvegese, che fino ai Duemila era una città che non poteva reggere il confronto con le altre capitali scandinave, oggi riluce di bellezza propria. Innamorandovi di questo film, cosa assolutamente probabile, potreste decidere di prendere il primo volo di una compagnia low cost per inseguire le varie splendide locations dove si muovono Julie, Aksel ed Eivind. Il sito ufficiale del turismo della città non ha perso tempo e (anche se mancano alcune location tra cui la carrellata di finestre abbandonate e gli svincoli autotradali) ha messo a disposizione di tutti un articolo per rivivere i luoghi di questa pellicola acclamata.

Un primo segnale di quello che il cineturismo è destinato a divenire, nel corso dei prossimi anni, quando le località faranno a gara per ospitare le riprese di quel tal film o serie TV. Noi, nel frattempo, cominciamo a partire!

Continua la Lettura con: La classifica dei 7 LUOGHI TURISTICI più SOTTOVALUTATI di Milano (mappa)

LORENZO ZUCCHI

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