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🛑 TRASPORTO PUBBLICO: NAPOLI spende il DOPPIO di MILANO

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Credits buscotral IG - Azienda trasporti Lazio

La classifica è stata elaborata per l’Adnkronos dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana, nell’ambito del progetto ‘Pitagora’ che prende in esame i costi sostenuti nel 2020 da Regioni e capoluoghi di Provincia. Ecco le regioni più inefficienti e quelle più virtuose.

TRASPORTO PUBBLICO: NAPOLI spende il DOPPIO di MILANO

# Marche, Emilia, Toscana le regioni che spendono di più in assoluto. Lazio e Campania le prime in rapporto alla popolazione

Credits Comune di Tavullia – Regione Marche

Marche, Emilia, Toscana in termini assoluti, ma anche Lazio e Campania, in rapporto alla popolazione: sono queste le regioni più spendaccione riguardo ai costi sostenuti per erogare i servizi di trasporto pubblico. La classifica è stata elaborata per l’Adnkronos dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana, nell’ambito del progetto ‘Pitagora’ che prende in esame i costi sostenuti nel 2020 da Regioni e capoluoghi di Provincia. 

# Le regioni centrali quelle meno efficienti, il Veneto la più virtuosa

Il rating evidenzia come le regioni centrali siano quelle meno efficienti in termini di spesa totale, al contrario del Veneto considerata dalla fondazione la regione più virtuosa, e che quindi riceve un punteggio di AAA. Alle Marche al contrario è attribuito il rating complessivo peggiore (C), frutto della spesa sostenuta per i contratti di servizio del trasporto pubblico sommata quella per il noleggio di mezzi di trasporto. 

# Il Lazio spende, la Lombardia risparmia

Credits matteobasile-pexels – Trasporti Roma

E fin qui il dato assoluto che non lascia ben percepire l’entità della spesa in relazione ai servizi erogati. Per abbozzare una valutazione più concreta e “visualizzabile” da tutti proviamo a dividere i costi totali delle regioni rispetto al numero di cittadini, approssimabile alla platea di fruitori a cui i servizi di trasporto si rivolgono. Ed ecco che la classifica mostra (strano!) una Lombardia che tira la cinghia e fa fruttare ogni talento (leggi euro), mentre nella regione della capitale i soldi pubblici investiti per garantire la mobilità urbana fuoriescono dai forzieri con una certa abbondanza rispetto agli standard della locomotiva d’Italia. 

La nostra regione infatti ha speso nel 2020 circa 622 milioni di euro per garantire i servizi di trasporto, contro il 606 milioni erogati dalla giunta Zingaretti e i 735 milioni “elargiti” dallo sceriffo De Luca

# Trasportare un cittadino costa 62 euro in Lombardia, 106 euro nel Lazio e 130 euro in Campania 

Credits Andrea Cherchi – Pirellone

Se l’ammontare della spesa è simile, una grossa differenza sta invece nella popolazione di residenza dei tre territori: secondo i dati Istat al gennaio 2021 sono quasi 10 milioni i lombardi, contro i 5 milioni e mezzo di campani e di laziali. Rapportando tutto alla popolazione risulta quindi che il Pirellone spende 62 euro per trasportare ogni cittadino della sua regione, mentre il Lazio spende quasi il doppio, ovvero 106 euro per abitante. Infine la Campania, che per la mobilità di ogni suo cittadino di euro ne impiega 130, che significa più del doppio di quelli erogati da Milano per i lombardi. 

Come disse Luciano de Crescenzo “La doccia è milanese perché ci si lava meglio, consuma meno acqua e fa perdere meno tempo: quindi è produttiva. La vasca è invece un appuntamento con i pensieri, è napoletana.” Peccato poi che per pagare la bolletta dell’acqua i profondi pensieri partenopei forse potrebbero non bastare.

Continua la lettura con: Altro passo verso la “fusione horror”: perché Milano vuole accollarsi il TRASPORTO PUBBLICO di Roma e Napoli?

LEONARDO MENEGHINO

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🛑 IMPRESE ITALIANE alla canna del gas: MEZZO MILIONE a RISCHIO FALLIMENTO (il 43% del totale!)

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Credits Skitterphoto - pixabay - Impresa fallita

Con la decadenza della rottamazione-ter l’Agenzia delle Entrate ha fatti ripartire la macchina della riscossione per recuperare 2,4 miliardi di debiti dormienti. A rischio default ci sono 500 mila aziende come documenta il quotidiano finanziario ItaliaOggi. 

IMPRESE ITALIANE alla canna del gas: MEZZO MILIONE a RISCHIO FALLIMENTO (il 43% del totale!)

# Il 43% delle aziende rischia di fallire in seguito alla decadenza dalla rottamazione-ter

Credits: ilconsulente_del_lavoro – Agenzia Entrate
IG

Nei giorni scorsi è ripartita la macchina dell’Agente della riscossione per recuperare 2,4 miliardi di debiti dormienti in seguito alla decadenza dalla rottamazione-ter. A rischiare di fallire sono il 43% dei contribuenti, almeno 500 mila imprese, impossibilitate a pagare le rate delle imposte pregresse e sospese a seguito della normativa emergenziale Covid-19 e che si stanno vedendo notificare via Pec a tempo di record le intimazioni di pagamento del residuo dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi.

Il tempo concesso per il saldo del debito è di soli 5 giorni, senza possibilità di dilazione o altre tolleranze, pena l’avvio delle procedure esecutive e cautelari come fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti. Il restante 57% di contribuenti non si trova in condizioni migliori visto che entro il 7 marzo è chiamato a saldare la rata dei piani di rottamazione ter non decaduti con una tolleranza di 5 giorni ammessa dall’Agenzia delle entrate.

Leggi anche: RIALZO RECORD dell’energia: RISCHIO BLOCCO per alcune FILIERE INDUSTRIALI italiane

# Le imprese costrette a ricorrere a sistemi extra-tributari per evitare il default

Credits Tama66 -pixabay – Industria

Lo scoglio principale è che il debito è tornato ai valori nominali, aumentati di sanzioni e interessi, dato che il carico tributario iscritto a ruolo è stato ripristinato e rideterminato e quindi i versamenti già effettuati e acquisiti come titolo di acconto non hanno valenza nella procedura in quanto la rottamazione ter estingue l’intero debito solo se pagato integralmente. 

Per evitare quindi di precipitare nel baratro le imprese sono obbligate a ricorrere extra-tributari per bloccare il pagamento del dovuto, stoppare i pignoramenti e le azioni esecutive o se possibile pagare a saldo e stralcio il debito residuoIl governo aveva provato nell’estate del 2021 a introdurre degli strumenti per scongiurare il default delle aziende, come la Cnc (Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa) che permette all’imprenditore, su base volontaria, di chiedere la nomina di un esperto indipendente che agevoli le trattative con i creditori.

Purtroppo le misure cautelari per proteggere il patrimonio aziendale tramite la Cnc possono richiedere fino a 50 giorni per essere operative, e quindi incompatibili con il margine di 5 giorni concessi dall’Agenzia delle Entrate per saldare i debiti, pertanto gli imprenditori sono costretti a optare per il concordato preventivo con riserva (Cpr). Tramite questa procedura possono chiedere la omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti anziché proseguire con il concordato preventivo pieno (ex art. 160 lf) e in entrambi casi sarà poi possibile proporre la transazione contributiva e dei debiti erariali (art. 182 ter lf), che consente lo stralcio sino a una somma non inferiore a quanto otterrebbero nell’alternativo fallimento il fisco e gli enti previdenziali.

Fonte: Italia Oggi

Continua la lettura con: Il PREZZO della CRISI: in LOMBARDIA 2 IMMOBILI su 3 al’asta valgono MENO di 100 mila euro

FABIO MARCOMIN

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Il “TALIAN”: in Brasile si parla il veneto

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Rio Grande do Sul (Brasile) Ph. Buenas Dicas buenasdicas (Pixabay)

In Brasile, nella regione di Rio Grande do Sul nell’estremità meridionale del paese, una minoranza di mezzo milione di persone parla il talian, lingua locale nata dal dialetto veneto.

Il “TALIAN”: in Brasile si parla il veneto

# Il Brasile

Rio Grande do Sul (Brasile) Ph. Pedro Dias (Pixabay)

Il Brasile è il quinto Paese più grande del mondo e conta più di 203 milioni di abitanti. È l’unica nazione di tutte le Americhe ad avere come lingua ufficiale il portoghese. La variante di portoghese parlata in Brasile si differenzia da quella europea, un po’ come succede per lo spagnolo in Centro e Sud America e, in qualche maniera, senza entrare nei dettagli, con l’inglese, a nord.

Come in tutto il mondo, ma vista l’estensione del territorio, in maniera un po’ amplificata, esistono innumerevoli lingue locali, parlate dai popoli indigeni prima dell’arrivo dei colonizzatori europei. Nel corso del tempo, per motivi di natura politica, si è passati da una cosa come più di 1000 lingue indigene a circa 300 rimaste in uso in Brasile dal popolo locale. Questo è dovuto al fatto che i governi, primo fra tutti quello nazionalista di Getulio Vargas, cercarono di “centralizzare” ed uniformare la lingua nella nazione. Con Vargas al Governo, negli anni ’40, non solo il portoghese veniva riconosciuto come lingua nazionale ufficiale, ma si arrivò a stabilire una sorta di “reato idiomatico” laddove si fosse continuato ad usare in ambito pubblico qualsiasi lingua locale.

Dagli Anni Ottanta, quando la nuova Costituzione ha permesso ai popoli indigeni di poter imparare la propria lingua locale a scuola, le cose sono migliorate. Oggi, infatti, ci si trova di fronte a una situazione simile di quella dell’Italia e i suoi dialetti.

# Veneti in Brasile

I flussi migratori di italiani che hanno interessato le Americhe hanno seguito delle dinamiche incrociate tra di loro. Se negli Stati Uniti la maggioranza degli immigrati proveniva dal Sud Italia, in America Latina la gran parte di essi proveniva dal Nord, in particolare si trattava soprattutto di genovesi, lombardi e veneti, friulani, trentini.

Rio Grande do Sul (Brasile) Ph. Buenas Dicas buenasdicas (Pixabay)

Tutti questi immigrati, al tempo, non parlavano italiano, bensì le loro lingue locali, anche tra di loro. Per effetto di questo fenomeno linguistico, in determinate comunità a maggioranza italiana dello stato del Rio Grande do Sul, nacque una sorta di koinè macroregionale che prese il nome di talian. Si tratta di un dialetto che si sovrappone alla lingua ufficiale, originante soprattutto da alcune varianti della parte settentrionale di Veneto e Trentino (dalla zona di Feltre, per esempio).

Credits: @emigrati.it – Emigrazione Italiana in Brasile

# Il talian

Il talian è sostanzialmente una lingua nata in Brasile da varie sfumature del dialetto veneto, soprattutto delle province di BellunoTreviso e di Trento. A seconda delle zone può avere anche degli influssi vicentini, padovani, e addirittura lombardi o friulani. La nascita e diffusione del talian, a base veneta, sono giustificate dal fatto che la maggior parte degli immigrati italiani in Brasile proveniva proprio dal Veneto. E’ in Brasile che poi, alcuni neologismi, hanno sostituito alcune parole oramai scomparse anche nella lingua parlata.

Credits: @riograndedosul(IG)

Nel 2009 il talian è stato dichiarato parte del patrimonio linguistico degli stati del Rio Grande do Sul e di Santa Catarina. Nel 2014, invece, è diventato patrimonio culturale dell’intero Brasile. E’ la lingua co-ufficiale del comune di Serafina Corrêa. Secondo le stime del governo brasiliano, il talian sarebbe ancora parlato da circa mezzo milione di persone in 133 città. A differenza dell’Italia, dove il veneto è un dialetto, in Brasile è una lingua riconosciuta e tutelata dallo Stato, nonostante sia presente da relativamente poco tempo nel territorio e sia stato perseguitato e represso dal governo poche decine di anni fa.

Continua la lettura con: I 7 incredibili SEGRETI del dialetto MILANESE

LUCIO BARDELLE

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Il CAMMINO di SAN COLOMBANO: il viaggio spirituale con al centro MILANO

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Quanti di noi hanno pensato almeno una volta di intraprendere un cammino spirituale e perchè proprio il Cammino di Santiago in Spagna? Sicuramente è una delle vie di peregrinazione più famose al mondo, ma se ne esistessero di simili anche in Italia? Forse non sapevi che anche il nostro Paese è ricco di itinerari per chi desidera fare un viaggio all’interno di sé stesso ed un percorso meno noto, ma ricco di storia, attraversa anche la nostra Milano. Sto parlando del Cammino di San Colombano: 330 km di meraviglie sulle orme di uno dei più importanti santi europei.

Il CAMMINO di SAN COLOMBANO: il viaggio spirituale con al centro MILANO

# Tra borghi e antiche abbazie la storia del Santo simbolo dell’Europa

san colombano
credits: sulle orme di San Colombano

Il Cammino di San Colombano prevede un magnifico itinerario che attraversa il Nord Italia, tra piccoli borghi medievali e antiche abbazie dall’importanza storica. Un percorso perfetto per chi desidera esplorare la propria spiritualità e scoprire la storia di una delle figure mistiche e culturali più importanti del Medioevo.

Patrono d’Europa, San Colombano, nasce nel 542 in Irlanda e fin da subito decise di consacrare la sua vita a Dio. A soli dodici anni salpò con dodici discepoli da Bangor, in Irlanda del Nord, e da quel momento ebbero inizio i suoi lunghi studi che lo portarono a viaggiare attraverso il nostro continente per oltre 30 anni. Insieme a San Gallo, il suo discepolo più noto, fondò comunità e monasteri negli attuali stati europei di Irlanda, Gran Bretagna, Francia, Germania, Svizzera e Austria. Il suo continuo pellegrinaggio lo portò, infine, nel nostro Paese e attraverso le Alpi giunse fino a Milano.

Qui venne accolto dai governanti Longobardi che lo indirizzarono verso la piccola cittadina di Bobbio, ultima meta del suo viaggio terreno. In questo piccolo comune sugli Appennini fondò la sua ultima Abbazia, questa resterà per secoli l’istituzione più influente dal punto di vista religioso e culturale di tutto il nord Italia. Oggi, invece, è meta di migliaia di fedeli che ogni anno vi si recano per venerarne la memoria.

# Dalla Svizzera a Bobbio passando per Milano, ecco l’itinerario di San Colombano

cammino san Colombano
cammino san Colombano, credits: newsprima

Conosciamo il punto d’arrivo del Cammino di San Colombano, ma può stupire scoprire che in realtà prevede un lunghissimo itinerario che parte proprio dalla terra d’origine del Santo, l’Irlanda. 330 km di meraviglie, dal confine con la Svizzera al piccolo borgo di Bobbio, portano in territori intrisi di storia dalla bellezza unica. È proprio l’ultimo tratto, quello che percorre il suolo italiano, ad essere ora al centro dell’attenzione, protagonista di un’importante opera di riqualificazione.

Questa parte del percorso è divisa in 18 tappe, 10 dal confine svizzero fino a Milano, e le restanti coprono i 136 km da Milano fino a Bobbio. Per queste ultime è possibile far timbrare la credenziale e, una volta giunti alla tomba del Santo, ricevere il testimonium.

Ma quale fu il percorso del Santo? Il Cammino di San Colombano inizia al confine con la Svizzera in un paesino della Val Bregaglia, da qui l’Abate, dopo aver attraversato le Alpi, si mise in marcia per Milano. Seguì dapprima le direttrici del fiume Mera, raggiunse le sponde del lago di Como lungo il Sentiero del Viandante e proseguì fino a Lecco. È l’acqua l’elemento sovrano di questo itinerario, i corsi d’acqua segnano ogni tappa del cammino e fanno scoprire ai viandanti paesaggi incredibili con borghi immersi nella pace delle acque lacustri e circondati dai monti. San Colombano, giunto a Cassano d’Adda proseguì lungo il Naviglio della Martesana verso Milano e arrivato in città costeggiò prima il Naviglio Grande fino ad Abbiategrasso e poi il Naviglio di Bereguardo e il Sentiero Europeo fino a Pavia.

Quest’ultima città, ai tempi capitale del regno Longobardo, fu il punto di svolta del percorso del Santo. Qui, infatti, trovò l’approvazione per il suo progetto di costruire un’ultima abbazia e venne indirizzato a Bobbio. Attraverso la Via Francigena, punto di partenza di un altro percorso spirituale molto conosciuto, proseguì fino a Spessa dove, attraversando il fiume Po e risalendo i rilievi collinari dell’Oltrepò Pavese, giunse finalmente a Bobbio. Ed è proprio qui che termina il tragitto, nel cuore della Val Trebbia, dove l’abate irlandese fece erigere la celebre abbazia e trascorse gli ultimi anni della sua vita.

# Spiritualità, ma non solo…

Credits: @maralattuada
Vino San Colombano

Il Cammino di San Colombano è perfetto per chi vuole intraprendere un viaggio all’insegna della spiritualità, ma non solo! Infatti, le tappe del percorso sono borghi e città ricche di attrazioni, non solo da punto di vista storico, ma anche ambientale, paesaggistico, culturale, artigianale e enogastronomico. E per gli amanti del buon vino è d’obbligo fare tappa a San Colombano al Lambro, toponimo del Santo, dove assaggiare “El vin de Milan”, vino D.O.C. che prende il nome proprio da San Colombano, che immaginiamo passeggiando fra queste colline a due passi da Milano.

Continua la Lettura con: Passeggiare tra TORRENTI e CASCATE: i 5 percorsi più BELLI e più FRESCHI della Lombardia

SARA FERRI

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🛑 A MILANO la prima azienda che introduce la SETTIMANA LAVORATIVA CORTA

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Equilibrio lavoro (da pixabay)

Se ne parla da tempo ed ha già fatto breccia in altri Paesi, tra cui Belgio, Emirati Arabi e Giappone: ora arriva anche a Milano. E’ la settimana corta che consiste nello spalmare le ore lavorative su meno giorni, solitamente da 5 a 4. Per molti lavoratori potrebbe essere la soluzione vincente, tanto che un’azienda milanese ha deciso di adottarla. Di chi si tratta e quali sono i meccanismi?

A MILANO la prima azienda che introduce la SETTIMANA LAVORATIVA CORTA

# 4 giorni lavorativi al posto dei canonici 5

Credits: @speek_finance
Settimana corta

La settimana corta consiste “semplicemente” nel lavorare un giorno in meno, non più i 5 canonici ma solo 4, allungando quindi il weekend e in generale le ore di riposo. Una soluzione certamente ben accetta dai lavoratori, che arrivano sempre il venerdì particolarmente stanchi, ma perché viene adottata, ne beneficiano anche le aziende? Pare di sì. La settimana corta è stata ideata proprio perché bilanciare la vita professionale e il benessere delle risorse umane aziendali aumenterebbe la produttività e qualità dell’azienda.

La settimana corta lavorativa è quindi volta a migliorare il benessere mentale e fisico del lavoratore, in modo tale che anche l’azienda ne benefici. Tra i Paesi che l’hanno già sperimentata ci sono Nuova Zelanda, Stati Uniti, Giappone, Spagna e Islanda, quest’ultima ha per ora diminuito le ore settimanali da 40 a 36 ma con retribuzione invariata. In realtà anche in Italia si stanno facendo avanti le prime aziende che decidono di ridurre l’orario lavorativo a 36 o 32 ore ma con lo stesso stipendio. Anche a Milano una multinazionale ha deciso di sperimentare la settimana corta, ecco come.

# La settimana corta è arrivata a Milano

Cronometro
(da pixabay)

Mondelez International, azienda statunitense attiva nel settore alimentare, nella sua sede di Milano ha deciso di dare ai suoi lavoratori la possibilità di scegliere se spalmare le proprie ore lavorative su 4 o 5 giorni. Non solo, ha anche lasciato scegliere se lavorare sempre in ufficio a Milano, oppure 2 giorni a settimana in smartworking. Tra le nuove possibilità date ai suoi dipendenti c’è anche quella di pianificare le proprie ferie senza alcun impedimento dall’alto. L’azienda, tra i pionieri in Italia, ha adottato questa soluzione proprio perché il miglioramento del benessere dei propri lavoratori garantisce una maggiore produttività, ma anche la possibilità di attrarre nuova forza lavoro e più diversificata.

# Più flessibilità per i lavoratori

Stress da lavoro
(da pixabay)

La settimana corta a Mondelez International parte da questo marzo e fa parte della sperimentazione aziendale Workplace of the Future. L’applicazione del nuovo modello lavorativo, che in generale prevede una maggiore flessibilità in termini di tempi e luoghi di lavoro, è stata decisa dopo aver ascoltato le esigenze dei dipendenti dell’azienda. Seppure si è notato come quasi la totalità dei loro lavoratori apprezzi lo smart working, il lavorare da casa dà la percezione di essere sempre connessi e costantemente disponibili. Per questo è sembrato necessario adottare la settimana corta.

Mondelez International diventerà l’apripista per altre aziende milanesi, con un giorno in meno di fatica e uno in più di riposo?

Continua la lettura con: 4 giorni di lavoro, 3 di vacanza, stipendio uguale: in BELGIO la rivoluzione della SETTIMANA CORTA

BEATRICE BARAZZETTI

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Classica battutona milanese: “Oggi faccio PART TIME” (uscendo dall’ufficio alle 21)

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

Continua con: Tutte le parole tradotte in milanese pubblicate finora

A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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Paolo CARLINI: “la Milano attuale è la migliore che io abbia vissuto”

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Paolo Carlini

Milanese del Casoretto Paolo Carlini è tra i più noti fotografi italiani. Lavora con le principali testate nazionali (Corriere della Sera e La Repubblica) oltre a tutti i principali editori, da RCS a Arnoldo Mondadori, da De Agostini e Editoriale Domus, Editrice Quadratum e Edizioni Condè Nast. Ha un particolare entusiasmo per i viaggi, le automobili e la ritrattistica, in particolare di compositori, pittori e artisti.  Per Silvana Editoriale ha pubblicato “Cani Padroni”, volume di ritratti di cani e dei loro padroni, mentre in piena pandemia ha realizzato “Italia coast to coast. 1 van, 50 giorni e 9585 km” uno splendido racconto fotografico che percorre tutte le coste italiane da Trieste a Ventimiglia, passando per Sicilia e Sardegna.

Paolo CARLINI: “la Milano attuale è la migliore che io abbia vissuto”

La cosa che ami di più di Milano?

Amo la sua capacità di sapersi trasformare; smonta e archivia il passato costruendo, senza mai fermarsi, il futuro. Da quando sono nato ho imparato a convivere con i cantieri che, una volta chiusi, fanno dimenticare velocemente i disagi. Altra cosa che amo di Milano è la veloce integrazione: le persone che vengono a lavorare e viverci, se entrano nelle dinamiche della città, si sentono milanesi da subito.

Milano (foto di Paolo Carlini)

La cosa che mi piace meno?

Quando lo vedo: lo sporco, il disordine, la maleducazione e l’incuria.

L’angolo di Milano che hai fotografato di più?

Sicuramente la trasformazione da Fiera Milano a CityLife. Una cosa che mi ha sempre appassionato, anzi, intenerito, è fotografare la natura che, incurante del cemento, si fa spazio in luoghi impensati: il verde e i fiori gialli spuntare dalle spaccature sui marciapiedi, le erbe e gli arbusti che trovano in una piccola fessura tra muro e strada nutrimento per crescere, le piante che, aggrappate a fessure, riescono ad averla vinta sugli austeri muri. Fotografare la normalità della vita quotidiana perché lo straordinario molte volte è nell’ordinario: ogni singola persona ritratta ha sempre qualche cosa di interessante da raccontare.

Milano (foto di Paolo Carlini)

La miglior foto sulla città?

Uno scatto a cui sono affezionato è semplice e banale: un piccione sulla testa della statua di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele. Lo scrittore morì in seguito a una ferita alla testa procuratasi inciampando proprio davanti alla chiesa; ho sempre pensato che quel piccione in fondo fosse lì a proprio a proteggergli il capo.

Milano (foto di Paolo Carlini)

Il tuo locale preferito?

Direi il Museo di Storia Naturale di Corso Venezia: un luogo che riesce a darmi le stesse sensazioni che provavo da bambino. Un luogo emozionante e allo stesso tempo rassicurante.

museo di storia naturale

Il tuo passatempo a Milano?

Mi piace guardare la gente, sono molto curioso e costruisco nella mia fantasia delle storie legate a quello che vedo; poi ho poca memoria e per questo che demando il ricordo alla fotografia. Guardando i palazzi, soprattutto la sera quando si illuminano le finestre degli appartamenti, penso a quante famiglie e persone vi abitano dentro, le loro vite, le aspettative, le sofferenze e le gioie. Fotografo sempre sentendo anche il dovere di documentare. Mi piace poi ritrovare la storia della città tra mura, porte storiche e nuove costruzioni: Milano si trasforma ma molte volte, quasi distrattamente e con tanta poesia, lascia in giro dei pezzi di storia.

Milano (foto di Paolo Carlini)

La canzone preferita?

Lucio Dalla: Milano. Decisamente anni ’80 … come la mia gioventù.

Il luogo preferito nei dintorni di Milano?

Non ho un luogo preciso, non sono un abitudinario e mi piace girare cercando sempre cose nuove. In generale i parchi ma anche le zone industriali abbandonate.

Milano (foto di Paolo Carlini)

La cosa più bella che ti è capitata a Milano?

Milano mi ha regalato momenti di grande emozione, in particolare con i concerti visti all’Arena, al Parco Lambro, al Montestella, all’Arco della Pace o nei piccoli locali. La cosa sicuramente più bella per me è stata la possibilità di raccontare la mia città con le fotografie e testi.

Milano (foto di Paolo Carlini)

La fermata della metro a cui sei più affezionato?

Loreto. Milano ha la capacità di avere i paesi nella città. Amo ricordare che sono nato e cresciuto a Città Studi. Durante le superiori il ritrovo classico era la fermata di Loreto e quello che ai tempi mi sembrava un labirinto sotterraneo alla fine era uno spazio assolutamente conosciuto.

Il quartiere che ami di più?

Mi piace tanto l’isolato di via Lincoln; un luogo quasi da sogno astratto dal classico contesto urbano. Sembra un paese dalle sembianze buranesche incastonato nella città.

Milano Est- via Lincoln
Il quartiere operaio – via Lincoln

Caro sindaco Sala…

Penso che il buon esempio sia sempre più forte della punizione. Per questo consiglio al Comune di investire maggiormente sulla pulizia e sul miglioramento dell’arredo urbano. Lo sporco porta solo sporco e incuria. La città ha bisogno di maggior cura; molto si è fatto negli ultimi anni ma molto c’è ancora da fare. A mio giudizio, una delle armi vincenti per il rispetto della città e far appassionare gli abitanti a Milano e al proprio quartiere.

Milano (foto di Paolo Carlini)

Milano Città Stato, cosa ne pensi?

Milano è una città speciale con tempi e dinamiche uniche nella nostra nazione. In generale una maggiore autonomia può, se ben amministrata, portare giovamento a tutta la comunità.

Milano (foto di Paolo Carlini)

Se lasciassi Milano, dove andresti a vivere?

Rimanendo in Italia, sceglierei un piccolo paese, in favore di una vita più vicina alla natura.

Milano (foto di Paolo Carlini)

Se avessi due miliardi di euro da investire su Milano…

Una risposta a sentimento…assistenza a chi ne ha bisogno, integrazione evitando che si creino ghetti, pulizia della città, formazione, verde e cultura. Li ho spesi tutti? Ne ho spesi di più? Se ne avanzano mettiamoli via per eventuali emergenze.

Cosa ti auspichi per la città?

Sono cresciuto nella Milano del post ’68, con l’austerity e gli anni di piombo fino alla Milano da bere. Quando sento dire “Milano non è più quella di una volta” mi viene una sola e potente risposta : “Meno male!”. La Milano attuale è la migliore che io abbia vissuto nei miei 57 anni di cittadino. Per il futuro non mi auspico nulla di particolare per la città ma tanto per i cittadini. I quartieri sono, come ho già detto, paesi dentro la città; avere un luogo migliore dove vivere dipende anche dalla volontà e responsabilità dei singoli abitanti. Una maturazione di un sempre maggior senso civico ci può aiutare ad avere un luogo migliore, pronto all’integrazione e all’arricchimento culturale. Sogno una Milano più attenta alla natura e ai bambini.

Milano (foto di Paolo Carlini)

Continua la lettura con: Tutti i personaggi di #milanomia già pubblicati

Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano

LEONARDO MENEGHINO

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

La fuga del re, l’imprinting della Repubblica Italiana

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Correva l’anno 1943. In un’Italia ormai invasa dagli alleati ma ancora formalmente a fianco dei tedeschi, i reali Savoia dopo aver firmato l’armistizio scapparono da Roma di nascosto per mettersi in salvo a Brindisi, il più lontano possibile al riparo dalle ritorsioni naziste.

Si misero in salvo lasciando tuttavia l’Italia in mano agli alleati, che improvvisamente diventano i legittimi occupanti, senza informare adeguatamente né i cittadini né i soldati e neppure gli ex alleati tedeschi. In questo modo aprirono la strada a una confusione totale dell’esercito che non sapeva contro chi combattere e da che parte stare, fatti ben documentati da film come il celebre “Tutti a Casa” di Comencini in cui si racconta proprio del caos creato con la fuga dell’8 settembre.

Quei mesi in cui l’elite, rappresentata dalla monarchia, pensa solo a salvare se stessa con il popolo in confusione che si lascia andare a impulsi fratricidi è l’istantanea della storia della Repubblica. Spesso non così sanguinosa ma sempre segnata dalla convivenza di un’elite mai disposta ad assumersi responsabilità e una popolazione lasciata costantemente allo sbando e all’oscuro delle ragioni che muovono la politica.

Dove a quel punto la principale sorgente di potere per chi governa è la divisione tra i cittadini e la dipendenza, spesso occulta, da forze straniere.

Continua la lettura con: Tutti i pensieri del giorno 

MILANO CITTA’ STATO 

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Se dovessi LASCIARE MILANO, questi sono i posti più ECONOMICI (e pacifici) dove andare VIVERE

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Dopo due anni di pandemia è scoppiata la guerra nel cuore d’Europa. Tra energia e materie prime a prezzi stratosferici e perfino allarmi nucleari, molti di noi sentono di aver voglia di cambiare aria e abitudini. In cerca di un ambiente più sicuro e rilassato e magari, dopo una vita di sacrifici e lavoro, anche voglia di godersi quel che si ha raccolto. Prendere e partire per un luogo più o meno lontano e costruirsi una nuova routine potrebbe non essere così complicato ed economicamente dispendioso come si potrebbe pensare.

Questi sono i posti più economici (e pacifici) al mondo dove poter andare a vivere.

Se dovessi LASCIARE MILANO, questi sono i posti più ECONOMICI dove andare VIVERE

# MESSICO e il COSTA RICA: per chi vuole approdare nel “Nuovo Mondo” per una NUOVA VITA

Credits: royalcaribbean.com/

Tra i paesi più lontani dai conflitti, con cibo e affitti a prezzi accessibili per i nostri standard, il Messico e il Costa Rica sono i due paesi in America in cui trasferirsi è più fattibile.
Vivendo con circa 1400 € al mese è possibile passare le giornate dell’anno sempre al caldo, con il mare a due passi e panorami e bellezze naturali da mozzare il fiato.

Il Costa Rica è così pacifico che non ha neppure un esercito. E per le materie prime entrambi ne hanno a dismisura. 

# MALESIA e VIETNAM: le perle d’ORIENTE

Credits: pixabay.com

Una scelta geopolitica che potrebbe rivelarsi una scelta vincente per i nuovi scenari internazionali. In questi paesi dell’Asia del Sud è possibile vivere con poche centinaia di euro al mese, sostenendo uno stile di vita piuttosto alto per la media di questi posti.
Un vantaggio che offrirebbe trasferirsi in queste zone è quello di poter visitare paesi come la Thailandia e Bali, luoghi spettacolari e altrettanto economici per un occidentale.

Per quanto riguarda i venti di guerra è difficile immaginare che possano arrivare pure a queste latitudini. Anche perché soprattutto il Vietnam di guerre ne ha già avute a sufficienza. 

# PORTOGALLO e le ISOLE CANARIE: per rimanere VICINO a CASA mettendosi più al sicuro

Credits: pixabay.com

Per chi invece, nonostante i rischi di guerra, preferirebbe rimanere in Europa, il Portogallo e le Isole Canarie offrono uno stile di vita rilassato, economico e dal ritmo molto più lento rispetto a quello a cui siamo abituati. Oceano a completa disposizione, città colorate e piene di vita e birra quasi più economica dell’acqua: il Portogallo e le 7 isole dell’arcipelago delle Canarie sono le mete più scelte tra gli europei che desiderano cambiare vita a una distanza che sembra sufficiente dai rischi maggiori di un conflitto continentale. 

# TUNISIA: per chi ha voglia di un MONDO ESOTICO

Credits: pixabay.com

Un’altra interessante via di fuga è offerta dall’Africa, in particolare dalle aree del Nord forse quelle meno lontane dalla nostra cultura ma più appetibili dal punto di vista dei prezzi.

Con città dalla storia millenaria e il deserto del Sahara da una parte e il Mediterraneo dall’altra, la Tunisia si rivela un’ottima opzione per chi sta pensando di godersi la propria pensione al di fuori dell’Italia: infatti, in questo paese, solo il 20% della pensione sarà sottoposta a tassazione. Inoltre, il clima è perfetto per chi ama vivere un’estate lunga 12 mesi.

Continua a leggere con: Le città europee migliori per viaggiare DA SOLA

ALICE COLAPIETRA

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La PROPOSTA di UrbanFile: il NUOVO STADIO a PORTO di MARE. Che ne pensate?

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Credits Urbanfile - Nuovo stadio a Porto di Mare

Credits e Foto copertina: Urbanfile

Gli intoppi per la realizzazione del nuovo stadio di Inter e Milan nell’area di San Siro continuano ad aumentare e si stanno già facendo strada altre alternative dove realizzarlo fuori Milano. Dal blog Urbanfile arriva la proposta di costruirlo nell’area di Porto di Mare, cogliendo così due piccioni con una fava: bonificare e riqualificare questa zona a sud della città da anni in abbandono e lasciare in piedi la Scala del Calcio. Vediamo i vantaggi nella costruzione del nuovo stadio sul modello dell’Olympia Park di Monaco di Baviera.

La PROPOSTA di UrbanFile: il NUOVO STADIO a PORTO di MARE. Che ne pensate?

# Il nuovo stadio sul modello dell’Olympia Park di Monaco

Credits Urbanfile – Olympia Park Monaco di Baviera

Le lungaggini e gli intoppi che sti stanno facendo strada per la costruzione del nuovo stadio di Inter e Milan, tra ostruzioni in consiglio comunale, ricorsi e referendum, potrebbero portare le due società di calcio milanesi a valutare nuove aree cittadine e extra-cittadine. Al momento tra le alternative più accreditate ci sarebbero Sesto San Giovanni, Segrate e San Donato. Il blog Urbanfile ipotizza un’ulteriore zona, in questo caso rimanendo a Milano, dove costruire la nuova “Scala del Calcio” milanese: Porto di Mare, sul modello dell’Olympia Park di Monaco di Baviera.

# I vantaggi dell’area di Porto di Mare: due fermate metro, una stazione dell’alta velocità, la lontananza dalla case e un grande parco

Credits Urbanfile – Nuovo stadio a Porto di Mare

Tra i vantaggi di quest’area nel quartiere a nord di Nosedo ci sarebbero la facilità di accesso, grazie alle due fermate metropolitane di Porto di Mare e Rogoredo M3 e alla stazione dell’alta velocità, la lontananza dalle abitazioni e la possibilità per lo stadio di essere inserito in un unico grande parco unendolo al già esistente Parco Cassinis sulla falsa riga di quanto fatto per lo stadio tedesco. Tra gli effetti collaterali positivi ci sarebbe la bonifica e la riqualificazione di terreni lasciati da troppi anni in abbandono e per i quali il Comune di Milano non riesce a trovare una destinazione utile.

# Il progetto del “porto di Milano” mai realizzato

Credits: Urbanfile – Rendering del porto nel progetto originale

Questa zona a sud della città attende da secoli di trovare una sua identità. Il nome “Porto di Mare” è dovuto infatti al progetto del nuovo porto di Milano che si sarebbe dovuto realizzare proprio in questi terreni. L’esigenza di realizzare un nuovo approdo portuale era emersa già alla fine dell’800, con la Darsena insufficiente per ospitare la grande mole di materiali trasportati dai barconi che scendevano dal Lago Maggiore o risalivano il Po, resa concreta nel 1907 con un progetto presentato dal Genio Civile.

Laghetto a Porto di Mare a causa dell’innalzamento della falda

Iniziati i lavori nel 1919, fermati solo qualche anno dopo da Mussolini con la chiusura delle agenzie portuali padane, ripresero solo nel 1972 grazie al Consorzio Canale Milano-Cremona che ne rivisitò il progetto. Dei 65 km previsti ne furono scavati solo 20, tra Cremona e l’Adda, per essere interrotti di nuovo. L’utilizzo successivo dell’area come discarica da parte dell’amministrazione comunale, la realizzazione della tangenziale est e la chiusura del Consorzio Canale Milano-Cremona hanno messo la parola fine al sogno.

Leggi anche: Il PORTO di Mare a Milano: la storia e il progetto di rilancio

# La Cittadella della Giustizia che doveva essere inaugurata nell’anno di Expo2015

Credits Comune di Milano – Cittadella della Giustizia suddivisione edifici

Tra i progetti di trasformazione di Porto di Mare c’era anche quello della “Cittadella della Giustizia”, pensato per ricollocare tutti gli uffici giudiziari, il carcere circondariale di San Vittore oltre ai tantissimi alloggi per i lavoratori che avrebbero abitato nei pressi del nuovo quartiere. Il nuovo polo giudiziario si sarebbe dovuto sviluppare su una superficie di 1.200.000 mq. I lavori sarebbero dovuti partire entro il 2010 e concludersi entro la fine nell’anno dell’Expo 2015, per un investimento complessivo di 1 miliardo di euro.

 

Leggi anche: La CITTADELLA della GIUSTIZIA: il progetto mai realizzato a Milano

Continua la lettura con: MILAN e INTER scappano da Milano? Le “3 S” alternative a SAN SIRO

FABIO MARCOMIN

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La RIVOLUZIONE EPOCALE dell’EDITTO di MILANO

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Credits: altervista.org - Editto di Milano

Vi invito a salire con me a bordo di una macchina del tempo per un viaggio davvero speciale che ci riporta indietro di più di millesettecento anni, sino a una data che sancì la ratifica di un importantissimo trattato, nato per trovare una conciliazione di stampo religioso ma che, come vedremo, ebbe significative conseguenze nei secoli a seguire.  La giornata è quella del 13 giugno 313 dC, e nelle sue varie denominazioni l’evento è ricordato come editto di Licinio e Costantino, editto (o rescritto) di tolleranza o, più semplicemente, Editto di Milano.

La RIVOLUZIONE EPOCALE dell’EDITTO di MILANO

# Milano capitale dell’impero romano

Busto di Costantino

Siamo nell’anno 293 quando Diocleziano diede vita a un’importante riforma delle funzioni imperiali, cercando di porre un freno ai pericoli e salvaguardando soprattutto l’incolumità degli imperatori stessi. Considerando che ben trenta su trentatré imperatori nell’ultimo secolo erano stati assassinati da esponenti di varie congiure non doveva sembrare una cattiva idea. Diocleziano divise così l’Impero Romano in due macroaree: Oriente ed Occidente, governati da una tetrarchia composta dagli imperatori (titolati Augusti) che a loro volta avrebbero avuto come successori due Cesari. Ma, mentre Diocleziano si stabilì a Nicomedia (l’odierna Izmit in Turchia), l’Impero d’Occidente con sede a Mediolanum fu assegnato ad Augusto Massimiliano, e solo sette anni dopo i neo-nominati Licinio e Costantino divennero protagonisti dell’evento epocale a cui viene dedicato questo articolo. 

# In hoc signo vinces

Credits: altervista.org – Editto di Milano

Nella primavera del 312, con la battaglia di Ponte Milvio, Costantino divenuto imperatore sconfisse l’usurpatore Massenzio nei pressi del celebre ponte romano e, a seguito di questa vittoria, divenne l’unico sovrano dell’Impero Romano d’Occidente, ponendo di fatto fine al controverso e ben poco riuscito esperimento della tetrarchia. Ciò che ci interessa sapere è che la sera prima della battaglia finale, secondo quanto riportano le fonti, Costantino non eseguì i sacrifici religiosi rituali affermando che “un sommo Dio lo avrebbe guidato nella battaglia”. Inoltre, a seguito della vittoria, Costantino non celebrerà il trionfo come era stato fatto sino ad allora. Non salì al Campidoglio, sede del tempio più sacro ai romani, e in tal mondo abbracciò completamente la religione cristiana.

# L’editto: i due elementi rivoluzionari da cui nasce la civiltà occidentale

Credits: studiarapido.it

Costantino non rimase a lungo a Roma: nel gennaio 313 si recò alla nostra Mediolanum, città scelta per il matrimonio della sorella Costanza con Licinio. Nella capitale dell’Occidente, Costantino e Licinio concordarono una linea comune in materia di religione. Fu così che venne creato l’editto: per la prima volta nella storia venne proclamata la libertà di culto in tutto l’impero. Fu anche sancito che tutti i beni precedentemente requisiti ai cristiani durante il lungo periodo delle persecuzioni dovessero essere restituiti agli stessi.

La libertà di culto è considerato uno dei pilastri fondativi della moderna civiltà occidentale. Ma non solo. Da questo momento, inevitabilmente, si svilupperà un accordo non scritto che prevedeva l’inalienabilità dei beni della Chiesa e che di fatto avrebbe poi portato la stessa e i suoi rappresentati ad essere intoccabili per buona parte della storia seguente. Un’intoccabilità che sarebbe poi sfociata nelle crociate e nelle dispute infinite fra Chiesa e Imperatori per tutta la storia dell’Alto e del Basso Medioevo.

La rivoluzione epocale dell’editto di Milano fu pertanto l’istituzione della libertà di culto e il riconoscimento del ruolo della Chiesa. Due innovazioni che aprirono la strada a secoli di progressi e di scontri che forgiarono l’intera civiltà occidentali. 

Continua la lettura con: 10 giornate storiche di Milano: dall’editto di Costantino all’inchiesta Mani Pulite

CARLO CHIODO

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Viviamo di NEWS: come si dicono a Milano?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

Continua con: Tutte le parole tradotte in milanese pubblicate finora

A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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Carlo MASSEROLI: “la mia Milano attrarrà INVESTIMENTI PRIVATI”

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CARLO MASSEROLI

Carlo Masseroli. Project manager specializzato in rigenerazione urbana. Molti lo ricordano come assessore allo Sviluppo del territorio dal 2006 al 2011 in anni in cui il territorio a Milano si sviluppava parecchio. A ogni tornata viene fatto il suo nome per i progetti più di avanguardia. Intanto vediamo come svilupperebbe Milano ora.

Carlo MASSEROLI: “la mia Milano attrarrà INVESTIMENTI PRIVATI”

CARLO MASSEROLI

La cosa che ami di più di Milano?

È una città piena di opportunità. È una città in cui puoi trovare quello che cerchi. Per questo quando, con un gruppo di, allora giovani, professionisti appassionati di Milano abbiamo avuto l’onore di immaginare il piano di sviluppo di Milano l’abbiamo intitolato “Milano per scelta!”.

Credits @francescopesce71 IG – Piazza Gae Aulenti

Quella che invece ti piace di meno?

Un certo atteggiamento radical chic, di quelli che te la spiegano.

Il tuo locale preferito?

Ne ho tanti ma, adesso che mi ci fai pensare, non ne ho uno che sento mio più di altri.

Il tuo passatempo preferito a Milano?

Guardare la città che si trasforma. Amo particolarmente guardare Milano dall’alto.

Credits: @citylifemilano IG

La canzone su Milano a cui sei più legato?

Almeno tre: Milano e Vincenzo di Fortis, Milano di Dalla, Luci a San Siro di Vecchioni. Tutte scelte che rivelano l’età che avanza…

Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?

Devo dire che mi sto affezionando a Bergamo. Ormai anche a Bergamo si respira il fermento di Milano.

Credits: @comunedibergamo
Bergamo

La cosa più bella che ti è capitata a Milano?

Questa è facile: avere l’onore di fare l’assessore allo sviluppo del territorio in un periodo di grande fermento e trasformazione. Ho fatto tanti errori ma vedere gli effetti oggi mi rende orgoglioso.

La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?

La fermata Garibaldi. Mi ricordo il grande lavoro fatto per evitare che in quella fermata si dividesse in due il percorso della Linea 5. Se non ci fossimo riusciti oggi avremmo un servizio meno efficace.

Credits: @mr.want_
Garibaldi FS

La cosa più curiosa che hai visto a Milano?

Vedere gruppi organizzati ideologicamente e aprioristicamente contraria alle grandi trasformazioni, raccontare poi le stesse trasformazioni con orgoglio come l’icona del rinascimento della città.

Il quartiere che ami di più?

La Bovisa perché ci sono nato. Mi piace molto la zona intorno all’Arco della Pace.

Bovisa

Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?

Se il Covid ha lasciato una cosa positiva è l’invasione di tavoli e tavolini di bar e ristoranti sui marciapiedi di Milano. Lasciamoli lì!

Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?

Senza ombra di dubbio sono a favore. Oggi chi amministra Milano non ha adeguate leve per governare e la concorrenza internazionale è agguerrita.

Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?

Non lascio Milano.

Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?

Farei qualsiasi cosa affinché diventino strumento per attrarre 20 miliardi di investimenti privati.

Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?

Che impari ad attrarre investimenti privati, unica opportunità per dare corpo all’interesse pubblico. La storia del recente passato lo dimostra ma il passo culturale non è ancora compiuto.

CARLO MASSEROLI

Continua la lettura con: Tutti i personaggi di #milanomia già pubblicati

MILANO CITTÀ STATO

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Le cose che si NOTANO a Milano GUARDANDOLA dall’ALTO

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Credits Andrea Cherchi - Sede Giorgio Armani Spa

Dal tetto del Duomo, dalla Torre Branca, dall’ultimo piano di un grattacielo, in volo su un aereo o un elicottero: ecco cosa appare osservando Milano dall’alto.

Le cose che si NOTANO a Milano GUARDANDOLA dall’ALTO

#1 Lo Skyline

Credits Andrea Cherchi – Porta Nuova vista grattacieli

In volo da un elicottero, da un aereo o dai monti del lecchese, dalle colline dell’Oltrepò o perfino da Bergamo la cosa principale che balza all’occhio è lo skyline che dalla stazione Centrale arriva a quella di Porta Garibaldi. Dal Grattacielo Pirelli passando per Palazzo Lombardia fino agli ultimi arrivati del quartiere di Porta Nuova. 

#2 Le Alpi

Foto di (c) Andrea Cherchi
Foto di (c) Andrea Cherchi

La condizione essenziale è che il cielo sia terso. A quel punto lo spettacolo delle Alpi che sembrano entrare in città è assicurato, a patto di trovarsi a un piano alto di un edificio, meglio se ultimo.

#3 Il verde dei viali alberati

Credits Andrea Cherchi – Corso Sempione

A livello strada non ci si accorge dell’impatto visivo del verde dei viali alberati che si percepisce osservandoli dall’alto. Uno dei punti più privilegiati, da dove ammirare forse l’arteria più scenografica, è sulla cima della Torre Branca con vista Corso Sempione o meglio ancora volando con un elicottero.

#4 La lettera A sul quartiere generale di Armani

Credits Andrea Cherchi – Sede Giorgio Armani Spa

Un elemento impossibile da notare se non si è seduti a bordo di elicottero: la lettera A che campeggia sul tetto del quartier generale di Armani. Il complesso dove si trova lo store ufficiale Emporio Armani e l’hotel 5 stelle si estende lungo via Manzoni nei pressi della fermata M3 Montenapoleone.

#5 Il Duomo avvolto da un’aura dorata

Ph. Andrea Cherchi (c) – Duomo di Milano dall’alto

Difficile notare un particolare quasi mistico che riguarda il Duomo. Grazie al sistema di luci progettato per illuminarlo sembra essere avvolto da un’aura dorata che lo innalza ancora di più a luogo simbolo di Milano.

Continua la lettura con: 7 cose che una RAGAZZA di CAMPAGNA rimpiange venendo a vivere a MILANO

FABIO MARCOMIN

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L’immancabile FEEDBACK: come si dice a Milano?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

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Il “Cammino di Mosé”: dove si CAMMINA tra le ACQUE

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Credits: @leopelobrasil Cammino Mosè

Come sarebbe camminare sull’acqua, impossibile saperlo. Eppure sarebbe bello poter correre sullo strato superficiale del mare, come nei film di fantascienza dove esistono degli scarponi speciali che ti fanno levitare e camminare a pelo sul mare. Solo immaginazione. Ma se in realtà il tutto non fosse così impossibile? Senza andare sul fantascientifico, esiste una passeggiata chiamata “Cammino di Mosè” proprio perché quello che succede sembra ricordare il racconto biblico di Mosè in fuga dall’Egitto.

Il “Cammino di Mosé”: dove si CAMMINA tra le ACQUE

# Le acque che si separano

Credits: @costazulturismo
Cammino di Mosè

In fuga dall’Egitto, la Bibbia racconta, che Mosè per mettersi in salvo insieme agli israeliti separò le acque del Mar Rosso. Infatti, quando egli stese il bastone verso il mare, quest’ultimo si separò creando un muro a destra e una a sinistra e l’asciutto in mezzo. Gli israeliti riuscirono a fuggire mentre gli egiziani che li inseguivano furono sommersi dalle acque, che si richiusero appena gli israeliti furono in salvo. Tralasciando l’aspetto religioso, con la strada del Cammino di Mosè succede circa la stessa cosa. Questo lembo di sabbia da percorrere per fare la passeggiata compare e scompare in base alla marea, separando quindi e richiudendo continuamente le acque.

# Una passeggiata tra la terraferma e l’isola

Credits: @tmlplanet
Cammino di Mosè

Ma dove si trova questo Cammino così particolare? Si trova nel Parco Marino Nazionale Ballena (balena) nel piccolo stato Alagoas, a nord-est del Brasile. Il Parco è un luogo assolutamente da visitare: si estende per 110 ettari di terra e oltre 5 mila di mare, qui si è immersi nella natura e  si possono trovare anche più di 85 specie marine endemiche tipiche della zona.

In più, oltre alla bellezza della natura, c’è appunto il Cammino di Mosè. Quando si parla di cammino non bisogna pensare a migliaia di chilometri da percorrere zaino in spalla, ma semplicemente di una passeggiata di circa 15/20 minuti che unisce la terraferma ad un’isola. Un lembo di terra che con la bassa marea separa le acque dell’Oceano, una sorta di ponte di sabbia che allo stesso tempo viene sommerso dall’acqua non appena la marea si alza. Prima di percorrerlo bisogna però essere sicuri di riuscire a tornare indietro con la bassa marea!

# Le meraviglie della natura

Credits: itinari.com
Cammino di Mosè

Ma le meraviglie della natura non possono ovviamente finire qui. La striscia di terra del Cammino di Mosè, unita all’isola che raggiunge, creano la forma di una coda di balena. Per questo viene chiamata Playa Cola de Ballena (Whale Tail Beach). E, come se non bastasse, da qui passano centinaia di megattere migranti che si riuniscono ogni anno per riprodursi e nutrirsi.

Al Cammino di Mosè c’è ovviamente una spiegazione scientifica. La striscia di sabbia di cui si parla è in realtà un tombolo, ovvero una barra di sabbia, risultato dei sedimenti depositati dalle onde, tra un’isola al largo e la terraferma. Quello che è affascinante è proprio che questo tombolo, come altri, compare e scompare.

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BEATRICE BARAZZETTI

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Milano in BICICLETTA: gli ITINERARI sul NAVIGLIO preferiti dai milanesi

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Per scoprire una Lombardia bucolica, dove è la natura a far da padrona, senza farsi mancare arte, cultura e storia, ecco i percorsi da non perdere lungo i Navigli.

Milano in BICICLETTA: gli ITINERARI sul NAVIGLIO preferiti dai milanesi

#1 70 km a/r sul Naviglio Grande da Milano a Bereguardo

foto andrea cherchi
foto andrea cherchi – Darsena

Il primo itinerario da percorrere in bicicletta parte dalla Darsena e dopo 40 km finisce a Bereguardo, graziosa cittadina vicino Pavia, fiancheggiando il Naviglio Grande. Si sviluppa quasi per intero tra piste ciclabili e strade poco battute. Lasciato il caos della città e superato Corsico, un tempo area industriale ed operaia, si prosegue verso Trezzano sul Naviglio, borgo agricolo nato tra due conventi oggi diventati case private, e Gaggiano caratterizzato dalle svariate residenze di campagne fatte costruire in passato dalla ricca borghesia.

Credits: raffaella_rogledi IG – Approdo Naviglio Berguardo

Andando oltre, dove il Naviglio diventa parallelo al Ticino, si giunge a Castelletto, una fortificazione con varie testimonianze seicentesche come la Casa della Regia Camera e infine ad Abbiategrasso, famoso per il suo Castello Visconteo, fino al Naviglio di Bereguardo nel pavese. Qui vale la pena una sosta nel borgo Bereguardo, prima del viaggio di ritorno, per scoprire il suo antico ponte su barche e il “castello quadrato” sempre di epoca viscontea.

 

Leggi anche: 2021: fuga a BEREGUARDO. Come il piccolo paese si sta rivelando PIÙ ATTRAENTE di MILANO

#2 66 km a/r lungo il Naviglio Pavese fino a Pavia

Naviglio pavese

Tra i percorsi ciclistici amati dai milanesi, da fare in mountain bike o bici da corsa, c’è la pista del Naviglio Pavese, tutta in discesa e con percorso asfaltato. La partenza è sempre dalla Darsena di Porta Ticinese, nel cuore di Milano, e il capolinea è nella città di Pavia. Lungo i 33 km del tracciato, il cui completamento è durato 5 secoli dal 1359 al 1819, si incontrano natura, cultura, arte e storia. Nel tratto che esce fuori dalla città si incontra un panorama industriale fatto di capannoni e centri commerciali fino alla campagna coltivata.

Credits: @michelisofi_ Certosa di Pavia

Nel comune di Badile si attraversa il Naviglio per proseguire sulla sponda sinistra lungo una nuova pista ciclabile. Meritano una visita Binasco con i suoi canali e il meraviglioso Castello Visconteo e Casarile. Entrando nella provincia di Pavia si apre uno scenario bucolico di fitta vegetazione e risaie e, oltrepassati i boschi, si giunge a Borgatello, un antico centro agricolo di nome Borgatello, e alla confluenza con il Ticino. Prima di arrivare in città non si può fare a meno di fermarsi ad ammirare la bellezza della Certosa di Pavia fondata nel 1396 da Galeazzo Visconti, situata nell’omonimo comune.

 

#3 30 km a/r lungo il Naviglio Martesana fino a Cassano d’Adda

Credits: @matthewgoesto
Martesana

L’ultimo itinerario da fare pedalando parte da nord di Milano, dove il Naviglio della Martesana è scoperto. Il Naviglio piccolo milanese, la cui pista ciclabile si snoda per circa 15 km, unisce Milano alle acque dell’Adda ed forse il più suggestivo. Dopo aver costeggiato le abitazioni milanesi immerse nell’acqua, pochi chilometri più avanti si arriva a Vimodrone e poi a Cernusco sul Naviglio, luogo di villeggiatura delle famiglie aristocratiche nelle splendide residenze affacciate sul Naviglio, come Villa Alari Visconti.

Villa Borromeo Cassano d’Adda

Un paesaggio in cui si alternano bassa e alta pianura, con cascine e casolari, e un percorso che procede fino a Cassina de’ Pecchi dove siepi e giardini incorniciano la pista ciclabile,  per finire a Gorgonzola con i meravigliosi edifici di Villa Sola Busca e Palazzo Serbelloni. Il capolinea di questa pedalata è Cassano d’Adda, dove si mostra nel suo splendore la Villa Borromeo, costruita nel Settecento e rivisitata in stile neoclassica dal Piermarini.

 

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Fonte: Paesi Online

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FABIO MARCOMIN

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Come dice DEVICE a Milano?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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Edoardo DUBINI: “la mia Milano diventerà CITTÀ STATO”

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Edoardo Muovermi

Edoardo Dubini. Architetto, uno dei fondatori di MuoverMi, sito che promuove una Milano con più libertà e meno divieti. Vediamo la sua Milano in movimento. 

Edoardo DUBINI: “la mia Milano diventerà CITTÀ STATO”

La cosa che ami di più di Milano?

Ho amato moltissimo via Torino negli anni ’80, sembrava di essere a Londra.

Quella che invece ti piace di meno?

La totale mancanza di gusto estetico delle ultime due giunte.

Il tuo locale preferito?

Bar Doria.

Credits: @theveiled_side
Bar Doria

Il tuo passatempo preferito a Milano?

I mercatini della domenica mattina.

La canzone su Milano a cui sei più legato?

Milano e Vincenzo.

Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?

L’abbazia di Chiaravalle.

Abbazia di Chiaravalle
Credits: borgodichiaravalle.org – Abbazia di Chiaravalle

La cosa più bella che ti è capitata a Milano?

Il primo concerto italiano dei Depeche Mode all’Orfeo nel 1983.

La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?

Uso pochissimo la metro e non ho particolare affezione per nessuna fermata.

La cosa più curiosa che hai visto a Milano?

La principessa Diana in piazza S. Ambrogio.

Credits: @lorenatrevisan_discovermymilan
street art diana milano

Il quartiere che ami di più?

Città Studi.

Credits: @ @all_you_need_is_my_pics
città studi

Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?

Di dimettersi immediatamente, un sindaco che non ama Milano e i milanesi non deve fare il sindaco.

Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?

Assolutamente si, porto avanti da anni un progetto politico che vede nella Grande Milano il suo compimento.

Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?

Genova.

Genova
(da pixabay)

Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?

Manutenzione e restauro delle strade, dei marciapiedi, delle scuole, dei parchi urbani, dei giardini pubblici, degli alberi cittadini, dell’arredo urbano, dei monumenti per ridare lustro ad una città ormai scintillante solo nelle cose fatue e inutili.

Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?

Diventare una Città Stato come lo sono le grandi città europee.

Edoardo Dubini

Continua la lettura con: Tutti i personaggi di #milanomia già pubblicati

Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano

MILANO CITTÀ STATO

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

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L’emergenza a senso unico

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Ha fatto molto scalpore il fatto che appena i russi hanno iniziato a invadere l’Ucraina il governo italiano abbia dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per affrontare eventuali necessità legislative e di azione collegate al conflitto.
Ha fatto molto scalpore non solo perché si sovrappone allo stato di emergenza sanitaria, ancora in vigore dopo oltre due anni, ma in questo modo l’Italia risulta al momento l’unico paese occidentale ad averlo istituito anche per la guerra, nonostante la relativa lontananza dal campo di battaglia.

A fronte di questo intervento così drastico, il governo diffonde informazioni distensive ai cittadini evitando di informarli sulle modalità necessarie per affrontare l’emergenza. Mentre in altri paesi, ad esempio, si suggerisce di fare scorte alimentari, di prelevare contanti o perfino di procurarsi medicinali in particolare quelli più utili in caso di radioattività, in Italia la comunicazione istituzionale è tutta orientata a far proseguire la vita quotidiana come se niente fosse, denigrando perfino chi si preoccupa.
Il senso dell’emergenza in Italia è che i cittadini debbano affidare la loro vita con cieca fiducia nelle mani di chi governa.

Il paradosso è che chi governa, come nel caso della pandemia, passa da una fase iniziale in cui minimizza tutto affermando che siamo perfettamente preparati e che non esiste nessun pericolo per la nazione, a una fase di panico in cui contro i cittadini vengono imposte improvvisamente restrizioni e vessazioni tra le più dure del mondo.

Speriamo che non accada lo stesso anche con la guerra.

Continua la lettura con: Tutti i pensieri del giorno 

MILANO CITTA’ STATO 

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