A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Alessio Ferrantino, Giada Lanzotti e Yunes Calore, tre ragazzi poco più che ventenni che sui loro canali social hanno ormai una community di più di 80mila persone. Sono i tre fondatori diMilanodaScrocco, un progetto editoriale che fa conoscere la Milano a portata di tutte le tasche. Attraverso segnalazioni di eventi, di gadget in omaggio e di locali milanesi dove chiunque può andare senza spendere l’intero stipendio, sono diventati punto di riferimento di molti ragazzi milanesi e non solo. Oggi ci raccontano la loro Milano.
Alessio FERRANTINO, Giada LANZOTTI e Yunes CALORE: “la nostra Milano avrà una NEXT GEN WEEK”
La cosa che amate di più di Milano?
C’è forse più di una cosa. È più un insieme di concetti complementari fra di loro: la vitalità, la varietà e la voglia di mettersi in gioco. E questi sono anche i fattori di cui, durante il primo lockdown e le varie chiusure, abbiamo sentito la mancanza.
Quella che invece vi piace di meno?
La cosa che ci piace di meno di Milano è il bisogno di prevalere ad ogni costo: molte volte sembra infatti che il bisogno principale di professionisti, aziende e, prima di tutto, persone, sia quello di prevalere sugli altri, senza pensare a sviluppare la propria individualità.
Il vostro locale preferito?
Difficile dirlo: proviamo ogni settimana, per non dire ogni giorno, i locali più disparati. Grazie al nostro progetto abbiamo ormai sperimentato un numero altissimo di cucine di qualsiasi tipologia a Milano e forse, alla fine, quello che possiamo dire in definitiva è che la cosa più bella di questa città è il fatto che ci sia: proprio tutto.
Abbiamo i nostri posti preferiti suddivisi in varie categorie, ma dirne solo uno sarebbe riduttivo: per questo, sul nostro blog, escono mensilmente degli articoli dove creiamo una nostra speciale selezione di consigliati con un occhio di riguardo, come sempre, al prezzo! Se dovessimo però dire un nome, diremmo Piccola Ischia in zona Porta Venezia.
Credits: @dioniso___ Piccola Ischia
Il vostro passatempo preferito a Milano?
Sicuramente esplorarla, ci siamo sempre stupiti di quanto ogni piccola via di Milano possa nascondere delle piccole chicche, che siano locali, monumenti, architetture: un esempio? Via Washington. In questa via è ancora possibile ammirare edifici con architetture che variano dall’Ottocento, fino agli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento.
grattacielipiazzapiemonte
La canzone su Milano a cui siete più legati?
Effettivamente canzoni a cui siamo più legati non lo sappiamo. Quando pensiamo a Milano “i teenager” che sono in noi direbbero “Vamonos” del Pagante, “i boomer” che sono in noi invece pensano alle canzoni di Van De Sfroos.
Il luogo dei dintorni di Milano che amate di più?
Alessio arriva dalla Brianza, quindi diremmo quella. Probabilmente Monza che è la più affine a tutti e tre.
Credits: parcodimonza IG
La cosa più bella che vi è capitata a Milano?
A noi? Sicuramente la nostra pagina. Qualche anno fa ci siamo conosciuti a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Brera ed è nato tutto questo. Dobbiamo continuare?
Credits: @milanodascrocco
La fermata della metro a cui siete più affezionati (e perché)?
Forse la fermata di De Angeli per un ricordo particolare: la prima volta che il team di Milano da Scrocco, senza sapere ancora di esserlo, ha scroccato assieme è stato all’inaugurazione di una piadineria in quella zona.
La cosa più curiosa che avete visto a Milano?
Il Montestella, perché è l’unica montagnetta che c’è e dalla quale puoi vedere anche la madonnina. È un luogo suggestivo.
Instagram: parcomontestella
Il quartiere che amate di più?
Porta Venezia che è stato per tanto tempo il nostro punto di riferimento, post lockdown ma anche prima.
credits: urbanlife.it
Caro Sala ti scriviamo… (cosa chiedereste al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Caro Sala ti scriviamo per chiederti di approvare il nostro progetto Next Gen Week, una serie di eventi dedicata a tutti gli under 30.
Milano città stato: siete a favore oppure no che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Questa è una bella domanda, ci sono dei pro e dei contro in tutte e due le risposte. Da cittadini milanesi sì, da cittadini italiani diremmo di no. Stando dentro alla città si nota che Milano ha bisogno di essere ancora di più una forza attrattiva a 360 gradi. Ma quando diventi autonomo, diventi autonomo anche economicamente, e Milano è una citta che dà. Abbiamo un po’ paura che diventando troppo autonoma diventerebbe solo lei il centro di tutto, ma anche l’Italia dovrebbe partire. Milano dovrebbe essere un esempio un po’ per tutte le altre città italiane.
Se doveste lasciare Milano in quale città vi piacerebbe vivere?
Se parliamo di città sempre italiane Torino, perché ultimamente la vediamo sempre di più come una piccola Milano (non riusciamo proprio a staccarci da Milano, eh?). Fuori dall’Italia non sapremmo.
Credits: pixabay.com
Se aveste due miliardi di euro per Milano che cosa fareste?
Scapperemmo con i soldi.
Un sogno per Milano: qual è il vostro più grande auspicio per il futuro di Milano?
Il più grande auspicio è che Milano diventi sempre di più una città inclusiva verso i giovani e che li sappia valorizzare al meglio, siam tutti bravi a parole, ma ci vogliono i fatti.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nella storia degli stati si assiste normalmente a una continua dialettica tra governo e popolo che porta a un’evoluzione sociale attraverso una mediazione sui provvedimenti necessari alla nazione.
Il ruolo del popolo in una democrazia è proprio questo: arginare ogni abuso da parte del governante. Il popolo è sovrano e ha il compito di intervenire ogni volta che un governo eccede nelle sue funzioni, degenerando in forme di assolutismo dispotico.
Una famiglia che si mette in viaggio non delega a chi guida tutte le decisioni su dove andare, così come in una società per azioni l’amministratore delegato deve governare l’azienda rendendo conto delle decisioni prese agli azionisti e al consiglio di amministrazione.
Questa dialettica tra popolo e governo è evidente nei tempi odierni. Ad esempio, quello che sta accadendo in Canada con la protesta dei camionisti supportati dai cittadini, in Australia, nella stessa Francia mostrano l’evidenza di questo contrasto: da una parte un governo che cerca di imporre la sua volontà in modo fortemente autoritario e dall’altra i cittadini che cercano di opporsi e di rivendicare la loro sovranità tutelando i diritti individuali fondamentali.
Un popolo adulto è quello che si mette a difesa dei diritti del singolo contro i soprusi del potere.
Questa dialettica che è insita nel progresso delle democrazie liberali e che avviene da sempre nelle democrazie liberali, non sta succedendo per niente in Italia.
Assistiamo infatti a una contrapposizione tra cittadini buoni e cittadini cattivi. Dove la discriminante tra gli uni e gli altri è nell’abbracciare in modo acritico la linea del governo. E la tutela della libera scelta individuale, invece di essere considerata un valore fondamentale per tutti, viene giudicata come una visione distorta di pochi “nemici del popolo”.
Questa è forse la cosa che avvicina di più l’Italia di oggi a una dittatura totalitaria. Il fatto che non ci sia più una dialettica tra popolo e governante ma chi si oppone a chi governa, per difendere la libertà individuale, viene giudicato dagli stessi cittadini come il pericolo della società.
Una delle cause di questa spaccatura tra italiani contro italiani, oltre a una mentalità diffusa incline alla sudditanza nei confronti dell’autorità, può essere la dipendenza economica di gran parte della popolazione dagli apparati burocratici dello Stato. Considerare lo stato come una mamma che fa il bene dei suoi figlioli anche quando li schiaffeggia può condurre a una visione primitiva e infantile nei rapporti tra cittadino e potere politico.
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Palazzo Marino chiede 249 milioni del Pnrr per nuovi bus elettrici, alla capitale promessi più di 8 miliardi per nuovi bus, metrò, tranvie, case, giubileo e turismo.
249 milioni contro 8 miliardi: ROMA MAGNA, a MILANO restano le BRICIOLE
# Milano chiede solo 249 milioni dal PNRR, nonostante un Pil di quasi 400 miliardi
Credits alessiobazzani.eu IG – Beppe Sala
Una vecchia filastrocca milanese fa impersonare ad ogni dito della mano un personaggio. Il primo è il pollice che, sbadatamente, cade nel pozzo. L’indice quindi lo tira su; il medio poi lo asciuga; l’anulare gli prepara una minestra (el fa la süppa) e infine arriva il mignolo che… la mangia tütta.
Non solo le grandi fiabe, ma anche le storie popolari hanno una morale che il tempo non sbiadisce. Infatti anche oggi può accadere che chi raccoglie i frutti del lavoro è stato meno virtuoso e ha speso meno energie di chi ha seminato e lavorato duramente il terreno.
Credits lineadirettaAtm – Bus elettrico
E Milano è quella che lavora duramente: ha un Pil di quasi 400 miliardi di euro, prima area in Italia e undicesima al Mondo, ed è sesta in Europa per investimenti stranieri dopo Londra, Parigi, Dublino, Madrid e Monaco di Baviera. Eppure dell’enorme torta del Pnrr chiede solo 249 milioni.
È la Giunta di Palazzo Marino che ha approvato una delibera che autorizza la presentazione dell’istanza per l’accesso ai fondi del Piano nazionale da destinare successivamente ad Atm per il programma di rinnovo della flotta e delle relative infrastrutture di ricarica. Nello specifico i fondi serviranno per acquistare, entro giugno del 2026, 350 nuovi autobus ad emissioni zero, con alimentazione elettrica o a idrogeno, adibiti esclusivamente al trasporto pubblico locale e alle relative infrastrutture.
# Roma si prende oltre 8 miliardi di euro per bus, metro, ferrovie e Giubileo
Credits robertogualtieri IG – Roberto Gualtieri Sindaco di Roma
A Roma il pasto è decisamente più abbondante e variegato. E il conto finale assai più corposo: più di 8 miliardi di euro, paga Pantalone. Conto che, oltre all’antipasto (nuovi bus), comprende anche primo-secondo-contorno-dolce, ovvero nuove tranvie, metropolitane, edilizia residenziale e fondi per giubileo e turismo capitolino.
I danè che arriveranno sotto la madonnina permetteranno ad Atm di arrivare al 2026 con un totale di 510 bus elettrici (oggi sono 160 quelli in servizio su un totale di 1200 bus).
Credits Photo by Teming Kang on Unsplash – Roma Termini
Al contrario il dettaglio del bottino della città eterna è decisamente più articolato. Saranno 3.696 i milioni per il finanziamento dell’infrastruttura della rete metropolitana e il rinnovo parco autobus (1,6 miliardi in tutto) e gli investimenti ferroviari e alta velocità (che supereranno i 2 miliardi di euro).
354 milioni andranno all’edilizia residenziale pubblica, mentre 1,3 miliardi sono destinati alle opere funzionali al Giubileo della Chiesa Cattolica nel 2025. Infine, ciliegina sulla torta, il ministro Garavaglia (lumbard della prima ora, con feudo a Marcallo con Casone) ha stabilito che vadano a Roma per il progetto Caput Mundi per una più efficacie distribuzione dei flussi turistici durante tutto l’anno.
Milano si alza da tavola molto leggera, pronta per continuare a lavorare. Roma, appesantita, necessita solo di caffè, ammazzacaffè e un pisolino ristoratore.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ora che finalmente ripartirà il turismo, i milanesi potranno tornare a fare una delle loro attività preferite: esplorare il mondo. Vediamo quindi rapidamente quelle che si annunciano tra le mete più gettonate per la prossima stagione di viaggi. Per ogni destinazione segnaliamo tre esperienze imperdibili da fare in loco e una cosa da fare prima di partire (o durante il viaggio).
Le 7 METE più gettonate dai milanesi per fare i turisti
#1 New York
Credits: pixabay.com
La città delle mille luci è un evergreen da sempre. Approfittarne adesso, con i voli che ormai costano poco più di quelli per un weekend in Europa, è considerata dai milanesi cosa buona e giusta. Inevitabilmente, la visita in battello alla Statua della Libertà rimane un assoluto must. Non solo per il valore simbolico del monumento, quotidianamente messo alla prova, qui come altrove, ma anche e soprattutto per la vista incredibile che l’escursione sa regalare sulla selva di grattacieli di Manhattan, cuore pulsante della metropoli.
Un’altra esperienza da fare a tutti i costi è quella di sostare davanti a una tazza di caffè americano ai moli di Southport, quartiere preservato di architettura industriale riconvertito da tempo in museo all’aperto. Qui potrete perdervi più volte con lo sguardo a osservare il famosissimo Brooklyn Bridge, altra icona assoluta della Grande Mela.
Non dimentichiamoci però che NYC possiede capolavori in abbondanza. Vedere con calma le collezioni del Metropolitan Museum vi servirà come ripasso generale di storia dell’arte, dall’arte egizia alle tele di pittura impressionistica, senza dimenticare il maestro di casa Edward Hopper e i suoi quadri di vita quotidiana notturna nella grande città.
Prima di partire, o sull’aereo, se disponibile, guardatevi ‘Un giorno di pioggia a New York’, dell’impareggiabile Woody Allen, a sognare di percorrere Central Park in calesse.
Il fatto di poter andare al caldo quando a Milano fa freddo (non troppo, ultimamente, in realtà) ha sempre reso la città pulsante degli Emirati Arabi una destinazione da non mancare. Se poi partite a breve giro di posta, potrete approfittare di un’attrazione in più: l’EXPO, che ha lasciato ricordi indelebili nei milanesi, aperto sino a fine marzo 2022.
Come attrazione principale della città più grande del paese, non potete non considerare la salita al Bury Khalifa, il più alto grattacielo al mondo con i suoi impressionanti 828 metri di altezza. E se la vista a profusione sulle profondità del Golfo Persico vi sembrerà priva del suo elemento più iconico, potete sempre sostare prima di salire, facendovi venire il torcicollo per un buon motivo, sperando che le nuvole non vi nascondano la cima del palazzo.
Tuttora Dubai è circondata dal deserto, nel senso che appena finisce la città, ci si trova già immersi nel classico panorama di sabbie aride. Il safari in fuoristradanel deserto arabico resta quindi un’esperienza tra quelle più divertenti che potrete fare qui. Non mangiate troppo, prima, perché vi porteranno ripetutamente su e giù dalle dune, fino ad arrivare ad un accampamento popolato dai beduini, dove potrete trovare sul menù una cena sotto il cielo stellato, in compagnia di cammelli, falchi e danze locali.
Dubai ha anche una storia, per quanto recente, ed è sicuramente opportuno vidimare la visita con un’escursione su una delle tante imbarcazioni di legno utilizzate per attraversare il fiume (il Creek) che divide la città vecchia. Qui vedrete quella che nel gergo delle guide turistiche si chiama ‘la città vera’, mescolandosi tra la gente comune e visitando entrambe le sponde, sia il villaggio storico di Bastakiya che la città araba della seconda metà del secolo scorso, Deira, con il suo suk pittoresco.
Se andate per l’occasione mondana del momento, prima di partire cercate di procurarvi il libro ‘Expo. Il lungo viaggio del progresso da Londra 1851 a Milano 2015.
Una destinazione che nel terzo millennio ha guadagnato molto in fascino e popolarità è sicuramente la grande isola del Nord Europa. Ci vanno molti milanesi, essenzialmente d’estate, visto che d’inverno le temperature sono proibitive e non è possibile circolare in libertà attraverso questa porzione di suolo lunare caduta sulla Terra.
Prima di lanciarvi a esplorare tutto il paese, date una chance a Reykjavik. La capitale è una città in miniatura, in splendida posizione, dove potrete trovare una vita notturna molto vivace, case in legno colorate lungo le strade e una splendida chiesa a forma di organo sul punto più alto della collina, perfetta per osservare il sole di mezzanotte calare un paio d’ore all’orizzonte degli impianti portuali.
In uno scenario così dominato dalla forza della natura come quello dell’interno islandese, intraprendere un trekking nella valle di Þórsmörk è sicuramente un’occasione unica per portare a casa ricordi indelebili, attraverso canyon dalle meravigliose formazioni rocciose. Qui c’è anche il vulcano Eyjafjallajökull, di cui ricorderete l’eruzione che causò la cancellazione di tanti voli nel 2010.
Per fare qualcosa di veramente unico, la zona più remota di tutta l’Islanda è perfetta per una esplorazione con auto a noleggio dei fiordi occidentali. Qui troverete spiagge meravigliose, graziosi villaggi di pescatori e naturalmente diverse fonti termali, che non potrà dirsi un vero viaggio in Islanda se almeno una volta non vi immergerete nelle calde acque geotermiche.
Per capire come vive la gente del posto, vedete di recuperare il bel film locale Nói albínói (2003).
Una delle prime destinazioni a riaprire al turismo è stato proprio il paese ebraico, oggi raggiungibile facilmente da Milano tramite i voli delle compagnie low cost. Meta popolare anche perché ha tantissimo di visitabile in pochi giorni, date le ridotte dimensioni.
Nella città vecchia di Gerusalemme, patrimonio mondiale dell’UNESCO nonostante Israele non ne faccia più parte, oltre a ripercorrere le tappe della Via Crucis se siete religiosi, potrete lasciarvi abbagliare dalla meraviglia e dalla complessità della storia con una salita al Monte del tempio, chiamato anche spianata delle moschee. L’accesso è dal Muro del pianto, altro highlight di questa città incredibile.
Se volete rilassarvi con qualcosa di meno impegnativo dal punto di vista delle emozioni forti, prima di ripartire per la prossima, allora un consiglio utile potrebbe essere quello di passeggiare per le vie del quartiere di Neve Tzedek, a Tel Aviv. Lasciatevi incantare dall’atmosfera compassata, tra piccoli atelier di moda, palazzi a due piani dai balconi larghi, pasticcerie e ristoranti vegani.
Certo, il vostro viaggio dovrà tenere in giusta considerazione anche l’altra faccia della medaglia, quella con cui convivono quotidianamente (per lo più in pace, nonostante le esagerazioni dei media schierati da una parte e dall’altra) gli israeliani. Una visita in giornata ai Territori palestinesi sarà un’esperienza unica, a tentare di capire la realtà della situazione o più semplicemente a fare i turisti tra i check-point, visitando la Basilica della Natività di Betlemme e il museo di Bansky all’hotel piazzato davanti al muro che divide Israele dalla Palestina.
Un buon tomo per immergersi in anticipo nelle tradizioni del luogo potrebbe essere ‘Il sorriso dell’agnello’ di Grossmann.
Il fascino della località a metà tra due mondi, Europa e Asia, oltretutto con secoli di storia pregressa, ha sempre stregato i milanesi e non solo. Andarci ora, approfittando della situazione contingente di svalutazione della lira turca, potrebbe essere anche un affare dal punto di vista economico.
Appena arrivati, per lasciarsi compenetrare dalla quotidianità di una metropoli così peculiare, può essere appagante osservare i pescatori sul ponte del Corno d’Oro. Da qui potrete facilmente perdervi a inseguire i minareti delle moschee, i voli dei gabbiani e il profilo della Torre di Galata nel caos del passeggio incessante e del traffico dei taxi.
Tra i tanti monumenti di Istanbul quello che ci sentiamo di insistere perché non venga lasciato fuori dal vostro giro turistico, è la discesa nella Cisterna Basilica, un reperto che risale addirittura all’Impero romano d’Oriente. Nel silenzio della selva di colonne, dove alcune di teste di medusa sono state riutilizzate come basamento, potrete mettervi a sognare al suono della melodia classica usata come romantico sottofondo.
La cucina turca, si sa, è una delle più rinomate al mondo. Per cui, scontando in anticipo sulla vostra preparazione un po’ di atmosfera turistica rarefatta, sarà in ogni caso d’uopo che vi trasciniate a mangiare mezze nella via pedonale di Nevizade Sokak. In questo labirinto di strade strette troverete sicuramente piatti che vi faranno venire voglia di abitare qui per più di qualche giorno di soggiorno.
Con il film La sposa turca del 2003 vivrete l’esperienza ravvicinata del viaggio nella grande città a partire da una realtà più occidentale.
Spiegare perché il paese del Sol Levante sia un must see risulta alquanto ridondante. Il fascino di tutto il bagaglio culturale che arriva da quel paese, dai manga agli anime, dalle arti marziali al cinema fantastico, dai videogiochi al cosplay, è qualcosa che fa centro anche tra chi magari non è un appassionato di settore. Attenzione: la stagione dei ciliegi è sempre più anticipata di anno in anno, proprio come le primavere milanesi.
Dopo che vi sarete ambientati al turbinio di luci e di frenesia aggiunta di Tokyo, pianificate per tempo una visita al mercato del pesce di Tsukiji, per perdervi tra i bancali captando le diverse fasi dell’arrivo della merce e della sua repentina vendita in stock. Fare colazione con un sushi pregiato non sarà solo un’esperienza assolutamente TOP, ma anche un inizio di giornata perfetto.
Nell’immaginario che si ha del Giappone, viene sempre tenuto in dovuta considerazione il sistema di trasporti particolarmente efficace e dotato di infrastrutture molto recenti. Per questo, un viaggio in treno a bordo dello Shinkansen deve essere messo in conto, acquistando magari il fatidico J-pass che vi consenta di risparmiare sulle tariffe piuttosto elevate. Non appisolatevi, però, o perderete la vista sul famoso Monte Fuji.
Se nelle vostre tappe giapponesi, come è logico aspettarsi, avete incluso la città di Kyoto, cercate di darvi un obiettivo decisamente sfidante: fare il giro di tutti i templi. Magari non di tutti e 1000, ma inserendo almeno il padiglione d’oro, il padiglione d’argento, il Nanzen-ji, il Kiyomizudera e il Fushimi Inari appena fuori città.
Per prepararsi adeguatamente al Giappone servirebbero mesi. Ma se non riuscite a fare di più, cercate almeno di abbinare alla lettura del grande classico di Murakami ‘Norwegian Wood’ la proiezione di qualcuno dei capolavori di Akira Kurosawa.
La recente scoperta turistica della Montagna Arcobaleno ha portato il paese andino, che già poteva contare su attrazioni assolutamente cool come le linee di Nazca o le isole galleggianti del Lago Titicaca, in pole position tra le destinazioni del Sudamerica. Il milanese dovrà fare almeno uno scalo per arrivarci, ma questo lo sa già benissimo, purtroppo.
In generale il turista tende a scappare da Lima il prima possibile, visto che la capitale è soprannominata La Horrible, nonostante abbia un centro storico preservato, quartieri vivibili e varie attrazioni del periodo precolombiano. Ma visto che passate di qui, dovete calcolare almeno due giorni di tour gastronomico dei migliori ristoranti, a degustare a un prezzo tutto sommato ragionevole le migliori versioni di ceviche, tiradito e palta rellena.
Va bene, siamo un po’ scontati con questo suggerimento, ma fidatevi, l’emozione di visitare le rovine inca di Machu Picchu vale assolutamente tutto il contorno turistico di comitive urlanti e affollamento di bus e treni per arrivarci dalla splendida città di Cuzco. Ritagliatevi un pezzo di prato solo per voi e fermatevi a lungo a meditare, la vista vi si perderà sulle mura delle fortezza abbandonata e sullo sconvolgente scenario naturale circostante.
Il paese è grande da visitare e per non dover sempre far affidamento sui voli interni, che oltretutto non sono nemmeno troppo a buon mercato, un’avventura che renderà il vostro soggiorno qui un viaggio con tutti i crismi anche per i più invidiosi della vostra cerchia sarà sicuramente un tragitto in bus di notte da una città all’altra. I sedili sono comodi e spaziosi, il servizio è puntuale e gli schermi sui finestrini proietteranno le luci sfuggenti dei villaggi delle Ande.
Ah! Prima di cedere al sonno, leggete ancora qualche pagina avvincente de La città e i cani, libro d’esordio di Vargas Llosa.
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Milano potrebbe assegnare, ogni anno, fino a duemila alloggi, ma questo avviene solo in parte. Mentre Comune e Regione si rimpallano le responsabilità, gli appartamenti restano sfitti.
Il SISTEMA di ASSEGNAZIONE delle CASE POPOLARI di Milano non funziona: 1 su 3 rimane SENZA INQUILINI
# Un patrimonio immenso
Credits: @webantv IG
Settantamila alloggi, cosiddetti popolari, sono l’ordine di grandezza del patrimonio immobiliare a disposizione per Milano. I proprietari sono essenzialmente due: il Comune, che li gestisce tramite MM, ne possiede 28 mila; Regione Lombardia gli altri 39 mila, gestiti tramite ALER.
I fattori che influenzano le assegnazioni possono variare tra la ristrutturazione degli alloggi, a carico dei rispettivi enti proprietari, trasferimento degli inquilini in un’altra città o il loro decesso. Tutte variabili che rendono disponibili circa 2.000 alloggi all’anno, che vengono assegnati da Palazzo Marino attraverso il “Piano annuale dell’offerta dei servizi abitativi pubblici e sociali”. Un piano che di roboante ha solo il nome.
Studiando il biennio 2020-2021, con tutte le attenuanti del caso, si può tranquillamente decretare che il sistema di assegnazione delle case popolari, nella Milano dell’efficienza, non funziona affatto.
Nel 2020 si dovevano assegnare 2.550 alloggi ma, alla fine dell’anno, solo 864 son stati consegnati. Se la gestione del 2020 piange, quella del 2021 non ride: della disponibilità di 2.014 case, solo il 63% è stata realmente sfruttata, consegnando le chiavi degli appartamenti a 1.270 famiglie.
La legislazione per i criteri di assegnazione è in capo a Regione Lombardia che, nei due anni in considerazione, ha sfruttato due leggi regionali diverse. Il 2022 parte con una terza legge, nata per assegnare 2.200 appartamenti, 950 del Comune e 1.260 di ALER.
Mentre i milanesi aspettano la pubblicazione delle graduatorie che assegneranno loro un tetto stabile, l’Assessore comunale alla casa Maran e il suo omologo regionale Mattinzoli, si sono rimpallati responsabilità e accuse di inefficienza a mezzo stampa.
Dalla pubblicazione della legge regionale, a metà gennaio 2022, fiumi di parole e di inchiostro, si sono rincorse sulle principali pagine milanesi.
Maran ha suggerito 3 modifiche alla legge, giudicandola farraginosa e che impedisce l’assegnazione di 1.000 alloggi, imputando l’ostacolo alla burocrazia; Mattinzoli risponde che l’inefficienza è solo a Palazzo Marino, che trascura elementi come la sicurezza degli utenti, cercando scappatoie per velocizzare le assegnazioni.
Mentre Comune e Regione riempiono le colonne dei quotidiani, cartacei e online, gli appartamenti restano vuoti.
# Dalle occupazioni, alla ristrutturazione e poi alle assegnazioni
Credits: @gabriella_anedi IG
Due alloggi su tre sono rimasti sfitti nel 2020, uno su tre nel 2021, sono sintomi importanti, di quelli che creano l’emergenza abitativa di cui soffre Milano da tempo.
Il fenomeno delle occupazioni abusive è calato drasticamente: nell’ultimo decennio le occupazioni consolidate sono diminuite del 65%. Il lavoro di recupero e ristrutturazione degli alloggi, però, rischia di essere vanificato dal sistema di assegnazione, che rende difficile la pratica da parte dei cittadini più fragili, col risultato che le case restano vuote e alla mercé di nuove occupazioni abusive.
Sembra il cane che si morde la coda, mentre rincorre una via più snella per consegnare le case popolari a chi non è in grado di pagare i costosi affitti imposti dal mercato a Milano.
# Snellire la burocrazia
Credits: linkiesta
L’annosa questione dei moderni stati nazionali è una domanda di quelle esistenziali: “Si può snellire la burocrazia”?
La risposta è sì, ma dobbiamo desiderarlo tutti ed iniziare a spingere dal basso. Le soluzioni bottom up sono proprio quelle che hanno spinto l’evoluzione delle comunità sociali.
Ogni milanese ha, attualmente, sette livelli di burocrazia che interferiscono con la propria vita. Dal più vicino al più lontano, sono Municipio, Comune, Provincia, Regione, Camera, Senato e Parlamento Europeo i quali, non di rado, si occupano delle stesse cose. Molto spesso chiedono al cittadino di ottemperare alla compilazione di un identico modulo in molteplici copie, per permettere ad ognuno di loro di apporre un timbro, quasi la vessazione degli individui conferisca loro autorità.
Si può e si deve snellire questa assurda catena burocratica, che non porta alcun progresso.
Basta attraversare le Alpi, per vedere come alcune città, che godono di maggiore attenzione, abbiano compiuto salti di qualità in avanti, con poteri territoriali straordinari.
Possiamo pensare tutti insieme di chiedere, per Milano, autonomia e poteri da regione, come quelli che hanno le maggiori città europee?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il piano di realizzazione del Nuovo Mercato Ortofrutticolo di Milano, come previsto dal progetto “Foody 2025”, procede senza intoppi. Ecco i lavori in corso e come verrà trasformato.
🔴 Foody 2025: Milano avrà il più IMPORTANTE CITY HUB AGROALIMENTARE ITALIANO
# Entro la metà del 2022 verrà terminato il nuovo padiglione dell’Ortomercato
Nuovo padiglione ortomercato
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Credits Urbanfile - Padiglione 1
Credits Urbanfile - Padiglione 1 dall'alto
Credits duepiedisbagliati - Costruzione padiglione
L’Ortomercato di Milano, ubicato nel quartiere di Calvairate e gestito da So.Ge.Mi, è in fase di rinnovo per aumentare la sua competitività. Al momento è in costruzione una nuova piattaforma logistica legata al settore agroalimentare finanziata con 28 milioni di euro, progettata con i più moderni standard logistici includendo anche la possibilità di soluzioni a temperatura controllata.
La pianta rettangolare misura 462 metri di lunghezza e 91 metri di larghezza e al suo interno ci saranno 102 punti vendita. I lavori, ad opera di R.T.I. ITINERA S.p.A. società del gruppo ASTM, si dovrebbero concludere entro la metà del 2022.
# Il piano “Foody 2025” per la creazione del più importante city hub agroalimentare italiano
Credits corriere ortofrutticolo – Rendeting ortomercato Milano 2025
Il nuovo padiglione si inserisce nel più ampio progetto “Foody 2025”, che si pone come obiettivo la creazione del più importante city hub agroalimentare italiano, approvato nel 2018 dal Consiglio Comunale di Milano. Il nuovo mercato ortofrutticolo prevede infatti un altro padiglione delle stesse dimensioni che, assieme a quello già in costruzione, aggiungerà 84.642 metri quadri di superficie coperta.
Secondo il cronoprogramma entro il 2023 dovrebbe essere portata a termine la realizzazione del Nuovo Mercato Ortofrutticolo, in sostituzione delle strutture ormai obsolete del 1965. Nel 2025il nome del polo logistico agroalimentare cambierà ufficialmente in Foody, la mascotte di Expo che So.Ge.Mi ha acquisito per 50.000 euro qualche anno fa e la cui immagine diventerà il logo distintivo di tutta la struttura.
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Galleria del Corso a Milano cambia volto. L’esterno della galleria è già stato ristrutturato da qualche anno, adesso è arrivato il momento di completarne il restyling, che avrà un risvolto green.
Il RESTYLING “GREEN” della GALLERIA del CORSO in centro a Milano
# Una costruzione lunga un secolo
Credits: Andrea Cherchi, FB
La galleria che collega Corso Vittorio Emanuele II e Piazza Beccaria fu pensata prima della Grande Guerra, tuttavia la costruzione attuale è il risultato di una serie di rimaneggiamenti dei disegni realizzati tra 1915 e 1918. La costruzione iniziò solamente nel 1923, e mentre veniva costruita cambiò ancora aspetto rispetto al progetto originale.
Conclusa negli anni ’30, è stata investita da un progetto di restauro partito nel 2011, che oggi vede un ulteriore intervento, caratterizzato dalla presenza del verde. L’idea che dovrebbe concludere la manutenzione della galleria e darle una forma definitiva dopo quasi un secolo comprende l’inserimento di piante.
La costruzione durante i decenni ha ricevuto diverse critiche, la maggior parte delle quali riguardavano le sue forme monumentali, trovate inadatte alle dimensioni della Piazza Beccaria, sulla quale si affaccia, che invece è piuttosto piccola. Bisogna considerare però che all’epoca della sua realizzazione la galleria si trovava al centro di una Milano in fase di trasformazione di cui non si potevano prevedere le dimensioni. Ad imperare sulla costruzione sono spesse pareti di marmo e l’unica forma di leggerezza si ritrova nel lucernario che la sovrasta. A cambiare l’aspetto monolitico di Galleria del Corso saranno vasi-panchina, fioriere e alberature, che la renderanno verde, naturalistica e luogo di sosta, aprendola all’esterno e trasformando il semplice ruolo di luogo di passaggio che ha adesso.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Fabrizia Vaccarella. Avvocato penalista, tra i più attivi a Milano nella difesa dei più deboli e nella lotta per i diritti civili soprattutto delle minoranze e di chi viene discriminato.
Fabrizia VACCARELLA: “la mia Milano sarà più emancipata dalle CLIENTELE POLITICHE”
Fabrizia Vaccarella
La cosa che ami di più di Milano?
Le opportunità diversificate in ogni settore.
Quella che invece ti piace di meno?
La poca socialità rispetto a città a maggior misura d’uomo.
Il tuo locale preferito?
Ostriche & vino (anche se non ci vado quanto vorrei).
Credits: @ostricheevino Ostriche e vino
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Aperitivo con gli amici quando possibile (per gli altri passatempi esco da Milano).
credits: @mercatoportaromana
La canzone su Milano a cui sei più legata?
Ma mi (Jannacci) per motivi diversi.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Lago di Como (non saprei dire altre località. Se esco da Milano mi muovo oltre).
Lago di Como (pixabay)
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Conoscere alcune amiche insostituibili.
La fermata della metro a cui sei più affezionata (e perché)?
Sant’Agostino, la mia prima casa, la mia prima vita.
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Alcuni palazzi ottocenteschi originalissimi.
Il quartiere che ami di più?
Sant’Ambrogio.
Credits: @milano_south Sant’Ambrogio
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Di andarsene.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Assolutamente sì.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
In una città di mare.
credit: siviaggia.it
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Investirei sulla sicurezza.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Credits andreaslodewijkschmidt IG - Porta Venezia M1
Dopo la serie di violenze e vandalismi su bus e metrò le istituzioni intervengono: si passa da un Comitato e si arriva… a un Tavolo. Ecco l’obiettivo di questo nuovo soggetto.
AGGRESSIONI sui MEZZI: la MONTAGNA della POLITICA partorisce un TOPOLINO
# Il protocollo di intesa per fermare le aggressioni sui mezzi pubblici
Credits Arianna Censi FB – Firma protocollo Comune – Esercito
“Prima pagina, venti notizie – ventuno ingiustizie e lo Stato che fa – si costerna, s’indigna, s’impegna – poi getta la spugna con gran dignità”. Una storia già scritta e già cantata da De André quella che è accaduta a Milano. Nelle ultime settimane in città si è registrata un’escalation di episodi di molestie, vandalismi e furti, avvenuti a bordo di tram, bus e metropolitane, a carico di conducenti e passeggeri.
Porta Venezia, Gorla, circolare 90/91, zona Navigli e piazza Ohm, sono solo alcuni siti cittadini dove hanno avuto luogo i fatti criminosi. Dopo che i sindacati hanno alzato la voce (“Le aggressioni al personale Atm non si contano più, non si può arrivare ad avere paura di uscire dalla cabina“, scriveva la Rsu in un volantino) è arrivata la prima risposta, pronta e decisa, delle istituzioni: un protocollo di intesa. Parafrasando Maria Antonietta, il popolo ha paura, gli si dia un Protocollo. Che di fatto ha sancito che i militari possono “viaggiare gratuitamente sulla rete del trasporto pubblico cittadino per garantire maggiore sicurezza e rispetto delle norme”.
Ma questo tempestivo Protocollo non ha dato gli esiti sperati. La prefettura in una nota ha confermato la situazione effettivamente si stava facendo sempre più calda: mentre dal 2009 al 2019 è stato registrato un costante e cospicuo decremento delle aggressioni, negli ultimi due anni invece sono aumentati gli atti vandalici, soprattutto su bus, tram e filobus, e le liti anche violente fra i passeggeri o fra passeggeri e personale Atm.
# Il Comitato prefettizio per l’ordine e la sicurezza dà vita ad un tavolo tecnico. Riuscirà questo nuovo soggetto a frenare le violenze?
Credits andreaslodewijkschmidt IG – Porta Venezia M1
Per arginare il fenomeno le istituzioni cosa fanno questa volta? Creano un Tavolo tecnico. Un comitato (Comitato prefettizio per l’ordine e la sicurezza) che dà vita ad un tavolo (“Tavolo tecnico dedicato, coordinato dalla questura, a cui prenderanno parte rappresentanti dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia locale e della stessa security di Atm”).
La mission di questo Tavolo? Garantire il migliore coordinamento operativo e per una analisi più tempestiva e costante delle criticità. Riuscirà questo nuovo soggetto a frenare aggressioni, furti e atti vandalici sui mezzi? Lo scopriremo solo vivendo. Al massimo il Tavolo, generato ma non creato dal Comitato, potrà dare alla luce un nuovo attore, diciamo che potrebbe essere una Commissione. Figlia del Tavolo e nipote del Comitato.
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Una mostra porta all’attenzione l’affermazione sociale della donna all’interno di una comunità antica, in cui le donne sono al centro di una corrente pittorico-artistica significativa. Ecco dove.
A Milano arrivano le DONNE VENEZIANE del CINQUECENTO
# La donna al centro
Sylvia Ferino porta a Palazzo Reale a Milano una mostra in cui grandi autori del Cinquecento rendono omaggio alla donna rendendola il centro della loro produzione artistica. Dopo numerosi libri dedicati al tema, che evidenziano come la Venezia Cinquecentesca fosse la società che dimostra il cambiamento della concezione femminile nell’arte rappresentativa, questa mostra porta a Milano la passione della Serenissima per la figura femminile. La tappa inaugurale della mostra è stata il Kunsthistorisches Museum di Vienna, da cui sono state trasferite numerose opere. A Palazzo Reale la mostra ha luogo tra il 23 febbraio al 5 marzo, è prodotta da Milano-Cultura e Skira, insieme al museo e la Fondazione Bracco.
Il soggetto della mostra sono le donne nella società Veneziana, in cui le donne avevano un ruolo di risalto nel Cinquecento. Questa visione femminile era una conseguenza del cosmopolitismo di una cultura internazionale, caratterizzata dalla conoscenza di diverse lingue, dalla pratica di diverse religioni e anche maggior rispetto dell’aspetto umano. All’interno di questa società la donna aveva ruolo di rilievo, nonostante non possedesse un ruolo pubblico, essa, a qualsiasi ceto appartenesse poteva occuparsi di poveri e malati, grazie al sostegno delle parrocchie. Un altro fatto che affermava il ruolo di rilievo della donna era che a Venezia poteva disporre liberamente della propria dote.
Nonostante il ruolo che ricoprivano, queste donne sono rappresentate da un punto di vista maschile: gli autori sono infatti Tiziano, Giorgione, Palma il Vecchio, Lorenzo Lotto, Veronese e altri. Le donne soggetto della mostra sono tutte rappresentate belle, ingioiellate, eleganti e scollate, non certo rispettando il pensiero politicamente corretto del 2022. Ma per Tiziano la donna rappresenta la parte migliore della creazione, così come per gli altri pittori, che la celebrano rendendole omaggio attraverso rappresentazioni di bellezza e decoro, creando autostima nella figura femminile, mettendo in discussione l’autorità maschile attraverso la promozione del movimento querelles des femmes, partito a Venezia alla fine del Cinquecento.
Oltre ai quadri nella mostra a Palazzo Reale la donna viene rappresentata anche attraverso sculture, gioielli e altri esempi di arte decorativa, tutti mettono in risalto il ruolo libero e attivo nella società della donna a Venezia unito alla sua bellezza intrinseca.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Milano cambierà la mobilità. Se ne parlava già da un po’ e si aspettava solo l’approvazione, arrivata ora dal Consiglio Comunale con 28 voti favorevoli e 12 contrari. Con l’obiettivo di diventare una città sempre più green e “carbon neutral”, lunedì 21 febbraio è stato approvato dal consiglio comunale di Milano il “piano aria e clima”. Il progetto che trasformerà la mobilità milanese potrà avere inizio. Ma cosa prevede questo Piano aria e clima?
Nuove ztl, niente diesel e città a 30 all’ora: a Milano CAMBIA la MOBILITÀ con il “Piano Aria”
Gli obiettivi prefissati si dovranno portare a termine tra il 2022 e il 2050 e la sfida finale è quella di far diventare Milano una città a zero emissioni. Obiettivo molto ambizioso, quasi utopico, ma rimane che la città vuole impegnarsi per essere sempre più sostenibile.
# L’approvazione definitiva
Credits: @milanoguida BAM
Il Piano Aria e Clima era già nel cassetto del Comune di Milano da qualche tempo e, dopo il 10 gennaio scorso quando è stato presentato nella sua totalità, lunedì è stato accettato definitivamente dal consiglio comunale. Il Piano si divide in 5 macro-aree di intervento (salute, connessione e accessibilità, energia, adattamento ai cambiamenti climatici e consapevolezza) e prevede una transizione ecologica della città.
Il Comune specifica che il piano è stato ideato partendo dal voler garantire la salute ai propri cittadini attuali e futuri, per questo si è sottolineata l’esigenza di un cambiamento. Come riportato dal Comune, si vuole migliorare la qualità della vita dei milanesi e per farlo bisognerà passare “dall’abbattimento delle emissioni inquinanti al raggiungimento della neutralità carbonica, passando per il contenimento dei rischi legati al cambiamento climatico, la valorizzazione dell’economia circolare e sostenibile sino all’adozione di stili di vita consapevoli e responsabili. Azioni sistemiche e sinergiche rivolte a tutti i cittadini con una particolare attenzione a chi è più fragile per età, situazione socio-economica e stato di salute”.
# Nuove Ztl e una città a 30 km/h
auto parcheggiate (pixabay)
Alcuni degli interventi previsti dal Piano Aria sono già noti ai milanesi, tra questi la volontà di trasformare Milano in una città ciclopedonale, una cosiddetta città a 30 km/h. Per raggiungere questo obiettivo, a partire da ottobre 2022, si inizierà a impedire l’accesso in città alle auto diesel Euro 5. Sempre per ottenere una città a 30 km/h verranno create nuove Ztl, aree a traffico limitato, in particolare in quelle zone considerate “sensibili”. Un esempio sarà favorire la realizzazione di accessi privilegiati a pedoni, bici e monopattini nelle aree vicine a scuole e ospedali.
Credits: pixabay.com, Beeki
Sempre rimanendo in tema auto, l’obiettivo è anche quello di scoraggiare l’utilizzo di mezzi privati e di diminuirne l’uso entro il 2025. Per farlo, tra le idee del Piano Aria e Clima, c’è quella di togliere i parcheggi gratuiti e trasformare alcune aree cementate adibite a parcheggio in spazi verdi.
# Verso la riduzione di emissioni CO2
Le scuole avranno un ruolo molto importante nel Piano. Per ridurre del 45% le emissioni di CO2 entro il 2030, il Comune prevede l’installazione di 60mila mq di pannelli fotovoltaici sui tetti di scuole, case popolari e uffici. In più si vogliono controllare gli impianti termici delle case private, portando i cittadini a scegliere impianti sempre più moderni e sostenibili.
Sempre per contrastare l’innalzamento della temperatura della città, si ridurranno le isole di calore inserendo più spazi verdi e depavimentando alcune aree. Per questi obiettivi ci si affiderà a progetti già avviati come ForestaMi, ovviamente implementandoli.
# Un’azione non più procrastinabile
Il Piano Aria e Clima è essenziale e la transizione ecologica della città non può più essere rimandata. Lo sa il Comune vedendo i nuovi limiti dei livelli di inquinanti imposti dall’Oms, ma lo sanno anche i cittadini sempre più attenti all’ambiente.
Milano cambierà davvero dopo il Piano Aria e Clima?
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Stanziati 1,6 miliardi per il prolungamento della terza linea metropolitana della capitale. Ecco fino a dove si estenderà e gli sviluppi futuri.
La LINEA C di ROMA riprende la MARCIA: le NUOVE FERMATE in arrivo
# In arrivo 1,6 miliardi dal PNRR per il prolungamento della Linea C
Credits geordie_7272 IG – Stazione Metro C
Nell’ambito dell’evento “PNRR e risorse nazionali quale impatto per Roma” il Ministro Giovannini ha confermato lo stanziamento di 1,6 miliardi di euro per il prolungamento della terza linea metropolitana della capitale, relativamente alla tratta T2 Venezia – Clodio.
Queste risorse fanno parte dei 3,7 miliardi destinati alle metropolitane nelle città italiane dall’art. 1 co. 393 della Legge Finanziaria 2022 che entro la fine del mese di febbraio verranno attribuite ufficialmente tramite un apposito decreto ministeriale. Per la tratta T2 sono 1,7 i miliardi di euro stanziati complessivamente, contando i 140 milioni messi a disposizione nel 2014 per la realizzazione della stazione Venezia. Questi fondi non bastano però per l’intera tratta, servirebbero 2,5 miliardi, ma per dare avvio ai cantieri della sub tratta comprendente la sola stazione Venezia.
Entro la fine dell’anno, grazie al finanziamento di un’intera tratta della metropolitana di Roma dopo 10 anni, dovrebbe esserci la cantierizzazione della stazione Venezia mentre l’avvio dei lavori per la restante tratta T2 è previsto entro il 2023, previo cofinanziamento di Comune e Regione e il necessario risanamento di Roma Metropolitane.
La nuova tratta si estenderà per circa 4 km e avrà 5 nuove fermate: Venezia, Chiesa Nuova, San Pietro, Ottaviano e Clodio/Mazzini. La realizzazione del prolungamento fino alla stazione Farnesina è ancora da definire in quanto servono ulteriori 700 milioni di euro, che potrebbero essere inseriti nelle finanziarie dei prossimi anni.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Francesco Langiulli. Pugliese di nascita, milanese di adozione. Esperto di comunicazione, fotografo, motociclista: circolano sul web i suoi viaggi in solitaria per le strade del mondo. Ha fondato Milano Panoramica, ama guardare Milano dall’alto.
Francesco LANGIULLI: “la mia Milano avrà più LUCE e BELLEZZA”
Francesco Langiulli
La cosa che ami di più di Milano?
Tante opportunità, tanti aeroporti, siamo al centro del mondo e non basta una vita sola per conoscere tutti gli aneddoti e luoghi nascosti.
Quella che invece ti piace di meno?
Da pugliese sono cresciuto con la cultura che i locali commerciali, negozi di abbigliamenti, ferramenta, panettieri, qualsiasi attività commerciale resta aperta fino alle 22 e chiude tra le 13 e le 16. Questo è un modo per rendere sempre viva la città anche nelle ore buie. Da quando vivo a Milano, circa 15 anni, mi sono accorto che dopo le 18 in alcuni quartieri, anche del centro storico, si percepisce quella sensazione di coprifuocoche nelle città del sud Italia non c’è. La stessa sensazione la percepisco dei paesi dell’hinterland.
Il tuo locale preferito?
Il Carlsberg, accogliente, si mangia qualsiasi cosa e ci sono talmente tanti posti a sede che spesso anche senza prenotare si trova posto. Nonostante le centinaia di coperti il servizio è sempre velocissimo.
Credits: @ferri_silvia_e_luna Carlsberg Ol
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Fotografare e conoscere gente.
fotografare (da pixabay)
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Luci a San Siro, ma solo perché ho visto un centinaio di volte il film “3 uomini e una gamba” ahah
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Andando in moto direi il lago di Como, il Ticino.
lago como, milano
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Realizzare qualsiasi mio sognonel cassetto.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Gambara, è stato il mio primo quartiere di Milano dove ho abitato.
Credits: cavourimmobiliare.it
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Montagnetta di San Siro, quando ho scoperto come fosse “nata”
montestella
Il quartiere che ami di più?
CityLife / Ravizza
Credits bigbuilds IG – Citylife
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Serve piùsicurezza in questa città, non possiamo permetterci scorribande che arrivano dall’hinterland libere di fare quello che vogliono, Milano è una città che merita rispetto. Servono punizioni, anche piccole, per far rispettare le regole.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Sono assolutamente d’accordo.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Una città sul mare e giovane come Valencia.
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Li utilizzerei non per grandi opere ma per sanare tutto ciò che è brutto alla vista, c’è ancora tanto degrado nell’arredo pubblico e non tanto nelle periferie, a Milano tanti quartieri moderni vengono curati meglio di tante vie del centro storico.
Francesco Langiulli
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Preservare la sua bellezza, preservare la qualità della vita senza costi aggiuntivi, altrimenti sarà una città per soli ricchi come molte metropoli mondiali dove il divario tra ricchi e poveri è molto evidente.
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Un amico ci ha raccontato che a causa di un passaggio di proprietà di una banca online gli si è interrotto l’utilizzo della carta di credito e a catena si sono verificate una serie di cose che hanno paralizzato la sua vita. Non è stato più in grado di guardare la posta perché aveva attivato l’espansione dello spazio di gmail automaticamente sulla carta, non riusciva più ad acquistare su Amazon per lavoro, non funzionava più paypal e, ovviamente, non poteva prelevare soldi né fare la spesa.
Questo ci ha ricordato un altro episodio accaduto in Francia due anni. Si era smagnetizzata la carta di credito e non potevamo più fare benzina. Fortunatamente avevamo dei contanti perché altrimenti saremmo rimasti bloccati sulla costa della Normandia.
Due esempi che dimostrano quanto siamo fragili perché abbiamo messo la nostra vita in mano a servizi virtuali privi di qualunque contatto reale, soprattutto umano, in cui spesso è impossibile contattare qualcuno per avere chiarimenti su quello che è successo.
Anche per questo molti di noi si sono fortemente allarmati alla decisione di Trudeau di congelare i conti correnti dei manifestanti canadesi. Azione esercitata senza processo contro persone che fino a prova contraria sono innocenti. E che dovrebbe essere un giudice, non certo un uomo politico, dopo un giusto processo, a decidere se è stato compiuto un illecito e quale deve essere la pena.
L’automazione tecnologica orientata a massimizzare i profitti insieme a questa ondata di autoritarismo illimitato che si sta diffondendo nel mondo moderno stanno portando ognuno ad essere totalmente dipendente da meccanismi incontrollabili che possono bloccare completamente la vita delle persone senza alcun motivo.
Forse i lockdown che abbiamo subito, in cui di colpo a ognuno di noi è stata tolta la libertà perfino di uscire di casa senza aver compiuto alcun misfatto, potrebbe essere non un avvenimento incidentale bensì una metafora di una nuova era in cui siamo entrati. Un’era in cui tutto di noi, dai beni materiali allo stesso corpo, è in mano di altri.
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Un movimento silenzioso diffuso nelle strade di Milano. I No Passante, quelli che il passante non lo hanno mai preso. E non riescono a immaginarselo neanche. Queste le ipotesi che circolano tra chi non lo frequenta.
I NO PASSANTE: come ci immaginiamo il passante noi che non l’abbiamo mai preso
# “Dubitiamo della sua stessa esistenza”
Alcuni di quelli che non hanno mai preso il passante dubitano perfino della sua esistenza. Forse perché in alcune fermate è in coabitazione con la Metro, forse perché in certe zone è talmente deserto da fare invidia alle distese di sale del Nevada. Tra di loro gira voce che proprio come il Molise il Passante ferroviario non esista ma sia solo una manovra di marketing per fare sembrare più estesa la linea metropolitana milanese.
# “Non riusciamo a concepire che un treno possa passare sottoterra come una metropolitana”
il treno che passa sotto Milano. Credit: Repubblica Milano
Una delle meraviglie agli occhi di vede il passante per la prima volta. Sembra come una metro salvo vedere l’arrivo di un treno vero invece di quello della metropolitana. Con trambusto e sferragliare assordante. Se è un treno dovrebbe partire da Centrale, Garibaldi o Lambrate, se è una Metro al massimo potrebbe fare spola fra Porto di Mare e il Duomo, o fra QT8 e Molino Dorino. Ma i suoi creatori lo sapevano bene, e per confondere i No Passante non lo hanno chiamato né Metro né treno. Bensì, appunto, Passante.
# “Deve essere un universo di persone stranissime”
gente sul passante
Chi non lo ha mai preso si può scordare i passeggeri tipici di Metro e treni regionali o nazionali. Sul passante si può trovare di tutto. E chi non c’è stato si immagina personaggi al limite della fantasia. Forse a ragione.
# “L’idea che sia tipo una funivia, piccola, corta”
Chi lo immagina come qualcosa di più simile a una funivia che a un treno. Breve, con corse avanti e indietro. E poi ci sono anche dei No Passante che lo identificano come un mezzo fatto apposta per trasportare le persone fuori dai confini urbani. Riescono a concepirlo come un treno di sola andata, senza fermate, per la terra di nessuno.
# “Non riesco a immaginare il passaggio da fuori a sottoterra”
Credits: en.wikipedia.org S9
Il momento in cui il treno si infila sottoterra è un’altra delle immagini che i no passante non riescono a rappresentare nella mente. Si apre un buco, si casca in una voragine o la discesa è più dolce, a poco a poco? Così come l’opposto. Che effetto può avere scendere per prendere un treno sottoterra e vedere poi la luce? C’è l’idea che i binari di una ferrovia dovrebbero essere in piano, o quasi. Ma non scendere sottoterra.
# “L’idea inconcepibile che possano arrivare sullo stesso binario treni per diverse direzioni”
Ecco un altro caposaldo del movimento No Passante. Nella metro ogni linea ha il suo treno e il suo binario. Mentre nel caso del passante no. Sullo stesso binario scorrono treni che possono poi andare in direzioni diverse e bisogna fare attenzione a dove si sale. Sulla metro al massimo si può sbagliare diramazione, qui si può finire dalla parte opposta della Lombardia.
# “Dalla metro al passante è come scendere all’inferno…”
Per i no passanti abituati alla metro, il passaggio al passante nella stessa stazione assomiglia a una discesa agli inferi. Si vedono allontanarsi persone che non si vedranno mai più, spesso rifornite di bagagli e borse come se dovessero affrontare un viaggio infinito. Tutto il contrario della metropolitana, insomma. Il luogo degli incubi sono le fermate divise a metà fra Metro e Passante (come ad esempio Milano Repubblica o Garibaldi): per prendere quest’ultimo bisogna fare un’infinità di scale mobili ripide e minacciose, al cui fondo pare esserci un buco nero.
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Il Paese è il secondo più grande inquinatore marino al mondo dopo la Cina. Per questo si è impegnata a ridurre i rifiuti di plastica nelle sue acque entro il 2025. Vediamo come.
La città dove si paga il BUS con i rifiuti di PLASTICA
# Il problema della plastica
Credits: pixabay
L’Indonesia è uno stato del Sud-Est asiatico a cavallo dell’Equatore, che divide l’Oceano Indiano da quello Pacifico, composto da 17.000 isole e popolato da 275 milioni di abitanti, il quarto più popolato al mondo dopo Cina, India e Stati Uniti.
Per la sua posizione è fortemente soggetto alle precipitazioni monsoniche, sia provenienti dall’Asia che dall’Oceania.
Tutte questa caratteristiche contribuiscono ad una situazione critica nelle acque indonesiane, letteralmente invase dai rifiuti di plastica, complice la scarsa sensibilità della popolazione alle tematiche legate all’inquinamento ambientale che interessa anche i corsi d’acqua interni.
A Gennaio 2021, alcuni abitanti hanno trascorso un fine settimana sulle più famose spiagge di Bali per ripulirle dai rifiuti accumulati a riva dai monsoni. Il risultato sono state 90 tonnellate di detriti al 70% costituiti da materiale plastico.
Nel novembre 2018 è stata trovata una balena morta all’interno del Parco Nazionale di Wakatobi con 6 chilogrammi di plastica nello stomaco.
Il Governo Indonesiano ha preso coscienza dell’emergenza che inquinamento che sta colpendo il Paese e ha avviato dei programmi volti a ridurre del 70% i rifiuti di plastica negli oceani entro il 2025 azzerandoli nel 2040.
Per farlo sta agendo su 2 fronti, da un lato si sta cercando di limitare l’utilizzo di materiali plastici vietando, ad esempio, l’utilizzo di cannucce e sacchetti di plastica, dall’altro sta cercando di agire sulla sensibilizzazione della popolazione circa l’importanza di raccogliere e riciclare la plastica in modo adeguato.
In quest’ottica rientra l’iniziativa avviata nella città indonesiana di Surabaya, popolata da circa 3 milioni di abitanti che ha introdotto un incentivo unico al mondo.
A Surabaya c’è la possibilità per i cittadini di scambiare la spazzatura con biglietti di viaggio per gli autobus.
L’amministrazione ha messo a disposizione 20 autobus quasi nuovi, ciascuno con cestini per raccogliere i rifiuti permettendo alle persone di ottenere un viaggio di 1 ora con 3 bottiglie grandi, 5 bottiglie piccole o 10 bicchieri di plastica.
Il risultato è stato molto incoraggiante, con sempre più persone impegnate a raccogliere rifiuti che prima venivano lasciati a bordo delle strade o dentro i corsi d’acqua, fino a 6 tonnellate inviate al riciclo ogni mese.
Offrire viaggi gratuiti in cambio di comportamenti responsabili ha dato modo alle autorità di educare la popolazione sull’importanza del riciclo e dall’altro di incentivare l’utilizzo di mezzi pubblici con il risultato secondario di diminuire la congestione del traffico su gomma.
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Credits thelegendaryexplorer IG - Sobrino de Botin
Ha visto la Guerra dei Trent’anni, William Shakespeare, Galileo Galilei, la Santa Inquisizione e la Rivoluzione Francese. Sta avvicinandosi al mezzo millennio di vita. Ecco dove si trova e la sua affascinante storia.
Il RISTORANTE più ANTICO del MONDO
# Le prime notizie risalgono al 1590
Credits mia.in.madrid IG – Guinness Botin
Il ristorante più antico del mondo si trova a Madrid. Le prime notizie su di lui risalgono al 1590. A quell’epoca venne infatti edificato il palazzo che ancora oggi ospita il ristorante, conosciuto come Casa Botin, dove il proprietario decise di aprire un’osteria per viandanti.
Il Sobrino de Botin, questo il nome del ristorante, fu rilevato nel 1620 da Jean Botin, un giovane cuoco francese che decise di stabilirsi nella capitale rilevando l’antica osteria. La data ufficiale di apertura del ristorante, prima i clienti dovevano portarsi il cibo da casa e l’oste poteva solo vendere le bevande, è il 1725 quando un nipote della moglie di Botin aprì una taverna all’interno dell’edificio ristrutturandolo con l’aggiunta di un forno a legna presente ancora oggi.
# La trasformazione del ristorante fino alla conformazione odierna
Sobrino de Botin
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Credits thelegendaryexplorer IG - Sobrino de Botin
Credits enrique_mateu IG - Interno Botin
Credits marcy_poppy IG - Maialino al forno Botin
Agli inizi del XIX secolouna nuova ristrutturazione del ristorante destinò l’ingresso ed il primo piano all’accoglienza dei clienti mentre i piani superiori ad uso della famiglia. Durante i primi decenni del 1900 il Sobrino de Botin fu rilevato dalla giovane famiglia Gonzalez formata da Amparo, il marito Emilio ed i loro tre figli che trasformò il locale nella conformazione odierna. Tutti e 4 piani sono occupati dal ristorante, la struttura è stata preservata nel modo più fedele possibile all’originale, e viene offerta la tipica cucina tradizionale castigliana.
Ernest Hemingway ed Emilio Gonzalez, il nonno dei giovani proprietari attuali, erano molto amici a tal punto che lo scrittore chiese al proprietario del ristorante di insegnarli a cucinare la paella, ma senza risultato. Sempre Hemingway nel romanzo Fiesta cita il ristorante e le sue specialità, il maialino da latte al forno. Un altro personaggio, che diventò in seguito uno dei più riconosciuti pittori spagnoli, fu Francisco Goya che lavorò al Botin come lavapiatti prima di diventare un vero artista. Due assidui frequentatori del ristorante furono i celebri scrittori Truman Capote e Francis Scott Fitzgerald.
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