Il servizio di trasporto pubblico di Milano continuerà ad ampliarsi nei prossimi anni. Le maggiori novità riguarderanno i cittadini dell’hinterland, in questo caso quelli che vivono lungo la direttrice della linea verde. Vediamo le ultime novità in arrivo.
🛑 La LINEA VERDE avanza. Destinazione: Vimercate
# Un nuovo capolinea
«Il prolungamento della M2 da Cologno Monzese a Vimercate è nero su bianco» così ha dichiarato Massimiliano Capitanio, deputato della Lega. Il cambiamento è stato ufficialmente inserito all’interno del bilancio di previsione dello Stato. La notizia è stata accolta con entusiasmo a Milano, dove il sindaco Giuseppe Sala ha commentato positivamente la scelta. Da adesso la scommessa sarà quella di rendere concreto il progetto.
L’ordine riguardante l’ampliamento della linea verde fino a Vimercate era già stato approvato all’interno delle leggi di bilancio del 2019 e del 2020. Adesso è il momento di agire. Il progetto potrà finalmente soddisfare il desiderio degli abitanti del vimercatese, che da dieci anni aspettano la costruzione di un collegamento con la metropoli. Lo scorso agosto è stata presa in considerazione la costruzione di una linea leggera, un collegamento moderno che collegasse il capolinea Cologno con la Brianza. Il progetto è stato riconsiderato diverse volte, la decisione è poi ricaduta sul prolungamento della linea metropolitana M2. La soluzione è la Light Rail Project, che mantiene le caratteristiche della metropolitana classica ma con un percorso meno intenso di fermate. Il progetto ha coinvolto i comuni di Cologno Monzese, Brugherio, Carugate, Agrate Brianza, Concorezzo e Vimercate.
I cambiamenti previsti nel futuro non includono solo la linea M2 ma anche le altre linee metropolitane. Oltre al prolungamento verso Vimercate, infatti, la finanziaria firmata prevede anche quello della M3 da San Donato verso Paullo e la garanzia di risorse per gli ampliamenti di M1 e M4, nonostante quest’ultima non sia ancora in funzione. Lo stesso vale per la possibilità di ampliare il servizio di trasporto costruendo una nuova linea M6. Per ora il 2022 si concentrerà su Vimercate ma i progetti per il futuro prevendono una più ampia espansione metropolitana.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In questo periodo abbiamo assistito a una divisione della società molto netta su posizioni antagoniste che difficilmente trovano un punto d’incontro.
Il governo anche attraverso i media mainstream continua a gettare benzina sul fuoco alimentando questa frattura tra le persone a volte anche nella stessa famiglia. Ma nel tentativo di cercare dei punti comuni all’interno dei cittadini la cosa che emerge più forte inequivocabilmente è la fatica e la stanchezza a rispondere incessantemente alle sollecitazioni che ci vengono trasmesse senza sosta.
Ogni italiano ogni giorno si trova sulla tv, sui giornali, nelle discussioni politiche, nelle decisioni del governo lo stesso ritornello ossessivo centrato sulla paura, sulla diffidenza nei confronti dell’altro e su un senso di catastrofe incombente.
In uno slancio unitario gli italiani quasi inconsapevolmente forse stanno esprimendo un sentimento comune: il nuovo canto degli italiani ben rappresentato in questo video.
Sarà questa la nuova variante di questo inizio di anno estremamente “positivo”?
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In Italia esistono luoghi misteriosi, castelli sperduti e piccoli borghi isolati. Luoghi magici che creano un’atmosfera unica al mondo. Ecco 9 luoghi esoterici da visitare almeno una volta nella vita.
I luoghi più ESOTERICI da visitare in Italia almeno una volta nella vita
# Italia esoterica
L’Italia vanta una storia millenaria che ha visto il passaggio di diversi popoli e culture nei secoli. Ogni popolo passato per la penisola ha contribuito a renderla magica costruendo: sono numerosi i castelli, la chiese, i borghi, i palazzi che hanno origini antiche e sono testimonianza di un’architetture unica e di un passato magico. Tutte queste strutture contribuiscono all’identità del paese e alcune di esse sono circondate da un’aura di segreto e malinconia. Ecco i 9 luoghi più esoterici d’Italia.
Credits: associazioneaenea, IG
# 1 I graffiti segreti del Castello Ursino (Catania)
Dalle sue torri cilindriche ai graffiti sulle sue pareti, ogni parte del Castello Ursino a Catania nasconde un significato magico e oscuro. Per volere del suo committente, Federico II di Svevia, la struttura è stata dotata di simboli esoterici visibili ancora oggi. Le piccole finestre e le spesse mura contribuiscono a dare l’idea di un palazzo che nasconde un segreto, che può essere decifrato solamente da chi ne conosce i codici.
# 2 Il tesoro dei diavoli nel Palazzo della Zisa (Palermo)
A Palermo si trova Palazzo della Zisa, un complesso arabo-normanno, che secondo la leggenda fu costruito da due innamorati in fuga che, a causa dell’opposizione del padre dello sposo, si allontanarono rubando un tesoro. Il tesoro si trova ancora nel castello, sorvegliato da alcuni diavoli, rappresentati nell’affresco della Sala della Fontana, che potranno essere scacciati da chi riuscirà ad individuarne il numero preciso, compito difficile visto che continuano a muoversi sulla parete.
Credits. medievalitaly, IG
# 3 L’ingresso nel mondo dei morti al Parco archeologico di Cuma (Napoli)
Alle porte di Napoli si trova il Parco archeologico di Cuma, al cui interno c’è il tempio di Apollo, sotto il quale si trova una galleria, percorrendo questa si trova l’Antro della Sibilla, luogo dove si dice che la sacerdotessa facesse le sue divinazioni. Il luogo è di antica origine, è scavato nel tufo e secondo il mito dalla galleria si può anche raggiungere l’ingresso del mondo dei morti. Il napoletano, terra di superstizioni, accoglie numerosi luoghi magici e il parco di Cuma è uno di questi.
# 4 Riti satanici e sabba nella casa del Diavolo (Bellano, Como)
La casa del diavolo si trova nel canyon di Bellano, nei pressi del lago di Como. L’abitazione è costituita da una torretta irregolare, dotata di quattro piani, posta a strapiombo sulla cascata del canyon. Sulle pareti interne sono raffigurati animali mitologici e la leggenda vuole che fosse la sede di riti satanici e sabba.
# 5 Le invocazioni alla Grande Madre alla Preja Buja (Sesto Calende, Varese)
Sul lago Maggiore si possono trovare numerose località in cui si narra di riti per la fertilità. Diversi luoghi naturali portano i segni e le incisioni di quelli che sembrano essere simboli per la richiesta di fertilità da parte delle popolazioni antiche. In particolare, nei pressi di Sesto Calende si trova un masso, la Preja Buja, su cui sono incise invocazioni alla Grande Madre. Il masso potrebbe essere un altare di origine preistorica usato nei riti di invocazione per garantire la maternità alle giovani donne.
Credits: la0li, IG
# 6 La strage delle streghe di Triora (Imperia)
Salem è la città più famosa al mondo per la caccia alle streghe, ma anche in Italia c’è una piccola città tra le montagne liguri, che verso la fine del Cinquecento fu soggetta allo stesso destino. Infatti, i cittadini del piccolo borgo di Triora ancora oggi ricordano il tragico avvenimento con la Strigora. Ogni prima domenica dopo Ferragosto vengono ricordate tutte le donne innocenti che persero la vita nel paese a causa della frenetica persecuzione.
# 7 La Madonna dei Templari nella Cripta di Ugento (Lecce)
Ugento è un piccolo paese nei pressi di Lecce, in questa località, scavata nel tufo a 5 metri di profondità, si trova la cripta del Crocifisso. Sulle sue pareti sono posti numerosi affreschi, molti dei quali rappresentano simboli legati alla leggenda dei Templari. Ad essere particolarmente affascinante è il grande affresco della Madonna in trono con il bambino, il quale porta un orecchino al lobo sinistro, tale raffigurazione è ancora avvolta dal mistero.
Credits: Tripadvisor
# 8 La pietra filosofale nelle grotte alchemiche (Torino)
Una grande città attraversata dal fenomeno dell’esoterismo è Torino. La leggenda narra la presenza delle grotte alchemiche scavate nel sottosuolo della città, che avrebbero la capacità di trasportare i visitatori in dimensioni parallele e all’interno di una di esse si troverebbe la pietra filosofale, in grado di far vivere per sempre. La loro ubicazione è ignota, poiché non visibili, ma si suppone che attraversino il suolo sotto Palazzo Reale e Piazza Statuto.
#9 Il fantasma di Cagliostro nel Forte di San Leo (Rimini)
In Emilia-Romagna si trova il Forte di San Leo, posto a strapiombo su di un monte offre una fantastica vista della piana di Montefeltro. La località è legata al mito di Cagliostro, mago, esoterista e guaritore, che venne rinchiuso all’interno del forte con l’accusa di eresia. Il mago non si fece fermare dalla prigionia e continuò a praticare le sue arti anche all’interno della propria cella, finché stremato dallo sforzo morì. Si dice che il suo fantasma infesti ancora le stanze del castello.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In una città dell’Est l’eterna sfida della riqualificazione urbana è stata non solo raccolta, ma anche brillantemente vinta con un progetto che ha trasformato una vecchia area dismessa nel “quartiere delle felicità”. Vediamo dove si trova e perchè potrebbe ispirare anche Milano.
Il rivoluzionario QUARTIERE della FELICITÀ che sembra fatto di lego colorati
# Dal Microraion agli hashtag di Instagram
Credits: doveviaggi IG
Protagonista di questa avventura è, inaspettatamente per queste latitudini, uno dei quartieri di Kiev, uno di quelli più segnati dalla rigida e funzionale filosofia ex Sovietica dei microraion (o micro distretti), rivoltato completamente da un semplice ingrediente: il colore.
Archimatika, lo studio coinvolto nella riqualificazione con sede in Russia, in Norvegia e proprio a Kiev, ha trovato nel microsaion la perfetta base in bianco e nero dei giochi per bambini da colorare.
Ma se vi sembra che colorare questi edifici sia stato un gioco, facciamoci un giro tra le vie di Comfort Town, per capire i segreti del successo: il quartiere della felicità di Kiev è infatti uno dei luoghi più visitati dell’intera Ucraina e vive come un influencer, il cui successo è dato dagli hashtag di Instagram.
# Abitanti felici, costi contenuti, record di turisti
Credits: @earthbestshots IG
Questo è il mantra che seguono alcuni studi di architettura, l’ispirazione da seguire per realizzare le migliori riqualificazioni.
A misurare dai consensi che Comfort Town raccoglie, sia dalle interazioni social che dai racconti live dei viaggiatori, il mantra ha funzionato. Il quartiere è stato disegnato privilegiando le differenze e presenta palazzi di svariate altezze e dimensioni. Dopodiché, il trionfo dei colori pastello impiegati si è rivelata la scelta più azzardata ma quanto mai vincente.
Tutta Comfort Town si estende per 40 ettari complessivi.
I blocchi modulari sono la scelta pratica, intrapresa per la prima volta da Archimatika, per contenere i costi della riqualificazione. Il distretto, però, è finemente rifinito da aree verdi, zone pedonali saldamente riparate dalle sedi stradali riservate al traffico veicolare e servizi.
L’invariabilità delle facciate piatte e le ampie finestre delle case è spezzata in maniera dirompente, grazie ai colori che spaziano dal rosa, al giallo e all’azzurro che, oltre a conferire alla zona l’aspetto di un urbanismo tattico verticale, regalano un puzzle metropolitano di altezze e dimensioni che ne fanno un cocktail vincente.
Dalla prospettiva di cittadini e visitatori, tutte le differenze che da molto vicino sembrano scollegare tra loro gli elementi, sono invece abbelliti da viali alberati, una grande cittadella scolastica, realizzata riqualificando le vecchie fabbriche abbandonate, 4.600 m² dedicati allo sport all’aperto e ad un gigantesco impianto sportivo completo di piscine e palestre, nonché caffè, servizi, uffici ed un grande centro commerciale che serve appunto Comfort Town.
Se questo esperimento perfettamente riuscito, tanto da fare inserire Reheneratorna Street nelle tappe di visita di Kiev, può insegnare qualcosa, è che si possono ottenere risultati ottimali anche usando blocchi prefabbricati e di facile assemblaggio a livello costruttivo.
Una volta pronti i palazzi, poi, si possono rifinire in molteplici modi, ad esempio colorando l’esterno delle facciate per abbellire tutto il quartiere. Il pensiero corre ai giudizi che stanno suscitando molti dei nuovi palazzi milanesi, come la Torre Aurora. Sicuramente dovremmo abituarci a fare meno polemiche intorno alle scelte urbanistiche dei nostri amministratori, però è anche vero che tutti i nuovi palazzi sono legati insieme da un sottile comune denominatore: sono tutti monocolore.
Per fortuna questo colore è il bianco, quello di un foglio da disegno. Che sia questo il segreto?
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Nell’articolo Albairate, il capolinea misterioso avevamo parlato della stazione punto di arrivo di una delle linee del passante, la S9. Il capolinea più misterioso di tutta la rete, anche perché quello che capita di vedere di meno e che è posto in un luogo sperduto ai confini della grande Milano. L’articolo ha ricevuto critiche e precisazioni. Come questa lettera di Roberto Bressanin che corregge il tiro del testo, in particolare ponendo i tre motivi della rilevanza di Albairate per il passante.
Albairate fermata nel nulla? Non è vero: il CAPOLINEA della S9 è STRATEGICO per la Grande Milano
Buongiorno,
mi permetto di dissentire in parte del vostro articolo elencando queste osservazioni:
#1 Albairate si trova al centro di una vasta area di interesse turistico e naturale
– cosa c’é ad Albairate: quello che offre il paese lo dovrebbe esprimere un suo abitante, magari vi dirà che è nel centro di una delle aree rurali più pregiate della Lombardia e ad alto tasso di preservazione, nonché lambita dal Naviglio Grande con la sua ciclabile che nasce dal Lago Maggiore, attraversa una zona suggestiva tra Turbigo ed Abbiategrasso con residenze d’epoca pregiate, e si dirige poi a Milano inanellando molti centri storici che non sto ad elencare.
A 4 km da Albairate c’é Abbiategrasso, 32000 abitanti, che forse ha meno bisogno di presentazioni ed é una delle porte verso il Ticino col suo parco più usate dai milanesi in gita fuori porta. Quindi quantomeno la S9 ha una funzione di supporto per il turismo in zona.
#2 Il capolinea è fondamentale in attesa del raddoppio della linea
Credits roberto_de_monte IG – Stazione Albairate
– perché la S9 si ferma ad Albairate? Perché per proseguire fino al capolinea tuttora previsto di Mortara, vi sono tre punti cruciali del tragitto che rendono problematico il raddoppio della linea: Abbiategrasso, il ponte sul Ticino e Vigevano. Quindi all’epoca dei lavori di raddoppio vi è stata la proposta di bypassare Abbiategrasso, per cominciare, con un percorso esterno alla città a partire appunto da Albairate, percorso fortemente osteggiato dagli abbiatensi (ovviamente e mi aggiungo).
Nell’attesa di una decisione il capolinea è rimasto li ma fortunatamente il PNRR sta portando voci di ripresa del progetto di raddoppio in città e si generano spinte ad almeno raggiungere Abbiategrasso col raddoppio. Provate ora a dire agli abbiatensi che il capolinea della povera Albairate avrà vita breve, dopo 20 anni di lotte e comitati pendolari già esausti dalla precarietà del servizio che giustamente mettete in evidenza.
#3 Un bacino di utenza di 300.000 persone: ora bisogna completare la S9
– bacino di utenza: da Mortara a Milano esclusa vi é una popolazione di oltre 300000 persone solo nei comuni serviti dalla linea ferroviaria, di cui 100000 sono solo Vigevano e Abbiategrasso, il cui movimento verso Milano é purtroppo tuttora gravato sulla statale Milano Mortara Alessandria, ormai a livelli di congestionamento insopportabili. Rinunciare al completamento della S9, quantomeno con un obbiettivo minimo di raggiungere Abbiategrasso (come vuole il Comitato “Ultimo Km”), sarebbe una gravissima azione di condanna di un intero territorio alla depressione economica.
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In un precedente articolo avevo parlato di come Milano sia una città da romanzo. Altre volte avevo parlato di come la musica e in particolare le canzoni siano state ispirate da questo luogo. Una città che ha vissuto un periodo d’oro negli anni novanta (come dimenticare la mitica scena milanese), ricca di locali dove esibirsi e che trova in San Siro la denominazione di tempio del rock.
Una città piena di case discografiche, una città che, nonostante l’avvento di rap, trap, raggaeton e autotune, non ha mai smesso di pulsare e di respirare il rock; una musica fatta da persone e non da computer, una musica fatta da gente che s’incontra nelle cantine, nelle sale prove e ci prova a dire la propria. Le righe che seguono sono dedicate a quei gruppi, a quegli artisti che sono rimasti ancorati, fieramente, all’underground. Siamo molto distanti dal mainstream, ma ciò non vuol dire che siamo lontani dalla qualità.
C’è aria di ROCK: I gruppi UNDEGROUND di Milano
# SAM & THE BLACK SEAS, le loro canzoni sono state scelte da Fabio Volo
credits: @suitforawolf
Samuele Rampani è un giovane ragazzo che, per chi frequentava il Jungle Sound, era una delle prime persone che s’incontrava in reception. Poi il ragazzo è cresciuto, è diventato un uomo e dopo aver respirato rock a 360 gradi, nel 2012 decide di staccare la spina e comporre e proporre canzoni in chiave folk. Fonda i The Same, suona in numerosi locali sia a Milano che altrove, apre i concerti dei Planet Funk e di Giuliano Palma & the Bluebeaters e infine nel 2015 la formazione viene completata e decidono di cambiare il nome in Sam & the black seas.
Con questo nome pubblicano il loro primo album (Silver) per un’etichetta inglese e in breve tempo si ritrovano a suonare in diversi club londinesi. Alcune canzoni dell’album vengono scelte da Fabio Volo per la sua serie tv Untraditional. Attualmente stanno lavorando al nuovo album, ma nel frattempo Samuele non è rimasto con le mani in mano, recentemente ha pubblicato dei singoli usciti solo a suo nome. Se vi piace il folk, il suono della musica acustica, le voci potenti ed evocative, non perdetevelo.
# FUGA DA LOS ANGELES: esplorare l’anima e l’essenza umana
credits: @ fugadalosangelesofficial
Siamo nel 2018 nel quartiere Isola. Quattro ragazzi decidono di insonorizzare un garage in via Borsieri e mettere su una band che scrive canzoni in inglese e strizza l’occhio alla musica americana con influenze alt rock e punk. Nascono i Bad Profile. Il loro primo EP (One More Time) li porta a esibirsi su diversi palchi e il punto più alto arriva quando si esibiranno al Whisky Go-Go (per chi ama i Doors sa di cosa sto parlando) e quando parteciperanno a Sanremo Rock.
Dopo solo un anno e dopo il tour californiano, i quattro sono in aeroporto e il loro aereo è programmato per l’una di notte. Per ammazzare il tempo, tirano fuori i propri strumenti e iniziano a strimpellare. Da questa piccola jam improvvisata nasce il riff della loro prima canzone in italiano, l’una di notte appunto. Tornati a casa, sciolgono i Bad Profile e nascono i Fuga da Los Angeles, l’ostacolo dell’italiano diventa una grande opportunità per raccontare il loro mondo esplorando l’anima e l’essenza umana, senza tradire il loro animo rock. Nel 2020 entrano nel radar di Sorry Mom, affidando la direzione artistica a Marco Biondi e la produzione a Chicco Santulli. Da questa collaborazione uscirà il secondo singolo “L’aria d’estate”.
# SESTOMARELLI, tra jazz e rock’n’roll
credits: @sestomarelli_official
È ovvio che il nome ricorda più una provenienza non proprio milanese, ma Sesto San Giovanni, senza togliere nulla agli abitanti, è da sempre una città satellite di Milano. La band è formata da cinque musicisti che vanta un’esperienza ventennale che li porta a creare un proprio sound che trova nel folk, nel rock’n’roll e nel jazz le proprie origini. Hanno all’attivo due album e nonostante negli anni, la line up è cambiata, quello che non è mai mutato è la loro energia e la capacità di coinvolgere il pubblico che accorre sempre numeroso ai loro live, che poi sono il loro punto di forza maggiore.
Dopo l’uscita del loro ultimo album “Possibilmente”, che ha ottenuto recensioni entusiastiche, i SestoMarelli hanno cominciato un tour che li ha portati a suonare al Rock’n’Roll di Milano, al festival Volerock a Moncigoli (Massa Carrara), al BustoFolk, al Rock in the park e infine ospiti del Buscadero Day. Una realtà musicale che vanta diversi e numerosi estimatori. Un gruppo da seguire attentamente e appena la situazione lo permetterà, andare a sentirli dal vivo.
# NOLO: dal quartiere è nata una band
credits: @nolo.officialmusic
NoLo non è solo un quartiere, ma anche una band, nata proprio qui a Nord di Loreto. Il loro debutto risale al 2019 con due singoli: Rumore di Fondo e La Canzone Che Non Ho Scritto Mai. Nel giro di pochissimo tempo, firmano un contratto con la Dear John Music con la quale iniziano a lavorare al loro album di debutto (Drive in) che li pone all’attenzione di Sanremo Rock. I componenti, oltre a formare la band, sono figure molto importanti nell’ambiente musicale, basti pensare che il frontman Simone Milani proviene dalla CET di Mogol, il chitarrista Giulio Milanesi insegna al CPM di Franco Mussida e il batterista Samuele Roda ha alle spalle molti anni di esperienze live e attualmente è uno studente della celebre NAM – ENTE FORMAZIONE MUSICALE.
# NAGA, rock inspirato a una divinità indiana
credits: @NaGa facebook
Concludiamo questo viaggio nell’underground milanese coi NaGa. Se non li conoscete, vi invito a seguirli sui diversi social e rimarrete stupiti dal sound della band che riesce ad essere duro, acido, tagliente, frenetico, grintoso e pulito. La frontwoman Lela, vista nel coro del programma di Crozza, possiede una voce unica nel panorama italiano, un artista che riesce ad essere aggressiva, dolce, sensuale, rabbiosa vittima e carnefice, una donna con una grande D. É lei che sceglie il nome della band, ispirandosi ad una semidivinitàindiana custode della rabbia e della sensualità, La dimensione live è il loro luogo ideale, quindi aspettiamo tempi migliori per vederli di nuovo on stage.
# La luce in fondo al tunnel
La musica e tutto quello che c’è intorno all’interno della discografia è cambiata radicalmente negli ultimi anni. È innegabile che negli ultimi tempi sono spuntati come funghi rappers di ogni genere che però alla fine si somigliano uno con l’altro. Stessi testi, stesse idee e un logorante scimmiottamento dei rappers americani. Le diverse vittorie e successi dei Maneskin, la presenza di Manuel Agnelli a X Factor, ha fatto intravedere una luce in fondo al tunnel. Non si può neanche dimenticare la scena rock milanese degli anni novanta, che a distanza di anni, rimane ancora nel mito, soprattutto perché a Milano una scena rock c’è ancora e queste band, citate in queste pagine, ne sono la dimostrazione.
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Nella mitologia germanica la befana è tradizionalmente portatrice di doni per i bambini buoni e di carbone per i bambini che sono stati cattivi nell’anno appena passato. Simboleggia che chi ha compiuto cose buone riceve doni in abbondanza, mentre chi si è comportato male la stessa donna lo ripaga con sterilità e aridità, simboleggiate appunto dal carbone.
Una metafora della legge della causa-effetto, del karma per gli orientali, del principio naturale per cui si raccoglie ciò che si semina. All’approssimarsi dell’epifania il sospetto è che mai come quest’anno la nostra politica rischia di vedersi consegnare dall’amata vecchina una bella nave piena di carbone.
Se quest’anno vedremo i frutti di quello che si è seminato, le preoccupazioni sono grandissime. Ci presentiamo infatti alle soglie del nuovo anno in una società divisa come mai in cui il dissenso viene soppresso con violenza, con l’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia, con una situazione finanziaria dello stato catastrofica e soprattutto con nessuno dei problemi principali affrontati nell’anno trascorso che sia stato risolto.
Mai come ora in una situazione di forte carenza energetica un carico di carbone sarebbe un dono apprezzato. Può essere che a volte capiti che una punizione faccia più piacere di un premio.
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Black is the new black. Una casa ha scatenato una rincorsa al rialzo del prezzo di vendita. Il merito? Del colore scelto per esterni ed interni.
Il trionfo del total black: la casa delle tenebre superstar del web
# Total Black, l’agenzia e il mercato: ingredienti perfetti
Credits: @zillowgonewild IG
È sorprendentemente piacevole trovare, ogni tanto, la giusta combinazione degli ingredienti che portano ad un risultato perfetto. C’è riuscito Seth Goodman, proprietario di una casa di Lincoln, Illinois, che ha sorpreso tutti, forse perfino sé stesso, ristrutturando la residenza gotica a pianta ottagonale e scegliendo il total black per l’esterno e gli interni di questo edificio.
Ha poi affidato l’annuncio alla giusta agenzia immobiliare e, in poche settimane, la notizia è diventata virale e fatto schizzare il prezzo di vendita.
La casa ha oramai questo soprannome. L’edificio è di influenza gotica: pianta ottagonale in cui trovano spazio una scala a chiocciola, un soppalco e un tetto ispirati realmente dalle realizzazioni di cattedrali gotiche, sono elementi che rendono speciale di per sé questa casa.
La ristrutturazione di Seth Goodman, agente immobiliare di mestiere, unito all’annuncio di una delle agenzie immobiliari più prestigiose degli Stati Uniti, Zillow Go Wild, hanno innescato le reazioni dell’audience web, che ha reso virale l’annuncio e popolare la casa.
Profitto niente male, per un edificio che Goodman ha acquistato per 75.000 dollari e che ha deciso di ristrutturare, effettuando gli interventi necessari.
L’idea iniziale è stata quella di tinteggiare di nero solo alcune parti esterne della casa, per far risaltare le figure geometriche gotiche della pianta ottagonale.
Poi il nero ha preso il sopravvento, perché Goodman, gli architetti e gli appaltatori locali si sono sbizzarriti sia sulle facciate esterne fino a far entrare il black anche negli interni.
Sulle foto dell’annuncio si vede come i designer abbiano unificato gli interni, molto simili all’aspetto esterno: la casa presenta un dirompente contrasto tra il nero di porte, pavimenti ed altri elementi verticali scuri, in antitesi armoniosa con zoccolini e piastrelle candide.
Un’insolita scelta, non si vede tutti i giorni, che ha fatto il giro del web rendendo la Goth House una stella di Instagram.
La scelta di estremizzare l’aspetto gotico non è stata una decisione immediata, è semplicemente successo.
Inizialmente solo il tetto circolare e le grondaie dovevano essere nere, poi il rivestimento esterno della facciata è diventato nero e, infine, ha ispirato gli interni.
La casa ha una generosa superficie interna, oltre 2.000 m² e grazie alla posizione gode di una bella luce, che non risente delle scelte cromatiche applicate agli interni.
Lo stesso Goodman ha dichiarato che «la sensazione che si prova entrando al suo interno, è di pura e assoluta pace».
La Goth House completa l’offerta degli spazi con un grande e spazioso ingresso al pian terreno, due camere da letto e due bagni. Soprattutto ora che ne hanno parlato Fox, il NY Times e tutta l’America, ha una bella fila di potenziali acquirenti, che attendono Seth Goodman al 110 di Edgar Street dopo le vacanze di Natale
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sono numerose le opere di rigenerazione urbana che hanno visto e vedono protagonista Milano, il quartiere SeiMilano è una di queste. Il progetto comprende la costruzione di nuovi edifici e anche di un grande parco che avrà caratteristiche particolari.
Atmosfere nord europee nel nuovo parco di SEIMILANO
# Una collaborazione italo-americana
Ad occuparsi della creazione del quartiere SeiMilano, dei suoi palazzi, della sua piazza e del parco di 200.000 mq è l’impresa milanese Borio Mangiarotti della famiglia De Albertis, sostenuta dal fondo americano Värde Partners. Il progetto è stato realizzato dallo studio Mario Cucinella, insieme a Michel Desvigne MDP, a cui è stato affidato il disegno del grande parco. Lo studio internazionale ha fama di essere in grado di combinare la cultura urbanistica europea e quella nord-americana, caratteristica che lo porta ad essere presente in più di 25 paesi con i suoi progetti urbanistici.
# Il parco: il canale scoperto e il bosco spontaneo
Michel Desvigne lavora creando un connubio tra le caratteristiche agricole proprie del territorio locale, in questo caso ispirandosi ai campi coltivati e ai filari di pioppi, ai canali per l’irrigazione e ai boschi spontanei. Lo scopo del paesaggista è quello di sfruttare il paesaggio agricolo lombardo e trasformalo in un parco fruibile e attrattivo agli occhi, unendo tradizione e innovazione. Il filo conduttore che terrà insieme il parco è il canale deviato dell’Olona che parte dalla zona di Rho, passando per il Bosco in città (via Novara) e dal Parco delle Cave per poi immettersi nel Lambro Meridionale, nelle zone Chiesa Rossa e Gratosoglio. Il grande parco ospiterà zone verdi incontaminate ma anche aree attrezzate per adulti e bambini.
Il quartiere si espanderà su una superficie di oltre 300.000 mq, fra via dei Calchi Taeggi e via Bisceglie, a pochi metri dalla omonima fermata della linea metropolitana M1, nell’area di Sella Nuova. Al suo interno sorgeranno residenze e uffici, una grande piazza a scopo commerciale e il sopracitato parco. Un’ ambiente tra tradizione e innovazione che darà un nuovo volto alla zona periferica milanese.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Misurare le lunghezze o le superfici, pesare il pane o comprare un litro di vino, è oggi un gioco da ragazzi. Ma non è sempre stato così…
Il BRACCIO, la BRENTA e altre unità di misura nella MILANO ANTICA
# Paese che vai, unità di misura che trovi
Campioni riminesi Credits: ilcapochiave.it
Ma quante volte abbiamo sorriso sentendo l’espressione che assegna ad ogni singolo paese della penisola italiana, un’usanza o un’interpretazione differente magari dello stesso episodio, o delle ricette di cucina?
In Italia esistono probabilmente più interpretazioni della torta di mele che regioni, un “regalo” che è un lascito della storia del territorio italiano, una volta diviso in singoli stati, repubbliche e ducati.
Lo stesso dicasi per la misurazione delle lunghezze o delle superfici da coltivare: ogni moderna regione ha avuto in passato il proprio corrispondente per quantificare i possedimenti di un contadino.
Se nel Medioevo sono sopravvissute le unità di misura romane, queste sono state sostituite con le unità di misura introdotte in epoca longobarda, dopodiché l’isolamento dei vari ducati e delle città stato ha dato vita ad una serie di conversioni con lo stesso nome, ma con significati e quantità molto diversi tra loro.
L’importanza assunta da Milano nella storia, fin dall’era Comunale, ha fatto in modo che le unità a Milano fossero sinonimo di uniformità almeno all’interno del Ducato, nonché garanzia antitruffa nei confronti di mercanti e cittadini. Identità storiche e appartenenza si sono misurati molto su questo aspetto.
Per le lunghezze è stato il Braccio Milanese a dettare le regole. Ogni braccio era diviso in 12 once, facendo da riferimento per “mastri da muri e da legnami”. È esistita anche una dima, incisa sulla Pietra della Pescaia (o de Piscaria), citata così in una sentenza del 1177 e poi ripresa nelle “Antiche Consuetudini” del 1216, che accennano ad una mensuram petrae mediolani, una pietra posta alla base di quella che oggi dovrebbe essere la casa dei Panigarola in Piazza Mercanti.
In questa “rozza e trascurata” pietra furono cavate tre differenti misure, alle quali dovevano risultare conformi le lunghezze di pietra e legname “da usarsi nel mercimonio”. (Cit. “Le Vicende di Milano durante la guerra con Federigo I Imperadore”).
Questa pietra è oggi forse nascosta oppure perduta ed è un vero peccato, per la grande tradizione di Milano, che non si siano conservate tracce delle antiche misure.
Di capitale importanza sono alcuni disegni a mano, relativi al progetto del Duomo, che descrivono la futura cattedralele cui navate piccole sono larghe 10 braccia e 8 once, i pilastri grossi in mezzo alla crociera, devono ognuno misurare 7 once.
Duomo in “Braza£ Credits: disegniduomomilano.it
I sottomultipli del braccio, che corrisponde oggi a poco più di 59 cm, oltre alle once, rimpicciolivano fino all’atomo del braccio; esiste conservata al Castello una pianta prospettica di Milano del 1158 che mostra la situazione della città assediata dal Barbarossa, espletata in “Scala di mille braccia milanesi”, ma per le distanze più lunghe il vero multiplo era il miglio lombardo.
Il braccio era adatto anche per la misurazione delle superfici, grazie al braccio quadrato o quadretto, i cui sottomultipli erano le once e gli atomi. Per le superfici di grandi dimensioni, si pensi ai campi da coltivazione, è stata la pertica milanese (pari a circa 654 m².) a dare il raffronto per quantificare un possedimento.
Il mondo agrario, oltre che custode della sopravvivenza e del reddito medio, ha usato un’altra unità di misura tutta particolare: quella per la quantità d’acqua necessaria a muovere le macine dei mulini. Espressa a Milano in Rodigni, ogni Rodigno era pari a 220 litri al secondo di massa d’acqua.
Dopo aver usato per secoli la libbra romana, per pesare le merci destinate ai mercati a Milano prende piede l’usanza di comprare la farina in contenitori di dimensioni standard.
L’unità principale è il Moggio da Grano, col quale si mercanteggiavano i raccolti. Per il mercato al dettaglio si è usato lo staio, derivato dal sextarius romano.
Milano ha poi introdotto una piccola rivoluzione per equiparare il peso degli aridi all’equivalente in pane o prodotto finito ricavato con le farine, per dare il giusto valore al prodotto stesso e permettere ad ogni cittadino di comprare il proprio sostentamento nella maniera adeguata. Viene così introdotta una specifica tabella di conversione tra unità di volume e peso, secondo la quale uno staio di grano per il pane bianco, fosse pari a 16,5 libbre milanesi, mentre pe la segale e il miglio fosse pari a 15 libbre. Anche il moggio è stato adeguato, convertendo ad esempio il frumento in 340 libbre, il riso in a 349 e 5/6 di libbra milanese.
Con questa introduzione, quindi, se uno staio di farina costava 60 denari, anche l’equivalente di pane ,15 libbre, doveva costare altrettanto.
Per i pesi, altri sottomultipli del moggio erano la Mina, il Quartaro, la Metà e il Quartino e, per confrontarlo con oggi, lo Staio per le granaglie e aridi è pari a circa 18 litri di volume.
Ovviamente per misurare i liquidi si usavano i recipienti, che portavano i nomi delle unità di misura.
La più grande era la Brenta, che oggi equivale a circa 75 litri. In comune con la farina, il vino ha i sottomultipli di Staio, Mina (più popolarmente Secchia) e Quartaro. Nello specifico, trattandosi di vino o liquidi alimentari, troviamo anche la Pinta, il Boccale, poi ilMezzoe infine laZaina.
Una Brenta corrisponde a 3 Staia, uno Staio a 2 Mine o Secchie, una Mina a due Quartari, il Quartaro a 8 Boccali e così via.
Alla conversione di pesi in unità di misura per i liquidi, corrisponde un’equivalenza di liquidi pesati in libbre, secondo cui una Brenta di vino era pari a 224 libbre e mezzo, mentre per l’acqua vite la Brenta era pari a 219 libbre e 4/5 .
Ogni città stato o ducato aveva il proprio braccio, o staio, quindi per unificare i commerci e gli scambi molte riforme si sono susseguite nei secoli, non ultima l’unificazione e l’adozione del sistema metrico decimale che conosciamo tutti.
Misurare oggi è un’operazione più agevole e sotto controllo: prendiamo una misura a Milano, la comunichiamo al vetraio a Monza e lui ci porta la finestra su misura. Oppure una qualsiasi conversione la possiamo fare con una semplice calcolatrice. Come avranno fatto i maestri dal medioevo a convivere con queste misure differenti?
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E’ stato avviato un progetto che riqualificherà il Parco Forlanini e unificherà l’itinerario ciclo-pedonale dal Duomo all’Idroscalo.
La PORTA VERDE del Grande Parco Forlanini: dal DUOMO all’IDROSCALO un nuovo hot spot CICLO-PEDONALE
Il volto della città di Milano sta cambiando sull’onda del restyling e della trasformazione urbana. Per le Olimpiadi 2026 vogliamo essere pronti a proporre un mix unico di tradizione e avanguardia urbanistica, e per farlo sono in costante aumento progetti e cantieri rivoluzionari. Tra questi spicca il progetto “La Porta Verde del Grande Parco Forlanini”, che mira a riqualificare l’area d’accesso al parco e a ultimare un nuovo itinerario ciclo-pedonale che collegherà piazza Duomo all’Idroscalo, passando ovviamente per il Parco Forlanini. Come verranno trasformati l’ingresso del parco e la città?
# “La Porta Verde del Grande Parco Forlanini”: 500 ettari di cambiamento
credit: mymi.it
Il Duomo e quello che viene chiamato “il mare di Milano” potrebbero essere collegati da un unico grande itinerario ciclo-pedonale. Il segreto non sarebbe ricostruire tutto da zero, ma unire le reti e i percorsi già presenti, aggiungendo altri tratti solo se necessario. L’iniziativa parte dal Grande Parco Forlanini, che mira a riqualificare ben 500 ettari attorno alla sua porta d’ingresso, ovvero dove si trova la nota Cascina Sant’Ambrogio.
# Un nuovo hot spot tra città e campagna
credit: selsegrate.wordpress.com
L’ingresso del parco si trasformerà in un hot spot ecosostenibile lì dove la campagna si fonde con la città. Un luogo d’aggregazione, in cui sperimentare nuove attività educative, come il monitoraggio flora-fauna, partecipare a laboratori sulla biodiversità, dal giardino dei profumi all’apiario didattico, e assistere ad eventi culturali e workshop incentrati sull’artigianato, come quello nella falegnameria e nella ciclofficina. Il progetto infatti coinvolge le tante realtà locali che caratterizzano l’area, come ad esempio le undici cascine ben conservate e che custodiscono le origini agricole dei lombardi.
# Dal Duomo all’Idroscalo in bicicletta, senza alcuna interruzione
credit: giteinlombardia.com
A dividere la Madonnina dall’Idroscalo ci sono 8 kilometri in cui si alternano stradoni e piste ciclabili non continuative. Ma il progetto che mira a riqualificare il Grande Parco Forlanini ha pensato anche a questo: si potrà pedalare direttamente dal Duomo all’Idroscalo, senza alcuna interruzione, passando ovviamente anche per il parco. Come già detto prima, la maggior parte dei tratti sono già conclusi e attendono solo di essere collegati tra loro, ad esempio l’Idroscalo ha concluso proprio a Ottobre del 2020 la sua nuova pista ciclo-pedonale di 6 km che circonda tutto il lago.
Credits: bici.milano.it
Sempre nel 2020 il Grande Parco Forlanini è stato inserito all’interno delle tappe diAbbracciaMI, la “circle line ciclistica” di Milano, un percorso di oltre 70 km che tocca tutti i quartieri e i parchi della città e che è stata inaugurata ufficialmente nel 2021.
Milano sembra davvero cambiare, ma siamo pronti anche noi milanesi ad accogliere e cavalcare l’onda del cambiamento?
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Albairate-Vermezzo. Il capolinea di una delle linee del passante, che ha assunto un ruolo mitologico grazie ai frequenti problemi sulla rete e cancellazioni di corse, facendolo diventare come le figurine di una volta che nessuno riusciva a trovare, tipo Pizzaballa o Rigamonti. In molti l’hanno solo sentita nominare, ma che cosa c’è a questa fermata?
Albairate, il CAPOLINEA MISTERIOSO
# La stazione in aperta campagna
Credits roberto_de_monte IG – Stazione Albairate
La stazione di Albairate-Vermezzo, attivata a dicembre 2009 contestualmente all’attivazione del raddoppio del binario nella tratta compresa tra la stazione di Milano San Cristoforo e la stazione stessa, serve i comuni di Albairate e Vermezzo sul con Zelo e si trova in aperta campagna.
A dire il vero non c’è nemmeno un fabbricato viaggiatori, ma solo le banchine di attesa dei treni con la solita copertura di colore viola che caratterizza le fermate fuori Milano. L’area esterna è circondata da parcheggi, in realtà quasi tutti inaccessibili per il rischio di accampamenti abusivi.
Ma per chi vuole spingersi a fare il turista, che cosa si trova ad Albairate?
# Ma cosa c’è ad Albairate?
Non molto. Gli abitanti non raggiungono i cinquemila. Tra le attrazioni, a parte qualche chiesa, spicca la Corte Salcano di origini cinquecentesche con la ghiacciaia sotterranea e Villa Albani con la caratteristica forma di cubo. Certo, c’è il capolinea, però potrebbe avere vita breve.
# Dal 2011 è il nuovo capolinea della linea S9, ma sarà esclusa dalla futura circle line
Credits: commons.wikimedia.org -S9 S9
Dal 2011 la stazione è il capolinea ad ovest della linea S9, ma già dalla sua inaugurazione due anni prima era servita dai treni regionali tra Milano e Mortara, con alcune corse prolungate ad Alessandria. In precedenza la linea suburbana, che parte da Saronno e circonda Milano a est prima di procedere verso sud, terminava a Milano San Cristoforo. Le altre fermate tra il vecchio e l’attuale capolinea sono quelle di Corsico, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio e Gaggiano.
Credits: wikipedia.org – Circle line Milano
Nella futura circle line, che transiterà sullo stesso percorso cittadino della S9, la stazione di Albairate-Vermezzo sarà tagliata fuori in quanto, essendo fuori dal Comune di Milano, la linea attesterà a San Cristoforo Fs futuro interscambio con la linea M4.
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Corso Buenos Aires, una delle arterie dello shopping milanese, da qualche anno è al centro di un progetto di rinnovamento. Dopo le nuove piste ciclabili, tanto dibattute, il Corso si prepara a nuovi cambiamenti. Ma non tutti sono favorevoli. Vediamo quindi come cambierà il volto di questo viale.
Corso BUENOS AIRES sarà il BOULEVARD MILANESE? Come sta procedendo il progetto
# Il nuovo progetto: marciapiedi più grandi, alberi e meno posti auto
credits: ginevra.exe IG
Dopo le piste ciclabili, Corso Buenos Aires si prepara ad allargare i marciapiedi, eliminare i posti auto e a piantare alberi. Questi sono i tre elementi principali che rivoluzioneranno la via dello shopping, con l’obiettivo di renderla più vivibile e green. Il vialone, infatti, lungo un chilometro e mezzo, è sempre parecchio trafficato, soprattutto nella parte vicina a Piazzale Loreto.
Il progetto di riqualificazione è stato inserito tra le priorità 2022 del Comune e prevede un vero e proprio restyling della via dello shopping.
# Un’idea già valutata che potrebbe finalmente realizzarsi
credits: guigrieco IG
L’idea, in realtà, non è nuova. Una decina di anni fa, la giunta Moratti aveva pensato di trasformare il Corso in un viale alberato, piantando 80 alberi per 800 metri, su ogni lato. Il piano non partì mai, ma nel 2016 il Municipio 3 lanciò un sondaggio agli abitanti, che votarono in maggioranza per un cambiamento più green.
Il restyling di Corso Buenos Aires, si unisce oggi al piano per cambiare il volto di Piazzale Loreto e diventa uno dei punti chiave del nuovo Piano di governo del territorio per ridisegnare la città del 2030.
# Non tutti sono d’accordo: le preoccupazioni dei commercianti
credits: ilgiornale.it
Il nuovo progetto, però, vede contrapporsi principalmente due punti di vista: quello dell’As.Co.Baires, l’Associazione Commercianti, e il Comune. L’Associazione si è già scontrata con la Giunta sul tema delle ciclabili che, secondo i commercianti, sono state disegnate senza coinvolgere nessuno e hanno stravolto la viabilità del corso, mentre secondo i dati dell’amministrazione funzionano bene, in quanto le auto sono meno del 50% dei mezzi che percorrono la via.
# Gli alberi oscurerebbero le vetrine e senza posti auto si registrerebbe un calo della clientela
Credits Urbanfile– Rendering Corti di Baires con marciapiedi allargati e alberi
Per quanto riguarda il nuovo progetto, i commercianti sostengono che gli alberi oscurerebbero le vetrine e che marciapiedi più larghi creerebbero ulteriori disagi. La pandemia ha colpito duramente i venditori, specie quelli più piccoli, e si stima che circa 25 negozi abbiano chiuso. Le paure dei negozianti sono quindi molteplici: che gli affitti possano aumentare con una riqualificazione, che senza posti auto i clienti diminuiscano e che le grandi catene prendano il posto delle piccole botteghe. A maggio di quest’anno è già stato fatto un test, sul tratto di corso compreso tra via Scarlatti e Pergolesi, con vasi in cemento a bordo marciapiede a simulare la larghezza della strada per valutarne l’impatto sulla viabilità futura.
# Le Corti di Baires: il primo banco di prova del nuovo “boulevard milanese”
Il Comune sembra però andare avanti con il progetto, puntando molto sul cantiere delle Corti di Baires, l’operazione che sta trasformando la vecchia e fallita corte commerciale in sei negozi, 166 appartamenti di lusso e 4 suggestive corti interne con giardino e percorsi pedonali. Sarà proprio questo tratto di corso, su cui si sviluppa parte del nuovo complesso di edifici riqualificato, ad essere il primo vero banco di prova per capire quali saranno gli effetti della rivoluzione del “boulevard milanese”.
La prima fase del progetto delle Corti di Baires è in completamento, sono state inaugurate a metà dicembre due attività commerciali a cui seguiranno le altre nelle prossime settimane, mentre l’ampliamento dei marciapiedi e la piantumazione degli alberi avverrà in un momento successivo. Nella primavera del 2022, saranno invece pronti gli appartamenti.
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Un viaggio alla scoperta degli angoli più nascosti della Street Art made in Veneto.
I musei a cielo aperto più belli della STREET ART made in Veneto
Il Veneto è una regione ricca di arte e la Street art ne fa parte di diritto. Da qualche anno, alcune zone della regione, partendo da borghi di montagna, passando per paesi di provincia e arrivando alle città più conosciute, sono diventate dei veri e propri musei a cielo aperto. Coloratissime, queste opere d’arte sono andate a sostituire, in taluni casi, abbandono e grigiore che da anni dominavano la scena. In altri casi, i “disegni” sono stati ideati e realizzati in piena armonia con le vie del paese, già di loro inevitabilmente poetiche. Tutto questo è avvenuto, e sta avvenendo, grazie al patrocinio delle amministrazioni locali, che hanno capito l’importanza del rivalutare gli angoli abbandonati dei propri territori.
# Cibiana di Cadore
Cominciamo il viaggio da un paese che si trova nel cuore delle Dolomiti. In mezzo alle montagne, a quasi mille metri di altezza, sorge il piccolo borgo di Cibiana di Cadore. Cibiana non vive di turismo sfrenato come succede nella vicina Cortina d’Ampezzo. A Cibiana si respira ancora l’aria di un posto vero, grazie ai suoi 450 abitanti che non hanno mai abbandonato la passione per la vita di montagna.
Credits: @VenetoWorld(FB) – Cibiana di Cadore
Cibiana è famosa per i suoi murales. Fin dall’ormai lontano 1980, diversi artisti di fama internazionale, sono giunti proprio a Cibiana per realizzare, ad oggi, più di 50 affreschi, dando vita a un vero e proprio museo all’aperto. Grazie agli artisti, provenienti da Italia, Giappone, Ex Unione Sovietica, Cibiana è diventata il “Paese dei Murales” o “Paese che racconta la sua storia“. Ogni opera rappresenta infatti la storia della casa su cui è stata realizzata. Sulla parete della casa del fabbro è raffigurato proprio questo mestiere, così come per il mugnaio e per il falegname.
Credits: @VenetoWorld(FB) – Cibiana di Cadore
#Tarzo e la Via dei Murales
Ci spostiamo nel trevigiano, e più precisamente nel comune di Tarzo. In questa zona per lo più rurale, lungo le rive dei Laghi di Revine, si trova la Via dei Murales. Si tratta di un progetto nato nel 2008 su iniziativa della Pro Loco di Tarzo. Il suo scopo è quello di valorizzare il territorio.
Credits: @prolocotarzo.com(FB) – La via dei Murales di Tarzo
Lungo la strada, che tocca le frazioni di Fratta e Colmaggiore, sono stati realizzati 15 murales da diversi artisti veneti. I murales richiamano i temi della cultura popolare locale e dell’emigrazione e si affiancano ad altri affreschi molto più antichi, alcuni addirittura risalenti al 1500.
# IDoLove – L’Urban Festival di Dolo
Dolo è una cittadina che sorge nel cuore della Riviera del Brenta, la zona che segue il percorso del Naviglio del Brenta, tra Venezia e Padova, dove sono concentrate molte delle più belle e sfarzose ville venete antiche.
Dolo, perla dipinta dal Canaletto, è riuscita, grazie alla sua posizione e all’impegno dell’Amministrazione comunale, ad attirare artisti di fama internazionale. Spray, vernice e pennelli: questi sono infatti gli ingredienti principali di IDoLove, il festival di Urban Art di Dolo. Dal 2016, IDoLove ha iniziato a ridare vita e colore alle zone più grigie della cittadina. Uomini buffi, palazzi astratti, Pinocchio, pinguini giganti…
Credits: @IDoLoveUrbanFestival(FB)
Artisti come il milanese Pao, il padovano Tony Gallo e molti altri, hanno realizzato alcune opere spettacolari, piene sì di colori, ma anche di molto significato.
Credits: @IDoLoveUrbanFestival(FB)
# Padova e Super Walls
Le città di Padova e di Abano Terme hanno ospitato, nel mese di Giugno 2021, la seconda edizione di Super Walls, il Festival Biennale della Street Art. Anche in questo caso, obiettivo principale dell’iniziativa è quello della riqualificazione del territorio urbano e suburbano grazie alla Street Art. La manifestazione ha visto gli Artisti selezionati dipingere, ognuno con il proprio stile, le pareti di alcuni edifici messi a disposizione da soggetti pubblici e privati.
La seconda edizione di Super Walls ha toccato Abano Terme, Padova e altri sei comuni della provincia di Padova (Albignasego, Limena, Mestrino, Tombelle di Saonara, Sarmeola di Rubano e Veggiano). I numeri principali i Super Walls 2021: 40 street artist, di cui 12 donne, provenienti da 5 paesi europei. Il tema della rinascita su 35 superfici messe a disposizione da realtà private e istituzionali, aziende, strutture ricreative, supermercati, istituti religiosi, fino all’Università degli Studi di Padova e agli ospedali cittadini. Durante questa edizione, è stata realizzata dal collettivo francese La Crémerie l’opera di street art più grande d’Italia: l’impianto idrico comunale di via Bottazzo a Padova, gestito da AcegasApsAmga.
Credits: @claudia.pistore(FB) – Super Walls a Padova
# Venezia e Bansky
Il viaggio di oggi si chiude a Venezia. Nel 2019, Bansky ha scelto Venezia, capitale indiscussa dell’arte. Una mattina di maggio, a due passi (o come si dice a Venezia, a un ponte) da Campo Santa Margherita, è apparso un murales dell’artista Banksy. L’opera raffigura un bambino con un giubbotto salvagente e un razzo segnaletico in mano: una dedica all’attualissimo tema dell’immigrazione. Comparso come per magia con stupore generale, il murales è diventato subito famoso in tutto il mondo.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Il mondo attuale è basato sulla massa. È la somatizzazione della psicologia della massa. Appellarsi alla Costituzione, ai Giudici, ai Parlamenti per cambiarlo è un appello alle cause di ciò che si crede di combattere.
Per questo è complessa l’azione che si sta compiendo. Ma per avere successo deve essere un’azione che mira ad uscire dal campo di gioco. Non può utilizzare le regole che lo hanno chiuso in prigione per riuscire ad evadere.
Tutti i sistemi, politici, giuridici, di rappresentanza democratica, sono gli elementi che hanno consentito alla massa di diventare inconsciamente egemone. Democrazia, governo del popolo, non significa nulla oggi perché popolo possono essere migliaia di persone o milioni.
Nella democrazia ateniese c’era una conoscenza reciproca tra gli individui che potevano scegliere per il meglio, perché pienamente informati sulle dinamiche su cui dovevano decidere. Ma se hai milioni di persone che non conoscono nulla, sono costantemente manipolate e votano una volta all’anno, democrazia significa la somatizzazione storica di un inconscio collettivo che è fatto dalla massa che tende a esercitare una dittatura repressiva nei confronti di qualsiasi differenza che voglia dissociarsi o distinguersi da questo Golem, il gigante di argilla manovrato da intelligenze perverse, nascoste in angoli bui e reconditi.
La democrazia contemporanea è il più grande degli inganni, con i media delle élite che dicono di rappresentare gli interessi del popolo. Adesso è come se l’inganno si stesse svelando ma la coscienza non è in grado di coglierlo.
Solzenicyn, dopo aver trascorso decenni in un gulag sovietico, visse due anni negli Usa a parlare dell’esperienza che aveva vissuto dichiarando alla fine che in Unione Sovietica non ti facevano dire niente, negli Stati Uniti puoi dire quello che vuoi ma non cambia niente. Anche Evola diceva che l’apparente contrapposizione tra Occidente e Oriente nascondeva in realtà le due metà della bestia senza nome che si sarebbe presto unita in un corpo unico.
Forse l’unica soluzione è la creazione di microsocietà. Creando delle bolle dove poter esistere per amare, rinunciando all’idea del cambiamento sociale o della trasformazione intellettuale o filosofica.
Rompersi all’interno di questa esperienza e governarla interiormente per abbracciare il nuovo. Perché quello che deve distruggersi lo farà da solo, in autonomia.
Anche se il mondo moderno in se stesso rappresenta un’anomalia, o meglio una specie di mostruosità, è altrettanto vero che situato nel ciclo storico di cui fa parte, esso corrisponde esattamente alle condizioni di una certa fase di quel ciclo, quella cioè che la tradizione indù definisce come il periodo estremo del Kali Yuga: sono queste condizioni, derivanti dall’andamento stesso della manifestazione ciclica, ad averne determinato i caratteri specifici e, a questo proposito, si può ben dire che l’epoca attuale non poteva essere diversa da quella che effettivamente è. (René Guenon, Il regno della quantità e i segni dei tempi)
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