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7 curiosità sui ghisa che molti milanesi neanche conoscono

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Ghisa degli anni '30

I ghisa, il corpo dei di vigilanza municipale che garantisce l’ordine pubblico in modo legale e democratico, sono un vero e proprio simbolo di Milano. La loro storia è davvero interessante e sono molte le curiosità legate a loro. Scopriamone 7.

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7 curiosità sui ghisa che molti milanesi neanche conoscono

#1 L’origine dei Ghisa: sostituiscono i Co d’Or

credits: sites.google.it

Nel lontano 1860, un anno dopo la battaglia di Magenta, che vide la vittoria della coalizione franco-piemontese sugli invasori austriaci, Milano si trovò libera, ma immersa in un caos dovuto alla quasi totale assenza delle nuove istituzioni governative.

Inizialmente la gestione dell’ordine pubblico venne gestita da ronde composte da Vigili del Fuoco, i cosiddetti Co d’Or, e componenti della Badia dei Facchini, l’associazione che raggruppava tutti gli uomini di fatica, che lavoravano prevalentemente al Verziere e per le Ferrovie. Il Sindaco Antonio Beretta, eletto il 26 gennaio 1860, propose e ottenne l’istituzione di un Corpo di vigilanza municipale che garantisse l’ordine pubblico in modo legale e democratico. Nascevano i Ghisa.

#2 Perché proprio il nome “Ghisa”?

credits: miles.forumcommunity.com

Furono scelti 50 uomini, tutti di altezza intorno al metro e ottanta, pertanto decisamente più alti rispetto alla media dei milanesi dell’epoca. Come copricapo avevano in dotazione un cilindro nero alto 30 cm che si stagliava tra la folla. Qualcuno fece notare che era come vedere un tubo della stufa, canun de stua, che era proprio fatto di ghisa. Da qui il soprannome che li avrebbe accompagnati fino ad oggi.

#3 I primi Ghisa: giovani fisicamente prestanti per la difesa della città

credits: paviaedintorni.it

Come già accennato vennero scelti giovani virgulti, militesenti, incensurati e di buona condotta, che sapessero leggere e scrivere correntemente. Inoltre, fisicamente prestanti per potere difendere e difendersi da qualunque aggressione, oggi nessun particolare requisito fisico viene chiesto agli aspiranti Vigili Urbani.

Da sempre armati, come prima arma ebbero in dotazione una rivoltella a 5 colpi, che veniva occultata in tasca per questioni di decoro. I vigili non erano in strada per reprimere, ma per essere di aiuto alla cittadinanza. Una filosofia che non ha mai abbandonato il corpo dei vigili.

Il primo comando dei Ghisa fu insediato a Palazzo Marino e, dopo poco tempo, vennero approntati 6 mandamenti, gli attuali comandi di zona, per poter avere una maggiore capillarità sul territorio.

#4 Un nuovo soprannome: “Capel de campée”

Il 18 dicembre 1899 venne eletto Sindaco di Milano Giuseppe Mussi, il primo di una coalizione di sinistra. La prima preoccupazione fu quella di trasformare la vigilanza urbana cambiando tutte le regole in vigore. Venne abolito il periodo di ferma quinquennale così come l’obbligo di casermaggio, venne sciolto il gruppo dei vigili a cavallo in quanto ritenuto troppo militare e venne cambiata la divisa che era ritenuta troppo marziale. Il copricapo fu sostituito da un feltro a tese molto larghe, chiamato “all’italiana”. Nelle mani del vigile ricomparve la canna d’india in sostituzione della pistola e per l’inverno fu adottato un lunghissimo “trench”. Con questa divisa il vigile urbano sembrava più una guardia campestre, specie per il cappello, e i cittadini milanesi gli trovarono un nuovo soprannome “Capel de campée”.

Il 7 febbraio 1905 venne eletto Sindaco Ettore Ponti che, in vista dell’esposizione universale del 1906, cambiò l’organizzazione del Corpo dei Vigili Urbani tornando al modello militare, che accentuava l’esigenza di una preparazione atletica e fisica, conservando però tutto il carattere civile che aveva segnato la nascita del Corpo.

Aumentò il numero a 400, perché la città aveva superato il mezzo milione di abitanti e rinsaldò i principi democratici del vigile urbano che doveva essere un milanese tra i milanesi. Il Ghisa milanese divenne il simbolo della giustizia e della democrazia.

#5 Il primo gruppo radiomobile

Pur avendo da subito alcuni automezzi in dotazione si deve arrivare al 1956 quando il vicecomandante Stefano Pastorino, un nome che diventerà patrimonio del Corpo per le sue innovazioni, formò il primo gruppo radiomobile. Suddetto corpo divenne operativo nel 1958, quando venne inaugurata la Centrale Radio nel nuovo Comando di Piazza Beccaria.

#6 Al Monumentale i Ghisa caduti in servizio 

credits: milanoweekend.it

Al Cimitero Monumentale, all’ingresso, posizionata sul lato destro nella Galleria sotto il Famedio, subito dopo la Prima guerra mondiale, venne posta una lapide coi nomi dei vigili urbani milanesi caduti sul fronte. Da allora venne aggiornata con i nomi dei caduti in servizio e di quelli della Seconda guerra mondiale.

Tra loro compare il nome di Contardo Rovati, un ghisa morto assassinato in servizio. Era una fredda serata del 18 dicembre 1914 quando Rovati venne trovato cadavere nei pressi dell’Arena Civica. Successivamente le indagini appurarono che l’autore dell’omicidio, Luigi Castiglioni, era un vagabondo, pluripregiudicato e già sottoposto alla misura del confino. Mentre veniva accompagnato in mandamento si voltò improvvisamente trafiggendo il cuore del vigile con uno stiletto, per poi darsi alla fuga. Nelle indagini, oltre alla vigilanza si impegnarono anche le varie forze dell’Ordine e le Guardie Daziarie, ma persino molti cittadini, rimasti sbigottiti dal crimine, diedero il loro apporto. Dopo 6 giorni di indagini si arrivò alla cattura e all’arresto del colpevole.

Oggi sulla lapide sono ricordati i nomi di 70 Ghisa. 16 Caduti nella Prima guerra mondiale, 27 caduti nella Seconda e 27 caduti mentre esercitavano il loro servizio ordinario.

#7 La prima donna Ghisa

credits: wikipedia.com

Dobbiamo arrivare al 1976 con Clementina Guarneri, prima donna ad essere assunta nel Corpo dei ghisa. Incontrò non poche difficoltà in quanto qualunque tipo di accorgimento, dai servizi igienici in poi, era stato studiato e costruito solamente per gli uomini. Una pioniera molto coraggiosa che aprì la strada alle molte donne vigile presenti oggi.

Continua a leggere: Le 7 cose che NON CI SONO più a Milano e che RIVOGLIAMO indietro 

ROBERTO BINAGHI

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Le 7 cose che i milanesi non amano dei provinciali

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Un articolo provocatorio, che nasce da un caposaldo difficilmente contestabile: la città non è la provincia, e viceversa. Appena si prova a rinforzare questa tesi, ecco saltar fuori i fautori del perbenismo letterario, chi pensa che certe cose non si possano (o addirittura debbano) scrivere o semplicemente chi ha il paraocchi. Ma nessuno si offenda. Qui non si fa altro che stilare una lista di piccole differenze fra il centro città e le zone limitrofe che sono sotto gli occhi di tutti. Vediamole assieme.

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Le 7 cose che i milanesi non amano dei provinciali

#1 Che sono schiavi della macchina

Credits: ecodibergamo.it
schiavi della macchina

Partiamo da una questione di necessità. Il centro di alcune città e soprattutto di città efficienti come il capoluogo lombardo ha il pregio incontestabile di avere una rete efficiente di trasporto pubblico. Cosa che c’è anche in provincia, certo, e per fortuna in Lombardia i trasporti sono molto ben distribuiti.

Resta il fatto che la macchina è ancora il mezzo preferito per chi, dalla provincia, si sposta in centro città per lavoro o quant’altro, dato che non tutti coloro che abitano fuori preferiscono accalcarsi su bus o sui convogli di Trenord. Se per caso ci fosse ancora un dubbio in materia, provate a dare un occhio alle tangenziali di Milano alle nove del mattino o dalle cinque di pomeriggio.

#2 Che hanno poca discrezione

Credits: ufficio.eu
pettegolezzi

Ai tempi della guerra di secessione americana alcune notizie vere o presunte tali correvano su fili del telegrafo artigianali, montati alla meglio sui vitigni, una storia curiosa che ha ispirato il pezzo I heard it through the grapevine, portato al successo da Marvin Gaye nel 1968. Ciò che succede in provincia non è troppo lontano da quel che si descrive nella famosa hit. I campi, i paesini, i villaggi e tutto ciò che fuoriesce dai confini del centro cittadino alimenta, da sempre, un circolo di chiacchiere, pettegolezzi e dicerie che (appunto) si tramandano di paese in paese come voci di un telefono senza fili.

#3 Che hanno una cadenza ruspante

Più ci si allontana dal centro cittadino, più l’accento di ogni grande centro urbano italiano (non solo a Milano) si alleggerisce, si condisce spontaneamente con termini più terra terra e diventa quasi un altro linguaggio (con un’altra cadenza) rispetto al comune da cui parte.

#4 Che fanno gli imbruttiti

Credits: milanotoday.it
Tamarri

Questo punto scatenerà un putiferio, ma intendiamoci, nessuno vuole offendere chi non risiede nei centri città. Bisogna tuttavia ammettere che esattamente come per la cadenza o il dialetto, più si va in provincia passando per le periferie più l’animo delle persone si imbruttisce, per usare un termine caro a una famosa pagina milanese. Si diventa più tamarri, si parla in maniera più scurrile, si usa un tono di voce più alto. Tutte cose che molti vorrebbero contestare, pur sapendo che è esattamente così.

 #5 Che sparlano di Milano

Ph. @_nontilasceremomai_ IG

Intramontabile evergreen fiore all’occhiello dei discorsi dei provinciali. Milano fa schifo, meglio la provincia, l’aria è più pulita, c’è meno traffico (etc.etc.etc.). Mi ricorda tanto quell’ostinatezza di un mio vecchio collega convinto che non sarebbe mai venuto a Milano, che adorava la provincia, il silenzio, i campi e i casolari abbandonati della sua zona. Il giorno che gli ho spiegato che se quel casolare era stato abbandonato un motivo c’era si è offeso, e non mi ha più chiamato (ps ho saputo in seguito che continua a pendolare su Milano e a lamentarsene, ovviamente).

#6 Che tifano Juve

Credits: jmania.it

Non ce ne vogliate, amici simpatizzanti dei colori bianconeri. Sappiamo che siete ovunque, anche a Milano, ed è proprio questo il problema. Qui da noi in centro (ma in tutte le grandi città) sembra assurdo che ci possa essere qualcuno che a Milano o in provincia non tifi Inter o Milan. Il calcio è vario e bello anche per questo, e ormai sono tanti anni che la mappa del tifo si è mescolata in maniera irreversibile. Nonostante questo (per fortuna) Inter e Milan hanno ancora il caposaldo del tifo cittadino. Fuori dalle mura della città nerazzurri e rossoneri ci sono, certo, ma poi, più ci si allontana, più i colori si mischiano.

#7 Che non sono di Milano

“Anche io sono di Milano!” “Sì? Di Dove?” “Parabiago. Conosci?” Sono questi i casi in cui il milanese da il meglio di sé. C’è la fazione di integralisti che non transige e sfotte il provincialotto in questione, chi trangugia un va a quel paese e chi confonde il tutto con una risata. Colleferro non è Roma, Frattamaggiore non è Napoli e Melegnano non è Milano, cari amici della provincia. Altrimenti come potreste spiegare il fatto che le case costino meno della metà?

Continua la lettura con: 5 cose che una NON MILANESE non SOPPORTA di Milano

CARLO CHIODO

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Un futuro più internazionale per Milano: le 7 mosse per non restare intrappolata in provincia

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Milano ha da sempre una vocazione internazionale. Sprigiona il meglio di sé quando raggiunge l’eccellenza a livello mondiale. Lo fa con la moda, con il design (e con il Fuorisalone), con la lirica e con il calcio: anche se non è il suo momento migliore è comunque l’unica città europea ad avere vinto più volte la Champions con due sue squadre. Notizia di poche ore fa che anche nella cucina Milano si pone ai vertici mondiali. C’è solo un ambito in cui Milano perde ogni ambizione: quello politico. In questo caso la città resta al guinzaglio di Roma e si accontenta di rivestire un ruolo insignificante, simile a un piccolo borgo di provincia. Sicuramente il sistema amministrativo italiano lascia poco spazio, ma nella società contemporanea sono possibili altre forme di rilevanza che Milano potrebbe esercitare. Come queste sette. 

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Un futuro più internazionale per Milano: le 7 mosse per non restare intrappolata in provincia

#1 Milano capofila delle 8 o 20 città non capitali più influenti del mondo

Credits __justbehappynick__2022 IG – Rotonda pedonale sopraelevata Shanghai

Negli incontri dei G8 e G20 le nazioni più importanti del mondo decidono il destino del pianeta. Si tratta di un monopolio: ogni decisione di rilevanza politica a livello internazionale viene presa da organizzazioni formate da grandi Stati. In un’epoca in cui si assiste alla crisi degli stati- crisi finanziaria con debiti da record, di burocrazia e di scarsa innovazione- serve proporre un’alternativa più agile e più capillare all’immobilismo degli stati. La risposta migliore può venire dalle città. In particolare, da quelle che pur non avendo un ruolo politico, ossia prive dello status di capitale, esercitano un’influenza in diversi ambiti globali. Milano può farsi promotrice di una rete delle 8 o 20 città non capitali più rilevanti del mondo per organizzare summit: non per condividere best practice limitate ai loro confini, ma per proporre soluzioni d’avanguardia per migliorare la vita dei cittadini di ogni parte del mondo. 

#2 A Milano il summit delle città stato mondiali

Aeroporto Singapore

Altra risposta al problema descritto sopra, ossia la crisi dei grandi stati nazionali, può essere quella di mettere più in connessione le città stato del mondo che nell’epoca attuale rappresentano i più elevati standard nella qualità della vita dei cittadini, nella produzione di ricchezza, nell’efficienza e nell’innovazione. Unico loro limite: l’assenza di un coordinamento e di un confronto tra di esse. Milano può essere la città ideale per organizzare un summit aperto a tutte le città del mondo per due ragioni. La prima è che, non essendo una città stato può fungere da “campo neutro” per non creare vantaggi o gelosie. La seconda è che, pur essendo priva di qualunque potere da città stato, di fatto lo è: per mentalità, cultura e raggio di azione. 

#3 Infrastrutture di connessione

La priorità di Milano deve essere sempre più quella di creare collegamenti diretti con le altre grandi città d’Europa e del mondo. Serve investire in ferrovie rapide e avere una regia di gestione e di comunicazione focalizzata sulle connessioni internazionali, affiancandola a quella che già avviene a livello locale e nazionale. Parigi, Berlino e Barcellona, per esempio, devono prevedere un tipo di collegamento con Milano analogo a quello che ha Roma. 

#4 Gemellaggi: nuovi e più dinamici

Le statue della libertà di Firenze e di New York. Credits: @vecchiafirenzemia IG

Il gemellaggio è una condizione di relazioni tra città internazionali più formale che sostanziale, ormai arcaica e decaduta. Difficile trovare anche un solo milanese che sappia quali sono le città gemellate con Milano. In questo senso esiste una grandiosa opportunità per Milano: riprogettare la figura del gemellaggio attualizzandola ai tempi attuali. Con funzioni e benefici diversi offerti ai cittadini. Non solo: si deve anche rinnovare il novero delle città gemellate con Milano, aprendo a nuove, tra le più rilevanti del mondo, e recuperando quelle vecchie, come San Pietroburgo. 

#5 Summit tematici negli ambiti in cui Milano è una città leader mondiale

Milano deve ospitare dei summit per ogni grande tema in cui si pone tra i leader mondiali, a cui inviti a partecipare le altre città migliori del pianeta. Ci sarebbero un summit della Moda (con Parigi, Londra, New York e le nuove entranti), del Design (Anversa, Amsterdam, Basilea eccetera), dell’Architettura (Dubai, Tokyo, New York, Parigi, Londra, Berlino eccetera), del Food e così via. Questo porterebbe ad avere le migliori idee e professionalità concentrate sul suo territorio con una cascata di benefici per tutti i cittadini. 

#6 Erasmus di insegnanti e ricercatori

Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)
Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)

A detta di molti si tratta del progetto più riuscito dell’Unione Europea: il programma Erasmus che ha consentito a milioni di studenti di vivere un’esperienza formativa all’estero. A questa straordinaria circolazione delle idee sono rimasti fuori però insegnanti e ricercatori. Milano dovrebbe favorire invece un programma analogo per lo scambio con l’estero dei suoi insegnanti e dei suoi ricercatori in modo da fare accrescere il loro bagaglio di esperienze e, al contempo, importare professionalità da ogni tipo di cultura.

#7 Milano Lab di tecnologia d’avanguardia mondiale per risolvere i suoi problemi

Ma Milano può essere un faro mondiale non solo per i suoi ambiti di eccellenza, ma anche per i suoi problemi. Una città ricca di problemi metropolitani, come l’inquinamento, la congestione nella mobilità o la scarsa sicurezza, può trasformarsi un un hub che attiri le migliori competenze e tecnologie mondiali per fornire delle soluzioni a tali criticità. In questo modo potrà non solo risolvere i suoi problemi ma anche creare un’economia attorno alla loro risoluzione oltre che esportare nel mondo ciò che ha sperimentato con successo. 

Continua la lettura con: Milano la seconda città dove si mangia meglio al mondo

ANDREA ZOPPOLATO

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul  #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong   #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

 

Il dilemma dei viaggiatori M4: interscambio M3, meglio Crocetta o Missori?

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Del mancato interscambio sotterramento tra la linea M3 e la linea M4 si sono versati fiumi d’inchiostro. L’unica possibilità di passare da una metropolitana all’altra è quella di camminare in superficie: ma quale è l’alternativa migliore? Dipende.

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Il dilemma dei viaggiatori M4: interscambio M3, meglio Crocetta o Missori?

# Il collegamento sotterraneo che non c’è

Urbanfile : M4-M3 l'interscambio mancante
Credits: Urbanfile M4-M3 l’interscambio mancante

La realizzazione di un collegamento sotterraneo avrebbe risolto ogni dubbio, soprattutto se si fosse scelta l’opzione tra la stazione di Crocetta M3 e Sforza-Policlinico M4, in quanto più breve. Inizialmente sembrava si potesse infatti realizzare una connessione utilizzando i corridoi sotto il Policlinico o, in alternativa, un tunnel nelle aree dell’istituto ospedaliero prima della cantierizzazione del nuovo polo. Le altre due soluzioni ipotizzate prevedevano: una dei tapis roulant in superficie tra Missori M3 e Sforza-Policlinico M4, l’altra un unico tunnel, sempre tra le stesse due stazioni.

Comune di Milano – Nuova uscita M3 Missori

Alla fine si è optato per la creazione di un tunnel di circa 50-60 dal mezzanino di Missori M3 all’incrocio tra via Larga, via Albricci e via Pantano, con un ulteriore accesso alla linea gialla in fase di realizzazione.

Comune di Milano – Corridoio di indirizzamento

Il tragitto previsto dal Comune di Milano prevede poi di camminare lungo via Pantano, per la quale è prevista la pedonalizzazione nella prima parte del 2025, con un percorso protetto per i pedoni.

Fabio Marcomin – Collegamento Missori-Sforza cartina

In attesa della conclusione dei cantieri, la connessione a piedi Sforza-Policlinico M4-Missori M3 rimane l’unica proposta da ATM e Palazzo Marino: è anche quella migliore? Dipende dai casi.

Leggi anche: Il disastro annunciato degli interscambi della M4 (specie se piove)

# Circa 280 metri a piedi tra Crocetta M3 e Sforza Policlinico, con Missori M3 sono 350

Se si tenesse conto solo dei metri da percorrere, la soluzione Sforza Policlinico M4-Missori M3 sembrerebbe la più breve in ogni caso: circa 280 metri se si utilizza l’accesso sul lato dell’Università Statale della M4, ma con due incroci semaforici, poco più di 320 metri, optando per il lato del Policlinico, con un solo attraversamento. 

Tra Missori M3 e Sforza Policlinico M4 la distanza è di circa 350 metri sia allo stato attuale sia alla conclusione dei lavori per la nuova uscita di M3, l’unica differenza è che nel secondo caso il tratto in superficie si riduce di 50 metri.

Cantiere Urbanfile – Roberto Majello – Passaggio via Pantano-università

Rimarrebbe quindi il tratto su via Pantano in superficie e soprattutto quello nel passaggio a lato dell’Università Statale che in caso di pioggia può diventare un disastro per via delle pozzanghere e della poltiglia di foglie e fango che si viene a creare.

Leggi anche: L’interscambio della metro che c’è…ma non si può usare

# In caso di semafori rossi su corso di Porta Romana e via Sforza i tempi di percorrenza si equivalgono

Maps – Marciapiedi corso di Porta Romana

Facendo le prove sul campo, anche a livello di tempi di percorrenza la scelta di Crocetta M3 con stazioni per il cambio linea sembrerebbe la migliore: circa 5 minuti da tornello a tornello, da Missori M3 di circa 7-8 minuti. Considerando però gli eventuali rossi al semaforo, su corso di Porta Romana e via Sforza, non ci sarebbe una differenza sostanziale. La scelta migliore cambia in base alla provenienza e alla destinazione.

# Le alternative migliori in base alla destinazione cambiando da M3 a M4 e viceversa

Credits: Urbanfile – Mappa interscambio M3-M4

Arrivando da sud a bordo della M3 è più rapido uscire a Crocetta e prendere la M4 a Sforza Policlinico. Arrivando da nord cambia poco, perchè la scelta ricade tra fare una fermata in più di M3 e meno strada oppure una fermata in meno e più strada. Lo stesso se si deve prendere la M3 per andare verso nord arrivando dalla M4: i minuti risparmiati a piedi per andare a Crocetta vengono persi perchè occorre fare una fermata in più. Se si è diretti verso sud la soluzione migliore è cambiare a Crocetta perchè si risparmia strada e una fermata.

In sintesi, Crocetta M3 è la più congeniale se si proviene o si è diretti a sud con la M3. Negli altri due casi è una questione puramente personale: si può scegliere se fare un percorso lineare pedonale, una volta aperta l’uscita di Missori M3 in via Larga, con l’incognita di dover camminare nel fango nel tratto alberato di via Pantano con il maltempo, oppure se attraversare uno o due incroci su strade attraversate dal traffico veicolare.

Continua la lettura con: Le occasioni mancate della M4: che fine hanno fatto i reperti antichi?

FABIO MARCOMIN

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Quando devi traslocare ma il furgone non può circolare in area B

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Superato il tornello è fatta. 

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Continua con: Quando a San Babila scendi nella metro e ti ritrovi all’Unieuro

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Il nuovo direttissimo Milano-Bolzano: durata e prezzo da Garibaldi alle montagne dell’Alto Adige

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Progetto senza titolo - 1

Un collegamento diretto da Milano alle montagne del Trentino Alto Adige, pensato anche in vista delle Olimpiadi Invernali 2026. Vediamo quanto dura il viaggio, le fermate lungo il percorso e il prezzo del biglietto.

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Il nuovo direttissimo Milano-Bolzano: durata e prezzo da Garibaldi alle montagne dell’Alto Adige

# 8 mesi dopo la firma della dichiarazione d’intenti arriva il primo viaggio

martinabellomonte IG – Bolzano

Da Milano ai mercatini e alle montagne dell’Alto Adige con un nuovo collegamento diretto. Dopo la firma nell’aprile di quest’anno di una dichiarazione d’intenti tra la Provincia Autonoma di Bolzano e Regione Lombardia, è diventata realtà la possibilità di andare dalla stazione di Milano Porta Garibaldi a quella di Bolzano evitando la stazione di Verona Porta Nuova e quindi l’inversione di marcia. I convogli percorrono infatti i bivi della città scaligera, che immettono dalla Milano-Venezia direttamente sulla linea del Brennero, come riportato da ferrovie.it. Un ampliamento dell’offerta anche in vista delle Olimpiadi Invernali 2026.

# In meno di 4 ore da Milano Porta Garibaldi a Bolzano

Credit nongio70 IG – Treno trenord Caravaggio a Porta Garibaldi

Il debutto è avvenuto il 15 dicembre, in occasione dell’entrata in vigore nel nuovo orario invernale. Il servizio è svolto da un ETR.522 Caravaggio di Trenord, con 570 posti a sedere, spazi per biciclette e prese per la ricarica dei dispositivi elettronici, e prevede i seguenti orari:

  • partenza da Milano alle ore 6:43 con arrivo a Bolzano alle 10:57 nei giorni festivi e feriali, alle 10:31 in quelli feriali;
  • partenza da Bolzano alle 16:56 con arrivo a Milano Porta Garibaldi alle 20:55 tutti i giorni della settimana.

A Milano il treno ferma anche a Lambrate, poi a Pioltello Limito, a Treviglio e Romano in provincia di Bergamo, nel bresciano a Chiari, Rovato, Brescia e Desenzano, a Peschiera Del Garda in provincia di Verona, infine a Rovereto, Trento e Mezzocorona in Trentino Alto Adige.

# Il prezzo dei biglietti

Milano-Bolzano Trenitalia

Il costo dei biglietti è di 25,75 euro, anche se comprato lo stesso giorno della partenza, solo di seconda classe. I ticket sono disponibili sui canali Trenitalia, app e sito.

Fonte: lombardianotizie.online

Continua la lettura con: Il “Night Jet”dimezzato a Milano: treno notturno solo per Vienna. Stop alle corse per Monaco

FABIO MARCOMIN

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La M3 guarda a Peschiera: atteso incontro tra Regione e sindaci

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M3 Peschiera

Il prolungamento della linea M2 verso Vimercate sembra fermo su un binario morto. E non se la passa meglio un altro progetto atteso da decenni: quello della M3 verso il cremasco. Regione Lombardia vuole concentrarsi solo su un tratto breve di metropolitana. Ecco le ultima novità.

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La M3 guarda a Peschiera: atteso incontro tra Regione e sindaci

# L’estensione fino a Paullo non è all’ordine del giorno

Tracciato M3 fino a Paullo

Tutto da rifare? Il progetto per il prolungamento della linea M3 da San Donato a Paullo, l’ultimo ipotizzato da MM in doppia modalità metropolitana-metrotranvia, sembra sempre meno probabile. Si tratterebbe di un tracciato di 4,4 km e 2 fermate di metropolitana e 10,9 km e 8 fermate di metrotranvia veloce. L’investimento sarebbe di circa 850 milioni di euro, a seguito dell Nelle intenzioni del Comune di Milano lo studio di fattibilità tecnico-economica elaborato da parte di Mm Spa dovrebbe arrivare entro il 2025, ma Regione Lombardia non ritiene utile la soluzione della metrotranvia.

Leggi anche: Quel pasticciaccio brutto della M3 fino a Paullo: MM e Regione Lombardia divise sul progetto

# Atteso a gennaio un incontro tra Regione Lombardia, MM e comuni interessati al tracciato

Credits: Andrea Cherchi – Regione Lombardia

Per questo motivo l’assessore regionale ai Trasporti Franco Lucente, come riportato da La Provincia Cremona, ha comunicato che per il mese di gennaio 2025 intende convocare un incontro con la Città Metropolitana e tutti i comuni interessati dal progetto, compresi quelli del cremasco che trarrebbero benefici in modo indiretto. Queste le sue parole: «A gennaio ci troveremo insieme alla società Metropolitana milanese per un’accelerata decisiva al progetto di prolungamento della linea 3, un’opera fondamentale per migliorare la vita di migliaia di cittadini. Lavorerò senza sosta affinché questa infrastruttura diventi realtà. La nostra missione è chiara: garantire una mobilità più moderna, sostenibile e vicina alle esigenze dei territori».

# Si punta all’estensione del tracciato fino a Peschiera Borromeo

M3 Peschiera

L’intenzione di Regione Lombardia è quella di portare i treni della linea gialla fino a Peschiera Borromeo, allungando l’estensione attuale del tracciato di circa 4 km e 2 fermate, con uno stop anche nel Comune di San Donato. A luglio di quest’anno, come riportato da “Il Cittadino”, l’assessore Franco Lucente aveva dichiarato di volersi spingere fino Vigliano di Mediglia, per un totale di 4 fermate, anche se non sono seguite altre indicazioni a riguardo.

# Il sindaco di Spino d’Adda: «Un prolungamento sino a Peschiera sarebbe un risultato importante, ma serve un hub di parcheggio al capolinea»

M3 con visione più ampia

Il referente per i Trasporti e Mobilità dell’Area omogenea cremasca, il sindaco di Spino d’Adda Enzo Galbiati (primo comune dopo Paullo e il lembo della Provincia di Lodi) ha espresso il suo parere: «La metropolitana oltre Peschiera ha oggettive difficoltà in termini di costi-benefici: mi sembra complicato pensarla sino a Paullo, dati gli investimenti che sarebbero necessari. Da Peschiera in poi la soluzione più percorribile potrebbe essere una metrotranvia leggera, ma si tratta di un’ipotesi tutta da studiare. Già riuscire a mettere a terra un prolungamento sino a Peschiera sarebbe un risultato importante, realizzando ovviamente un hub di parcheggio all’arrivo della linea, che possa ricevere tutto il traffico dall’area cremasca».

Continua la lettura con: M2 fino a Vimercate? Queste le criticità del tracciato

FABIO MARCOMIN

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Milano è la seconda città dove si mangia meglio al mondo: il trionfo della cucina italiana

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Grande balzo in avanti di Milano nella classifica delle città dove si mangia meglio al mondo. Nel 2023 era al decimo posto. Un anno dopo sfiora il primato. Ma vediamo la classifica appena pubblicata da TasteAtlas.

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Milano è la seconda città dove si mangia meglio al mondo: il trionfo della cucina italiana

Il momento più atteso per gli amanti della cucina internazionale: la classifica di TasteAtlas di fine anno. Questi i risultati più significativi: 

# Trionfa la cucina napoletana. Il regno del food è il Golfo di Napoli. La città della pizza arriva al primo posto salendo dal quarto del 2023. Ha scalzato un’altra rivale connazionale. 

# Firenze perde il primato. Momento amaro per Firenze. Dopo la sconfitta con il Bologna, arriva anche la brutta notizia. La città che era risultata la migliore cucina del mondo nel 2023 perde il primato ed esce anche dal podio, scendendo in quarta posizione.

# Il grande balzo di Milano. Decima nel 2023, seconda nel 2024. Milano mette il fiato sul collo a Napoli, forte delle sue tre stelle: la cucina tipica, gli chef stellati e la cucina internazionale che non teme rivali al mondo. Il 2025 sarà l’anno della consacrazione?

# La “scomparsa” di Lima. Nel 2023 era sul podio, dopo Napoli e Roma. Unica intrusa tra le città dello Stivale. Un anno dopo il tracollo: esce fuori dalla top 10 e si aggrappa a un quindicesimo posto, lontano dalle luci dei riflettori. 

# Doccia fredda su Roma. Se Lima piange, Roma non ride. Anche la Capitale esce dal podio. Dopo aver carezzato il sogno del primato nel 2023, giusto alle spalle del primo posto, nel 2024 perde quattro posizioni scendendo al sesto posto. Bene ma non benissimo. 

# Bologna superstar. Ma il più grande exploit è quello di lasagne e tortellini. In un solo anno Bologna passa da un modesto 28esimo posto al terzo posto. 

# Trionfa la cucina italiana. Nel 2023 erano quattro le città italiane nella top 10. Nel 2024 sono addirittura sette su nove, lasciando poco spazio alle rivali di oltre frontiera. 

# Le uniche due città non italiane. Tra le prime nove ci sono solo due città non italiane. La prima è piuttosto scontata: Parigi, in salita di una posizione. L’altra è una sorpresa: Mumbai, in straordinaria crescita dal 34esimo al quinto posto in un solo anno. 

# Le altre italiane nella top 50. Dopo Napoli, Milano, Bologna, Firenze e Roma completa la top 10 Torino, al nono posto. Tra le prime 20 ci sono anche Genova 13esima (+9 posti) e Ferrara 19esima (nel 2023 era fuori dalle prime 100!). Seguono Catania (21), Venezia (23), Palermo (31) e Bari (41). 

# Questa la classifica del 2023:

Continua la lettura con: I 7 piatti scomparsi della cucina lombarda

MILANO CITTA’ STATO

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Gli attici da sogno di Milano: le immagini

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Corso Vercelli

Milano può essere uno spettacolo se si alzano gli occhi al cielo. Non solo per i grattacieli. Questi alcuni degli attici più appariscenti che svettano sulle strade della città.

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Gli attici da sogno di Milano: le immagini

# Attico Arco della Pace

Difficile non notarlo. Sulla destra dell’Arco della Pace arrivando dal Sempione. Vista sul Parco oltre che sull’Arco e lo Skyline di Porta Nuova. Non solo: puntando verso Nord facile immaginare la vista delle montagne nelle giornate di sereno. 

Attico Arco della Pace
Attico Arco della Pace
Attico Arco della Pace

# Attico Piazza Castello 

Altro attico notato praticamente da tutti i milanesi. Uscendo dal Castello lo si vede sulla sinistra facendo angolo con Beltrami. Vista che si apre sul Castello, sul Parco e i grattacieli di Citylife. 

Attico Castello

 

Attico Castello

# Attico via Palermo

A Brera, dietro a Garibaldi, su via Palermo, la strada un tempo celebre per La Pelota. Lo si nota per le piante lussureggiante e colorate. Punta verso Sud con vista Duomo. 

Attico via Palermo

# Attico Largo Treves

A pochi metri un altro attico che si fa notare alla grande a Brera. Impossibile non vederlo percorrendo il primo tratto di via Solferino. Prende l’ultimo piano di un palazzo storico, accanto al grattacielo che sta venendo ristrutturato nella stessa piazza. Si dice che appartenga a una nota cantante. 

Attico Treves
Attico Treves

# Attico Piazza San Babila

Noto come l’attico di Gucci ha cambiato proprietà di recente. Si dice che sia stato insieme a quello di Versace l’acquisto di appartamento più caro della storia di Milano. Si vede praticamente tutto: Duomo, montagne, Porta Nuova, Citylife. 

Attico San Babila
Attico San Babila

Attico San Babila

# Attico CityLife

E’ lui o non è lui? E’ quello di proprietà dei Ferragnez? Di sicuro è quello che svetta per altezza e posizione tra gli attici più belli di CityLife. Non proviamo neanche a immaginare il prezzo. 

Attico CityLife

# Attico Corso Sempione

Un attico che si nota percorrendo Corso Sempione da Piazza Firenze sulla destra. Vista a 360 gradi, da un lato Citylife, da cui dista poche centinaia di metri, dall’altro Porta Nuova, montagne e centro di Milano, Duomo compreso. 

Attico Sempione
Attico Sempione

# Attico Corso Vercelli

Altro attico iconico. Su Corso Vercelli in prossimità dell’incrocio con Cherubini, è un autentico spettacolo anche solo visto dalla strada. Anche da qui si può immaginare una vista a 360 gradi su tutta Milano. 

Corso Vercelli
Corso Vercelli

GALLERY:

Continua la lettura con: DOVE viveva LEONARDO a MILANO? La sua CASA è sul MERCATO

ANDREA ZOPPOLATO

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La vera storia dell’uomo murato (vivo) nel castello di Pavia

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Credits: @fussballlust IG

Ascesa e caduta di Pasquino Cappelli, dignitario dei Visconti di Pavia e poi di Milano, accusato di tradimento e murato nel Castello pavese. Era innocente.

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La vera storia dell’uomo murato (vivo) nel castello di Pavia

# Il castello Visconteo doppio

Credits: @fi_lo88 IG

Vi siete mai chiesti perché, ad una prima occhiata, i castelli di Milano e di Pavia sembrano così simili?
Semplice: sono entrambi stati costruiti dalla famiglia Visconti, nel periodo più splendente del loro governo su queste due città.
Il castello di Pavia sorge nel 1360 per volere di Galeazzo II Visconti e resta nella disponibilità della famiglia fino al 1413, grazie a Filippo Maria.
Il fratello di Galeazzo II, Bernabò Visconti, è invece l’artefice della conquista di Milano e dell’insediamento della sua corte nei resti del castello di Porta Giovia (Porta Zobbia).
Tra i due fratelli intercorrono rapporti burrascosi, così Galeazzo II decide di portare la sua corte a Pavia, dopo averla conquistata.
Avvalendosi delle migliori tecniche dell’epoca, ispirato dall’atmosfera rinascimentale ormai pienamente acquisita, il Visconti di Pavia da vita ad una residenza di gran pregio, le cui meraviglie e abbellimenti possiamo ammirare ancora oggi.
Contemporaneamente nasce la dinastia Viscontea di Pavia.

Leggi anche: La leggenda della CHIESA del DIAVOLO dove si sposò Teodolinda

# I Visconti di Pavia e Pasquinio Cappelli

Giangaleazzo Credits: trentaminuti.it

Galeazzo II crea una corte raffinata, abbellita dai migliori artisti e architetti del Rinascimento, alcuni chiesti alle altre signorie lungo il territorio italiano, regalando prestigio alla corte grazie agli inviti e le partecipazioni di illustri letterati, come Petrarca.
Pasquino Cappelli è indicato come un attivo artefice dell’impronta umanista a Milano.
L’ufficio che si occupa di tenere tutti questi rapporti per la corte Viscontea, è quello del Cancelliere, che dal 1373 è occupato da Pasquino Cappelli.

Il Cappelli proviene da una famiglia di Cremona e segue le orme del “dominus”, quel Baldassarre Cappelli indicato come fine giurista: anche Pasquino si indirizza alla pratica del diritto, diventando Notaio.
Inizia la carriera proprio con Galeazzo II e resta al suo ufficio anche con il figlio Giangaleazzo Visconti, migliorando la sua posizione servendo il Visconti che crea le condizioni per una forte espansione del suo casato.

Leggi anche: 7 CITTÀ che potrebbero fare da EXCLAVE alla città metropolitana di Milano 

# Per Pasquino Cappelli, fine di una brillante carriera

Stemma Giangaleazzo Visconti Credits Fototeca Gilardi

Il notaio Cappelli è in pratica sempre col principe, ne promulga ogni desiderio e mette in pratica ogni suo ordine. Pasquino Cappelli è a tutti gli effetti, la voce di Giangaleazzo Visconti fuori dalla corte.
Giangaleazzo eredita dal padre anche i cattivi rapporti col ramo “milanese” della famiglia e prende di mira lo zio Bernabò, al quale sottrae il dominio su Milano con un inganno, diventando Duca di Milano, iniziando ad espandere le sue mire territoriali con una serie di campagne militari.

Durante la guerra contro Mantova, nel 1398, i Ducali Pavesi si ritirano improvvisamente dall’alleanza con Milano, a seguito di un ordine arrivato via lettera recante firma e sigillo di Giangaleazzo Visconti, causando la sconfitta dello stesso a Governolo.
Per la sua posizione di prestigio, Pasquino Cappelli fu accusato di aver scritto quella lettera, falsificandola, come segno di tradimento.
Le conseguenze sono terribili: Cappelli viene privato di ogni titolo, della posizione e tutti gli averi sequestrati.

# Spogliato e murato vivo

Credits: @giovannimalgherini IG

La spogliazione di Pasquino Cappelli è anche letterale: l’uomo viene completamente denudato, coperto con una pelle di animale ancora calda, quindi murato fino al collo nelle mura del castello di Pavia.
La testa lasciata fuori per poterlo ascoltare in interrogatorio, Cappelli viene anche nutrito per circa 20 giorni, in modo da esser tenuto in vita e visitato dal Visconti, che ogni giorno va a chiedere la confessione al presunto traditore.
Cappelli non confessa e, trascorsi questi terribili giorni di agonia, la pelle dell’animale si asciuga, stritolando il poverino fino a provocarne la morte.
A quel punto Giangaleazzo Visconti ordina che i resti di Pasquino Cappelli vengano murati del tutto, trasformando il muro del castello di Pavia nella tomba eterna del traditore.

Leggi anche: I segreti di CASA FELISARI, il palazzo più MISTERIOSO di Milano

# Riabilitare un innocente?

Credits: @enricomariaferaboli IG

Anni dopo, quando Giangaleazzo firma una tregua con Mantova, viene a sapere che il tradimento di Governolo è stato architettato dai mantovani stessi, che erano riusciti a falsificare la firma e il sigillo Visconteo, per indurre all’errore gli alleati di Pavia.
Seppure molto sconvolto per aver ingiustamente fatto condannare a morte un amico innocente, Giangaleazzo Visconti non ordina mai di riesumare le spoglie di Pasquino Cappelli dalle mura del castello Visconteo di Pavia, forse per non dover mai ammettere in pubblico il proprio errore.
L’uomo resta ancora oggi murato da qualche parte nelle mura della bella residenza viscontea a Pavia, senza che nessuno sappia l’ubicazione precisa.

L’unica parte delle mura ormai perdute, quelle al lato nord, sono state distrutte dai francesi nella prima metà del 1500. Se fosse stata quella la dimora di un innocente Pasquino Cappelli, avrà trovato pace e sepoltura?

Continua la lettura con: Ecco com’è nato lo STEMMA di Milano

Fonte: Pavia e Dintorni

LAURA LIONTI

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La Dama con l’Ermellino è stata dipinta a Milano: questa la sua vicenda

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credits: corriere.it

È uno dei dipinti più famosi del grande Leonardo, intrigante e misteriosa come la cugina Monnalisa. Pochi sanno che la Dama con l’ermellino è stata dipinta a Milano ed è strettamente legata alla storia della città.

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La Dama con l’Ermellino è stata dipinta a Milano: questa la sua vicenda

# La Dama è stata dipinta durante il primo soggiorno di Leonardo a Milano

credits: wikipedia

La Dama con l’ermellino è una delle opere che più simboleggia il valore artistico di Leonardo Da Vinci. Fu dipinta dal grande genio durante il suo primo soggiorno milanese presso la corte degli Sforza, tra il 1482 e il 1499. Non si conoscono bene le circostanze della commissione dell’opera ma si pensa sia stata realizzata tra il 1488 e il 1490.

È un’opera innovativa, poiché sconvolge i canoni tipici del ritratto quattrocentesco. La dama, infatti, forma una doppia torsione: il busto è rivolto a sinistra, mentre la testa è rivolta a destra. Inoltre, la figura slanciata della fanciulla trova riscontro armonico nell’ermellino che tiene in braccio, infatti i due hanno lo sguardo rivolto nella stessa direzione e presentano la medesima grazia. Ma chi è questa fanciulla e perché ha un ermellino come animale da compagnia?

# L’ermellino: figura simbolica dal triplice significato

credits: @tesoriitaliani (Instg)

L’ermellino è, in realtà, la figura centrale dell’opera e porta con sé tre significati diversi. Il primo riguarda l’identità della fanciulla: in greco ermellino si dice “galè” e rimanda con molta probabilità alla giovane Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro.

Il secondo significato riguarda lo stesso Ludovico, che nel 1488 aveva ricevuto il titolo di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino dal re di Napoli Ferdinando I di Aragona, per essere intervenuto durante una congiura contro il re.

Il terzo significato è collegato alla pelliccia bianca dell’ermellino, simbolo di purezza e di incorruttibilità, che rimanda alla purezza d’animo della dama, una donna aggraziata, come si può notare dalle mani, e dallo stile sobrio vista l’assenza di gioielli sfarzosi.

# Ermellino o furetto?

Facendo un’analisi attenta della morfologia dell’animale si può notare che in realtà che il roditore che abbiamo davanti è più somigliante ad un furetto. Il corpo di un ermellino difficilmente supera i 30 cm, mentre quello del dipinto sembra misurare tra i 40 e i 60 cm, dunque si tratterebbe di un furetto.

Perché una scelta simile? Gli ermellini sono animali mordaci e selvatici, sarebbe stato difficile farlo posare insieme alla fanciulla proprio per questa sua natura vivace. I furetti invece sono animali facilmente addomesticabili e semplici da trovare nelle campagne lombarde all’epoca.

# Bernardo Bellincioni dedicò un sonetto alla Dama con l’ermellino

Nel 1493 Bernardo Bellincioni, poeta di corte di Ludovico Sforza, dedicò un sonetto a questa splendida dama intitolato “Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo”, in cui elogia la donna per la sua bellezza e allo stesso tempo mette in risalto al bravura del grande Leonardo.

# Il celebre dipinto si trova in Polonia

Il dipinto è stato acquistato nel 1800 dal principe Adam Jerzy Czartoryski entrando così a far parte della collezione privata della famiglia polacca. Il dipinto fu trasferito più volte per motivi di sicurezza: a Parigi durante l’insurrezione polacca del 1830, nel 1939 in seguito all’occupazione tedesca di Cracovia il dipinto fu utilizzato come decorazione nella residenza di Hans Frank e successivamente trasferito dai nazisti in Germania per poi essere restituito nel 1946.
Nel 2016 la Dama con l’ermellino è stato ceduto dalla Fondazione dei Principi Czartoryskida al governo polacco per la cifra di 100 milioni di euro.
Per lungo tempo il dipinto è stato ammirato presso il Castello di Wawel. Dal gennaio 2020 l’opera è stata trasferita ed è esposta presso il Museo Czartoryski di Cracovia.

Continua la lettura con: DOVE viveva LEONARDO a MILANO? Oggi la sua CASA è in VENDITA

ANDRA STEFANIA GATU

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El Menafrecc, el Firunatt, lo Strascee: 5 mestieri antichi che hanno fatto la storia di Milano

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Ph. credits: madtrip

Un’economia post bellica ci attende, la società sta cambiando le sue regole di base, nessun settore commerciale è più quello di prima. C’è da domandarsi, con ironia, se gli antichi mestieri che hanno fatto di Milano una città operativa, creativa e all’avanguardia possano essere d’esempio o addirittura tornare in àuge…
Eccone 5, tra i nostri preferiti, aggiunti a quelli che avevamo già pubblicato qui: 

Leggi anche: Il Ciaparatt, el Ranee, el Brumista e altri MESTIERI ANTICHI milanesi: quali potremmo rilanciare nella Milano dei nostri giorni?

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El Menafrecc, el Firunatt, lo Strascee: 5 mestieri antichi che hanno fatto la storia di Milano


#1 El menafrecc

Ph. credits: madtrip

E’ lo spazzacamino che, con il suo giovane garzone e con la sua attrezzatura formata da spazzolini di ferro, ganci e corde, girava per il quartiere gridando “mena frecc!”. Il suo compito era quello di pulire camini e stufe e il suo aspetto non tradiva il ruolo: come si diceva in dialetto, l’era negher de fuliggine.


#2 El firunatt

Ph. credits: ecomuseo

Lavoro che oggi si definirebbe stagionale, visto che il suo compito consisteva nel girare per le strade in autunno vendendo collane di castagne.
Ce lo ricorda anche un adagio in dialetto:
“A Milan, tra i vari mestée ambulant,
gh’eren i vendidor de castegn lessàa,
pelàa o cont el guss e rostii oltertant.”


#3 El Barbee

Ph. credits: pinterest

Era l’odierno barbiere per uomini. Al tempo non si usava farsi la barba da soli, ma ci si recava dal barbee, un posto in cui barba e capelli erano solo una parte del rito. Qui infatti gli uomini si trovavano e si svagavano, sentendosi in famiglia.


#4 Lo strascèe

Ph. credits: milanofree.it

Era l’uomo delle cianfrusaglie. Si piazzava al centro dei cortili con il suo carretto colmo di oggetti di ogni genere, che oggi definiremmo ciarpame, attirava l’attenzione con una trombetta e nel giro di pochi minuti le donne delle abitazioni arrivavano a rapporto, portando con loro tutte le cose che non servivano più in casa. Lui analizzava la merce, se era di suo gusto la pesava sulla stadera, una bilancia che funzionava con le leve, e fissava il suo prezzo. Il pagamento consisteva in un paio di pani di sapone per il bucato.


#5 El moletta

Ph. credits: http://tamburoriparato.blogspot.com

Era l’arrotino che, con il suo carretto di legno con una mola a pedale, girava per le strade della città e offriva il suo servizio: limare i coltelli, le forbici e gli attrezzi da lavoro per la campagna. Un mestiere che, a dire della canzone qui sotto, era piuttosto redditizio:

“Mè pader ciappa i zvanzigh
E mi ciappi i quattrin,
quand sarà mort mè pader
faroo el moletta mì”

Continua la lettura con: Il Ciaparatt, el Ranee, el Brumista e altri MESTIERI ANTICHI milanesi: quali potremmo rilanciare nella Milano dei nostri giorni?

BARBARA VOLPINI

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Metro a Monza… ma facciamola bene: i punti deboli di M1 e M5

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Anche se la realizzazione arranca tra ritardi e richieste di fondi extra, nel prossimo decennio il sistema di trasporto pubblico di Monza dovrebbe venire completamente stravolto per l’arrivo di due linee metropolitane. Ma il progetto non convince del tutto. Soprattutto per le prospettive strategiche del territorio. Questo momento di pausa può servire a evitare errori strutturali?

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Metro a Monza… ma facciamola bene: i punti deboli di M1 e M5

# M1 e M5: i progetti attuali

Credits: urbanfile.org – Prolungamento M1 Monza-Bettola

La prima metropolitana che arriverà a Monza sarà la M1. Dopo aver superato il comune di Sesto San Giovanni si fermerà al confine tra Cinisello Balsamo e Monza nella fermata Monza Bettola. A Bettola la rossa incrocerà la M5 e servirà un importante centro commerciale che ne ha ritardato molto la costruzione.

Credits ascuoladiopencoesione.it – Tracciato M5

La lilla invece arriverà dopo: il cantiere dovrebbe aprire nel 2025 con la prevista inaugurazione intorno al 2030. Dopo Bignami la M5 attraverserà Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo per arrivare poi nel comune di Monza, servendo la stazione di Monza, il centro, la Villa Reale e l’ospedale San Gerardo. Ma quali sono i punti deboli dei due progetti?

# M1 – M5: zone scoperte, “tappi” e “doppioni”

Problemi M1 e M5

Le principali problematiche riguardano il percorso di M5: dopo l’ospedale San Gerardo la linea virerà di nuovo verso sud per raggiungere il polo istituzionale creando così diverse problematiche.

Queste le criticità del percorso previsto:

  • M1 non potrebbe essere estesa ulteriormente a nord in quanto incrocerebbe di nuovo M5 al polo istituzionale, impedendo che i quartieri nella parte ovest di Monza siano serviti dalla metro, come invece sarebbe opportuno
  • M5 non potrebbe essere estesa ulteriormente a nord in quanto dovrebbe fare una curva difficilmente realizzabile
  • Ci sarebbe poi un “doppione”: il polo istituzionale sarebbe servito anche dalla stazione Monza ovest, attualmente in fase avanzata di progettazione, che dista solamente 500 metri

È quindi necessario pensare ad alcune variazioni per ottimizzare l’efficacia della rete.

Leggi anche: Una NUOVA STAZIONE in arrivo: si andrà al PARCO in TRENO

# Una nuova ipotesi: deviazione ed estensione della lilla e la rossa nella zona Ovest di Monza con nuovi orizzonti verso Nord

Tracciato alternativo M1 e M5

M5 potrebbe concludersi all’ospedale San Gerardo, offrendo un collegamento con uno dei principali poli ospedalieri lombardi e garantendo la possibilità di sviluppare ulteriormente la linea nel cuore della Brianza. Si potrebbe pensare di estendere la lilla verso Vedano al Lambro e Biassono, per servire l’autodromo e il parco, per poi dirigersi verso Sovico e Triuggio.

M1 invece potrebbe seguire un percorso già studiato in precedenza, dirigendosi a nord dopo Bettola. In questo modo verrebbero serviti i quartieri ovest di Monza inserendo fermate a San Fruttuoso e Boscherona, per poi raggiungere il polo istituzionale.

Nei pressi di Boscherona potrebbe essere costruita un’hub per collegare la SS36 alla linea metropolitana e alla ciclabile Villoresi. Da qui M1 potrebbe poi estendersi verso la Brianza, attraversando i comuni di Lissone, Santa Margherita e Seregno, sognando di arrivare un giorno fino a Como.

Milano, Monza e la Lombardia hanno bisogno che le linee metropolitane vadano oltre i confini di Milano. Per questo l’estensione a Monza è strategica per il futuro del territorio. Ma facciamola bene.

Continua la lettura con: Le 9 ESTENSIONI METRO a Milano: cosa MANCA per COMPLETARLE

SAMUELE GALBIATI

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5+1 idee per migliorare Milano rivoluzionando l’arredo urbano

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L’arredo urbano è il biglietto da visita di una città: trasmette identità, accoglienza e qualità della vita. Milano, pur essendo una capitale del design, soffre di spazi pubblici poco curati e luoghi di socialità inadeguati. Ecco 7 idee per rivoluzionare l’arredo urbano, attingendo dal passato e guardando al futuro.

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7 Idee per migliorare Milano rivoluzionando l’arredo urbano

#1 Mosaici Pubblici finanziati dal Comune

I marciapiedi e le piazze di Milano potrebbero diventare gallerie d’arte a cielo aperto, con mosaici che raccontano la storia e l’identità dei quartieri. Progettati da artisti locali e finanziati attraverso bandi comunali, questi mosaici trasformerebbero superfici anonime in opere d’arte durature, simili alle Calçadas portuguesas. Ogni mosaico potrebbe includere QR code che, scansionato, racconta la sua storia e quella della zona in cui si trova.

Questo sistema non solo valorizzerebbe il territorio, ma creerebbe un legame più profondo tra cittadini, turisti e spazi pubblici. I mosaici potrebbero raffigurare momenti storici, simboli culturali o reinterpretazioni artistiche contemporanee, trasformando le strade in un museo all’aperto. Inoltre, tali interventi avrebbero il potenziale di coinvolgere scuole, associazioni e residenti in processi partecipativi, rafforzando il senso di comunità.

#2 Giardini di socialità con arredo multifunzionale

Milano manca di spazi all’aperto dedicati alla socialità. Si potrebbero immaginare delle aree verdi che vadano oltre le semplici panchine: tavoli per picnic, sedute modulari che si adattano a gruppi di diverse dimensioni e strutture leggere per ospitare eventi all’aperto.

Questi “giardini di socialità” sarebbero distribuiti nei quartieri meno centrali, promuovendo incontri tra residenti. Ogni spazio potrebbe includere zone relax con amache, librerie condivise e fontane interattive. L’arredo, progettato con materiali sostenibili, sarebbe resistente ma esteticamente piacevole, integrando elementi tecnologici come punti di ricarica per dispositivi mobili e luci alimentate a energia solare.

Questi giardini diventerebbero veri e propri hub di comunità, incentivando la convivialità e il benessere. Si potrebbe anche immaginare l’inserimento di piccole serre comunitarie o orti urbani per unire estetica e sostenibilità.

#3 Fermate dei mezzi pubblici con design futuristico

Le fermate di autobus e tram potrebbero essere ripensate come installazioni di design futuristico. Oltre a offrire riparo, diventerebbero luoghi d’incontro e attrazioni architettoniche. Immaginiamo coperture innovative con pannelli solari per alimentare illuminazione LED e schermi informativi. Ogni fermata potrebbe includere panchine ergonomiche, stazioni di ricarica per dispositivi mobili e accessi Wi-Fi gratuiti.

Ispirandosi ai fosteritos di Bilbao o alle fermate di Hannover, Milano potrebbe affidare la progettazione a giovani designer emergenti, trasformando le attese in esperienze interattive. Ogni fermata potrebbe essere unica, riflettendo l’identità del quartiere, e includere installazioni artistiche che arricchiscano il paesaggio urbano. Inoltre, la tecnologia potrebbe integrarsi ulteriormente con applicazioni per smartphone che aiutino a pianificare gli spostamenti o scoprire eventi nelle vicinanze.

#4 Murales e installazioni luminose permanenti

Milano potrebbe ospitare murales luminosi permanenti su edifici pubblici, sottopassi e facciate cieche. Queste opere, alimentate da energia rinnovabile, sarebbero visibili di notte e creerebbero una nuova dimensione estetica della città. I murales potrebbero raccontare storie del passato, celebrare personaggi locali o proporre visioni futuristiche.

Ogni installazione sarebbe accompagnata da una narrazione digitale, accessibile tramite QR code, che permetterebbe di scoprire dettagli sull’artista e sull’opera. Questi interventi trasformerebbero aree marginali in punti di interesse culturale, migliorando la percezione degli spazi pubblici. Si potrebbe anche immaginare un festival annuale dedicato all’arte urbana, che coinvolga artisti internazionali e dia nuova vita a zone trascurate.

#5 Passaggi coperti multifunzionali

Come la Galleria Vittorio Emanuele è simbolo del centro, altre zone potrebbero ospitare passaggi coperti moderni e multifunzionali. Questi spazi offrirebbero riparo da pioggia e sole, ma anche servizi utili come sedute confortevoli, fontane d’acqua potabile e aree espositive per artisti locali. Immaginiamo strutture trasparenti e tecnologiche, dotate di sistemi di ventilazione naturale e illuminazione intelligente, che valorizzino l’estetica e la funzionalità.

Ogni passaggio potrebbe ospitare installazioni temporanee, eventi culturali o mercati locali, diventando un punto di riferimento per la comunità e una nuova attrazione per i turisti. Questi spazi coperti migliorerebbero la vivibilità urbana, soprattutto durante le stagioni più rigide o piovose. Inoltre, potrebbero essere progettati per essere facilmente riconfigurabili in base alle necessità stagionali o a eventi particolari.

#5+1 Micro-parchi/aree verdi tematiche nei quartieri

In ogni quartiere, piccoli parchi tematici offrirebbero esperienze uniche e personalizzate. Un parco sensoriale, ad esempio, potrebbe includere piante aromatiche, percorsi tattili e giochi d’acqua per stimolare i sensi. Per i bambini, aree gioco futuristiche con strutture innovative stimolerebbero la creatività, mentre per gli adulti zone fitness all’aperto offrirebbero attrezzature moderne dove allenarsi e, perché no, tenere corsi.

Questi micro-parchi, progettati con il coinvolgimento di associazioni di quartiere, diventerebbero luoghi di aggregazione e partecipazione attiva, promuovendo la coesione sociale e il rispetto per l’ambiente. Inoltre, potrebbero ospitare eventi stagionali, come mercatini o spettacoli all’aperto, creando un costante dinamismo nei quartieri.

Continua la lettura con: 7 idee del «Grande Design» per rendere Milano molto più bella (Immagini)

MATTEO RESPINTI

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I 10 italiani più ricchi che vivono in Svizzera

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Chatgpt - Ricchi in Svizzera

Gli italiani sono la prima comunità straniera sul totale dei residenti in Svizzera. E l’Italia fa bella figura anche dal punto di vista patrimoniale: in breve, due dei quattro più ricchi miliardari italiani sono in Svizzera, non in Italia. Un fatto che dovrebbe farci porre delle domande serie. Vediamo dall’ultima edizione della classifica dei “300 più ricchi” di Svizzera quali sono, in che settori sono occupati e a quanto ammonta il loro patrimonio.

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I 10 italiani più ricchi che vivono in Svizzera

# Il più ricco tra i residenti svizzeri è il patron di Chanel con un patrimonio di circa 41 miliardi di euro

enzacrispo IG – Chanel Parigi

La rivista svizzera Bilan ha stilato la 25esima classifica dei “300 più ricchi” della nazione. Se per anni le famiglie Oeri e Hoffmann o la famiglia Kamprad hanno occupato la prima posizione, per la terza volta consecutiva si conferma come più facoltoso residente della Confederazione Elvetica il proprietario della maison di moda francese Chanel: Gérard Wertheimer. Il suo patrimonio è stimato attorno ai 40-41 miliardi di euro. Completano il podio la famiglia Oeri e Hoffmann, con un patrimonio compreso tra i 28 e 29 miliardi di euro, e Klaus-Micheal Kühne con 27-28 miliardi. E gli italiani?

# I paperoni italiani

Ricchi in Svizzera

L’ammontare di tutte le ricchezze italiane o riconducibile a famiglie d’origine italiana è pari a poco meno di 80 miliardi di euro, equivalenti a quasi il 4% del PIL italiano. Questa la top 10 dei super-ricchi:

#10 la Famiglia Malacalza con circa 1 miliardo di euro, occupata nei settori industria e finanza;

#9 la Famiglia Fossati con un patrimonio compreso tra 1,6 e 2,6 miliardi di euro, nei settori agroalimentare e finanza;

#8 Andrea Campanini Bonomi tra i 2,1 e i 3,2 miliardi, nel settore finanza;

#7 Gildo Zegna tra i 2,1 e i 3,2 miliardi, dell’omonima casa di moda;

#6 Famiglia Bolfo con un patrimonio compreso tra i 2,6 e i 3,7 miliardi di euro, nel settore della siderurgia;

#5 Famiglia Agnelli de Pahlen con un patrimonio di circa 3,2 miliardi di euro, con Margherita, figlia di Giovanni, da tempo al centro di una battaglia sull’eredità con la madre;

#4 Fratelli Giammaria e Mario Germano Giuliani, con una ricchezza stimata tra i 3,4 e i 4,5 miliardi di euro, al comando della casa farmaceutica di famiglia.

# Il podio dei più ricchi

f.paolucci67 IG – Alinghi

Veniamo quindi alle prime tre posizioni. Al terzo posto troviamo il piemontese Giancarlo Devasini, direttore finanziario e primo azionista di Tether, il gruppo che controlla l’omonima stablecoin (una criptovaluta ndr) con un patrimonio che si aggira attorno ai 7,7-8,5 miliardi di euro che gli vale la sedicesima posizione globale nella Confederazione Elvetica. Seconda piazza per i fratelli Ernesto e Donata Bertarelli, in ottava posizione tra i residenti più facoltosi della Svizzera, con una fortuna tra i 16 e i 17 miliardi di euro. Ernesto, ex-patron della multinazionale farmaceutica Serono, è conosciuto per essere il proprietario del team velico svizzero Alinghi, vincitore delle edizioni 2003 e 2007 della coppa America, oltre che fondatore di un hedge fund Kedge Capital e del privat equity Ares Life Sciences.

positanonews IG – Gianluigi Aponte

Il più ricco italiano di Svizzera, e al quinto posto considerando tutti i contribuenti di oltre frontiera, è Gianluigi Aponte, romano naturalizzato svizzero, proprietario di MSC Crociere e Medclinic, che mette insieme un patrimonio famigliare pari a circa 22 miliardi di euro. Nota: con questo patrimonio, Aponte e Bretarelli, se fossero residenti in Italia sarebbero rispettivamente al terzo e quarto posto tra i più ricchi del Paese, davanti a Giorgio Armani. 

Fonte: Milano Finanza

Continua la lettura con: La mappa aggiornata dei quartieri più ricchi di Milano

FABIO MARCOMIN

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Quando a San Babila scendi nella metro e ti ritrovi all’Unieuro

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E arrivi ai binari con un aspirapolvere in mano. 

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Continua con: Il nuovo codice della strada spiegato in breve

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Mai visti tre aeroporti così vicini: ecco perchè a Milano 3 is better che 1

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Aeroporti Milano

Europa, Europa, ma mi sa che in un arco di chilometri quadrati nessuna città europea può vantare una scelta aeroportuale come quella milanese.

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Mai visti tre aeroporti così vicini: ecco perchè a Milano 3 is better che 1

# Tre aeroporti internazionali

 

Ci risiamo con il campanilismo, ma cosa ci posso fare se ben tre aeroporti si affacciano sulla mia città a non più di un’ora di autobus l’uno dall’altro e in un caso addirittura dentro la cittàInternazionali, e diciamocela tutta vale anche per il sotto declassato Linate, aeroporto che è di classe internazionale perché non si smette di esserlo solo perché fa comodo alla community. Visto e considerato che le distanze con i continenti non sono cambiate e che da lì si partiva per Tokio negli anni 70

Meglio un maxi aeroporto oppure tre? Milano sembrava avere imboccata la prima strada con il progetto della grande Malpensa ma negli ultimi anni la tendenza sembra invece l’opposto. Linate ha rialzato la cresta con il restyling e la metropolitana e, come se non bastasse, è arrivata anche Orio al Serio ad affermarsi come “l’aeroporto di Milano” per i viaggiatori low cost. 

# Milano e la smania per gli aeroporti: dove atterrare è ormai una scelta di stile

Credits: corriere.it – Partenze da Malpensa

Ma quello che mi preme sottolineare è l’effetto quasi ridondante generato dalla presenza contemporanea dei due aeroporti principali: Linate e MalpensaPerché due aeroporti a così poca distanza l’uno dall’altro? Perché era uno spreco abbattere il primo dopo aver dovuto costruirne uno più grande in uno spazio meno circoscritto e costretto dalla planimetria urbana della città? Voglia di esagerare? Interesse a far circolare del denaro in costruzioni faraoniche? Chi lo sa.

Sta di fatto che per una ragione o per l’altra dopo aver eretto Malpensa abbiamo anche potenziato la struttura di Linate e per molti voli nazionali e internazionali partire da un aeroporto o dall’altro sì è trasformato in una scelta non molto diversa da quella che si compie quando sì vuole arrivare al sud Italia percorrendo l’autostrada del sole o la Adriatica. A destinazione ci arrivi comunque, tuttavia siamo riusciti ad inserire delle sottili differenze nelle due scelte possibili. Con l’aggiunta supplementare dell’arrembante Orio al Serio. 

# Linate: la boutique del volo dove parti tra una commissione e l’altra

Linate è diventato una sorta di Boutique del volo. Da Linate non partono tutti! Da Linate ci arrivi dopo aver sostato in una pasticceria di corso XXII Marzo per degustare un cioccolatino milanese prima di imbarcarti per la tua destinazione. Puoi prendere la metro per raggiungere il tuo posto in cabina e se anche decidi per un taxi l’impresa è facile perché il percorso rimane praticamente cittadino e quindi a buon mercato. Partire da Linate è quasi come andare al supermercato. Ci arrivi tra una commissione ed un’altra. Anche l’amico all’ultimo momento può interrompere le sue faccende e fare un salto per venire a salutarti. Insomma rimane tutto in città, protetto e tranquillo dalla fretta, dagli imprevisti e dallo stress. A parte le piccole città d’Europa come Nizza che ha l’aeroporto a 5 minuti dal centro o Napoli con i suoi 16 minuti dal centro, Milano però per grandezza è quella con l’aeroporto più vicino e non è poco. E in più a portata di metro.

# Arrivare a Malpensa è tutt’altra cosa. E’ un viaggio nel viaggio.

Credits: corriere.it – Partenze da Malpensa

Malpensa è tutta un’altra cosa. E’ un viaggio nel viaggio, un’azienda nell’azienda, anzi decine di aziende di autotrasportatori, di parking, di biglietterie treni ed autobus, di autonoleggio e strutture alberghiere, di aziende di cambio, di deposito bagaglio, di assicurazioni e di strutture per soggiorno di animali. Insomma un vero impero che ruota tutto intorno alla stessa cosa che si fa con molta più semplicità a Linate o all’aeroporto di Bari e cioè: salire su un aereo e partire. Già, ma vuoi mettere Malpensa con i suoi terminal? Il treno “privato” con linea dedicata?

# E Orio? Per viaggiatori in blue jeans

Come ARRIVARE a Milano dall'AEROPORTO di ORIO al SERIO 
Credits tpicture-pixabay – Aeroporto Orio al Serio

Linate come una boutique per il viaggiatore stiloso, Malpensa per il conquistatore del mondo. Ma Milano non si fa mancare nulla e ha riscoperto anche un aeroporto per il viaggiatore in blue jeans: Orio al Serio. Dove prendere un aereo assomiglia alla corriera delle vacanze di un tempo. 

# Gli aeroporti meneghini non detengono alcun record. Eppure a noi non importa molto

Nuovi orari M4 verso Linate

Peccato che in nessuna graduatoria europea un nostro aeroporto nazionale svetti per qualcosa, ne per grandezza, ne per bellezza, ne per il grado di organizzazione percepita. Ma a noi di Milano questo non importa molto perché quando stai uscendo, con le labbra ancora inumidite da una crema chantilly dalla pasticceria Panarello e nell’altra mano hai il tuo trolley o quando stai tornando dall’aeroporto e lo shopping lo fai direttamente in un negozio del centro a 4 minuti di metro dal tuo aereo… di essere in una di quelle graduatorie cosa vuoi che ci importi? Abbiamo costruito Malpensa apposta per presidiare la ribalta convenzionale, ma Linate rimane a noi di Milano e a chi ci frequenta da vicino, così, forse un po’ in sordina. 

Forse è questa l’unicità di Milano: avere tre aeroporti ognuno con il suo stile. Dimmi che viaggiatore sei e ti dirò l’aeroporto tagliato per te. 

Leggi anche: Da Milano a Orio in soli 50 minuti

ANTONIO CHIMIENTI

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I 10 migliori mercati rionali da provare a Milano: cosa si trova e quando visitarli

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Credits frapostorino IG - Mercato di Porta Romana

I mercati di Milano caratterizzano la zona che li ospita, a tal punto da essersi venuto a creare un vero e proprio turismo del mercato rionale alla ricerca della qualità a tutti i costi, purché siano contenuti. Vediamo questa imperdibile selezione.

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I 10 migliori mercati rionali da provare a Milano: cosa si trova e quando visitarli

#1 Mercato di via Fauché

Credits andirivieni__ IG – Mercato di via Fauché

Tra Cenisio e Sempione, in zona Bullona, c’è il mercato più gettonato e consigliato soprattutto dalle signore, quello di via Fauché. Propone una qualità di prodotti davvero alta. Banchi di stock griffati, seta e cashmere, scarpe di marca e cibo gourmet.

Quando: martedì e sabato, dalle 7.30 alle 14.00 (il sabato fino alle 18.00).

#2 Mercato di via San Marco

Credits dvstylepills IG – Mercato di via San Marco

Val bene un salto almeno per la posizione, nel cuore di Brera: l’incantevole passeggiata nei pressi del Tumbun de San Marc è uno spettacolo di tutti i sensi. Il mercato di via San Marco propone un’ottima la selezione di cashmere, moda firmata anche per bambini, borse e biancheria per la casa con tante novità settimanali, molto gettonato dalle signore per le bancarelle di calzature femminili.

Quando: lunedì e giovedì, dalle 7:30 alle 14:00.

#3 Mercato di viale Papiniano

Credits laurelevans IG – Mercato di viale Papiniano

Il mercato di viale Papiniano è molto conosciuto anche dai non milanesi. E’ lunghissimo e stretto, ricco di proposte alla moda: ci si trovano abiti carini e anche le borse non sono male. Molte anche le banche con prodotti alimentari, dai formaggi alla carne fino alla frutta e verdura proveniente dal grande mercato ortofrutticolo. 

Quando: martedì e sabato, dalle 7.30 alle 14.00 (sabato fino alle 18.00)

#4 Mercato del libro antico o usato

Credits vecchilibriinpiazza – Mercato del libro piazza Diaz

Ogni seconda domenica del mese affolla i portici di Piazza Diaz, proprio sotto la Madonnina. L’appuntamento è con il libro vecchio, introvabile o rarissimo, manufatti e testi per collezionisti.

Quando: da settembre a giugno

#5 Fiera di Senigallia

Fiera di Senigallia

La Fiera di Senigallia è lo storico “mercato delle pulci milanese” presente in città dall’800, che dalla vecchia Darsena si è trasferito sulle sponde di Ripa di Porta Ticinese lungo l’Alzaia del Naviglio da Grande, da via Paoli fino alla fine di Via Barsanti. Qui si trovano un centinaio di bancarelle piene di creatività, proposte artistiche un po’ freak, con capi d’abbigliamento vintage, modernariato come una valigia piccola, rigatteria, articoli etnici e oggetti da collezione. Non mancano fiori e frutta. 

Quando: tutti i sabati, dalle 8.00 alle 18.00.

Leggi anche: Le 10 cose da mostrare a chi viene a Milano per la PRIMA VOLTA

#6 Mercatone dell’antiquariato

Credits franca_verga IG – Il Mercatone dell’antiquariato

Il Mercatone dell’antiquariato si tiene sui Navigli ogni ultima domenica del mese ed è un luogo cristallizzato nel tempo, molto antico oppure appena passato, popolato da lampade Tiffany, art decò, anni sessanta o mobiletti di fine settecento che fanno bella mostra di se nella cornice pittoresca dei canali milanesi.

Quando: ogni ultima domenica del mese

#7 Mercato di Porta Romana

Credits frapostorino IG – Mercato di Porta Romana

Il Mercato di Porta Romana è uno dei più grandi della città, 260 banche, e ha una lunga tradizione. Propone prevalentemente capi d’abbigliamento e generi ortofrutticoli, formaggi, pesce fresco e bancarelle con articoli d’artigianato, bigiotteria e libri usati. Si snoda tra le vie Crema, Piacenza e Giulio Romano dove ogni anno si tiene lo storico Tredezin de Marz, la tradizionale festa della primavera e dei fiori milanese in ricordo del primo diffondersi del cristianesimo a Milano.

Quando: ogni venerdì dalle 7.30 alle 14

#8 Fiera degli Obej Obej

Credits Andrea Cherchi – Fiera degli Obej Obej

La Fiera degli Obej Obej  è la tradizionale fiera natalizia dei milanesi. Si tiene una volta l’anno e si estende lungo la strada che abbraccia il Castello Sforzesco. E’ una festa pazzesca per Milano e per i turisti. Si trova di tutto, dal cibo agli oggetti di artigianato e soprattutto una cosa in particolare: la porta aperta verso il Natale.

Quando: dura 4 giorni compresi quelli di S. Ambrogio e dell’Immacolata

#9 Mercato ortofrutticolo e Mercato dei fiori

Credits dipigreensrl IG – Mercato ortofrutticolo

Il Mercato ortofrutticolo e quello dei fiori è il più grande in Italia per quantità di prodotti commercializzati, 1.000.000 di tonnellate/anno, per ampiezza di gamma dei prodotti disponibili tutto l’anno e per flusso di persone, 10.000 ogni giorno. Qui viene commercializzato il 10% della merce che transita complessivamente all’interno di tutti i mercati ortofrutticoli italiani. Si appresta a diventare il più importante city hub agroalimentare italiano.

Quando: il mercato ortofrutticolo il sabato dalle 09.00 alle 12.30, quello dei fiori dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12.30, il sabato dalle 09.00 alle 12.30

Leggi anche: Foody 2025: Milano avrà il più IMPORTANTE CITY HUB AGROALIMENTARE ITALIANO

#10 Mercato del pesce

Mercato del Pesce

Si dice che a Milano arrivi il pesce più fresco d’Italia: questo è il luogo a cui approda ogni giorno, garantendo la più vasta tipologia di pesci freschi tra quelli commercializzati in tutti i mercati europei. Precedentemente collocato nella storica struttura di Via Sammartini nei pressi della Stazione Centrale di Milano, dal 2000 si trova al n.53 di via Lombroso.

Quando: sabato, dalle ore 9.30 alle ore 12.30.

Leggi anche: Ma a MILANO c’è davvero il PESCE più FRESCO d’Italia?

Continua la lettura: Il ritorno al futuro del MERCATO al coperto di più ANTICO di Milano

LUISA COZZI

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I 10 motivi per cui ci si innamora di Milano

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Tralasciando musei, monumenti e business, i 10 motivi per cui è una figata vivere a Milano.

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I 10 motivi per cui ci si innamora di Milano

Ph. @milanographies IG

Fidatevi, non esiste la città perfetta nel mondo, ma può esistere la città perfetta per ognuno.

La realtà si sa è soggettiva. Le città e come viviamo le città non sono altro che la trasposizione dei nostri occhi, dell’animo con cui vediamo il mondo che ci circonda e della capacità di scorgere la bellezza nelle piccole cose.

In fondo non è la città in sé che ci conquista, ma molto spesso sono le persone che incontriamo in quella città. Possiamo vivere nel posto più bello del mondo ma se incontriamo persone negative o viviamo esperienze negative arriveremo a detestare quel luogo. Al contrario, se incontriamo o viviamo esperienze positive, di bellezza e/o di crescita, allora potremmo amare anche il luogo più ostico del mondo.

Detto questo, se ci stiamo lamentando che tutto in questa città ci va male, se incontriamo nel nostro cammino persone e situazioni negative, allora vale la pena rivolgere uno sguardo dentro di noi perché, come dicono le filosofie zen, attraiamo le situazioni e le persone che vibrano sulla nostra stessa frequenza. Per dirlo più semplicemente, attraiamo ciò che siamo!

Ma veniamo a Milano e a quell’animo che mi ha fatto pensare: che figata vivere qui!

  1. Un senso di libertà allo stato puro: una delle cose più fighe di Milano è che puoi uscire di casa vestito in pigiama e quasi nessuno ti noterà
  2. Quella sensazione di novità: uscire di casa alla mattina e vedere sempre facce nuove che passano davanti al tuo portone. Non potrai mai sapere chi incontrerai ogni mattina quando aprirai quella porta
  3. W la pianura: ho sempre sognato di vivere in una città in pianura dove poter scorrazzare in bicicletta senza farmi venire un infarto
  4. La puntualità: si d’accordo, ci lamentiamo spesso di quanto siano intransigenti i milanesi sulla puntualità, ma ci piace quando l’autobus arriva esattamente nell’orario stabilito dal tabellone. Fantascienza!
  5. Al mare, in montagna in poco più di un’ora: a chi manca il mare o la montagna, non può non apprezzare la posizione strategica di Milano
  6. 3 aeroporti, mica pizza e fichi: che tu sia un viaggiatore o meno, fa sempre comodo avere 3 aeroporti a poca distanza dalla città e, sempre grazie alla posizione di Milano, si possono raggiungere le principali città europee in poco più di un’ora
  7. Tutto passa da qui: non si può negarlo, tutti i migliori concerti, spettacoli ed eventi vengono organizzati qui o passano da qui
  8. Se mi annoio: ti annoi? Vuoi impegnare di più la tua vita? A Milano puoi accedere a qualsiasi tipo di corso: da quello di fotografia, al Tai Chi, dal burlesque al marketing avanzato, dalla PNL al decoupage
  9. Ti piace magnà? A Milano puoi provare tutte le cucine del mondo. Non solo, vuoi fare esperienze culinarie sopra l’ordinario? La Lombardia detiene il primato della regione d’Italia con più ristoranti stellati: ben 60!
  10. Expo tutto l’anno: pensate davvero che a Milano ci siano i milanesi? Sbagliato, perché a Milano i milanesi sono la minoranza. La cosa più affascinante è che ci sono non solo tutti i nativi di tutte le regioni d’Italia, ma gente da ogni parte del mondo. Se cogliete le opportunità e vi aprite alle conoscenze, vi daranno un assaggio di come potrebbe essere viaggiare tutta l’Italia e il mondo.

Continua la lettura con: Il «Quartiere dei Sogni» di Milano

RAFFAELLA APPICE

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I «tre segreti» della lilla

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Credits Atm - Metro M5 nella rimessa

La prima delle linee meneghine a viaggiare driverless, la metropolitana che taglia la città da san Siro a Fulvio Testi affascina i bambini di tutte le età: piccoli e grandi viaggiatori che, stando seduti in prima carrozza, guardando oltre il vetro sognando di guidare un gigante di acciaio nel ventre buio di Milano. Ed è proprio a Bignami, a due passi dal parco Nord, che la lilla completa il suo percorso. Ma non si tratta di una capolinea comune.

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I «tre segreti» della lilla

# Depositi metropolitani: ogni linea ha il suo tranne una

Credits marco.colombini77 IG – Deposito Atm San Donato

La rossa ne ha due: una nei pressi di Molino Dorino, che gli addetti ai lavori chiamano “deposito Gallaratese”, e una a Precotto (anche se in realtà la fermata di riferimento è quella di Villa San Giovanni). 

La M2, la seconda nata nel sottosuolo milanese che vanta il record di lunghezza e di capilinea – quattro – ha invece tre depositi. Al primo, quello di Gorgonzola, si sono aggiunti Cologno Nord e Famagosta. 

Per la terza nata, la gialla M3, la linea dei Mondiali di Italia90, il deposito è solo uno, quello di “Rogoredo”. Anche qui, come in M1, è confermata la stranezza della denominazione: pur trovandosi fisicamente dopo il capolinea di San Donato si chiama Rogoredo, nonostante non rientri in questo quartiere.

# Primo segreto: la lilla e il deposito mancante

Credits Atm – Metro M5 nel deposito

Ed è proprio la più moderna e automatizzata, quella che non dispone di un vero e proprio deposito metropolitano. La rimessa di Bignami è infatti considerata provvisoria: qui si fanno le manutenzioni ordinarie e programmate a tutta la flotta della M5, composta da 21 treni. Ma con soli due binari a disposizione, tecnicamente poco più lunghi di normali “tronchini”, non è possibile fare miracoli. 

Per le lavorazioni hard i convogli vengono spediti in trasferta, in un deposito di diverso colore. Da Bignami colorato di viola il treno “scende” fino a Famagosta, la più nuova rimessa della M2. 

E per passare da una linea all’altra?

# Secondo segreto: il binario di collegamento nascosto che collega lilla e verde

Per passare da una linea all’altra non c’è bisogno del teletrasporto. Il segreto, il secondo che sveliamo, sta nella conformazione della rete metropolitana di Milano. Il deposito più a sud della città è raggiungibile grazie ad un binario di collegamento, sconosciuto ai più, tra la lilla e la verde, in corrispondenza della stazione Garibaldi.

# Terzo segreto. Bignami “tuttofare”: la centrale operativa e un metrolavaggio

Credits Atm – Sala controlli metropolitana Lilla

Nonostante le minuscole dimensioni, il deposito, pardon, il capolinea di Bignami dispone anche di un impianto di lavaggio per la pulizia esterna dei treni: in sostanza si tratta di un massiccio impianto simile a quelli dell’autolavaggio, dove rulli acqua e sapone tirano a lucido i treni della M5.

Inoltre sempre nel sottosuolo di Bignami trova posto la centrale operativa della linea che controlla l’esercizio della lilla, governando tutti gli impianti e i sistemi sul campo: oltre ai treni, alle porte di banchina e agli impianti di stazione, il cervellone di Bignami può intervenire da remoto su ascensori, scale mobili, cancelli, serrande, ventilatori, display, telecamere e luci di stazione.

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LEONARDO MENEHGHINO

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