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Cibi della tradizione lombarda e atmosfere di un tempo che non c’è più. Scopriamo questi cinque indirizzi, selezionati dapuntarellarossa, dove mangiare discretamente e senza svenarsi.
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5 trattorie a prezzi bassi dove si mangia bene a Milano
#1 Trattoria San Filippo Neri, come le trattorie di una volta
Partiamo da nord. La trattoria San Filippo Neri propone la cucina tipica milanese: si presenta come le trattorie di una volta e tanto piace ai milanesi, anche per questo. All’interno due sale con tavoloni tipo mensa e tovaglie a quadri rosa e una vecchia boiserie di legno, all’esterno un grande dehors riscaldato. I prezzi sono contenuti e le porzioni abbondanti. Antipasti a 7 euro, i mondeghili con polenta, i primi a 8,5 euro con scelta tra risotto, minestra di fregola, lasagnetta con salsiccia, i secondi a 14 euro sia quelli di carne che quelli di pesce. I contorni e i dolci a 3,5 euro, mentre i vini, Barbera Bardoneschi e Bonarda Nicolini, a 7 euro. Voto recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: viale Monza, 220
#2 Cooperativa La Liberazione, con il clima di un vecchio circolo Arci
Spostiamoci a Est, in zona Dateo. Qui il clima è quello di un vecchio circolo Arci di provincia anche se siamo a Milano. Alla Cooperativa della Liberazione si possono infatti trovare quasi tutte immagini riconducibili alla sinistra, come il Quarto Stato e Garibaldi, Jacques Brel e Fenoglio, ma soprattutto si mangia bene a prezzi modici. Presente anche un dehor tra gli alberi. Il coperto costa 1 euro, gli antipasti e i primi sugli 8 euro, secondi che spaziano dai 12 euro della coppa di maiale e ai 14 degli arrosticini. Non manca la trippa a 11 euro. Voto recensioni Google: 4.5/5
Indirizzo: via Lomellina, 14
#3 Sabbioneda da Romolo, una locanda di periferia (quasi) in centro città
Sabbioneda da Romolo, nonostante si trovi prossima al centro città, mantiene un’atmosfera un po’ dimessa come si può trovare nelle locanda di periferia. Il menu offre primi piatti come i tortiglioni al ragù a 8 euro e gli altri a 9 euro, i secondi che vanno dagli 8,5 euro della bistecca ai ferri ai 13 dell’ossobuco con polenta, per una cotoletta ne bastano 10. Il prezzo delle bottiglie parte da 15 euro, mentre per un bicchiere di vino rosso fermo ne servono 3. Per il coperto e il servizio si paga 1,5 euro. Voto recensioni Google: 4.3/5
Indirizzo: via Tadino, 32
#4 Osteria alla Grande, cucina casalinga e familiarità nei modi
Eccoci a Ovest. Osteria alla Grande è tutto quello che ci si può aspettare da una classica osteria milanese: prezzi bassi, cucina casalinga, familiarità nei modi. Tra i piatti troviamo risotti, tagliatelle con funghi porcini, ravioli al brasato e gnocchi fatti a mano, pappardelle al sugo di lepre, la vera trippa vera alla milanese e l’immancabile cassoeüla con le verze e la polenta. Il servizio e il coperto non si paga. I primi vengono 9 euro, i secondi 15 contorno compreso. Le bottiglie di vino sono tutte a 15. Voto recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: via delle Forze Armate, 405
#5 Casottel, un’autentica trattoria lombarda
Casotell è un’autentica trattoria lombarda nella periferia sud di Milano, con gli arredi ancora originali. La qualità del cibo è dignitosa, al livello di una trattoria tradizionale, con primi a 8-10 euro e i secondi a partire da 12 anche se arrivano a 22 euro. Tra le note dolenti c’è il menu che è a voce e lo scontrino che non è pervenuto. Voto recensioni Google: 4.1/5
Era il vanto della città. Un’arena coperta, tra le più grandi del mondo, a pianta circolare e con profilo a doppia curvatura (a sella di cavallo). Sorgeva a fianco dello stadio, tra via Tesio e via Patroclo. La notte del 17 gennaio 1985 un forte boato sorprese i cittadini. Il Palasport era crollato.
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40 anni fa «il Titanic di Milano»: crolla il Palasport di San Siro
Inaugurato nel 1976, poteva accogliere fino a 18.000 spettatori per competizioni di atletica leggera, di ciclismo, per concerti o per le partite di basket dell’Olimpia.
Era considerato un’avanguardia dell’architettura mondiale, tanto da essere copiato da altre strutture sportive nel mondo, tra cui il “Pengrowth Saddledome” di Calgary e il “Peace and Friendship Stadium” di Atene.
Il Palasport ha ospitato anche epici concerti, tra cui gli unici due concerti tenuti dai Queen in Italia, il 14 e 15 settembre 1984.
La sua storia finisce durante “la nevicata del secolo”. Il 17 gennaio 1985, sotto il peso della neve caduta a livelli record e accumulata al centro della copertura ricurva, una parte del tetto del Palasport crolla. Poche ore dopo la “nevicata del secolo” sarebbe giunta al suo termine. Due settimane dopo il palasport sarebbe dovuto essere teatro del primo concerto degli U2 in Italia.
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“Il principio è semplice. Lo stesso di cambiare l’aria in una stanza. Io propongo di aprire una finestra in Val Padana”. Uno dei momenti più storici della televisione italiana.
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In diverse città europee sono in atto sperimentazioni volte a migliorare la viabilità. Una delle più semplici e a portata di mano è l’accesso al trasporto pubblico gratuito. L’utopico raggiungimento di tale obiettivo, almeno per ora, per Milano con un bilancio non assimilabile ad una città svizzera o nel Lussemburgo dove invece questo avviene, potrebbe però passare attraverso un cambiamento delle politiche di abbonamenti dell’ATM. Politiche che, per i rapporti con l’ATM, dovranno essere definite dal Comune di Milano. Ecco le possibili proposte.
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Le 5 tariffe speciali per i mezzi pubblici di Milano
#1 Tariffe week-end: “I love Milan”
Per incentivare i cittadini e residenti dei comuni limitrofi a visitare la città usando i mezzi pubblici anche nei fine settimana.
#2 “Milan by night”
Dalle 18 fino alla fine del servizio per coppie e famiglie che vogliono spostarsi senza usare la macchina e soprattutto per i giovani.
#3 Tariffe “short”
Per percorsi brevi di massimo 20 minuti: non è equo pagare 2.20 euro per poche fermate.
#4 Nuovi sistemi di tariffazione e trasporto per le bici nei vagoni delle metro
Ristudiare il sistema di tariffazione e trasporto delle bici a bordo delle metropolitane, magari dedicando un vagone ai ciclisti, accessibile anche ai passeggeri.
#5 Tariffa “school”
Per le mamme che vanno prendere i bambini a scuola che sia al mattino che pomeriggio creano ingorghi nelle strade e vicino alle scuole.
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I nomi dei quartieri di Milano raccontano la storia della nostra città: una storia fatta di cascine dimenticate, boschetti, borghi storici e piccoli centri fondati secoli fa, dai celti, dai romani o dai longobardi. Andando ad indagare si svela un passato molto affascinante, anche solo partendo dai nomi più curiosi.
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Il significato dei nomi dei quartieri di Milano: vivi al «monte dei lupi» o nella «zona dei bufali»?
# Cordusio: alla corte dei duchi
Perché la piazza che dà il nome a questo quartiere si chiama così? Bisogna tornare indietro nel tempo, fino ai longobardi, quando questa era la sede della Curia Ducis, ossia della corte dei duchi. Nel corso dei secoli, il nome si è evoluto da Cortedoxi a Corduce, per poi arrivare a Corduso e al contemporaneo Cordusio.
Una croce nel quartiere di Crocetta c’era sul serio, dove oggi invece sta la statua di San Calimero. Nello specifico, si trattava di una croce stazionale: una croce che svolgeva la funzione di chiesa all’aperto e che era utile per i malati che volevano assistere alla messa rimanendo comunque a casa (specialmente quando la città era infestata dalla peste).
# Turro: la torre del toro
Durante il medioevo qui doveva esserci un centro abitato con una torre di avvistamento o di difesa, indicata nelle carte antiche come “Taura Turris”: la Torre del Toro.
# Cimiano: prossimo a Milano
Deriva da “cimiliano”, ossia “prossimo a Milano”.
# Crescenzago: il campo di Crescenzio
Il nome è aperto a due interpretazioni. Probabilmente deriva dal latino “Crescentii Ager”, ossia “campo di Crescenzio”, ma allo stesso tempo il suffisso “-ago” farebbe intuire un’origine celtica, anteriore a quella romana. Il celtico “-akos” indicava una proprietà terriera, quindi anche in questa versione il misterioso Crescenzio rimane il proprietario del “campo”.
# Greco: il territorio dei greci
Anche l’origine di questo quartiere ha due versioni: secondo la più letterale, nella zona ci sarebbe stato unostanziamento di greci in epoca romana, mentre l’altra (più affidabile) fa derivare il nome dalla famiglia Greco, che supervisionava il territorio come vassalla.
# Rottole: le grandi pietre
“Rottole” potrebbe prendere il nome da un re longobardo: Rotari, al quale si deve il merito di aver reintrodotto le vie romane negli itinerari commerciali. Secondo un’altra interpretazione deriva dal dialetto “rotul”, termine che si riferisce alle grandi pietre utilizzate dagli Antichi Romani per la costruzione delle strade.
# Ortica: l’orto del Lambro
Niente di più semplice: “Ortica” è una derivazione della parola “orto”, anche grazie al fatto che il suo territorio è irrigato dal fiume Lambro.
Ma anche Nosedo, Castagnedo, Rogoredo… Cos’hanno in comune questi quartieri del Municipio 4? Il fatto che i loro nomi derivino da piante e alberi: Taliedo viene da “tilietum” (albero di tiglio), Nosedo da “nocetum” (bosco di noci), Castagnedo da “bosco di castagni” e Rogoredo da “ robur” (bosco di roveri).
# Morivione: dove è morto il bandito Vione
L’origine del nome “Morivione” è tra le più pittoresche. Si racconta infatti che, nel lontano 1336, proprio qui l’esercito dei Visconti riuscì a sconfiggere un gruppo di banditi, capitanati da tale Vione. Per celebrare l’evento venne posizionata una pietra, oggi scomparsa, con incisa la scritta “Qui morì Vione”: da qui la contrazione di “Morivione”.
# Gratosoglio: il suolo fertile
Il nome “Gratosoglio” non ha un suono evocativo, eppure il suo significato indica un luogo bello e piacevole, dal latino “gratum solium”. È così che San Barnaba, mentre passava per Milano (era il 13 marzo del 51 d.C., giorno del Tredesin de Mars), definì questa zona, ricca di campi fertili e di acque.
# Conca Fallata: il canale sbagliato
È facile intuire che questo quartiere si chiami così per la presenza di unaconca di navigazione, ma perché definirla “fallata”? Questa conca, costruita lungo il Naviglio Pavese alla fine del Cinquecento, venne considerata inutile dai milanesi, visto che il naviglio pavese si interruppe subito dopo per il fallimento dei lavori: una conca superflua e per questo “fallata”, ossia sbagliata.
Difficile capire da dove arrivi il nome “Boffalora”. Secondo alcune versioni deriva dal latino “Bufalus Ora”, ossia “zona dei bufali” (cosa non inverosimile durante l’Alto Medioevo, quando la zona era molto verde e paludosa), mentre in altre l’origine è da ritrovare nelle parole “boffa l’ora” (“soffia il vento”).
# Monlué: il monte dei lupi
Il nome del quartiere e del suo parco deriva dal latino “Mons luparium”, ossia “monte dei lupi”, segno che questa zona in tempi antichi doveva essere particolarmente selvaggia.
# Pratocentenaro: il prato dei centenari
Anche il nome di questo quartiere è di origine longobarda: deriva dal ruolo del “centenaro”, una figura che all’epoca aveva il compito di regolare una “centona”, ossia un distretto abitato da cento famiglie. Qui un tempo doveva essersi un “prato” dove tutti i centenari si riunivano per l’assegnazione delle terre.
# Ronchetto sul Naviglio: il terrazzamento sul fiume
Il nome deriva dal dialetto “ronch”, ad indicare un campo o un terrazzamento.
# Arzaga: la cascina
Il quartiere ha preso il suo nome dall’omonima cascina, oggi scomparsa in seguito al suo abbattimento durante gli anni Sessanta. Un vero peccato, dato che l’edificio aveva un fascino neogotico non indifferente, e soprattutto insolito per una cascina.
# Quarto Cagnino: la tenuta di cani a quattro miglia da Milano
Come per tutti gli altri “Quarto”, anche Quarto Cagnino si chiama così perché si trova a quattro miglia dal centro di Milano (che in epoca antica era Piazza Cordusio). La parola “Cagnino”, invece, potrebbe essere un riferimento alla tenuta di cani che Bernabò Visconti aveva fatto costruire proprio in zona.
# Quarto Oggiaro: il luogo di Uglerio a quattro miglia da Milano
Proprio come Quarto Cagnino, anche Quarto Oggiaro si chiama così perché dista a quattro miglia romane da Piazza Cordusio. “Oggiaro” invece deriverebbe da “Uglerio”, una persona non meglio identificata che in tempi remoti doveva essere importante per il territorio.
# Sella Nuova: la sala nuova
Dietro questo nome non c’è nessuna sella e nessun cavallo, ma una “Sala Nuova”, ossia un complesso architettonico che all’epoca doveva comprendere sia la dimora signorile della nobile famiglia Torriani (poi passata ai Visconti), sia un deposito alimentare.
# QT8: per l’ottava edizione della Triennale
Questa misteriosa sigla sta per Quartiere Triennale 8, progettato nel 1947 in occasione dell’ottava edizione della Triennale.
Secondo alcune teorie, “Baggio” deriva da una torre militare di epoca romana chiamata “Badalocum” (ossia “bada al luogo”), mentre secondo altre ci sarebbe stata un’abbazia denominata “badia aggeris”.
L’origine del nome “Musocco” potrebbe trarre in inganno. Infatti deriva dalla parola “musa”, che però non ha nulla a che fare con le dee della mitologia greca: infatti “musa” è qui inteso come “acquitrino”. Un tempo Musocco doveva una zona ricca di corsi d’acqua, che spesso portavano a degli impaludamenti.
# Brera: il terreno incolto
È uno dei quartieri simbolo di Milano, ma vi siete mai chiesti come mai si chiama in questo modo? Il nome deriva da braida, un termine di origine longobarda che indica un terreno incolto. Brera doveva essere molto diversa, in epoca medievale!
# Isola: separata dal resto di Milano
Il nome “Isola” racconta già molto di questo quartiere. L’isolamento risale alla seconda metà dell’Ottocento, quando la zona era veramente separata dal resto di Milano a causa del Seveso e della Martesana (ora interrati) e della costruzione della ferrovia. Questo ha permesso al quartiere di seguire una propria identità, diventando una sorta di piccolo paese a sé stante all’interno dei confini di Milano.
L’origine del nome “Affori” ha ben tre ipotesi: la prima lo farebbe derivare dal latino “Ad forum”, ipotizzando l’esistenza di un mercato antico. La seconda punta su “Ad fontem”, per la presenza di numerose fonti risorgive. L’ultima invece si avvale dell’espressione “Sancta Iustina a foris”, ad indicare una chiesa che all’epoca era fuori dalle mura di Milano.
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Dalla copia di Versailles alla casa di 27 piani: queste sono le 10 case più costose e incredibili del mondo.
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Le 10 case più costose al mondo: la più cara vale 2 miliardi di dollari! (foto)
#10 Fleur De Lys, Beverly Hills (USA): ispirata a Versailles vale 125 milioni di dollari
La mega villa di Beverly Hills, Fleur De Lys voluta dalla multimilionaria Suzanne Saperstein dispone 12 camere da letto e 15 bagni. Oltre 3000 metri quadri di casa, situata in un parco di 5 ettari, dispone di una piscina olimpionica e decorazioni ispirate a Versailles ed al castello di Vaux le Vicomte. La residenza è fornita anche di una grande sala da ballo, ed una sala di proiezione per cinquanta persone. Vale 125 milioni di dollari.
#9 Hala Ranch, Aspen (USA): la casa nella fattoria da 135 milioni di dollari con cascata e pompe di benzina
La tenuta è situata a nord di Apen, in Colorado. Acquistata nel 2006 dal Principe Saudita Bandar bin Sultan, Hala Ranch è considerata una delle più esclusive proprietà americane con una superficie di 5.200 mq. Nella tenuta è presente un fienile riscaldato e una stalla. Il ranch ha una propria stazione di servizio (con proprie pompe di benzina), officina meccanica e autolavaggio. Sono presenti anche piscine, un campo da tennis, un laghetto per la pesca, una cascata interna e una scultura fatta di massi di granito modellati con la parola “hala” che in arabo significa “Benvenuti”.
#8 Maison de L’Amitie, Palm Beach (USA): oro, diamanti e 150 milioni di dollari per acquistarla
Donald Trump acquistò la Maison de L’Amitie per 41.4 milioni di dollari nel 2004. Acquistata nel 2008 da Dmitry Rybolovlev per 95 milioni di dollari, ha visto schizzare il proprio valore a 150 milioni di dollari fino ai giorni nostri. Nella villa sono presenti tra l’altro 18 camere da letto, 22 bagni, una sala da ballo, una sala multimediale e una galleria d’arte. Per l’ornamento dei bagni sono stati utilizzati diamanti e oro. Gli ospiti non avranno sicuramente problemi di parcheggio dato l’ampio garage che può contenere fino a 50 autovetture.
#7 The Pinnacle, Montana (USA): piste da scii e skilift privati per 155 milioni di dollari
Parte del patrimonio immobiliare dei coniugi Blixseths, proprietari dell’esclusivo residence per multi milionari Yellowstone Club, il Pinnacle è una proprietà di grande charme con un valore di mercato di 155 milioni di dollari. Considerata come una comunità sciistica privata e golf per ricchi, la casa dispone di pavimenti riscaldati, molteplici piscine, palestra, cantina e persino il proprio skilift.
#6 Il Castello di Hearst, Los Angeles (USA): il più grande zoo privato del mondo per 190 milioni di dollari
Il castello di Hearst, situato tra tra Los Angeles e San Francisco, venne fatto edificare dal magnate della stampa William Randolph Hearst. Dotato di 56 camere da letto, 61 bagni, 19 salotti, 127 acri di giardino, piscine coperte e all’aperto, campi da tennis, sale cinematografiche, e il più grande zoo privato del mondo comprendente zebre e altri animali esotici si classifica nella 6° posizione delle residenze più costose al mondo. All’interno del castello sono presenti centinaia di opere d’arte e oggetti di antiquariato acquistati da Hearst nei suoi viaggi in Europa e in Egitto.
#5 Fairfield Pond negli Hamptons (USA): la mega tenuta a Long Island per 220 milioni di dollari
L’immensa proprietà di Ira Ennert comprende edifici per un totale di oltre 9 mila mq. Al suo interno sono presenti 29 camere e 40 bagni. Il suo valore si aggira intorno a 220 milioni di dollari. Oltre alla colossale casa principale, a Fair Field ci sono anche una casetta per le attività e due casette con piscina. Complessivamente, gli edifici coprono più di 110.000 piedi quadrati.
#4 One Hyde Park Penthouse a Londra (UK): il re degli attici da 225 milioni di dollari
È l’attico più prestigioso di Londra, situato in una residenza ultra lusso, è considerato uno degli edifici più prestigiosi al mondo. Il mega-appartamento nel quartiere più esclusivo del centro di Londra è dotato anche di una piscina di 21 metri, un cinema e una maxi biblioteca.
#3 Tour Odeon, Montecarlo: 5 piani di attico con scivolo d’acqua da oltre 335 milioni di dollari
Nel cuore del Principato di Monaco, il super-attico della Tour Odeon con 3.000 mq di superficie. Il mega attico di 5 piani dispone di una scenografica e panoramica terrazza con piscina e scivolo d’acqua oltre ad ambienti luminosi, lussuosi e raffinati.
#2 Villa Leopolda, Villefranche-sur-mer, Costa Azzurra (FRA): da Gianni Agnelli a Bill Gates per un valore di 750 Milioni di dollari
Appartenuta tra gli altri, a Gianni Agnelli e Bill Gates, oggi di proprietà di Lily Safra, è una residenza così grande che solo per la manutenzione del giardino necessita di 50 giardinieri a ciclo continuo. La villa si estende per 1800 mq e conta di 19 suite, piscine, serre che compongono uno dei giardini botanici privati più grandi d’Europa, campi sportivi, pista da bowling e un cinema. Sicuramente la noia non è di quelle parti anche per la splendida posizione, tra Nizza e Montecarlo.
#1 Antilla Mumbai, India: la casa più costosa al mondo ha 27 piani e arriva all’astronomica cifra di 2 miliardi di dollari
La casa più costosa si trova in India nel cuore di Mumbai. Mukesh Ambani, il quinto uomo più ricco al mondo, a capo della Reliance Industries, è il proprietario della casa più costosa del mondo. Il grattacielo da 27 piani, uno diverso dall’altro costruito in India nel cuore di Mumbai, possiede al suo interno una palestra, varie piscine, una sala da ballo, un cinema da 50 posti e un numero spropositato di camere da letto. Sul tetto possono atterrare tre elicotteri, mentre il parcheggio interno può contenere 160 auto.
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Famosa in tutto il mondo. La statua della libertà. In realtà è una patacca. O, meglio, un plagio. E, come spesso succede, c’è lo zampino di un francese un po’ truffaldino…
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La Statua della Libertà è un plagio: l’originale è a Milano
# Realizzata 75 anni prima di quella presente a New York
Pochi lo sanno, ma Milano vanta una sua “Statua della Libertà”: la si trova esposta sulla guglia maggiore della facciata del Duomo. Conosciuta ufficialmente come “Statua della Legge Nuova”, fu scolpita nel 1810 da Camillo Pacetti durante l’epoca napoleonica. Secondo alcune teorie, questa figura imponente potrebbe aver ispirato Frederic Auguste Bartholdi nella creazione della più celebre Statua della Libertà di New York, inaugurata nel 1885. Vediamo le prove del plagio.
# Una somiglianza impressionante
Tra le oltre 3.200 statue che adornano la Cattedrale di Milano, si può osservare la Statua della Libertà sul lato sinistro del balcone, sopra il portone centrale della Basilica. La “Statua della Legge Nuova” presenta sorprendenti somiglianze con la celebre opera newyorkese: entrambe reggono una torcia nella mano destra alzata e portano una corona sul capo.
Ma le “coincidenze” non finiscono qui. La statua di New York tiene in mano le celebri tavole della legge, un dettaglio che trova un curioso parallelo sul Duomo. Guardando a destra della “Legge Nuova”, sempre sulla stessa balconata, si può ammirare “La Legge Vecchia”, un’altra statua che stringe proprio le tavole della legge.
# I francesi respingono l’accusa di plagio anche se… Milano meriterebbe almeno una menzione sulla “copia” di New York
I francesi, creatori ufficiali dell’opera, respingono ogni accusa di plagio: la versione ufficiale dei cugini è di aver tratto ispirazione al mitico Colosso di Rodi dell’antichità. Non solo: alcuni testi inglesi indicano il San Carlone di Arona, una statua del 1698 alta ben 23 metri, come possibile modello. In Toscana, invece, si insiste che la fonte d’ispirazione sia la “Statua della Libertà della Poesia”, realizzata tra il 1870 e il 1883 dallo scultore Pio Fedi per il monumento funebre di Giovanni Battista Niccolini, custodito nella Basilica di Santa Croce a Firenze.
Eppure, l’ipotesi più intrigante e verosimile resta quella che punta a Milano. La “Statua della Legge Nuova” di Camillo Pacetti, che domina la città dalla facciata del Duomo sin dal 1810, precede di almeno 70 anni la sua controparte newyorkese. Disegnata e scolpita da Pacetti, eminente artista neoclassico e docente a Brera, la statua è affiancata dalla “Legge Vecchia”, che regge le tavole della legge. Insieme, queste due figure scolpite sembrano evocare in modo sorprendente il design della Statua della Libertà.
Pacetti, del resto, non è una figura marginale: oltre a realizzare questa scultura iconica, diresse anche i lavori per la decorazione dell’Arco della Pace. La sua opera potrebbe dunque aver giocato un ruolo cruciale nell’ispirazione di Frederic Auguste Bartholdi che, sebbene abbia dimorato a Milano prima di procedere al suo progetto, non ha mai ammesso alcuna connessione con quella che sembra l’originale della sua opera.
Quello che è certo è che la somiglianza, però, è innegabile. E forse Milano, con la sua storia secolare e il suo genio creativo, potrebbe legittimamente rivendicare almeno una menzione accanto al celebre monumento di New York.
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La signora più chiacchierata del centro di Milano. Da quasi un secolo. Foto cover: @ilpiccionedimilano IG
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«La donna di trì tett»: la statua di Milano con «tre seni»
Nel cuore pulsante di Milano, in una nicchia della suggestiva fontana dei Tritoni, si cela una statua che da quasi un secolo alimenta curiosità e interpretazioni. Ci troviamo tra via Andegari e via Romagnosi, a pochi passi da Brera e dal Teatro alla Scala: questa scultura è conosciuta dai milanesi come la “donna con le tre tette” (“La donna di trì tett”).
Il curioso soprannome risale al 1928, anno della sua inaugurazione, quando l’opera divenne subito oggetto di commenti e aneddoti popolari. Tuttavia, l’apparente eccentricità cela un significato simbolico più profondo: la figura rappresenta la “Donna Risparmiatrice” e il presunto terzo seno è in realtà un salvadanaio rotondo che la donna stringe tra le mani. Un chiaro invito alla prudenza economica e alla parsimonia.
La fontana dei Tritoni, che fa da cornice a questa statua, è considerata una delle gemme più affascinanti e sottovalutate di Milano. Con i suoi dettagli ricercati e la sua elegante composizione, rappresenta un angolo di bellezza spesso trascurato, ma che merita di essere riscoperto da cittadini e turisti.
Nonostante qualche timido segnale di rallentamento, secondo gli esperti del settore i prezzi sono destinati a salire anche nel 2025. A fare la parte del leone ci sono le periferie che, grazie alla rigenerazione di aree degradate e all’arrivo di nuove fermate metropolitane, registrano le rivalutazioni maggiori. Scopriamo i nuovi sette quartieri su cui scommettere.
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Il 2025 sarà ancora l’anno delle periferie? Le 7 zone di Milano su cui scommettere per acquistare casa
# Un aumento medio di 300 euro al metro quadro
Sempre più in alto. Nonostante qualche timido segnale di rallentamento, anche per il 2025 si attende una crescita sensibile dei prezzi delle abitazioni a Milano:+5,9% sul 2024. La media cittadina dovrebbe passare dagli attuali 5.393 euro/mq a 5.710 euro/mq. Questo significa che per comprare una casa bisognerà mettere in conto oltre 300 euro/mq in aggiunta rispetto all’anno scorso. Entrando nel dettaglio dei quartieri più redditizi sono sempre di più le periferie a fare la parte del leone. Queste le 7 zone su cui puntare per acquistare o investire:
#7 Corvetto-Rogoredo e Viale Certosa-Cascina Merlata: +7,9%
Al settimo posto delle rivalutazioni previste troviamo un ex aequo: la periferia sud di Corvetto-Rogoredo e quella nord ovest di Viale Certosa-Cascina Merlata, quest’ultimo con un nuovo quartiere di torri, il mall Merlata Bloom e nel futuro la stazione della Circle Line. Per entrambe le zone la crescita prevista è del 7,9%, con valori attesi al mq rispettivamente di euro 4.596 e 4.635.
Incrementi di prezzo consistenti sono previsti anche nell’area di Udine-Lambrate. Nel cuore del Rubattino è in corso il cantiere per il raddoppio del Parco della Lambretta, parte di un progetto che include la costruzione della Magnifica Fabbrica, il futuro edificio dei laboratori del Teatro alla Scala. Valori immobiliari stimati in salita dell’8,9%, passando da 4.234 euro al mq a 4.610 euro.
#5 Ripamonti-Vigentino: +8,92%
Forse la zona più effervescente di Milano. L’ex Scalo Romana con il Villaggio Olimpico e il futuro nuovo quartiere, il grattacielo di A2A, le sedi di Snam e Moncler. Sono solo alcuni dei progetti in corso. I prezzi sono destinati a crescere ulteriormente registrando un +8,92% e con la previsione di sfondare il muro dei 5mila euro al mq, passando dai 4.674 del 2024 ai 5.091 euro entro la fine del 2025.
In quarta posizione c’è la zona ricompresa tra Bisceglie, Baggio e Quartiere Olmi. Un’altra parte di Milano interessata da importanti trasformazioni. In primis il nuovo quartiere SeiMilano, ormai giunto alle fasi finali, caratterizzato da con un grande parco al centro ispirato alle caratteristiche della Pianura Padana e attraversato dal Lambro Meridionale, con edifici residenziali e ad uso ufficio. Nel 2025 dovrebbero partire inoltre i lavori per estendere la linea M1 dall’attuale capolinea di Bisceglie a quello di Quartiere Olmi. I valori immobiliari dovrebbero registrare un incremento quasi in doppia cifra, +9.3%, dai 3.058 euro medi al mq di oggi a 3.342 euro.
Al terzo posto troviamo l’area che comprende i quartieri di Precotto e Turro, il primo attraversato dalla metrotranvia nord prevista in completamento nei prossimi anni. I prezzi dovrebbero crescere del 10,1%, andato dai 4.410 euro medi al mq ai 4.855 euro.
#2 Affori-Bovisa: +11,2%
Al secondo posto delle zone dove è prevista una salita più consistente dei valori immobiliari c’è quella di Affori-Bovisa: +11,2%, passando da 3.764 a 4.184 euro al mq. Nell’area è prevista la realizzazione del nuovo campus del Politecnico, con la riqualificazione della Goccia.
La zona che dovrebbe rivalutarsi maggiormente nel 2025 è quella che comprende i quartieri di Cimiano, Crescenzago e Adriano, dove è attualmente in fase avanzata di realizzazione la metrotranvia nord che collega a est con Cascina Gobba M2 e a ovest con Certosa FS. Sono in fase di costruzione diversi progetti immobiliari, come le Park Tower e Welcome-Terrazze Verdi dello studio giapponese Kengo Kuma, a cui si aggiungono le “torri verdi” nel Parco Adriano e la riqualificazione di via Padova. I prezzi medi sono stimati in crescita del 12,7% dai 3.641 euro di fine 2024 ai 4.103 euro previsti entro il termine di quest’anno.
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Un’icona mondiale di Milano: le sue abitanti. Abbiamo chiesto le ragioni di questa unicità: sono arrivate quasi 1.000 risposte (non solo da Milano).
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Le 5 caratteristiche che rendono le milanesi uniche al mondo
#1 Eleganza senza tempo: un marchio di fabbrica
Milano è capitale della moda per le milanesi. Nessun dubbio. Il loro stile è una miscela perfetta di semplicità, raffinatezza e tendenze sempre aggiornate.
Le milanesi non si accontentano di seguire la moda: la reinventano, la interpretano e la rendono propria. Non è raro vedere una donna milanese in un look che combina eleganza classica con dettagli moderni, come un paio di scarpe sportive abbinate a un tailleur impeccabile.
Ma quello che colpisce di più non è tanto il brand che indossano, quanto la sicurezza con cui portano ogni outfit. È questa sicurezza, alimentata dalla consapevolezza delle proprie radici e delle proprie capacità, che conferisce loro quell’aria di eleganza unica. Milano, infatti, non è solo il centro delle passerelle, ma anche un luogo dove l’eleganza è più che un aspetto esteriore: è una filosofia di vita.
#2 Pragmatismo e resilienza: due valori che definiscono la milanese
Le milanesi sono conosciute per la loro incredibile resilienza. La vita a Milano non è mai facile: si tratta di una città ad alta competitività, dove l’innovazione, la velocità e l’efficienza sono all’ordine del giorno.
Le donne milanesi, tuttavia, si adattano e prosperano in questo ambiente frenetico. Il loro pragmatismo le rende capaci di affrontare qualsiasi sfida con determinazione e senza drammi. Le considerazioni raccolte nel nostro sondaggio parlano chiaramente di una dote che le milanesi possiedono in abbondanza: la capacità di risolvere i problemi in modo rapido ed efficace. Che si tratti di un progetto lavorativo o di una difficoltà personale, le milanesi non si perdono d’animo e trovano sempre una soluzione pratica.
#3 Cultura e curiosità intellettuale: donne capaci di affrontare ogni argomento
Un altro aspetto che emerge dalle opinioni raccolte nel sondaggio sono la cultura e la curiosità intellettuale delle donne milanesi. Milano è una città di cultura, arte e storia, e le milanesi sembrano respirare quest’aria ogni giorno.
Molte di loro sono appassionate di libri, mostre, cinema e teatro. Non è raro che una milanese discuta di arte moderna con la stessa competenza con cui parla di economia. La cultura non è solo un interesse per le milanesi: è un modo di vivere. La voglia di apprendere e di evolversi è palpabile e visibile in tutte le sue sfaccettature.
#4 La capacità di unire tradizione e modernità
Milano è una città in continuo cambiamento, ma le milanesi riescono a coniugare il rispetto per la tradizione con l’apertura verso il nuovo. I milanesi interpellati parlano di donne capaci, per esempio, di far convivere, nell’ambito culinario, l’amore per la cucina milanese, come la cotoletta o il risotto, con una curiosità per le cucine internazionali e l’innovazione gastronomica.
La stessa attitudine si applica alla loro vita professionale, dove sanno preservare il valore della tradizione con uno spirito imprenditoriale che abbraccia la modernità e le nuove tecnologie. Non è un caso che Milano sia la capitale italiana delle startup, e le donne milanesi sono al centro di questa rivoluzione imprenditoriale, portando avanti in prima persone progetti innovativi.
#5 Indipendenza e libertà: la divisa delle milanesi nel mondo
Al di là di tutto, ciò che le milanesi sembrano possedere in abbondanza è una straordinaria indipendenza. Essere una milanese significa vivere una città che promuove la libertà e l’autosufficienza.
Le donne milanesi sono indipendenti nel loro lavoro, nelle loro relazioni e nelle loro scelte di vita. Questo spirito libero è uno degli aspetti più apprezzati di loro, che emerge dai commenti al nostro sondaggio e che si rispecchia in tutti gli ambiti della loro vita. Milano è la città dove le opportunità sono infinite, e le milanesi non si fanno mai sfuggire quelle che corrispondono ai loro sogni e alle loro aspirazioni.
Ha fatto scalpore la scelta della Tiktoker che ha deciso di vivere senza elettrodomestici in casa come fosse negli anni ’40. “Preferisco la vita lenta, ho i piccioni come animali domestici” ha dichiarato. A parte che negli anni Quaranta non c’era neppure Tik Tok, molti di noi si chiedono: se volessimo tornare agli anni ’40, come sarebbe Milano?
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La ragazza che vive come negli anni Quaranta: ma come si stava a quei tempi a Milano?
# Tra piccioni viaggiatori e abiti dell’epoca
Una content creator britannica è tornata a vivere negli anni ’40.
“Apprezzo la moda di quegli anni – ha detto Hannah -, la musica, l’arredamento e i valori, l’atteggiamento di arrangiarsi e riparare, vivere secondo i propri mezzi, provare gratitudine per ciò che si ha”. La donna possiede uno stormo di piccioni viaggiatori per la corrispondenza e ha arredato la sua casa con cimeli di 80 anni fa. Non solo: indossa abiti dell’epoca e, a parte il cellulare con cui condivide i suoi video, non possiede apparecchi tecnologici.
Prendiamo la palla al balzo e chi domandiamo: se invece dell’Inghilterra si trovasse a Milano, come sarebbe la sua vita?
# Vivere nella Milano degli anni Quaranta: lavori, divertimenti, mezzi di trasporto
La prima grande differenza è nella politica. L’Inghilterra del tempo era una democrazia, in Italia il regime fascista aveva precipitato il Paese in guerra. A inizio del decennio la vittoria sembrava a portata di mano e, tutto sommato, la guerra sembrava una cosa lontana da Milano. Ma tutto sarebbe cambiato dal 1942 in poi. Ma com’era vivere a Milano in quel periodo? Tutto cambia ovviamente se si parla dell’inizio del decennio o dell’immediato dopoguerra.
Gli anni Quaranta si aprono con una propaganda del regime fascista dominante, rafforzata anche dalla guerra. Le leggi razziali avevano reso dura la vita per i milanesi di origine ebraica. La partecipazione nella guerra si fece sentire anche nell’economia: razionamenti e restrizioni divennero all’ordine del giorno con code sempre più lunghe da affrontare per prendere il cibo. Molti vestiti venivano realizzati direttamente a casa: in una casa ambientata a quei tempi si può immaginare gran parte del tempo impiegato a lavorare a maglia e cucito.
Nonostante le difficoltà legate alla guerra, c’erano ancora forme di intrattenimento disponibili. Teatri, cinema e locali notturni erano frequentati, sebbene con limitazioni e controlli governativi. Tra i film che hanno segnato l’epoca ci sono: “Ossessione” di Luchino Visconti (1943) e soprattutto, i capolavori dell’immediato dopoguerra, come “Roma, città aperta” (1945) e “Paisà” (1946).
I mezzi di trasporto erano limitati rispetto a oggi. Non c’erano auto private per la maggior parte delle famiglie e il trasporto pubblico era meno sviluppato. Le biciclette e i tram erano comuni mezzi di spostamento. Un po’ come sta tornando a essere Milano…
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milano è leggermente al di sopra del 45esimo parallelo che rappresenta il punto di equidistanza esatto tra il polo nord e l’equatore: 5.000 chilometri da ognuno dei due.
Il punto esatto è a una settantina di chilometri a sud della città. Sulla Milano-Genova e sulla Piacenza-Torino, all’altezza di Voghera, si trova un cartello che segnala il punto di passaggio del 45esimo parallelo.
Altri luoghi toccati dal 45esimo parallelo in Italia sono Rovigo, Piacenza e il golfo di Venezia. All’estero Grenoble, Belgrado. Il parallelo corre anche all’interno della Mongolia e su alcuni tratti del confine tra Stati Uniti e Canada.
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Una delle tendenze dei nostri tempi: il lavoro a distanza. Ma non solo: l’alta velocità consente anche di vivere e lavorare in due città anche molto distanti tra di loro. Come è il caso di Torino e Milano. Sempre più persone abitano sotto la Mole ma per il lavoro scelgono Milano. La domanda che molti si fanno è: conviene davvero restare a Torino?
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«Lavorare a Milano, vivere a Torino»: i nuovi pendolari dell’alta velocità
# L’alta velocità sta facendo diventare Torino hinterland di Milano?
Non è un mistero che torinesi e milanesi si guardino con una reciproca diffidenza. Da parte di Milano ci sono brutti ricordi legati al passato, come la dismissione dell’Alfa Romeo, il “tradimento” del redopo le 5 giornate, l’imposizione di un modello centralista contro le istanze federaliste di Carlo Cattaneo e di altri intellettuali milanesi. Da parte torinese invece è nata un’antipatia forse generata dalla frustrazione contro la città più internazionale del Nord Italia. Tutto questo sta venendo trasformato da una tendenza in atto ormai da qualche anno: l’alta velocità tra Torino e Milano. Sono sempre più i pendolari che usano i treni veloci per raggiungere Milano come luogo di lavoro per tornare la sera sotto la Mole. Un po’ come accade a una buona parte di chi vive nei dintorni di Milano: Torino sta sempre più diventando hinterland di Milano, come Ciniselloo Sesto?
# Oppure tra Milano e Torino sarà fusione? Difficile con una tale sproporzione tra le due città
L’alternativa a una Torino subalterna a Milano c’è l’ipotesi di fusione. Ultimamente in molti stanno rilanciando l’idea di una fusione tra due realtà culturalmente così lontane ed ambizioni così diverse. Però per funzionare i matrimoni devono essere alla pari. E questo non sembra il caso.
Che Torino sia in difficoltà è evidente: dopo il quasi totale abbandono degli stabilimenti produttivi di una Fiat ormai franco olandese, la città annaspa nel tentativo di ridisegnare un futuro al momento molto confuso. Le statistiche parlano chiaro: mentre Milano continua ad aumentare abitanti Torino li perde: negli ultimi dieci anni ha perso il 6% della sua popolazione, una emorragia che pare inarrestabile. Non solo: mentre a Milano i prezzi delle case continuano a crescere a Torino calano. Milano attira numerosi giovani e studenti, a Torino la popolazione invecchia. Per non parlare della qualità della vita: nella classifica dell’ultimo anno Torino ha perso 22 posizioni, precipitando in 58esima posizione.
Lungi da noi sostenere che a Milano vada tutto bene figuriamoci, potremmo fare un lungo elenco di problemi ma un matrimonio con l’annaspante Torino sarebbe per Milano come tirare il freno a mano ad un’auto in corsa. In attesa di questo matrimonio è indubbio comunque un fenomeno che sta portando sempre più torinesi nell’orbita di Milano.
# Resta la certezza: i pendolari dell’alta velocità
La notizia circola già da tempo, rilanciata periodicamente da diverse testate nazionali: molti torinesi scelgono di utilizzare l’alta velocità per continuare a vivere a Torino ma lavorare a Milano.
“Ogni giorno feriale da Porta Nuova (con fermata a Porta Susa) partono fra le 5 del mattino e le 21 ventiquattro Frecciarossa di Trenitalia e tredici Italo. Ogni convoglio può ospitare 400 persone. Sulla stessa tratta, circolano poi decine di regionali e interregionali. Soluzione lenta e low cost per chi magari non fa troppi viaggi settimanali. Ed è arrivato anche Flixbus, con 19 corse spalmate praticamente sulle 24 ore (ci vuole circa un’ora e mezzo). In più, fuori da qualsiasi statistica c’è chi si sposta con la propria auto o il car sharing.” (da Il Corriere della Sera)
Ma se molti scelgono comunque di restare a Torino, la domanda è: si vive meglio nella città piemontese?
# L’insinuazione: si vive meglio a Torino?
Che un torinese scelga di fare il pendolare lo possiamo comprendere, ma quanto scritto dal Corriere della Sera nasconde qualcosa di più malizioso. Non si parla di torinesi ma di persone che scelgono di lavorare a Milano ma di vivere a Torino. L’insinuazione è che a Torino si vivrebbe meglio. Ma è così? La sensazione è che è difficile immaginare che un milanese o un abitante di un’altra regione o ancora più uno straniero preferisca vivere sotto la Mole anziché all’ombra del Duomo, anche perché i dati dicono appunto tutt’altro.
Se un lavoratore, uno studente, un pensionato decidessero di vivere Milano abitando però fuori città sceglierebbe sicuramente altri luoghi al posto della sonnolenta e un po’ tetra Torino. Ci sono tre meravigliosi laghi a pochi chilometri, verdi vallate e alte montagne ben collegate, città maggiormente attrattive come per esempio Bologna ben connessa e Genova con il suo mare che tra pochi anni saranno raggiungibili in meno di un’ora. E, allora, se non c’è neanche il lavoro, perché restare a Torino?
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Esiste un quartiere al mondo che è come un “carnevale permanente”. Dove tutti i cittadini sono invitati a dare sfoggio alla loro vena artistica o comunicativa, in totale libertà e senza giudizi. Potrebbe essere un’idea per portare più sorrisi e libertà in una Milano che si sta facendo un pochino troppo malmostosa?
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Il quartiere dove i cittadini si esibiscono «senza pudore»: si potrebbe fare anche a Milano? Ecco dove
# Gli Stagni del Patriarca: il “carnevale permanente” di Mosca
Gli Stagni del Patriarca, o Patariki (Патрики), sono un luogo iconico nel cuore di Mosca. Una volta fulcro della vita letteraria, abitato da grandi personalità come Vladimir Mayakovsky e Mikhail Bulgakov, oggi rappresentano un microcosmo unico dove storia e modernità si fondono. Qui, i cittadini usano nuoversi con un senso di libertà teatrale, come se la piazza fosse un grande palcoscenico. Tra interviste improvvisate, artisti di strada e un generale menefreghismo verso il giudizio altrui, l’area si è trasformata in un luogo di performance spontanee che attirano curiosi e appassionati.
Ma cosa succederebbe se qualcosa di simile accadesse a Milano? Dopotutto, Corso Vittorio Emanuele, con la sua posizione strategica tra il Duomo e San Babila, è già un crocevia per artisti di strada, musicisti e danzatori. E se il Comune di Milano cogliesse questa vocazione per trasformare la via in un vero e proprio palcoscenico cittadino?
# Un teatro a cielo aperto nel cuore di Milano
Passeggiare per Corso Vittorio Emanuele e imbattersi in un violinista classico che accompagna un ballerino di breakdance, mentre poco più avanti una compagnia teatrale mette in scena sketch comici sulla vita milanese, con personaggi iconici come il pendolare stressato, il giargiana e il turista spaesato. E, in un altro angolo, un gruppo di artisti di strada crea un gigantesco “murale temporaneo”, mentre un influencer improvvisa interviste spontanee ai passanti, chiedendo opinioni su mode e abitudini milanesi.
L’intero Corso potrebbe trasformarsi in un laboratorio di creatività, con ogni performance pronta a diventare una clip virale sui social. Dai flash mob organizzati all’ultimo minuto a performance di ballo sincronizzate davanti alle vetrine di lusso, le possibilità sarebbero infinite. Tuttavia, non mancherebbe il rischio di esagerare: da esibizioni troppo invadenti che bloccano il passaggio, a sketch eccessivamente sopra le righe che potrebbero dissuadere i turisti più tranquilli.
# Le critiche dei milanesi “vecchio stile”
Naturalmente, non potrebbero mancare le critiche. I milanesi più tradizionalisti potrebbero storcere il naso, accusando l’iniziativa di “americanizzare” il centro città, anche se l’ispirazione è Mosca, o di trasformare Corso Vittorio Emanuele in un circo. “Milano non è un circo!” direbbe sicuramente qualcuno, invocando un ritorno a un’atmosfera più sobria e ordinata. Ma sarebbe proprio la tensione tra tradizione e innovazione a rendere il tutto affascinante.
La risposta a queste probabili critiche è semplice: l’arte di strada è già parte integrante della cultura urbana milanese, e l’attuale Corso Vittorio Emanuele ne è un esempio. “Formalizzare” l’arte di strada potrebbe portare un “caos ordinato”. Anziché vedere il cambiamento come una minaccia, bisognerebbe riconoscerlo come un modo per valorizzare la creatività e l’identità milanese.
# Un Carnevale delle performance
Sulla scia della “formalizzazione” e della “regia urbana”, l’idea vincente potrebbe essere quella di dedicare una giornata all’anno a queste performance, trasformandole in un grande evento cittadino. In occasione del Carnevale Ambrosiano, ad esempio, Corso Vittorio Emanuele potrebbe ospitare spettacoli coreografati, dalla musica alla danza, dal teatro alle arti visive.
Il percorso potrebbe essere esteso da San Babila fino al Castello Sforzesco, creando un corridoio artistico che attraversa il cuore della città. Per rendere il tutto più organizzato, si potrebbe introdurre un biglietto simbolico, il cui ricavato andrebbe a finanziare iniziative culturali e sociali. Questo trasformerebbe l’evento in una celebrazione collettiva, coinvolgendo cittadini e turisti in un’esperienza unica.
Per rendere queste iniziative ancora più innovative, si potrebbe integrare la tecnologia. Schermi interattivi lungo le vie principali potrebbero proiettare esibizioni in tempo reale, permettendo anche a chi non è fisicamente presente di partecipare. Una piattaforma online potrebbe consentire agli artisti di prenotare spazi, garantendo una gestione più fluida degli eventi e dando loro maggiore visibilità.
# Collaborazione tra artisti e Comune: un premio per valorizzare Milano
Una proposta concreta sarebbe l’istituzione del “Premio Milano in Scena”, un riconoscimento annuale per le migliori performance lungo il corso. Questo premio, oltre a offrire un contributo economico ai vincitori per sviluppare nuovi progetti artistici, garantirebbe loro visibilità internazionale e spazi dedicati in città per esibirsi.
Il premio attirerebbe talenti da tutta Europa, trasformando Milano in un polo dell’arte performativa urbana. L’evento di premiazione diventerebbe di per sé un’attrazione, con spettacoli e installazioni che animerebbero la città per un’intera giornata.
In più, le performance virali potrebbero essere parte di una strategia di promozione turistica: video e contenuti condivisi sui social media, sostenuti dal Comune, racconterebbero Milano attraverso l’arte e la creatività. Con un hashtag ufficiale, come #MilanoInScena, queste esibizioni diventerebbero una vetrina per la città, coinvolgendo turisti e residenti.
Battuto il precedente primato appartenuto ad un altro volo. Questo il tragitto, la durata del viaggio e… cosa si può mangiare a bordo.
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Il volo più lungo che si può fare dall’Italia
# In cielo per oltre 16 ore e 13.345 km
Mentre a terra Malpensa e Fiumicino si sfidano, in aria non c’è partita. Questo è il volo dei record: il più lungo, in termini di tempo, che si può fare dall’Italia senza scali. Ma dove si arriva?
Innanzitutto da dove si parte: da Fiumicino. Destinazione: l’aeroporto di Perth, sulla West Coast australiana. Ci si arriva sorvolando le nuvole per 16 ore e 25 minuti per un totale di 13.354 km di tragitto. Il volo supera di 100 minuti il primato precedente, appartenente al Roma-Buenos Aires, offerto sia da ITA Airways che da Aerolineas Argentinas. Per salire a bordo del velivolo la cifra richiesta è di circa 1.000 euro, anche se ovviamente i prezzi e le disponibilità sono soggetti a modifica a seconda dei periodi scelti.
# Un balzo dall’altra parte del mondo
Questa nuova tratta è stata inaugurata il 23 giugno 2022 e il primato è dovuto al fatto che si tratta di un volo senza scali e, come un vero e proprio canguro, il nuovissimo Boeing 787 Dreamliner decolla dalla Città Eterna per poi atterrare nella capitale Western australiana con un solo salto. Questo aereo è stato allestito con 3 classi di viaggio: 42 posti in business, 28 poltrone di premium economy e 166 posti in economy.
Il nuovo collegamento non-stop offerto da Qantas è il risultato di una lunga collaborazione tra la compagnia di bandiera australiana e ADR (Aeroporti di Roma), con il supporto delle istituzioni nazionali, ed è al momento l’unico volo diretto che collega l’Australia e l’Italia. Si tratta di una scelta di Roma che conferma il ruolo dello scalo romano come hub strategico per i collegamenti intercontinentali. Una scelta che ancor più ridimensiona il ruolo di Malpensacome hub. Ma questa è un’altra storia. Ma tra Italia e Australia chi vince nel menù?
# Menu a bordo ispirati all’Italia
Per celebrare il lancio della nuova rotta che collega i due continenti, la compagnia aerea ha introdotto nelle sue lounge e a bordo dell’aereo una serie di menù di ispirazione italiana. Non solo: ha anche ampliato la sua offerta di intrattenimento con una speciale collezione di film italiani, con classici come “La vita è bella”.
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Uno dei quartieri più esclusivi della città scelto da molti personaggi conosciuti dello sport, della spettacolo e dell’imprenditoria milanese. Ecco quanto si spende per viverci.
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La nuova «zona dei sogni» di Milano: quanto costa un appartamento a Citylife?
# Uno dei quartieri più esclusivi della città
Inizialmente sembrava un grande flop ma poi si è affermato come uno dei quartieri più esclusivi di Milano, se non il più esclusivo. Citylife infatti è inserito all’interno di una delle più grandi zone pedonali d’Europa, completamente libera dal traffico, e oltre alle tre iconiche torri Isozaki, Libeskind e Hadid, ospita uno shopping district, un parco di 170.000 mq con più di 1.000 alberi, il Parco di Arte Contemporanea all’aperto di Art Line e le residenze di lussoLibeskind e Hadid scelte da molti personaggi dello sport, della spettacolo e dell’imprenditoria milanese. Tra i più famosi Chiara Ferragni, Federico Marchetti di Yoox e calciatori come Barella e Lautaro dell’Inter. L’attico acquistato dai Ferragnez (quando ancora erano insieme) aveva un valore tra i 5 e i 6 milioni di euro.
Ma quanto costa viverci?
# Il costo medio al mq è di 8.500 mq, con punte fino a 15.000 euro
La metratura media delle abitazioni del quartiere è di 190 metri quadrati, oscilla da un minimo di 65 a un massimo di 490 mq. Mentre il costo al mq è in media di 8.500 mq. Nelle residenze di lusso si arriva fino a punte massime di 15mila euro/mq: il quartiere più caro in assoluto fuori dal centro storico.
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Gli annunci per affitti brevi sono in leggera flessione rispetto alla precedente rilevazione, ma rappresentano sempre una quota importante a livello cittadino, dopo una crescita del 35% in 5 anni. Si consolida invece ancora di più come un business in mano a pochi soggetti o comunque a chi ha più proprietà immobiliari, e che sta contribuendo ad escludere dalla città i milanesi con redditi medio-bassi e gli studenti. Vediamo gli ultimi dati aggiornati estrapolati dalla piattaforma InsideAirbnb.
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Il boom degli affitti brevi: le case di Milano sempre più solo per turisti
# Dal 2018 al 2023 una crescita degli annunci del 35%, leggera flessione nel 2024
Il fenomeno degli affitti brevi a Milano è esploso dopo Expo2015, quando la città si è affiancata all’asse del turismo internazionale composto dalla tratta Roma-Firenze-Venezia. InsideAirbnb da anni analizza la situazione degli immobili messi a reddito tramite Airbnb fornendo una fotografia del mercato. La crescita del turismo è andata di pari passo con quello degli alloggi disponibili sulla piattaforma di Airbnb, con un +35% tra il 2018 e il 2023 toccando i 24.177 di annunci.
I dati aggiornati al settembre 2024 riportano una leggera flessione, con 23.705 annunci segnalati, ma si tratta sempre di numeri importanti e comunque non tengono in considerazione altre piattaforme o sistemi di affitto breve.
# Boom degli affitti brevi nelle periferie
L’incremento più consistente in numeri assoluti di annunci tra il 2018 e il 2023 è stato registrato sull’asse che idealmente conduce dal centro a NoLo, passando per Porta Venezia e Centrale. In terminepercentuale sono state le periferie a fare la parte del leone. Tra i motivi ci sono il minor costo per l’acquisto di un immobile, una rendita garantita più alta tramite affitto breve è un rischio di morosità inferiore. il rischio di morosità è più basso. Le zone come Giambellino, Corvetto, Viale Monza/Via Padova.
# Salgono dall’82% all’86,3% gli annunci per case intere
Airbnb nasce per consentire al proprietario di una casa di affittare una camera extra per un week end per pagarsi le spese. Negli anni però la situazione si è completamente trasformata. Nel 2024 la quota degli annunci riguardanti interi appartamenti è salito dall’81,6% all’86,3%, pari a 20.469 sui 23.705 totali. Il prezzo medio per notte è sempre più simile a quello di un hotel, arrivando a superare i 200 euro.
# Sempre più un affare per pochi
Il 2024 conferma i dati del 2023: gli affitti brevi sono sempre più diventati un affare per pochi soggetti, soprattutto agenzie e start-up specializzate nell’affitto breve. Il 50% degli annunci è gestito da utenti che hanno almeno due immobili sulla piattaforma e il 20% degli annunci, pari a 4.889, è di host con almeno 10 proprietà, un numero quasi triplicato dal 2018. I primi dieci, eccetto l’ultimo in questa graduatoria con 99, gestisce almeno 100 appartamenti o case intere.
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Un progetto che coniuga intelligenza artificiale e pensiero creativo. Dove sorge, come si sviluppa e quando dovrebbe inaugurare.
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Nel futuro di Milano una «Factory alla Andy Warhol»
# Rinasce l’area di Calvairate che un tempo ospitava il mercato del Macello
Milano: direzioni future in cui si scelgono aree da bonificare e rinnovare per rilanciare il settore della moda. Come quello che succede all’area di Calvairate, nella quale sorgeva il Macello: prenderà vita un campus d’avanguardia dello IED, l’Istituto Europeo di Design. L’obiettivo è di riunire nello stesso spazio tuti i suoi quattro dipartimenti: moda, arti visive, design e comunicazione. Verrà completato entro il 2027 e il nuovo direttore Danilo Venturi lo immagina come un luogo in cui incrociare ancora di più competenze tra docenti e studenti, coniugando passato, presente e futuro, proprio per questo lo descrive come una Factory alla Andy Warhol.
# Uno dei più grandi campus di alta formazione in Italia, sviluppato su una superficie di 30mila metri quadri
redesco.it - Campus Ied
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Il nuovo campus IED sarà uno dei più grandi campus di alta formazione in Italia con un’istruzione privata interamente dedicato alla creatività, all’arte, alla cultura e al progetto futuro per le prossime generazioni. Nell’area dell’ex Macello saranno riunite tutte le sedi milanesi che oggi sono distaccate e diffuse nella città. Qui confluiranno tutti gli studenti e i docenti, per far sì che in un unico luogo siano riunite le aule, i laboratori, le biblioteche e gli spazi dedicati: si tratta di 30mila metri quadri immersi nel contesto di un grande parco, progettati da CZA Cino Zucchi Architetti, di un’area che sarà rigenerata secondo i principi più elevati di sostenibilità ambientale e sociale dettati dalle regole del bando internazionale. Questa vittoria significa per Milano che il Campus IED contribuirà, insieme con gli altri partecipanti al progetto, a far rivivere, riqualificare, ripopolare le grandi aree dismesse del quartiere di Calvairate, e che l’investimento su questo territorio passerà anche da un rilevante polo di formazione destinato ai giovani.
# Un progetto che coniuga intelligenza artificiale e pensiero creativo
Si tratta di un progetto che si coniuga anche con l’intelligenza artificiale, in quanto alla base c’è l’idea che con l’utilizzo democratico dell’IA si può dare la possibilità a tutti di utilizzare strumenti tecnici che prima invece richiedevano competenze da costruire. In questo modo, la vera differenza la farà il pensiero innovativo e creativo, perché quando la capacità tecnica di base sarà garantita a tutti la differenza la farà l’idea.
Il design è quella pratica con cui si dà una funzione agli oggetti e la sfida è quello di riuscire a combinare, grazie alla creatività, l’aspetto pratico con quello estetico, trovando soluzioni efficaci per migliorare la qualità della vita. Negli ultimi anni, il design ha abbracciato nuove tendenze e tecnologie, come il design sostenibile e quello inclusivo. Questi approcci cercano di creare prodotti e servizi che siano non solo innovativi, ma anche rispettosi dell’ambiente e accessibili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità. Proprio in questa prospettiva, i corsi dell’area di design hanno lo scopo di formare creativi alla costante ricerca di novità in termini di forme, linee estetiche ed esigenze funzionali.
# Un nuovo distretto museale scientifico e case low cost per 1.200 residenti e centinaia di studenti
Questo è un progetto che apre nuove sfide in quanto dà uno spunto di riflessione sui problemi della città, infatti per cercare di cambiare il sistema serve un’iniezione finanziaria o un’innovazione e con questo campus si è scelta l’innovazione. Un nuovo quartiere vivo, giovane e brulicante di attività grazie al nuovo Campus internazionale dello IED e ad un distretto museale scientifico dedicato alla divulgazione delle tecnologie e a un sistema di spazi aperti a tutta la città, con case a prezzi accessibili sotto i 2.500 euro al mq per 1200 residenti e centinaia di studenti.
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