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E se a Est sorgesse una nuova Milano?

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La zona dove sorgerebbe Milano Est
Milano è una città ingolfata: in uno spazio ristretto ci sono troppe persone, case, uffici, locali e chi più ne ha più ne metta. Come ogni metropoli, ha bisogno di crescere, ma risente anche dei limiti fisico-geografici. Occorre trovare una soluzione radicale: costruire una nuova Milano.
 
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E se a Est sorgesse una nuova Milano?

Milano Est (Ideogram.AI)

# E se invece di nuovi palazzi costruissimo un’intera città?

Brasilia – Ph. @mbastosbr

A Milano manca lo spazio. Ormai le cubature si sono utilizzate tutte. All’orizzonte non si vedono più opportunità per costruire qualcosa di nuovo. E se all’orizzonte invece di nuovi palazzi si vedesse un’intera città? Come il Brasile che da zero ha costruito la sua nuova capitale. Lo spazio c’è.

# Un nuovo modello urbano: “Milano Est”

La zona dove sorgerebbe Milano Est

Questa nuova Milano potrebbe estendersi da Segrate a Mediglia e Paullo. Non rappresenterebbe solo un’espansione fisica di Milano, ma una vera e propria “Milano parallela“, riprogettata per rispondere alle esigenze della “città madre” alla luce delle esigenze del mondo contemporaneo. Sarebbe una città “sperimentale”, costruita ex novo, come nel caso di Brasilia, con una pianificazione orientata alla funzionalità e alla vivibilità.

L’obiettivo principale sarebbe alleggerire il carico che ora Milano sopporta da sola, creando qui i nuovi spazi abitativi e le infrastrutture, anche per ridurre il caro-affitti, oggi tra i più elevati d’Italia. La necessità di abitare la nuova città potrebbe diventare un’opportunità per il Comune di Milano di adottare politiche di sgravi fiscali e agevolazioni, incentivando i milanesi e, soprattutto, gli “stranieri” a trasferirsi qui, contribuendo a riequilibrare i prezzi immobiliari. Ma non solo questo. La prima trasformazione sarebbe la creazione di un nuovo centro. Un centro grandioso e superverde. 

# L’idroscalo diventerebbe un Central Park, la “cerniera” tra le due Milano

Il nuovo centro di Milano sarebbe un parco, quello dell’Idroscalo. Un parco come centro sarebbe anche il simbolo di una nuova visione, quella di una città avanguardia nel green. Una città che se qualcosa non lo ha, come il verde, se lo crea da zero. Come ha fatto con il mare, con l’Idroscalo, o con la montagna, con il Monte Stella. L’Idroscalo fungerebbe da “parco centrale”, esattamente come il Central Park di New York, e costituirebbe la “cerniera” tra la parte occidentale, Milano, e quella orientale, Milano Est. 

Il lago artificiale, già circondato da strutture sportive e aree ricreative, potrebbe essere arricchito con percorsi naturalistici, giardini tematici, spazi per eventi e un sistema di navigazione per piccole barche elettriche. L’Idroscalo avrebbe così la possibilità di diventare il principale centro di aggregazione della nuova “città doppia”, offrendo un’oasi naturale a due passi dalla zona di vita o lavoro. Ma la vera rivoluzione sarebbe per la mobilità. 

# Milano Est: l’hub di mobilità con l’intero hinterland

Prolungamento M4

Progettando una città da zero, la mobilità sarebbe concepita come priorità fondamentale. Milano Est potrebbe essere collegata a Milano tramite un’estensione della Linea Blu (M4), con fermate già previste a Segrate e Idroscalo. Una volta completata la città, la M4 potrebbe attraversarla completamente, con una rete di biforcazioni numerate progressivamente a partire da M4.1. Inoltre, sarebbe necessario un collegamento metro diretto tra il centro di Milano Est e la fermata Duomo, senza ulteriori fermate.

Così trasformata, la M4 diventerebbe una linea portante della mobilità milanese, offrendo una connessione diretta e costante tra il cuore di Milano e il resto dei suoi quartieri. Non solo: Milano Est ospiterebbe un grande hub tra alta velocità e connessioni urbane, già in programma a Segrate. E poi da qui partirebbe una circle line di collegamento con l’intero hinterland di cui Milano Est diventerebbe il fulcro nevralgico. 

# Avanguardia della mobilità urbana e interurbana

architizer.com – Ingresso tunnel

Inoltre, Milano Est, costruita dal 2025, sarebbe il luogo ideale per testare soluzioni innovative di mobilità per Milano. Per esempio, potrebbe ospitare le prime piste ciclabili sopraelevate, i silos di parcheggio interrati e persino un tunnel sotterraneo, come la “Strada interrata Silos Linate – Silos Milano Est”. Inoltre, un centro città accessibile solo a biciclette, monopattini e scooter elettrici potrebbe essere una proposta interessante. Un’altra innovazione sarebbe l’introduzione di mezzi pubblici “on-demand”, ossia veicoli elettrici e autonomi che si muovono secondo le esigenze degli utenti, praticabili inizialmente quando la città non sarà ancora densamente popolata, per poi essere riservati alle zone off-limits per le auto.

A proposito di innovazione, Milano Est potrebbe essere anche il luogo ideale per testare la possibilità di installare mini-reattori nucleari, rispondendo così alla crescente domanda energetica in modo sostenibile. Potrebbe ospitare una serie di piccoli reattori nucleari a bassa emissione e a basso impatto ambientale, garantendo energia a basso costo e sostenibile per i nuovi quartieri, e in futuro anche per Milano.

# Il polo amministrativo e il vice-sindaco di Milano Est

Il logo ipotetico del Comune di Milano Est

La creazione di Milano Est rappresenterebbe un’opportunità anche per testare un nuovo modello di governance. Una figura interessante per garantire una gestione efficace della città potrebbe essere il vice-sindaco tecnico: un funzionario nominato dal sindaco di Milano, incaricato di occuparsi esclusivamente della città e del suo rapporto con Milano.

Per alleggerire il carico della macchina amministrativa milanese, si potrebbe immaginare, una volta operativo il collegamento diretto centro-centro, la creazione di un “Campus Amministrativo” decentralizzato. Questo campus semplificherebbe l’accesso ai servizi pubblici da parte dei cittadini, con uffici organizzati per tematiche (come lavoro, sanità, cultura) e spazi multifunzionali per eventi e incontri. Potrebbe ospitare anche coworking e incubatori d’impresa, incentivando lo sviluppo di attività locali e creando un ecosistema stimolante per l’imprenditorialità dell’area.

Inoltre, per facilitare l’accesso ai servizi pubblici, questi potrebbero essere resi disponibili tramite app e sportelli digitali diffusi nei quartieri, riducendo la necessità di spostamenti.

# Milano Est: la soluzione definitiva al caro-affitti milanese?

Una studentesca protesta contro il caro-affitti al Politecnico di Milano

Milano Est potrebbe rappresentare una risposta all’emergenza abitativa e al caro-affitti di Milano. Incentivi fiscali e sgravi sugli affitti, oltre a bonus di insediamento per giovani, famiglie e studenti, potrebbero attrarre nuove categorie di residenti. Questa strategia non solo bilancerebbe la pressione abitativa sul centro, ma potrebbe anche favorire la rapida crescita della nuova città.

Per evitare che Milano Est diventi una zona puramente residenziale e “spenta”, si potrebbero introdurre incentivi anche per i locali commerciali, favorendo l’apertura di negozi, ristoranti e spazi culturali che animino l’area. Le piazze centrali, con spazi all’aperto per eventi, mercati rionali e attività culturali, potrebbero essere luoghi d’incontro che favoriscano la socializzazione e il senso di comunità.

La progettazione degli spazi residenziali potrebbe includere giardini comuni e orti urbani condivisi, promuovendo la coltivazione locale e un senso di appartenenza tra i residenti. L’illuminazione pubblica, studiata per garantire sicurezza e vivacità serale, potrebbe integrare installazioni artistiche e soluzioni a basso impatto ambientale, creando un’atmosfera accogliente e distintiva.

Continua la lettura con: La Milano del futuro sarà «decentrata»: area C per turisti e periferie al centro? I quartieri su cui scommettere

MATTEO RESPINTI

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Scalo House, il terzo sequestro in pochi mesi a Milano: sta scoppiando una «Mani Pulite» dei costruttori?

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La reputazione della Milano simbolo di modernità e progresso sta venendo messa a dura prova dalla questione malavita. L’ultima notizia è de 7 novembre: la Guardia di Finanza ha sequestrato l’area di “Scalo House”, un progetto residenziale e di riqualificazione urbana che aveva suscitato grandi aspettative. L’episodio getta nuove ombre sulla gestione urbanistica e sulla trasparenza delle pratiche edilizie milanesi. E soprattutto inizia a serpeggiare la grande preoccupazione: scoppierà una nuova Mani pulite per il mondo delle costruzioni?

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Scalo House, il terzo sequestro in pochi mesi a Milano: sta scoppiando una «Mani Pulite» dei costruttori?

# Il progetto Scalo House: un sogno infranto?

La notizia del sequestro arriva dopo un’indagine su presunti abusi edilizi e irregolarità che coinvolgono funzionari pubblici e privati, facendo emergere una rete di pratiche illecite che minacciano l’immagine di una Milano orientata verso l’innovazione e il futuro.

Scalo House doveva essere uno dei progetti più ambiziosi di riqualificazione urbana nella zona tra via Valtellina e via Lepontina, vicino alla Stazione Centrale. L’area, un tempo degradata e poco valorizzata, era stata scelta per ospitare un nuovo complesso di residenze e appartamenti moderni, destinati a studenti e giovani professionisti. Il progetto, con la sua architettura innovativa e una posizione strategica, aveva tutte le carte in regola per diventare un esempio di edilizia sostenibile e moderna.

La costruzione aveva previsto la demolizione di un magazzino logistico in via Valtellina, al civico 38, per fare spazio a due edifici residenziali di diverse altezze, con un giardino interno e un edificio già esistente, convertito in residenza universitaria convenzionata già abitata.

Le indagini condotte dalla Procura di Milano hanno portato alla luce irregolarità nel processo di autorizzazione dell’edificio, con l’accusa di lottizzazione abusiva e manipolazione delle pratiche urbanistiche. Le modifiche alle cubature degli edifici e la gestione degli oneri di urbanizzazione avrebbero permesso agli sviluppatori di ridurre i costi a discapito della qualità e della sostenibilità delle opere. Secondo gli inquirenti la realizzazione del progetto non avrebbe seguito le procedure previste per la valutazione e l’approvazione delle opere, sollevando dubbi sulla trasparenza e sull’affidabilità del sistema edilizio milanese.

# Il terzo sequestro in pochi mesi a Milano

Le indagini sono ancora in corso, ma l’inchiesta ha già coinvolto alcuni nomi di rilievo, tra cui esponenti pubblici e privati che avrebbero avuto un ruolo centrale nelle pratiche illecite legate al progetto. Tra gli indagati ci sono Giovanni Oggioni, ex direttore dello Sportello Unico Edilizia del Comune di Milano, e Paolo Mazzoleni, ex assessore all’Urbanistica di Torino, entrambi accusati di falso ideologico e lottizzazione abusiva. Altri indagati sono dirigenti e tecnici comunali accusati di favorire operazioni illecite in cambio di benefici personali. Le accuse includono manipolazione dei titoli edilizi e favoreggiamento di operazioni fuori dalla normativa.

Nel corso delle perquisizioni, la Guardia di Finanza ha sequestrato documenti e prove che attestano la manipolazione dei dati catastali e degli oneri di urbanizzazione, riducendo l’impatto delle opere a livello territoriale e dei servizi. Le operazioni sospette si estendono a più cantieri in tutta la città, sollevando dubbi sulla regolarità di numerosi progetti edilizi e sugli interessi economici legati alla riqualificazione delle aree periferiche.

Scalo House rappresenta il terzo sequestro negli ultimi mesi di cantieri in costruzione. I precedenti includono il ‘Giardino Segreto’ in Isola a maggio e le Residenze Lac di via Cancano affacciate sul Parco delle Cave a luglio. Questi episodi sono la testimonianza di un sistema che, nonostante la crescente attenzione sulla qualità e la trasparenza delle opere, continua a nutrirsi di pratiche illecite che mettono a rischio la sostenibilità e l’integrità dei progetti edilizi a Milano.

# Le dichiarazioni di Sala

Il Sindaco di Milano, Beppe Sala, ha commentato la situazione con cautela. Intervenendo a margine della presentazione della veste grafica per le Olimpiadi invernali, ha dichiarato: «Non posso commentare, è evidente che i magistrati e la Guardia di Finanza non avvisano il sindaco prima di compiere determinate azioni. Oggi quello che so, l’ho letto dalle agenzie». Sala ha aggiunto: «Vediamo gli atti e poi non mancherò di dire la mia opinione, ma oggi non sono in grado di dire assolutamente niente».

# Da Mani Pulite agli scandali nelle costruzioni: quali implicazioni per il futuro di Milano?

Milano si è sempre distinta come una città all’avanguardia, ma episodi come quello di Scalo House sollevano interrogativi sulla gestione della sua crescita. La recente richiesta di maggiore autonomia fiscale da parte di Sala, in virtù del contributo economico della città, potrebbe essere compromessa da scandali come questo.

Se Milano vuole continuare a essere un modello di innovazione e sostenibilità, non può permettersi il rischio di essere associata a pratiche illecite che ne minano la reputazione: il pericolo è che l’ondata di interventi giudiziari travolga il settore delle costruzioni, come accaduto con Mani Pulite per la politica. Il futuro della città dipende dalla sua capacità di garantire trasparenza e rispetto delle leggi, senza compromettere l’etica e la giustizia sociale.

Continua la lettura con: La Milano del futuro sarà «decentrata»: area C per turisti e periferie al centro? I quartieri su cui scommettere

MATTEO RESPINTI

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L’interscambio della metro che c’è… ma non si può usare

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Maps - Accessi M1 e M5 Lotto

La rete metropolitana milanese con il completamento della linea M4 è entrata nella top ten europea per la sua estensione, ma la gestione degli interscambi risulta inspiegabile. Non solo per quelli scomodi o inesistenti della linea blu, ma anche per quelli che ci sono. Vediamo perchè.

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L’interscambio della metro che c’è… ma non si può usare

# I cambiamenti alle linee del trasporto pubblico in occasione degli eventi allo Stadio 

Credits: Andrea Cherchi – Stadio San Siro

Ad ogni evento che si svolge al Meazza arriva puntuale la comunicazione da parte di ATM relativa alle modifiche alle linee di superficie e alla chiusura di alcune stazioni metropolitane. In particolare, il tram 16 per un’ora non ferma al capolinea fuori dallo stadio e le stazioni di Segesta e Ippodromo sulla linea M5 vengono chiuse poco prima della fine dell’evento.

La decisione, disposta dalla Questura, è giustificata da motivi di ordine pubblico, per evitare di far salire altre persone in convogli già pieni nelle stazioni successive a quelle del capolinea. Una scelta forse non pienamente condivisibile visto che un’infrastruttura pubblica non dovrebbe modificare il suo funzionamento in conseguenze di iniziative private come una partita o un concerto. Ma c’è di più.

# Quando ci sono partite e concerti l’interscambio della metro “sparisce”

Messaggio ATM Lotto
 

La cosa però forse più inspiegabile è la chiusura del corridoio diretto tra M1 e M5 a Lotto, fatto che obbliga gli utenti ad uscire dai tornelli, salire in strada, rientrare nella stazione dell’altra linea, ripassare dai tornelli e poi scendere in banchina per prendere il treno. Il tutto con la paura di non fare in tempo prima della chiusura delle linee, nonostante il prolungamento degli orari previsto in occasione degli eventi a San Siro.

Maps – Accessi M1 e M5 Lotto

Come si vede dalla cartina, solo una uscita della M5 è adiacente a degli accessi per la M1, quello su via Monte Rosa sullo stesso lato del marciapiede e sul lato opposto della strada, a cui si può aggiungere uno verso via Migliara. Uscendo dalle altre due, ce n’è una quarta ancora più distante e non visibile della mappa: il rischio è di girovagare con il buio prima di trovare l’entrata per il cambio linea. Bisogna tenere conto infatti che molte persone vengono da altri luoghi d’Italia e del mondo e come sistema di orientamento usano le linee metropolitane, perchè rendere gli spostamenti così complicati?

# Il collegamento da incubo tra M1 e M5 a Lotto

Credits pallin86 IG – Corridoio da M1 a M5

Va detto che la connessione diretta tra le linee M1 e M5 non è certo delle migliori, si rischia spesso di finire in un loop senza via di uscita. Partendo dalla M1 è raggiungibile solo da una delle due banchine, se ci si trova in quella opposta bisogna salire nel mezzanino e ridiscendere dall’altro lato, occorre poi percorrere un lungo corridoio fare diversi piani di scale mobili per cambiare linea, facendo però attenzione di salire su quella giusta per non uscire dalla stazione. Un collegamento forse non troppo intuitivo, ma meglio che uscire in strada, e soprattutto con una larghezza sufficiente per gestire un grande afflusso di persone anche in caso di partite e concerti. D’altronde la linea e l’interscambio non sono stati pensati anche per queste occasioni?

Leggi anche: Gli INTERSCAMBI da BRIVIDO nella METRO di Milano

# Gli assurdi interscambi della linea M4

Credits Urbanfile – M4-M1 Stazione San Babila

Chiudiamo in “bellezza” con la linea M4, un disastro se si parla di interscambi. Il più lineare è quello a San Babila con la M1, si passa da una linea all’altra rimanendo nel mezzanino anche se occorre uscire e rientrare dai tornelli, cosa che succede anche a Sant’Ambrogio con la M2 e Sforza Policlinico con la M3.

Valter Repossi – Urbanfile – M4 Sant’Ambrogio

Nel primo caso bisogna uscire all’aperto rimanendo a livello dei tornelli, coperti da una tettoia che in caso di forte vento e pioggia non ripara dalle intemperie, anche se al momento bisogna salire in superficie perchè i lavori non sono finiti.

Cantiere Urbanfile – Roberto Majello – Passaggio via Pantano-università

Nel secondo caso si può solo uscire all’esterno per passare dalla M3 alla M4 e viceversa e camminare per circa 10 minuti e sperare che non piova, altrimenti ci si ritrova impantanati tra foglie e fango, come si vede dalla foto.

Comune di Milano – Nuova uscita M3 Missori

La nuova uscita su via Larga di Missori M3, la sua costruzione dovrebbe concludersi all’inizio del 2025, toglie solo poche decine di metri di cammino all’aperto.

Credits: Urbanfile – Mappa interscambio M3-M4

L’alternativa è cambiare linea da o verso la stazione di Crocetta M3: il percorso è più corto e solo su strada e marciapiede, ma non forza più breve dato che bisogna attendere il verde al semaforo su via Francesco Sforza.

Leggi anche: Il disastro annunciato degli interscambi della M4 (specie se piove) 

FABIO MARCOMIN

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Come ti senti quando alla cassa ti danno i bollini di un altro cliente

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Vabbé, se proprio insiste…

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Continua con: Come ti senti quando vai in bici sulle strade di Milano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Si sta costruendo l’aereo passeggeri che volerà da Milano in Cina in un’ora e mezza

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L’ultimo volo del Concorde risale a più di 20 anni fa: a mettere la parola fine al servizio del jet supersonico sono stati gli elevati costi di gestione e di manutenzione oltre che al disastroso incidente mortale con più di 100 vittime. Da allora pochi progressi nella velocità dei voli commerciali. Ma qualcosa potrebbe cambiare molto a breve. 

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Si sta costruendo l’aereo passeggeri che volerà da Milano in Cina in un’ora e mezza

# I cinesi stanno costruendo il jet passeggeri supersonico a decollo verticale: volerà a 20.000 metri di altezza

luxurylaunches.com – Areo supersonico cinese

La Cina sta sbaragliando il resto del mondo dal punto di vista dell’innovazione tecnologica. La società Space Transportation ha progettato un nuovo prototipo di aereo passeggeri supersonico rivoluzionario. Il jet Yunxing prevede l’utilizzo del sistema di decollo e atterraggio verticale (VTOL), a differenza dei jet classici, funzionando quindi senza la necessità di piste tradizionali. Il jet salirà con razzi propulsori, che si staccano ad alta quota, dopodiché Yunxing raggiungerà la sua velocità di crociera a circa 20.000 metri sopra il livello del mare.

# Volando alla velocità di 5.000 km/h potrebbe fare il giro del mondo in 7 ore 

luxurylaunches.com – Jet supersonico

Il nuovo aereo punta a ridurre drasticamente i tempi di volo: viaggerà a Mach 4 che equivale a poco meno di 5mila km/h, il doppio della velocità del Concorde. Si andrebbe da Pechino a Milano in 1 ore e mezza, da Milano a New York in soli 70 minuti e, teoricamente, si potrebbe fare il giro del mondo in appena 7 ore. Attualmente il prototipo è in fase di test e di recente la società ha comunicato di aver completato con successo un volo di prova.

# La messa è in commercio è programmata per il 2027

luxurylaunches.com – Simulazione volo jet supersonico

Pensato per un mercato di voli esclusivi, con costi superiori ai biglietti business attuali, il debutto commerciale è programmato per il 2027. L’obiettivo è di farlo migliorando anche l’impatto ambientale rispetto agli aerei supersonici del passato. 

Leggi anche: Il FUTURO dei VOLI SUPERSONICI: da Milano a NEW YORK in 4 ore, a LONDRA in 30 minuti

FABIO MARCOMIN

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Ai milanesi piace retrò

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Cooperativa La Liberazione

Uno dei grandi fenomeni della Milano di oggi: i locali di Milano dove si ritorna indietro nel tempo. Si rievoca il passato quando il presente non soddisfa?

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Ai milanesi piace retrò

# Cooperativa La Liberazione: il lato buono del comunismo storico

Credits lukelucchinettif IG – Cooperativa la Liberazione

In zona Dateo troviamo la Cooperativa della Liberazione, dove si viene proiettati nel tempo in cui si idealizzava il comunismo italiano e internazionale. Al suo interno sono infatti esposte quasi tutte immagini riconducibili alla sinistra storica, come il Quarto Stato e Garibaldi, Jacques Brel e Fenoglio. Vengono mescolati elementi di osteria tradizionale con decorazioni intellettuali, come frasi e poesie alle pareti. Presente anche un dehor tra gli alberi all’esterno. Hasta la victoria siempre!

Indirizzo: via Lomellina, 14 

# Il Premiato Forno Cantoni: nella Milano di metà Novecento

https://www.tripadvisor.com

Il Premiato Forno Cantoni, in zona Sempione, è uno storico locale che combina l’atmosfera di un caffè e ristorante con uno stile rétro e dettagli d’epoca. Con arredi unici e particolari, il locale accoglie gli ospiti in un ambiente che evoca la Milano di metà Novecento. Qui è possibile gustare piatti della tradizione italiana rivisitati, come paste e carni alla griglia, accompagnati da opzioni vegetariane e senza glutine. Aperto tutti i giorni fino a tarda serata, è un punto di ritrovo ideale anche per aperitivi o colazioni​. Spettacolare il lato macelleria. 

Indirizzo: via Piero della Francesca 40 (angolo via Castelvetro)

# Risoelatte: un ritorno ai favolosi anni ’60

Credits risoelatte IG – Riso e latte

Sembra di venire catapultati letteralmente in un’atmosfera d’altri tempi. Per essere precisi ai favolosi anni ’60. Lo stile dell’arredamento, degli oggetti e delle stoviglie di RisoeLatte risale infatti a quell’epoca, come quelli presenti nelle case dei nostri nonni. C’è persino un giradischi completo di 45 e 33 giri nel caso del locale in Ticinese o un jukebox in quello a due passi dal Duomo. Anche il bagno è caratterizzato in questo modo, con vestaglia, pattine, schiuma da barba e la pubblicità dei prodotti di quel periodo appese alle pareti.

Indirizzi: via Camperio 6 e viale Gian Galeazzo 8

Leggi anche: Qui si MANGIA come ai tempi della NONNA. Con la COTOLETTA più GRANDE di Milano

# Piperita: ispirato al celebre Piper di Roma con atmosfere anni ’70

piperita IG – Cucina

Piperita è un locale a Milano ispirato al celebre Piper di Roma, noto per il suo arredamento pop e colorato, con elementi originali come una giraffa che “sfonda” il pavimento. Situato vicino alle Cinque Vie, vuole essere un luogo di gioia e condivisione che rievoca le atmosfere anni ’70. Al piano inferiore si trova il ristorante con piatti della tradizione italiana e opzioni per ogni esigenza alimentare, mentre al piano superiore il cocktail bar “The Flight” offre drink e tapas in un’ambientazione unica, ricavata dai resti di un Boeing 747. Piperita organizza eventi serali con cene cantate, spettacoli, jazz e serate disco.

Indirizzo: via S. Sisto 3, angolo via Torino

# Spirit de Milan: la vecchia Milano tra jazz e swing in una vecchia fabbrica

Credits: @d.parisio
Spirit de Milan

Dentro alle ex Cristallerie Livellara alla Bovisa, oggi una vecchia fabbrica, recuperata, riadattata e arricchita con un arredamento vintage, c’è lo Spirit de Milan. Un locale dove si può ballare, cenare e assistere a spettacoli che spaziano dal cabaret alla musica live: jazz, cabaret, canzone milanese, swing. Il venerdì è dedicato alla musica anni ’60, ’70 e ’80, creando un’atmosfera vintage in cui i milanesi possono immergersi nei grandi classici di quegli anni.

Indirizzo: via Bovisasca 59

Leggi anche: I locali della nostalgia, dove si rivive la Milano di una volta

# Apollo Club: ispirato alle eleganti Soho Houses e ACE Hotels di Londra, New York e Los Angeles

ravvenalejandro IG – Apollo Club

L’Apollo Club Milano, in zona Navigli, è un locale multifunzionale che integra cocktail bar, ristorante e discoteca. Fondato nel 2016 dal team di Rollover Milano, si ispira alle eleganti Soho Houses e ACE Hotels di Londra, New York e Los Angeles. Si caratterizza per un design e un’ambientazione chic con un tocco vintage che rimanda agli anni ’70 e ’80​, con uno spazio di oltre 1000 mq con diverse aree, tra cui una “Welcome Room” per gli aperitivi, una “Gaming Room” con ping-pong e flipper, un ristorante intimo da venti coperti e una discoteca con eventi di musica live e DJ set durante il weekend.

Indirizzo: via Giosuè Borsi 9/2

Leggi anche: MILANO CAPITALE del BRUNCH: i locali da provare almeno una volta nella vita

# Bar Luce in Fondazione Prada: richiama gli storici caffè milanesi degli anni ’50-’60

Credits didieryhc IG – Bar Luce

Negli spazi del polo museale e ricettivo di Fondazione Prada, zona Scalo Romana, c’è Bar Luce. Il locale è stato progettato dal regista Wes Anderson e prende ispirazione dagli storici caffè milanesi e dagli ambienti degli anni ’50 e ’60. Il design del bar include tavoli in Formica colorati, una decorazione eccentricamente vintage e un’atmosfera che ricorda i set dei film di Anderson, come “The Grand Budapest Hotel”. A rendere ancora più nostalgico il locale ci pensano alcuni elementi, come una decorazione che gioca con colori pastello e finiture dorate e una macchina da pinball a tema “Steve Zissou”. 

Indirizzo: largo Isarco 2

Continua la lettura con: I 7 locali del passato che i milanesi sognano di riportare in vita (con i video dell’epoca)

FABIO MARCOMIN

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Quelli che «dovevamo essere Svizzera»: la maxi provincia più curiosa della Lombardia

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Italia meravigliosa FB - Provincia di Sondrio

Curiosità e record di una provincia che sarebbe dovuta essere parte della Confederazione Elvetica. Ma si sono messi di mezzo gli austriaci. 

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Quelli che «dovevamo essere Svizzera»: la maxi provincia più curiosa della Lombardia

# La dichiarazione d’indipendenza della Valtellina

Di Tschubby – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8247690 – Canton Grigioni

Per secoli la Valtellina è stata la più veloce via di collegamento tra Europa centrale e penisola italiana. Per questo fu oggetto di continue mire espansionistiche da parte dei popoli confinanti. Abitata in età antica da popolazioni celto-liguri e dai camuni, passò sotto l’Impero Romano, poi sotto Lombardi, Franchi, il Ducato di Milano e nel 1512 al dominio del Canton Grigioni in Svizzera. A seguito del Sacro Macello del 1620, in cui ci fu l’insurrezione dei cattolici che portò all’uccisione di 400 protestanti, ci fu la dichiarazione dell’indipendenza della Valtellina dal dominio grigionese. Tornata sotto la Svizzera, nel 1797 Napoleone Bonaparte annesse il territorio alla provincia alla Repubblica Cisalpina, col nome di Dipartimento dell’Adda.

# Gli austriaci la “strapparono” alla Svizzera

Credits: viaggio-in-austria.it

Con il tramonto di Napoleone, anche la Valtellina passò sotto l’Impero Austro Ungarico che durante il Congresso di Vienna, scelse di annetterlo al Regno Lombardo-Veneto, invece di farlo tornare alla Confederazione Elvetica, anche grazie all’incisiva azione della delegazione valtellinese guidata dal deputato Diego Guicciardi (fonte “La delegazione valtellinese al Congresso di Vienna (1814-1815)”). Infine nel 1861 entrò a far parte del Regno d’Italia.

# L’unica provincia italiana tra tre bacini differenti alpini fluviali principali 

Italia meravigliosa FB – Provincia di Sondrio

Quella di Sondrio viene considerata insieme a quella di Brescia una delle due maxi province della Lombardia. La provincia di Sondrio ha una caratteristica unica a livello italiano: il suo territorio si trova infatti tra i tre bacini alpini fluviali principali, manca solo quello del fiume Rodano. Eccoli nel dettaglio:

  • la Val di Lei con il Reno di Lei che manda le sue acque nel Mar del Nord nei pressi di Rotterdam tramite il Reno Posteriore e poi il Reno vero e proprio;
  • l’Adda, che forma la Valtellina e che è fiume principale della provincia, che sfocia nel Mar Adriatico tramite il Po;
  • il torrente Aqua Granda e altri minori che si scaricano nel fiume Inn in Svizzera per poi unirsi al Danubio nell’Austria settentrionale, tramite il lago artificiale Livigno, concludendo la corsa nel Mar Nero nel sud-est della Romania. 

# Le navi battenti bandiera italiana hanno il diritto di navigazione sul Danubio grazie ai suoi fiumi

Di Kimdime – File:Lignedepartagedeseaux.png, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33119514 – Bacini idrografici Europa

La provincia di Sondrio insieme ad altre tre aree d’Italia, come quella di San Candido con la Drava, consentono di far arrivare l‘apporto di acque “italiane” al Danubio a circa lo 0,16% della sua portata complessiva. Questo consente, in base a quanto stabilito nella Convenzione di Belgrado del 1948, alle navi battenti bandiera italiana di avere il diritto di navigazione lungo il fiume.

# Racchiude le più elevate vette lombarde: il punto più alto supera i 4000 metri

Maps – Provincia di Sondrio

Per il suo sviluppo longitudinale e per il fatto di essere la provincia più a nord della Lombardia, racchiude al suo interno le cime più elevate della regione appartenenti alle Alpi Retiche, con il punto più alto segnato dalla Punta Perrucchetti a 4.020 m s.l.m., cima secondaria immediatamente a sud del Pizzo Bernina. La montagna più alta è invece Pizzo Zupò, che con i suoi 3996 m s.l.m. è seconda per altezza del Massiccio del Bernina, la cui vetta si trova in Svizzera.

Leggi anche: Dove osano le aquile: questo è il punto geografico più alto della città metropolitana

# Condivide con Brescia e il Trentino il più grande Parco Nazionale delle Alpi 

ph. Eric Westendarp from Pixabay – Giogo dello Stelvio

Un altro record della provincia riguarda la presenza del Parco Nazionale dello Stelvio: il più esteso delle Alpi con oltre 130mila ettari di terreno, dove è presente il secondo più alto valico transitabile d’Europa che mette in collegamento Bormio con Trafoi. Il parco è condiviso con Brescia e il Trentino Alto Adige, che contribuisce con il 48% della superficie complessiva.

FABIO MARCOMIN

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Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

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Bramieri

Nella sua lunga carriera, di comico e re delle barzellette, hanno trovato spazio anche alcune importanti pellicole drammatiche. Ecco quali e i personaggi che ha interpretato.

Gino Bramieri, quando il re della risata faceva commuovere

# Dal debutto con «Cretinopoli» ai ruoli drammatici

Bramieri

Strano ma vero, nella carriera di Gino Bramieri non c’è stata solo l’opera divertente e comica: abbiamo scovato anche parti drammatiche. L’attore di Brera debuttava, nella sua lunga e straordinaria vita artistica, proprio ottant’anni fa, al Cinema Teatro Augusteo di Milano, in una piccola parte dello spettacolo “Cretinopoli”. Quello fu il primo passo di innumerevoli esperienze artistiche, tra teatro, cinema, radio e televisione, che lo hanno visto sempre nei panni di personaggi comici, “saltellando” tra la commedia e i musicarelli, passando per le inimitabili serate trascorse a divertire il pubblico con le barzellette.

Ma la vita artistica di Bramieri, agli inizi, non fu solo caratterizzata dalla comicità e dalle commedie umoristiche: debuttò sul grande schermo nel 1953 con la divertente pellicola “Siamo tutti milanesi”, ma un anno dopo ecco che lo troviamo nei panni Guidi, personaggio di secondo piano nel drammatico film “Amarti è il mio peccato”, con una trama strappalacrime in cui la protagonista è un’altra attrice meneghina, Luisa Rossi (mancata nel 1984). 

# Il film «Avanzi di galera» 

benitomovieposter.com – Avanzi di galera

Nel 1955 ecco che Bramieri lo troviamo in un’altra storia drammatica: il film è “Avanzi di galera”, del regista modenese Vittorio Cottafavi, che realizza in un unico racconto (tutto ambientato a Torino) una storia divisa in tre, tecnicamente non è una pellicola ad episodi, sembra quasi che il regista voglia, prima o poi, intrecciare le trame tra loro, ma ciò non accadrà.

Questo film narra la dura vita di tre uomini usciti dal carcere torinese “Le Nuove”, con storie tra loro assai diverse: un chirurgo finito in galera per aver fatto morire un paziente durante un’operazione, il bandito che, tornato in libertà, vuole ritrovare il bottino nascosto dopo una rapina e il giovane impiegato finito in carcere (ingiustamente) per il furto di una somma di denaro che in realtà aveva rubato il collega.

# Il ruolo dell’ambiguo e vile personaggio 

credit: wikipedia.org

Ed è proprio in questa terza storia che troviamo Gino Bramieri nell’inedita veste drammatica: il protagonista di questo episodio è Giuseppe Rasi, interpretato da Walter Chiari, un commesso di un’agenzia di viaggi torinese, che viene mandato in galera incolpato di essersi intascato indebitamente dei soldi del negozio in cui lavora. Dopo un lungo periodo in gattabuia, quando torna in libertà trova il rancore della propria famiglia (soprattutto del padre) che lo incolpa di averli disonorati. Giuseppe decide di vendicarsi, tornando nel negozio dove lavorava aggredendo il collega, ovvero colui che aveva rubato quel denaro, facendo poi cadere la colpa su Giuseppe. Ecco, quel collega è interpretato proprio da Gino Bramieri, che (nel film) per poco non viene ucciso strangolato dalla vittima di quel raggiro, salvato solo dall’arrivo in negozio di Giovanna (Antonella Lualdi) l’unica che, dopo la scarcerazione di Giuseppe, dimostra di credere all’innocenza di quest’ultimo.

Qui Bramieri ha la grande dote di incarnare il ruolo dell’ambiguo, quanto vile, personaggio, utilizzando pochissimo la parola, ma con un’espressività mimica assai efficace.

FABIO BUFFA 

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I «quartieri stranieri» di Milano

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Ph. @danymiao IG

Milano è una città che da sempre ha accolto persone di ogni parte d’Italia e nel mondo. Alcune di queste comunità si concentrano in alcune zone e la loro presenza imprime un’identità particolare al luogo. Questi sono i cinque quartieri etnici di Milano.

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I «quartieri stranieri» di Milano

#1 Il «Piccolo Bangladesh»: tra Caiazzo a Piazzale Bacone

Credits: milano.corriere.it

Milano c’è un quadrilatero di strade – racchiuso tra le vie Gaffurio, Benedetto Marcello, Vitruvio e Settembrini, e con il vertice in piazza Caiazzo – che è ormai riconosciuto come “piccolo Bangladesh”.

Entrando in Corso Buenos Aires da Piazzale Loreto, arrivando fino alla traversa di via Petrella vi imbatterete in una zona che è un frammento della Milano borghese dei primi anni del secolo scorso. La caratteristica è la presenza di palazzi in stile liberty che all’inizio degli anni ‘90 hanno iniziato a popolarsi da stranieri provenienti dal Bangladesh. Nel 1997 fu aperto il primo phone shop gestito da un bengalese in via Scarlatti e da quel momento il quartiere ha iniziato a cambiare fino a prendere le sembianze di quello di un Piccolo Bangladesh come chiamato dalla comunità dei bengalesi. Oggi si possono trovare negozi di ogni tipo: alimentari, negozi per comunicare con l’estero, rivenditori di originale bigiotteria e merci a basso costo.

#2 «Chinatown» in via Paolo Sarpi

I primi cinesi arrivarono in questa zona quasi 100 anni fa e iniziarono ad aprire le loro botteghe in via Paolo Sarpi anche se loro preferiscono abitare altrove, infatti gli abitanti del quartiere sono prevalentemente milanesi. La bellezza di Chinatown è vedere come vivano in armonia tantissime attività cinesi insieme ad altrettante botteghe milanesi di tradizione, in una mescolanza di odori e colori. Suggestivi i festeggiamenti del Capodanno Cinese tra gennaio e febbraio di ogni anno. Il quartiere è ormai diventato uno dei più cult e attraenti di Milano. 

Leggi anche: Via Paolo Sarpi e le chicche di Chinatown

#3 La «Nuova Kasbah», a nord-ovest della città

Lungo Viale Monza, tra piazzale Loreto e il comune di Sesto San Giovanni, si trovano numerose culture differenti che si sono amalgamate tra loro. Nella parallela Via Padova, si trovano le cosiddette “case a pigione”, vecchi edifici del ‘900 a più piani con corte interna, porticati e vani bottega, che permettevano di ospitare il maggior numero di famiglie nel minor spazio possibile. Nel corso degli anni, le botteghe sono state via via abbandonate dalla popolazione in gran parte di origine dell’Italia del sud, consentendone così l’utilizzo da parte delle popolazioni straniere che tutt’oggi abitano e lavorano in zona.

#4 L’ «Asmarina», il quartiere eritreo di Milano

quartiere eritreo
West Aires, o Asmarina, a sinistra di Porta Venezia nella foto

La zona compresa tra viale Tunisia, piazza della Repubblica, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires è un caso unico in Italia di quartiere abitato in modo stabile da una popolazione straniera che non sia quella cinese. Tra eritrei, etiopi, somali sono 2.500 i cittadini provenienti dal Corno d’Africa. Non mancano locali, bar e ristoranti della tipica tradizione dell’Africa orientale.

Leggi anche: L’Asmarina di BUENOS AIRES: il quartiere più esotico di Milano

#5 Il «Quartiere Arabo» a San Siro

Gli arabi del quartiere popolare di San Siro hanno ormai superato per presenza gli italiani. In queste vie si sente risuonare più spesso marhaban (saluto in arabo) che buonasera. In via Stratico sorge la scuola araba bilingue Nagib Mahfuz, la cui didattica segue i programmi ministeriali sia dello Stato italiano sia di quello egiziano. I bambini maghrebini di San Siro così possono frequentare le lezioni nella loro lingua d’origine senza uscire dal perimetro del quartiere. Un quartiere che per molti rappresenta un simbolo di degrado ma c’è la speranza o, forse, il sogno, che possa diventare anch’esso un luogo di attrazione capace di valorizzare al meglio le atmosfere arabe in terra milanese. 

Continua la lettura con: Proposte per rilanciare il quadrilatero dell’illegalità

FABIO MARCOMIN

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

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Credits barlam.it - Il Padrino

Noi italiani siamo abituati a essere rappresentanti dall’estero da stereotipi a volte fastidiosi, ma che hanno spesso un principio di verità perché collegati alla storia e agli usi e costumi del nostro Paese o di una parte di esso. Alcuni di questi luoghi comuni non hanno però nulla a che vedere con i milanesi. Vediamo quali sono.

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«A Milano non siamo così»: i 7 luoghi comuni sugli italiani che non c’entrano nulla con i milanesi

#1 Non siamo mafiosi

Credits barlam.it – Il Padrino

Ovunque nel mondo quando ci si identifica come italiani si sa che la prima cosa che passa per la mente di chi incontriamo è: “mafia”. Pensiero spesso accompagnato con un mezzo sorriso, tipo come dire io lo so chi sei anche se non lo ammetterai mai. Se la cosa si fa esplicita può essere un boomerang provare a dire non solo che non siamo mafiosi, ma che di mafiosi in carne e ossa non ne abbiamo mai visto. La risposta è ancora lo stesso sorriso, come dire “prima regola del mafioso è negare la mafia”. Che ci piaccia o meno la mafia è il “prodotto” italiano più celebre al mondo anche grazie alla trilogia del Padrino. Mafia che significa non solo criminalità organizzata ma un certo tipo di mentalità ancora piuttosto diffuso sul territorio. Anche se gli stranieri ci ritengono tutti mafiosi, non si ha ancora notizia di un milanese ai vertici di Cosa Nostra. 

#2 Non siamo chiassosi (e non facciamo i gesti tipici con cui ci identificano gli stranieri)

L’italiano viene dipinto spesso per essere chiassoso, avvezzo a parlare sempre a voce alta anche in contesti in cui sarebbe richiesto un religioso silenzio. Se questo stereotipo trova conferma in chi vive o proviene dalle latitudini più a sud del nostro Paese, non ha invece niente a che fare con il modo di comportarsi del milanese. Non solo. “Ah, Italia!” e subito parte il solito gesto con le due mani con le dita unite come a inzupparle in una tazza di latte. Anche i gesti tipici che gli stranieri usano per scimmiottare gli italiani è difficile vederli messi in scena da chi è di Milano. .

#3 Non siamo scansafatiche

Credits meeting Hub – Incontro di lavoro

L’italiano ha la fama di pigro. Altro luogo comune duro a morire. E pensare che invece il milanese è l’emblema del lavoratore indefesso, al limite del patologico, una sorta di Stachanov dei tempi moderni. Gli scansafatiche si trovano altrove, di certo non a Milano e quelli che non hanno voglia di lavorare non fanno molta strada. Anzi, in qualunque classifica internazionale i milanesi svettano tra quelli che trascorrono più tempo al lavoro. 

#4 Non siamo gente che parla parla… ma poi non fa

L’italiano viene solitamente rappresentato come qualcuno che fa le cose in modo approssimativo, che parla parla ma poi combina ben poco. Tutto il contrario delle caratteristiche tipiche di chi è a Milano: se c’è un lavoro da portare a termine o un orario da rispettare il milanese si fa in quattro per rispettare gli accordi. Lasciare le cose metà o farle in maniera approssimativa non rientra nel DNA di chi è di Milano.

#5 La stretta di mano a Milano vale

credits: biancolavoro.it

Altro luogo comune sull’italiano è quello di non rispettare le promesse. La stretta di mano del milanese vale oro, anche più di un contratto scritto. Ci tiene a mantenere la parola data a costo di rimetterci in prima persona e pur di non perdere la faccia. In altre parti del Paese lo stereotipo dell’italiano “che frega” può anche trovare luogo, ma a Milano fa poca strada. 

#6 Non suoniamo il mandolino, né sappiamo fare la pizza

Credits faremusic.it – pizza-e-mandolin

Pizza e mandolino è un’accoppiata di stereotipi che, insieme alla pasta, sono spesso utilizzati per rappresentare il nostro Stivale. Possono andare bene a Napoli, dove sia la pizza che il mandolino sono nati, ma non a Milano. Molta sorpresa accoglie il milanese all’estero quando scoprono che non sappiamo fare la pizza né suonare il mandolino. 

#7 Ci facciamo riconoscere (ma al contrario di quello che si aspettano)

Il milanese ama fare bella figura. E ama farsi riconoscere per la sua sobrietà, per la sua competenza e la sua schiettezza. Al contrario di come gli italiani in generale vengono individuati, come casinari, caotici, sempre sopra le righe. 

Continua a leggere con: Quando i MILANESI hanno dato il MEGLIO di SÉ

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Quando a Milano il mare c’era davvero

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credit: chometemporary.it

Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però un tempo avevamo anche quello!”.

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Quando a Milano il mare c’era davvero

Milano per tantissimi è una città perfetta, o quasi. L’unica cosa che le viene rimproverata è quella di non avere il mare, ma non è sempre stato così. In origine, infatti, quando ancora i milanesi non esistevano, il mare faceva da padrone. Da oggi quando qualcuno vi dirà “A Milano avete tutto tranne il mare”, potrete rispondere “E’ vero, però avevamo anche quello!”.

# Un cittadino inaspettato: il mare

credit: chometemporary.it

Circa 600 mila anni fa, quando ancora il Bosco Verticale non era neppure una vaga idea e il Manzoni stava nell’iperuranio a concepire i Promessi Sposi, a Milano c’era un cittadino inaspettato: il mare. Poi piano piano capì che il suo posto non era questo, che era tempo di lasciare spazio ad un altra super cittadina ancora presente: la pianura padana. All’arrivo della pianura padana le cose cambiarono radicalmente, ma il mare prima di andarsene aveva lasciato dei segni per non farsi dimenticare. E infatti proprio durante i lavori in viale Byron sono stati trovati dei resti di conchiglie e gusci che testimoniano ancora oggi la presenza del mare a Milano.

# I primi a mettere piede a Milano? I liguri, ma non lasciarono alcuna focaccia

credit: buonissimo.it

Quindi il mare milanese è esistito eccome, ma dopo l’arrivo della pianura padana, come si è creata la nostra città? Tutto è iniziato con un via vai di culture e popoli. I primi ad arrivare, 4500 anni fa, furono i liguri. Questo popolo preistorico si stanziò in pieno centro città, nella zona di Missori, e così come il mare lasciarono delle tracce del loro passaggio: non aspettatevi però la focaccia o il pesto, lasciarono frecce e seghetti in pietra. Nonostante i liguri misero per primi piede nella culla della città, non ne furono i fondatori.

# Belloveso e la scrofa semilanuta: la leggendaria fondazione di Milano

credit: emmedimilano.wordpress.com

Dopo i liguri arrivarono gli insubri, che iniziarono a costruire i primi agglomerati di capanne, simili ad un villaggio organizzato, ma poi arrivarono gli etruschi e gli insubri furono costretti a levare le tende… o meglio le capanne. Anche gli etruschi però rimasero poco in pianura padana poiché vennero battuti dai Galli a Melpum (l’attuale Melzo). Furono proprio i Galli, secondo Tito Livio, a fondare la nostra città. A dirla tutta il fondatore fu Belloveso, il capo della tribù dei Biturgi. Andrea Alciato ci ha raccontato nel Rerum Patriae come leggendariamente avvenne la fondazione di Milano, grazie alla scrofa semilanuta: Belloveso arrivato in pianura padana decise di voler fondare una città, ma non sapeva né come chiamarla né dove gettarne le fondamenta. Così, come erano soliti fare gli antichi, il principe gallo consultò gli Dei che gli risposero di fondare la sua città laddove avesse trovato una scrofa ricoperta di lana.

credit: milanopocket.it

Indubbiamente nella storia di Belloveso si fondono realtà ed elementi leggendari, ma effettivamente un’origine consigliata dagli Dei rende il tutto più intrigante. La scrofa semilanuta rimase a lungo il simbolo di Milano, finché i Visconti non lo sostituirono con il celebre biscione. Ancora oggi, però, continua ad affascinare chi apprezza la leggenda di Belloveso e si può osservarla in piazza dei Mercanti, sempre se non si preferisce credere alla storia nuda e cruda, per la quale i fondatori di Milano furono gli insubri con le loro capanne (che considerando le origini marittime della zona, potremmo quasi chiamarli bungalow).

Continua la lettura con: Il MARE a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i GHIACCIAI si sciogliessero

ROSITA GIULIANO

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La città più piccola d’Italia

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Credits: @benjamin.kienig136 Glorenza

Qual è la città più piccola d’Italia? In un Paese che fa la collezione di borghi molto piccoli, non sembra strano trovare paesi dalle dimensioni ridotte. Ma qual è la città più piccola?

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La città più piccola d’Italia

# La “città” di 913 abitanti

@little_sunflower_genoa
Glorenza

La città più piccola d’Italia è Glorenza e si trova in Alto Adige, in Alta Val Venosta, a pochissimi chilometri dal confine svizzero e non lontana anche dal confine con l’Austria. Nelle vicinanze del paese nasce il fiume Adige che inizia a scorrere proprio nel paese. Eppure chiamare Glorenza “paese” o “borgo” risulta sbagliato. Con 13 chilometri quadrati di area e solo 913 abitanti, Glorenza è il più piccolo comune dell’Alto Adige a definirsi “città”. Non solo: è anche la più piccola città italiana in assoluto.

# Perché si considera “città”?

Credits 87lijuck IG – Glorenza

La domanda sorge spontanea: come può un borgo così piccolo fregiarsi del titolo di città? La cittadella ebbe un ruolo particolarmente importante nel Medio Evo come fortezza e come mercato, e così già nel 1300 si fregiò del titolo di “città”. Titolo mai tolto anche perché, forse per la sua importanza storica, gli abitanti sono molto orgogliosi di questa denominazione che trasmette un senso di grandezza per un nome che rimanda a un passato glorioso. Per risaltare le sue piccole dimensioni, a Glorenza c’è un detto tra gli abitanti: “La nostra città è così piccola che dobbiamo andare a messa fuori dalle mura”.

# Le mura che difendono la sua medievalità

@roberta.lucchesi
Glorenza

Glorenza fu circondata da imponenti mura, ancora oggi ben visibili e che difendono la città. Non si parla più di una difesa militare, ma di mura che difendono lo spirito medievale di Glorenza, città i cui edifici sono ancora intoccati e luogo che mantiene la sua storicità. Glorenza, o Glurns in tedesco, è una città ricca di posti da visitare.

Qui c’è ancora la piccola chiesa originale, case signorili (come la Casa del Balivo, una bella residenza signorile con degli smerli, la Casa Frölich con bellissimi affreschi all’interno e la Casa Gebhard e la Casa Frölich con bellissimi affreschi) e alcuni eventi fieristici.

Continua la lettura con: Il BORGO più BELLO d’Italia si trova a UN’ORA da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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Il futuro di Milano sarà verticale: sotterranea, pedonale, sopraelevata (video)

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Milano verticale

Milano ha un grosso problema. E, no, non stiamo parlando di sicurezza, ma della mobilità. Fortunatamente la soluzione è sotto i nostri occhi ogni volta che osserviamo il suo skyline, sono i grattacieli. Milano potrebbe svilupparsi su più livelli: così potrebbe diventare una città più vivibile, diventando un modello per tutto il mondo. In questo video esploriamo l’idea di come potrebbe essere una Milano verticale.

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MATTEO RESPINTI

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Cosa non ci sarà più a Milano tra 10 anni: le previsioni dei milanesi

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Via Pitteri - ph. @milanographies

Cosa sparirà da Milano in 10 anni? Lo abbiamo chiesto ai milanesi. Le risposte sono state varie, con alcune note di pessimismo. Ma tra le diverse risposte queste 5 sono risultate ricorrenti.

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Cosa non ci sarà più a Milano tra 10 anni: le previsioni dei milanesi

#1 “I milanesi veri” / “Quelli che parlano il dialetto

In molti hanno risposto così, d’altronde è un dato di fatto: la città sta diventando sempre più cosmopolita e multietnica. Gli abitanti stranieri di Milano rappresentano oltre il 21% della popolazione, pari a più di 300.000 residenti. I dati dell’anagrafe, riferiti al 2023, ci dicono che Milano ha raggiunto i 1.417.597 residenti e l’aumento è in gran parte dovuto all’immigrazione.

Il dialetto meneghino non se la passa però così male: questa variante della lingua lombarda è parlata (o forse solo compresa) da circa 310.000 persone. Un numero importante se consideriamo da un lato che l’italiano è la lingua franca del Paese e dell’altro, come dicevamo prima, l’alto tasso di “milanesi non milanesi”.

Detto ciò, il rischio che il dialetto svanisca del tutto è concreto e un impegno di Comune e Regione per preservare questa lingua potrebbe essere una cosa intelligente. Si potrebbe fare, per esempio, introducendo un’ora (o due) a settimana di dialetto nelle scuole.

Probabilmente il milanese non tornerà mai in auge come lingua ufficiale, ma è una specificità che potrebbe contribuire a distinguere Milano sia dalle altre città d’Italia che dalle altre città del mondo: immaginate la capitale economica di un Paese con una lingua tutta sua.

#2 Beppe Sala sindaco di Milano

Altra verità evidente, che numerosi milanesi hanno tenuto a sottolineare: tra dieci anni Beppe Sala non sarà più al comando di Milano. Con ogni probabilità le prossime elezioni si terranno nella primavera del 2027 e il sindaco in carico, 19° in Lombardia nella classifica del gradimento del Sole 24 Ore, si appresta a terminare la sua lunga esperienza amministrativa.

Negli anni passati, Sala ha rappresentato un punto di riferimento per il centro-sinistra cittadino: se nel 2016 ha vinto per un soffio lo scontro con il candidato del centro-destra, Stefano Parisi, (41,7 contro 40,7), nel 2021 ha sconfitto platealmente l’avversario Luca Bernardo, con un 57,7% a 32%.

Ancora è presto, ma, ipotizzando i possibili sostituti di centro-sinistra, si è vociferato sul giornalista Luigi Calabresi che ha negato però ogni ambizione politica. Tra gli altri nomi che stanno iniziando a circolare ci sono quelli di Urbano Cairo e di Ferruccio Resta, che piace anche a destra, dove aumentano i consensi per Regina De Albertis.

In ogni caso, tra dieci anni Beppe Sala non sarà più Sindaco di Milano e sono diversi i milanesi curiosi di capire se rimarrà in politica o meno.

#3 Le auto private

“Le auto” si piazza al terzo posto nelle previsioni dei milanesi. Alcuni lo auspicano, altri lo temono. Negli ultimi anni, l’amministrazione comunale ha già intrapreso passi concreti in questa direzione, per esempio ampliando le aree a traffico limitato come l’Area B e l’Area C dove dal 2025 il Comune ha deciso di estendere il pedaggio anche ai weekend, riducendo ulteriormente il traffico nel centro.

Prevedere che la Milano del 2034 senza auto rischia di essere un po’ azzardato, ma non c’è dubbio che il tema sarà sempre più caldo. Prima o poi, con ogni probabilità, il suolo di Milano sarà off-limits per le auto, forse con l’unica eccezione di quelle elettriche. Speriamo, per allora, di aver inventato nuovi mezzi di trasporto o, perché no, nuovi tipi di strade. Magari sopraelevate o sotterranee.

#4 “Il ceto medio” e “l’architettura classica milanese”

Appaiate al quarto posto due previsioni che si assomigliano. Si tratta di due preoccupazioni diffuse: la sparizione del ceto medio e dell’architettura classica milanese.

La classe medio-borghese sta subendo una progressiva erosione, come evidenziato dal report 2023 della Caritas, che segnala un aumento del 17,9% delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto nel 2023, raggiungendo 17.238 casi. Nello specifico delle preoccupazioni per la “classe medio-borghese”, va sottolineato che tra le persone che si sono rivolte alla Caritas nel 2023, il 23,9% ha dichiarato che la propria occupazione non garantisce un reddito sufficiente. L’80,9% degli occupati che si sono rivolti alla Caritas dichiara di aver avuto problemi economici. Accompagnando questi dati al costo della vita, le prospettive per il futuro appaiono preoccupanti.

Il tema architettonico è complesso e, come ogni forma d’arte, soggetto ai gusti personali: i grattacieli e lo stile futurista possono piacere o meno. Ma Milano, la “Grande Mela d’Italia”, ha una storia che poche città al mondo possono eguagliare, una ricchezza culturale che la stessa New York, pur straordinaria, non possiede.

Se anche lo skyline milanese si avvicinerà sempre più a quello delle grandi metropoli moderne, il Duomo, il Castello Sforzesco, la Darsena dei Navigli e la basilica di Sant’Ambrogio rimarranno lì, radicati nel cuore della città, come custodi di una storia millenaria. Essi ci ricordano ogni giorno il punto di partenza di Milano e la profondità culturale da cui trae origine la sua identità, invitandoci a non dimenticare il passato anche mentre si guarda verso il futuro.

#5 “Le piccole botteghe”

 

Credits: Ideogram.AI

“Spariranno le piccole botteghe” chiude la lista delle previsioni più ricorrenti. In realtà si tratta di un fatto già in atto: le piccole botteghe stanno già sparendo. Milano sta affrontando una progressiva desertificazione commerciale: sempre più negozi locali stanno chiudendo, sostituiti da appartamenti, molti dei quali destinati a locazioni brevi.

Questo fenomeno, in crescita silenziosa, riguarda soprattutto le piccole attività come mercerie, panetterie e ristoranti di quartiere. Nel 2024, la Lombardia perderà quasi 5.000 negozi, con Milano che non fa eccezione. Le piccole botteghe sono rimpiazzate da catene di fast fashion, franchising e ristoranti, mentre i locali vengono trasformati in abitazioni o destinati ad affitti brevi, molto più redditizi rispetto agli affitti tradizionali.

Se da un lato il mercato immobiliare non può che rispondere alla crescente domanda di alloggi temporanei, dall’altro, la città rischia oggettivamente di perdere il suo carattere autentico. In questo contesto, è naturale che in molti si preoccupino: a meno di non trovare una soluzione, tra dieci anni, Milano potrebbe trovarsi a perdere forse la cosa più importante: la sua anima. Sostituita da quella di una città sempre più simile a una qualsiasi altra metropoli turistica.

Continua la lettura con: Le 5 cose che mancano di più nella Milano di oggi

MATTEO RESPINTI

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Come ti senti quando vai in bici sulle strade di Milano

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“L’eroe non è chi non cade mai, ma chi una volta caduto dalla bici a Milano trova il coraggio di rialzarsi” (Jim Morrison)

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Continua con: …e poi ti dicono che c’è anche lo sciopero dei mezzi

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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5 nuovi locali take away di Milano: le recensioni

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yingyingpan90 IG - Aji Milano

Dove si può mangiare in piedi, seduti agli sgabelli oppure a casa con le comode confezioni per l’asporto. I nuovi locali provati da Emanuele Bonati per Scatti di Gusto.

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5 nuovi locali take away di Milano: le recensioni 

# Totost, il regno dei tost creativi in zona Risorgimento

sidewalk_kitchens IG – Totost

Sidewalk Kitchens, in zona Risorgimento, è un locale innovativo con diverse finestre su strada, ciascuna delle quali ospita una cucina take away a rotazione. Tra le recenti aperture c’è Totost, un progetto di Davide Longoni in collaborazione con l’Ostreria Pavesi di Podenzano in provincia di Piacenza, che propone toast creativi, risultato della sinergia con altre realtà gastronomiche artigianali. Viene proposta una selezione di 5-6 toast fissi e alcune edizioni limitate, come il toast con finocchio fermentato, sriracha e raclette, nato dalla collaborazione con il ristorante Spore. Tra le proposte, spiccano il toast classico con roastbeef e salsa tonnata, e uno speciale con tartare di fassona e ingredienti selezionati. Il menu include toast dai sapori forti e ricercati, con prezzi compresi tra i 10 e i 13 euro.

Indirizzo: via Bonvesin de la Riva, 3

# StaSchiscia, la pizza in teglia romana in zona Precotto

StaSchiscia Street Food FB

Ha aperto da pochi mesi in zona Precotto un locale di pizza alla romana, caratterizzato da pizze al taglio sottili, croccanti e ben cotte, disponibili in take away o delivery. Oltre a una varietà di gustosi topping, il menu è stato recentemente ampliato con primi piatti, come un risottino giallo apprezzato, e una selezione di fritti. Tra questi spiccano le frittatine, saporite, mentre le polpette, inclusa una variante pizza pomodoro e mozzarella, risultano meno memorabili. I supplì e arancini sono buoni ma, secondo la recensione di Scattodigusto, potrebbero migliorare in gusto e consistenza.

# Pepperoni Pizza, la pizza americana a due passi da Sant’Ambrogio

pepperonipizzaslices IG

Pepperoni Pizza porta in città la celebre pizza americana con salame piccante, famosa negli Stati Uniti ma finora quasi sconosciuta in Italia, una variante nata dagli immigrati italiani a New York negli anni ’10. Una pizza larga, «a ruota di truck», bassa e con fette sparse di salume speziato di maiale e manzo condito con sale, paprika e peperoncino. La pizza, disponibile a trancio o intera per asporto, consegna o consumazione sul posto, risulta ben cotta e gustosa secondo Scattidigusto, sebbene l’estetica del pepperoni rotondo sia insolita e, talvolta, poco generosa in quantità. Le patatine fritte niente di eccezionale. Tre varianti sono offerte: margherita, pepperoni o sausage pizza, con prezzi da 4,50 a 5,50 per il formato slice e da 22,50 a 27,50 euro per la pizza intera. Il locale si presenta con le solite mensole lungo le pareti, con sgabelloni, ma poste troppo in alto, e quindi scomode, arrivando al collo invece che al petto.  

 
Indirizzo: via Sant’Agnese 12

# Dream Donuts, le ciambelle americane in Duomo

dreamsdonuts_milanoduomo IG

Dopo la pizza americana non poteva mancare un dei dolci tipici. A Milano è infatti arrivato un nuovo locale dedicato ai donuts, resi popolare da Homer Simpson nei cartoni di Matt Groening. Il locale è un take away con pochi posti a sedere e dove gustare donuts fritti, poi farciti o decorati con zucchero, glasse e cioccolato. Questo tipo di dolce discende delle frittelle citate da Catone nell’antica Roma, di origine olandesi e poi diffusi negli USA, lasciando parenti come i krapfen e i bomboloni in Europa. Emanuele Bonati ha provato alcune versioni, tra cui Homer Simpson e Marshmallows, ritenendoli gustosi ma molto dolci e morbidi. I donuts classici costano 3 euro, quelli gourmet 3,70 euro, con box da 6 a partire da 17,10 euro.

 
Indirizzo: Largo Ildefonso Schuster, 1

# Aji Milano, la nuova apertura del locale famoso per il take away giapponese fine dining in Porta Romana

yingyingpan90 IG – Aji Milano

Allo storico locale di via Piero della Francesca, Aji Milano, famoso per il suo sushi e cucina giapponese di alta qualità, se ne è aggiunto un altro in Porta Romana. Parte del gruppo di Claudio Liu, già conosciuto per i ristoranti stellati Iyo, Iyo Omakase e Iyo Kaiseki, Aji Milano offre un’esperienza di take away e delivery paragonabile a quella di un ristorante di alta classe. Entrambe le sedi si distinguono per l’eccellente qualità delle materie prime e per la precisione nella preparazione, oltre che per il servizio impeccabile. I piatti vengono consegnati in confezioni curate e pratiche, mantenendo un’elevata attenzione all’esperienza del cliente. Il menu è ricco di opzioni e spazia tra degustazioni singole e composizioni di più portate, come la Dokuji per due persone a 95 €, che include diverse specialità come Samurai Stick, Scampi Passion Fruit e selezioni di sushi e gunkan. I prezzi partono dai 5,50 euro per i Kobachi fino ai 25 euro per un chirashi di pesce misto.

Indirizzi: via Piero della Francesca 17 e via Alfonso Lamarmora 36

Fonte: 5 locali take away a Milano: assaggi, recensioni e prezzi dei migliori di Emanuele Bonati

Continua la lettura con: I locali dei single di Milano

FABIO MARCOMIN

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Viaggio test da record per il mini Hyperloop

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swisspod - Test Hyperloop

Il sistema Hyperloop continua ad essere sviluppato e provato in diverse parti del mondo, nonostante alcuni recenti fallimenti. L’ultimo progetto arriva a poca distanza da Milano: in Svizzera. Ecco cosa è stato fatto e come potrebbero essere impiegate in futuro le tecnologie sviluppate.

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Viaggio test da record per il mini Hyperloop

# Il viaggio più lungo da una capsula in ambiente sottovuoto

swisspod – Test Hyperloop

Nonostante alcuni recenti fallimenti e stop al progetto Hyperloop, anche l’esposizione mediatica è calata nell’ultimo periodo, i test continuano in diverse parti del mondo. Tra questi c’è il progetto svizzero dal nome LIMITLESS (Linear Induction Motor Drive for Traction and Levitation in Sustainable Hyperloop Systems) che ha utilizzato un modello in scala 1:12 del sistema Hyperloop, all’interno di una struttura dell’EPFL (Scuola politecnica federale di Losanna), stabilendo il record per il viaggio più lungo mai effettuato da una capsula in ambiente sottovuoto.

2023 EPFL-Murielle Gerber – CC-BY-SA 4.0 – epfl test Hyperloop

Ha percorso 11,8 chilometri a una pressione di soli 50 millibar, che scalato alle dimensioni reali sarebbe equivalente a un percorso di 141,6 chilometri.

Leggi anche: Il treno HYPERLOOP accelera in VENETO

# Raggiunta una velocità equivalente a 488,2 km/h

actu.epfl.ch – Test Hyperloop

La velocità massima raggiunta è stata invece di 40,7 km/h che, se scalata, equivarrebbe a 488,2 km/h. In questo caso non si tratta però di record assoluto, dato che un paio di mesi durante una breve corsa di prova la China Aerospace Science and Industry Corporation (CASIC) è riuscita a toccare i 623 km/h.

# Dove potrebbe essere impiegato il progetto LIMITLESS

 

Il progetto LIMITLESS non vuole raggiungere solamente l’obiettivo di rivoluzionare il trasporto su lunghe distanze tramite il sistema Hyperloop. Le tecnologie sviluppate potrebbero impattare positivamente su tutte le tipologie di trasporti ad alta velocità, i sistemi metropolitani, le ferrovie, le automobili e persino l’aerospazio, rendendoli sempre più sostenibili. 

Fonte: Hd Motori

FABIO MARCOMIN

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5 linee di treni notturni da far partire di nuovo da Milano

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turraletizia IG - Stazione Centrale

In Europa sta tornando un grande interesse verso i treni notturni a lunga percorrenza. Se tornassero in voga anche in Italia, quali vorreste vedere partire nuovamente da Milano Centrale? Ecco 5 tratte che potrebbero riprendere vita in futuro e stuzzicare i vostri ricordi.

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5 linee di treni notturni da far partire di nuovo da Milano

Credits: blog.italotreno.it

Il notturno Stoccolma – Berlino, Stoccolma – Londra e il Vienna – Bruxelles. Quest’ultimo ripercorre parte del vecchio tracciato dell’Orient-Express. Secondo la BEI (Banca Europea degli Investimenti) i cittadini europei voleranno sempre di meno per le vacanze soprattutto per limitare le emissioni di CO2 prodotte dagli aerei. L’indagine si è basata su un campione di 30.000 intervistati e ha mostrato che il 75% degli intervistati vuole ridurre i propri voli a favore di una mobilità più sostenibile. Quali treni notturni potrebbero partire nuovamente da Milano?

1) TrenHotel “Salvador Dalì”: Milano-Barcellona

Il Milano-Barcellona circolava tre giorni alla settimana ed era servito con materiale rotabile della Renfe. Il treno possedeva una classe turistica composta da poltrone completamente reclinabili di comfort pari all’executive class del Frecciarossa e alla prima di Italo. Possedeva vagoni letto con cuccetta per due o quattro persone e carrozza ristorante e fermava a Torino, Bardonecchia, Lione, Perpignano e Figueres.

Nonostante l’interesse turistico, il servizio fu sospeso a causa della concorrenza agguerrita delle lowcost che resero la tratta non più profittevole. Eppure sembra che a breve questo treno possa essere ripristinato anche se con caratteristiche diverse. Per saperne di più: Il treno low cost da Milano e Barcellona.

2) Espresso notturno “Freccia del Sud”

In servizio dal 1953 al 2010, il mitico “Freccia del Sud” collegava Milano con Palermo, Siracusa e con una sezione per Agrigento. Era il treno con la più lunga percorrenza in Italia, circa 1600 km, con un tempo di percorrenza stimato in circa 22 ore fino ad Agrigento. A metà degli anni Sessanta era composto addirittura da 19 carrozze complessive per soddisfare la crescente domanda migratoria dalla Sicilia verso Milano. Oggi potrebbe tornare utile questo treno per incentivare il turismo italiano, magari offrendo dei biglietti acquistabili con pacchetti vacanzieri che prevedono fermate di un paio di giornate lungo le varie località toccate dalla tratta. Ad esempio, alcune fermate interessanti potrebbero essere Gaeta, Napoli, Salerno, il Cilento, Tropea e Taormina.

3) Freccia delle Dolomiti

Treno famoso per aver collegato Milano a Calalzo di Cadore, oggigiorno questa linea potrebbe tornare in auge con la riapertura contemporanea della ferrovia Calalzo-Cortina in vista delle olimpiadi invernali del 2026 per facilitare lo spostamento dei turisti. Sarebbe un viaggio entusiasmante, partire da Milano e scendere direttamente a Cortina pronti per andare a sciare. Inoltre, come molti di voi ricorderanno, la ferrovia viene resa celebre dal film “Vacanze d’inverno” del 1959 con Vittorio De Sica ed Alberto Sordi.

 

4) Euronight Milano-Venezia-Trieste-Budapest-Belgrado

Credits: wikipedia.org – Euronight Milano-Belgrado

Diretto verso le terre dell’Impero Asburgico, questo collegamento notturno partiva originariamente da Venezia Santa Lucia ma offriva ottime connessioni anche da Milano. La particolarità di questo treno è che era composto da carrozze dirette a Mosca una volta alla settimana e Atene una volta ogni due settimane. Transitava per Trieste, Lubiana, Zagabria poi una parte proseguiva per Belgrado ed Atene mentre l’altra continuava per Budapest Keleti.

5) Espresso Milano – Reggio Calabria via Crotone

Un viaggio interminabile che partiva da Milano percorrendo tutta l’adriatica fino a Taranto. Da qui, con un locomotore diesel proseguiva fino a Reggio Calabria passando per Crotone e Catanzaro Lido. Oggi la tratta Taranto–Reggio Calabria è in fase di elettrificazione per accelerare i tempi di percorrenza della tratta. La reintroduzione dell’Espresso sarebbe legata soprattutto al fattore turistico. Infatti, si potrebbe incentivare l’interesse del pubblico introducendo le carrozze panoramiche come in Svizzera e magari offrire il trasporto auto e moto come oggi accade tra i collegamenti estivi dall’Austria a Livorno o Rimini.

Continua la lettura con: Il viaggio in treno più lungo da Milano

MATTIA GAVA

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In arrivo la «torre faro» dell’hinterland di Milano

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Vista grattacielo Sesto

Anche l’hinterland punta verso l’alto: entra nel vivo della competizione con Milano, che ora non è più la sola a vedere la rigenerazione di vaste aree urbane abbandonate. Sono partiti da pochi mesi i cantieri per il lotto Unione Zero, nel maxi progetto MilanoSesto al posto dell’ex Acciaierie Falck, e presto dovrebbe avviarsi un’altra riqualificazione.

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In arrivo la «torre faro» dell’hinterland di Milano

# Approvata la delibera per la trasformazione dei 14mila mq dell’Ex Enichem a Sesto San Giovanni

Vista d’insieme progetto ex area Enichem

La sfida a Milano arriva dai comuni della Grande Milano. Se Monza sta diventando una delle città preferite dai milanesi per andarci a vivere, Sesto San Giovanni è quella dove si stanno concentrando i progetti più importanti di rigenerazione urbana. Partiti da pochi mesi i cantieri per il lotto Unione Zero, nel maxi progetto MilanoSesto al posto dell’ex Acciaierie Falck, presto un’altra aree si prepara ad essere riqualificata. L’amministrazione comunale ha infatti approvato una delibera di adozione che dà il via libera alla trasformazione dei 14mila mq di terreni dell’Ex Enichem, abbandonati dal 2010.

Leggi anche: Prima pietra di Unione Zero, il nuovo quartiere avveniristico a Nord di Milano

# Un grattacielo di oltre 80 metri inserito in nuovo quartiere green, una delle due “torri faro” previste nel territorio comunale

Vista globale rendering

Si prevede la realizzazione di un quartiere green con una nuova piazza pubblica, un luogo di incontro e socialità per i residenti, un edificio residenziale di 6 piani, un edificio commerciale, al servizio anche degli utenti della futura fermata di Sesto Restellone M1, e un lotto di edilizia residenziale convenzionata in via Luini.

Vista grattacielo Sesto

L’elemento iconico del progetto è una torre residenziale di 83 metri, per 25 piani, con terrazze e logge ricche di verde. Insieme a quella di altezza simile, che dovrebbe sorgere al posto dell’ex Triplice sulle aree Marelli, è una delle “torri faro” previste a Sesto San Giovanni, quella di ingresso venendo da Nord.

# Quando dovrebbero partire i cantieri

Disegno progettuale ex area Enichem

Depositato il piano per un periodo di 15 giorni, ne sono previsti altri 15 per l’accettazione delle eventuali osservazioni. A seguito dell’approvazione definitiva è previsto il rilascio dei permessi edilizi, con un iter della durata di 90 giorni dalla delibera di adozione.

Rendering ex area Enichem vista strada

Nella riqualificazione dell’area interessata dal progetto è compresa anche la bonifica ambientale, mentre le opere pubbliche e i servizi da realizzare ammontano a circa 3,57 milioni di euro, come opere a scomputo pari a 2,45 milioni di euro. I cantieri dovrebbero quindi partire nella prima parte del 2025.

FABIO MARCOMIN

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Con la quattro sono diventate cinque: ma perché è stata costruita l’M5 prima dell’M4?

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Linee previste per Expo2015

Erano state entrambe progettate per Expo. Ma poi per la M4 le cose si sono messe male. Ricordiamo le motivazioni e l’unico altro caso simile in Europa.

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Con la quattro sono diventate cinque: ma perché è stata costruita l’M5 prima dell’M4?

# M4, M5 e perfino M6 erano state inserite tra le opere per aggiudicarsi Expo2015

Linee previste entro Expo 2015

La realizzazione delle linee M4 e M5 erano state inserite nel dossier Expo2015: sarebbero dovute essere realizzate entrambe entro l’inaugurazione della manifestazione. Per la quarta linea metropolitana l’istruttoria del progetto era stata già completata dalla giunta Albertini nel 2005 e per questo era già stata numerata come quarta.

E ci doveva essere perfino la sesta! Nei documenti presentati per la candidatura di Milano all’Esposizione Universale era stata inserita anche la linea M6, prima come tratto ovest dell’attuale M5, poi come sbinamento del ramo sud-ovest della M1 verso Ripamonti. Ufficialmente a causa del terremoto dell’Abruzzo del 2009, la parte dei fondi destinati a quell’opera furono dirottati per la ricostruzione dell’Aquila e l’aiuto ai terremotati. Torniamo però alla vicenda della linea M4.

Leggi anche: M6: la favola della metropolitana ROSA

# Giunta Moratti, in carica tra il 2006 e il 2011: assegnato l’appalto per la costruzione della M4

Benché l’istruttoria del progetto della linea 4 fosse già pronta nel 2005, il riacquisto da parte della Giunta Moratti delle obbligazioni e del controllo di A2A ha rallentato il finanziamento del progetto, che è stato rimandato a più riprese. Nell’agosto 2008 erano comunque iniziati gli scavi per le indagini archeologiche preliminari alla stesura del progetto esecutivo, su alcune vie della cerchia dei navigli, in piazza San Babila e largo Augusto.

A fine mandato due azioni sembravano poter consentire all’opera di partire. Il 19 novembre 2010 la giunta del comune di Milano aveva approvato lo stanziamento di 400 milioni di euro, su un importo complessivo di 1.699 milioni, mentre la quota restante a carico dello Stato per 786 milioni e di privati per 513 milioni. A inizio del 2011, poco prima delle successive elezioni, con la formula del project financing, fu assegnato l’appalto per la costruzione delle linea alla cordata di imprese guidata da Impregilo. Tutto sembrava a posto. Ma poi è cambiato il vento. 

# Giunta Pisapia: prima l’ipotesi di apertura di una breve tratta prima di Expo, poi il rinvio definitivo al 2022

Ma la strada si fece in salita con l’arrivo della “rivoluzione arancione” e del cambio di sindaco: con il verbale firmato 6 marzo 2012 la Giunta Pisapia sanciva l’obiettivo, dopo l’ipotesi di apertura della linea nel 2017 slittata poi a inizio 2018, di una prima tratta di tre stazioni da aprire entro l’Expo 2015 grazie ai 172 milioni di euro deliberati dal Ministero Infrastrutture.

Anche questa data non fu rispettata a causa di un braccio di ferro tra le imprese di costruzione, che chiedevano 70 milioni di euro extra per la tratta, e il Comune, che arrivò a finanziarne 50. Non servì nemmeno l’idea di “sacrificare” la stazione “Quartiere Forlanini” oggi “Repetti”, aprendola successivamente, perché il 28 dicembre 2014 la giunta escluse ogni ipotesi di apertura nel 2015 ripianificando l’apertura dell’intera linea nel 2022.

I lavori veri e propri per le prime 3 fermate, Forlanini FS, Repetti e Linate Aeroporto, partirono ufficialmente il 19 luglio 2012, mentre il restante tracciato tra l’inizio e le fine del 2015, quando inaugurò l’intera linea M5 che nonostante alcuni ritardi non ha mai subito stop significativi.

Leggi anche: Scoppia lo SCANDALO M4: 100 milioni di euro extra ma zero interscambi tra M3 e M4

# Il cronoprogramma definitivo: nel 2024 l’inaugurazione completa

Il 20 luglio 2019 è stato calato in galleria il primo convoglio della M4 alla stazione di Linate Aeroporto con la presenza del sindaco Giuseppe Sala, a seguito sono state fatte delle corse prova tra Linate e Forlanini FS.

Nel frattempo la Giunta attuale ha rivisto le date di apertura, fino alla prima inaugurazione con le prime tre fermate il 26 novembre 2022, il collegamento fino a San Babila a luglio 2023, mentre il 12 ottobre 2024 si è arrivati all’apertura dell’intera linea di 21 fermate per 15 km da Linate Aeroporto a San Cristoforo Fs.

Questo ha tolto l’anomalia della presenza di una linea 5 senza però avere una linea 4. Come si è visto questo è stato determinato dalla serie di intoppi e di decisioni politiche che hanno portato al rinvio della M4 nonostante che fosse un progetto precedente a quello della M5. Si tratta di un’anomalia che però vanta un altro caso simile. 

# Anche a Vienna è arrivata prima la U6: i lavori di scavo della U5 devono ancora essere conclusi

Credits: wikipedia.org – U6

Il caso milanese non è infatti il solo. Anche a Vienna infatti la linea U6, la più lunga del sistema delle U-Bahn viennese inaugurata il 7 ottobre 1989, precede la U5 che ancora deve vedere conclusi gli scavi delle gallerie.

Credits: wikipedia.org

Nel 2014 è stato confermato il nuovo progetto della U5 per il quale sono iniziati i lavori nel 2018. Era infatti un progetto in costruzione dal 1976 fino al 1980 ma per motivi economici si decise di annullare la linea in corso d’opera. Dal 1991, ricominciati i lavori, la linea è stata completata, ma identificata oggi con U3.

Credits: metroricerche.it Linienkreuz U2xU5 – Linea U5 in verde

Dal 2018 verrà riutilizzata la stessa denominazione U5 per la linea da Elterleinplatz a Karlsplatz utilizzando il tratto della U2 tra Rathaus e Karlsplatz: il completamento fino al capolinea di Hernals non sarà ultimato prima del 2032. Il legame tra Milano e Vienna non si spezzerà mai. 

Continua la lettura: Il FAVOLOSO progetto della METROPOLITANA SUBACQUEA di Venezia

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