E’ la capitale. Ma nessuno ci abita. Scopriamo perché e dove si trova.
L’UNICA CAPITALE al mondo con ZERO ABITANTI
Benvenuti a Plymouth, l’unica capitale al mondo senza abitanti che sembra proprio l’ambientazione di un episodio di Scooby-Doo. Perché nessuno abita più qui? Scopriamolo.
# Plymouth: una piccola capitale nel mar dei Caraibi
credit: theatlantic.com
La città di Plymouth è la capitale dell’isola di Montserrat, un territorio inglese d’oltremare che si trova nel bel mezzo del mar dei Caraibi, più precisamente nelle Piccole Antille.
La città contava 4.000 abitanti, che per essere la capitale di una piccola isola caraibica non è affatto male. Ma gli abitanti della piccola cittadina non potevano dormire sonni tranquilli con il vulcano Soufrière Hills poco distante da loro.
# Dopo 100 anni di inattività, nel 1995 il vulcano si riaccese
credit: worldnomads.com
Il vulcano era ormai spento da oltre 100 anni ma si sa, la natura sorprende sempre. Così nel 1995 il vulcano interruppe la tranquilla vita degli isolani con un’eruzione detta esplosione freatica. Cosa significa esplosione freatica? Questa avviene quando il magma sottostante riscalda l’acqua in superficie, trasformandola immediatamente in vapore e provocando un’eruzione.
Una curiosità: se pensavamo che Pompeii fosse un’esclusiva italiana ci sbagliavamo, anche qui infatti è stato ritrovato il corpo di un anziano signore completamente intatto, ricoperto da cenere vulcanica.
# Una nuova esplosione allontanò anche i più temerari
credit: worldnomads.com
Nonostante l’eruzione, alcuni abitanti di Plymouth lasciarono la città solo temporaneamente. Decisero poi di tornare per far ripartire la loro vita proprio lì dove era stata interrotta. Ma questo lodevole tentativo fu nuovamente spazzato via da un’altra inaspettata eruzione nel 1997, ancor più forte della prima e che raggiunse i 100 km/h. A questo punto gli abitanti ne ebbero davvero abbastanza e anche gli ultimi valorosi lasciarono la capitale per trasferirsi altrove: molti scelsero come meta l’Inghilterra e l’isola di Montserrat passò da 12.000 a soli 1.200 abitanti.
# Plymouth divenne città fantasma e Brades la capitale de facto
Questa rapida desertificazione però non determinò la fine dell’isola. La zona attorno al vulcano fu isolata e tutt’oggi non è possibile entrarvici, ma la vita di Montserrat fu ricostruita in un’altra città: Brades. Ad oggi a Montserrat si contano circa 5.200 abitanti e la città più popolosa risulta essere proprio Brades.
Nonostante la capitale de facto sia Brades, Plymouth resta l’unica capitale ufficiale al mondo ad essere una città fantasma.
Al piano terra di via Ascanio Sforza 105, lungo il naviglio pavese, troviamo un piccolo appartamento dalla storia incredibile. Casa Cicca dal 2012 è diventata la residenza di molti artisti, che passando di qui hanno lasciato qualcosa di loro, facendo diventare l’appartamento una straordinaria galleria d’arte. Andiamo a scoprire la storia di questo monolocale.
Casa CICCA: il monolocale degli ARTISTI col passato a LUCI ROSSE
# Casa Cicca: da dimora di Debora the Queen a casa degli artisti
Casa Cicca è un monolocale di 25 mq che a partire da 12 dicembre del 2012 è diventato casa, studio, albergo, museo e galleria. La sua proprietaria è Giulia Currà, in arte Traslochi Emotivi, che ha deciso di acquistare questo appartamento per la sua storia particolare. Qui infatti alloggiava Debora the Queen, una dominatrice molto conosciuta in questa zona in cui esercitavano il mestiere molte prostitute, chiamate “cicche”. Le pareti della casa erano piene di specchi e dipinte di rosso.
Giulia era attratta dalle particolarità dell’edificio e per un periodo ha abitato qui, poi ha deciso di trasformare il monolocale nel suo studio e infine lo ha messo in affitto sulla piattaforma Airbnb. Casa Cicca è sempre stata quindi una casa di passaggio.
# Gli artisti dormono a 15 euro a notte se lasciano una loro opera
@martecipero.com
Giulia ha deciso di raccogliere tutti gli oggetti lasciati dai suoi ospiti, considerandoli come opere d’arte e annotando il nome e la provenienza di ognuno di essi. Agli artisti che dormono qui ha offerto la possibilità di soggiornare a soli 15 euro a notte (al posto di 45) in cambio di un’opera e un opening, come facevano una volta i pittori nelle trattorie. Gli oggetti erano talmente tanti che la proprietaria ha avuto bisogno di un aiuto per poter riordinare la collezione e darle una forma.
# Elisa Lemmo e Giorgia Quadri hanno messo ordine nella collezione di Casa Cicca
Elisa Lemmo e Giorgia Quadri, il duo curatoriale Punto, hanno aiutato Giulia a riordinare la marea di oggetti sparsi per l’appartamento: con approccio scientifico li hanno catalogati e divisi per temi e infine ne hanno fatto una mostra permanente. Il genio però non è finito qui: hanno ideato il format espositivo “All night long”, cinque happening durante i quali curatori e artisti passano 24 ore insieme a Casa Cicca.
# Dal 2017 Casa Cicca è anche un ristorante e si chiama Cucicca
@modusoperandi.org
Da ottobre del 2017 Casa Cicca è diventata anche un ristorante particolare che può ospitare solo 7 persone: i piatti che vengono serviti sono tratti da un libro d’artista e chi prenota non sa chi saranno gli altri commensali fino al momento del pasto.
Lo spirito di Debora the Queen sembra ancora far parte di questo luogo unico a Milano.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunit
Il grattacielo si ispira e rende omaggio agli edifici art déco del Rockefeller Center. Dove si trova e come è stato realizzato il nuovo iconico edificio di Manhattan.
Il nuovo GRATTACIELO ART DÉCO di New York
# Rose Hill, il grattacielo ispirato agli edifici art déco del Rockefeller Center
Credits craftbauer IG – Facciata Rose Hill
Tra le 29esima e 30esima strada, nel quartiere NoMad di New York, lo studio di architettura CetraRuddy ha terminato quest’anno la costruzione di Rose Hill, un grattacielo alto 183 metri per 45 piani. La sua particolarità è che si ispira al Rockefeller Center, il complessodi14 edifici art déco originali, uno stile architettonico risalente ai primi anni del ‘900, che si trova a Midtown Manhattan.
Il nuovo grattacielo voluto dallo stesso Rockefeller Group è stato realizzato di colore bronzo con la facciata a motivo chevron, linee a zig zag poste una sopra l’altra, per omaggiare l’architettura dell’inizio dello scorso secolo, e che termina in cima con una “corona scolpita”.
# Al suo interno ci sono 121 abitazioni, dai monolocali fino agli appartamenti con quattro camere da letto
Credits craftbauer IG – Interni Rose Hill
Il grattacielo ospita 121 abitazioni, dai monolocali fino agli appartamenti con quattro camere da letto, i cui interni sono stati curati sempre dallo studio CetraRuddy con elementi sia in legno chiaro che scuro, marmo nel bagno e nei mobili della cucina. Uno degli aspetti principali del design di Rose Hill secondo quanto afferma Ruddy, uno dei fondatori dello studio di architettura, è onorare la storia della sua posizione. “Il nome dell’edificio stesso, Rose Hill, è un riferimento alla parte di NoMad che un tempo era occupata dalla Rose Hill Farm di 52 ettari“.
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Credit lucias_wonderworld IG - Altalena nel parco delle cascate
In un parco ricco di cascate e corsi d’acqua ci si può dondolare seduti su un’altalena. Ecco dove provare questa esperienza.
In ITALIA c’è un’ALTALENA che ti porta in una CASCATA
# Il Parco delle Cascate, 80.000 mq tra cascate e corsi d’acqua
Credits iviaggidigio_gio IG – Parco delle cascate del Molina
Il Parco delle Cascate del Molina, in provincia di Verona, si estende per circa 80.000 mq ed è caratterizzato, come dice la parola, da ben 11 cascate e numerosi corsi d’acqua. Il nome Molina deriva dai mulini costruiti nei pressi dei torrenti che sgorgano dalle sorgenti perenni a monte del borgo di Molina. All’interno del parco sono presenti specie di fauna e flora di elevato interesse scientifico e che rientrano in un progetto di conservazione e tutela e che si possono osservare passeggiando tra i sentieri.
# Dondolarsi nell’altalena per toccare l’acqua della Cascata Nera
Credits reitias IG – Parco delle cascate del Molina
L’attrazione più curiosa e incredibile del parco è sicuramente un’altalena alta 10 metri che vi porta letteralmente dentro alla Cascata Nera, una delle undici presenti nel parco. Salendoci potrete dondolarvi nel tentativo di toccare con i piedi l’acqua della cascata e sentirvi ancora di più a contatto con la natura.
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Daniele da Volterra alla fine del Cinquecento fu soprannominato "il Braghettone" quando fu chiamato, in seguito al Concilio di Trento, a coprire le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina, aggiungendovi braghe e vesti
I più grandi artisti della storia sono state persone che sono andate contro il pensiero dominante aprendo nuove strade all’universo della cultura umana.
Tuttavia per la carica rivoluzionaria delle loro opere sono spesso stati messi in difficoltà.
Gli esempi offerti dalla storia sono a bizzeffe.
Michelangelo fu censurato per i nudi del Giudizio Universale, Caravaggio per la povertà e il realismo dei personaggi religiosi raffigurati, gli impressionisti per gli aspetti scabrosi della vita parigina di fine Ottocento, fino ad arrivare alle opere d’avanguardia del primo dopoguerra considerate dai nazisti arte degenerata.
Durante l’Inquisizione fu redatto l’indice dei libri proibiti e, spesso, nella storia grandi artisti hanno dovuto riparare all’estero per poter proseguire la loro attività in libertà.
Artisti e intellettuali hanno anticipato le grandi svolte della storia ponendosi in opposizione allo status quo. Gli umanisti hanno affermato la grande cultura classica riportando al centro l’uomo in contrapposizione con la struttura medievale teocentrica, aprendo la porta alla stagione del Rinascimento. Bruno, Galileo e Copernico hanno sfidato il credo del loro tempo e hanno dato il via alla rivoluzione scientifica. Gli intellettuali dell’Enciclopedie hanno seminato le istanze esplose nella Rivoluzione Francese, Darwin ha rivoluzionato la concezione delle leggi della natura, Marx e Engels hanno sfidato l’epoca industriale ponendo le basi per una rivoluzione sociale.
Non è un mistero che ogni regime ha sempre prestato molta attenzione a combattere, esiliare o punire i veri artisti.
Paradossalmente è quello a cui assistiamo oggi. Negli ultimi due anni gli artisti sono stati la categoria più sacrificata e utilizzata in modo strumentale dal potere. Attualmente tutti quelli che lavorano sono uniformati al totalitarismo ideologico di questo periodo storico, venendo meno alla loro caratteristica principale che è la capacità di ribaltare la realtà e l’opinione comune.
Forse la vera svolta in questa epoca cupa potrebbe provenire da artisti che hanno il coraggio della loro arte.
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Ecco da quando si potrà correre lungo le piste da scii e quali sono le regole previste da ogni Paese.
L’Italia e le altre: date APERTURA STAGIONE e REGOLE per SCIARE sulle Alpi
# In Italia piste aperte dal 27 novembre, con alcune eccezioni
Credits: @cortinadolomiti (INSTG)
In Italia la stagione sciisticacomincia di norma attorno alla metà di novembre per concludersi alla fine di aprile. Alcune località hanno però già aperto i loro impianti, come Val Senales, in Alto Adige, dal 17 settembre e il Cervino Ski Paradise in Valle d’Aosta dal 6 novembre.
Le prossime località ad aprire agli sciatori saranno:
i comprensori di Via Lattea – Sestriere/Sauze d’Oulx/San Sicario/Claviere/Monginevro in Piemonte, la Val Gardena e la Val Badia dal 4 dicembre;
# Le regole per sciare in Italia: obbligo di green pass, mascherina e dal 2022 anche una polizza assicurativa
Le regole per poter sciare in Italia risentono ancora delle restrizioni contro la pandemia da Covid-19. Nello specifico è previsto:
per gli over 12 l’obbligo di Green Passper utilizzare gli impianti di risalita, da presentare ai tornelli di accesso di funivie, cabinovie, seggiovie o skilift;
l’obbligo di indossare la mascherina durante la fruizione degli impianti e negli spazi comuni di accesso;
la capienza degli impianti sarà al 100% per quelli con risalita all’aperto come skilift o seggiovie senza cupolino antivento, all’80% su cabinovie, funivie e seggiovie, che dovranno viaggiare con i finestrini abbassati per favorire l’aerazione, la capienza si abbassa all’80%.
Inoltre dal 1 gennaio 2022 scatta l’obbligo del casco per chi ha meno di 18 anni e della sottoscrizione di una polizza assicurativa per coprire eventuali danni a terzi in caso di incidenti sulle piste da scii.
# In Austria la stagione è già iniziata, anche se molte stazioni apriranno tra fine novembre e fine dicembre. Gli impianti, le piste e gli hotel sono però accessibili solo a chi è vaccinato
Credits anileveanileve IG – Stubai Austria
In Austria la stagione sciistica è già iniziata, anche se molti impianti apriranno tra la fine di novembre e la fine di dicembre, ma potranno scendere lungo le piste da scii solo le persone vaccinate. Infatti le ultime disposizioni previste dal governo austriaco consentono di accedere a ristoranti, pernottare negli hotel, prendere gli impianti di risalita e visitare una delle cinque grandi aree sciistiche (Stubai, Sölden, Hintertux, Pitztal e Kaunertal) solo a chi è in possesso di Green Pass rilasciato dopo almeno una dose di vaccino.
# In Francia molti impianti aperti già dal ponte di Ognissanti. Previsto obbligo di mascherina, il Green Pass invece solo in caso di aumento incidenza dei contagi
Credits yaechanpapydaisuki IG – Cabinovia Chamonix Francia
In Francia il ponte di Ognissanti ha coinciso con l’apertura di molti impianti sciistici. Le norme contro il Covid-19 sono lievemente meno limitanti rispetto al nostro Paese. La mascherina è obbligatoria nelle file per gli impianti di risalita e all’interno delle telecabine, dove permane la regola del distanziamento. Il Green Pass sarà richiesto solo se il tasso d’incidenza dei contagi di Covid-19 supererà i 200 casi ogni 100mila abitanti su scala nazionale.
# In Svizzera nessun obbligo di Green Pass
Credits: Mattern Horn Race
In Svizzera i primi 5 impianti sciistici già aperti sono: Breuil-Cervinia/Valtournenche/Zermatt – Cervino, Titlis – Engelberg, Parsenn (Davos Klosters), Saas-Fee, Glacier 3000 – Les Diablerets. Gli altri apriranno tra il 13 novembre e il 18 dicembre.
Il gruppo Funivie Svizzere ha deciso di equiparare le regole per le cabinovie e funivie a quelle per i trasporti pubblici e pertanto non sarà richiesto il Green Pass per salire a bordo. Rimane soltanto l’obbligo di indossare la mascherina nelle cabine e nei locali al chiuso così come il distanziamento all’interno degli edifici.
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Non serve spingersi fino alle Isole Hawaii o in Australia per trovare onde vertiginose da cavalcare con la tavola da surf, basta rimanere in Europa. Ecco dove si trova la mecca dei surfisti.
Il CANYON SOTTOMARINO che crea ONDE ALTE come GRATTACIELI
# Dal 2011 Nazaré è la mecca invernale dei surfisti estremi: l’onda record di 35 metri di altezza
Credits samantagaspercic IG – Nazaré
Quando si pensa al surf e alle onde pazzesche da cavalcare le prime mete che vengono alla mente sono le Isole Hawaii e l’Australia. In realtà è una piccola località portoghese ad essere salita in cima alle preferenze dei surfisti, soprattutto tra novembre e marzo, per praticare questo sport estremo: Nazarè. Un tempo solo rinomata località balneare estiva con spiagge immense, panorami fantastici e memorabili tramonti con vista sull’oceano, dal 2011 fa il pieno anche inverno.
In quell’anno infatti il surfista hawaiano Garrett McNamara è riuscito a domare un’onda alta 23,77 metri a Praia do Norte, stabilendo un record mondiale e trasformando Nazaré nella mecca del surf. Primato ritoccato nel 2013 e battuto nel 2018 dal surfista portoghese Hugo Vau che ha cavalcato “Big Mama”, un’onda di circa 35 metri d’altezza.
# Le onde esagerate sono merito del canyon sottomarino più grande d’Europa
Onde a Nazaré
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Credits funny___surfing IG - Onda a Nazaré
Credits funny___surfing IG - Onda a Nazaré vista di lato
Se a Nazaré ci sono le onde più alte al mondo lo si deve alcanyon sottomarino più grande d’Europa (Nazaré Canyon) che si trova al largo di questa località portoghese. Si estende per 230 km e scende fino a 5 km di profondità e correndo verso la spiaggia funziona come una catapulta per le correnti oceaniche, uno “scalino” sottomarino che crea un incredibilesalto di livello del fondale, da poche decine ad alcune centinaia di metri.
I venti invernali provenienti dall’Atlantico, invece che rallentare quando si avvicinano alle acque più basse della piattaforma continentale, accelerano per l’effetto imbuto generato dal canyon spingendo le acque contro questo “ostacolo sottomarino” che, schizzando verso l’alto, generano onde da record del mondo.
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Dal bèton brut di Le Corbusier alla conquista dei cuori nel mondo, dove sono gli edifici meno intonacati del mondo?
Gli EDIFICI più BRUTALISTI del mondo
# L’origine a Marsiglia
Credits: @LamyOMTC Façade cité radieuse
Una corrente architettonica che sta per compiere 80 anni, inaugurata nel 1950 per ispirazione dell’architetto Le Corbusier che, alla ricerca di volumi e soluzioni architettoniche innovative da edificare con rapidità, utilizza il cemento a vista (bèton brut in francese) per realizzare la prima iconica struttura brutalista: l’Unitè d’Habitation di Marsiglia.
Il termine Brutalismo nasce proprio così: quando negli anni ‘50 in Inghilterra viene coniato appunto per definire l’Unitè e tutte le altre strutture realizzate con il cemento armato a vista, caratterizzate soprattutto da un’interpretazione molto poco tradizionale per il riempimento dei volumi.
# Tutta una questione di rifiniture
Credits: @peterjsieger UCSD Geisel Library
Gli edifici brutalisti, dall’Unitè di Marsiglia in poi, seguono linee innovative in tutto e per tutto. Dal basso in alto gli edifici di Le Corbusier si impongono come novità e l’utilizzo del cemento armato senza rifiniture, accentua ancor più la forza bruta del materiale. Il bèton brut, secondo gli architetti, ha il compito di amplificare gli elementi emotivamente coinvolgenti o volumi che occupano lo spazio in maniera inconsueta, per un’architettura che parla alle masse. Dai Pilotis e il tetto giardino di Le Corbusier a Marsiglia, elementi che introducono una re-interpretazione dei pilastri in cemento armato come elementi decorativi ed attivi della struttura a vista, alle forme a sbalzo nel vuoto, alla conquista dello spazio in città, passando per imponenti strutture di cemento armato squadrato e funzionale, quali sono e dove sono gli edifici più iconici del brutalismo?
# Imponenti, squadrati o fantasiosi nel mondo
Credits:@arch.history.hunter Robin Hood Gardens, Londra
Gli architetti, amanti del brutalismo, sono riusciti ad attirare l’attenzione e progettare vere e proprie gettate di cemento in giro per tutto il pianeta. C’è chi ha ancorato le strutture al terreno con edifici imponenti, al limite della sollecitazione strutturale del suolo, come nel caso dell’Unitè di Marsiglia (arch. Le Corbusier), il Corviale di Roma di Marcello Fiorentini o le Robin Hood Gardens di Londra, a cura di Alison e Pere Smithson. C’è chi ha osato, sollecitando le strutture stesse per elevare nello spazio elementi a sbalzo, come nel caso della Torre Velasca di Milano (BBPR), la Geisel Library di San Diego di William Pereira o la Water Tower di Johannesburg di GAPP.
# Il brutalismo si adatta a tutto: edifici residenziali, culturali e di ogni tipo
Credits: @the.weekend.route.qc Habitat ’67, Montreal
Nelle immagini ci sono le realizzazioni di case o edifici ad alveare, destinate ad ospitare sia unità abitative che edifici pubblici come Habitat ’67 di Montreal a cura di Moshe Safdle o la libreria dell’Università Zalman Aranne in Israele, realizzata da Nadler & Nadler. Le realizzazioni in questione sono le interpretazioni più tridimensionali che la corrente ha espresso, in omaggio alla forza bruta del cemento e degli elementi portanti.
Credits: @archibiolab IBM La Gaude
Infine le strutture usate per tutti i tipi di applicazione, dal residenziale al culturale, che sembrano lievitare da terra, grazie all’uso imponente dei pilastri che in basso sono “invadenti” ma parte attiva della struttura, che ricavano porticati per spazi pubblici e la vera e propria struttura sollevata dal piano terra. È una caratteristica del genere, introdotta proprio da Le Corbusier con l’Unitè a Marsiglia, ma che è stata esaltata da Lina Bo Bardi per la realizzazione del Museo d’Arte di San Paolo in Brasile, Marcel Breuner per il Centro Ricerche IBM di La Gaude in Francia, Paul Rudolf nel Municipio di Boston, USA o Denys Lasdun per il Royal National Theater di Londra.
# Il materiale
Credits: @la.marinetti Corviale, Roma
Il cemento così utilizzato, ha finito per degradarsi ed essere parte attiva in quello che è diventato il degrado delle città in cui è stato portato l’intervento brutalista. Tutta la corrente viene così “bollata” come emblema delle disfunzionalità critiche delle odierne città. Il brutalismo è altresì artefice di un’apertura verso un’architettura sociale o di massa, più responsabile e concreta, lascia in eredità il concetto di città “grigia” col quale si fanno i conti da decenni e su cui si cerca di intervenire per cambiare lo stato delle cose. Se il brutalismo è morto, evviva il brutalismo. Ma adesso coloriamo quelle immense superfici.
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Il distretto di Porta Nuova diventa sempre più smart e inaugura la colonnina di ricarica ultraveloce e di design in città. Ecco come funziona e le sue prestazioni.
Inaugurata la prima stazione di ricarica ULTRA FAST a Porta Nuova
# La stazione può ricaricare l’80% delle batterie in 40 minuti
Il distretto di Porta Nuova diventa sempre più smart e prioiettato verso il futuro. Su iniziativa realizzata in partnership tra Coima e Volvo è stata inaugurata la prima colonnina di ricarica ultrafast da 150 kW in grado di ricaricare in 40 minuti l’80% di autonomia di km percorribili con le batterie in dotazione Volvo XC40 Recharge, in soli 10 minuti vengono recuperati 80 km. La stazione di ricarica modello Delta Ufc200 si trova davanti al Volvo Studio ed è dotata di di due prese di ricarica in corrente continua, eroga energia interamente prodotta dalle centrali idroelettriche di Dolomiti Energia ed è di proprietà della Coima.
Il gestore della stazione è Duferco Energia mentre sono in carico a Plugsurfing i servizi di ricarica. All’inizio è previsto per i possessori di qualsiasi marca e modello di auto un prezzo di ricarica di 0,35 euro/kWh che poi per tutti, esclusi i clienti Volvo, verrà adeguato alle quotazioni del mercato.
# Il design “green” della stazione firmato da Land
Credits Urbanfile– Stazione ricarica ultrafast Volvo
La società internazionale di consulenza paesaggistica Land ha progettato il design della stazione immaginandola come un esempio di architettura urbana sostenibile e green. Infatti sulla facciata inferiore possono essere proiettate suggestive immagini ecologiche, in quella superiore è stato steso un prato fiorito perenne e a lato della pensilina è stato piantumato un platano.
# Dal 2022 ci saranno 15 auto elettriche in sharing a disposizione di chi vive e lavora Porta Nuova
Ad aprile del 2022 partirà il progetto pilota di un servizio di mobilità: ElectriCity. Sarà rivolto ai residenti e alle aziende dell’area, si stima circa 15.000 persone, che potranno noleggiare a tariffe esclusive, da un’ora fino a 3 giorni, una delle 15 auto XC40 Recharge parcheggiate nel parcheggio sottostante il Volvo Studio. Per farlo dovranno utilizzare un’app presente all’interno dell’app generale del quartiere di Porta Nuova.
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La modernità è anche una frequenza. Una frequenza che impatta in modo rilevante e che interferisce con il campo elettromagnetico della terra e con il campo elettromagnetico dell’essere umano.
Questo argomento è poco analizzato perché chiunque abbia sollevato perplessità sul fatto che questa frequenza potesse essere nociva per gli esseri umani è stato emarginato dalla comunità scientifica.
La frequenza della modernità può essere definita come l’insieme delle alterazioni elettriche ed elettromagnetiche che la nostra infrastruttura tecnologica provoca all’interno dell’ecosistema, del pianeta e all’interno dell’essere umano.
L’essere umano ha una frequenza, i nostri atomi si ordinano sulla base di frequenze. L’essere umano ha un campo elettromagnetico collegato con quello del pianeta.
Il nostro pianeta è nell’era moderna circondato da una enorme rete di onde, segnali, frequenze artificiali che nessuno si chiede come interferisca con la frequenza della terra e la frequenza dell’essere umano.
La Terra ha una frequenza propria che prende il nome di risonanza Schumann, che è costituita da onde elettromagnetiche quasi permanenti che insistono nello spazio tra la superficie terrestre e la ionosfera. Questa frequenza è stata rilevata in 7.83 hertz, definito anche il battito cardiaco del pianeta.
I danni rilevati sull’organismo degli astronauti durante i voli spaziali hanno dimostrato che l’assenza di frequenza Schumann comporta uno sconvolgimento dei ritmi circadiani dell’individuo con compromissione della sua salute, fino a rendere necessaria l’installazione di un generatore di frequenza Schumann sulle navicelle spaziali.
Il professor R. Wever del Max Planck Institute ha costruito un bunker sotterraneo che schermava i campi elettromagnetici. 447 volontari umani hanno vissuto per quattro settimane in questo ambiente chiuso e dopo i primi giorni hanno iniziato ad avere sconvolti i ritmi circadiani soffrendo di forti stress emotivi, insorgenze psicotiche, emicrania e altri problemi di salute. Dopo una breve esposizione alla frequenza Schumann di 7.83 hertz i problemi di salute sono spariti.
Negli ultimi anni si stanno verificando sempre di più degli spike, delle impennate della frequenza Schumann che in certi giorni raggiunge picchi di 140/160 hertz dalla sua quota normale di 7.83.
Le cause restano ignote. Le ipotesi vanno da interferenze prodotte dall’attività solare, anche se è difficile perché sta risultando sempre uguale, all’infrastruttura elettrica e elettromagnetica di matrice antropica che circonda il pianeta. Anche in questo caso è ancora un mistero il motivo di questa impennata che si sta verificando negli ultimi tempi. Questa variazione così consistente induce molto allarme sulla nostra salute.
Già nel 1924, infatti, l’ingegnere russo George Lakhovsky scoprì che tutte le cellule viventi sono in grado di emettere onde elettriche e di mostrare risonanza. Quando Lakhovsky bombardò le cellule con quantità appropriate di correnti elettriche, connettendole a quella della biosfera, la forza della cellula era rafforzata. Quando usava frequenze esterne diverse la corrente elettrica indeboliva le cellule che perdevano vitalità.
Dedusse dalle sue sperimentazioni che tutti gli organismi viventi agiscono da emittenti e ricevitori di oscillazioni ad altissima frequenza, portandolo alla conclusione che le cellule malate potessero essere trattate con elettricità e risonanza per essere riportate in buona salute. Ciò dimostrerebbe d’altro lato il semplice fatto che non possiamo essere sani se scollegati dalla frequenza biologica naturale.
Lakhovsky scoprì anche che le cellule malate producono una frequenza diversa dalle cellule sane. Aumentando l’ampiezza delle oscillazioni delle cellule sane ha notato che si smorzavano le oscillazioni prodotte dalle cellule malate, causando la regressione della malattia.
Il biofisico Michael Persinger suggerisce che i nostri sistemi biologici sono sintonizzati sulla frequenza di fondo del nostro pianeta attraverso la risonanza di Schumann. Le prime cinque risonanze di Schumann si sovrappongono alle onde delle nostre frequenze cerebrali, raggruppate in base a lettere greche. Quella abbinata in modo diretto alla frequenza Schumann è la theta, un ritmo cerebrale associato a leggera sonnolenza che si verifica anche nella prima fase del sonno e nella meditazione profonda ed è associata a uno stato di profonda creatività, intuizione e benessere.
Questo spike, l’innalzamento straordinario della frequenza vibratoria, potrebbe essere un induttore di ansia nevrotizzante generalizzata.
Questo significa che la malattia cronica della modernità potrebbe essere collegata a questa forma di costante distonia di frequenze.
L’allarme suscitato dai picchi anomali della frequenza Schumann potrebbe aprire la strada a nuove frontiere della ricerca che potrebbero generare un nuovo rapporto nella visione tra biologia, fisica e medicina per ripristinare la connessione perduta dell’essere umano alla biosfera del creato. E con questo si potrebbe aprire la strada a una presa di responsabilità collettiva sull’impatto dell’attività umana sull’ecosistema del nostro pianeta, anche dove non è stato ancora investigata.
In modo da riportare il battito del pianeta al suo ritmo naturale.
Uno studio della professoressa Erica Chenoweth, docente di scienze politiche alla Harvard Kennedy School, pubblicato nel 2012, ha rivelato che i movimenti di protesta non violenta capaci di superare il 3,5% della popolazione hanno alte probabilità di successo.
Lo studio è nato raccogliendo dati su 323 movimenti di protesta avvenuti tra il 1900 e il 2006 in varie parti del mondo e ha dimostrato che il 53 per cento dei movimenti non violenti aveva avuto successo, mentre per quelli violenti la percentuale scende al 26.
Le due caratteristiche fondamentali per portare alla vittoria un movimento rivoluzionario sono la non violenza e la capacità di una minoranza organizzata di abbattere le posizioni della maggioranza.
Non a caso il movimento di Gandhi per l’indipendenza dell’India nacque in un vero e proprio confronto tra Davide e Golia. Una evidente disparità di mezzi e risorse che non ha impedito però alla forza non violenta di avere la meglio sul più forte esercito del mondo.
Uno dei motivi principali di questa teoria è la più facile accettazione di un maggior numero di persone di far parte di un movimento che non usa la violenza. Come la saggezza popolare indica, usare la violenza ti porta dal lato del torto.
Questo spiega anche il tentativo di ogni potere prestabilito di delegittimare qualunque movimento di protesta cercando di marchiarlo come violento, anche inserendo al suo interno degli elementi provocatori. Per avere così come risultato una presa di distanza dell’opinione pubblica.
L’altro elemento interessante dello studio è il peso maggiore che una minoranza organizzata e molto motivata può avere rispetto a una maggioranza che asseconda la posizione dominante.
Questo si può spiegare sia come una motivazione caratteriale: una minoranza che subisce forme di discriminazione o di punizione solo perché si è parte dello stesso gruppo, rinforza il senso di appartenenza e la capacità di resistenza dei suoi membri.
Da un punto di vista filosofico si può anche ipotizzare che un gruppo che ha dalla sua parte il vento del cambiamento ha la possibilità di intercettare una energia più grande di indirizzarla per abbattere lo status quo.
In Fisica per definizione la dinamica ha una forza superiore rispetto alla statica.
Probabilmente nel mondo di oggi sta emergendo in modo trasversale e diffuso un movimento di cambiamento, che prende le mosse da situazioni che sembravano distanti anni luce dalla cultura occidentale e che si stanno presentando a molti come una restaurazione antistorica.
Un movimento che, anche se sembra privo di qualunque chance di vittoria, pare avere invece tutte le condizioni previste dallo studio della Proff.ssa Chenoweth per poter imprimere una svolta radicale al nostro futuro.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Uno dei leader mondiali del movimento free vax terrà un comizio a Milano sabato 13 novembre. La nuova location è stata assegnata dopo il rifiuto di ottenere piazza del Duomo in seguito alle nuove disposizioni del governo per limitare le manifestazioni di protesta al di fuori dei centri storici.
Ma chi è e che cosa ha fatto Robert Kennedy junior e perchè ha così tanto seguito nel mondo?
🛑 KENNEDY JR sabato all’Arco della Pace. Ritratto di uno dei leader mondiali del MOVIMENTO FREE VAX
# La missione di Children’s Health Defense, l’associazione fondata da Robert F. Kennedy Jr, che ha organizzato la manifestazione
Credits primamilano.it – Manifestazione Children Defense
Sabato 13 novembre Robert F. Kennedy Jr. parteciperà alla manifestazione organizzata dalla sua associazione Children’s Health Defense all’Arco della Pace. Dalle ore 15 sarà sul palco insieme a due dirigenti dell’organizzazione, Mary Holland e Senta Depuydt, per farsi portavoce della missione della Children’s Health Defense: “tutelare e proteggere la salute dei bambini e degli adulti, difendere e promuovere il rispetto dei diritti umani, le libertà fondamentali e i principi di democrazia delle pratiche sanitarie, in particolare promuovendo il principio del consenso informato e la libertà di scelta terapeutica, la tutela del diritto alla privacy, la libertà e la trasparenza in ambito scientifico“.
# Una vita spesa in difesa dei diritti ambientali, storica la vittoria contro la multinazionale Monsanto, delle minoranze e dei diritti umani
Robert F. Kennedy Jr., figlio del senatore americano Robert F. Kennedy e nipote del presidente John F. Kennedy, è un avvocato ambientalista da sempre in prima fila nelle battaglie legali contro le aziende che inquinano.
Nel 1999 ha contribuito a fondare il gruppo ambientalista senza scopo di lucro Waterkeeper Alliance dedicato alla promozione di “vie d’acqua balneabili, adatte alla pesca e potabili, in tutto il mondo”. Numerose sono le cause vinte contro gli Stati americani, responsabili del mancato controllo sugli sversamenti di acque reflue e liquidi inquinanti nei corsi d’acqua e nell’oceano, e contro le multinazionali. In uno di questi contenziosi, ExxonMobil è stata costretta nel 2010 a ripulire decine di milioni di galloni di petrolio fuoriusciti dalle raffinerie di Newtown Creek e Brooklyn a New York.
Autore di dieci libri, inclusi due bestseller del New York Times, per oltre trent’anni è stato professore a contratto di diritto ambientale presso la Pace University School of Law.
Tra le sue storiche vittorie va ricordata quella contro la multinazionale Monsanto, e il suo prodotto Roundup accusato di essere cancerogeno, condannata a un risarcimento milionario.
# Kennedy e il Covid: la lotta per avere più trasparenza sui farmaci, sugli effetti avversi e sui rapporti tra case farmaceutiche e media
Fondatore e presidente di Children’s Health Defense, che si occupa di sensibilizzare le persone sul tema della vaccinazione, soprattutto infantile, dal 2005 porta avanti il dibattito sulle possibili conseguenze avverse dei vaccini nei bambini. Una battaglia che prosegue anche con i vaccini contro il Covid-19 riguardo alla mancanza di trasparenza sui test, a un sistema di farmacosorveglianza quasi inesistente e ai conflitti d’interesse tra case farmaceutiche e mezzi di comunicazione che vanno a discapito della corretta informazione e della tutela della salute dei cittadini.
# La difesa delle minoranze
La sua attività ha toccato anche la difesa e tutela delle minoranze. Attraverso contenziosi, lobbying, insegnamento e campagne pubbliche e attivismo, Kennedy ha sostenuto i diritti degli indigeni. Dopo quattro anni di contenziosi intentati il suo studio legale Kennedy & Madonna, per conto della tribù indiana Ramapough Mountain contro la Ford Motor Company per lo scarico di rifiuti tossici sulle terre tribali in nord del New Jersey, è riuscito a far ottenere un accordo monetario per la tribù, ha contribuito alla reiscrizione della terra della comunità nell’elenco federale Superfund, la prima volta nella storia della nazione che un sito rimosso dall’elenco sia stato reinserito.
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Ogni città ha i suoi segreti e i suoi misteri. Spesso questi affondano le proprie radici nel passato e si tramandano di generazione in generazione, attraversano secoli di storia e arrivano ai nostri giorni, dove tutto è cambiato, tutto è digitalizzato, ma nonostante questo, non perdono il loro fascino oscuro e non perdono interesse a capirne di più.
VICOLO CALUSCA: la strada più “losca” di Milano
Di questi segreti e misteri ne ho già parlato sulle pagine di Milano Città Stato e mi ritrovo oggi nuovamente per parlare di Vicolo Calusca, una piccola via vicina a Sant’Eustorgio, dov’era ubicata una casa d’appuntamenti che tutti conoscevano come Cà Losca, da qui il nome del vicolo con cui lo conosciamo oggi. All’apparenza un vicolo senza arte né parte, però è passato alla storia meneghina per essere conosciuto come la via più malfamata della città. Scopriamo il perché.
# Una storia come tante
Credits: scoprirelabellezza.com Vicolo Calusca
Tanto tempo fa, Milano era una città completamente diversa da come la conosciamo oggi. Solo alcune cose sono rimaste invariate negli anni: la sua luce fioca e debole ma carica di fascino, che illumina al mattino le facciate dei palazzi, il suo cielo color acciaio che confonde e non ti fa capire quali sono le sue intenzioni meteorologiche, il vociare delle voci delle persone che si svegliano al mattino per cominciare la loro giornata e infine il profumo inquinato della sua aria, che ha preso il posto dell’odore acre del carbone mischiato agli odori delle bettole e delle trattorie che già, al mattino presto, preparano il pranzo del mezzogiorno.
Dalle parti di Porta Ticinese, situazioni del genere erano all’ordine del giorno. Gli uomini uscivano da un palazzo e mentre, infreddoliti, si recavano al lavoro, venivano salutati dalle donne che, affacciate alle finestre del palazzo, strappavano loro promessa di tornare presto a trovarle. Non erano le mogli e neanche le fidanzate, erano prostitute e il loro aspetto sfatto e spettinato faceva intuire che avevano appena trascorso la notte vendendo il loro corpo a quegli uomini che del sesso a pagamento ne avevano fatto una ragione di vita. Uomini disperati che trovavano nell’alcol, nel gioco d’azzardo e nel sesso mercenario la loro valvola di sfogo nei confronti di una vita che non gli aveva mai sorriso. In Cà Losca avevano trovato il loro rifugio ideale, un piccolo vicolo frequentato da persone che si scambiavano merce misteriosa, facevano affari loschi, cercavano dei Barabba per i loro traffici e proseguivano loro esistenza orgogliosamente priva di padroni e di obblighi. Di questo era fatto Vicolo Calusca.
# La fama si dilaga
Credits: @ scaldasole_books Tra Via Scaldasole e Vicolo Calusca
In breve tempo la fama del vicolo inizia a circolare e dilagare in tutta la città. Il vicolo è noto a tutti come il luogo preferito dei locch, dei balordi e delle prostitute, un territorio, dove né guardie né dottori entrano, quasi come se ci fosse il desiderio di voler abbandonare la zona al suo destino. Diversi sono gli appellativi che gli vengono attribuiti: Regno della Violenza, Luogo della Malavita, Porto del Malaffare.
Infatti, è proprio in quel luogo, che oggi conosciamo come Darsena, che si svolgevano compravendite di ogni genere, spesso al limite della legalità. La zona era anche conosciuta come Porta Cicca o Porta Cinese e diverse sono le spiegazioni a metà tra leggenda e storia. Si dice che la cina fosse il nome della mala milanese (Porta Cinese)e che aveva l’abitudine di masticare tabacco (Porta Cicca), ma si dice anche che il suo nome derivasse dalla parola spagnola chica(piccola o ragazza) perché ai tempi Porta Ticinese era la porta più piccola della città, ma anche perché luogo affollato di case chiuse.
# Un presente che non ha nulla a che fare con il passato
Credits: scoprirelabellezza.com Vicolo Calusca
Vicolo Calusca esiste ancora oggi, ma del suo passato è rimasto ben poco, inghiottito dalle costruzioni moderne, dai colori accesi e squillanti, dai giardini fioriti, che si fa molta fatica a immaginare quello che c’era stato in passato.
Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio “L’uomo del Vicolo Calusca” di Giampaolo Rossetti edito da Fiera del Libro, un romanzo avvincente a metà tra storia e leggenda che ha la forza di portarci indietro col tempo e farci vivere una via ormai dimenticata, ma che, nonostante la sua fama, ha lasciato un segno indelebile nella storia meneghina.
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Siamo già in piena voglio di Natale. In attesa di S. Ambrogio e l’inizio ufficiale dei preparativi, possiamo sognare prenotando un viaggio da fiaba.
È in partenza dal binario Centrale il TRENO ROSSO PER NATALE: ecco dove andrà
# Un treno vintage
Tornano a Trento i mercatini di Natale, attesi dagli appassionati ormai da due anni. Quest’anno, per recuperare un po’ della magia dimenticata nel 2020, sarà possibile arrivare con un mezzo speciale ad uno dei mercatini più caratteristici.
Partirà infatti da Milano Centrale, diretto a Trento, un treno d’epoca composto da una locomotiva vintage e attrezzato con le carrozze della serie 45000 di tipo UIC-X, tipiche dell’epoca degli anni ‘60; nella fattispecie del trenino di natale, sarà allestito con le carrozze nella caratteristica tonalità rosso granata.
Tutto il materiale rotabile a disposizione del Trenino di Natale è stato restaurato da Fondazione FS, che organizzano l’itinerario Milano – Trento – Milano, mettendo a disposizione dei viaggiatori anche una guida per il giro a Trento, auspicando per tutti le emozioni delle fiabe.
# I mercatini
Credits: mercatininatale.net
Tra le Alpi orientali, la tradizione dei mercatini di Natale è sempre stata uno dei momenti più identitari di tutta la penisola. In pochi sanno interpretare la particolare attività (il mercato all’aperto), come le popolazioni nordiche e, in questo, il Trentino e l’Alto Adige tengono alta la qualità della tradizione.
Nel caso del viaggio fiabesco organizzato da Fondazione FS, il treno d’epoca ha destinazione a Trento, dove il mercatino caratteristico ha luogo in pieno centro città.
Con la guida turistica sarà possibile scoprire curiosità di Trento, per poi sfogare la voglia del Natale al mercatino suddiviso tra Piazza Fiera e Piazza Cesare Battisti.
La rassegna trasforma le piazze in piccoli villaggi natalizi, con casette in legno addobbate e illuminate per l’occasione, che servono per riparare dal freddo gli espositori che possono essere artigiani locali, qualche guest star da lontano e – una buona parte – riservata alla degustazione e acquisto di prodotti eno gastronomici del Trentino e dell’Alto Adige.
# Il trenino
Credits: justsavour.com
Le corse del treno vintage sono programmate in pieno ponte di S. Ambrogio che, come da tradizione, da il via ai preparativi del natale meneghino. Domenica 5 e mercoledì 8 dicembre sono le due prime corse annunciate.
Sono a disposizione biglietti di prima classe, a € 55,00 o di seconda classe, 42,00 Euro, sconti per ragazzi fino a 12 anni e gratuiti per i bambini fino a 6 anni. Per tutte le informazioni su fermate intermedie e orari di partenza, consigliamo un salto sul sito ufficiale di Fondazione FS.
# Il mercatino
I mercatini di Trento partono già da sabato 20 novembre e altri treni “normali” raggiungono il capoluogo trentino, per questo tuffo in un’atmosfera che promette magia indipendentemente dal mezzo di trasporto usato per arrivarci.
Una piccola anticipazione digitale al sito www.mercatinodinatale.tn.it per farsi venire l’appetito delle feste, ma resta solo una consiglio: essere a Milano il 7 dicembre, per la preparazione del proprio albero e la tradizionale accensione di quelli cittadini per le strade, dopodiché un saltino ai mercatini di Natale nelle regioni alpine. Finalmente torna la festa più amata dai bambini di ogni età, in concomitanza con un lungo ponte di S. Ambrogio.
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Si è entrati nel mood natalizio. Molti negozi non hanno perso tempo e hanno già provveduto ad allestire le nuove vetrine, sostituendo le decorazioni di zucche, teschi e pipistrelli con alberelli di natale, luci e palline colorate.
Pian piano, tutta Milano si trasforma in una città delle meraviglie che incarna lo spirito del Natale.
E come ogni anno, in città viene allestito un magnifico villaggio per vivere e lasciarsi travolgere dall’atmosfera natalizia.
Il villaggio delle MERAVIGLIE di MILANO
# A Milano il villaggio di Babbo Natale
credits: @villaggiodellemeraviglie IG
Il periodo migliore per visitare Milano è, senz’ombra di dubbio, quello natalizio dove luci e mercatini rendono la città ancora più magica. Il capoluogo lombardo sa bene come lasciare senza fiato i suoi cittadini e visitatori e lo fa con la quindicesima edizione del Villaggio delle Meraviglie, dal 20 novembre 2021 fino al 9 gennaio 2022 all’interno dei Giardini Indro Montanelli di Porta Venezia. Un vero e proprio villaggio di Babbo Natale per vivere appieno l’atmosfera natalizia e ritornare bambini.
# La più grande pista di pattinaggio d’Italia
credits: @grenny_elena IG
Organizzato dal Gruppo Ao, con la direzione artistica di Ambra Orfei e con il Patrocinio del Comune di Milano, il Villaggio delle Meraviglie è un villaggio di Natale storico, il primo assoluto in Italia. Un luogo incantato di oltre 1000 mq per vivere la magia del Natale e lasciarsi stupire dalle tante attività e attrazioni che ha da offrire. Tra le più attese c’è la doppia pista di pattinaggio su ghiaccio, parzialmente coperta, di 80 metri di lunghezza e 1000 mq di ampiezza. Questo la rende la più grande di tutto il Nord Italia.
# La vera STAR del Villaggio
credits: @villaggiodellemeraviglie IG
Il vero protagonista di questa magica esperienza è, naturalmente, Babbo Natale. All’interno del Villaggio, si può visitare la Casa di Babbo Natale: sarà lui in persona a ricevere grandi e piccini per consegnare letterine, regali e fare una foto ricordo.
Ma, Babbo Natale non lavora di certo da solo. Ad aiutarlo ci saranno tantissimi Elfi nella Casa degli Addobbi con cui si potrà giocare e ballare e visitare anche i loro bellissimi mercatini, perfetti per iniziare a portarsi avanti con i regali.
# Non ci si può annoiare
credits: @milanodavedere IG
Il Villaggio delle Meraviglie offre tantissime attività e cose da fare, soprattutto per i più piccini. Tra le tipiche casette di legno addobbate con luci e colori, ci sarà l’occasione di assaggiare lo street food natalizio, incontrare la Regina delle nevi, la Befana e salire sulle giostre più belle: Pazze Slitte Volanti, il cinema 5D, Viaggio al Polo Nord, la Scalata dei Ghiacci, il Circo e ancora Pesca il Pinguino e Tiro al Pupazzo.
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Credits francesco.bonistalli IG - David di Michelangelo di Eduardo Kobra
Ci vuole oltre un’ora e mezzo di cammino per poter ammirare da vicino questa straordinaria opera d’arte. Ecco chi l’ha realizzata e come ci si arriva.
L’OPERA d’ARTE più IRRAGGIUNGIBILE del mondo è in ITALIA
# Il David di Michelangelo dipinto su una parete dello stesso marmo con cui è stata realizzata la scultura originale
Credits francesco.bonistalli IG – David di Michelangelo di Eduardo Kobra
Nel 2017 lo street artist brasiliano di fama internazionale Eduardo Kobra ha realizzato un murale raffigurante il David di Michelangelo su una parete dello stesso marmo di Carrara con cui è stato realizzata la scultura originale ospitata oggi nella Galleria dell’Accademia a Firenze. Un’opera dal significato simbolico molto profondo, alta dieci metri e lunga dodici, che vuole essere di fonte d’ispirazione per chi la osserva come per le altre che hanno riempito negli anni le città del mondo.
Credits carlottacaccamo IG – David di Michelangelo Carrara
Dal bianco del marmo di una delle pareti più alte della cava Gualtiero Corsi spunta un David di Michelangelo dai colori arlecchino, nella splendida cornice delle Alpi Apuane, tra Massa e Carrara. Ci sono voluti dieci giorni sotto il sole per realizzare il murale, oltre a venti giorni di progettazione, senza contare l’enorme fatica per arrivare in questo luogo e arrampicarsi quotidianamente sulla parete.
# Come si raggiunge questa meravigliosa opera d’arte
Credits aurora_cei IG – Ultimo tratto per Cava Gioia
Per riuscire ad ammirare il murale del David da vicino servono almeno un’ora e mezza di cammino percorrendo i sentieri che partono da Colonnata.
Il più facile é il sentiero numero 195, dal centro del paese di Colonnata in direzione cimitero, indicato come CAI come “David / Croce di Gioia” sui cartelli stradali. Lungo il tragitto si attraversa il bosco fino alla cresta e a “cima gioia” dove si vedrà la croce bianca, per un dislivello di circa 500 metri. La durata del percorso si aggira intorno a 1 h 30 – 2 ore. In estate durante il weekend al tragitto si dovrà aggiungere 1 km da fare sull’asfalto in salita perché l’automobile dovrà essere lasciata nel parcheggio sottostante Colonnata.
Il secondo sentiero, quello meno consigliato a causa del terreno sabbioso e le salite rapide, è il più scenografico perché attraversa le cave. La partenza è dal parcheggio sotto il paese dove, dopo una discesa di 5 minuti, si troverà sulla sinistra le indicazioni David e si dovrà seguire per Cava Gioia. In questo caso il dislivello è di 400 e la percorrenza circa di 1 h 30. Assolutamente sconsigliato in discesa.
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Non è necessario andare tanto lontano per ammirare lo spettacolare cambio delle stagioni e immergersi nel caldo abbraccio dei colori autunnali. Milano offre anche questo.
Lo SPETTACOLO DELLA NATURA in autunno a Milano
# Foliage e scighera alla Martesana
credits: Ag di viaggio Roma
Il tratto del Naviglio che da Milano giunge a Trezzo d’Adda è uno degli scorci più interessanti della città. Parliamo anche del Naviglio più ‘milanese’ di tutti, lontano dal turismo di massa e per questo privilegiato dai meneghini, non solo i residenti più vicini.
La Martesana gode di un paesaggio unico nell’universo milanese: esaltato da un bellissimo percorso ciclo pedonale che si snoda lungo il corso d’acqua, presenta il foliagependente dalla parete opposta alla ciclabile, che dona ristoro agli occhi durante le imprese e le fatiche degli sportivi impegnati nella corsa e con le MTB. L’acqua del Naviglio aiuta la formazione della scighera, che rende questo angolo di mondo un prezioso incontro tra la natura e la città.
#2 Montagnetta di San Siro, un piccolo polmone urbano
credits: milanocool.it
Il soprannome del mitico Monte Stella, nella zona Nord Ovest di Milano, è solo una delle rappresentazioni di questa collinetta dalla storia molto particolare, che ormai conoscono anche i sassi. Da cumulo di inerti brullo e spelacchiato, il Monte Stella è stato interessato da una lungimirante opera di riqualificazione che parte fin dagli anni ’70: viene dato al corpo degli Alpini il compito di piantare tanti alberi ai piedi della Montagnetta e lungo i sentieri di servizio.
Quei viottoli sterrati, una volta percorsi dai camion per scaricare le macerie di Milano, sono oggi un percorso attrezzato per fare sport all’aperto. Gli alberi sono diventati un piccolo polmone urbano, che in autunno si tinge di almeno due dozzine di sfumature tra i colori caldi.
#3 Niguarda Nord, il parco variopinto
credits: 3B Meteo
Lo sconfinato Parco Nord di Milano a Niguarda, offre un’infinita gamma di possibili attività da svolgere all’aperto, come ad esempio passeggiate a piedi, in bici, ampi prati da occupare con ogni tipo di sport, individuale o di squadra. Il Parco Nord ha spazi dedicati anche agli orti, che abbracciano l’antica vocazione dell’area ex agricola, oggi trasformata in parco periurbano.
A nord di Niguarda vive una vegetazione varia, che in autunno diventa, più che altro, variopinta. Il rigoglioso verde dell’estate lascia il posto ai colori caldi dell’autunno, dal giallo acceso al rosso intenso lo spettacolo è assicurato. Degno di nota il laghetto, inaugurato nel 2015 e che impreziosisce l’ecosistema, che convoglia le acque del canale Villoresi
#4 L’armocromia del Bosco In Città
credits: @di_pitto IG
L’armocromia, scienza dei colori che aiuta a trovare la vera anima dei luoghi, al Bosco in Città va dritta al traguardo: è l’autunno la stagione migliore per una visita a questo angolo dell’estremo Ovest di Milano. Ci sono tutti i colori della natura e della città. Dal verde dei prati, alla palette autunnale completa del foliage sugli alberi e a pelo d’acqua sul laghetto, il colore della terra battuta dei sentieri e le tinte di Milano in lontananza, col suo grigio, vetro e metallo.
Tutta questa diversità fa del Bosco in Città uno degli spettacoli pre-invernali migliori di tutta la città. Decine sono le attività che si possono svolgere ma, complice le ultime giornate scaldate dal sole di Novembre, la passeggiata è di certo la più terapeutica da praticare, per ammirare l’autunno meneghino.
#5 Il Monumentale, un museo a cielo aperto
credits: turismoletterario.com
Sarà anche poco conosciuta come meta turistica, perché l’idea di trasformare il luogo in un itinerario culturale va ben oltre la rottura degli schemi, però il Monumentale è un vero e proprio museo a cielo aperto. Come tale è circondato dalla natura, da alberi e prati che, in autunno, oltre a tingersi con gli amati colori caldi della stagione, dipingono le sculture e le dimore eterne di molti milanesi, illustri e non. Le foglie, infatti, cadono anche sulle statue e sui monumenti che fanno compagnia a questo riposo, riempiendo di sfumature gialle e rosse i bronzi e i marmi mono colore, oppure sparpagliandosi sui prati.
Il sorprendente risultato è che il Cimitero Monumentale acquista, in autunno, una luce ed una pace insoliti. Il cimitero è già meta di gite culturali, quindi allungare lo sguardo all’interno, con un po’ di garbo, è un consiglio che si può dare in queste prime settimane di freddo.
#6 Il Bosco Verticale, la star indiscussa di Milano
credits: pinterest
Non può e non deve mancare la star assoluta della variazione cromatica perpetua, perché il Bosco Verticale è proprio quello che sottolinea il passaggio delle stagioni. Gli edifici del Bosco Verticale hanno ispirato decine di tentativi di imitazione. Ci godiamo l’originale di Milano da sempre, il quale anche in autunno riesce a dare quel tocco di classe e di colore nel cielo milanese. Di certo la meraviglia è nelle giornate soleggiate col cielo azzurro, ma quei colori che si stagliano in verticale tutti i giorni, sanno rallegrare anche le giornate grigie e uggiose.
Il Bosco Verticale è ormai parte di un piccolo eco sistema naturale urbano, tutto personalizzato al luogo. Ai suoi piedi la vista è amplificata dalla vegetazione della Biblioteca degli Alberi e dal riflesso della Torre Unicredit: uno spettacolo per tutti i gusti, che si specchia nella felicissima intuizione di questo progetto.
#7 I balconi milanesi sempre rigogliosi
credits: caffetteriadellemore.forumcommunity.net
Il Bosco Verticale è il vertice di una solida piramide di luoghi, scorci, balconi e terrazzi, tutti adibiti a piccola oasi casalinga e che gli appassionati milanesi esibiscono ai passanti per le strade, o ai propri vicini di casa. Praticamente in ogni via, probabilmente ad ogni numero civico, c’è almeno un balcone che propone il suo parchetto. Spesso sono fiori, qualche volta piante sempreverdi ma, quando capita di incontrare la vegetazione soggetta ai cambiamenti stagionali, lo spettacolo si fa incandescente.
Vette insuperabili di bellezza e stupore sono, ad esempio, le pareti di rampicante di Via Mozart, Viale Majno, Via Ampere o Via Etna, ma basta andare a zonzo per la città per ammirare i capolavori che si arrampicano e si affacciano dai balconi di Milano. Personalmente non posso fare altro che ringraziare i rispettivi padroni di casa, che riescono a condividere questi spettacoli anche con i passanti, dando loro un appuntamento al continuo susseguirsi delle stagioni, magari per una puntata primaverile dello spettacolo che la natura di Milano è in grado di regalare.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nella celebre piece di Ionesco, il Rinoceronte, si racconta la trasformazione di una intera comunità in rinoceronti.
Quello che sembra all’inizio qualcosa di anomalo, la comparsa di un rinoceronte in città, scatena la rinocerontite che in un primo momento sembra una malattia, ma poi quando la maggioranza dei cittadini si trasformano, quella che era considerata una malattia diventa un fatto positivo, una sorta di status. E chi non si è ancora trasformato si sente discriminato e anela anche lui ad avere il corno e la pelle spessa del rinoceronte.
Alla fine solo un uomo riesce a resistere alla pressione sociale mantenendo una fattezza umana, proprio quello che appariva fin dall’inizio meno integrato nella società e che veniva criticato dagli altri per lo stile di vita sregolato.
Tutti i personaggi che fanno parte del mondo della cultura, proprio quelli che dovrebbero avere per istruzione e doti intellettuali la maggiore capacità di resistenza, sono invece i primi a trasformarsi in rinoceronti e dunque a cedere alla tentazione di uniformarsi al nuovo sistema dominante.
Si tratta di un’opera composta alla fine degli anni cinquanta del Novecento, rappresenta una metafora degli esseri umani che tendono ad allinearsi ai dettami della società anche se questi sono contrari rispetto ai fondamenti della vita.
Ionesco è considerato il padre del teatro dell’assurdo, un assurdo che oggi sembra terribilmente reale.
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Credits rodajecallejero IG - Cavalluccio marino e mascherina
Entro la fine del secolo quasi il 100% dei rifiuti di plastica associati alla pandemia verrà depositata sui fondali marini o nelle spiagge. Vediamo i drammatici risultati di un recente studio dell’Università di Nanchino.
Già 8 TONNELLATE di PLASTICA: per proteggerci dal Covid stiamo inquinando il pianeta
# A fine agosto erano già 8,4 le tonnellate di rifiuti legati al Covid-19 prodotti nel mondo
Credits: oceanasian.org – Mascherine recuperate in mare
Un recente studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy Of Sciences da un team di scienziati dell’Università di Nanchino, ha valutato l’impatto ecologico dei rifiuti di plastica associati alla pandemia da nuovo coronavirus.
Secondo i calcoli effettuati, fino al 23 agosto di quest’anno, sono state prodotte 8,4 tonnellate di plastica dai 193 Paesi presi in considerazione. Secondo gli autori del gruppo di lavoro, guidato da Yiming Peng e Peipei Wu, mentre la domanda dei dispositivi di protezione individuale a base di plastica è aumentata sensibilmente nell’arco del 2020, il trattamento, lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti non è stato sufficiente per gestire tutta questa mole di agenti inquinanti.
# Quasi 26.000 tonnellate di rifiuti plastici sono state rilasciati negli oceani, il 71% di queste arriverà sulle spiagge entro la fine dell’anno
Credits 2.2viaggi IG – Plastica oceani
Come riporta l’Agi le simulazioni sviluppate per considerare il ciclo dei rifiuti tramite processi come arenamento, deriva e frammentazione ha fatto emergere un dato impietoso: sono state rilasciate negli oceani 25.900 tonnellate di sostanze plastiche e di queste il 71% arriverà entro la fine dell’anno sulle spiagge. A questo si aggiunge una stima che prevede che entro la fine del secolo quasi il 100% dei rifiuti di plastica associati alla pandemia verrà depositata sui fondali marini o nelle spiagge.
L’umanità ha il diritto per difendersi da un pericolo di devastare il pianeta?
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Chi lo avrebbe mai detto che l’Italia è uno dei posti dove i mezzi pubblici costano meno? E invece sembra proprio così! In alcune città italiane i mezzi pubblici costano meno rispetto al resto d’Europa, ecco quali sono.
Sono ITALIANE le città in Europa dove il TRASPORTO PUBBLICO costa di meno
# In Europa il sistema di trasporto pubblico è sostenibile
Credits: @trainspott.berlin trasporti Berlino
Si guarda sempre ai sistemi di trasporto pubblico degli altri paesi europei: efficienti, sempre in orario e soprattutto sostenibili. La mobilità sostenibile, infatti, è uno dei temi che molte città europee, soprattutto quelle del nord, hanno a cuore. Esempio eclatante è Bruxelles dove i tram non arrivano in ritardo neanche di mezzo secondo, perfettamente puntuali, come se timbrassero il cartellino. Forse però non si pensa al fatto che tutta questa efficienza ha anche un costo: strade in condizioni ottimali, auto ibride, tram, metro, treni e bus meno inquinanti e gestiti alla perfezione non sono gratis. È per questo allora che i mezzi di trasporto italiani costano di meno? Perché non sono molto efficienti?
# In Italia i mezzi pubblici sono meno green ma anche meno cari
Credits: moovit
Dire che il sistema di trasporto pubblico italiano non è efficiente è forse un’esagerazione, certamente non sono ai livelli nord europei, ma se si pensa a quello milanese non verrebbe da criticarlo completamente. Facendo però una classifica europea, i mezzi italiani non sono tra i più green, anche se all’interno del PNRR ci saranno delle risorse dedicate proprio al miglioramento del sistema di trasporto.
Ciò nonostante si nota come i mezzi di trasporto pubblico in Italia costano molto meno rispetto ad altre città europee. Ecco un esempio dei prezzi: a Roma e Firenze l’abbonamento mensile costa 35€, a Bologna solo un euro in più. Ma anche Milano non è per niente caro, 39€ al mese. Paragonando questi prezzi a quelli europei si nota un bel distacco: a Madrid l’abbonamento mensile costa 55€, a Parigi e a Oslo 75€, per non parlare delle 81.50£ di Londra.
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