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I 4 SEGRETI dei DANESI per crescere BAMBINI FELICI

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credit: gravidanzaonline

Il futuro è dei più piccoli e la Danimarca, il paese più felice del mondo, lo sa bene. Ecco 4 utili consigli dal modello danese.

I 4 SEGRETI dei DANESI per crescere BAMBINI FELICI

L’unico comune denominatore della narrazione degli ultimi 18 mesi, è stato focalizzarsi in via esclusiva su un preciso concetto spazio-temporale: il qui ed ora.
Anche se per affrontare questa emergenza si poteva forse attingere alle esperienze del passato.

Ciò che è ancora più sorprendente, è la carenza di sguardi sul futuro. Annichiliti da conteggi giornalieri, chiacchiere da talk show e sovra esposizione mediatica del virus, la maggior parte di noi si sta rivelando incapace di proiettarsi oltre questo momento, quasi rassegnati alla durata eterna del presente. Si è persa la capacità di immaginare il ritorno al futuro, creandolo.

Tale atteggiamento sta facendo perdere di vista un’intera generazione, che deve essere una priorità e il cui unico diritto è quello di crescere spensierati e felici: i più piccoli

credit: yesofcorsa

Per quanto la retorica sia affascinante, non è del nostro futuro che stiamo parlando: per dare un futuro migliore ai nostri bambini prendiamo qualche segreto dall’esperienza danese, un tipo di mentalità che in questo ci potrebbe insegnare molto. 

# Metodo danese: la ricerca della felicità inizia fin da piccoli

credit: svanekefriskole.dk

Meglio guardare cosa fanno negli altri paesi. Quando è stato pubblicato il ranking delle nazioni più felici del pianeta, alcune di loro hanno riconfermato un andamento ormai decennale. C’è una nazione che dedica molte attenzioni e risorse alla felicità dei bambini, la Danimarca, che non a caso da anni si ritrova sul podio del World Happiness Report.
La ricerca della felicità in Danimarca inizia fin da piccoli: nelle scuole si insegna ai bambini a rapportarsi con le proprie emozioni, con le paure e le difficoltà. Gli adulti ascoltano le problematiche dei bambini e si spiega loro come gestirle ed affrontarle, senza scappare o ricorrere alla dipendenza dagli adulti per risolverle. 

Con le difficoltà dovute alle restrizioni della gestione Covid, problemi e stress sono aumentati, vi proponiamo quindi quattro consigli basati sul «Metodo danese per giocare con tuo figlio in modo sano e intelligente», dell’autrice Jessica Joel Alexander.

#1 Mantenere la routine per crearsi un’area di sicurezza

credit: bastaorganizzarsi

La tentazione è forte: concedere di andare a letto più tardi, cambiare tutte le abitudini perché si seguono lezioni da casa anziché recarsi a scuola.
Cedere a questo richiamo complica la vita. È proprio in situazioni come questa che avere una routine stabile aiuta i più piccoli a sentirsi al sicuro ed evitare conflitti.
Più abitudini rimangono al loro posto, più sarà facile fornire ai cuccioli un margine di scelta, rendendoli protagonisti e padroni della situazione.
Quindi l’alternativa non è quella di seguire la lezione in pigiama, ma se seguirla con il maglione o con la camicia. Andare a nanna sempre alla stessa ora, scegliendo se leggere una storia o inventarla insieme.

#2 Lezioni di contatto per stimolare empatia e fiducia reciproca

credit: giovanigenitori

Le “lezioni di contatto” in Danimarca sono uno dei pilastri dell’educazione, dalla materna alle medie sono una parte irrinunciabile del programma scolastico.
Per i danesi il contatto fisico crea una sensazione di fiducia stimolando alti livelli di ossitocina. La vicinanza incoraggia empatia e calma, tanto a scuola quanto a casa.
Provate ad includere, nella routine serale, un massaggio ai piedi o alla schiena dei vostri figli.
Molti bimbi lo trovano estremamente rilassante prima della nanna, per alcuni ragazzini è più facile aprirsi e raccontare la propria giornata in momenti come quello dedicato ad un massaggio.
Se i figli sono troppo grandi o non amano questo tipo di contatto, è sufficiente ricordarsi di distribuire abbondante dose di abbracci: alcuni esperti sostengono che 8-12 abbracci quotidiani, sono un ottimo sostegno per potenziare la fiducia in sé stessi

#3 Essere onesti

credit: gravidanzaonline

Il momento storico è quello che è, bisogna gestirlo. Sottacere i problemi o fingere che “andrà tutto bene” è un modo per nascondere le emozioni, cioè l’esatto opposto di come vivono i più giovani, che della manifestazione delle emozioni sono gli esperti da cui trarre ispirazione.
È molto importante essere onesti e dichiarare in modo esplicito come ci sentiamo.
I bambini si accorgono se c’è coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo, o come lo trasmettiamo.

Secondo il metodo danese, non esistono emozioni belle o brutte, ma solo emozioni. Se la vita non è una favola, dobbiamo insegnarlo ai bambini e metterli in grado di accettare le proprie emozioni senza giudicarle, in modo da gestirle e saper apprezzare appieno i momenti migliori

#4 Gioco di squadra

credit: brescia bimbi

Un caposaldo su cui si basa la cultura danese sono le fællasskab , letteralmente la mentalità di squadra. Nelle occasioni sociali, i danesi promuovono la collaborazione attiva.
Anche confinati in casa, il nucleo familiare è una squadra che – per avere successo – deve far ricoprire un ruolo a tutti, anche ai più piccolini.
Dare ordini o caricarsi tutto il peso sulle spalle da parte degli adulti, è la negazione della squadra.
Al contrario gli adulti devono sforzarsi per trovare soluzioni per rendere le incombenze quotidiane, divertenti e inclusive, facendo in modo che tutti possano collaborare.
All’inizio ci vuole un po’ di impegno, poi tutto diventa più semplice. Soprattutto si deve rinunciare ad una parte di “io” per allargare il “noi”, condividendo ad esempio le faccende di casa, le attività quotidiane e la comunicazione. L’obiettivo è ritrovare la serenità dopo un lockdown e l’attualità, ed è più semplice farlo come squadra.

Uno dei gradi di civiltà di una società si misura dal modo in cui presta attenzione ai bambini.
Spiace constatare che, a parte le rare eccezioni di sempre, la nostra società ha dimostrato un basso livello di civiltà, relegando ai margini le decisioni riguardanti le nuove generazioni.
L’unica economia circolare che stiamo trascurando, è proprio quella generazionale: prenderci cura dei piccoli oggi delle giovani generazioni – cui stiamo chiedendo enormi sacrifici oggi – e che saranno disposte a sacrificarsi anche domani.

Leggi anche: 🛑 “DAD è solo mio papà”: la PROTESTA A COLORI dei bambini di Milano

LAURA LIONTI

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Leggi anche: “Milano è una città di opportunità per tutti, anche per gli invisibili”

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Torna a Malpensa l’AEREO più GRANDE del mondo

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credits: @a380lovers IG

Grande novità per i viaggiatori milanesi e non: torna l’A380 a Malpensa. Diamo, quindi, il bentornato a Milano al gigante dei cieli.
Riportare in cielo questa fortezza volante significa che un numero sempre maggiore di passeggeri sta tornando a spostarsi da un capo all’altro del mondo. Milano ha delle buone carte da giocare per accoglierne molti.

Torna a Malpensa l’AEREO più GRANDE del mondo

# L’aereo più grande del mondo sulla tratta New York – Dubai

credits: @a380lovers IG

Il mastodontico A380, l’airbus che in configurazione charter può trasportare fino a 868 passeggeri, è tornato a Malpensa. Nel giorno di Halloween, a Milano, torna lo scalo centrale della tratta Dubai-New York e la compagnia Emirates, proprietaria del maggior numero assoluto di A380 al mondo, ha rimesso i carrelli nello scalo meneghino dopo il lungo stop a voli e viaggi imposto da marzo 2020. L’Airbus A380 di Emirates è atterrato a Malpensa con 327 passeggeri, per poi ripartire verso New York con un totale di 448 viaggiatori a bordo.

# Tutti i numeri di un A380

credits: @a380lovers IG

Il pedigree di un A380 presenta numeri da capogiro. Dal muso al timone di coda è lungo oltre 72 metri e l’apertura alare è poco meno di 80 metri. Le ali sono così possenti da sviluppare una superficie di 845 m². Raggiunge un’altezza di 24,27 metri e un peso a pieno carico che arriva oltre le 510 tonnellate.

Decollo e volo sono assicurati da ben 4 motori a turboventola Engine Alliance o Rolls Royce, capaci di sviluppare una spinta che può arrivare fino a 357 KN (Kilo Newton). L’aereo è collegato con una complessa rete neurale che si estende per 530 km di cavi. A dell’airbus bordo si possono trovare lounge, o usufruire di docce e zone ristoro dotate di ogni comfort.

L’A380 vola nei cieli dal 2006 con viaggiatori, ma nell’anno precedente sono stati effettuati alcuni voli di prova con personale di bordo e una simulazione, con 474 entusiasti dipendenti della francese Airbus al posto dei passeggeri. Il primo di 249 esemplari totali lo ha ordinato e ricevuto la Singapore Airlines, che ne possiede oggi 12, ma è Emirates che ne ha giocato l’asso pigliatutto, aggiudicandosene ben 119.

# Ultima chiamata

credits: @a380 lovers IG

All’inizio dell’avventura A380, Airbus ha schedulato la produzione di molti super jumbo, ma l’operazione ha subito un forte ridimensionamento, proprio quando Emirates ha ridotto il proprio ordine dalle 162 unità a 123 massimo. Le compagnie aeree, infatti, hanno saputo sviluppare il viaggio aereo di massa, hanno inizialmente investito in fortezze volanti pensando ad un tipo di trasporto sempre più “wide”, ovvero con sempre più passeggeri a bordo. Riscontrato poi il costo di esercizio, si è tornati a puntare su jet di dimensioni e capienze tradizionali: 2 aerei “wide normal” bimotore, hanno un costo più sostenibile di un gigante come l’A380.

# 2 motori is megl che 4

credits: @a380lovers
IG

Per quanto affascinante e tecnologico, l’A380 e soprattutto i suoi 4 motori, presentano il grande difetto di non saper competere con la riduzione dei costi (di leasing, di manutenzione e di sosta) che garantiscono due aerei delle stesse prestazioni e affidabilità, ma con due motori in meno. Questa gara è persa in partenza, tanto che tutte le compagnie hanno iniziato a smantellare parte della flotta di A380.

La stessa Airbus ha smesso di produrli dal 2021, puntando tutta la catena di produzione sul più performante A350, nato nel 2013 e destinato a rimpiazzare il fratellone nel cuore e negli ordini di acquisto delle compagnie aeree e i loro passeggeri.

Continua a leggere con: Il TRENO VOLANTE: si mette le ali e si trasforma in aereo

LAURA LIONTI

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Leggi anche: Malattie rare, il Senato approva la legge. “Ora Piano Nazionale e lavoro di squadra”

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Avere 18 ANNI a Milano

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Credits: @atelier_grazia_monterisi IG

Cerchiamo di chiarire un punto, amici lettori di Milano Città Stato. Noi non vogliamo insegnare niente a nessuno e ci guardiamo bene dal dettare regole fisse che possono sembrare stereotipate su come e cosa sia necessario per vivere qui. Ma alzi la mano chi arrivando alla maggiore età non si è trovato spaesato, trovandosi a dover fronteggiare realtà milanesi a cui proprio non aveva pensato.

E allora, se non vi spiace, ci permettiamo di fornirvi qualche consiglio gratuito. D’altronde la città la conosciamo molto bene. Talmente bene che non possiamo non darvi una mano.

Avere 18 ANNI a Milano

# Il salto di qualità nella vita notturna

Uno dei salti quanti della maggiore età lo si vede nella vita notturna. A Milano ci sono locali, club e ristoranti per tutte le esigenze. Potrete atteggiarvi da influencer e frequentare solo posti con selezione all’ingresso e menù decisamente costosi, ma potrete anche frequentare le bellezze dei quartieri popolari come Lambrate o Giambellino, pieni di pub, di osterie rustiche e di birrerie artigianali. 

# Votare (con la testa)

Credits: ilsecoloxix.it

Forse, qui non possiamo dire più di tanto perché il voto oggi è diventato un simbolo lontano di ciò che rappresentava in passato. Lo dimostra il grande astensionismo in tutte le tipologie di recenti elezioni. Se non fosse che sulle giovani generazioni dobbiamo puntare eccome, e allora vi consigliamo di votare non solo con la pancia ma con la testa. Anche e soprattutto perché è da Milano che passa il progresso del paese e voi giovani avete il dovere morale di indicare la via. A partire naturalmente dalla politica.

# Iscriversi al car sharing

credits: @evai_car_sharing su IG

Altra fondamentale conquista che si raggiunge con la maggiore età. Le auto cariche di bagagli e provviste, oltre che di utensili, di ragazzi che si spostano qui portandosi praticamente tutto quanto confezionato dai genitori iniziano a essere un po’ fuori moda e fuori tempo. Al di là delle usanze domestiche e di ciò che davvero vi servirà portare con voi, tenete bene in mente una cosa: i mezzi di trasporto di qualunque tipo a Milano sono in sharing.

L’importante è avere uno smartphone in grado di supportare tutte queste app.

# Come e dove aprire un conto

Credits: medicinaonline.com

Anche se molti iniziano anche prima, 18 anni è anche l’età del primo conto e della prima carta di credito. Niente di meglio che debuttare nella capitale della finanza, anche se i più smanettoni possono optare per un conto on line, magari dislocato in qualche angolo nascosto dell’Unione Europea. E soprattutto potrebbe essere l’occasione giusta per pensare al giusto investimento per il proprio futuro.

# Imparare a gestire lo stress del parcheggio

Questa è davvero la prova del nove per chi approda all’età adulta: la gestione dell’ansia e dello stress. Da parte di tutti, figurarsi di giovani ragazzi nel pieno della vitalità caratteriale che si trovano a dover fare i conti con la città. Imparare a parcheggiare è davvero la prima regola per il quieto vivere a Milano.

Per cui, come sopra, occhio a spostarsi qui con macchinoni, auto curatissime e mezzi di trasporto che a casa vostra parcheggereste con cura e lontano da altri veicoli. Imparerete presto che qui il parcheggio va semplicemente inventato e la cura delle sospensioni e della carrozzeria spesso è l’ultima cosa a cui si pensa. Soprattutto quando giri due ore per lasciare l’auto sotto casa e non trovi una soluzione.

Naturalmente aspettiamo di sapere se questi consigli vi saranno stati utili, amici neomaggiorenni che vivete o che verrete presto a Milano. 

Continua a leggere con: Le 10 ragioni per trasferirsi a Milano da una grande CITTA’ EUROPEA

CARLO CHIODO

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A New York il NUOVO PASSANTE FERROVIARIO: a Milano si farà il secondo passante?

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Credits tunneltalk.com - East Side Access tracciato

La Metropolitan Transportation Authority di New York annuncia l’imminente apertura del passante, che potrebbe collegare il JFK con la Grand Central in 40 minuti. Milano è pronta per nuove idee?

A New York il NUOVO PASSANTE FERROVIARIO: a Milano si farà il secondo passante?

# Il passaggio a Est per la Grande Mela

Credits tunneltalk.com – East Side Access tracciato

Il fianco orientale della città di New York, ha sempre sofferto di una doppia personalità: grande interesse per l’area, con Long Island, l’aeroporto Kennedy e molti residenti. Di contro poche infrastrutture e la LIRR (Long Island Rail Road) sempre super affollata. Finalmente sembra essere arrivato il momento dell’inaugurazione del passante ferroviario, l’East Side Access, quello che ha richiesto anni per la realizzazione (passa sotto l’East River) e che avrà il compito di alleggerire il traffico pendolare dall’area dei 3 stati.

Credits mtalirr IG – Arrivo viaggio di prova nel Terminal sotto la Grand Station a NY

Aprirà ufficialmente nel 2022, ma alcune istituzioni sono già state invitate per un giro di prova. La Governatrice Kathy Hocul, ad esempio, che è scesa dal passante entusiasta definendo quest’opera una pietra miliare per New York City e per tutto lo stato. Il giro di prova, con i responsabili di MTA, è durato 27 minuti partendo da Jamaica, nel Queens, per giungere alla Grand Central Station. Normalmente in auto, per questo tratto, possono servire anche 60 minuti.

# Accorciare la città: dal JFK a Grand Central in soli 40 minuti

Credits mmmmk1 IG – Atrio terminal sotto la Grand Central Station NY

Ridurre i tempi di percorrenza dei newyorchesi significherà anche accorciare le dimensioni della Grande Mela, meno inquinamento e, soprattutto, più qualità di vita per i pendolari. La LIRR sarà in grado di accogliere e spostare a Manhattan un +45% di residenti dal Queens e oltre, alleggerendo anche Penn Station di quasi 160.000 viaggiatori, che troveranno valide alternative tra il nuovo passante e tutte le altre linee che questa infrastruttura è destinata a decongestionare.

Binari e gallerie di quest’opera faraonica, che si attesta come uno dei progetti più costosi al mondo per il trasporto pubblico (oltre 10 miliardi di euro), sono pronti. Mancano alcuni ritocchi e collaudi, ma l’anno prossimo apre in tutta la sua lunghezza dal JFK a Grand Central: un tratto che oggi all’ora di punta si completa in 90 minuti, si potrà coprire in 40 minuti netti, regalando ai suoi viaggiatori 50 minuti di tempo libero ogni giorno. Parte della realizzazione comprenderà un Terminal di oltre 3.200 mq.

# Si può paragonare Milano con NYC?

La domanda è provocatoria, perché le dimensioni non sono minimamente assimilabili. La vocazione e l’ambizione dei milanesi, però, sono da almeno mezzo secolo confrontabili con quelle dei residenti di New York City. Gli abitanti e gli utenti di Milano si spettano, quindi, che anche le istituzioni abbiano la stessa voglia di crescere che arriva “dal basso”. Ne abbiamo trovati alcuni, in veste di osservatori, sulla pagina Facebook “Cantiere Urban File”, leggiamo i loro commenti. Colpisce (in faccia) Gabriele B. che accusa tutti gli amministratori di non avere un’idea di città e che «nessuno vuole progetti che terminino al di fuori del proprio mandato». Gli fa eco Andros P. che incoraggia ad «essere un po’ più ambiziosi anche qua da noi». Fabrizio I. commenta con un po’ di rammarico i ritardi dell’Italia: «Aggiungiamo il Crossrail di Londra o le linee di Mosca e Monaco. Praticamente tra le nazioni industrializzate solo l’Italia è ferma al palo».

I commenti auspicano un secondo passante ferroviario, proprio mentre quello esistente resta un oggetto misterioso. Non si capisce se il passante, a Milano, è poco usato perché la frequenza delle corse non soddisfa i passeggeri, annunciata come simile a quelle della metropolitana con un treno circa ogni 6 minuti, oppure se le corse sono diradate perché pochi viaggiatori usano il passante. In questo giochino del cane che si morde la coda, quello che succede è che il primo passante ferroviario di Milano ha poche corse e pochi passeggeri. Quindi cosa fanno i milanesi? Sognano in grande: richiedono il secondo passante ferroviario, con la speranza che venga fuori meglio del primo?

Fonti: CBS NYC, Cantiere Urbanfile 

Continua la lettura con: PARIGI vuole diventare la CITTÀ più “BIKE FRIENDLY” del mondo, potrebbe mettersi in gara anche Milano?

LAURA LIONTI

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Il BOOM della CUCINA ROMANA: 10+1 ristoranti per sentirsi a Trastevere a Milano

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Credits mymilanofood IG - Mattarello Milano

A Milano si stanno moltiplicando i locali di cucina romana. Ecco una selezione di indirizzi gastronomici a Milano da leccarsi i baffi.

Il BOOM della CUCINA ROMANA: 10+1 ristoranti per sentirsi a Trastevere a Milano

#1 Da Exit Pastificio Urbano si mangia la carbonara più “buona del mondo” di Pipero

Credits fuoripasto IG – Exit pastificio urbano

Exit Pastificio Urbano ospita la carbonara più buona del mondo e la serve esattamente come farebbe il buon Pipero nel suo ristorante di corso Vittorio Emanuele a Roma. Questo piatto cult della cucina romana, nella sua versione cremosa, paradisiaca, goduriosa è arrivato a finalmente a Milano.

Indirizzo: Via Orti, Via Curtatone, 24, 20122 Milano MI

#2 Lo storico Giulio pane e ojo, con la sua cucina popolare in via Muratori

Credits 1978bu IG – Osteria pane e ojo

Giulio pane e ojo è lo storico locale della famiglia Ranucci in via Muratori, qui dal 1999, e per tanto tempo l’unico avamposto della cucina romana in città. La carta vincente di questo ristorante è la sua cucina popolare fatta di arrosti profumati, pajata, puntarelle, carciofi, pecorino e ricotta, provenienti da ricette tramandate di generazione in generazione.

Indirizzo: Via Lodovico Muratori, 10, 20135 Milano MI

#3 Abbottega, la bottega di quartiere romana

Credits abbottegamilano IG – Abbottega Milano

Sempre in via Muratori un altro ristorante della famiglia Ranucci, la bottega di quartiere Abbottega. All’interno del locale, urato con salumi appesi, pareti bianche di mattoni e cucina a vista, vengono proposti piatti dell’Italia centrale.

Indirizzo: Via Lodovico Muratori, 11, 20135 Milano MI

#4 Pizzottella, l’autentica pizza in teglia romana

Credits pizzottellamilano IG – Pizzotella

Pizzottella si presenta come un locale semplice con luce calda, mattoni a vista e travi in legno, nel classico stile delle osterie romane. La pizza in teglia, proposta dal giovane pizzaiolo romano Jacopo Mercuro, è la specialità della casa: quadrati gustosi in formato 15×15 da mangiare con le mani e con numerosi gusti tra cui scegliere. Negli ultimi tempi si è aggiunta la pizza tonda bassa e “scrocchiarella”.

Indirizzo: Via Lodovico Muratori, 8, 20135 Milano MI

#5 Cirioletta

Credits ciriolettamilano IG – Cirioletta Milano

Cirioletta, il locale che propone il panino ripieno della tradizione romana. Un cibo povero che ha fatto la storia e superato la guerra e che può essere farcito a piacimento. Una “tasca” di pane dai sapori autentici e genuini con la crosta dorata e una morbida mollica all’interno.

Indirizzo: Via Lodovico Muratori, 10, 20135 Milano MI

#6 Il trapizzino, la tasca di pasta da pane ripiena dei grandi classici

Credits bobhouse87 IG – Trapizzino Milano

Trapizzino, che ha preso il posto dello storico Mariposa prima negozio di dischi poi bar, propone il classico street food romano amato nel mondo. Da un’idea di Stefano Callegari, si può gustare la tasca di pasta da pane ripiena dei grandi classici della cucina della capitale: dal pollo alla cacciatora alle polpette al sugo, alla parmigiana di melanzane, la proposta vegetariana, la versione con doppia panna e alici. Non mancano però i supplì, fritti e ripieni come tradizione.

Indirizzi: Corso Lodi, 1, 20135 Milano MI, Ripa di Porta Ticinese, 2, 20143 Milano MI

#7 Cacio & Pepe: un nome, una garanzia

Credits cacioepepemilano IG – Cacio e Pepe Milano

Cacio & Pepe è una garanzia per gli amanti della cucina laziale. In questo locale poco distante da Piazza V Giornate si possono gustare i grandi classici, dalla celebre pasta con il pecorino all’abbacchio, la carbonara e i carciofi alla romana.

Indirizzo: Via Augusto Anfossi, 2

#8 Ponte Milvio, i piatti tipici della tradizione romana in un ristorante e in una bottega gastronomica

Credits pontemilvio.cucinaromana IG – Ponte Milvio Milano

Ponte Milvio ha aperto a Milano con due locali, un ristorante e una bottega gastronomica. I piatti sono quelli tipici della tradizione romana cucinati con passione: carciofi e cicoria, supplì e fritti de Roma, paste ben condite, saltimbocca e abbacchio. Tra i piatti speciali, non sempre presenti, Coratella e coda alla vaccinara, mentre per i veri tifosi c’è Forza Roma nei dessert.

Indirizzi: Via L. Spallanzani 6, Via Procaccini 44

Leggi anche: Quali sono le GASTRONOMIE MIGLIORI di Milano? Ecco la GUIDA PERFETTA (con MAPPA) per chi non ha voglia di cucinare

#9 Felice a Testaccio, un ambiente elegante familiare con i gusti della tradizione della capitale

Credits alanduchini IG – Felice al Testaccio Milano

Felice a Testaccio offre un ambiente elegante e familiare, accogliente e di tono. A Milano è ormai un’insegna classica della cucina romana con un menu fatto per chi ama stare bene a tavola. Dai primi ai dolci tutto è fatto secondo la classica e casereccia tradizione romana.

Indirizzo: Via del Torchio, 4, 20123 Milano MI

#10 Ma che ce frega, il locale delle tapas romane, con piatti abbondanti e sapori autentici a pranzo e cena

Credits machecefrega_milano IG – Ma che ce frega Milano

Ma che ce frega il locale romano ideale per l’aperitivo. Le tapas romane sono il piatto della casa. Aperto anche a pranzo e cena, con piatti gustosi, porzioni abbondanti e sapori autentici. La filosofia del proprietario è: mettite comodo e nun ce pensà più.

Indirizzo: Corso di Porta Romana, 106, 20122 Milano MI

#10+1 ll Mattarello, il ristorante romano per eccellenza

Credits mymilanofood IG – Mattarello Milano

ll Mattarello è il ristorante romano per eccellenza. Il primo ad aprire fuori dalla capitale, dove ci sono già tredici locali, propone una cucina dai prodotti autentici con una selezione delle migliori e più tradizionali materie prime laziali ad un prezzo abbordabile.

Indirizzo: Via Pietro Moscati, 13, 20154 Milano MI

Continua la lettura con: I 10 RISTORANTI TOP di Milano

FABIO MARCOMIN

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Berlino VOTA SÌ all’ESPROPRIO delle CASE: potrebbe accadere anche a Milano?

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Credits @im_an10 IG - Berlino

Il referendum è stato proposto per cercare di porre un freno ai costi insostenibili degli affitti favorito dalla speculazione delle società immobiliari. Ecco cosa potrebbe succedere ora. 

Berlino VOTA SÌ all’ESPROPRIO delle CASE: potrebbe accadere anche a Milano?

# Il 56,4% dei berlinesi ha votato a favore del referendum per l’esproprio delle abitazioni detenute dalle società immobiliari

Credits valori.it – Esito referendum tedesco esprorio case

Il 26 settembre scorso a Berlino non si è votato solo per le elezioni politiche, ma anche per un referendum che chiedeva di esprimersi a favore o contro l’introduzione dell’obbligo per le grandi società immobiliari di cedere al comune-regione lo stock di alloggi che detengono in città.

Si tratta a tutti gli effetti di un esproprio, per consentire ai cittadini di mettersi al riparo da un caro-affitti che ha raggiunto livelli insostenibili. I destinatari del voto sono le società immobiliari proprietarie di oltre 3.000 alloggi nel territorio comunale della capitale tedesca. L’esito del referendum ha visto una vittoria dei “sì” con il 56,4%.

# Come funzionerebbe se venisse introdotta la legge 

Il referendum votato a Berlino è di tipo consultivo, quindi non obbligherebbe la nuova amministrazione cittadina a emanare una delibera, per preparare un disegno di legge regionale, ma è di certo un segnale forte che non potrà essere ignorato. Nel caso venisse portata avanti l’istanza espressa dal voto dei cittadini, il parco immobiliare espropriato dovrebbe poi essere gestito da un’istituzione pubblica, con la partecipazione maggioritaria e democratica degli inquilini e il divieto di riprivatizzazione. Per quanto riguarda le società immobiliari riceverebbero una «compensazione significativamente al di sotto del valore di mercato».

# Potrebbe accadere anche a Milano?

credit: masterx.iulm.it

A Milano il problema del caro affitti è più marcato che altrove in Italia e nonostante la pandemia da Covid-19 i prezzi hanno continuato a salire, anche nei quartieri più periferici. La crescita degli investimenti immobiliari in città e la rivalutazione di zone prima un po’ bistrattate daranno un’ulteriore spinta verso l’alto dei prezzi.

Il referendum proposto e votato a Berlino potrebbe essere uno strumento utile anche per i milanesi, se non per far introdurre una legge sull’esproprio, quantomeno per far pressione sull’amministrazione comunale e sui grandi proprietari di immobili con l’obiettivo di rivedere le logiche di un sistema diventato insostenibile.

Leggi anche: La NUOVA TOP TEN dei QUARTIERI che si sono rivalutati di più in Italia: primo un quartiere di Milano

Continua la lettura con: I 4 QUARTIERI per STUDENTI dove AFFITTARE casa a Milano

FABIO MARCOMIN

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Le 10 COLAZIONI più STRANE del mondo

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credit: bar.it

In Italia il primo pasto del giorno consiste tipicamente in un cappuccio e un cornetto. Ma nel resto del mondo? Ecco le 10 colazioni più strane.

Le 10 COLAZIONI più STRANE del mondo

Si dice che la colazione sia il pasto più importante della giornata, bisogna introdurre le energie sufficienti per far partire la macchina dell’organismo. In ogni parte del globo quindi la colazione è una vera e propria abitudine dettata dalle esigenze del corpo, però ciascun paese ha una colazione tradizionale differente. Quali sono le 10 più strane del mondo? Ecco la classifica.

#10 Hong Kong: il Congee

credit: cookinglight.com

La colazione ad Hong Kong prevede che venga servito un porridge preparato lasciando cuocere per un lungo lasso di tempo il riso, finchè questo non acquisisce una consistenza piuttosto densa. Il porridge di riso viene insaporito con del granchio oppure utilizzato insieme ad una vera e propria zuppa, sempre di granchio. Entrambe le versioni vengono chiamate dai locali Congee.

#9 Giappone: il Chawan Mushi

credit: Wikipedia

In Giappone tra le colazioni più strane che possono servirvi c’è sicuramente il Chawan Mushi, una zuppa molto sostanziosa che contiene diversi ingredienti. E’ infatti una zuppa di brodo dashi (un brodo di carne, verdura o pesce, insaporito con delle spezie) in cui vengono aggiunte le uova, il latte, i semi di Ginko Biloba e, per non farsi mancare nulla, una manciata di funghi e gamberetti. Insomma, un vero e proprio brodo iperenergetico.

#8 Islanda: l’Hafragrantur

 

credit: dv.is

Anche in Europa esistono delle colazioni un po’ atipiche e tra queste quella islandese merita di essere inserita all’interno di questa classifica. L’Hanfragrantur consiste in un porridge ottenuto con avena e latte. Viene lasciata sobbollire a lungo l’avena nel latte, finché il mix non ottiene la consistenza densa tipica del porridge. Una volta che la base è pronta, vi si aggiungono gli ingredienti extra: un po’ di burro, uvetta e zucchero. Per una colazione tutt’altro che light.

#7 Korea: il Kimchi

credit: maangchi.com

Torniamo in Asia con la colazione coreana. Tra tutte i piatti previsti dalla tradizione vi è anche il Kimchi, una colazione piccante e diffusa in varie varianti. L’elemento che viene mantenuto in ogni variante del Kimchi sono le verdure fermentate, le spezie e i frutti di mare salati. Quale siano le verdure utilizzate è di poca importanza, purché vengano fatte fermentare. Solitamente nella preparazione tradizionale si utilizzano il cavolo napa e i ravanelli coreani.

#6 Ghana: il Waakye

credit: kwadwosheldon.com

Se per il momento abbiamo visto solo colazioni asiatiche ed europee, non poteva mancare una tra le colazioni più strane dell’Africa: quella ghanese. Per la preparazione di questo piatto sono necessari degli ingredienti soliti e altri un po’ particolari: la base del piatto sono il riso e la salsa di fagioli, che vengono cucinati insieme a guaine o foglie di sorgo essiccate. Ultimo ingrediente, ma non per importanza… il calcare. E anche se sembra assurdo, è proprio questo strano ingrediente a conferire al Waakye il suo tipico sapore.

#5 Stati Uniti: lo Scrapple

credit: bar.it

Anche gli Stati Uniti hanno delle strane tradizioni, tra queste c’è indubbiamente lo Scrapple. Questo piatto piuttosto difficile da digerire consiste in una fetta di carne di maiale, preparata però con avanzi tritati, speziati, tritati, bolliti e poi pressati. Quando gli avanzi hanno assunto la forma di una classica fettina di carne, vengono accompagnati da dei deliziosi pancakes con le uova. Se si ha la fortuna (o sfortuna forse) di assaggiare questo piatto tradizionale, ci si dovrebbe preparare con anticipo portando con sé dei digestivi.

#4 Pakistan: Siri Paya

credit: alchetron.com

Se lo Scrapple statunitense lascia perplessi, anche il Siri Paya pakistano non è da meno. Questo diffusissimo piatto è addirittura la colazione riservata per gli ospiti speciali, e derivano dall’hindi “paaya” che significa letteralmente “gambe“. Infatti gli ingredienti principali di questo piatto sono gli scarti delle zampe di capre, agnelli o buoi. Questi scarti vengono cucinati sotto forma di zuppa con l’aggiunta di varie spezie.

#3 Messico: il Huitlacoche

credit: cocinafacil.com.mx

Al terzo posto sul podio della classifica si posiziona il Messico con il Huitlacoche. Questa tradizionale colazione messicana sfrutta una malattia del granturco per ottenere un sapore particolare. Infatti, vengono selezionate per questo piatto le pannocchie attaccate dai funghi che assumono per questo un gusto differente, ma non solo. Le pannocchie malate tendono a cambiare forma e colore, diventando grigie e rigonfiate. A quanto pare però, anche se brutte da vedere, hanno un buon sapore e vengono servite insieme alle omelette.

#2 Cina: le uova centenarie

credit: bar.it

E’ la Cina a guadagnarsi il secondo posto sul podio grazie a delle uova centenarie. La tradizionale colazione cinese è molto pregiata, infatti vengono lasciate le uova a fermentare per ben 100 giorni in cenere, sale e lime. Alla fine di questi 100 giorni, il tuorlo sarà diventato verde mentre l’albume avrà preso un colorito nero e una consistenza gelatinosa. L’aspetto non è dei migliori e tantomeno l’odore, che dicono sia particolarmente pungente, però il sapore dovrà essere ottimo per aver aspettato più di 3 mesi per fare colazione.

#1 Giamaica: l’Ackee

credit: Wikipedia

Ma al primo posto della classifica per la colazione più strana del mondo si trova la Giamaica. La caratteristica più assurda del frutto Ackee è la pericolosità, infatti bisogna stare molto attenti a consumare questo piatto perché, se acerbo, il frutto può essere velenoso. Ma l’Ackee non è una semplice colazione, è considerato da molti il piatto nazionale giamaicano. Il frutto dell’ackee viene cucinato insieme a spezie, verdure e del baccalà ammollito e fatto a pezzetti, il tutto servito con delle strepitose uova strapazzate. Sicuramente interessante da provare, ma attenzione alla maturazione.

E pensare che noi italiani ci accontentiamo di un cappuccio e un cornetto

Quale tra queste stranissime colazioni vorreste provare? E quale invece non provereste mai?

Leggi anche: Dove si beve il CAFFÈ più BUONO di MILANO? I 10 BAR TOP per il Gambero Rosso

ROSITA GIULIANO

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Il mistero è potere

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Simbolo della massoneria

La vita è un mistero.
Tutti gli accadimenti di cui facciamo esperienza hanno un lato imperscrutabile. Per governare questo lato, fin dalle origini del mondo esisteva la figura degli stregoni in grado di legare il razionale con l’irrazionale. Un ruolo nella società che poi si è secolarizzato attraverso le strutture religiose.
Il mistero della fede è esso stesso l’origine del potere delle chiese.

Senza mistero il potere perde di forza.
Per certi aspetti internet e poi i social rappresentano la distruzione del potere dell’informazione e stanno aprendo la strada all’eliminazione dei media tradizionali, la cui forza viene data dal poter scegliere tra le notizie da mettere in luce e quelle da mantenere nell’ombra.
Più sono le notizie che senza i mass media restano nel mistero, più è grande il potere dei media.

Il fatto di avere come un cono d’ombra su cui poter agire liberamente determina il grado di potere di un’autorità. Alimentare il mistero su quale sarà il futuro dei cittadini serve al governante per rinforzare la sua posizione.
Il potere si esercita facendo vivere le persone nell’incertezza e mai come in questo periodo i governi in nome di un futuro misterioso stanno straripando dagli argini costituzionali.

Il potere che si regge sul mistero è una forma arcaica, che prevede un atteggiamento sciamanico e degli atti di fede da parte di un popolo la cui obbedienza si fonda sull’ignoranza e sull’assenza di responsabilità.

L’unica via per portare al potere a un ruolo più edificante e all’altezza dei tempi è la trasparenza nei rapporti tra cittadino e autorità.
Riuscire a fare luce dove regna l’ombra è la strada maestra per dare un futuro migliore all’umanità.

Continua la lettura con: Lo stato di mafia

MILANO CITTÀ STATO

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🛑 La NUOVA CITTADELLA dello SPORT alle porte di Milano

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Credits infobuild - Sports Life City

A pochi chilometri dal limite comunale di Milano potrebbe nascere una cittadella dello sport. Al suo interno è prevista un’arena pronta a battere il record di capienza del futuro PalaItalia previsto nel quartiere di Santa Giulia. Tutti i dettagli del progetto. 

La NUOVA CITTADELLA dello SPORT alle porte di Milano

# Nell’area di 300.000 mq ci saranno un’arena da circa 20.000 posti, un palazzetto secondario e un complesso di campi di tennis

La società Sport Life City si prepara a realizzare un’enorme cittadella dello sport, dovrebbe occupare un’area di circa 300.000 mq nel quartiere San Francesco di San Donato Milanese, dove è presente ancora l’omonima cascina. La zona prescelta è quella a cavallo tra la ferrovia e l’autostrada. Nel progetto sono previste:

  • un’arena da circa 20.000 posti per manifestazioni sportive, concerti ed eventi, che supererebbe quindi in capienza il “PalaItalia” in costruzione per le Olimpiadi a Milano, a soli 5km dall’area;
  • un palazzetto polifunzionale secondario da 1500 posti;
  • un complesso da 8 campi per il tennis;
  • una zona commerciale compresa di ristorazione da 5.000 mq;
  • un liceo scientifico dello sport con campus destinato ad ospitare 400 studenti;
  • un residence a servizio di atleti, addetti ai lavori o visitatori;
  • un medical center;
  • 105.000 mq di verde.

# L’investimento complessivo è di 170 milioni di euro

Credits Urbanfile – Area di realizzazione del centro Sportlifecity

L’investimento complessivo di tutto il progetto è di 170 milioni di euro, in un’area che decenni attende di essere urbanizzata dopo la realizzazione della stazione ferroviaria di San Donato nel 1991, ma messa in funzione solo nel 2003. Per migliore l’accessibilità dell’area e evitare il traffico di attraversamento nel centro del comune, nel Piano della viabilità è inserito anche un’uscita dalla tangenziale che condurrà direttamente all’area.

La realizzazione del complesso progettato dallo studio di architettura Wip, verrà realizzata in tre fasi, in modo da rendere accessibili le diverse parti con l’avanzare dei lavori. Si attende solo l’approvazione definitiva, il Piano Integrato di Intervento c’è già, per definire il calendario dei lavori.

 

Fonti: Urbanfile, Infobuild

Continua la lettura con: Anche Milano avrà una ARENA. E sarà la più GRANDE d’Italia

FABIO MARCOMIN

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PARIGI vuole diventare la CITTÀ più “BIKE FRIENDLY” del mondo, potrebbe mettersi in gara anche Milano?

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Credits paris.fr - Plan Velo 2021-2026

100% ciclabile entro i prossimi 4 anni, questo l’annuncio della capitale parigina. La decisione presa sotto la spinta della crescente popolarità riscossa dalle due ruote e dal pedale.

PARIGI vuole diventare la CITTÀ più “BIKE FRIENDLY” del mondo, potrebbe mettersi in gara anche Milano?

# La città in bici: 180 km di nuove piste ciclabili

Credits paris.fr – Plan Velo 2021-2026


Si chiama Plan Velo il piano annunciato dal Comune di Parigi, per rendere la capitale francese ancora più bike friendly di adesso, percorribile in 15 minuti, ma in bicicletta.
Il risultato sarà una città 100% ciclabile, grazie all’aumento di piste, accessori e complementi. Grazie ad investimenti massicci, da qui al 2026 sarà di ben 180 l’aumento dei chilometri di preferenziali ciclabili, suddivise tra bike lane e piste separate in carreggiata.

L’aumento riguarderà anche l’offerta di due ruote in sharing e l’incremento esponenziale dei parcheggi a disposizione di biciclette, sia pubbliche che private.

# Il piano più audace

Credits paris.fr

La meta del Tour de France lancia così il piano più audace del mondo, in tema di riconversione del traffico urbano e gioca a carte scoperte: l’ambizione è quella di presentare una città completamente ciclabile. Fino a pochi anni fa Parigi era considerata “velenosa” per bici e soprattutto ciclisti. Plan Velo è semplice e lineare: si passerà dalla totale messa in sicurezza delle ciclabili per cautelare i ciclisti dal traffico veicolare, la messa in sicurezza prevede anche la pulizia quotidiana e costante da elementi di pericolo, siano essi la neve o ostacoli occasionali. Giocherà un ruolo chiave per la transizione dell’uso di mezzi come le auto, all’utilizzo delle biciclette, anche il controllo sistematico da parte degli agenti di polizia. Infine lo scoglio più duro: l’aumento dei parcheggi per le biciclette, che passa dagli attuali 60mila ad oltre 180mila. La notizia nella notizia è che i posteggi bici troveranno spazio grazie all’eliminazione dei posti auto per strada

# Nel territorio comunale parigino già oggi ci sono 1 milione di passaggi di biciclette ogni giorno

Credits paris.fr – Pista ciclabile Parigi

Nella città di Parigi, durante gli ultimi due anni, la transizione è stata spontaneamente adottata dai cittadini, che hanno lasciato di più l’auto a casa, preferendo la bicicletta. Oggi che la transizione è iniziata, si contano nel perimetro comunale ben 1 milione di passaggi di biciclette ogni giorno, compresi i giorni festivi. Questa popolarità ha messo pressione agli amministratori che si sono fatti trovare pronti, stanziando un investimento complessivo di 250 milioni di Euro per il Plan Velo, che è la naturale evoluzione della città a 15 minuti, le zone 30 km/h annunciate da tempo e gli appelli ad un comportamento più virtuoso da parte dell’intera comunità.

# Milano farà lo stesso? Le principali criticità da risolvere

Parigi ha un’altra grande visione rispetto a Milano, più alta e completa se vogliamo.
Questo tipo di delibere rischiano di trascurare gli anelli deboli dell’eco sistema urbano, ad esempio i pedoni, finendo per metterli in pericolo. Parte dello stanziamento deliberato dalla Ville Lumiere, invece, sarà destinato sia al controllo del traffico su due ruote, con sanzioni e incremento dei controlli, ma soprattutto verrà investito per insegnare le regole della strada e l’attenzione verso pedoni, bimbi in passeggino e altri membri “lenti” della comunità, come ad esempio gli amici al guinzaglio. 

Il sindaco di Milano non ha mai nascosto di prendere a riferimento la capitale francese per le sue politiche green. Ma cosa serve per imitare Parigi anche in questo?

Forse l’anello più critico rispetto alla “gemella” d’Oltralpe è la mancanza di un piano di collegamento della periferia al centro “by bike”. I pendolari sono lasciati a loro stessi, spesso obbligati ad arrivare in auto contro cui il principale deterrente sembra un generale clima ostile nei confronti degli automobilisti, i quali hanno accolto le ciclabili come una prepotenza, quasi un sopruso, perpetrato da bici e monopattini. Queste divisioni hanno creato una prima spaccatura nella comunità, che osservatori attenti hanno più volte sottolineato. Senza dimenticare che i pedoni hanno denunciato un aumento dei pericoli: fino al 2019 passanti e carrozzine dovevano guardare in due direzioni e stare attenti solo alle auto. Oggi devono prestare anche attenzione a quello che scorre sui marciapiedi. 

Parigi avrà uno sviluppo ciclabile che crescerà armonicamente, collegando il centro alle periferie in modo sicuro e nel rispetto di tutti gli stakeholder. Possiamo e dobbiamo attendere lo stesso risultato anche a Milano?

Continua la lettura con: La nuova RIVOLUZIONE francese: 200 KM di METROPOLITANE circonderanno PARIGI

LAURA LIONTI

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Milano di DOMANI vista dai LICEALI

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Credits linkiesta- Progetto nuovo quartiere ebraico

Ti sei mai chiesto come i giovani milanesi sognano di vedere i propri quartieri? Lo ha fatto direttamente l’associazione Amici della Triennale, ecco quali sono le “risposte dal futuro”.

Milano di DOMANI vista dai LICEALI

# Coinvolgere i giovani con il concorso “Ri-abitiamo Milano”

Triennale Milano

Per dimostrare di avere a cuore il futuro di una comunità ci sono due strade: la prima è interrogare una fantomatica sfera di cristallo. La seconda, oggettivamente più concreta, indica di rivolgersi alle giovani generazioni, ovvero i cittadini della comunità di domani.
A Milano è stato per questo indetto un concorso tra gli studenti delle scuole superiori. La rassegna, che si chiama “Ri-abitiamo Milano”, nasce per iniziativa dell’Associazione Amici della Triennale e vede coinvolti studenti e studentesse delle scuole superiori milanesi. Il concorso chiede espressamente alle giovani generazioni di ridisegnare e ripensare alcuni quartieri di Milano, dalle aree dismesse a quelle propriamente da riqualificare.
La giuria del concorso ha premiato alcuni di questi progetti che i giovani hanno presentato, definendoli «stupefacenti».

# Futuro pulito

Ispirato all’agenda 2030 e ai temi posti al centro dai Fridays for the future, il concorso ha letteralmente messo tra le priorità dei ragazzi milanesi alcune criticità, legate ad aree o quartieri che necessitano di una riqualificazione profonda. Studenti e studentesse hanno restituito una visione bellissima di una Milano sostenibile e moderna, pragmatica e funzionale. I giovani milanesi hanno già le idee chiare su come dovrebbe essere la loro città nel futuro, perché vedono il loro avvenire in questa città.

# I 3 progetti vincitori sui 30 finalisti

Credits amicidellatriennale Fb – Progetti Ri-abitiamo Milano

Di tutti i progetti presentati dalle scuole, ne sono arrivati alla fase finale circa una trentina e, tra questi, la giuria del concorso ne ha premiati 3:

#1 Una maxi serra nell’ex area Innocenti

Croce e delizia di una Milano che non c’è più, l’area ex Innocenti è uno degli oggetti più misteriosi di tutta la Pianura Padana. Decine di brainstorming, ognuno dei quali nasconde motivi speculativi e puramente commerciali sono stati, secondo il parere della giuria di Ri-abitiamo Milano, spazzati via da due studenti, Davide Fantini e Dylan Amoruso, che hanno presentato per l’area un’idea che trasforma le strutture ex industriali in una strepitosa serra. L’idea è molto semplice: consolidare e tenere le strutture portanti, esaltare il metallo, rifinire con tanto vetro ed ottenere una serra, auto sostenibile grazie all’adozione di pannelli solari.

#2 La permacultura al Parco di Trenno

L’immensa distesa già verde del grande parco urbano diviene invece, per Carolina Bagnasacco, Arianna Fantoni e Lavinia Taverni, spazio adibito anche a permacultura, laddove trova spazio un piccolo eco-sistema circolare, dove troviamo piante da frutto, flora acquatica ed erbe aromatiche e officinali.

#3 Un Quartiere ebraico più sostenibile e moderno

Interessante fin dal rendering il progetto di 5 studenti della comunità ebraica per il cosiddetto quartiere ebraico. Gli studenti si chiamano Alessia Nassimiha, Yael Recanati, Gabriel Loley, Jonathan Vona e Dan Hasbani, il progetto vede una visione moderna della città e del proprio quartiere, riqualificato all’insegna della sostenibilità per i residenti, rooftop garden e tanto verde a disposizione dei residenti.

# Il concorso è alla seconda edizione

Credits amicidellatriennale Fb – Ri-abitiamo Milano

Giunto alla seconda edizione quest’anno, Ri-abitiamo Milano è una intuizione degli Amici della Triennale. La giuria del concorso 2021 era composta dall’architetto Mario Cucinella, lo scienziato Stefano Mancuso, la giornalista e scrittrice Alessandra Viola e dal Consiglio direttivo dell’associazione, rappresentato dalla Presidente Elena Tettamanti, che ha definito «sorprendente» la risposta delle scuole e dei loro studenti. «Veramente alta è stata la qualità dei loro contributi, […] indicativa di una sensibilità diffusa e uniforme dei giovani» sulle problematiche di futuro e sostenibilità proposte.
I vincitori sono stati premiati con “card-libro”, del valore di 1.000 Euro e, all’assegnazione dei premi, erano presenti il Sindaco Beppe Sala e il patron Giuseppe Caprotti. I buoni-cultura sono validi per implementare le conoscenze di questi giovani, che si sono comunque dimostrati in grado di accettare la sfida e di immergersi negli strumenti che hanno a disposizione per portare a termine questo delicato compito.

A parere di chi scrive, qualcosa di straordinario è successo in questa seconda edizione di “Ri-abitiamo Milano”: i giovani milanesi non si sono limitati a fornire una visione del futuro, che naturalmente per essere armonizzato al resto della città va implementato da urbanisti esperti e indipendenti, per valorizzare i contenuti espressi dai ragazzi. Questi studenti hanno dimostrato identità, attaccamento e profonda conoscenza del proprio quartiere.
La rassegna ha il pregio di aver stimolato i giovani ad una riflessione sull’ambiente urbano in cui dovranno vivere, ma sembra che queste ragazze e questi ragazzi siano già immersi nella realtà odierna, con una visione del futuro armoniosa e votata al bello.

Continua la lettura con: I 7 LUOGHI dove Milano è già FUTURO

LAURA LIONTI

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Il NEGOZIO più STRANO del mondo

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Cos’hanno in comune il moderno mondo dello shopping e l’archeologia? La risposta giusta è Verona! Il perché lo scoprirete leggendo questo articolo. 

Il NEGOZIO più STRANO del mondo

Sebbene passi alla storia come la capitale dell’amore travagliato, Verona è famosa in altri mille ambiti, dalla musica alla letteratura, passando per l’arte, e il buon cibo. Chiunque abbia visitato Verona, saprà quanto sia splendida, maestosa, e quanto abbia da offrire ai milioni di turisti che ogni anno vengono a renderle omaggio. 

Credits: tecnostrutture.eu

Ma sapevate che a Verona c’è anche uno dei negozi più strani al mondo? Siamo in via Mazzini, cuore nevralgico dello shopping veronese, più precisamente al civico 41. Qui si trova lo store di Benetton, ma non solo. Entrate, date un’occhiata ai capi in vendita, poi dirigetevi al reparto uomo, e rimanete meravigliati. Si, perché l’intero piano è uno scavo archeologico a cielo aperto e totalmente accessibile al pubblico. 

Credits: @MultiArt

 # Via Mazzini: i resti romani nella via dello shopping

La scoperta risale al 2013, anno in cui l’azienda trevigiana acquista il palazzo nel cuore della città veneta. Poco dopo l’avvio dei lavori di ristrutturazione dei locali, infatti, sono emersi numerosi resti di epoca romana dell’antica Verona: una parte di una domus romana, alcune strutture e un mosaico in forma geometrica ancora in buone condizioni per un totale di circa 60 metri quadri di area archeologica, delimitata da sottili ringhiere in vetro e metallo, per permettere a tutti di godere di questa magnifica visuale. 

Credits: @MultiArt

 # I resti di Verona antica

Lo scavo ha messo in luce circa 15 metri della cinta muraria di età municipale (e che prosegue fino a Porta Borsari), con un alzato conservato in alcuni punti anche 3 metri. Inoltre sembra che il settore urbano messo in luce sotto il negozio Benetton fosse parte di un più ampio complesso artigianale, organizzato e strutturato, e legato alla fusione e alla lavorazione del bronzo. La domus ritrovata infatti, sembra essere stata costruita sopra un edificio precedente, la Fonderia Bronzea. Data la vicinanza con l’Arena, le affermazioni degli archeologi non sorprendono poi più di tanto.

Credits: @MultiArt

Quelli di Benetton infatti non sono gli unici resti di epoca romana rinvenuti nella via dello shopping veronese; proprio sul lato opposto della strada, a Palazzo Arvedi, negli anni Settanta sono stati rinvenuti tratti di mura romane in mattoni di età repubblicana e uno sperone difensivo romano. La particolarità della scoperta in casa Benetton è proprio data dalla sua ubicazione: poter fare shopping e allo stesso tempo ammirare la Verona nascosta e sommersa dal tempo è sicuramente un’esperienza unica al mondo.

Credits: @MultiArt

Cambia il paradigma, quindi: via Mazzini non è più solo la via dello shopping veronese per eccellenza, ma anche un luogo di ritrovo per studiosi che vorranno studiare, far luce, o anche solo curiosare tra questi insoliti ritrovamenti.

Continua la lettura con: Antichi ROMANI e ROMANI di oggi a confronto: in cosa sono CAMBIATI nel corso dei SECOLI?

GIADA GRASSO 

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Via Ceresio: un altro STORICO PALAZZO si è rifatto il LOOK

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Credits archiportale - Ceresio7

La struttura dell’edificio è stata mantenuta per lasciare inalterata la sua vocazione industriale, la riqualificazione ha coinvolto più pesantemente le facciate e gli interni. Ecco come è stato trasformato il palazzo.

Via Ceresio: un altro STORICO PALAZZO si è rifatto il LOOK

# Riqualificato lo storico edificio industriale di A2A in zona Monumentale

Credits archiportale – Ceresio 7 e Adi

In zona Monumentale ha trovato nuova vita il vecchio edificio industriale a uso uffici dell’azienda A2A in via Ceresio 7/9, per opera dello studio Asti Architetti, diventato sede italiana della società di consulenza Mazars al termine dei lavori. Il progetto di rinnovo dell’immobile, che è adiacente alla nuova sede dell’Associazione per il Disegno Industriale – ADI, è ricompreso in quello più ampio che coinvolge l’ex centrale elettrica Enel.

La struttura dell’edificio è stata mantenuta ma riconfigurata attraverso canoni estetici contemporanei, come per gli altri immobili prospicienti la piazza, ad esempio la nuova sede ADI. Il commento di Paolo Asti, fondatore dello studio di architettura: “abbiamo pensato a un sistema di facciata estremamente regolare, a maglia quadrata […] in maniera tale che l’atmosfera rimanga quella di un ambiente a vocazione industriale. Il tutto abbinato a spazi interni che al contrario di industriale non hanno più nulla perché sono adibiti a uffici di massimo livello qualitativo energetico e di performance”.

# Come è stato trasformato l’immobile

Credits archiportale – Ceresio7 fianco

La nuova facciata dell’edificio presenta un elemento porticato a doppia altezza che si apre verso lo spazio aperto pubblico della piazza e che ospita gli accessi principali dell’edificio. Inoltre svolge un ruolo di ripartizione del fronte lasciando visibile il basamento e staccandosi anche cromaticamente dal resto con un colore grafite intenso, rispetto a quello più tenue nel corpo superiore dell’edificio. 

Credits archiportale – Ceresio7 lato

Per la progettazione delle facciate cieche a sud e a nord sono state scelte delle lastre ceramiche in grande formato per risolvere una complicata situazione di cantiere che consentiva spazi e tempi ridotti. L’utilizzo di materiale riciclato per una parte delle carpenterie metalliche e la presenza di un sistema della raccolta delle acque piovane per successivo riutilizzo sono tra i motivi che hanno consentito all’edificio di rispondere alle previsioni normative in materia di bonus energetiche e di fare ottenere all’immobile la certificazione LEED GOLD

 

Fonte: Archiportale

Continua la lettura con: I 10 edifici ART DÉCO più BELLI del mondo

FABIO MARCOMIN

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Let’s go Brandon, la nuova rivoluzione americana?

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@realmarjoriegreene IG

Negli Stati Uniti si sta diffondendo un fenomeno molto significativo anche per mostrare come la realtà sta venendo deformata dall’informazione. E come dall’altra parte il popolo risponde con sarcasmo e rilancia.

Si sta propagando sui social e anche in manifestazioni dal vivo il meme Let’s go Brandon. Ma cosa significa?

Tutto è nato quando al termine della 200 miglia di Daytona, durante l’intervista al vincitore della gara, Brandon Paasch, la folla gridava Fuck Joe Biden!, invocazione sempre più presente negli eventi in America dove c’è grande pubblico. La commentatrice ha cercato di coprire questo coro chiedendo al pilota cosa si prova a sentire tutto il pubblico incitarlo al grido di “Let’s go Brandon!”

Da quel momento quella domanda fuori luogo si è trasformata nel meme #letsgobrandon utilizzato ovunque sulla rete per identificare immagini con gente che grida Fuck Joe Biden evitando la censura dei social.

Credits: @phat_royalt
IG

Nelle armerie degli Stati Uniti la scritta “Let’s go Brandon” viene incisa sulle armi. A parte l’aspetto pittoresco, questa è una indicazione importante sulla sensibilità del popolo americano, con cui si può essere d’accordo o meno, con la profondità su cui è radicato il secondo emendamento nella coscienza collettiva. A differenza delle socialdemocrazie europee la democrazia americana ha come atto fondante una ribellione armata del popolo contro un governo dispotico.

Credits: @mia_amarise IG

La Costituzione americana vede infatti il popolo armato come uno dei principale elementi di garanzia contro una potenziale tirannide.
Se lo Stato si pone come monopolio della violenza legittima, quando questa violenza cessa di essere legittima bisogna avere un argine. Per avere un vero controllo del potere bisogna avere un potere totalmente fuori controllo.

Per l’ordinamento americano la rivoluzione popolare è la forma più alta di garanzia per il we the people che rappresenta l’incipit della Costituzione.
Per fare in modo che questa affermazione non sia astratta è necessaria che, nell’eventualità che il governo diventi dispotico, ci sia sempre la possibilità per il popolo di ribellarsi.

Credits: @zeducationmemes IG

Continua la lettura con: Demolition Men

LA FENICE

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Leggi anche: Si scrive Biden e si legge Trump. Ha ragione Greta

 

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Ha vinto la mafia?

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@wave.ofstreetwear IG

La mafia nasce nel mondo feudale quando l’insicurezza crea la necessità di fortificarsi.
La diffusione dei castelli a partire dall’anno mille, dovuta al disfacimento dell’impero di Carlo Magno e alle continue incursioni di varie popolazioni straniere, ha portato alla necessità di affidarsi ai signorotti locali che offrivano protezione.

Nata come forma di tutela, la mafia si è estesa come una vera e propria cultura di sistema, trasformando negli anni i piccoli boss medievali in ricche famiglie aristocratiche che manovrano il potere politico.  Ed è diventata mentalità diffusa, centrata sulla devozione all’autorità che in cambio di protezione esige tasse e totale fedeltà.

Il sistema mafioso prolifera quando lo Stato non riesce ad assolvere le sue funzioni. Si tratta di uno Stato nello Stato tanto più presente quanto più lo Stato si fa assente. E a partire dagli anni Ottanta questo Stato nello Stato in certe parti d’Italia si è via via sovrapposto allo Stato diventando quasi una unica entità inconfondibile da esso.

Oggi si parla meno di mafia. C’è chi può pensare che questo silenzio sia dovuto al fatto che lo Stato abbia annientato la mafia. Oppure può venire il sospetto opposto, ossia che la cultura mafiosa che prima veniva identificata come distinta dallo Stato oggi si sia diffusa a tal punto da non distinguersi più dalle istituzioni, e, in generale, da costituire la cultura dominante nel Paese.

È indubbio che alcune caratteristiche del sistema mafioso siano oggi consolidate e accettate. Ad esempio la devozione acritica pretesa dal governo, una forma di omertà sui media che copre misfatti e zone d’ombra in chi esercita il potere, una commistione diffusa di interessi tra i settori economici, politici e gli organi di controllo delle istituzioni e, in generale, una divisione del mondo tra amici da foraggiare e nemici da annullare.

Forse in una epoca di crisi degli Stati tradizionali uno dei rischi più concreti è che lo Stato si trasformi in un sistema mafioso.

Continua la lettura con: L’assenza di denaro è il motore della storia

MILANO CITTÀ STATO

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Leggi anche: Il nazismo, la Feltrinelli e il Giornale nei nostri tempi ideologici

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🛑 La RIVOLUZIONE di ATM: si potrà pagare CONTACTLESS su TUTTI i mezzi di superficie

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Credits Ufficio Stampa - Nuova convalidatrice contactless su bus 73

Prosegue il piano di Atm per consentire il pagamento contactless su tutti i 2.000 mezzi di trasporto pubblico di superficie in circolazione. Ecco da quando sarà possibile pagare con carta di credito o smartphone.

La RIVOLUZIONE DIGITALE di ATM: si estende il pagamento contactless sui mezzi di superficie

# Un investimento di 12 milioni per 7.000 nuovi dispositivi elettronici per pagamenti contactless

Credits Ufficio Stampa Atm – Tornello metrò contactless tessera

La rivoluzione digitale di Atm prosegue puntando all’estensione del sistema di pagamento contactless con carta di credito su tutti i 2.000 tra tram, bus e filobus in circolazione. L’investimento complessivo è di 12 milioni di euro per la fornitura, appena affidata a seguito di procedura ad evidenza pubblica, di 7.000 dispositivi elettronici da installare sui mezzi pubblici. Il processo di smaterializzazione dei ticket di viaggio di Atm va avanti registrando numeri da record: nelle 113 stazioni metropolitane in tre anni dall’entrata in funzione del servizio sono stati 23 milioni i biglietti acquistati ai tornelli con la modalità contactless, sulle tre linee bus in sperimentazione da dicembre 2020 (56, 70 e 73) i pagamenti con carta di credito ha raggiunto il numero di 20.000.

# Le convalidatrici entreranno progressivamente in funzione dal 2023 

Credits Ufficio Stampa Atm – Nuova convalidatrice contactless su bus 73 (2)

L’installazione delle nuove convalidatrici contactless inizierà nel 2022, successivamente alla fase progettuale del piano Atm, e partire dal 2023 entreranno progressivamente in funzione. Ogni dispositivo è dotato di tecnologia 5G, localizzatore Gps e il sistema riesce a scegliere la tariffa più vantaggiosa da applicare al passeggero, anche in caso di interscambio bus-metro. Per fare un esempio, dopo il terzo viaggio all’utente non verrà addebitato il costo di 6 euro ma automaticamente la tariffa giornaliera di 4,50 euro. Oltre al pagamento contactless per acquistare un biglietto in formato digitale si possono utilizzare sms e App Atm Milano, che dal 2020 consente anche di rinnovare l’abbonamento.

Fonte: Ufficio Stampa Atm

Continua la lettura con: Guadagnare con la PLASTICA in METRO: installato il primo ecocompattatore

FABIO MARCOMIN

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Leggi anche: Milano, asfalto e ciliegi. Chi ha vinto la battaglia fra gli alberi e il cemento

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I 4 QUARTIERI per STUDENTI dove AFFITTARE casa a Milano

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Credit Andrea Cherchi - Porta Romana

Milano è la città più cara d’Italia per distacco, compresi i prezzi per prendere un appartamento in affitto. Ci sono però alcune zone su misura per gli studenti universitari. Ecco quali sono e cosa offrono.

I 4 QUARTIERI per STUDENTI dove AFFITTARE casa a Milano

#1 Bicocca, la zona più a buon prezzo nelle vicinanze di una università 

Il quartiere universitario della Bicocca
Il quartiere universitario della Bicocca

Nel quartiere Bicocca i prezzi per prendere in affitto un appartamento sono generalmente abbordabili, le tipologia offerta è variegata e la zona è ideale per i giovani, oltre ad essere sicuro e tranquillo. Una scelta ancora di più perfetta per gli studenti dell’Università Bicocca che preferiscono vivere a pochi passi dal campus.

 

#2 Porta Genova, posizione strategica, vita notturna e prezzi abbordabili

credit: naviglireloading.eu

Il quartiere Porta Genova offre soluzioni per ogni esigenza, quindi anche soluzioni di appartamento con prezzi bassi, e per questo è uno dei più ricercati dagli studenti universitari. Molti giovani infatti scelgono la zona per la vicinanza a IULM, Cattolica e Bocconi, ma anche per concludere la serata con un aperitivo in uno dei tanti locali sui Navigli.

 

#3 Porta Romana, perfetta per chi studia in Bocconi o alla Statale, anche se con prezzi un po’ alti

Credits soave_antonella IG – Porta Romana

La zona di Porta Romana è perfetta per gli studenti di Bocconi e Statale, raggiungibili comodamente anche a piedi. Inoltre è ricca di servizi, locali e negozi. Nonostante sia una zona mediamente poco economica, per la vicinanza al centro storico della città e per la presenza della metro, non mancano soluzioni di affitto abbordabili per chi vuole vivere appieno la vita universitaria anche oltre gli orari di lezione.

 

#4 Città Studi, il quartiere universitario per antonomasia

Credits savecittastudi IG – Città Studi

Il quartiere di Città Studi, nella periferia a nord-est della città, è il quartiere universitario per antonomasia. Decentrata rispetto agli altri quartieri è comunque ben servita e collegata dal rete di trasporto pubblico e un’offerta di appartamenti con prezzi sotto la media cittadina anche se tra quelli in maggiore crescita a Milano. Questa zona è ricca di strutture e negozi ad hoc per gli studenti ed è la scelta ideale per gli iscritti al Politecnico e al dipartimento scientifico della Statale. 

 

Fonte: Prima Pavia

Continua la lettura con: La casa più COSTOSA venduta quest’anno a Milano. E i 5 quartieri con PREZZI STELLARI

FABIO MARCOMIN

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Leggi anche: “Milano è una città di opportunità per tutti, anche per gli invisibili”

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A Milano le OPERE D’ARTE nei cartoni della PIZZA: la prima mostra D’ASPORTO

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credits: @illazzaretto IG

Ancora una volta, Milano si mette in mostra e propone un’iniziativa singolare e creativa che, oltre a mettere l’acquolina in bocca, ha lo scopo di diffondere un po’ di cultura. Quella, si sa, non è mai troppa.

A Milano le OPERE D’ARTE nei cartoni della PIZZA: la prima mostra D’ASPORTO

# Il festival della peste

credits: @illazzaretto IG

L’iniziativa parte dalla fondazione non profit milanese Il Lazzaretto che quest’anno ha deciso di rivoluzionare il “Festival della Peste!” rendendolo ancora più speciale e attento ai propri visitatori. Infatti, per rispettare le norme anti-covid ed evitare possibili assembramenti, l’associazione ha pensato bene di rendere la manifestazione culturale “d’asporto“. Sulla scatola appare la scritta “questa non è una pizza”, un rimando all’iconica opera di René Magritte, “Ceci n’est pas une pipe“.

# La delivery edition per chi ha fame di cultura

credits: La Repubblica

In questa speciale “delivery edition“, a partire dalle 10 di martedì 9 novembre, potranno essere prenotati dei particolari cartoni per la pizza d’asporto. Al loro interno, però, non ci sarà una bella pizza fumante ad aspettarvi ma tanti articoli pensati per raccontare i progetti nati nell’ambito della quarta edizione della manifestazione, dedicata al tema “Ordine/Disordine“.

“Il design richiama quello dei tradizionali cartoni per il take away, ma nella realtà ogni contenitore racchiude un’inattesa scatola delle meraviglie tutta da scoprire, con piccoli estratti dei lavori di un anno condotti insieme ai nostri compagni di viaggio, prosegue Ronzoni, stavolta non arriva a casa una pizza o un sushi, ma un festival”.

# Il primo festival con consegna a casa

credits: @illazzaretto IG

Il periodo di pandemia ha creato pesanti limitazioni, soprattutto nella fruizione dei luoghi di cultura. Così, Linda Ronzoni, direttrice creativa della Fondazione Il Lazzaretto, si è domandata: come creare un festival senza la presenza fisica delle persone? L’idea è nata proprio da questo interrogativo che ha portato alla realizzazione di speciali scatole d’artista numerate per portare la cultura direttamente a casa, sfidando ogni restrizione.

Continua a leggere con: Il delivery della cultura: 5 LIBRERIE INDIPENDENTI di Milano che consegnano i libri a casa

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Leggi anche: L’assorbimento di vitamina D aumenta grazie a un probiotico

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I RAPPORTI UMANI ai tempi dei SOCIAL

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Credits communicationvillage - Social media manager

I social, croce e delizia dei nostri tempi, ma cosa succederebbe se rimanessimo fuori dagli “schermi” per 48 ore consecutive?

I RAPPORTI UMANI ai tempi dei SOCIAL

# I post scandiscono la vita

Credits: www.wellnet.it

Questi bistrattati strumenti, oggetto di critiche ma anche di elogi, sono senz’altro quello che più di ogni altra cosa ha modificato, negli anni, i rapporti umani. La parola d’ordine della società moderna è “postare”. Postiamo ogni frammento di un viaggio, del piatto da 30€ nel famoso ristorante, di un amore appena nato, persino il post sulla barella dell’ospedale mentre si è in attesa di esser visitato a causa di un improvviso mal di stomaco! Tutto questo pur di mostrare e scandire ogni singolo attimo di vita, a volte, purtroppo, anche di una vita che non ci appartiene. Eh, sì, perché diciamolo, non sempre, ma spesso, accade che dietro tutto questo ci sia il bisogno di rappresentare una realtà diversa da quella che è.

# Si comunica virtualmente anche con persone fisicamente vicine

Credits: it.freepik.com

Com’era bello un tempo, e non parliamo di un secolo fa, quando racimolavi le monete da inserire nella cabina telefonica per sentire l’amica di sempre che si era trasferita in un’altra città, quando potevi mandare gli sms che, essendo “limitati”, dovevi centellinare, la polaroid, che non usavi certamente per immortalare il piatto gourmet! Ma si sa, la società si evolve (o si involve, dipende dai punti di vista) e questo lo si deve accettare. La cosa che però più mi rattrista è osservare come i rapporti tra le persone siano cambiati in maniera così radicale da non potersi più nemmeno definire tali.

Oggi, più di sempre, anziché sfruttare i social come strumento per accorciare le distanze, per creare nuove connessioni, li usiamo come strumenti per isolarci. Non c’è più ragione di scambiarsi il numero, ci si scambia il contatto Facebook o Instagram. Chiamare qualcuno per sapere come se la passa? Cosa? Lo “spio” su Facebook, che sicuramente è molto più informato di noi su come se la passano gli altri.

# L’ansia da spunta blu

Credits: atuttodonna.it

Guardiamo tavolate di persone che non parlano, non ridono tra di loro, ognuno col suo cellulare, col suo mondo virtuale. In mezzo al rumore, un silenzio assordante, una solitudine di gruppo. Sui social si hanno 1000, 2000, 3000 “amici”, il punto è che nella vita reale l’amicizia ha bisogno di condivisione, di conoscenza profonda, di affetto. Ahimè, triste da dire, ma in questo tipo di dinamica, non vedo affatto una miglioria.

Si è perso quello, che più di ogni altra cosa, dovrebbe “interconnettere” le persone: la comunicazione, le emozioni di uno sguardo, di un linguaggio non verbale. Tutto filtrato da uno schermo, da una tastiera e da quattro emoticon. Senza i social ci sentiamo persi, non sappiamo da che parte andare ma non sappiamo più nemmeno cosa scoprire. Tutto è “dichiarato”, più o meno falsamente, pensieri, storie, attitudini. Ecco perché ho usato, in modo un po’ provocatorio, il termine “involuzione”. Per non parlare poi delle nevrosi che abbiamo sviluppato: “non è collegato, chissà dov’è”, ho visto le spunte blu, quindi ha visualizzato e non mi ha risposto, si è taggato nel locale X, chissà con chi è!”

# L’emozione del contatto fisico

credits: ilpost.it

In conclusione, i nostri rapporti sono più superficiali, finti, distaccati. Allora mi chiedo è tutta colpa della tecnologia e del progresso, o siamo anche noi che cavalchiamo più che volentieri l’onda della consapevole dissociazione?  Usarli con cautela, dando loro il peso che meritano, porterebbe certamente vantaggi maggiori.

Se quando siamo sulle metro, piuttosto che stare con gli occhi incollati sullo schermo del cellulare, provassimo a guardare chi ci sta intorno, a catturare un sorriso. Se quando stiamo per strada, piuttosto che stare con il capo chino (anche a costo di farsi spintonare dagli altri), provassimo a guardare i colori che abbiamo intorno, non so, le strade, i palazzi, il coreografico paninaro col furgoncino, se quando siamo al pub, piuttosto che apparire catatonici in mezzo agli altri, ci godessimo i racconti dei nostri amici o comunque interagissimo con chi ci sta intorno.

Sarebbe stimolante se iniziassimo a vivere la “vita reale” con la stessa intensità e interesse di quella che abbiamo costruito in quella parallela, e al posto dei like, riscoprissimo un abbraccio, una stretta di mano, niente di più intenso, soprattutto dopo il terribile periodo che l’umanità ha vissuto e sta ancora vivendo.

Continua la lettura con: I 5 nuovi SOCIAL NETWORK che stanno SPOPOLANDO in ITALIA

FABIANA CRIVELLO

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VENISIA: la città più antica del FUTURO

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Dopo G20 e COP26 le notizie che ci giungono dai vari media, riportando le parole dei leader di tutto il mondo, vanno dal drammatico al tragico. Ci lasciano tuttavia inerti davanti a un mondo che sempre più ha bisogno di un drastico cambio di direzione per garantire all’umanità la possibilità di sopravvivenza alle prossime generazioni.

In un palcoscenico meno ripreso dalle telecamere, ma molto più ambizioso e dalle idee sicuramente più innovative e reali, nasce un progetto molto interessante.

VENISIA: la città più antica del FUTURO

VeniSIA è un acceleratore corporate no profit focalizzato sui Sustainable Development Goals. E’ un catalizzatore di idee patrocinato dal Comune di Venezia, insieme a Regione del Veneto, e sostenuto da Eni, Enel, Snam, con l’ambizione finale di trasformare Venezia nella più antica città del futuro.

The oldest city of the future VeniSIA 2020/2021 On the cover: Photo taken by Fulvio Roiter, Acqua alta in Piazzetta San Ma...

Venezia, città simbolo di arte e cultura nel mondo, si lancia così in una nuova sfida: diventare palcoscenico internazionale per idee imprenditoriali e soluzioni tecnologiche capaci di contribuire alla tutela dell’ambiente e all’utilizzo più efficiente delle risorse. Il tutto, in linea con i Sustainable Development Goals dettati dalle Nazioni Unite.

# Obiettivo: fare di Venezia un acceleratore per il mondo

Si legge infatti dal sito venisia.org: “VeniSIA attrae istituzioni, aziende e singoli individui che condividono la credenza che questo sia il contesto perfetto per fornire idee e soluzioni per le sfide di sviluppo sostenibile valide nell’ecosistema ambientale fragile e unico di Venezia, ma allo stesso tempo scalabili, a vantaggio dell’intero pianeta.

Credits: @e-concept.it – L’elettrico anche a Venezia

L’obiettivo finale di VeniSIA non è fare un acceleratore a Venezia, ma fare di Venezia un acceleratore.”

# Veicolo elettrico a guida autonoma ed energia pulita

30 startup selezionate tra 1300 candidate iniziali, sono le protagoniste di VeniSIA: qui presentano le proprie soluzioni innovative per la lotta ai cambiamenti climatici. Si va dal veicolo elettrico modulare a guida autonoma al sistema di monitoraggio dei boschi a rischio incendio. Dalle tecnologie per trasformare le biomasse in energia pulita al device che segnala la presenza di gas Radon nell’aria.

Credits: @energydome.it – Energy Dome, la startup della Co2 “buona”

Per tutta la durata del programma (7 mesi) VeniSIA offrirà servizi di training, mentoring, project management, co-working, ma anche vitto e alloggio. Le 3 startup finaliste riceveranno 20.000 euro per coprire i costi iniziali del progetto di co-innovazione.

Credits: dynamoenergies.it – Il fotovoltaico in 3 dimensioni (Progetto di Verde 21)

# Le start-up selezionate

La lista di tutte le 30 Start-up selezionate, scremate dalle 1300 di partenza, è questa:

Pixies (Italia), Dynamo by Verde 21 (Italia), Daze Technology (Italia), EnergyDome (Italia), Recycleye (Regno Unito), Loopcycle (Regno Unito), Sunspeker (Italia), Next (Italia), CarboREM (Italia), 221e (Italia), 9-Tech (Italia), Carbix (USA), Gybe (USA), Test1 (Italia), Cnergreen (Canada), Dryad (Germania), Energintech (Italia), New World Wind (Francia), Radoff (Italia), Nexton (Italia), E-Concept (Italia), Water Horizon (Francia), Instantechnologies (Italia), Byewaste (Olanda), The Breath by Anemotech (Italia), U-Earth (Regno Unito), Grycle (Italia).

VeniSIA è un progetto sostenuto anche da “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità”, fondazione costituita sotto la guida della Regione Veneto.

Credits: unive.it, venisia.org, live.comune.venezia.it

Continua la lettura con: L’Università Bicocca realizzerà la prima PISTA ciclabile FOTOVOLTAICA d’Italia

LUCIO BARDELLE

copyright milanocittastato.it

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