Un borgo storico così carino da farti dimenticare di essere a Milano, rischia di perdere la sua identità ed essere dimenticato completamente.
Tre architette si stanno mobilitando per far sì che ciò non accada e per preservarne la memoria, cara ai cittadini, e sicuramente un pezzo di storia importante per la città di Milano.
Il BORGO DIMENTICATO di Milano
# Antico simbolo di MILANESITÀ
credits: @chiaravallemilanese IG
Chiaravalle è tra i più antichi e affascinanti borghi milanesi risalente al dodicesimo secolo. Una piccola oasi immersa nella natura del Parco Agricolo Sud, il borgo nasce attorno all’abbazia di Chiaravalle nel 1135 la quale divenne successivamente una cattedrale dell’agricoltura europea. Il campanile è considerato un’icona del luogo che i milanesi stessi chiamano “Ciribiciaccola“.
Il suo territorio era, ma lo è ancora, ricco di potenzialità che purtroppo non sono state sfruttate al meglio e stanno portando il borgo verso il suo triste declino.
# L’appello per il recupero del borgo
credits: @chiaravallemilanese IG
Tre architette specializzande del Politecnico di Milano, Ileana Iacono, Idamaria Sorrentino e Antonella Bellinetti, si stanno adoperando per recuperare e valorizzare questo luogo definito “magico e decadente“, lanciando un appello ai cittadini e a Palazzo Marino.
Il borgo è stato annesso al Comune di Milano negli anni ’20 del Novecento e, secondo le tre donne, è stato proprio questo il momento in cui è iniziata la sua “progressiva perdita d’identità“.
# Tutto ciò che NON va
crediits: @chiaravallemilanese
Dai sondaggi e dal lavoro svolto per il loro progetto di tesi emerge che il borgo si sta trasformando sempre più in un quartiere “dormitorio”, un luogo dove ormai risulta una profonda carenza strutturale dei servizi: la scuola elementare “Sciesa” chiusa per mancanza d’iscritti, pochissimi autobus che collegano Chiaravalle con Rogoredo. Lamentele anche per la mancanza di fibra per i collegamenti internet che, soprattutto nel pieno della pandemia, ha causato non pochi disguidi. Ancora, la piazza si è trasformata in un parcheggio e il laghetto in una palude.
# Magica ma dimenticata
credits: @visit_milano IG
Questi sono solo alcune dei problemi riscontrati dalle indagini delle tre architette che hanno preso a cuore la sorte del borgo. “Sin dalla prima visita, siamo rimaste colpite da questo paesaggio con le marcite, le grange, le tecniche agricole dei monaci. Chiaravalle è romantica, promettente, magica” eppure “dimenticata, isolata, sottovalutata”, nonostante abbia “un enorme potenziale”.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
L’artista più ricercato al mondo arriva in Italia e ancora una volta sarà Milano ad ospitarlo. Il famoso street artist britannico dal nome sconosciuto e celebre per far comparire le sue opere dal nulla, spesso anche senza permesso (da qui l’artista più ricercato al mondo), lancia continuamente spunti si riflessione. Così, dopo la mostra che aveva fatto il giro di alcune città importanti, come Parigi, Barcellona, Praga, Bruxelles, Dubai ed era giunta anche al Teatro Nuovo di Milano, Banksy torna con “The World of Banksy – The Immersive Experience”, questa volta a Milano Centrale.
BANSKY: arriva la nuova mostra in stazione CENTRALE
# “The World of Banksy – The Immersive Experience” : dal 3 dicembre al 27 febbraio
Credits: @hangupgallery Girl with Baloon
Sarà inaugurata il 3 dicembre 2021 e rimarrà aperta fino al 27 febbraio 2022. 30 nuove opere del celebre artista affiancheranno le più conosciute che lo hanno reso così famoso, un esempio? “Flower Thrower” e “Girl with Balloon” . “The World of Banksy – The Immersive Experience” sarà un percorso immersivonella vita artistica di Banksy, ma troveranno spazio anche temi importanti come la storia e il messaggio sociale dei murales, nonché la denuncia che traspare sempre dietro l’ironia delle opere dell’artista. Nel complesso ci saranno 130 opere, tra cui le nuove come “Ozone Angel”, “Steve Jobs” “Napoleon” e “Waiting In Vain”, e saranno esposti anche alcuni lavori realizzati da giovani artisti anonimi di tutta Europa.
# Milano Centrale si conferma aperta alla cultura
Credits: @theworldofbanksymilano mostra banksy
Milano Centrale è la location perfetta per una mostra di questo genere. La stazione è forse uno dei simboli più rappresentativi della street art e nello specifico la Centrale di Milano è uno dei punti di riferimento della città, nonché perfettamente accessibile. Milano Centrale si conferma innovativa, aperta alla cultura, al turismo e a nuove iniziative, non è certamente solo un punto di transito per poter viaggiare.
La mostra “The World of Banksy – The Immersive Experience” sarà alla Galleria dei Mosaici, lato IV Novembre, Stazione Centrale, e sarà aperta da martedì a venerdì dalle 11 alle 20 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 20.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Autunno, la stagione che preannuncia i mesi più freddi dell’anno, quella che si colora di rosso, arancione e giallo, la stagione malinconica. Un paesaggio che sembra uscire da un quadro, le foglie che pian piano cadono dagli alberi e quel fresco non ancora fastidioso che solo una stagione come l’autunno può regalarti.
Nel mese di novembre spesso si cercano posti dove poter ammirare il cosiddetto foliage, se ne trovano moltissimi ma ce ne è sempre uno più bello dell’altro. E se dicessimo di aver trovato, forse, il più bel posto in Italia dove ammirare la magnifica tavolozza autunnale? Ecco qual è.
Questo è il LUOGO dove vedere il FOLIAGE più SPETTACOLARE in Italia
# Forca d’Acero: il punto perfetto dove ammirare il foliage
Credits: @tib87 Forca d’Acero
Si tratta di Forca d’Acero, un valico a 1538 metri di altezza tra Lazio e Abruzzo, precisamente sui monti Marsicani fra la provincia de L’Aquila e quella di Frosinone. Qui è possibile ammirare il foliage più bello d’Italia. In realtà Forca d’Acero è una delle mete turistiche più apprezzate della zona e frequentate in tutte le stagioni: luogo perfetto per fare escursioni nei mesi estivi e primaverili e popolato dagli appassionati di sci di fondo in inverno. Quello che però è imbattibile, a livello di bellezza, è il punto strategico di osservazione che il valico di Forca d’Acero offre in autunno: la strada che risale le montagne, attraversa i boschi e una faggeta secolare.
# Come arrivarci
Arrivare a Forca d’Acero non è difficile, anzi l’area è anche perfettamente servita, tanto che c’è un rifugio che offre tutte le comodità. La zona è attrezzata sul pianoro di Campo Lungo ed offre una vista sul Monte Tranquillo a 1800 metri di altitudine. Se si vuole ammirare uno dei panorami più belli d’Italia si consiglia poi di prendere uno dei sentieri che si diramano, così da poter godere dei colori autunnali di Forca d’Acero.
Forca d’Acero collega i comuni di Opi e quello di San Donato Val di Comino, per arrivarci basta prendere la SR666 da Sora in direzione San Donato di Val Comino, per poi percorrere la SR509 fino al secondo tornante di quota 1412. Già mentre si è in auto e si sta raggiungendo il valico, probabilmente gli occhi di chiunque, a parte quelli del guidatore, staranno osservando il magnifico paesaggio che lì circonda. Ecco intanto alcune foto.
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Marty e Doc del celebre film “Ritorno al futuro” diranno di essersi sbagliati solo di una decina di anni. Negli anni Ottanta si credeva, infatti, che già nel 2015 le nostre auto avrebbero volato e invece no, oltre al fatto che non è stato così, nessuno di quest’epoca credeva sarebbero arrivate così presto. L’azienda cinese produttrice di auto elettrice, Xpeng, ha deciso però di stupire tutti. Nel 2024 si potrebbe avere la prima macchina volante?
Nel 2024 in vendita la prima AUTO VOLANTE
# Una macchina volante: il sogno di tutti
Credits: @risateallitaliana Ritorno al futuro
Non c’è regista, scrittore o semplicemente sognatore che non abbia mai pensato alle macchine volanti nel nostro futuro. J.K. Rowling, in Harry Potter, credeva che solo la magia potesse effettivamente far volare un’auto, ma lo stesso vale per tutti i film fantascientifici dove le macchine volanti sono all’ordine del giorno, ma appunto è tutta fantascienza. Eppure non sembra più così tanto un sogno, sì perché l’azienda Xpeng, in occasione dell’evento 1024 Tech Day, ha presentato il suo prossimo modello automobilistico: la flying car. Ecco il progetto.
# Sarà un’auto in grado sia di volare sia di viaggiare su strada
Credits: money.it Macchina volante
La futura flying car di Xpeng sarà un’auto leggera, in grado di viaggiare sia in cielo che su strada. La macchina avrà un meccanismo a doppio rotore pieghevole che converte un’auto in una macchina volante, ai lati del corpo ci saranno due bracci pieghevoli sui quali saranno poste due eliche. L’intero telaio e tutte le componenti della flying car saranno perfettamente robusti e resistenti, ma soprattutto leggeri, così che l’auto possa volare tranquillamente. Il decollo e l’atterraggio della macchina avverranno verticalmente, proprio come quelli di un elicottero.
Per la società cinese l’importante è realizzare un’auto omologata anche per strada, per questo le due ali della flying car si ritireranno in un vano all’interno dell’auto.
# Arriverà nel 2024
Credits: dezeen.com xpeng macchina volante
La flying car sarà un gioiello dal punto di vista estetico: un mix tra un design futuristico e lo stile aerodinamico. Inoltre, gli interni saranno tutti high-tech e ci sarà un nuovissimo sistema di assistenza alla guida, che dovrebbe essere super efficiente. Quello che sorprende è che Xpeng promette che la macchina sarà lanciata nel 2024 e prevede anche una commercializzazione di massa. Il prezzo al dettaglio sarà meno di un milione di yuan cinesi (£ 114.000) ovvero circa $ 157.000.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nelle antiche civiltà esisteva il giubileo dei debiti. Ogni cinquant’anni tutti i debiti venivano cancellati. Questo rispondeva all’esigenza di evitare che il rapporto creditore-debitore degenerasse nella perdita della libertà.
Erano consapevoli del fatto che se non si poneva un limite all’accumulo di ricchezza questa procede in modo illimitato, dividendo la società in padroni e schiavi. Non solo, i padroni diventano sempre più potenti e in questo modo possono arrivare non solo a decidere della vita delle persone ma addirittura a imporre il loro volere su chi governa.
Il giubileo rispondeva a un principio etico che al tempo stesso era essenziale per l’evoluzione della civiltà. Perché una civiltà di schiavi non consente alcuno sviluppo.
Il giubileo è stato abbandonato dalle società moderne che si reggono sempre più sul debito e quindi sulla dipendenza dai creditori. Nella nostra civiltà i più grandi debitori sono gli stati nazionali e i creditori sono grandi fondi internazionali che muovono più ricchezza dei singoli stati.
In un sistema del genere gli stati, e di conseguenza i cittadini, sono i nuovi schiavi mentre i governanti dei paesi più indebitati sono inevitabilmente espressione della volontà dei creditori.
Se più debito significa automaticamente perdita della libertà, preoccupa la tendenza degli attuali governanti ad aumentare sempre più il debito.
E forse non è un caso che a questo stia corrispondendo una progressiva perdita di libertà.
Come uscirne allora?
Forse la via di uscita ce la fornisce la storia. Potrebbe essere di ripristinare il giubileo, anche se è difficile immaginarlo. Oppure fare come nel Medio Evo quando grandi banchieri prestavano soldi agli stati e quando questo rapporto diventava troppo sbilanciato si interrompeva con il rifiuto di pagare il debito, con la cessione di terre o con lo scoppio di conflitti che producevano di fatto il reset del debito degli stati.
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Quando si parla di inquinamento, generalmente, si pensa solo ad una cosa: gas tossici e anidride carbonica che danneggiano l’aria che respiriamo e che vanno ad impattare su tutto l’ecosistema. In realtà l’inquinamento non si limita a questo, tra le sue tante forme c’è quello acustico e quello che è più preoccupante è che Milano, in questo caso, è in testa alla classifica Italiana.
MILANO è la città più RUMOROSA d’Italia, la più SILENZIOSA è una sorpresa
# La ricerca “Noise Escape Challenge”: Milano davanti a Lecce e Verona
Amplifon ha svolto una ricerca nelle città italiane con l’obiettivo di scoprire quale fosse la più rumorosa e allo stesso tempo individuare le oasi acustiche nelle città. Attraverso la app “Listen Responsibly”, si sono individuate le città con il maggior inquinamento acustico. Il risultato non è di certo rassicurante per i milanesi, che già consapevoli che la loro città fosse rumorosa, si sono ritrovati a vedere il capoluogo lombardo al primo posto. E Milano poi è subito seguita da Lecce e Verona.
# L’inquinamento acustico rischia di danneggiare l’udito di molti giovani nel lungo periodo
Credits: @will_ita Udito giovani
Quello che preoccupa dai dati emersi dalla ricerca di Amplifon, svolta in collaborazione con l’associazione giovanile internazionale Aiesec, è che l’inquinamento acustico rappresenta, ancora oggi, una tendenza diffusa soprattutto nelle grandi città, come riporta Amplifon. E le conseguenze di tutto ciò sono veramente allarmanti: come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’udito di più di un miliardo di giovani fra i 12 e i 35 anni è a rischio a causa dell’esposizione incontrollata a fonti di rumore eccessivo.
# Milano: città più rumorosa d’Italia
Credits: @paskq IG
Parlando di Milano, qui sono state registrate, dagli utenti del noise tracker della App “Listen Responsibly”, oltre 1100 rilevazioni. Quello che ne è risultato è che a Milano il livello medio dei decibel è pari a 65.31. La zona più rumorosa? Quella tra Via Tirano c/o Naviglio della Martesana angolo Via Gianfranco Zuretti, 63 con 75 decibel rilevati.
Ma Lecce e Verona non sono tanto più sotto. La città pugliese registra una media di 65.24 dB, mentre Verona è poco meno rumorosa con 61dB di media.
# Torino e Venezia le città più silenziose
Credits: @loves_madeinitaly Parco del Valentino
E se Milano vince questa desolante classifica, quello che sorprende sono le città meno rumorose d’Italia. Tra queste c’è Venezia con una media di decibel registrati pari a 53,69. Bisogna considerare però che nella città sull’acqua non c’è traffico automobilistico, al contrario di Milano dove invece le strade sono continuamente intasate.
La città meno rumorosa in Italia per eccellenza invece è Torino, e questo si che sorprende molto. Nel capoluogo piemontese, infatti, la media dei decibel è di 48,92. Un dato del genere probabilmente si registra grazie alla presenza in città di una delle oasi acustiche italiane: il Parco del Valentino. Qui si rilevano 35dB di media che fanno del parco uno dei posti più silenziosi d’Italia.
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È stato un sabato sera un po’ diverso, per la piccola Malta, quello in cui in piena estate scorsa, il governo locale ha presentato uno studio che prevede la realizzazione della metropolitana sull’isola.
Anche l’isola di MALTA avrà la METRO? Allo studio una rete di 3 LINEE
# L’isola che si fa bella
I numeri annunciati sono già incredibili sotto molti aspetti.
Innanzitutto il primo ministro, Robert Abelar, insieme al ministro per le infrastrutture, Ian Borg, stimano che per ogni Euro investito, l’infrastruttura restituirà circa 1,40 Euro, specie grazie alla riduzione dei tempi di percorrenza delle distanze.
Il progetto prevede un totale di 3 linee metropolitane, la Rossa, la Blu e la Verde, che si estenderanno per circa 35 Km, e 25 stazioni.
Il costo complessivo stimato è di 6,2 miliardi di Euro e le opere dovranno essere realizzate tra 15 e 20 anni, con una prima grossa tranche da 3,9 miliardi pronta in massimo 5-8 anni.
# Il percorso
Nelle intenzioni iniziali la metropolitana di Malta passerà quasi del tutto sotto la superficie urbana, tranne un piccolo tratto in superficie tra Naxxar e Bugibba.
La rete della linea 1 rossa si estenderà tra Naxxar, Mosta, Attard, Birkirkara, Sliema e St. Julian, con una fermata prevista all’Ospedale Mater Dei, per un totale di circa 16 km e 11 stazioni.
La linea blu conterà 12,5 km e 9 stazioni da Paola a Marsa, passando per Fgura e Hamrun, mentre il tragitto della linea verde coinvolgerà La Valletta, Floriana e Mriel, lunghezza 7 km e 6 stazioni. Le intersezioni tra le linee sono previste con intercambi per i passeggeri, in modo da agevolare il cambio da una linea all’altra.
Una fermata è prevista all’aeroporto internazionale di Malta, mentre per aree come San Gwann e Luqa, lo studio di fattibilità ha previsto dei servizi di bus navetta. Resta fuori Gozo perché risulta poco conveniente investire in una linea metropolitana, finché la cittadina non raggiungerà dimensioni più grandi, almeno 50.000 abitanti.
# Pianificare per le generazioni future
Il Ministro per le infrastrutture Borg, ha annunciato lo studio che coinvolgerà più legislature, visto il tempo necessario alla realizzazione delle opere. Il progetto è quindi pensato per essere affidato anche alle future generazioni e, proprio per questo, l’attuale governo ha lanciato la discussione per avviare la realizzazione di una infrastruttura ormai necessaria, ma che coinvolgerà le vite di moltissime persone per i prossimi 15-20 anni.
Un vero e proprio esempio di buona pianificazione, che ha messo in tavola gli aspetti preliminari da non sottovalutare.
Il finanziamento, ad esempio, che potrebbe coinvolgere anche player privati, i quali verranno coinvolti con pubbliche manifestazioni di interesse e gare, per alleggerire le casse dello stato e dei contribuenti, secondo quanto presentato da Arup Group, società di ingegneria, design e pianificazione con sede a Londra, incaricata dal governo Abelar di presentare lo studio.
# L’abito su misura per Malta
Il brainstorming ha preso in considerazione molti fattori e le reali condizioni di Malta, studiando e adattando una rete metropolitana già esistente in territori simili, per l’estensione e il posizionamento delle stazioni.
La rete della metropolitana è diventata ormai indifferibile, in quanto il traffico nelle città dell’isola è congestionato e ha bisogno di essere sgravato.
La realizzazione della metropolitana prevede innanzitutto la definitiva sistemazione e miglioramento della rete stradale attuale, dopodiché si potrà intervenire con gli scavi, che avranno inevitabilmente un impatto sul traffico pubblico e privato.
Donald McDade di Arup stima che la riduzione del traffico privato che si otterrà con la rete sotterranea, permetterà anche di recuperare spazi in superficie (ora destinati alle auto e ai parcheggi), da adibire a verde pubblico e spazi condivisi per i cittadini.
I tunnel per la realizzazione della rete metropolitana di Malta, infine, sono previsti ad una quota compresa tra i 10 e i 12 metri di profondità. Il materiale di risulta dagli scavi verrà utilizzato per la definitiva bonifica dei terreni coinvolti proprio dagli sbancamenti.
Tutte le curiosità e gli approfondimenti sono già visibili sul sito che Malta ha messo a disposizione su www.metro.mt, dove al posto della futura rete, è ora visibile una timeline che descrive i passaggi decisionali e le proposte.
# “La tua opinione è importante”
“Your opinion matters”, con questo claim è presente sul sito metro.mt una user interface con cui i cittadini di Malta possono esprimere le proprie opinioni e riserve sul progetto.
I primissimi commenti raccolti a caldo sono perfettamente in linea con le aspettative.
C’è chi si lamenta perché il progetto è troppo caro, o troppo lungo per la sua realizzazione, chi manifesta apertamente gioia ed entusiasmo è c’è chi, addirittura, prevede che Gozo arriverà presto a superare i 50.000 abitanti, pertanto è già il caso di pensare a portare la metropolitana fin lì.
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Alla Barona, in via Ettore Ponti 8/10 oggi si trovano ancora vecchi edifici ex commerciali dismessi di rivenditori di automobili. Presto verranno demolitici e la zona ripulita per dare spazio al nuovissimo gioiello di Milano, la cui architettura e forma potrebbe rimandare a una versione ridotta dell’iconico bosco verticale.
# Milano dà una SECONDA VITA
credits: urbanfile
La volontà di recuperare due lotti dismessi situati tra la via Ettore Ponti e via Franco Tosi, di fronte al complesso e parco del Villaggio Barona e all’antica chiesa del borgo, è ciò che ha spinto alla realizzazione di questo progetto da parte di FCMA Real Estate Investment e Asti Architetti. Ancora una volta Milano dimostra di essere sempre pronta a migliorarsi e lo dimostra dando una seconda vita alle aree degradate e abbandonate della città, imparando a sfruttare al meglio il loro potenziale.
# Dovremo aspettare il 2023/2025
credits: urbanfile
I lavori per il nuovo progetto della Barona partiranno attorno al 2023/2025 e comprenderà la costruzione di due torri di differenti altezze e un edificio più basso e compatto in 13.000 metri quadrati con giardini e ampi terrazzi. L’intero complesso gravita attorno ad una piazza con numerosi servizi ed è circondato da un parco e giardini privati.
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La maggior parte delle strade mozzafiato per cuori impavidi si trova in Asia pertanto, purtroppo, per molti di noi rimarranno solo un sogno.
Ma sognare non costa nulla e porta comunque sempre molto lontano.
Le 7 STRADE più ADRENALINICHE del mondo
#1 99 Bending Road, 99 tornanti mozzafiato
Credit: @lost91rl1nmel
Ci troviamo nella regione cinese di Zhangjiajie dove esiste un percorso su gomma di 11 km con 99 tornanti che si affacciano su una scogliera incredibile.
Se per salire è anche possibile utilizzare la più alta funivia al mondo, lunga quasi 7500 metri, la 99 Bending Road è certamente il modo più adrenalinico per approcciarsi a questa parte nord occidentale della Cina.
Se la carica di adrenalina non è stata sufficiente c’è sempre una passerella sospesa nel vuoto con il pavimento in cristallo. Da brividi. Noi vi abbiamo avvisati.
#2 Karakoram Highway, la più alta del mondo
Credit: @karakoramhighways
Conosciuta anche con le semplici iniziali KKH, risulta essere la strada internazionale asfaltata posta alla maggior altitudine al mondo.
Collega il Pakistan con la Cina e si snoda per 1.300 km lambendo India, Afghanistan e Tagikistan. Data l’altitudine e la conseguente esposizione ad agenti atmosferici estremi, non è raro che sia interrotta per qualche evento naturale tra slavine, inondazioni e altro.
20 anni di lavoro e oltre mille vite perse durante la costruzione sono altri importanti numeri che accompagnano la storia di questa incredibile strada che ha iniziato ad essere percorribile in tutto il suo tratto nel 1978.
Lungo il percorso ci si trova ai piedi di alcune montagne da record tra cui il K2, alto più di 8.000 metri, e il tristemente noto Nanga Parbat.
#3 Zojila Pass, senza guardrail sugli strapiombi
Credit: @the_ladakhi_wanderer
Famosa per essere priva in quasi la sua interezza di guardrail e altri dispositivi che proteggano i veicoli da eventuali cadute questa strada, spesso scavata nella roccia a strapiombo, non consente errori di guida.
Arrivare lungo a una curva equivale a non avere una seconda chance oltre che volare nel vuoto per alcune centinaia di metri. Incrociare un altro mezzo può voler dire farsi qualche centinaio di metri in retro piuttosto che mettersi su un ciglio spesso sdrucciolevole. Sempre che non intervenga qualche slavina o altro…
#4 Sichuan-Tibet Highway, 10 giorni di tragitto da brividi
Credit: @earthobservatorysg
Servono almeno 10 giorni di buon andatura, coraggio e grande abilità al volante per percorre i 2.150 km del percorso, spesso in terra battuta, che collega 14 passi alle basi della catena dell’Himalaya con passaggi che superano i 5.0000 metri di altezza, con tutti i problemi connessi.
Unici compagni di viaggio assicurati oltre ai passeggeri dei mezzi saranno i moltissimi yak presenti nelle vallate. Essendo la strada poco battuta dalle forze dell’ordine non è raro essere molestati se non derubati.
Una vera perla rimane invece il passaggio nei pressi di Lhasa, vecchia capitale del Tibet e sede del monumentale palazzo del Potala, ex residenza del Dalai Lama ed oggi sede di un museo.
#5 Fairy Meadows Road, tornanti mozzafiato senza protezioni
Credit: @zueilaa
Come la Zojila Pass è quasi completamente priva di protezioni e si presenta come una delle strade più pericolose del mondo. Tornanti ciechi, passaggi scavati in rocce crepate, situazioni meteorologiche spesso proibitive e mancanza di asfalto per gran parte della sua lunghezza, sono solo alcune delle caratteristiche che scoraggiano quasi sempre i meno arditi.
Se si vuol vedere il Pakistan più estremo stando su un mezzo questa è la strada che fa per voi.
#6 Taroko Gorge Road, a forte rischio meteo
Credit: earthtrekkers.com
Bisogna andare sull’isola di Taiwan per percorrere un’altra delle strade più adrenaliniche del mondo ma vale certamente la pena per l’incredibile bellezza del suo paesaggio.
Foreste, cascate, orridi e altre ancora accompagnano il viaggiatore lungo tutto il tragitto. Purtroppo anche per questa strada vale il discorso delle condizioni meteorologiche che possono mettere a dura prova i guidatori, anche i più esperti.
#7 Skippers Canyon Road, per sfidare le vertigini
Credit: @global_travel_stories
Non sappiamo se sia per eccesso di zelo da parte delle autorità della Nuova Zelanda o se effettivamente sia una delle strade più pericolose al mondo, certo alcuni passaggi richiedono un grande estro alla guida.
E se è vero che questa strada permette di godere panorami incredibili è altrettanto vero che se si soffre di vertigini è meglio scegliere un’altra cosa da fare piuttosto che avventurarsi in auto lungo il suo percorso.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La struttura ricorda a tutti gli effetti un disco volante. Scopriamo insieme la sua storia.
Questo non è un UFO
Credits: @jonbonham IG
A nord di Bangkok, nel distretto di Khlong Luang, si può ammirare l’imponente Wat Phra Dhammakaya, un’opera molto suggestiva e unica nel suo genere che può “sembrare tutto tranne quello che davvero è”.
La sua struttura viene spesso paragonata ad un UFO che si è appoggiato sul suolo terrestre. Come non condividere la teoria su questa somiglianza?
Eppure, si tratta del più grande tempio buddhista del mondo, sviluppato su una superficie di 320 ettari e in grado di ospitare 100.000 persone nei suoi 150 edifici adornati da 700.000 statue d’oro di Buddha.
# Il più grande tempio buddhista del mondo
Credits: @laku_travel IG
Costruito nel 1970, fu una monaca devota alla meditazione a fondare questo curioso tempio thailandese. Il suo obiettivo? Permettere l’ingresso alle migliaia di persone disposte a seguire i suoi insegnamenti.
I suoi due enormi dischi volanti sono separati da una grande sala per la meditazione, protetta da una cupola. Il tutto, ovviamente, in oro.
Per attraversare l’immensa sala centrale ci vogliono circa 10 minuti e, quotidianamente, centinaia di persone si recano in questa struttura per ascoltare e meditare.
# Le controversie del Wat Phra Dhammakaya non incidono sul suo fascino
Credits: coconuts.co
Grazie alle donazioni, il tempio è cresciuto così tanto da ricevere critiche sulla sua reale attività, facendo ipotizzare un sistema di riciclaggio di denaro e corruzione dietro alla sua magnificenza.
Non solo. Il Wat Phra Dhammakaya è anche al centro di un controverso movimento Dhammakaya, una setta buddista accusata di praticare insegnamenti religiosi non convenzionali e di commercializzare lo stesso buddhismo.
Che si tratti di una setta oppure no, è sicuramente impossibile non rimanere affascinati dall’immensità e dall’unicità di questo tempio.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Poznan, un murale magico che ha fatto risorgere le atmosfere del passato e che è un inno allo stato ottenuto dalla città, quando raggiunge l’autonomia dall’impero medievale.
Il MURALE MAGICO che fa rivivere il PASSATO (foto PRIMA e DOPO): da fare anche a Milano?
# Una facciata senza finestre (prima)
credits: Wikicommons
Quello in foto è un palazzo del quartiere di Poznan denominato Srodka, dal polacco Rodka che significa “mercoledì“. Questo nomignolo è in onore del giorno in cui nel quartiere si teneva il consueto mercato settimanale. Dopo la guerra sono cambiate tante abitudini, compreso il rituale del mercato; sono subentrate nuove esigenze urbane, che hanno trasformato la piazza antistante a questo palazzo, in un semplice parcheggio.
Sono arrivati anche abbandono e degrado davanti alla facciata del palazzo che – come possiamo vedere al naturale – presenta su questo lato tre sole finestre. Poi c’è solo cemento, intonaco e, al massimo, un paio di cartelloni pubblicitari arrugginiti. Sembra una storia tra le tante, condivisa con molte realtà urbane. Finché un giorno il Comune di Poznan decide che è arrivato il momento di sostituire l’abbandono con la creatività, per trasformare un’anonima facciata in un murale tridimensionale.
# Racconto di trombettista con gatto
credits: tulipanorosa.blogspot.com
Ci sono voluti tre anni per raccogliere i fondi necessari alla realizzazione dell’opera, voluta da Gerard Cofta, presidente dell’insediamento che si trova nei pressi della Cattedrale di Santa Margherita e che, di conseguenza, da una parte del nome all’intero quartiere noto come Isola della Cattedrale-Srodka-Zawada-Komandoria.
Il murale vuole rappresentare lo splendore di Isola, quando nel 1231 ha ottenuto i suoi diritti medievali di città autonoma, secondo la legge imperiale. Isola e Srodka sono state poi incorporate a Poznan nel 1800. L’opera è un maestoso trompe l’oeil di Radoslaw Barek, che ha per titolo “Un racconto con trombettista sul tetto e un gatto sullo sfondo”.
I cittadini di Poznan sono orgogliosi e affascinati da questo murale, che commentano esclusivamente con toni entusiasti. Per loro «è un nuovo luogo di pellegrinaggio in Polonia».
# Prospettiva entusiasmante
credits: Bore Panda
La prospettiva di questo murale è a dir poco entusiasmante. Oltre ai protagonisti del titolo, il trombettista, i tetti e il gatto, il murale riproduce un antico scorcio di Poznan e trovano posto anche alcuni personaggi locali, come un macellaio, un cagnolino che cerca di ottenere un pezzetto di carne da quest’ultimo, una giovane donna che spalanca le persiane (laddove non ci sono aperture o il Duca di tutta la Grande Polonia, Wladislaw Odonic.
Barek aggiunge anche la magia di finestre e aperture, laddove non ve ne sono, che con gli effetti 3D sembrano più reali delle tre finestre presenti sulla facciata. Soprattutto da lontano, il murale riesce ad essere accattivante, tale da essere uno dei soggetti più instagrammati della Polonia, proprio come auspicato dagli abitanti del quartiere di Poznan, che risulta di fatto una meta turistica, seppure non ha la fama di Danzica o Varsavia.
# La città del PASSATO
credits: @mirka Kwienciska FB
Il murale ripropone la città come era nel passato, prima dei cambiamenti imposti dalla modernità. Poznan ripropone anche altri effetti ottici di questo genere, questa volta dal vivo, come le case color pastello del centro, che sembrano lievitare da terra grazie alle volte dei portici, o piccoli agglomerati urbani che sembrano crescere uno sull’altro, in una prospettiva di colore e profondità davvero unici.
Poznan è una città universitaria, pertanto dall’ambiente giovanile. Vi si possono trovare anche molti locali e cucine differenti, per passare una serata dopo la visita al murale di Srodka.
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Ci sono dei luoghi che sono il capolinea del mondo. Oltre, il nulla.
9 LUOGHI alla FINE del MONDO
#1 Capo Spear, il punto più orientale del Nord America (Canada)
Credits pete.lavigne IG – Cape Spear
Situato alla fine di Blackhead Road a St. John’s in Canada, Capo Spear è il punto più orientale del Paese e del Nord America. Inserito nel National Historic Site, racchiude tutto quello che rappresenta la cultura del Canada atlantico: i fari panoramici e le albe sul mare.
#2 Southernmost Point Buoy in Florida, punta più meridionale della zona continentale degli Stati Uniti
Credits a_figment_of_your_lmagination_ IG – Southernmost Point
Il Southernmost Point Buoy è la punta più meridionale della zona continentale degli Stati Uniti, in Florida. Come suggerisce il nome si trova per esattezza alla fine delle strade South e Whitehead di Key West.
#3 Ushuaia, il punto più meridionale del Sud America (Argentina)
Credits gerard.conmochila IG – Ushuaia
In Argentina sulla punta estrema della Patagonia, soprannominata “La fine del mondo”, c’è la città portuale di Ushuaia. Questa oasi glaciale è il punto più meridionale del Sud America e la città con più di 50.000 abitanti più australe del mondo, oltra a essere capolinea meridionale della Panamericana. Imperdibile la sua Laguna Esmeralda, una delle zone più selvagge e spettacolari della Terra.
#4 Ny-Ålesund nelle Isole Svalbard, una delle comunità più settentrionali del mondo (Svezia)
Credits herdisroe IG- Ny-Ålesund
Nelle Isole Svalbard in Norvegia c’è una delle comunità più settentrionali del mondo: Ny-Ålesund. In totale ci sono meno di 40 chilometri di strade e può essere considerata un vicolo cieco in cima al mondo.
#5 Land’s End, il punto più occidentale in Cornovaglia (Regno Unito)
Credits zhangzhilin07 IG – Land’s end Cornovaglia
Land’s End è famoso per le scogliere panoramiche, il faro di Longships e l’occasionale tempesta costiera, ma soprattutto per essere il punto più occidentale della Cornovaglia, nel Regno Unito. Oltre a questo è anche un pittoresco punto di approdo grazie ai negozi e ristoranti caratteristici.
#6 Capo Agulhas, il punto più meridionale del continente africano (Sudafrica)
Credits milestonetour iG – Capo Agulhas
Capo Agulhas in Sudafrica è il punto più meridionale del continente africano, alla fine dell’autostrada N2 e del Sir Lowry’s Pass. Qui si assiste a uno spettacolo incredibile, l’incontro delle acque dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano.
#7 Dhanushkodi, una città fantasma nel punto più estremo dell’India
Credits chani_raj IG – Dhanushkodi
Dhanushkodi è una città indiana fantasma occupata da poche famiglie di pescatori e alcuni resti, come una chiesa abbandonata, a causa di un ciclone che l’ha distrutta nel 1964. Nel 2016 è stata finalmente costruita una strada per collegare i turisti alla città.
#8 Cockle Creek in Tasmania, il luogo più a sud dove arrivare in Australia
Credits krillknight IG- Cockle Creek
Cockle Creek è una delle destinazione di campeggio più frequentate della Tanzania. Si trova a due ore di strada dalla capitale Hobart ed è il punto più a sud raggiungibile in auto o in moto in Australia.
#9 Milford Sound, un luogo magico ai confini del mondo (Nuova Zelanda)
Credits clairelambert63 IG – Milford Sound
In Nuova Zelanda lungo l’autostrada 94, meglio conosciuta come Milford Road, c’è Milford Sound: uno dei fiordi più famosi del mondo. Per correndo l’highway neozelandese si possono ammirare splendide cascate, cime montuose mozzafiato e persino illusioni ottiche strabilianti in questo luogo magico dell’emisfero australe.
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Nel febbraio del 2017 la guglia più alta del Duomo è rimasta al buio. Non è la solita impressione ottica, ma in esclusiva sappiamo perché.
Quella volta che hanno SPENTO LA MADONNINA per sbaglio
# La Madonnina smette di brilà de luntàn
Credits: avvenire.it Madonnina spenta
La sera del 14 febbraio 2017 molti milanesi si sono accorti di qualcosa di strano. Nel cielo di Piazza Duomo, nel buio dell’inverno inoltrato, mancava la luce rassicurante sulla Madonnina. Senza illuminazione lo scenario visto dalla piazza si è manifestato inquietante e lugubre: le foto mostrano un panorama inedito della Milano by night. Tuta d’ora e piscinina… e al buio.
Nelle stesse ore si susseguono i lanci della stampa, i quali riportano la versione ufficiale: la Madonnina resterà al buio fino al 17 febbraio. La causa ufficiale? Lavori di manutenzione sull’impianto elettrico. Ma è andata proprio così?
# La prima volta dalla II guerra mondiale, sarà vero?
Credits: quotidiano.net Madonnina Duomo
Forse non tutti sanno che, dopo i bombardamenti subiti da Milano durante la II guerra mondiale, che hanno fatto di Milano la città del Nord più bombardata in assoluto, nessuno aveva osato mai più spegnere le luci della Madonnina. Durante la guerra la cattedrale è stata lasciata al buio per evitare punti di riferimento ai bombardieri alleati, ma con la riconquista della pace, come segno di buon auspicio, la Madonnina ha sempre protetto Milano di giorno e di notte, anche grazie alle luci notturne che la rendono tutt’ora visibile da ogni parte della città.
# L’antefatto: un fastidioso riverbero di luce
Credits: geosnews.com Madonnina spenta
Ciò che si ignorava fino a poche settimane fa, è che il 14 febbraio 2017 non è esattamente la prima volta in cui la Madonnina si è trovata al buiodal dopoguerra. L’incidente, seppure per pochi minuti, è capitato pochi giorni prima ed è quello di cui le maggiori testate cittadine non si sono accorte, è la stupefacente concomitanza che crea l’antefatto. Nello stesso periodo era infatti prevista l’anteprima del docu film “Vedete, sono uno di voi” che, per la regia di Ermanno Olmi, racconta la vita e le opere di un personaggio molto amato dai milanesi e da poco scomparso, il compianto Cardinale Carlo Maria Martini. L’anteprima è stata infatti programmata in Duomo, la Cattedrale trasformata in una enorme sala di proiezione con lo schermo posizionato davanti all’altare.
Senonché durante le prove generali tenutesi nei giorni precedenti, un piccolo fastidio tecnico doveva essere risolto: un riverbero di luce, proveniente dall’alto, proiettato su una parte dello schermo, avrebbe potuto causare un fastidio alla proiezione e pertanto si è cercato il modo di risolverlo.
# Prova a spegnere quell’interruttore…
Credits: @andreacherchi_foto Madonnina
L’impianto elettrico del Duomo di Milano, ai tempi, era ben lontano dall’essere sistemato del tutto. Succede così che si individua la fonte di luce, la quale arriva da un’apertura del transetto e si decide di salire in cima al Duomo, per trovare l’ipotetico interruttore per spegnere questo riverbero di luce; l’interruttore, dopo alcuni tentativi, viene trovato e spegne la luce del camminamento esterno che entrando dalle navate, si riflette sullo schermo creando l’inconveniente. Risolto, fatto! Proiezione salvata.
È così? Assolutamente no! Quel che risulta dopo ha dell’incredibile. Succede infatti che, oltre a spegnere un camminamento e riportare gli equilibri sullo schermo di proiezione, si spegne anche tutta l’illuminazione sulla Madonnina. L’impianto elettrico del dopoguerra, realizzato sicuramente con amore ma poca maestria moderna, prevedeva un unico interruttore per le luci esterne superiori del Duomo: tirando giù un unico interruttore, tutta la parte superiore del Duomo rimaneva al buio.
# Il vero motivo dello spegnimento della Madonnina
Tra i presenti all’episodio abbiamo una fonte che desidera rimanere anonima e che ci ha raccontato il vero motivo per cui, alcuni giorni dopo, la Madonnina è stata spenta per alcuni giorni. Scoperto questo piccolo inconveniente tecnico, che nei giorni prima del buio ufficiale ha reso evidente un “difetto” nell’impianto elettrico, si è deciso di porre rimedio con una decisione tipicamente milanese: programmare un lavoro all’impianto, per differenziare gli interruttori e prevenire il più possibile altri inconvenienti di questo tipo. Da questa decisione, quindi, sono scaturiti i comunicati ufficiali che hanno avvisato in tempo i milanesi dello spegnimento della Madonnina la settimana successiva.
# Il rimedio è solo lavoro e pianificazione
Credits: @andreacherchi_foto Madonnina
Riflettendoci bene, che due impianti di illuminazione così simbolici come il camminamento superiore e la guglia più alta con la Madonnina, si trovassero su uno stesso interruttore, poteva rappresentare un problema ben più grande di un piccolo riverbero di luce nella zona dell’altare. Sarà stato un ultimo regalo di Carlo Maria Martini alla città e alla Cattedrale? Ci piace pensare di sì, anche se ha spostato momentaneamente un equilibrio cardine. A parte quella settimana e l’antefatto appena svelato, la Madonnina ha sempre mantenuto intatta la sua fama: che te brilet de luntàn.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ci sono luoghi inaccessibili, altri resi impraticabili per cause antropiche, come la guerra o le decisioni politiche, oppure semplicemente inospitali. Vediamo quali posti incredibili sono destinati a rimanere inaccessibili a lungo o addirittura per sempre.
Le 7 MERAVIGLIE del mondo che MAI VISITEREMO
#1 Leptis Magna, uno degli insediamenti antichi più belli al mondo (Libia)
Credits nomadic99 IG – Leptis Magna
In Libia, Leptis Magna è uno degli insediamenti antichi più belli al mondo. La città è di origine Fenicia ed è diventata una delle più importanti ed influenti di tutto il Mediterraneo sotto il dominio dei Cartaginesi. Leptis Magna è una delle 3 città che danno origine alla Tripolitania, diviene romana dalle guerre Puniche e diventa così un concentrato di storia, cultura e archeologia quasi senza paragone al mondo. Leptis Magna è anche la città natale di Settimio Severo, uno dei più illustri imperatori romani. A causa di una guerra moderna, quella civile in corso tutt’ora e che nulla ha in comune con quelle antiche, il sito storico è vietato alle visite.
#2 Kibyra, un imponente insediamento nella prima regione cristianizzata dai romani (Turchia)
Credits walkonturkey IG – Kibyra
Un insediamento imponente, letteralmente insabbiato dal tempo e che – piano piano – sta tornando alla luce. Kibyra si trova nella parte meridionale della Frigia, la prima regione cristianizzata dai romani, un altro punto di incontro tra religioni monoteiste dominanti. Sono stati trovati i resti di una grande ed antica città, con strutture imponenti. È stato altresì rinvenuto un incredibilmente meraviglioso mosaico di Medusa, stimato dell’epoca romana, che sfila sulla lista dei luoghi off limits, qualsiasi ne sia il motivo.
#3 Surtsey, ribattezzata “l’isola che non c’è” (Islanda)
Credits rapusia.searchengine IG – Surtsey
Seconda stella a destra e poi sempre dritto, per raggiungere questa incredibile isola al largo delle coste Sud dell’Islanda. Eh sì, perché questa è ribattezzata “l’isola che non c’è”. A causa di studi su flora e fauna autoctone dell’isola, Surtsey è inaccessibile e super controllata. Solo alcuni biologi possono metterci piede, ma soltanto dopo un’accurata decontaminazione che impedisca di contaminare l’ambiente con “impurità” provenienti dalla terra ferma. Le agenzie viaggi che volessero organizzare un tour qui, sono una costola di “Mission: Impossible”.
#4 Baalbek, meta archeologica ideale nella Valle della Beqâ (Libano)
Credits art.heology IG – Baalbek
In realtà patrimonio dell’UNESCO e una delle mete turistiche più gettonate del Libano, Baalbek offre visite ad una delle culle della civiltà antica, meta archeologica ideale nella Valle della Beqâ, compresi i resti dell’Impero Romano che conquistò la regione nel I secolo. Religioni e civiltà hanno costruito le fondamenta di 3 continenti a partire anche da Baalbek, ma per una visita il condizionale è d’obbligo. La guerra in corso e i pericoli per i turisti, inducono il Ministero degli Esteri di ogni paese a mettere questa città tra le mete sconsigliate, per cui non basta una semplice assicurazione per raggiungerla.
#5 Severnaya Zemlya, un arcipelago ghiacciato dalle condizioni estreme (Russia)
Credits visit_yenisei IG – Severnaya Zemlya
“La terra di Nicola”, ovvero un arcipelago russo che si trova al largo della Siberia, nel Mar Nero. Nonostante la sua superficie complessiva di 13k km quadrati, grande all’incirca come la Sardegna e la Corsica messe insieme, l’arcipelago non è mai comparso sulle mappe prima del 1913, anno in cui fu scoperto da una spedizione oceanografica.
Le condizioni estreme di questa parte del Mar Artico, rendono impossibile la presenza umana: sommando gli abitanti che hanno vissuto in queste isole, nel corso dei tempi, il risultato è “zero”.
#6 Atollo Bikini è stato reso inaccessibile alle attività umane dallo Stato delle Isole Marshall
Credits structuresoftheworld IG – Atollo Bikini
Lo Stato delle Isole Marshall ha resoBikini inaccessibile alle attività antropiche come il turismo di massa o la pesca intensiva. Lo straordinario risultato ottenuto è che, in un paradiso terrestre di fama mondiale, questo atollo diventa un paradiso nel paradiso, ma interdetto all’essere umano. L’isola è una continua esplosione di vita. I fondali marini brulicano di flora e fauna inalterate e la barriera corallina è intatta, come natura creò.
#7 Sana’a, una delle città più antiche della memoria moderna umana (Yemen)
Credits luukmagazine.com – Sana’a
Capitale dello Yemen, rappresenta un’altra culla della civiltà. Sana’a è infatti una delle città più antiche della memoria moderna umana. Caratterizzata dalle costruzioni in terra battuta a forma di torri, alcune davvero imponenti, tutte decorate con spettacolari motivi geometrici e di estrazione araba, la capitale è patrimonio dell’UNESCO. Contemporaneamente, purtroppo, risulta tra le prime 10 mete da evitare secondo i vari ministeri degli esteri mondiali. A causa di una guerra che sta devastando l’intero Yemen da anni, i governi consigliano, quasi impongono, ai cittadini di girare al largo da questa incredibile bellezza.
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Credits matthuejosef IG - Eastern Columbian Building
Scopriamo gli edifici più belli realizzati in stile art déco.
I 10 edifici ART DÉCO più BELLI del mondo
#1 Il Chrysler Building a New York, con l’inconfondibile punta rivestita in acciaio
Credits alpnj IG – Chrysler Building
Il Chrysler Buildingè tra gli esempi più noti al mondo di architettura in stile Art Déco e prima che l’Empire State Building lo superasse nel 1931, era anche l’edificio più alto del mondo. L’elemento che lo rende unico e inconfondibile è la parte superiore dell’edificio realizzata con un rivestimento in acciaio inox.
#2 Empire State Building, il più iconico grattacielo della Grande Mela
Credits colourimago IG – Empire State Building
L’Empire State Building, costruito nel 1931, è forse il più iconico grattacielo della Grande Mela. Con i suoi 381 metri d’altezza e 103 piani è stato per anni il più alto della metropoli americana.
#3 Guardian Building, la “Cattedrale della finanza” di Detroit
Credits angel.qi924 IG – Guardian Building
Il grattacielo Art Déco di Detroit, progettato dall’architetto Wirt C. Rowland, è stato inaugurato nel 1929. Soprannominato la “Cattedrale della finanza”, gli interni e gli esterni sono abbelliti da numerosi elaborati dettagli d’epoca, come mosaici, murales e vetrate.
#4 Il Cavalier South Beach Hotel di Miami
Credits mattandjessicasailing IG – Cavalier South Beach
Il Cavalier South Beach Hotel è un vero proprio “monumento” di Miami. Realizzato proprio nel pieno del movimento Art Déco mondiale, nel 1936, è stato rinnovato nel 2015 ma mantiene ancora un fascino assoluto e uno stile riconoscibile come nessun altro palazzo della metropoli della Florida.
#5 Richard J. Riordan Central Library di Los Angeles, punto di riferimento architettonico per la città
Credits lapubliclibrary IG – Central Library Los Angeles
Progettata dall’architetto newyorkese Bertram Goodhue, la Richard J. Riordan Central Library nel centro di Los Angeles è un importante punto di riferimento architettonico per la città. L’originale Biblioteca Centrale, costruita a metà degli anni ’20, presenta una struttura monumentale e al contempo semplice che è funzionale all’ambizioso progetto di scultura decorativa nella torre e nelle facciate.
#6 Eastern Columbian Building, il grattacielo turchese di Los Angeles
Credits matthuejosef IG – Eastern Columbian Building
L’Eastern Columbian Building, realizzato esternamente in terracotta turchese nel 1930, si trova nel centro di Los Angeles. L’effetto generato dai materiali utilizzati è sorprendente, un capolavoro architettonico progetto dal famoso architetto di Los Angeles Claud Beelman, firma di molti edifici in città.
#7 Palacio de Bellas Artes a Città del Messico
Credits mr.alexshin IG – Palacio de Bellas Artes
Palacio de Bellas Artes di Città del Messico è uno stupendo edificio dagli esterni in stile neoclassico e Art Nouveau, mentre gli interni sono in Art Déco impreziositi dai bellissimi murales di Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros.
#8 Bacardi Building a L’Avana, rielaborato in uno stravagante stile art déco
Credits saravinall IG – Bacardi Building
Bacardi Building a L’Avana, Cuba, fu inizialmente costruito in stile neo-rinascimentale per poi essere rielaborato in uno stravagante stile art déco dopo la 1925 Paris Exhibition. Nel 1930 diventò l’edificio più grande della città e ancora oggi è un punto di riferimento principale nel centro storico de L’Avana. Dopo la partenza di Bacardi da Cuba, in seguito alla rivoluzione cubana, fu utilizzato come uffici.
#9 Palais de Chaillot a Parigi, realizzato per l’Esposizione Internazionale del 1937
Credits mayk_alberto IG – Palais de Chaillot
Il Palais de Chaillot di Parigi, nella Piazza del Trocadéro, fu costruito per l’Esposizione Internazionale del 1937. Progettato dagli architetti Jacques Carlu, Louis-Hippolyte Boileau e Léon Azéma fu abbellito da decine di artisti dell’epoca.
#10 Il Teatro Eden, tra gli edifici teatrali più importanti di Lisbona
Credits magnifiqueirene IG – Teatro Eden
Il Teatro Eden, inaugurato nel 1931, ancora oggi è tra gli edifici teatrali/cinematografici più importanti della città di Lisbona. La sua facciata, caratterizzata nella parte superiore da un bassorilievo raffigurante attori stilizzati davanti a una troupe cinematografica, domina Praça dos Restauradores, la piazza principale della città.
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Palermo e Milano nell’immaginario collettivo sono da sempre due città in forte contrapposizione tra di loro. In effetti sono due culture molto diverse, ma ci sono delle affinità che le legano. Facendo una riflessione più attenta, infatti, e che va oltre i soliti cliché, potremmo riscoprire che le due città hanno delle similitudini forti.
MILANO e PALERMO, gemelle diverse
# Hanno subito un mix di dominazioni e di culture internazionali
Credits: @luxury_allworld La Zisa, Palermo
Palermo è stata crocevia tra Occidente ed Oriente che l’ha resa un mix unico di generi e di culture. Grazie alle dominazioni che si sono succedute, dai Fenici, ai Greci, agli Arabi, per poi arrivare ai Normanni e terminare con la dominazione Spagnola, Palermo ha costruito la sua peculiare identità culturale. Gli Arabi hanno lasciato in eredità alcuni tra i più importanti monumenti della città: la Zisa, Palazzo Reale e la chiesa della Martorana.
Anche Milano ebbe diverse dominazioni: saccheggiata e devastata nel periodo delle invasioni barbariche, nel 569 fu conquistata dai Longobardi e rimase sotto il loro dominio sino al 774, quando ebbero il sopravvento i Franchi, per poi passare sotto la dominazione spagnola, austriaca, che terminò in un primo momento con l’arrivo di Napoleone, per poi ricominciare con la sua disfatta di Lipsia.
# Ospitano due grandi e celebri teatri d’opera
Credits: @teatroallascala teatro alla Scala
Il Teatro Massimo Vittorio Emanuele, conosciuto ai più come Teatro Massimo di Palermo è il più grande edificio teatrale lirico d’Italia e uno dei più grandi d’Europa, terzo per ordine di grandezza architettonica dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Alla sua apertura suscitò le invidie di molti per le sue dimensioni e monumentalità. Di gusto neoclassico-eclettico, sorge sulle aree di risulta della chiesa delle Stimmate e del Monastero di San Giuliano, i quali vennero in seguito demoliti per fare spazio alla grandiosa costruzione.
Il Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala, semplicemente noto come Teatro alla Scala, è il principale teatro d’opera di Milano. Considerato tra i più prestigiosi teatri al mondo, ospita da 243 anni i principali artisti nel campo internazionale dell’opera, del balletto e della musica classica. L’edificio sorse sulle ceneri del precedente teatro Ducale distrutto da un incendio nel 1776 e deve il nome alla chiesa di Santa Maria alla Scala, demolita per fare posto al teatro inaugurato il 3 Agosto del 1778.
# L’Orto botanico di Palermo e quello di Brera: due splendidi polmoni verdi
Credits: @dame_en_vert Orto Botanico Palermo
L’Orto botanico di Palermo è un’istituzione dell’Università degli Studi aperta al pubblico. La sua origine risale al 1779, anno in cui a Palermo sorse l’attuale Università nella quale, istituita la cattedra di Botanica e Materia medica, si ottenne di usufruire di un’area circostante per insediarvi un piccolo orto dove piantare colture ”semplici”, ovvero piante medicinali utile agli insegnamenti. Ben presto questo orto accademico si rivelò insufficiente alle necessità del tempo, così nel 1786, si decise di trasferirlo in una sede più ampia tale da consentire l’impianto di un orto più all’avanguardia rispetto a quello finora esistente. Troviamo moltissime specie di piante e molte di quelle esotiche, di origine prevalentemente sudafricana, australiana e sudamericana, trovano ospitalità nelle collezioni in vaso in piena aria e in varie serre, una delle quali fu donata dalla regina Maria Carolina di Borbone, grande sostenitrice dell’orto.
Ancora una volta continuiamo a trovare le famose affinità fra le due città. La creazione dell’orto botanico di Milano, avvenne nel 1774 dopo lo scioglimento dell’Ordine dei Gesuiti e il passaggio del loro Collegio in mano pubblica. Anche in questo caso si privilegiò l’aspetto didattico e informativo rispetto alla volontà di ostentare specie rare o esotiche particolarmente attrattive per chi avesse voluto visitarle. Poiché nello spazio dove sorgerà l’orto botanico erano cresciute piante molto alte, che ombreggiavano il terreno e rendevano difficile la coltivazione di altre specie, e a causa del fatto che lo spazio era circondato da alte mura ed edifici che rendevano difficile la sua trasformazione, il progetto dell’Orto comportò l’eliminazione degli alberi esistenti, l’innalzamento del livello con nuova terra e la costruzione della serra. In ragione delle sue finalità rivolte alla promozione dell’agricoltura e delle arti non erano previste piante esotiche. Attualmente l’Orto botanico di Brera, è un Museo universitario con la finalità di salvaguardare un bene storico come testimonianza del modello culturale in vigore nella seconda metà del settecento.
# L’opera dei Pupi e le Marionette di Colla
Credits: @marionettecolla marionette Milano
L’opera dei pupi è un teatro delle marionette tipico della tradizione siciliana. I pupari utilizzano questi personaggi per rappresentare storie tratte dalla letteratura epico-cavalleresca di origine medievale. Le marionette del Settecento venivano animate dall’alto per mezzo di una sottile asta metallica collegata alla testa attraverso uno snodo e per mezzo di più fili, che consentivano i movimenti delle braccia e delle gambe. Ancora oggi sopravvivono alcuni pupari che cercano di mantenere viva la tradizione, alcuni proponendo rappresentazioni per turisti altri attraverso una vera e propria rassegna teatrale.
Ed ecco qui un’altra affinità con Milano, infatti la compagnia Carlo Colla e figli di Milano è la più grande e antica compagnia di marionette esistenti al mondo, attiva da più di due secoli. Il ricco commerciante Gianbattista Colla, infatti, alla fine del Settecento, adibisce per divertimento una delle sale del suo palazzo di Milano a teatro delle marionette. All’inizio dell’Ottocento, a causa di alcune vicissitudini, i Colla furono costretti a lasciare la città e gli spettacoli di marionette diventano l’attività della famiglia. Alla morte di Giovanbattista, i figli fondarono tre diverse compagnie e nacque cosi la compagnia marionettistica Carlo Colla e figli.
# Tra una fetta di cassata e una di panettone
Credits: @chiaravaniglia cassata
Arrivando a Palermo non possiamo fare a meno di rimanere incantati dalla varietà e dalla bontà dei suoi dolci tanti e tali sono quelli che la rendono famosa nel mondo. Sicuramente al primo posto troviamo la cassata, un dolce tradizionale a base di ricotta zuccherata, pan di spagna, pasta reale e frutta candita. Un dolce buonissimo al palato ma anche molto bello da vedere, con i suoi colori rispecchia in fondo, il calore e la solarità dell’isola. Esistono più varietà di cassate: quella catanese, la trapanese, la nissena e la siracusana. A Palermo però è ancora molto usata la prima versione di questa torta di ricotta, denominata cassata al forno, priva di canditi e di pasta reale. E’ un involucro di pasta frolla che contiene all’interno la crema di ricotta di pecora zuccherata e gocce di cioccolato fondente, una delizia per il palato!
A Milano, invece, il dolce per eccellenza è il panettone, che oltre ad essere conosciuto in tutto il mondo e dalla grande bontà, vanta due leggende circa la sua nascita. La prima pare sia legata ad un amore, nato tra un falconiere e la figlia di un fornaio. Costui, innamorato della ragazza, si fece assumere dal padre di lei come garzone e per incrementare le vendite provò a inventare questo dolce fatto di farina, uova, burro, miele e uva sultanina. Il dolce riscosse talmente tanto successo che tutti lo vollero assaggiare, divenendo cosi il dolce milanese per eccellenza. L’altra leggenda invece racconta di un cuoco incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stato invitati molti nobili del circondario. Narra la leggenda che il cuoco, dimenticatosi per errore del dolce in forno, lo fece bruciare. Vista la disperazione di quest’ultimo, un piccolo sguattero di nome Toni gli propose di portare in tavola il dolce che aveva preparato quella mattina, fatto di farina, burro, uova, scorza di cedro e qualche uvetta. Il dolce riscosse un incredibile successo, da far sembrare che il nome “panettone” derivasse dal nome del piccolo garzone, Toni (da qui il Pane di Toni, quindi Panettone).
# Milano e Palermo, accomunate dalla nobiltà d’animo dei loro cittadini
Credits: ilfattoquotidiano.it Duomo
Ci siamo soffermati a parlare delle affinità “materiali” che legano le due città. Ma adesso voglio mettere in luce quelle che, a parer mio, sono le similitudini che ancora una volta troviamo in esse e voglio farlo parlando della nobiltà d’animo dei loro cittadini, che, ne sono certa, le accomuna seppur in modi differenti.
Palermo: generosa, passionale, ospitale, città che raramente ti fa sentire sola e questo tu lo avverti sin dal primo istante che la vivi, ti senti avvolto dall’amore dei suoi abitanti, anche a dispetto di quello che talvolta si sente dire da chi non conosce la città e la bella anima dei suoi cittadini. Chiunque sia stato a Palermo, non ha potuto fare a meno di notare la sensazione di sentirsi a casa pur non essendo la propria.
Oggigiorno purtroppo, la parola nobiltà, intesa come nobiltà d’animo, si è un po’ svuotata del suo significato vero. Essa non ha nulla a che vedere con la ricchezza economica o con lo status sociale, attiene ad una condizione che riguarda l’essenza vera dell’essere umano e in questo Palermo ha un vero e proprio primato. Palermo è storia, cultura, aggregazione e tanto altro.
Milano, altra città, seppure in maniera diversa, ospitale e accogliente. Questo è un aspetto che pochi valutano: abbiamo mai pensato a quante persone si sono riversate qui per motivi differenti? Una moltitudine etnica che la rende, senza ombra di dubbio, la città più variegata e multietnica d’Italia. Pensiamo a quanta gente senza grosse pregresse speranze, qui ha potuto costruire un “futuro”, quel futuro che spesso, non si è trovato nella città d’origine. Nobiltà d’animo è anche questa: dare una possibilità, integrare in forme diverse, accogliere chiunque “ha voglia di fare”.
“Per capire Milano bisogna tuffarvisi dentro. Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte.” (Guido Piovene)
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Credits themerakishita IG - Chiesa di San Marco al Bosco
Questo piccolo edificio religioso si erge dai campi agricoli del sud milanese. Dove si trova e qual è la sua storia.
La CHIESETTA di Milano che sorge in MEZZO AI CAMPI
# La sua costruzione è legata al ritrovamento di un crocefisso
Credits mara_cassi IG – Chiesa di San Marchetto
La Chiesa di San Marco in Bosco, detta di San Marchetto, è una piccola chiesa devozionale che sembra esistere già alla fine del 1300 essendo riportata nel catalogo delle chiese esistenti in diocesi all’epoca “Liber notitiae sanctorum mediolani”.
Interno chiesa San Marchetto con crocifisso
La sua costruzione sembra legata al ritrovamento di un Crocefisso in legno, conservato ancora della chiesa, attorno a cui ruota una leggenda. Sembrerebbe infatti che i cavalli utilizzati per l’aratura si fossero rifiutati di procedere in quella zona di terreno, dove ora sorge la chiesa e dove venne ritrovato questo Crocefisso, posto poi in venerazione.
# Dove è stata edificata
Credits salvlui IG – Chiesetta di San Marchetto
La chiesa ha una struttura muraria a pianta quadrangolare, con semicerchio absidale. Il suolo rialzato su cui è stata eretta, al contrario di quello che si può pensare, non è affatto un terrapieno artificiale ma il piano campagna presente all’origine, allo stesso livello della Cascina S. Marchetto. Questo perché a causa dell’asportazione dello strato argilloso destinato alla costruzione di laterizi presso la vicina fornace all’inizio del secolo XX, ci fu un abbassamento dei terreni limitrofi.
# La chiesa si trova in mezzo al Parco delle Risaie
Credits pieropiroddi IG – Chiesa San Marchetto con risaie
La struttura religiosa si trova nel mezzo dei campi del Parco Agricolo Sud di Milano, per l’esattezza nel Parco delle Risaie. Come si nota dalla foto, in primavera quando i campi vengono allagati sembra quasi sospesa su un isolotto. L’origine del nome S. Marco pare sia da collegare agli Eremitani di S. Agostino del Convento di S. Marco in Milano. Nella seconda metà del 1200, entrati in possesso dei fondi agricoli, i religiosi avrebbero fatto costruire la chiesa e forse anche un piccolo convento per alcuni frati come dipendenza del convento principale di S. Marco.
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Ci sono cose che a Milano non si fanno. Vediamo quali sono.
Leggi “non scritte” di Milano: 7 COSE da NON FARE in città
#1 Il bagno nel Naviglio
Credits Andrea Cherchi – Cimento invernale
In realtà iniziamo con una regola che è scritta. Anche se attira molti, soprattutto nella bella stagione, è una delle cose che a Milano non si fanno: il bagno nel Naviglio, non perché sia molto inquinato, anzi è uno dei corsi più puliti ma perché è vietato da regolamento comunale. L’unica eccezione è durante il “Cimento”, il tradizionale e celebre tuffo di mezzanotte nei cosiddetti “giorni della Merla”, i più freddi dell’anno. Il Comune è un po’ sadico con i cittadini?
#2 Prendere l’auto
Credits: milano.repubblica.it – Multe su auto parcheggiate su strisce blu
Se non si vuole diventare isterici in mezzo al traffico, girare ore a cercare un parcheggio o rischiare di prendere multe salate è preferibile non prendere l’auto per spostarsi in città. Meglio usare i mezzi pubblici, efficienti e capillari, scegliere un mezzo in sharing oppure puntare sulle due ruote, bici o scooter. O ancora meglio a piedi.
#3 Fermarsi sul marciapiede
A Milano non ci si ferma mai. Non si ha mai tempo da perdere e anche i pedoni sfrecciano come razzi. Pertanto è sconsigliato restarsene come statuine in mezzo al marciapiede, senza premurarsi di non essere un intralcio per il passaggio delle persone. Anche perchè con bici e monopattini che spesso escono dalla carreggiata, i marciapiedi di Milano assomigliano ad autostrade.
#4 Ritardare
A Milano la puntualità è un dovere civico. Una forma di rispetto per gli altri, soprattutto per il bene più prezioso che esiste in città: il tempo. Se si ritarda è un obbligo avvertire del ritardo, anche se è di soli cinque minuti.
#5 Parlare a voce alta
I milanesi sono persone sobrie e moderate proprio come la città in cui vivono. Parlare a voce alta non è una caratteristica di queste parti, quindi è buona norma evitare di tenere il volume a livelli esagerati, soprattutto in mezzi di trasporto pubblici.
#6 Non fare la raccolta differenziata
Raccolta differenziata Milano
Milano è tra le città europee sopra il milione di abitanti con il più alto tasso di raccolta differenziata, è al 62% secondo i dati più recenti. I milanesi ci tengono all’ambiente e fare la raccolta dei rifiuti, suddividendoli correttamente per tipologia, è un modo per aiutarlo. La raccolta differenziata va fatta ad ogni costo. Inserire un sacchetto generico in un cestino pubblico viene guardato con sdegno.
#7 Lasciare in disordine l’auto in sharing
Carsharing al mercato
L’auto in sharing è di tutti i milanesi o di chiunque ne abbia bisogno per spostarsi in città o fuori. Pertanto è tassativamente vietato lasciarla sporca o in disordine dopo il suo utilizzo: è segno di inciviltà, maleducazione e mancanza di rispetto verso il prossimo guidatore che vi salirà a bordo. A Milano lasciare in ordine l’auto che si prende a noleggio è una regola tassativa.
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Il monte è il punto di incontro tra Italia, Austria e Slovenia. Qui, ogni anno si celebra la Festa dell’Amicizia, da molto prima che fosse dichiarata la libera circolazione attraverso gli stati dell’Unione Europea.
Il MONTE dei TRE CONFINI: dove si incontrano Italia, Austria e Slovenia
# Monte Forno: triplice frontiera
Il monte Forno è una montagna delle Alpi orientali, alta poco più di 1500 metri. Dal 1924 sulla sua vetta sorge il confine di stato tra Italia, Slovenia ed Austria, rappresentato da un cippo. Nel corso degli anni ha ovviamente visto cambiare i nomi delle nazioni che qui si incontrano (si pensi ai tempi della Germania nazista o dell’ex-Jugoslavia).
Credits: @Branislav Jánoš (FB)
Il monte, in tedesco, prende il nome di Dreilaendereck, ossia triplice confine. In sloveno, invece, si chiama Peč. In friulano, Mont Fuar.
Il punto d’incontro tra il confine italiano, quello sloveno e quello austriaco è rappresentato da un monumento che indica in quale delle tre nazioni ci si trova.
E’ abbastanza affascinante il senso di libertà che si può respirare spostandosi, con soli pochi passi, in tre nazioni diverse senza vincoli o barriere.
# Il Monte Forno nelle quattro stagioni
Tutti i periodi dell’anno sono ideali per visitare il Monte Forno. A seconda del versante (italiano, austriaco o sloveno) le modalità per raggiungere la vetta e le varie attività che si possono svolgere sono diverse.
Credits: @Ágnes Farkas(FB)
Per quanto riguarda il versante italiano, il monte si può raggiungere prendendo i sentieri che si diramano partendo da una frazione di Tarvisio, Fusine di Valromana.
Dalla Slovenia, è invece necessario recarsi a Rateče, località che sorge nei pressi di Kranjska Gora, nota meta turistica che si trova poco oltre il confine tra Italia e Slovenia.
Infine, dall’Austria, si può utilizzare la seggiovia Dreiländereck, che parte da Arnoldstein (uno dei primi paesi che si trovano dopo il confine tra Italia e Austria) e porta molto rapidamente in quota.
# Trekking, Mountain bike e sci
Per raggiungere la vetta del Monte Forno, le varie guide on-line parlano di molti sentieri che si possono scegliere a seconda del punto di partenza. Questi hanno durata, pendenza e per cui difficoltà diverse. Alcuni sono ideali per essere percorsi a piedi, sia in estate che in inverno. Altri sono più adatti alla mountain bike.
Credits: @FriuliVeneziaGiuliaTurismo(FB) – Ciaspolata sul Monte Forno
Su una cosa, però, tutte le guide sono d’accordo: indipendentemente da come si raggiunga la vetta, la sensazione di libertà e soprattutto il panorama di cui si può godere da lì, fanno dimenticare in poco tempo tutta la fatica fatta fino a quel momento.
Il versante austriaco è una destinazione molto famosa per gli amanti dello sport invernale: si trovano infatti 17 chilometri di piste da sci (6 piste blu, 7 rosse e 4 nere).
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Scopriamo le cascate da non perdere in questi ultimi mesi dell’anno.
Le 10 CASCATE più BELLE d’Italia da vedere in AUTUNNO (immagini e mappa)
#1 La Cascata del Toce, la più scenografica d’Italia (Piemonte)
Credits kikkakikka76 IG – Cascate del Toce
In Piemonte, nel mezzo della Val Formazza, c’è la Cascata del Toce, probabilmente la cascata più scenografica d’Italia. Un salto d’acqua di circa 143 metri che scende dalle Alpi e che si può osservare da un balcone panoramico, ma si può farlo in tutta la sua maestosità solo per brevi fasce orarie tra giugno e settembre. Per tutto il resto dell’anno la cascata ha una portata ridotta perché le acque del fiume Toce vengono captate per la produzione di energia elettrica.
#2 Cascate del Serio, le cascate più alte d’Italia (Lombardia)
Credits a.moment.of__ IG – Cascate del Serio
Le Cascate del Serio esistono solo per qualche giorno all’anno e sono le cascate più alte d’Italia, ben 315 metri. Si trovano in Val Seriana, sulle Alpi Orobie, in provincia di Bergamo. I salti principali delle cascata sono tre: rispettivamente di 166, 74 e 75 metri. L’apertura di una diga, costruita nel 1931 per la produzione di energia elettrica, consente di ammirare il salto in tutta la sua imponenza.
#3 Le Cascate di Stanghe, create dal Rio Racines che scorre lungo le pareti rocciose (Trentino Alto Adige)
Credits antoniettamuollo IG – Le cascate di Stanghe
Le Cascate di Stanghe, in Trentino Alto Adige, attraversano in modo affascinante la piccola gola di Stanghe, anche conosciuta come orrido Gilf. Un luogo incantato tra Vipiteno e Racines dove l’incessante scorrere del Rio Racines lungo le pareti rocciose crea delle cascate suggestive.
#4 La Cascata dell’Acquacheta, citate nella Divina Commedia (Toscana)
Credits elimariani22 IG – Cascate Dell’Acquacheta
La cascata dell’Acquacheta, nel cuore del Parco delle Foreste Casentinesi tra Toscana ed Emilia-Romagna, è generata dall’omonimo fiume e prima di raggiungere S.Benedetto in Alpe compie un salto di oltre 70 metri. Dante Alighieri la nomina nella Divina Commedia in un canto dell’Inferno: “Come quel fiume c’ha proprio cammino prima dal Monte Viso ‘nver’ levante, da la sinistra costa d’Apennino”.
#5 Cascata delle Marmore, la più celebre d’Italia (Umbria)
Credits carmelio.cenci IG – Cascata delle Marmore
In Umbria, nella Valnerina, troviamo la più celebre cascata d’Italia: la Cascata delle Marmore. Un’incredibile opera di ingegneria romana, realizzata nel 271 d.c., ha portato alla formazione di questo salto formato dal fiume Velino. Il fiume defluisce dal Lago di Pieluco e si tuffa nel fiume Nera, creando un'”orrida bellezza” come la definì Lord Byron.
#6 Le Cascate di Monte Gelato, un paradiso naturale nella valle del Treja (Lazio)
Credits digei74 IG – Cascate di Monte Gelato
Le Cascate di Monte Gelato sembrano un paradiso naturale uscito da una fiaba, tra Roma e Viterbo. Nel cuore della valle del Treja l’omonimo fiume crea piccole cascate e piccoli salti che convogliano in una piscina naturale tutta circondata da fitti boschi. Per raggiungerla è consigliato percorrere un sentiero dal borgo di Calcata.
#7 Le cascate del Rio Verde, le più alte cascate dell’Appennino (Abruzzo)
Credits la_rondi IG – Cascate del Rio Verde
Nella Riserva Naturale Regionale e OASI WWF Cascate del Verde, in Abruzzo, ci sono le meravigliose Cascate del Rio Verde. Si trovano precisamente a Borrello in provincia di Chieti, e sono le più alte cascate dell’Appennino che dominano la media valle del Sangro.
#8 Le Cascate del Liri, nel centro del paese (Campania)
Credits: @igers_lazio Isola del Liri
In pieno centro nell’Isola del Liri, un paese in provincia di Frosinone, ci sono delle cascate davvero inaspettate. Dal braccio sinistro del fiume Liri scende la Cascata Grande, larga circa 10 metri per un salto verticale di oltre 27 metri, che si tuffa nel cuore del piccolo comune laziale.
#9 La cascata del Marmarico, nel parco Naturale delle Serre (Calabria)
Credits marcopansino_naturalexperience IG – Cascata del Marmarico
La cascata del Marmarico all’interno del parco Naturale delle Serre, alta 114 metri, è la più alta della Calabria, nell’alto corso del fiume Stilaro. Si raggiunge percorrendo un bellissimo sentiero immerso nella natura che costeggia il letto del fiume, nel comune di Bivongi in provincia di Reggio Calabria.
#10 Le cascate di Capu Nieddu, tra le più scenografiche d’Italia (Sardegna)
Credits silviabarrasca IG – Cascata di Capo Nieddu
Le cascate di Capu Nieddu in Sardegna sono tra le piùscenografiche d’Italia. La particolarità di questa meravigliosa cascata, alta 40 metri, è che si getta nel mare e che esiste soltanto da novembre a maggio durante il periodo delle piogge.
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