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Le vere ORIGINI del DETTO “Roma non fu costruita in un giorno”

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credits: @albanesi.it

La lingua italiana conta una quantità quasi infinita di proverbi e modi di dire, alcuni di loro molto curiosi e con valenze storiche importanti. Tuttavia, benché il loro significato e modo d’uso sia conosciuto a tutti (o quasi), spesso ne ignoriamo la vera provenienza.

Il detto “Roma non fu costruita in un giorno” è proprio uno di questi, tuttavia la sua origine non è così banale come pensate.

Le vere ORIGINI del DETTO “Roma non fu costruita in un giorno”

# La pazienza RIPAGA

credits: @manutoni24 su IG

Quando pronunciamo questo detto popolare vogliamo intendere che per poter ottenere dei buoni risultati, non ci si deve far prendere dalla fretta, ma è necessario portare pazienza e lavorare sodo. D’altronde, le cose belle arrivano solo a chi sa aspettare.

Il riferimento alla città eterna è dovuto al fatto che Roma ha acquisito la sua bellezza e la sua grandezza secolo dopo secolo. Probabilmente, è stata la profonda ammirazione per questa città a portare alla nascita del proverbio.

Verrà spontaneo, quindi, attribuire questo comunissimo modo di dire a qualche personaggio storico che ha contribuito alla nascita di Roma, ma in realtà dobbiamo spostarci nelle Fiandre (l’attuale Belgio) per scoprire da chi è stato veramente pronunciato.

# L’origine NON è ITALIANA

credits: gallica.bnf.fr

Ci troviamo alla corte di Filippo D’Alsazia, nel XII secolo. La frase fu pronunciata per la prima volta in francese (“Roma ne fu pas faite toute en un jour”) e fu ripresa successivamente in un poema medievale risalente al 1190 e pubblicata nel libro “Li proverbe au Vilain” scritto da Adolf Tobler, molti secoli più tardi (1895).

Da questo momento in poi, furono molti i personaggi che fecero uso del detto che pian piano divenne sempre più comune. Nel 1500 iniziò a diffondersi nel Regno Unito grazie al drammaturgo John Heywood e successivamente arrivò anche alla Regina Elisabetta I nel 1563 che lo inserì nel suo discorso ufficiale a Cambridge.

Continua a leggere con: I 15 PROVERBI più saggi del DIALETTO MILANESE

SELENE MANGIAROTTI

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Sotto un EX CINEMA di VERONA scoperta una “PICCOLA POMPEI”

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Credits: veronaoggi.it Pompei di Verona

Un ex-cinema potrebbe diventare parco archeologico? Per ora non si sa ma sicuramente sotto un ex cinema di Verona sono stati trovati alcuni resti archeologici.

Sotto un EX CINEMA di VERONA scoperta una “PICCOLA POMPEI”

Si tratta di un complesso del II secolo con pareti affrescate in vari colori e che sembrano sopravvissute ad un incendio. Non si sa ancora la funzione di quanto trovato, ma per ora la si chiama la “piccola Pompei”.

# Da ex cinema ad area archeologica

Credits: artribune.com
Ex cinema Astra, Verona

Nell’ex cinema Astra in via Oberdan a Verona, sono stati svolti degli scavi che hanno portato a dei ritrovamenti archeologici. Non è una novità che sotto quell’edificio ci siano prove dell’antica Roma, ma per circa 15 anni la notizia era stata quasi ignorata. Erano stati condotti alcuni scavi, poi interrotti e ora finalmente ripresi. Gli scavi in questione sono parte di un progetto molto più ampio che ha come obiettivo la ristrutturazione e valorizzazione dell’ex cinema Astra, tuttavia per ora al centro di tutto vi sono questi ritrovamenti romani.

# La Pompei di Verona

Credits: veronaoggi.it
Pompei di Verona

Le nuove scoperte hanno fatto sì che l’area venga chiamata “la Pompei di Verona” o “piccola Pompei”, questo perché gli edifici ritrovati assomigliano molto a quelli della città archeologica italiana per eccellenza. Secondo quanto detto dalla Sovrintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona, per ora, sono stati trovati “murature affrescate, impianti di riscaldamento sia a pavimento che a parete, pavimenti in cementizio decorati da tessere e crustae”. Inoltre, si è abbastanza certi che l’area era stata abbandonata a causa di un incendio che causò i resti crollati dei soffitti e un mobile di legno carbonizzato trovati oggi.

Quello che gli esperti si chiedono è però se questi ritrovamenti significano che c’era una città simile a Pompei anche a Verona, o se lo stile oggi chiamato pompeiano era diffuso in tutta Italia.

# Non solo antica Roma

Sono giorni fortunati per la città di Verona, almeno dal punto di vista archeologico. Oltre a quanto trovato sotto l’ex cinema Astra, nei pressi dell’Arena di Verona sono stati rinvenuti anche 3 scheletri risalenti al XII secolo: un maschio adulto, una giovane donna e un ragazzo.

Continua la lettura con: Antichi ROMANI e ROMANI di oggi a confronto: in cosa sono CAMBIATI nel corso dei SECOLI?

BEATRICE BARAZZETTTI

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Superbia, ultima fermata

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Tarquinio il Superbo

Nell’antica Roma l’ultimo re fu Tarquinio il Superbo.
Gli venne affibbiato questo soprannome perché volle imporre con la violenza la sua autorità al di sopra di qualunque altra istituzione o potere e, per questo suo comportamento, per la prima volta un re di Roma divenne inviso sia ai patrizi che ai plebei.

La superbia in questo caso fu di buon auspicio perché aprì le porte alla nascita della Repubblica e di un sistema più democratico. Per scongiurare il ripetersi di un eccessivo potere nelle mani di una sola persona per un lungo periodo ci furono due consoli con i medesimi poteri che consentirono una grande espansione di Roma.

Dal punto vista etimologico la superbia indica il mettersi al di sopra del bios, delle leggi della natura. In generale è superbo chi si pone al di sopra di quelle che sono le sue funzioni e le sue capacità.
Ai nostri tempi sembra che la superbia sia diventata una mentalità diffusa, in particolare chi ha una posizione di comando tende ad arrogarsi un potere senza alcun limite.

In particolare con l’emergenza il potere sembra caduto nella trappola della superbia, arrogandosi un controllo sulle libertà dei cittadini come mai avvenuto nella storia della Repubblica italiana. Con l’arroganza di farlo in nome di un controllo e di una gestione di forze naturali che per definizione non sono alla portata della politica.

Ogni governante oggi si sente autorizzato a esternare comportamenti paternalistici e autoritari che travalicano le regole del sistema democratico.
Come nel caso dell’ultimo re di Roma la condanna verso questi atteggiamenti è trasversale a tutti gli ambiti della società.

La storia ci insegna che la superbia è spesso il canto del cigno del potere, il segnale della perdita di autorità.

Continua la lettura con: the end

MILANO CITTA’ STATO

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I 5 QUARTIERI di Milano da ABBATTERE e RICOSTRUIRE da zero

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Case popolari San Siro

In questo sondaggio sulla nostra pagina di Facebook abbiamo chiesto “Quale quartiere ricostruiresti da zero?”. Ecco i 5 che sarebbero da rifare da capo.

I 5 QUARTIERI di Milano da ABBATTERE e RICOSTRUIRE da zero

 

#1 Giambellino, uno dei quartieri popolari più grandi di Milano

Credits: radiopopolare.it

Il Giambellino, che prende il nome dalla via principale che percorre tutta la lunghezza, è un quartiere variegato e dalle molteplici identità, tra i più multietnici di Milano. Un rettangolo di palazzi a quattro piani costruiti negli anni ’40 per alloggiare gli operai del complesso industriale adiacente, che ne fa anche uno dei quartieri popolari più grandi della città. Nonostante il restyling in atto, nei prossimi anni apriranno anche le fermate della nuova M4, una ricostruzione totale potrebbe trasformare questa area in un luogo molto più gradevole e vivibile. 

Leggi anche: RESTYLING GIAMBELLINO: la riqualificazione dell’ex quartiere della MALA (rendering)

#2 Bicocca, un tempo occupata dalla Pirelli, la sua ricostruzione non ha avuto gli effetti sperati

Il quartiere universitario della Bicocca
Il quartiere universitario della Bicocca

La Bicocca fu particolarmente interessata da fenomeni di deindustrializzazione e delocalizzazione dalla fine degli anni ’70 con un impatto fortissimo sull’aspetto e sui progetti del quartiere. Dagli inizi degli anni ’80 al 2005 un grande progetto di riqualificazione e smantellamento dell’area di oltre 300.000 mq prima occupata dagli stabilimenti della Pirelli, ha cambiato il volto al quartiere. A detta di molti esperti di urbanistica però la ricostruzione di questa parte di città non ha sortito gli effetti sperati. Abbatterla e ricostruirla da zero potrebbe farlo diventare il quartiere del futuro. 

#3 Ponte Lambro, un quartiere isolato da decenni e in forte degrado

Credits: Urbanfile

Il quartiere di Ponte Lambro ha subito un triste destino: dopo la crisi economica del dopoguerra con la conseguente chiusura e delocalizzazione della fabbriche della zona, è stato mano a mano isolato. Il risultato è stato un forte degrado urbano, carenza di servizi sociali e molte case fatiscenti. Prima l’ampliamento dell’aeroporto di Linate e l’interruzione della strada Paullese negli anni ’60, poi la realizzazione della Tangenziale Est agli inizi degli anni ’70 lo hanno reso un corpo a parte rispetto alla città. Sicuramente uno dei quartieri che più di altri meriterebbe di essere azzerato e ricostruito.

Leggi anche: Uno dei due RISTORANTI più ANTICHI d’EUROPA è a Milano!

#4 Gratosoglio, il sogno infranto di realizzare un quartiere autonomo

Gratosoglio

Gratosoglio è stato progettato negli anni’50 dallo studio BBPR, famoso per aver realizzato la Torre Velasca, con l’obiettivo di essere un grande quartiere autonomo. Situato in quello che era l’estrema periferia meridionale di Milano, si sviluppa su un’area di circa 50 ettari, formato da otto torri alte 56 metri e 52 edifici in linea alti 30 metri. Anonimo, ripetitivo e con nessuno slancio estetico, il quartiere sconta anche anni di scarsa attenzione e manutenzione e conseguente degrado. Abbatterlo e rifarlo da zero potrebbe essere un’occasione per dare una nuova vita a questa periferia della città.

#5 Il quartiere popolare di San Siro 

Nella parte sud di San Siro ci sono case popolari e palazzi tipici dell’edilizia degli anni cinquanta, dall’estetica approssimativa e improntati alla mera funzionalità. In netto contrasto con la zona nord del quartiere, questa è prevalentemente abitata da stranieri soprattutto di origine araba e tristemente conosciuta per essere degradata e pericolosa. La conformazione degli edifici e la loro posizione nel contesto della città hanno trasformato il quartiere in una sorta di ghetto, motivo per cui andrebbe completamente demolito e ricostruito.

Leggi anche: Il muro invisibile di SAN SIRO

Continua la lettura con: District Ranking: i 7 QUARTIERI di MILANO dove si vive MEGLIO

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La baia di PORTONOVO è la terra di PIRATI e LEGGENDE

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Credits: @massispinelli IG

Portonovo si trova affacciata sul mare Adriatico e, per anni, è stata meta di numerosi navigatori. Nonostante ora sia un luogo turistico rinomato, protetto dall’abbraccio del Monte Conero, in passato è stata interessata da scorribande e storie curiose.

La baia di PORTONOVO è la terra di PIRATI e LEGGENDE

# Storie di pirati e tesori

Credits: photowall.com

La baia di Portonovo ha una particolarità che la rendeva unica. Dopo l’avvenimento di una frana preistorica, vennero a formarsi alcuni bacini naturali di acqua potabile. Ciò rese più facile la vita nei dintorni, contribuendo a formare numerosi insediamenti abitati. Il centro più popoloso, che corrisponde all’attuale Poggio, era anche ricco di cibo e i pirati della zona lo sapevano bene. Quando questi ultimi avevano bisogno di scorte, spesso si lanciavano in saccheggi su tutte le case della zona ed era necessario trovare un modo per mettersi al sicuro. Gli abitanti, quindi, scavarono delle gallerie sotterranee sotto le proprie abitazioni come vie di fuga di emergenza. Ancora oggi, se si visita Poggio, è possibile esplorare questi cunicoli.

È risaputo, però, che sono spesso coinvolti dei tesori quando si parla di pirati. Ebbene, in una spiaggia nascosta e isolata dal resto, che prende il nome di “Due Sorelle”, sembra nascondersi un prezioso segreto. Raggiunta la spiaggia, si può entrare nella cosiddetta “Grotta degli Schiavi”, una cava molto profonda creata artificialmente. Le voci narrano che, in fondo ad essa, ci sia il deposito del tesoro dei pirati, con oggetti dal valore inestimabile celati in un luogo quasi inaccessibile.

# Altre curiosità su strategie e pellicole

Credits: picclick.it

Un’altra curiosità legata alla difesa contro le navi ostili riguarda le torri di avvistamento. In particolare, dalla Torre di Portonovo, un guardiano era sempre all’erta mentre scrutava l’orizzonte. Nel caso in cui fosse avvistata un’imbarcazione nemica in avvicinamento, il guardiano aveva a disposizione una schiera di piccioni viaggiatori in grado di raggiungere Ancona in poco tempo per mandare una richiesta di aiuto. In questo modo, era possibile richiamare rinforzi per tentare di allontanare gli ospiti poco graditi.

Infine, Portonovo è stato scelto come set per un film intitolato “Le prigioniere dell’isola del diavolo”. Non a caso, questa pellicola del 1962, diretta da Domenico Paoella, tratta del tema della pirateria. Una storia di prigionia, intrighi, ma anche di amore che trae vantaggio dai bellissimi paesaggi offerti dalla baia per commemorarne parte della sua storia. Inoltre, nel film furono assunte numerose ragazze di Poggio come comparse, come simbolo della loro origine.

Fonte: anconatoday.it

Continua a leggere con: I PIRATI della Martesana

MATTEO GUARDABASSI

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Non solo italiano: ecco 5 LINGUE MINORITARIE diffuse in ITALIA

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Credit: sardiniapost.it
In Italia non si parla solo italiano, ma quali sono le altre lingue? E come si sono diffuse nei nostri territori?

Non solo italiano: ecco 5 LINGUE MINORITARIE diffuse in ITALIA

 
Il nostro Paese, pur linguisticamente unito dalla lingua italiana, è popolato da numerose lingue minori oltre ad una moltitudini di dialetti che hanno in sé una infinita varietà di sfaccettature. Alcuni dei dialetti sono assimilabili a lingue vere e proprie ma ormai influenzati da una evoluzione che li ha portati a perdere molti dei loro tratti caratterizzanti. Discorso diverso per alcuni ceppi linguistici che stanno sopravvivendo mantenendo una struttura ben diversa dall’italiano e che hanno origini lontane.

#1 Il sardo

Credit: sardiniapost.it

«Il sardo è una lingua insulare per eccellenza: è allo stesso tempo la più arcaica e la più distinta nel gruppo delle lingue romanze.» (Rebecca Posner, John N. Green)

Da non confondersi con il ceppo catalano presente nella zona di Alghero, il sardo affonda le sue origini tra alcune influenze neolatine e deve essere considerata autonoma dai sistemi dialettali di area italica, gallica e ispanica e pertanto classificata come idioma a sé stante, erede della civiltà nuragica e che trova nel nuorese la sua forma più spiccata.

Al nord della Sardegna la lingua subisce influenze toscane e corse, dovute alle dominazioni e alle immigrazioni subite nei secoli passati.

Dal 1997 la legge regionale riconosce alla lingua sarda pari dignità rispetto all’italiano.

#2 Il ladino

Credit: giornaletrentino.it

Presente in alcune enclavi della zona nord orientale dell’Italia, in Alto Adige, Friuli, Veneto, e differente tra zona e zona, il ladino è frutto di un insieme di culture presenti secoli fa nell’arco alpino orientale, tra la Svizzera e la Slovenia. Proprio la Slovenia porta nei caratteri distintivi della sua lingua alcuni suoni e molti vocaboli presenti nel ladino.

#3 L’occitano

Credit: storianet.blogspot.com

Partendo dalla Francia atlantica arrivando alla parte occidentale del Piemonte questa lingua che foneticamente ricorda molto il francese come il piemontese ma soprattutto il catalano, ha difficoltà nel trovare un riconoscimento ufficiale, specie oltralpe dove trova la più vasta comunità che conosce e parla la lingua conosciuta come lingua d’oc, parente quindi di quella d’oil parlata al nord della Francia. Tecnicamente l’occitano è una lingua occitano-romanza ed è quella più utilizzata dai famosi poeti trovatori per la sua musicalità dei suoni.

#4 Lingua arbëreshe

Credit: Cityxscape

E’ l’antico albanese, arrivato in Italia dopo una una sorta migrazione avutasi a causa delle dominazioni sul territorio tirrenico. Dalle famiglie allora migrate si sono formate delle comunità, spesso non comunicanti tra loro, che hanno mantenuto la parte predominante della loro tradizione e cultura compresa la lingua. L’utilizzo degli idiomi albanesi è stato tramandato fino ai giorni nostri al punto che in alcune province italiane, in particolare in Calabria, è stata riconosciuta l’identità linguistica.

#5 Il walser

Credit: courmayeur News

I dialetti walser sono una evoluzione del sottogruppo alemanno del tedesco. Sicuramente risalenti al XIII secolo, il walser arrivò in Italia grazie a condizioni climatiche favorevoli alla migrazione di persone che arrivarono nell’odierna Italia passando attraverso valichi alpini diventati poi impraticabili a seguito della “piccola glaciazione” del VI secolo. La stanzialità di una popolazione di origine germanica, specie in zone disabitate, portò allo sviluppo di comunità che nei secoli hanno mantenuto le loro tradizioni, specie linguistiche. Oggi i dialetti walser, con tutte le variazioni avvenute nel tempo, sono presenti in valle d’Aosta e Piemonte. Gressoney, Alagna Valsesia e Macugaga sono alcuni dei comuni dove il walser è ancora diffusamente parlato.

Leggi anche: Il nome è uno SCIOGLILINGUA: uno dei BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA a 2 ore da Milano

ROBERTO BINAGHI

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VIAGGIO ai CARAIBI restando in EUROPA

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Credit: blog.magellanostore.it

Fare un viaggio ai Caraibi rimanendo nella Unione Europea sembra impossibile eppure si può fare.

Il segreto? Pochi sanno che le isole di Guadalupa, Martinica e Sain Martin sono in realtà europee. In tutte le tre isole infatti si usa l’euro e sono rappresentate dall’unione europea.

Vediamo insieme questi paradisi terrestri!

VIAGGIO ai CARAIBI restando in EUROPA

#1 Guadalupa: la farfalla dei Caraibi

Credit: @carles1985

Guadalupa è un’isola dei Caraibi che appartiene al dipartimento francese d’Oltremare.

Questo piccolo paradiso terrestre nel cuore dei Caraibi prende vita in un’isola a forma di farfalla che fa parte delle Piccole Antille francesi, affacciandosi sull’Oceano Atlantico e sul Mar dei Caraibi.

La natura selvaggia e incontaminata è l’assoluta protagonista in quest’isola, partendo dalle spiagge incantevoli tra cui spiccano la Caravelle, la Plage de Bois-Jolan, la Plage du Bourg e Leroux.

guadalupa

A Guadalupa le temperature sono alte e gradevoli tutto l’anno, oscillando tra i 18 e i 33 gradi. I mesi migliori per visitare l’arcipelago vanno però da febbraio ad aprile, ovvero nella stagione secca, quando l’umidità è più sopportabile e il rischio di uragani è minimo.

Tra le altre attrazioni, da citare è l’affascinante Cimitero Morn à l’Eau, nella Grande-Terre: formato da centinaia di tombe a quadri bianchi e neri, prende l’aspetto di una gigante scacchiera. Il momento più importante dell’anno è durante la festa dei morti quando al calar della notte le tombe si ricoprono di migliaia di candeline accese.

#2 Martinica, l’isola dell’eterna estate

Credit: @giuliapersonaltravel

Martinica è isola caraibica parte dell’arcipelago delle Piccole Antille. Appartenente alla Francia, la sua cultura è caratterizzata da una mescolanza di influssi francesi e delle Indie occidentali.

Molti la chiamano “l’isola dell’eterna estate” a causa del suo clima perfetto: 28° in media per tutto l’anno. I quattrocentomila abitanti rispecchiano la storia di quest’isola fatta da diverse occupazioni di popoli che hanno portato alle mescolanze di genti, culture e tradizioni.

Viaggiando su quest’isola è possibile fare una gita in battello per ammirare i delfini o passare una giornata sull’Îlet Loup-Garou: una piccola isola fuori dal mondo dove si può assistere alla magica deposizione delle uova delle tartarughe.

#3 Saint Martin

Credit: @discoversainmartin

Saint Martin o Sint Maarten è un’isola dei caraibi divisa tra due territori: la metà meridionale dell’isola è olandese, mentre la parte settentrionale è francese.

La parte francese si distingue come la più caratteristica.
Marigot, capitale di questa zona, è una tipica città dei Caraibi molto vivace e dinamica. Oltre a un colorato mercato settimanale ricco di cibo tradizionali e creazioni artigianali, si può visitare il museo in cui ci sono creazioni fatte di conchiglie.

Visitare questi posti meravigliosi è d’obbligo anche solo per vedere le facce dei vostri amici quando direte che avete fatto un viaggio in Europa….ai Caraibi.

Saint Martin

Continua la lettura con: 10 VIAGGI post Covid che ci CAMBIERANNO LA VITA

ARIANNA BOTTINI

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La STAZIONE alla FINE DEL MONDO

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Credit: it.wikipedia.org

Su binari larghi 50 centimetri, alla velocità di 10km orari, arriva un treno verso una piccola stazione. Dove ferma? Alla fine del mondo.

La STAZIONE alla FINE DEL MONDO

# Benvenuti alla fine del mondo

Credit: @ushuaialovers

Siamo a Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco, così lontana dall’equatore da essere definita “la fine del mondo”.

Letteralmente nel linguaggio indigeno significa “Baia che penetra ad ovest”, sorta sull’ultimo lembo della costa meridionale argentina oltre la quale si incontrano l’Oceano Atlantico e il Pacifico, è il luogo più meridionale del pianeta.

É proprio a Ushuaia che si trova la stazione alla fine del mondo.

# Il treno dei prigionieri

Credit: @cartolinedai6continenti

Il Treno della Fine del Mondo, conosciuto anche come Ferrovia Australe Fuegina, è una ferrovia a vapore nella provincia argentina della Terra del Fuoco.

La storia di questa stazione si sviluppa nel 1909, quando il direttore di una prigione informò il governo della necessità di potenziare la linea ferroviaria.

Nel 1909 e 1910 furono così posati nuovi binari Decauville con uno scartamento ridotto di 600 mm, da usare con una locomotiva a vapore.

Il treno collegava il campo della prigione con quello della foresta e passava lungo la costa davanti alla città di Ushuaia.

Durante questo periodo assunse infatti il nome di “Treno dei Prigionieri” e portava legname per il riscaldamento e la cucina oltre che per l’edilizia necessari alla prigione.

# La nuova vita del treno

Credit: @nikoargen

Nel 1947 la prigione fu chiusa e sostituita da un base navale. Due anni dopo il terremoto della Terra del Fuoco del 1949 bloccò gran parte della linea e negli anni successivi il servizio smise di funzionare del tutto.

Negli ultimi anni del 1900 la ferrovia fu però ricostruita e ricominciò il servizio, in condizioni di lusso rispetto alle sue origini come treno della prigione.

# La stazione alla fine del mondo oggi

Credit: @rumbosurexcursiones

Ad oggi il treno offre un piccolo viaggio che parte dalla stazione di “Fine del Mondo” (circa 10 km ad ovest dell’aeroporto di Ushuaia).

Il percorso del treno porta i passeggeri lungo la valle del Pico nella gola di Toro e alla stazione della Cascada de la Macarena, dove i visitatori possono avere informazioni sul popolo Yámana e salire su un punto panoramico in una sosta di 15 minuti.

Il treno entra poi nel parco nazionale e nella foresta, viaggiando attraverso la valle sotto le montagne, raggiungendo la stazione di El Parque.

Tutto il percorso sarà circondato dalla natura che qui è sovrana: verde e selvaggia, lascia senza fiato.

Questa stazione è la stazione più meridionale dell’intero pianeta ed è unica nel suo genere.

Oggi è servita da soli tre treni che viaggiano su binari larghi 50 centimetri alla velocità di 10 km. Dove ferma? Alla fine del mondo.

Continua la lettura con: Inaugurata la STAZIONE FANTASMA: si scende dal treno e ci ritrova in MEZZO al NULLA

ARIANNA BOTTINI

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CL a Milano: alla scoperta di uno dei POTERI FORTI della città

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credit: pclavoratori.it

Una piazza Duomo gremita da più di 30.000 persone, tra cui cariche politiche ed ecclesiastiche, rende omaggio il 24 febbraio 2005 alla salma di Don Luigi Giussani, teologo, docente e fondatore di Comunione e Liberazione (CL). Ma cos’è Comunione e Liberazione e qual è la sua storia? 

CL a Milano: alla scoperta di uno dei POTERI FORTI della città

“La presenza di Cristo nella normalità del vivere”: così Don Giussani pone le basi di un nuovo movimento

Tutto ha inizio nel 1954 al liceo Berchet di Milano, dove un insegnante di religione dal particolare carisma, attrae a sé un gruppo di studenti proponendo una nuova visione della fede cattolica. Quel professore è Don Luigi Giussani

Il Gius, come lo chiamano i suoi studenti, porta in aula un modo di vivere il cattolicesimo che si esprime nell’esperienza quotidiana, nella bellezza delle piccole cose e si allontana da imposizioni dogmatiche e astratte. 

Questa nuova prospettiva affascina molti giovani e intorno al sacerdote nasce un movimento dal nome Gioventù Studentesca (GS), che si colloca inizialmente come branca di Azione Cattolica, un’associazione di laici, impegnati a vivere la fede attivamente in comunità. GS non solo si batte sul territorio contro la cultura secolare, ma inizia anche ad esportare questo approccio alla fede con missioni all’estero.

Il nome Comunione e Liberazione (CL) compare nel ’69 quando il movimento viene rinominato e riformato, così da ampliarsi e raggiungere non più solo studenti liceali, ma anche universitari e adulti di ogni genere e classe. Durante gli anni di piombo CL è bersagliato da pesanti critiche, additato come movimento religioso radicale e vittima di molti attentati: si contano 120 episodi di aggressioni e violenze a persone e sedi del movimento.

Ciononostante, CL cresce ed attrae sempre più “seguaci” fino a contare oggi circa 300.000 membri e a diramarsi in 90 paesi.

# Comunità, cultura e sostegno: ecco come si organizza CL

credit: vdj.it

Con lo scopo di portare la fede in ogni ambito della vita, il movimento organizza incontri annuali e attività quotidiane. L’attivismo e la partecipazione alle riunioni sono particolarmente richiesti all’interno del movimento e il Meeting di Rimini per la pace tra i popoli, evento di particolare spicco, raggruppa ogni anno migliaia di persone.

Comunione e Liberazione pubblica anche un proprio mensile e, ispirandosi alla proposta educativa di Don Giussani, fonda nel 1985 il Sacro Cuore di Milano, una scuola paritaria che forma gli studenti dalla prima infanzia alla maturità. Per gli universitari invece il gruppo di riferimento è la CLU Comunione e Liberazione – Universitari, associazione molto attiva nella politica universitaria e spesso a capo dei Consigli studenteschi di molti atenei.

Ma l’organizzazione più intraprendente è la CDO, Compagnia delle Opere, una sorta di Confindustria del movimento. Si tratta di una confederazione imprenditoriale di ispirazione cattolica composta da circa 36mila aziende di piccole e medie dimensioni, collegate tra loro da fitti rapporti. La forza del potere di CL sta proprio nella capillarità della rete di aiuti e supporti che ha saputo costruire. In Lombardia, dove la comunità ciellina è da sempre più radicata, l’organizzazione è più potente e possiede più agganci, ma anche nel resto del territorio nazionale si trovano diversi enti ed imprese partecipanti.

# Il lato oscuro: tra derive politiche e affaristiche

credit: adnkronos.com – Formigoni

CL è un tipo di potere molto forte, in particolare a Milano, e come tutti i poteri alimenta su di sé anche diverse ombre. È stata a volte associata a scandali politici e circolano sospetti che possa nascondere segreti non comunicabili o scheletri nell’armadio. Questo accade anche perché diversi esponenti ciellini ricoprono posizioni politiche e manageriali di rilievo, in tutte le diverse stagioni della politica italiana e in modo trasversale tra le diverse forze politiche.

Parlando del ruolo di CL nella politica regionale, il caso più eclatante è stato l’ex-governatore della Lombardia Roberto Formigoni, membro dell’ala più radicale di CL, i Memores Domini: uomini e donne, laici che hanno fatto voto di povertà, castità e obbedienza e vivono in case comuni. Soprannominato il Celeste, il presidente della Lombardia, al governo della Regione per quasi vent’anni, ha reso il Pirellone e poi Palazzo Lombardia il simbolo del potere centralizzato, la sua giunta è stata più volte coinvolta in scandali imbarazzanti: dal sistema di tangenti per la concessione di appalti, fino all’accusa di vera e propria associazione mafiosa. 

Sotto accusa è stata posta anche la privatizzazione ciellina del sistema sanitario lombardo, tramite la concessione di accreditamento al Servizio Sanitario a favore di diverse strutture private, che avrebbero innescato un sistema di pagamenti e rimborsi non sempre trasparenti. Formigoni stesso è stato condannato in via definitiva per corruzione nei casi Maugeri e San Raffaele, evento che ha di fatto segnato la fine della sua carriera politica.

Oltre al ruolo di CL in politica, l’altra ombra che la circonda è sul rapporto che per alcuni sembra di tipo settario con i suoi adepti, basato anche su vantaggi che a volte potrebbero sollevare sospetti di clientelismo nelle assunzioni e nei percorsi di carriera, sia in imprese che in istituzioni pubbliche e private. La stessa Compagnia delle Opere, fortemente legata ad interessi economici, viene giudicata da alcuni come una minaccia allo spirito e all’integrità spirituale del movimento.

Questo intreccio tra fede, economia e politica alimenta punti interrogativi se gli ideali fondanti di CL non abbiano subito delle strumentalizzazioni e, nonostante abbia preso le distanze dai protagonisti degli scandali, il movimento viene ancora accusato di essere una potente lobby in grado di condizionare le scelte economiche, finanziarie e politiche del paese, che come contributo spirituale e religioso al rinnovamento della società.

Le fasce più estremiste del movimento hanno incontrato anche il disappunto di Papa Francesco che all’inizio del suo pontificato le aveva accusate di autoreferenzialità e invitate a ritornare agli aspetti elementari della vita e del cristianesimo, come predicato dal proprio fondatore. 

Dal 2005, il presidente di CL è Don Juan Carron, nominato successore proprio da Don Giussani, che oggi gestisce il movimento sostenendo una linea politica meno invasiva e più moderata. Forse la linea più coerente alle necessità della società di oggi.

Continua la lettura con: Il potere tende sempre all’abuso di potere

CHIARA BARONE

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L’ISOLA dell’AMORE

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Credit: @shot_europe

Succede spesso di trovare per caso degli oggetti che hanno assunto la forma di un cuore: un sasso, un tubero, una foglia.

Io mi stupisco ogni volta che succede, suscita sempre molto stupore che una cosa la cui forma è casuale sia stata trasformata proprio secondo questa sagoma e questo vale per oggetti piccoli che si possono vedere tutti i giorni ma la natura a volte decide di strafare ed è questo il caso: in Croazia c’è un’isola che ha assunto la forma di un cuore gigante.

L’ISOLA dell’AMORE

# Galešnjak, l’isola dell’amore

Credit: @dailyoverview

Si chiama Galešnjak e si trova in Croazia, nel canale di Pašman, sul Mare Adriatico, a circa 25 km da Zara, a metà strada tra le cittadine costiere di Sveti Petar na Moru e Torrette.

Quest’isola può essere considerata un vero e proprio paradiso terrestre: circondata da acque cristalline, vegetazione ricca e scogli alti fino a 40 metri, l’uomo non ha mai interferito in questo speciale ecosistema selvaggio.

Quest’isola ha però una caratteristica ancora più speciale: è a forma di cuore. I croati la chiamano infatti “Otok za Zaljubljene” che significa ‘Isola dell’Amore’.

# Scoperta dal cartografo di Napoleone

Ma quando si scoprì la sua forma a cuore? Si dice che la scoperta della sua forma sia stata del tutto casuale.

Un giorno qualsiasi del 2009 il signor Vlado Juresko, proprietario dell’isola e titolare di un’agenzia di viaggi, digitò il nome di Galešnjak su Google Earth e ne scoprì la forma a cuore.

Alcune leggende narrano però che il primo a scoprire la forma a cuore dell’isola fu all’inizio del 1800 Charles-François Beautemps-Beaupré, cartografo di Napoleone.

# Fuga d’amore, senza il resort

Credit: @sun.sea_love

L’isola a forma di cuore potrebbe essere il luogo perfetto per una fuga romantica o per la luna di miele ma c’è un problema: non c’è nulla.

Galešnjak può essere considerato più un isolotto dato che misura solo 132 km quadrati e anche per sue dimensioni al momento non ci sono servizi turistici.

Non si può pernottare sull’isola, a meno che non si scelga un campeggio a dir poco selvaggio, che è possibile solo se si ottiene il permesso.

La maggior parte delle persone che visitano Galešnjak alloggiano infatti o nella vicina isola di Pašman o a Zara, e noleggiano poi un’imbarcazione per raggiungere l’isola dell’amore.

In generale, essendo un’isola privata bisogna chiedere il permesso per visitarla.

# Le altre isole a forma di cuore

Credit: @thatbohoblonde – Tavarua Island – Isole Fiji

L’isola di Galešnjak non è sola, dall’Argentina alle Isole Fiji sono diverse le isole a forma di cuore nel mondo, sia nei mari che nei laghi.

Le isole a forma di cuore possono essere abitate ma è molto più probabile che si tratti di isole piccolo e disabitate, immerse in un paradiso remoto.

La prossima volta che andrete su un’isola cercatela su Google Earth, potreste essere dentro un cuore gigante senza saperlo.

Continua la lettura con: Lo strano caso dei LAGHI a FORMA di CUORE

ARIANNA BOTTINI

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La piccola SVIZZERA BERGAMASCA: alpeggi, pascoli verdeggianti e territori incontaminati a pochi chilometri da Milano

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Credits: @ tisselian IG

A pochi km da Milano si può visitare questo gioiellino delle prealpi Orobiche situato in provincia di Bergamo a circa mille metri di altezza. Quali bellezze custodisce?

La piccola SVIZZERA BERGAMASCA: alpeggi, pascoli verdeggianti e territori incontaminati a pochi chilometri da Milano

# Una vera bellezza della natura a pochi km da Milano

La Val Taleggio, oltre ad avere dato il nome all’omonimo formaggio, che proprio qui è stato inventato, è conosciuta anche come la piccola Svizzera bergamasca grazie ad un panorama che ricorda molto quello elvetico fatto di alpeggi, pascoli verdeggianti e territori incontaminati.

credits: followbergamo IG

Tra suggestivi sentieri di boschi di tiglio, camminate tra prati fioriti baciati dal sole fin da inizio primavera, qui si può respirare un’aria pura, molto salubre anche per bambini, anziani e cardiopatici.

Ci si può arrivare da Milano percorrendo una strada bella ampia, forgiata dal fiume Enna, che ad un certo punto si addentra in quelli che gli abitanti locali chiamano “Gli Orridi” ovvero tutta una serie di gole scavate nella roccia da cui zampillano le acque del torrente.

# Tra conservazione del passato e spinte innovatrici

credits: chriswisp IG

Gli abitanti della valle, meno di 600 per un’estensione di 47 kmq, comprese le frazioni, hanno modificato pochissimo l’ambiente naturale al punto che fino al 1910 essi vivevano quasi isolati dal resto del mondo. Con gli anni le cose sono leggermente cambiate e non mancano affatto tutti i servizi primari. Una certa spinta innovatrice è arrivata anche grazie alla vicinanza con i paesi più a valle come San Giovanni Bianco, che in confronto è una città, e soprattutto con San Pellegrino, in cui si trovano le omonime terme menzionate da Leonardo da Vinci e tre sorgenti di acqua minerale che hanno dato vita al colosso di acque in bottiglia e bibite “San Pellegrino”.

# Cosa si può visitare nelle vicinanze

credits: eliapisu IG

Tra i borghi storici che si possono visitare c’è sicuramente Camerata Cornello in cui nel Quattrocento nacque il primo servizio postale e di cui era originaria la famiglia Tasso tra i cui membri c’era proprio Torquato Tasso autore della Gerusalemme liberata.

Se invece si preferiscono percorsi più naturalistici non c’è davvero che l’imbarazzo della scelta, arrivando fino al santuario di Salzana, contrada Fraggio, Vedeseta etc.

# Atmosfera svizzera ma tradizione italiana

credits: primabergamo.it

Siamo pur sempre in Italia e la Val taleggio non fa eccezione! Oltre al Taleggio e al meno famoso formaggio di latte crudo “Strachitunt” che si trova soltanto qui, numerosi sono i piatti tipici che si possono gustare nei vari rifugi e ristoranti a conduzione familiare della zona: praticamente immancabili i casoncelli bergamaschi, ravioli tipici conditi con burro fuso e salvia, la polenta taragna accompagnata da funghi porcini, salumi e la torta Donizzetti dedicata proprio al musicista bergamasco.

 

Continua a leggere: Fuggire in SVIZZERA? A soli 80 KM dal CONFINE c’è un PAESE che ti PAGA per andarci a VIVERE

SILVIA FUSARI IMPERATORI

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo#Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest#Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul#Manila#KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico#BuenosAires #Singapore

 

I GIARDINI VERTICALI di Milano

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Credits: @ cmitam IG

Camminando con passo incalzante e guardando il cellulare, spesso ci perdiamo alcune chicche che la nostra città custodisce. Dai palazzi più antichi, ai nuovissimi grattacieli, da quelli con le forme più strane a quelli ricoperti d’edera. Esatto, a Milano non esiste solo il Bosco Verticale di Boeri, ma anche tantissime palazzine meno conosciute e più nascoste che, ricoperte di rampicanti, offrono uno spettacolo davvero magico. Ecco una lista di qualche edificio verde milanese dall’aspetto incantevole.

I GIARDINI VERTICALI di Milano

# Il fascino unico di Villa Mozart

credits: milanoguida IG

Iniziamo con la più celebre: Villa Zanoletti, oggi conosciuta come Villa Mozart. Palazzo déco e sede della maison di alta gioielleria Giampiero Bodino, la villa è davvero un giardino verticale d’altri tempi, ricoperto interamente di edera.

L’edificio fu costruito nel 1926 dall’architetto Aldo Andreani e si trova dietro ai Giardini di via Palestro. Da qui inizia il Quadrilatero del Silenzio, un’oasi dove la frenesia della città sembra spegnersi.

L’edera dona alla palazzina un fascino unico e, come affermato dall’architetto Cino Zucchi, “Se la fitta pianta rampicante cela alla vista la sua raffinata architettura, essa ne prende inevitabilmente la forma, diventando una magnifica sintesi tra artificio e natura”.

# Lo Spirito di Milano in una location quasi bucolica

credits: spiritdemilan IG

Proseguiamo con un luogo del tutto diverso: lo Spirit de Milan. Si tratta di un’ex-struttura industriale riqualificata e riconvertita in uno spazio di aggregazione, dove si può mangiare e ballare. Un posto da segnarsi per quando finirà questa pandemia, per ritornare a godersi una bella serata con gli amici in un posto che, come suggerisce il nome, racchiude il vero spirito di Milano.

Lo spazio si sviluppa sia al chiuso, che all’aperto, ed è proprio qui che l’edera rampicante, che ricopre buona parte del palazzo, rende l’atmosfera quasi contadina tanto che non sembra nemmeno di trovarsi a Milano.

# Il giardino segreto del Centro dell’Incisione

credits: modalitademonde IG

Spostandosi lungo il Naviglio Grande, si può ammirare lo splendido giardino interno del Centro dell’Incisione. Il Centro si trova all’interno di Palazzo Galloni, residenza di un’antica famiglia borghese del ‘600.

Bisogna attraversare un piccolo corridoio buio, per arrivare al meraviglioso giardino segreto. Bastano infatti pochi passi per trovarsi nel cortile interno, verde e rigoglioso, dove la prima cosa da fare è alzare gli occhi per ammirare le pareti dell’edificio, quasi interamente ricoperte dai rampicanti.

# Il continuo incontro tra natura ed architettura

credits: disciules.it

Ci sono poi splendide palazzine ricoperte di rampicanti in via Maino, in via Aldobrandini, in via Tortona e in tantissimi altri angoli nascosti della città, tanto che sarebbe impossibile menzionarle tutte.

I meravigliosi edifici ricoperti di edera sono un meraviglioso esempio di come natura ed architettura convivano e si incontrino continuamente, anche in una metropoli come Milano.

Continua a leggere: La CASA di via Quadronno, il primo BOSCO verticale di Milano 

CHIARA BARONE

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Tra mito e realtà: in SICILIA il borgo dove le CASE costano 1 EURO

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Credits: borghiautenticiditalia.it Castel di Lucio

Il sogno di chi vorrebbe una casa in luoghi incantevoli, lontani dallo stress della città, sta per avverarsi. E soprattutto…al costo di un caffè! Il tutto può diventare realtà in uno splendido borgo storico della Sicilia, in provincia di Messina, a Castel di Lucio. Un piccolo paese di circa 1.200 anime che, per ridare nuova vita alle case del centro storico, ormai in stato di abbandono, ha aderito alla campagna di vendita “case a 1 € a Castel di Lucio”.

Tra mito e realtà: in SICILIA il borgo dove le CASE costano 1 EURO

# Un progetto rivolto a tutti: turisti e non solo

Credits: borghiautenticiditalia.it
Castel di Lucio

Il progetto si rivolge sia a chi cerca una casa definitiva, ad esempio ai pensionati che vogliono ritirarsi dopo le fatiche di una vita in un luogo rilassante e immerso nella natura sicula, sia a chi cerca una dimora temporanea per le vacanze. Alla prima categoria citata, il Comune può offrire agevolazioni fiscali oltre a vari servizi, per far diventare parte integrante della comunità i nuovi cittadini. Inoltre, sono sempre apprezzati progetti che prevedono la creazione di luoghi con finalità ricettive (ad esempio alberghi e B&B). Idee che potrebbe avere degli ottimi ritorni economici, dal momento che Castidduzzo, come viene chiamato il borgo, è sempre stata meta visitata da tantissimi turisti.

# Il borgo del mito del labirinto di Arianna e il Minotauro

Credits: justpost.info
Labirinto di Arianna

Sono molte le attrazioni che offre il piccolo paese. La più importante è il Labirinto di Arianna, una location dove si respira mitologia e fascino, costruito negli anni ’80. Il posto ideale per chi ha voglia di “perdersi spiritualmente”. Come anticipato, però, le meraviglie del luogo sono tante. Essendo un borgo del 1200, i visitatori possono ammirare il castello normanno con annesso paesaggio, dal momento che si trova a circa 700 mt di altitudine, a metà strada tra il Parco dei Nebrodi e delle Madonie. E non dimentichiamoci delle bellissime chiese con al loro interno importanti opere d’arte ed i conventi francescani.

# Il Labirinto: vivere il mito

Quando si raggiunge il labirinto, sulla cima di una collina, quello che si staglia davanti è un’apparente “serpentina in cemento”. Guardandola con attenzione e ammirandola in lontananza, si capisce che è invece perfettamente integrato con il paesaggio circostante. L’entrata del labirinto è una grande “fessura” (un’ogiva) alta e stretta e una volta superata ci si addentra in un percorso a spirale. Impossibile perdersi: non ci sono biforcazioni al suo interno, basta seguire la serpentina che conduce fino al centro del labirinto, avvolgendosi su sé stessa.

# Un viaggio interiore: un labirinto speciale

Credits: sharryland.it
Labirinto

Già la forma, dentro la quale non ci si perde mai, ma ci si ritrova sempre, è un controsenso. Visitare il Labirinto non è la semplice visita turistica, è una viaggio dentro sé stessi, proprio come la spirale della struttura. Non serve perdersi fisicamente per ritrovare noi stessi; a volte sono i ritmi frenetici e stressanti di vita, la città caotica, i dispiaceri che ci fanno perdere la direzione e ci fanno allontanare da quella che vorremmo o dovremmo seguire.

Il vero senso del cammino all’interno del labirinto lo si comprende raggiungendo l’uscita della spirale, alla fine, quando si avverte una leggera discesa e dove un ulivo attende il viaggiatore. A cielo aperto, fuori dalle pareti di calcestruzzo: un ritorno alla natura davanti al simbolo di pace e di ritorno alla vita.

# Qualche curiosità sul Labirinto di Castidduzzo

Il Labirinto di Arianna rientra tra le opere d’arte del progetto artistico Fiumara d’Arte ed è riconosciuto come scultura. È stato realizzato dall’artista Italo Lanfredini dopo aver vinto un bando indetto dall’ideatore proprio del suddetto progetto artistico, Antonio Presti. Il progetto nasce nel 1987, quando Lanfredini, visitando il luogo, fu ispirato dalle stradine labirintiche di Castel di Lucio e dalle aree archeologiche locali, dove c’è un forte richiamo alla Grecia. Il mix fra queste caratteristiche ha dato vita, un anno più tardi, alla scultura.

Continua la lettura: Liguria: vanno a ruba le CASE a UN EURO nel BORGO delle STREGHE

ANGELA CALABRESE

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Il BORGO DELL’APOCALISSE: vive senza tecnologia

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Credits: @gallianodimugello IG

Cosa serve per sopravvivere ad un’apocalisse? Cibo di scorta, armi per proteggersi e una rete di comunicazione privata per poter scambiarsi informazioni senza farsi ascoltare dei nemici. Quest’ultima sembra praticamente impossibile ai giorni nostri, il nostro ambiente è segnato da migliaia di reti internet, siamo tutti interconnessi, tutti, o forse quasi.

In Italia c’è un borgo che vive totalmente senza tecnologia.

Il BORGO DELL’APOCALISSE: vive senza tecnologia

# Il borgo medioevale dove tutto scorre lento

Credit: siviaggia.it

Si chiama Galliano di Mugello ed è una piccola frazione del comune italiano di Barberino di Mugello, nella città di Firenze.

Questo borgo antico si estende a ridosso dei monti Appennini, conta poco più di mille abitanti ed è un luogo tranquillo: non c’è traffico, non ci sono rumori e tutto sembra andare ad una velocità diversa rispetto al resto del mondo moderno.

Questo borgo ha un modo di vivere tutto suo, vive infatti senza tecnologia.

# Un borgo disconnesso

Credit: @beautifulmugello
Nel 2020, dopo le stime del Ministero dell’Innovazione e di AGCOM, il dato è stato confermato: Galliano vive senza tecnologia.
Il 98% dei suoi abitanti non ha un telefono cellulare e il segnale internet è limitato o spesso assente per tutti gli operatori.
 
Insomma, raggiungere Galliano online è praticamente impossibile.
Quello che potrebbe sembrare uno svantaggio ha invece reso il borgo così famoso da vederlo protagonista nella presentazione di un cartone Netflix.

 

# La location perfetta per un’apocalisse robot

Credit: @cinedoctor

Cosa serve per sopravvivere ad un’apocalisse? Cibo di scorta, armi per proteggersi e una rete di comunicazione privata per poter comunicare senza farsi ascoltare dei nemici.

Galliano sembra essere il paese perfetto per combattere un’apocalisse ed ecco perchè è stato scelto come luogo per la  presentazione di “I Mitchell contro le Macchine, un film di Netflix.

 

La trama racconta di una famiglia che si ritrova a combattere un’apocalisse robot: tutti gli oggetti tecnologici, dagli smartphones agli aspirapolveri vengono ingaggiati con l’obiettivo di catturare ogni essere umano sul pianeta e la famiglia Mitchell dovrà cercare di fermarli.

Con una trovata geniale Netflix sceglie Galliano per lo spot di presentazione del film. Con la voce di Giorgio Panariello in sottofondo, lo spettatore viene accompagno tra le vie del borgo osservando, con ironia, uno stile di vita diverso, a prova di robot.

“I Mitchell contro le Macchine” è un film che nessuna intelligenza artificiale dovrebbe mai vedere, ed ecco perchè Galliano diventa l’unico luogo in cui se ne può parlare liberamente.

Come dice lo spot “Nessun occhio digitale che spia, nessun software malvagio, niente di niente. È un posto tranquillo perché qui ci sono tante famiglie che se la sanno cavare alla vecchia maniera. Persone che sanno ancora cosa significhi essere umani”.

Inutile dire che a Galliano avrebbero già vinto quest’apocalisse dato che è un borgo dove la tecnologia non ha ancora messo piede.

Fonti: siviaggia.it

Continua la lettura con: Il paese PARANORMALE dove chi entra SPARISCE

ARIANNA BOTTINI

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Il salto nel FUTURO dell’aeroporto di LUGANO

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Credits: www.flyingmag.com

Decolla dall’aeroporto di Lugano-Agno il primo aereo elettrico che verrà utilizzato dalla scuola di volo.

Però, quello dell’aeroporto di Lugano è uno strano destino: in procinto di passare dalla gestione del Municipio a quella di privati, fa un balzo nel futuro. E questo, grazie alla scuola di volo Avilu che ha voluto dotarsi di un velivolo innovativo, elettrico, silenzioso e senza emissioni.

Il salto nel FUTURO dell’aeroporto LUGANO

# Il futuro dell’aviazione

Credits: www.flyingmag.com

Per molti operatori del settore questo potrebbe essere l’inizio del futuro dell’aviazione. Infatti, gli aerei saranno silenziosi e, per questo, potranno volare anche bassi sui centri abitati senza disturbare. E, soprattutto, senza inquinare con emissioni di gas.

Si tratta di piccoli aerei biposto, con un’autonomia di poco meno di un’ora di volo e con un’altra mezz’ora di riserva. Insomma, fantastici per l’uso privato, anche se si spera di vedere presto in volo aerei più capienti.

A questo proposito, la Pipistrel, l’azienda slovena produttrice, ha comunicato di avere già in cantiere un 19 posti, che potrebbe essere idoneo anche per una tratta di linea.

# Una nuova vita per una rete di piccoli aeroporti

Credits: www.flyingmag.com

Velivoli affidabili ed economicamente positivi che richiedono una minima manutenzione e dotati di una più lunga durata di volo

Per una ricarica totale necessitano di 1 ora e venti minuti. Sicuramente un periodo abbastanza breve, ma che consentirebbe di percorrere tragitti a tappe, come potrebbe essere il tour di tutta la Svizzera. Con quest’ottica, potrebbero anche dare nuova vita ai tanti piccoli aeroporti sul territorio che, ad ora, sono esclusi dalla aviazione di linea. Ma è anche vero che dovranno essere dotati di postazioni di ricarica elettrica di nuova generazione.

Tanti sviluppi che avremo, senz’altro, il piacere di seguire.

Continua la lettura con: L’erede del Concorde: il JET SUPERSONICO potrà volare da Milano a Londra in 30 MINUTI

GIUSEPPE MARZAGALLI

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The end

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Il lupo di Wall Street

The Wolf of Wall Street è un celebre film che si basa su una storia vera, sull’ascesa del broker finanziario Jordan Belfort che attraverso tecniche di PNL trasformava titoli spazzatura in oggetti del desiderio.

Con questa tecnica di manipolazione di realtà riuscì a creare una ricchezza smisurata ma totalmente artificiale che, come un castello di carte, alla fine gli è crollata addosso in un processo di autodistruzione.

Il senso del film è che per quanto una persona possa inventare una realtà artificiale, anche la finzione meglio costruita è destinata a crollare. “Quelli che mentono devono avere buona memoria”, diceva Quintiliano ai tempi dell’antica Roma: la creazione di una realtà parallela richiede un altissimo sforzo mentale che alla lunga diviene insostenibile.

Negli ultimi anni assistiamo alla trasformazione del mondo dell’informazione da rappresentazione della realtà a costruzione di una realtà parallela, come un romanzo.
Come diceva Umberto Eco il romanzo è un tipo di realtà che non ammette possibilità di discussione. La realtà del romanzo, una volta che è stata creata, non può essere smentita, come invece può accadere nella rappresentazione dei fatti che è suscettibile di verifica. 

Il giornalismo contemporaneo crea delle realtà che non ammettono possibilità di falsificazione ma pretendono un atto di fede. Se tu credi alla realtà che viene creata, di conseguenza quella realtà non è più oggetto di smentita.

La realtà è la narrazione e noi viviamo un romanzo creato dai media.
In questa corsa pazza della realtà parallela prima o poi andrà a impattare lo specchio della realtà fisica.

Come per un film, infatti, la narrazione non può durare oltre un certo limite: perché la finzione narrativa, a differenza della realtà, ha sempre bisogno di un finale.

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MILANO CITTA’ STATO

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Un giro per gli ALBERGHI DIFFUSI a poca distanza da Milano

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Credits: cdt.ch

Gli alberghi diffusi sono nati circa 40 anni fa come la migliore soluzione per risolvere un problema che aveva colpito la Carnia.

Il terremoto del ’76 aveva ridotto in pessime condizioni di abitabilità alcuni borghi. Giancarlo Dall’Ara, attuale Presidente dell’associazione Nazionale Alberghi Diffusi, si inventò questa formula per giustificare economicamente la ristrutturazione degli edifici.

Dopo 40 anni la motivazione che li ha fatti nascere è ancora valida per la passione e l’impegno della figura dell’investitore e promotore dell’iniziativa, anche se poi sviluppata in diverse forme a seconda delle legislazioni locali.

Ci sono diversi alberghi diffusi a poche ore da Milano e la metropoli si proietta su diverse regioni e due stati. Scopriamo insieme questo modello di ospitalità tipicamente italiano, lontano dal turismo mordi e fuggi e che ha cura dei viaggiatori. Essa, infatti, li inserisce all’interno di una comunità viva, diffusa orizzontalmente anziché verticalmente, come i normali alberghi/condominio.

Un giro per gli ALBERGHI DIFFUSI a poca distanza da Milano

# Corippo: l’albergo diffuso nella Città Ticino

Credits: cdt.ch
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A un’ora e mezza da Milano, nel secondo stato a portata di mano, la Svizzera ci presenta Corippo, grazioso paesino abbarbicato sulla montagna della valle Verzasca. Corippo è stato, fino al 18 ottobre 2020, il più piccolo comune della Svizzera con i suoi 13 abitanti. Praticamente un paese in stato di abbandono, che è stato ripreso dalla Fondazione Corippo col preciso scopo di riportarlo a nuova vita.

Credits: cdt.ch
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È stata pertanto accolta l’idea di attivare un Albergo diffuso attraverso la ristrutturazione dell’osteria, che ampliata fungerà anche da reception, sala da pranzo e spazio comune. Poi si passerà alla sistemazione di 5 case del nucleo che potranno offrire un totale di 12 camere per un’accoglienza di 26 persone.

# Ornica (BG): i primo albergo diffuso della Lombardia

Credits: cdt.ch
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Il primo albergo diffuso della Lombardia nasce a Ornica, in provincia di Bergamo. Gestito da 15 donne riunite in cooperativa, crea valore dal borgo della Val Brembana posto sulle pendici del Pizzo dei Tre Signori. Possibili escursioni adatte a tutti i livelli, tra cui quella della Valle d’Inferno, partenza di innumerevoli itinerari naturalistici. Una valutazione di 4,5 stelle su 5 sui siti delle recensioni, lasciate dai clienti, qualifica l’albergo diffuso di Ornica come uno dei migliori di tutto il territorio nazionale.

Cliccando qui è possibile controllare tutte le possibili escursioni con base nel borgo della Valle Brembana.

# Castro (BG): il Vulcano Village

Credits: cdt.ch
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Castro ci regala l’albergo diffuso Vulcano Village, un moderno bed and breakfast a conduzione familiare che offre escursioni anche in bicicletta adatte a tutte le famiglie. Il borgo è vicino a Lovere, sul lago d’Iseo e dista un’ora sia da Bergamo che da Brescia. È pertanto in posizione strategica per un viaggio di approfondimento del territorio e delle popolazioni che hanno fatto la storia della Lombardia. In viaggio da Milano, per raggiungere Castro, si può decidere di fare un giretto di un paio d’ore su strade secondarie, che passano dalla Brianza e vanno in direzione di Clusone/Sarnico/Pianico/Lovere per godere di uno dei paesaggi più suggestivi di tutta la regione.

# S. Caterina Valfurva (SO): albergo diffuso Adler

Credits: cdt.ch
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Non può mancare la Valtellina, con la sua storia e la sua voglia di auto determinazione territoriale. A S. Caterina c’è l’albergo diffuso Adler, un’esperienza per tutte le stagioni. In inverno si può accedere agli impianti sciistici, indossando gli sci già all’uscita degli chalet; d’estate numerose sono le possibilità di percorrere sentieri e itinerari trekking.
L’offerta include anche la camminata alpina, il ciclismo e la mountain bike. Infine, per gli appassionati centauri, Santa Caterina è la partenza ideale per raggiungere in moto i passi dello Stelvio e del Gavia. La sezione dell’albergo diffuso è organizzata in chalet, arredati in stile montano e adatti a famiglie, gruppi e giovani.

# Emilia Romagna – Bardi: il borgo dei Longobardi

Credits: cdt.ch
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Dopo la rotta nord verso la Svizzera, in direzione diametralmente opposta si può scoprire la cultura Longobarda in territorio emiliano. L’albergo diffuso Ca del Grano a Bardi, in provincia di Parma, è un borgo cresciuto su una fortezza, il Castello Landi, che domina la Valle del Ceno da uno “scoglio” di diaspro rosso.

Il borgo deve il suo nome proprio ai Longobardi, oggi si trova fuori dalle rotte turistiche di massa e stava quasi del tutto scomparendo. La creazione dell’albergo diffuso, che raggiunge lo scopo di donare nuova vita ai borghi in declino, ha riportato Bardi al centro di antichi itinerari medievali, da percorrere oggi in tutta tranquillità. Famosa la Via degli Abati e non lontano passa la Via Francigena.

Le escursioni si possono fare a piedi o in sella al cavallo bardigiano, vero simbolo del paese. Consigliati i tour delle chiese, custodi della cultura della zona, ed escursioni alla ricerca di funghi.

# Da Milano, 4 regioni, una dozzina di province, 2 stati

Credits: cdt.ch
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Milano, con la sua posizione strategica, ci permette di lanciare i nostri desideri di relax e vacanza su un vasto territorio circostante. A breve distanza, poco più di due ore, si arriva in almeno altre 3 regioni oltre la Lombardia, si attraversano fiumi, laghi e oltre 12 province diverse e si arriva addirittura in un altro stato.

Alcuni sono i territori dell’antico Ducato di Milano, che le nuove rotte commerciali determinate dal cambiamento dei confini amministrativi, hanno un po’ dimenticato e i bellissimi borghi medievali e rinascimentali si sono ritrovati abbandonati.

La filosofia dell’albergo diffuso, invece, è la rinascita da una realtà di naturale abbandono e conseguente degrado di un nucleo urbano che passa in tempi brevi all’avvio di una impresa generatrice di posti di lavoro, e  tale da assicurare un nuovo futuro alla vita del paese.

Esperienze che sarebbero da prendere in considerazione, anche sotto altri angoli di lettura, per la rivitalizzazione di tante aree abbandonate, anche industriali.

Continua a leggere con: Hotel a ore, super lusso però. Per i viaggiatori delle metropoli d’ogni dove

LAURA LIONTI, GIUSEPPE MARZAGALLI

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L’ANTENATO del più celebre cocktail milanese è il Mi-To: il MILANO-TORINO

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Credits: speziology

Dal vermouth al Negroni, la storia di uno dei cocktail italiani più famosi al mondo.

L’ANTENATO del più celebre cocktail milanese è il Mi-To: il MILANO-TORINO

# Due versioni sulla nascita: fine ‘800 o nei primi anni ’30 dopo l’inaugurazione dell’autostrada A4 tra Milano e Torino

Il MiTo, nato probabilmente intorno alla metà dell’Ottocento e antesignano di Americano, Negroni & co, veniva realizzato con una miscela di Campari e Punt e Mes (Vermouth), liquori tipici rispettivamente di Milano e Torino. Secondo una versione alternativa della storia, il drink esordisce nel 1932 per celebrare l’inaugurazione del tratto dell’A4 tra le città. 

Il Milano Torino si prepara con la tecnica build e si serve di un bicchiere Old Fashioned. Si versa dunque nel bicchiere con ghiaccio Vermouth rosso e Bitter, dopodiché si va a completare il cocktail con una fettina d’arancia come decorazione.

# Il signor Carpano e il signor Campari tra Milano e Torino

Il Camparino in Galleria

Partiamo però dagli albori del drink. Nel 1786 il signor Antonio Benedetto Carpano, dopo molti tentativi, mette a punto la ricetta del vermouth o vermut sotto i portici di piazza Castello a Torino. Il nome con cui si diffonde la nuova bevanda però è “Punt e mes”, perché viene servito miscelato, una parte di vermouth e mezza di china.

Dopo quasi un secolo invece a Milano nel 1860, nel suo bar “Il Camparino” in Galleria, Campari lancia il nuovo aperitivo amaro: un bitter con una miscela di sessanta ingredienti in piena concorrenza con il rivale piemontese. La sintesi tra le due città si concretizza nel Mi-To: una parte di Punt e mes, una parte di Campari, servito liscio perché il ghiaccio era allora troppo costoso e poco reperibile.

# Da MiTo al Negroni, nato per gioco a Firenze

Credit: progressonline.it

Solo pochi anni e un ingrediente in più e l’aperitivo per eccellenza in Italia diventa l’Americano, con la semplice aggiunta del ghiaccio. Secondo alcune teorie, questo drink prende il nome dall’usanza degli americani di servire i loro drink “on the rocks” negli old fashion glass, secondo altre il suo nome sarebbe stato dedicato al pugile italiano Primo Carnera, famosissimo a quel tempo negli USA

Un altro discendente del MI-TO, considerato uno dei simboli dell’aperitivo italiano nel mondo, è il Negroni: nato per gioco e per moda, prende il nome dal conte Camillo Negroni che chiese al barista di rinforzare il suo americano con del gin, per omaggiare i suoi viaggi a Londra. Gli ingredienti: campari, gin, vermouth rosso, mezza fetta d’arancia e ghiaccio.

# La targa affissa presso il Caffè Giacosa, ex Cafè Casoni, a Firenze

Credits: fabiocamboni.it

Spinto da Fantasiosa golosità, il conte Camillo negroni aggiungeva un poco di gin all’americano che veniva a bere con gli amici d’ogni giorno, il conte Camillo provocò in questo modo l’involontaria invenzione del Negroni e la sua diffusione nel mondo elegante dell’epoca, che lo ebbe irripetibile signore. Meritano altrettanta e grata memoria la disponibilità di Fosco Scarselli primo ignaro miscelatore e la costanza del caffè Giacosa a mantenere vivo ricordo dell’evento”.

FABIO MARCOMIN

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Il “PAESE dell’AMORE”

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Tra la Val Chiana e la Val d’Orcia, in provincia di Siena, si trova il paese perfetto dove trascorrere una giornata con il proprio innamorato. 

Il “PAESE dell’AMORE” 

Dal centro storico di origine rinascimentale e chiuso in tre cerche di mura, Montepulciano ha la forma particolare ad “S”. Vediamo però cosa lo rende il borgo dell’amore, tanto che per questo paese vengono proposti veri e propri itinerari turistici dal nome “Montepulciano Amore Mio”.

# Il gioiello del ‘500

Credits:
@montepulciano_blog
Montepulciano

Il centro storico di Montepulciano si organizza tutto lungo un’unica strada principale, via Corso. La storia del comune parte dagli etruschi, ma diventa importante solo intorno al 1200 quanto senesi e fiorentini hanno iniziato a contendersi il territorio. Le meraviglie del paese risalgono però principalmente al Rinascimento. Sede di molti palazzi patrizi, tra gli edifici del comune spiccano il Palazzo Avignonesi del Vignoli, ma anche la chiesetta di San Bernardo e la Porta di Gracciano.

Il cuore della città è Piazza Grande con il duomo dalla facciata incompiuta e assolutamente da vedere è Piazza Michelozzo con la sua Torre di Pulcinella, sulla cima della quale c’è la maschera che batte le ore. Fuori dalle mura, infine, vi è la Chiesa di San Biagio realizzata da Antonio da SanGallo e  considerata il punto più alto dell’architettura rinascimentale su edifici con pianta a croce greca.

# Una terrazza panoramica da set

Credits: @maxmorriconi
Area di San Biagio di Montepulciano

Montepulciano ha una posizione perfetta, è quasi come se lo stesso paese fosse una terrazza panoramica. Si affaccia, infatti, su uno scorcio di Toscana che tutti ci invidiano, le colline senesi. Gli stranieri lo considerano uno dei borghi più pittoreschi d’Italia, e c’è da dire che di concorrenti ne ha tanti, ed è riconosciuto tale anche da molti registi. Il comune è stato infatti set di film e fiction quali “I Medici”, “Il paziente inglese”, “A spasso nel tempo” e il secondo capitolo della saga di “Twilight”.

# Il cibo e il vino

Credits: @ssagittarrius
cibo e vino

San Valentino è ormai passato, ma un’ottima cena non si rifiuta mai. A Montepulciano si possono degustare le specialità del posto: con i piatti e prodotti tradizionali, ma soprattutto con i famosi vini Nobile di Montepulciano DOCG e il Rosso di Montepulciano DOC. Se poi a del buon vino vogliamo unire l’arte, via Ricci nel centro storico è perfetta. Nei sotterranei di palazzo Ricci, che ospita sia l’Archivio storico sia la Biblioteca comunale, si trova la cantina Rodi. Qui viene custodito il Nobile vino del comune ed è considerata una delle cantine più scenografiche con i suoi cunicoli scavati nel tufo e le volte di mattoni.

Continua la lettura con: La VIA dell’AMORE alle 5 terre riaprirà: ecco quando

BEATRICE BARAZZETTI

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Il PONTE GOBBO di BOBBIO: c’è lo zampino del DIAVOLO?

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Credits: @borghi_oro IG

In provincia di Piacenza, in quello che è stato proclamato il “borgo più bello d’Italia”, a circa un’ora da Milano, uno dei suoi simboli ha una storia un po’ particolare: un ponte dagli archi irregolare che va su e giù. Ma perché?

Il PONTE GOBBO di BOBBIO: c’è lo zampino del DIAVOLO?

Il nome lascia intendere che questo ponte ha qualcosa che non va, eppure è proprio questo che lo rende indimenticabile. Il ponte di Bobbio è gobbo e dalla forma irregolare, infatti mentre lo si percorre si fa qualche “salita” e qualche “discesa.

# La leggenda del Ponte Gobbo e lo zampino del Diavolo

Credits: @fam9fam
Ponte Gobbo

Nel Medioevo si credeva che chi riuscisse a realizzare un’opera come quella di un ponte, avesse doti prodigiose. Proprio per questo motivo, spesso, venivano inventate leggende a proposito. Anche per il Ponte Gobbo di Bobbio, i nostri antenati non sono stati da meno.

Si narra che un giorno San Colombano era triste perché, a causa delle piene della Trebbia, non poteva giungere a Bobbio per evangelizzare gli abitanti della zona. In quel momento gli apparve il Diavolo e gli propose un accordo: avrebbe costruito un ponte in cambio dell’anima del primo che lo avesse attraversato.

Il santo accettò e in una sola notte fu costruito il ponte. Tuttavia, il diavolo lo commissionò ad alcuni diavoletti e, a causa delle loro altezze diverse, la struttura fu realizzata in modo irregolare. Rimaneva però da decidere chi fosse il primo ad attraversare il ponte, ma San Colombano ingannò il diavolo e il primo ad oltrepassarlo fu proprio l’animale del santo, le leggende parlano di un orso o di un cane.

# Il Diavolo aveva preso a cuore l’Emilia Romagna?

diariotricolore_emiliaromagna (INSTG)

Nelle leggende più famose, il Diavolo è sempre uno dei protagonisti principali. La maggior parte delle volte viene vinto da qualcuno di più furbo, intelligente o divino e la sua qualità di tentatore non funziona mai così tanto. Eppure sembra che il Diavolo abbia girato molto per mare e monti emiliano-romagnoli e non abbia risparmiato neanche le più belle città della regione. Esempi di storie dove il Diavolo è protagonista sono la leggenda del fosso del diavolo di Sasso Marconi, paese in provincia di Bologna, o il segno della zampa del diavolo nella Chiesa dell’Inquisizione di Ferrara, ma ce ne sono tante.

A queste, per chi non la conoscesse, aggiungiamo quella del Ponte Gobbo di Bobbio.

Continua la lettura con: Il BORGO più BELLO d’Italia si trova a UN’ORA da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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